#stasera mi sento proprio fortunata
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stasera napoli è ancora più bella
#mi sto innamorando sempre di più non ve lo so spiegare#stasera mi sento proprio fortunata#🩵#forza napoli sempre
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stasera mi sento proprio la bimba più fortunata e amata del mondo
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«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire.»
Blade Runner, di Ridley Scott: un capolavoro senza tempo del cinema di fantascienza, con momenti scolpiti nella Storia della Celluloide, come lo struggente monologo del replicante Roy Batty (Rutger Hauer), che è entrato nella cultura di massa. Tratto da un romanzo del grande scrittore Philip K. Dick ("Il cacciatore di androidi", 1968), tutto il film è pervaso da un cupo pessimismo e da un ritmo angosciante che pervade lo spettatore dal primo all'ultimo minuto. La rappresentazione di una Los Angeles futuribile, dove piove sempre ed è sempre buio pesto (che precede di tanti anni altri film con scenografie simili...) ci porta nella distopia pura, nell'angosciante esame di coscienza se anche noi siamo veri esseri umani o replicanti con ricordi artificiali di qualcun altro; ma è proprio in mezzo a tutte queste inquietudini che c'è spazio per il culto e per i sogni che la fantascienza offre, dalle macchine volanti, alle gigantesche animazioni 3D in cima ai grattacieli e ai replicanti che vivono e si nascondono fra le strade delle megalopoli del futuro. Un quadro tridimensionale condito dalle struggenti musiche del maestro Vangelis, le cui note mitigano ansie e paure. Da evitare il montaggio imposto dalla Warner Bros, con un finale buonista, quasi "disneyano" e con la noiosa voce fuori campo per 124 minuti. Molto meglio il "cut" voluto dal regista, e apparso al mondo negli anni '90, che rende il ritmo di "Blade Runner" più serrato e offre un finale ancora più crudo e pessimista. Hollywood produsse questa pietra miliare del cinema nel 1982 ma l'America non gli diede né Oscar né Golden Globe, preferendo dare ben due statuette all'inutile sequel ("Blade Runner 2049") uscito qualche anno fa, che - nonostante la partecipazione minore di Harrison Ford, sempre nel ruolo del celebre agente Rick Deckard - non è neanche l'ombra del capostipite. Ho scritto tutto questo perché nelle ultime 24 ore me li sono visti entrambi (rivisto il primo e visto per la prima volta il secondo, nda) e avevo letto una certa critica positiva verso il remake di Denis Villeneuve del 2019 e sentito addirittura qualcuno che diceva che il sequel era meglio del primo... Grazie a tutti voi stasera mi sento una persona felice e soprattutto fortunata per non avere i vostri stessi gusti cinematografici di m3rd@. BLADE RUNNER (fantascienza, USA, 1982, 116') - "The Director's Cut" (1992). Regia: Ridley Scott. Cast: Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Brion James, Edward J. Olmos.
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stasera io ed ale ci siamo videochiamati e mi manca immensamente. mi ha detto che ha capito cosa vuole fare, il fotografo ed io sono così contenta per lui ma così contenta che il mio cuore sta per scoppiare; si sta definendo come persona ed in tre anni è cresciuto tantissimo artisticamente, sono così orgogliosa di lui, proprio genuinamente. purtroppo generalmente in queste situazioni provo sempre anche un pizzico di invidia e invece per lui ho solo il cuore colmo di fierezza genuina per lui. è bravissimo, ammiro tanto le sue fotografie, i sacrifici che sta facendo, la persona che è. lo stimo così tanto. e mi manca così tanto. il legame che ho con lui è unico ed è una delle cose più preziose di tutta la mia vita. mi sento così fortunata. quando ha detto che farebbe il fotografo anche per giornali io mi sono subito immaginata un nostro articolo, scritto da me con sue fotografie. ma che bellezza sarebbe lavorare insieme. io comunque spero che spacchi nella vita nel suo ambito perché è bravissimo e merita proprio tanto e lo sosterrò in ogni sua scelta, ha il diritto di fare ciò che lo fa star bene ed io credo totalmente in lui, è in grado di fare grandi cose ed ho intenzione di rimanere accanto durante tutta la sua crescita artistica. e forse si, un po' lo invidio perché ha avuto il coraggio di stravolgere la sua vita, ha intrapreso un percorso in cui aveva tutti contro ed ha dimostrato di avere due palle così quindi si, un po' lo invidio perché ha scelto di stare bene. è la persona che più stimo nella mia vita, è la mia forza. gli voglio un bene dell'anima.
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. ♡ ᴀ ɴᴇᴡ ᴛᴡ24 ɪɴᴛᴇʀᴠɪᴇᴡ ㅤ01.10.2025 ⌵ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ « Siamo finalmente in compagnia di Casey Fleet, campionessa appartenente alla squadra Tassorosso. Anche se ti vedo in splendida forma, mi sembra doveroso chiederti: ti sei ripresa dalla faticaccia che è stata quest���esperienza? » la domanda pende per qualche istante, poi l’intervistatrice incalza. « Al punto di rifarla, magari? » « Posso dirti che sei sempre molto gentile? Comunque hai ragione: è stata una faticaccia! Il torneo mi ha messa a dura prova e, nonostante abbia avuto la possibilità di crescere e migliorarmi come persona, ti dico con assoluta sicurezza che non ripeterei l’esperienza. O forse sì, se me lo chiedi domani. » « Hai mai pensato, pure soltanto per qualche istante, di ritirarti? E, sempre rimanendo in tema, se il torneo dovesse avere una seconda edizione, a persone con quale spirito diresti con tutto il cuore “no, fra, leva mano, con ‘sta gemma facci un anello che è meglio”? » « A dir la verità, più di quanto mi piaccia ammettere. Voglio essere totalmente onesta e dire che non c’è stato nemmeno un momento in cui non abbia pensato: “ecco, adesso getto la spugna e me ne vado”. Ci sono stati momenti difficili, duri da sopportare dal punto di vista fisico ma soprattutto emotivo… sono contenta di non essermi arresa, nonostante tutto. Riguardo la seconda domanda … oh, questo sì che è difficile. Non mi sento di giudicare le scelte altrui ma, hey!, ragionando per assurdo mi sento di sconsigliarlo alle persone che non hanno davvero voglia di mettersi in gioco. Sai, no? Quelli che pensano che sia semplicemente un modo per passare il tempo o per ricoprirsi di gloria in qualche modo. È un concetto sbagliato e se non entri nell’ottica di dover necessariamente migliorare qualcosa… » « Mi sembra giusto riservare uno spazio pure alla figura che ti ha accompagnata nel modo più tecnico possibile durante questo percorso: Isabél De La Parra Velasquez. Quanto è stata importante per te la sua vicinanza? Ma soprattutto, per noi che amiamo il gossip, quante volte ti sei chiusa nel buio del tuo baldacchino a manifestare un cambio mentore e perché? » « Ahm, Isabél? Mi stai ascoltando? Ti prego, non farmi del male! Scherzi a parte, voglio davvero ringraziarla perché ha dimostrato di avere una grandissima pazienza. Certo, i suoi metodi possono essere definiti poco ortodossi e sono la prima ad averlo detto, però sono davvero contenta di averla conosciuta. So che sotto sotto - ma davvero sotto eh! - mi vuole bene e in realtà gliene voglio anche io. Anche se spesso ho pensato di mollare anche per causa sua. Isabél, mi senti? Il fuoco non-va-bene! » « Persone pagate per farlo a parte, ce ne sono state altre che, pur non facendo parte del torneo, ti sono state accanto con convinzione durante tutti i mesi di durata? Se sì, che cosa vorresti dire loro in questo momento? » « Vorrei metterli tutti in fila e ringraziarli uno per uno. I miei amici, la mia famiglia, tutti sono stati fondamentali ed è probabilmente solo grazie a loro se non ho gettato la spugna. Ogni volta hanno cercato di tirarmi su di morale, di asciugarmi le lacrime - proprio in senso letterale - o anche solo di distrarmi da qualcosa che sembrava essere molto più grande di me. Davvero, davvero grazie. » « Il Torneo Quattrogemme è stato impostato sulla parola “quattro”, pur avendo poi cinque squadre partecipanti. Una mossa chiaramente volta a confondere le masse, che per stasera evitiamo di emulare. Ti chiedo, dunque: quattro task delle prove che ti hanno fatto pensare “grazie Merlino per avermi fatto decidere di iscrivermi”? » « Considerando che le task del torneo possono essere paragonate al mio nuovo personalissimo inferno? Devo dirti la verità, non ho vissuto benissimo le prove - ma come tutti, credo… al massimo posso dirti che sono davvero contenta di aver messo alla prova le mie conoscenze nel campo della magizoologia e che sono stata molto fortunata con la mia salamandra - ciao Sandra! E poi… dai, diciamo anche l’indovinello finale, ma solo perché c’era soprattutto bisogno di usare la testa. Sforzo fisico: zero. » « Quattro insegnamenti o momenti divertenti che ti ha lasciato questa competizione? » « Sai che il mio momento preferito è proprio riconducibile agli allenamenti? Insomma, io e Connor che ci improvvisiamo esperti di kung fu dopo aver visto un film, seguito subito dopo da quei pazzi che hanno venduto anche la loro anima per il torneo, da Theseus che cade e riesce a fare peggio di me. È un caso che ci sia sempre Theseus di mezzo? » « Quattro parole per descriverla? » « Uhm… devastante, sconvolgente - non si vede che sono già una Casey diversa? -, inaspettata e / rocambolesca /. » « Quattro campioni che ritieni abbiano dato del filo da torcere a tutti? » « Non puoi chiedermi questo, ho degli amici che non mi rivolgerebbero mai più la parola! A parte gli scherzi, chiaramente Oliver e Theodora per ovvi motivi non posso non menzionarli; poi direi Genevieve perché si è davvero fatta in quattro durante gli allenamenti. Per finire… chiaramente Connor, nessuno ha fatto più schifo di noi due! » « Siamo giunti alle battute finali e presto potrai tornare dai tuoi amici a far festa, giurin giurello. Perché dovrebbe vincere proprio la tua squadra? Desiderio di trionfo a parte, ovviamente. » « Ammettiamolo: i Tassorosso sono sempre sottovalutati. Ad ogni modo, lamentele a parte, credo che ci sia stato un ottimo gioco di squadra. Ognuno ha cercato di fare il proprio meglio e mi sento di dire che in qualche modo - forse per miracolo - siamo riusciti a fare dei nostri punti deboli il nostro punto di forza. O forse sto solo cercando di convincermi della cosa? » « E se, con tutti i dovuti scongiuri » che per carineria esegue pure, con un bel paio di corna puntate verso il pavimento. « Non fosse il tuo team ad alzare la coppa, secondo te quale dovrebbe farlo e perché? » « Partendo dal presupposto che dovrebbero vincere i Tassorosso, dici? Ah! Credo che i Corvonero siano stati davvero in gamba. Sia nel lavoro di squadra che in quello individuale, sono sempre stati eccellenti. » « Grazie per aver parlato con noi, Casey » il palmo alzato a mezz’aria lascia intendere l’invito a schiacciare con lei un cinque. « Buon continuo serata e dita sempre incrociate, mi raccomando! »
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I giochi adolescenziali. Sabato sera abbiamo invitato a cene un collega con moglie, Marco e Valentina, due “bellissimi”. Ma essendo un collega ovviamente la cena non era per scopi goderecci, ma solo per passare un po’ di tempo a fare 4 chiacchere. Marco è un bellissimo ragazzo, palestrato, capelli lunghi, un passato da uomo immagine nelle discoteche romagnole. Valentina una splendida ragazza, sempre molto posata, mai sexy però e molto “seria”. Sabato si presentano vestiti praticamente uguali, shorts entrambi, e camicia azzurra. Entrambi sembra che vogliono far esplodere il bottone dai pettorali e dal seno. Anche Laura è piuttosto castigata… si mangia e si beve parecchio, il caldo appiccica le camice ai loro corpi. Valentina ha i capezzoli turgidi, forse per il caldo, e un alone di sudore che le disegna il seno. Laura sembra dimenticarsi che Marco è un mio collega e inizia a tormentarlo sul suo vecchio lavoro di cubista e spogliarellista…. Valentina da corda a mia moglie… dai Marco perché non ci fai un mezzo spogliarello…? Parte la musica, lui si scioglie i capelli e inizia un divertente strip tese … Mentre lui si pavoneggia della sua bellezza qualche bicchiere di rhum viene versato e bevuto… La cosa sembra finire lì, Marco si riveste e si siede nuovamente. Laura però propone un gioco per tornare ragazzini, così dice… Una specie di gioco della bottiglia, con qualche regola in più. Il primo che esce dei dire cosa farebbe o casa si farebbe fare dal secondo che farà uscire la bottiglia… Nessuna possibilità di rifiutare… Io non dico nulla, Laura sta facendo la figura della troia con un mio collega, e la cosa non è che mi piaccia poi così tanto. Inoltre se le regole andassero rispettata ci sarebbero situazioni imbarazzanti…. Marco e Valentina ridendo accettano senza “se” e senza “ma”… Gira la bottiglia, Laura è la prima ad essere scelta dalla pesantissima bottiglia di champagne… Voglio un bacio profondo, lunghissimo e sensuale… Ed esce Valentina che senza batter ciglio si alza, si avvicina a Laura, la mette in piedi e inizia a baciarla per un lunghissimo minuto… Va beh, oramai siamo in gioco, balliamo e vediamo un po’ che succede. Gira ancora, Marco decide…. Vuole leccare e mordere dei capezzoli…. Laura è fortunata stasera. Si tura su il top e mostra i suoi splendidi seni… Marco dopo averli accarezzati inizia a leccarli… laura invece inizia a gemere… Tocca ancora a Marco… Che azzarda, vuole leccare un organo genitale… Esco io… che fare, cazzo! Laura e Valentina impazziscono di gioia, presto tiralo fuori, Marco te lo leccherà per bene…. Oddio, un collega… Invece è proprio Marco che si avvicina, mi sbottona i pantaloni, si accuccia, e inizia a farmi un pompino…. Il gioco credo che finisca qui… Vedo Laura e Valentina che si stanno spogliando l’un l’altra e iniziano a baciarsi e toccarsi… Anche Marco si alza e si spoglia… Senza che debba farlo, gli sfilo il cazzo dai boxer e inizio adesso io a leccarglielo…. Ci spostiamo in camera da letto… In 4 è bellissimo… Siamo eccitati tutti come pazzi, Valentina ha la testa in mezzo alle cosce di mia moglie, io la mia sul cazzo di Marco… Ma adesso voglio anch’io Valentina, mi sposto e inizio a leccarle il buchino… La sento gemere. Laura invece si sta dedicando a Marco, le sale sopra e inizia subito a cavalcarlo…. Io vedo che il buchino di Valentina è voglioso, sento attraverso la lingua che si allarga e rischiude con piccoli spasmi… E senza parole appoggio il mio arnese e lo spingo… Entra tutto, aiutato dalla mia saliva e dalle gocce di umori che mi escono copiose dal cazzo… Mamma mia che bella visione, Laura che scopa come una matta, il culo di Valentina a mia disposizione…. Poi ancora altre combinazioni, riesco anche a riempire il culo di Laura mentre Marco la scopa e Valentina la bacia… E quando stiamo per venire Laura si toglie, e Valentina mi chiede di far venire Marco nella mia bocca… Lo faccio, speravo di farlo… Pochi istanti, la sperma mi riempie la bocca, proprio mentre laura sta facendo venire me strofinandomi i piedi sul cazzo… Oggi io e Marco ci siamo incrociati dal caffè… Mi ha detto che la cena è stata ottima, volendo sabato prossimo cucinerà per noi a casa sua…
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E per il mio ventesimo compleanno finalmente mi sono state regalate solo ed esclusivamente cose che mi servivano (finalmente!).
L’unica cosa che mi dispiace è non aver fatto nessuna foto alla torta che mi hanno fatto fare i miei.
Stasera mi sento proprio fortunata.
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Oggi aspetto da tutto il giorno il risultato dell’esame di matematica, anche se tanto mi hanno bocciato e già lo so lo voglio sapere uguale, voglio vedè se c’ha il coraggio de dimmelo in faccia sto infame che m’ha bocciato. Oggi sono andata in biblioteca a studiare ma non ho concluso un cazzo, aspettavo solo l’email col voto e adesso sono le 20:15 e non è arrivato niente, non sono andata neanche in palestra. Ascolto il disco di Cosmo che è la cosa che più ho aspettato dopo sto cazzo di esame di matematica: mi piace molto. Alla fine è passata un’ora e non ho passato matematica manco stavolta. Un po’ me l’aspettavo un po’ no. Stasera mi sento divisa in due, mi sento strana e l’unica cosa che mi è andrebbe di fare è scopare. vabbè. invece adesso mi guardo peaky blinders, alla fine un po’ mi piace, un po’ non tanto. Ho deciso di non dire più niente degli esami ai miei genitori, non fanno nulla di sbagliato poverini ma semplicemente non ce la faccio a dire che sono stata bocciata e sentirli dire tutte quelle frasi di circostanza, mi fa venire voglia di cancellargli la memoria fargli riavere indietro tutta la retta del cazzo che mi pagano. Sto pensando che se faccio un po’ di soldi con qualche disco poi gli restituisco i soldi che mi hanno dato per pagare l’università. Le mie amiche invece l’esame di matematica l’hanno passato tutte, a volte è abbastanza difficile non prendersela a male. Giorni fa di nascosto ho preso il telefono di mia madre e ho letto un messaggio che diceva: “lo sai com’è, laila ci mette sempre un po’ ad ingranare, tu non fare domande poverina si vergogna”. Io non mi vergogno per gli esami mamma lo sai di cosa mi vergogno al massimo? del fatto che ho ripreso le gambe come le tue casomai, o del fatto che mi sopravvaluto sempre perché mi avete cresciuto come una rigazzina che è meglio degli altri, più fortunata degli altri, più scaltra degli altri. Tutto mai vero. Mi vedo brutta sciatta mi dico che non devo mangiare poi cucino tutto il pomeriggio. Non ho voglia di parlarne con nessuno ma soprattutto non voglio vedere nessuno ultimamente. uno che lavora con me m’ha detto “porco disse La’ quanto sei patata, sei l’unica bona qua dentro, l’altre so tutte buste de piscio”. Proprio così, e poi ha aggiunto altre cose che non mi va di scrivere, vabbè io non sapevo che dire gli volevo solo parlare di quanto il suo segno nel 2018 andrà una merda per rimetterlo al posto suo ma alla fine non ho detto niente. fa così solo quando ci sono tutti che lo ascoltano, quando lavoriamo io e lui da soli sta zittissimo e al massimo mi parla con un tono paterno o mi dice solo tesò famme ncaffè. Ho superato diritto privato, voglio fare a botte, penso solo a dimagrire, penso spesso agli occhi azzurri suoi, penso spesso che sono una poraccia. Torna mia sorella dopo tre mesi e di lei non ne voglio veramente più sapere niente
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Messaggi che non invierò mai...
Sai credo proprio di riuscire ad andare avanti stavolta. Senza ricadere nella depressione che mi hai causato. Probabilmente ora non ci crederai, ma ho conosciuto un ragazzo, non molto diverso da me. Mi fa ridere, è bello, intelligente...lui è così strano...mi fa stare bene solo sorridendo. E pensare che prima pensavo che con quello io non ci sarei mai stata insieme, invece... Io non so cosa provo per lui, perché sicuramente non è proprio amore, ma sicuramente mi interessa. E poi cosa ne so io dell'amore? Sono solo una ragazzina che ha avuto una gran bella cotta per te, e che magari proverà gli stessi sentimenti, anche con questo ragazzo, o magari più forti. A volte mi sento in colpa però, il fatto di dimenticarti così presto, mi distrugge; magari sembra strano, ma quasi mi dispiace dimenticarti... Forse neanche di dimenticherò, perché una persona non te la dimentichi, però mi sarai totalmente indifferente. Dopo quasi due mesi, finalmente sto bene. Lui diciamo è interessato a me, e conoscendoci, magari, nascerà qualcosa. Quanti magari scrivo, già...ma purtroppo tu mi hai privato di ogni mia sicurezza, mi hai creato mille incertezze, e a volte, non so nemmeno se quella che pensa alcune cose, sia io... Diciamo che ora mi sento meglio, perché so che piano piano ce la sto facendo anche senza il tuo aiuto, e che magari con lui andrà meglio. Però ovviamente, metterò in atto ciò che ho imparato. Non mi arrabbierò più facilmente, ascolterò quello che ha da dire, e quando litigheremo, ci baceremo fino a consumarci le labbra, o almeno spero...dimmi buona fortuna, perché tu con la tua lei ne hai avuta. Tu nella vita sei stato fortunato, hai sempre avuto chi volevi ai tuoi piedi. Io ho faticato per avere te, e voglio faticare anche per conoscere lui. Sto iniziando ad interessarmi ai suoi difetti e non ai suoi pregi. Sono quasi le undici e mezza e ovviamente, come al solito, ho Halo, la canzone di Beyoncé, ad alto volume. Amo questa canzone, ha un significato tutto suo. Mi aiuta ad essere forte, a non pensare a nessuno. Stasera sono stata proprio bene, ho capito come ci si sente dopo non aver riso veramente per tanto tempo. Dai, almeno sono stata fortunata. Su questo. L'ho conosciuto. Ho capito che lui non è la persona che mi avevano descritto. E mi ha anche detto che è interessato a me. Ma ci credi? Io no. Ora devo solo pensare a me stessa, perché tu sei stato egoista, eliminandomi del tutto dalla tua vita in meno di ventiquattr'ore. Ora tocca a me. Sono finalmente un po' felice. Ti auguro il meglio. Buonanotte.
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Ne mancano solo due.
Non sono solita scrivere cose sui social, e chi mi conosce, sa che non sono solita parlare di ciò che provo, ma stasera mi andava di farlo, magari ad un pubblico che probabilmente non esisterà ma che per me sarà comunque fin troppo.
Sette mesi fa ho scoperto di avere un tumore, un linfoma, anche grande, diamine sembrava una palla sul collo e io non me ne ero neanche accorta! A volte si è proprio ciechi, suppongo. E’ stata una bella batosta. Ho dovuto abbandonare una vita che amavo, degli amici, delle persone speciali, le mie abitudini, i viaggi, tutto. Spesso non ti dicono qual è il reale prezzo che un malato deve pagare solo per poter tornare a fare quelle cose basilari che tutti facciamo, quanto si complica la vita quando inizi le terapie che sì, sono tutte studiate per farti stare meglio, ma diamine che cazzo si lasciano dietro, cosa ti lasciano dentro, si prendono un pezzo di te, è vero, non sono melodrammatica, ho cercato sempre di affrontare tutto col sorriso, con una marcia in più, perchè non puoi fallire e soprattutto perchè io non sono una che fallisce, ma credetemi, sopportare tutta questa merda diventa un macigno sulle spalle. Curioso come le parole di mia zia, prima che iniziasse tutto, siano state ‘ora queste belle spalle devono essere larghe’. Io, Atlantide. Quanti rospi da dover mandare giù! E loro giù non vogliono starci!
Il tumore dicono che ti cambi, cambi il modo di vedere il mondo. Non so quanto sia vero. Io mi sento sempre la stessa persona, ma ci è voluto del tempo per capirlo, o forse non l’ho ancora capito. Una parola che ha segnato il mio tumore è stata ‘rimpianto’ perchè ogni volta che pensavo che questa malattia avrebbe potuto uccidermi, non riuscivo a fare a meno di pensare a quante cose ancora non avessi fatto: dare un bacio, vedere il Giappone, una vacanza da sola, un ragazzo con cui poter condividere tutto. E sono cose che ti danno fastidio perchè cambia la percezione che hai di te stessa: il tuo corpo cambia e cambiano le cose che ti permette di fare - non ti permette di fare un bel niente, non risponde quasi, all’inizio mi sentivo come una giovane intrappolata nel corpo di un’ottantenne, quella voglia di fare, di fare qualsiasi cosa che sia qualcosa e riuscire a stento ad alzarsi dal letto per andare in bagno, e sì, io sono stata che fortunata perchè la mia chemio è durata poco, ma non potevo smettere di pensare a quanto mi avesse tolto.
Innanzitutto l’immagine di me stessa. Mi sono sempre ritenuta una donna forte ed indipendente, e all’improvviso mi sono ritrovata ad essere uno straccio da dover essere raccolto da terra e posizionato piano su un letto, avendo cura di non stropicciarmi o di non parlarmi troppo. Non mi piaceva che le persone mi dicessero che tutto sarebbe andato bene, è un’affermazione straziante per chi sta male - è come se annullasse tutto quello che uno prova in quel momento, come se volesse sminuire il dolore che uno prova perchè ‘alla fine tutto andrà bene’, beh la mia risposta allora è sempre stata ‘sì, ma nel frattempo fa tutto schifo’ perché è vero, è così; ma non puoi farlo sempre, spesso devi tirarti su e stamparti un sorriso sulla faccia, raddrizzare quelle quattro ossa e far finta di stare bene, perché c’è gente intorno a te che soffre perché tu soffri e tu puoi fare qualcosa per farli stare più tranquilli, puoi far finta di aver dormito come un ghiro, che le lacrime non siano scese per tutta la notte sul tuo viso allagando il cuscino, che il cuore non ti sia esploso nel petto ad ogni battito.
La cosa che ricordo più vivamente è la settimana prima del responso ufficiale. Tutti mi stavano intorno, non in modo oppressivo ma avevo tutta la famiglia accanto, eravamo sempre a casa di mia nonna e giocavo spesso alla play con mio padre, cosa che per inciso succede una volta ogni dieci anni se tutto va bene, mi sembrava quasi di essere al centro di una formazione protettiva e che tutti volessero proteggermi a loro modo dal cattivone della situazione. Purtroppo non potevano. È stato anche il periodo più brutto perché ogni notte non dormivo, pensavo a cosa ne sarebbe stato, cosa sarebbe potuto succedere dopo, io che dormo anche se fuori ci sono le cannonate (ecco ora il mio sonno è molto leggero, non è più tranquillo come prima).
La prima chemio, ricordo che non mi faceva paura perché ero curiosa, insomma si parla tanto di chemio anche nei film ma io non avevo mai realmente capito di cosa si trattasse, e così ero curiosa di capire. E poi ti mettono un’ago nel braccio e ti cambiano un numero infinito di sacchetti, e pensi che tutta quella roba ora è dentro di te: no, non è come pensare ’evviva sono arrivati i rinforzi!’ No, non senti nulla. Una sensazione che ricorrerà ad ogni mia chemio è questa: è come se la mattina entrassi in quella stanza con tutta la gioia del mondo e ne uscissi prosciugata e debole, come se quella medicina cancellasse la mia felicità, la mia voglia di fare -che poi effettivamente è quello che faceva: mi rendeva sonnolente per tre giorni, nausea, dolori atroci, vomito, e poi iniziavo a non dormire, a non concentrarmi, a sentirmi stupida perché non riuscivo ad avere neanche la concentrazione per rileggere un libro che conoscevo a memoria. Gli effetti della prima chemio durano poco, però. In meno di una settimana ero tornata come nuova e in effetti non volevo tornare per il secondo giro, perché sembrava un po’ come quando ti si toglie il raffreddore e stai bene e il mondo ha di nuovo dei colori, degli odori, dei sapori e tu cosa fai? Torni in ospedale per riprendertelo? Sembrava che ogni volta miricrescessero della ali e potessi tronare a volare dovunque mi sarebbe piaciuto, ma poi ogni quindici giorni dovevano mettermi l’ago e recidermi le ali.
Cambiano i sapori, cavolo. Chi diamine l’avrebbe detto, chi se lo saprebbe aspettato? Tutto ciò che mangi sembra che abbia lo stesso sapore. E io sono rimasta traumatizzata. Perchè un conto è la nausea, che non ti fa tenere nulla nello stomaco, e te ne fai una ragione, perchè sì, ma poi quando stai un po’ meglio e puoi tornare a mangiare, niente è come prima, e questo un po’ mi rattristava perché io sono molto legata al cibo, il cibo è per me, la massima espressione: mangio se sono contenta, se sono triste, cucino se voglio dire qualcosa che non riesco a parole: mi sono sentita privata di un mezzo d’espressione che era stato mio per tuttta la vita e che negli ultimi anni avevo imparato a gestire al meglio. E magari per gli altri può sembrare una cosa superflua ma per me è stata davvero sconvolgente, mi faceva deprimere perchè non avevo nulla su cui puntare, mi sembrava tutto inutile.
Ciò non implica che non ci siano stati momenti belli. Una cosa che ho voluto fin da subito chiarire con me stessa, è che il cancro non è una fase: non è il mio Medioevo, è solo una parte della vita in cui si sono concentrati parecchi eventi negativi, ma ci sono state anche delle cose belle: mi sono rasata i capelli, era una vita che ci pensavo e nonostante avessi paura di vedere solo una malata allo specchio, in realtà non è stato così, mi sono sentita empowered (non mi viene in italiano); o ancora il maglione natalizio, il Natale che è stato bellissimo -ho fatto l’albero di natale tutto da sola, mi ci sono voluti tre giorni e parecchi riposini ma ce l’ho fatta-, ho conosciuto tante persone eccezionali che mi hanno offerto piccolo spiragli all’interno dei loro mondi ed è anche grazie a loro che non sono diventata matta; ho scoperto di essere brava con l’uncinetto e così ho realizzato tantissima roba con la lana. I momenti felici sono stati pochi, è vero, però forse li ho apprezzati di più perchè ho dato loro la giusta importanza.
Ecco, il tumore mi ha aiutato a capire le persone. Mi ha aiutato a mettermi nei loro panni. Perché se il tumore fa soffrire te, fa stare anche peggio chi ti sta attorno. Sembra una pubblicità progresso. Però è vero. Il mio dolore è stato diverso da quello che per esempio ha provato mia mamma nel vedermi così. Spero solo di essere riuscita a far capire a tutti coloro i quali mi sono stati attorno che, nonostante i momenti bui io sono sempre qua, pronta a combattere. Riuscivo a capire, a percepire, sentire quando qualcuno stava male attorno a me, credo che sia una specie di super potere ora, il che non è di conforto, perché io sono sempre stata sensibile, questo nessuno può negarlo, però prima riuscivo a tirare su un muro tra me e il mondo e non mi facevo così tanto male. Ora invece le emozioni vanno ovunque, buone e cattive, corrono all’impazzata e non riesco proprio a contenerle, diamine piango per ogni minima cosa. Forse però è un modo per apprezzare in maniera più sincera il mondo, senza filtri, senza troppa paura di farsi male o di mostrare agli altri le proprie debolezze. Non so, qui devo ancora lavorarci su...
Okay ora pausa doccia, poi torno sperando che Tumblr non butti la bozza.
Allora, dov’eravamo? Le persone, mi sembra. Non crediate che ci sia un filo logico, è un puro flusso di coscienza questo, uno sfogo personale. Non lo rileggerò neanche prima di pubblicarlo. Allora le persone. Ho capito da chi stare lontano. Chi mi era distante e chi davvero vicino. Ora vorrei parlare di una persona, una molto speciale. Oddio, non pensate subito ad una cotta, è “solo” la mia migliore amica. Solo l’ho scritto così perché è molto di più. Ma MOOLTO. Ogni volta che vorrei parlare di lei resto sempre senza parole perché lei ne è talmente tante che non saprei da dove iniziare. Quando ho scoperto del tumore non sapevo se dirglielo o meno. Non volevo farla soffrire. Poi ho pensato che magari non avrebbe sofferto perché potevamo non essere così legate come pensavo io, non so faccio un po’ schifo nei rapporti umani. L’ho incontrata in università, ad una lezione dove non capivamo una mazza (colpa del prof, ovvio). Ci siamo rincontrate per caso e poi lei a pranzo ha iniziato a parlami del suo ex, ed è stato come un fiume in piena. Ha iniziato a parlare e sembrava che non volesse finirla più. Le prime volte che ero con lei tornavo a casa stanca e dovevo rimettere a posto ogni tassello di quanto mi raccontava, un piccolo recap personale. Era sempre gentile. Anche quando era stressata o incazzata per il lavoro, o perché il fratello le aveva combinato qualche pasticcio da dover pulire. È piccolina ma ha un cuore grande, grande. All’inizio non la capivo. Mi sembrava un alieno perché lei sentiva tanto con il cuore, lo fa ancora. E suppongo che questa sia un’arma a doppio taglio. Piano piano abbiamo trovato un modo per funzionare e io, quel giorno a linguistica, non avrei mai immaginato di trovare una persona così importante. Cavolo io voglio fare un tatuaggio con lei, roba che non sono mai sicura di niente, ma di lei sì. Alla fine le ho detto del tumore. Vorrei tanto averle potuto risparmiare un po’ di dolore, avrei voluto donarle un po’ di tranquillità in questi mesi passati, invece mi sembrava di oberarla di preoccupazioni di cui sicuramente non aveva bisogno. Lei mi è stata accanto. Sempre. E più ci rifletto, più mi commuovo. Nonostante lei non sia stata qui con me fisicamente, è stata una delle presenze più tangibili che abbia avuto accanto. Anche solo scambiare due chiacchiere con lei mi rallegrava. E mi dispiaceva per tutte le volte in cui non riuscivo a prendere il telefono e rispondere perché stavo male e non mi andava di parlare, mi dispiaceva perché sapeva che stavo male e io sapevo di farla preoccupare. Mi manca un sacco. Mi manca andare al sushi con lei. Mi manca studiare assieme a lei. Oppure prendere la metro e lamentarsi della gente che è disgraziata. Oppure andare in discoteca, o bere assieme e cantare i cori da stadio per la città. Pranzare assieme in università, quando lei si portava solo una scatolina di quella specie di formaggio e diceva che le bastava, oppure la frutta, mangia sempre frutta, mentre io portavo sempre la pasta. Mi sembra di aver perso cose che non potranno tornare più. Però mi rallegro al pensiero che magari ce ne saranno di più belle. Perché io le voglio bene davvero, e cercherò di fare di tutto per lei. Io sono la sua spalla, può poggiarsi a me anche se adesso non è che mi mantenga poi tanto bene, ma ce la faccio. Vorrei trovare un modo per farle capire di star serena, che tutto andrà bene, anche se adesso è un po’ buio il suo mondo. Il tempo appiana tutto ed è proprio da come reagiamo alle cose che costruiamo noi stessi. Mi piacerebbe davvero capire come fa a fare tutto di pancia, io che resto bloccata sempre nella mia mente. Spero di poter imparare tante cose da lei. E se per caso dovessi leggere questa cosa, ah che imbarazzo, ma la maggior parte delle cose le sapevi già, sai già quanto ti stimi e quanto ci tenga a te e quanto creda in te. Molte cose ci hanno divise in questi mesi, ma siamo sempre rimaste luna accanto all’altra e spero di poter transcorrere così il resto della mia vita, perché con un’amica come te al mio fianco sarebbe tutto più bello.
Ultimamente ho iniziato a pensare che mi sarebbe piaciuto conoscerti prima, per poter condividere con te anche l’infanzia, per poter davvero dire, una volta vecchia, io la conosco da una vita! Vorrei aver trascorso con te l’adolescenza, mi avresti spinta a imparare ad usare i tacchi e a mettere i vestiti invece che le felpe, e io ti avrei contagiata con le serie tv, te ne avrei proposte a centinaia ma te ne avresti forse vista una. E sai quante cose che avremmo potuto cucinare assieme? Magari non avremmo dovuto aspettare i 21 anni per mangiare dei panzerotti assieme! E poi chissà se già prima eri un piccolo grinch? Sicuramente ti avrei invitata a casa a fare con me l’albero di Natale, perché l’ho fatto spesso con le amiche.
Quello che era iniziato come un post di sfogo si è lentamente trasformato, in non so cosa però. La prima frase è “ne mancano due” o qualcosa del genere. Mi mancano due giorni di radioterapia e poi sarà finito tutto. Ma lo sarà davvero? O vivrò sempre nell’ansia che possa tornare? Nell’ansia di dover vedere la mia vita di uovo andare in pezzi per iniziare le cure? Potrò davvero avere la forza di iniziare a costruire qualcosa nonostante questa possibilità? Ho paura. Il mondo fa effettivamente paura ora. È una paura più tangibile perché ci sei già stata a contatto e sai quanto è dura. Ma sai anche che ce l’hai fatta e questo dovrebbe farti stare tranquilla. Perché se l’hai ucciso una volta, e dovesse tornare, puoi solo fargli capire che fine farà: morirà lui e non tu.
Nonostante tutto si va avanti. Sì deve andare avanti. E non devono essere gli altri a dirtelo. Devi realizzarlo da sola, perché se non ci arrivai con i tuoi denti, non ci crederai mai. Non ci crederai mai per davvero.
Notte bella gente, e scusate per le chiacchiere. Love u all.
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Cronache dalla fine. Incontro con Giovanna, la sovrana delle bambole che vedeva passeggiare Pasolini
Giovanna rimane un po’ delusa quando le dico che non ci saranno né video né fotografie. Solo un registratore portatile e la penombra del suo salone. “Peccato”, mormora guidandomi attraverso il corridoio.
La donna vive da sola in una enorme casa a Monteverde vecchio. Un attico.
Va avanti di qualche passo e io la seguo; mi mostra gli oggetti cari e quelli che dovrà un giorno o l’altro buttare. Centinaia di bambole sparse ovunque. Bambole di ogni materiale e tipo: ceramica, pezza, plastica. Bambole a imitazione di bambina e bambole di angeli, bambolotti di neonati e figure religiose. Un sorprendente Padre Pio, versione peluche, sul televisore della camera da letto.
Giovanna non si volta mai. È il mio Orfeo domestico, penso con un sorriso, e io la sua Euridice impacciata.
Impieghiamo, senza esagerazioni, dieci minuti per la visita guidata.
La poltrona su cui siede Giovanna sembra inghiottirla. Sprofondato nella gommapiuma, il suo corpo è ancora più piccolo. Socchiudo gli occhi: ho davanti a me un ragazzino magrissimo, adesso.
Giovanna ha i capelli molto corti. Oggi è il suo compleanno. Ottantatré anni. Ecco spiegato il vestito elegante e il trucco e il rossetto visibili nella penombra.
Per un lungo momento né io né lei sappiamo cosa dire.
Giovanna: In cucina ci sono dei pasticcini che mi ha portato prima la signora delle pulizie. Li vogliamo mangiare adesso?
GG: Come vuoi tu. Per me non fa differenza.
Giovanna: Non so se ne ho voglia. Dopo puoi portarteli via, se vuoi. Oppure li mangio io stasera. Magari al posto della cena. Così vado sul leggero. Oddio, però non so se si digeriscano proprio facilmente. Secondo te? E nemmeno aiutano a mantenersi in forma. Dovrei uscire a passeggiare un po’, per smaltire. Ma fa troppo freddo, vero? Poi, in queste condizioni. Però è da molto che non mangio pasticcini. Almeno un anno, sai? Un sacco di tempo. Non mangio pasticcini dal mio compleanno scorso. A te piacciono i pasticcini? Senti, fammi la gentilezza: li puoi andare a prendere che ce li sgranocchiamo adesso? Mi è venuta proprio voglia e a te?
Giovanna straccia impaziente la carta del vassoio. Sceglie per sé una barchetta alla ricotta. Dà un morso, ma forse non le piace. Così la ripone nel vassoio, cercando di non farsi vedere da me.
“Dai scegli tu per primo”, dice quando si accorge che la sto guardando.
GG: Hai tantissime bambole. Mai viste così tante bambole in vita mia. Mai tutte insieme, almeno.
Giovanna: E non sono nemmeno tutte. Molte altre le ho sistemate nella stanza in fondo al corridoio. Se vuoi, dopo posso mostrartele.
GG: Sono ricordi? Le collezioni?
Giovanna: Le collezionavo, sì. Adesso ho smesso. Vengono da tutte le parti del mondo. Mio marito viaggiava molto per lavoro e tornava sempre con qualche bambola per me. Alcuni pezzi rari li avevo regalati a una cara amica, ma non so se li possieda ancora perché non la sento da molti anni. Infatti, non saprei dire se siamo ancora amiche oppure no. Tu chiameresti amica una persona che non vedi e non senti da molto tempo? Io sì, ma lei? Se la chiamassi potrebbe far finta di non ricordarsi o dire: “Cosa c’è adesso, che vuoi dopo anni?” e mi farebbe troppo male. No, non la chiamerò. Sapeva essere una persona molto dura. Però, vorrei rivedere quelle bambole…
GG: Come mai gliele hai donate?
Giovanna: Perché le piacevano. Perché credevo che, comunque, non avremmo mai smesso di frequentarci. Tra amici è bello farsi regali. Ogni dono è come un segnalibro: tiene il tempo, le date di un’amicizia. Io, di ogni dono ricevuto, ricordo tutto. I discorsi fatti quel giorno, il meteo, il mio stato d’animo… Mettimi alla prova.
GG: Come?
Giovanna: Vai in corridoio e prendi una bambola. Portamela e io ti dico tutto del giorno in cui mi è stata regalata.
Scelgo la bambola più piccola e perciò meno in vista. Una bambina di pezza incastrata fra due sorelle dieci volte più grandi di lei. Me la rigiro tra le mani. Due piccolissimi bottoni a sostituire gli occhi. La schiena lacera.
La mostro a Giovanna.
Giovanna: Te la sei proprio andata a cercare bene, eh.
Giovanna osserva la bambola. Pensa…
Giovanna: Avevo vent’anni. Me la regalò un ragazzo che conobbi a Loreto – ogni estate noi andavamo a Loreto in vacanza. Questo ragazzo voleva che io diventassi a tutti i costi la sua fidanzata. Sapeva che mi piacevano le bambole e ne rubava tantissime alla sorella per darle a me.
GG: Finita lì, poi?
Giovanna: Sì. Io avevo già un fidanzato qui a Roma e non me ne serviva uno a Loreto. Oltretutto, un uomo regala gioielli alla donna che vuole conquistare, mica bambole. Le bambole puoi regalarle quando è già tua. Se vuoi conquistarmi con delle bambole, poi che mi offrirai in futuro? Dico bene?
GG: Però non mi hai raccontato dei discorsi fatti quel giorno, del meteo e del tuo stato d’animo.
Giovanna: Vale se ci penso cinque minuti? Il tempo di una sigaretta. Vieni, mettiamoci in balcone.
Prima di uscire in balcone Giovanna mi fa vedere le ultime lastre che ha fatto ai polmoni. Non ci capisco niente. Quelle macchie – una di queste è molto grande, spaventa la porzione di nero che occupa – sono per me indecifrabili. Le scruto assorto, cerco di sembrare concentrato, esperto. Ma le macchie restano solo macchie. E il male di Giovanna un’intuizione.
Giovanna: Si è espanso, il maledetto. Inizia sempre col farti credere che si stia riducendo. Tu ci credi e ci speri. Poi, quando ci hai creduto e sperato abbastanza, arriva la tranvata. Non può essere operato e gli antitumorali non servono a niente. Ho smesso anche di prenderli, visti pure i problemi che mi davano. Alla mia età posso permettermi tutto.
Dal balcone si gode una vista splendida.
Si vede gran parte del centro storico di Roma. Il panorama si estende fino all’Eur, includendo la Garbatella e l’Ostiense.
GG: Avete sempre abitato qui tu e tuo marito?
Giovanna: Da quando ci siamo sposati nel ’56. Quanti ricordi. I primi tempi incontravo ogni giorno Pasolini che passeggiava su e giù per Donna Olimpia con una rivista o un libro sottobraccio. Credo che avesse appena pubblicato il suo primo romanzo. Non era ancora famosissimo, ma sui giornali già si parlava di lui. Una volta lo vidi litigare di brutto con alcuni ragazzi delle case popolari. Se istigato, alzava le mani senza problemi e succedeva spesso.
GG: Hai mai avuto modo di parlarci?
Giovanna: No, ma mi sarebbe piaciuto. Era un uomo così affascinante… che se fosse capitato… Le foto non gli rendono giustizia.
GG: Capitato cosa?
Giovanna: Ah, niente. Poi a lui non piacevano le donne. Si sapeva già all’epoca.
Giovanna si ferma per tossire. Si porta un fazzoletto alla bocca con entrambe le mani. Al centro del fazzoletto, nello spazio tra un dito e l’altro, si allarga una macchia cremisi. Mi permetto di prenderle un bicchiere d’acqua. Giovanna lo rifiuta. “Tranquillo”, mi rassicura. “È rossetto, mica sangue”. Si accende una sigaretta. Si volta per tossire altre due volte. Riprende fiato. La sigaretta è a metà e Giovanna, senza finirla, la spegne dentro un vaso. Con due dita, la spinge sotto il terriccio.
Giovanna: Dov’eravamo rimasti, prima di Pasolini?
GG: Parlavamo della bambola che ti donò il tizio di Loreto.
Giovanna: Allora. Me la regalò verso la metà di luglio. So per certo che era un mercoledì, perché ogni mercoledì andavo a fare la spesa al mercato e lì mi aveva trovata lui quella mattina. Piovigginava, ricordo. Io avevo un ombrello e lui no. Puoi immaginare come fosse fradicio. Anche la bambola era zuppa e all’inizio non volevo prenderla.
GG: Cosa ti ha fatto cambiare idea?
Giovanna: La pena che provavo nei suoi confronti. Però, negli anni mi sono sempre chiesta che fine abbia fatto. Ha trovato un’altra o mi ha pensato senza pace? E la sorellina a cui rubava le bambole, poi?
Giovanna mi prega di citare il lavoro della sua vita. “Scrivilo nell’intervista”, mi dice. “Scrivi che ho fatto per trent’anni la maestra qui a Monteverde”. Mi nomina alcuni personaggi pubblici che sono stati suoi alunni. Gli aneddoti che lei racconta hanno la grazia del sogno. Come la storia di un bambino sempre triste che una mattina apre la finestra, saluta tutti con la manina e si butta di sotto. Senza morire, ma restando paralizzato a vita.
Giovanna si interrompe spesso per tossire o per accendersi una sigaretta che puntualmente non finisce.
Giovanna: Però è la vecchiaia nel mio caso, ancora più della malattia, a farmi tirare le somme della mia vita con l’ultima lucidità possibile. Nel senso che la malattia è un imprevisto. La vecchiaia te l’aspetti e, aspettandola, ti ci prepari. Esamini, rifletti, pesi e soppesi. A oggi mi ritengo, e a questo punto mi riterrò per sempre, una donna fortunata. Sono felice. Non mi manca nulla.
GG: Nessun rimpianto?
Giovanna: Un figlio. Eh, questa “pancia scema” come la chiamava mio marito. Che ogni volta si gonfiava ma era tutta aria e noi lì, baccalà, a crederci. Due fessi.
GG: Con il tuo lavoro di maestra ne hai avuti a migliaia di figli.
Giovanna: No, non prendermi in giro. Un allievo non potrà mai essere un figlio. Gli vuoi bene, lo educhi e lo aiuti a crescere. Ma non è tuo figlio, non è uscito da te. Con te non condivide nulla e finita la lezione passa ad altro, com’è giusto. Comunque è il mio compleanno e dobbiamo festeggiare. Sul tavolo in cucina c’è una bottiglia di vino rosso. Vai a prenderla: ci facciamo un bicchiere. E prendi anche un’altra bambola, passando per il corridoio. Ho voglia di ricordarmi un sacco di cose.
Gabriele Galloni
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Sì, mi piacerebbe invitarti a cena a casa mia, magari un giorno, chissà Immagino che arrivi un po' prima, facciamo per le 19, io sarò in tuta e ancora ai fornelli. Ti bacio sulla porta, poi ti faccio entrare. " scusa tesoro, sono ancora ai fornelli, vieni" e ti porto in cucina. Mi mancano le ultime cose, e tu seduto sulla sedia mi guardi indaffarata. Appena finisco vengo vicino a te, mi siedo a cavalcioni su di te e ti bacio. Hai presente quei baci lunghi e senza sosta? "Vado a fare una doccia, tu intanto versati del vino", e invece silenziosamente mi segui. Sei dietro di me in bagno. Mi abbracci da dietro mentre mi spoglio. Mi giro, ci baciamo e facciamo l'amore li, in bagno, mantenendoci tra il lavabo e la lavatrice. "Ora vai , io mi preparo" Ho messo la matita agli occhi come piace a te, e il rossetto rosso come piace a me, sei seduto sul divano, io arrivo ti faccio una carezza e preparo il tavolo. Mi siedo un po' vicino a te, prendo la tua mano nella mia e ti guardo. Lo sai che mi è sempre piaciuto guardarti. Andiamo a tavola, (va beh dai, concedimi un po ' di romanticismo) candele e tulipani gialli. Insalata di mare, salmone e fasulare, i tuoi occhi si illuminano. Mi versi vino, poi lo versi a te, brindamo " a noi, e a questa cena, che desideriamo da tempo" sussurri senza togliermi gli occhi da dosso Mangiamo con calma, non abbiamo fretta, il pensiero di dormire mi eccita enormemente. "Vieni tesò, siediti vicino a me" Mi guardi come se fosse la prima volta che mi vedi, e io mi imbarazzo, come la prima volta. Solo che quel giorno non ti ho nemmeno guardato. Oggi ti guardo e mi riempio gli occhi di te, mi riempio la bocca dei tuoi baci, le mani della tua pelle, il naso del tuo odore. "Cucino la pasta" " No apetta, le fasulare che mi hai dato erano buone, ma lo sai quale mi piace" Mi prendi la mano e mi porti sul divano. Le nostre bocche si toccano, le nostre lingue s'intrecciano, mi fai impazzire come sempre, mi alzi la gonna e mi baci tra le gambe, il calore della tua bocca mi fa impazzire, i miei gemiti echeggiano nella stanza. Poi mi guardi, io ti bacio avidamente poi mi accarezzi e mi sussurri " tesoro ora puoi cucinare la pasta" ☺ Abbiamo finito la pasta... e anche il vino "Cazzo 3 bottiglie, ora non è che ti addormenti?" "Sei pazza? aspettiamo questo momento da una vita e io che faccio secondo te? Dormo?" Mi aiuti a sparecchiare, ti dico di lasciare tutto nel lavandino, ma tu insisti per lavarli con me. Io lavo e ti scuacqui, è divertente questa cosa, un bacio ogni piatto, ci mettiamo un'eternità. "Andiamo a letto" t'imploro Quello che succede in camera da letto meglio che non lo scrivo, ho paura che mi cacciano dal blog. Ci addormentiamo che ormai è mattina, mi sveglieranno le tue carezze e i tuoi baci sulla guancia. Apro gli occhi e un grande sorriso mi illuminana il viso, ti bacio stringo il tuo viso tra le mani, " allora sei vero, non ho sognato tutto" "No tesoro, non hai sognato, sono qui con te, e anche se abbiamo finito di fare l'amore 4 ore fa io voglio rifarlo" Di nuovo censura 😉 Ti alzi e vai in cucina, ti sento armeggiare, dopo un po' ti presenti con un vassoio, caffè e cornetti. " dove hai preso questi cornetti? " " al bar mentre dormivi" (Ok ammetto, ora ti sto idelizzando troppo,non hai nemmeno dormito?) Facciamo colazione, buono il caffè, grazie per esserti ricordato dello zucchero. Facciamo una doccia? Un altro dei miei sogni, fare la doccia con te, insaponarti, sciacquarti e poi insaponarti ancora. Ci vestiamo e io mi trucco, tu ti siedi sul bagno e mi guardi. " che occhi meravigliosi che hai" Facciamo un giro in centro, ci fermiamo in un bar, ordiniamo 2 Campari, uno con ghiaccio e uno senza. Parliamo del più e del meno, ogni tanto ci teniamo la mano, un bacio innocente sulle labbra, sono sempre buoni i baci al Campari. "Allora ti è piaciuta la cena?" "Sì, molto. Al di là della cena sono stato davvero bene " "Anche io sono stata benissimo" Alcuni momenti ci guardiamo negli occhi intensamente,poi uno dei due sorride e abbassa lo sguardo. Chissà cosa pensi tu in quei momenti. Io sto pensando a ieri sera, alla fatica fatta affinché fosse tutto perfetto. Ai fiori, alle candele, volevo non mancasse nulla. Penso che abbiamo vissuto delle ore in un'altra dimensione e che in questa dimensione mi sono trovata benissimo. Penso al tuo profumo sulle lenzuola, ci dormirò anche stasera, così ti avrò con me per un'altra notte Penso che tra un po' andrai via e io resterò sola Penso che mi mancherai tantissimo " a cosa pensi?" Mi chiedi "A nulla" sorrido Ti prendo la mano e la porto sul mio viso. Mi piace sentire il tuo calore. "Torniamo a casa? Ho voglia di quella pasta al salmone di cui mi hai parlato tempo fa, passiamo al supermercato, ti va di cucinarla per me?" Sorrido e mi lacrimano gli occhi, stavo proprio pensando alla stessa cosa. " certo tesoro, non c'è bisogno di andare al supermercato, a casa ho tutto quello che mi serve" Passiamo il pomeriggio in casa, mezzi nudi sul divano, non ci stacchiamo un minuto, facciamo l'amore,ci baciamo, ci teniamo semplicemente la mano e parliamo. Poi c'è una cosa che tu fai sempre e che io adoro... appoggi la mia testa sul tuo petto e mi stringi, come se fossi una bambina piccola, mi accarezzi il viso e io faccio lo stesso con te, ci sorrodiamo, ci baciamo. Quando lo fai io mi sento bene, un quel momento mi sento una donna fortunata. "Tesoro io tra un po' devo andare, vorrei fare una doccia" Ti accompagno in bagno, questa volta non entro con te, mi limito a guardarti seduta sul water. Osservo i tuoi gesti e li stampo nella mia mente. Non so se sarà possibile vederti fare la doccia nuovamente, e allora io voglio ricordarlo. Esci, mi dai un bacio a stampo sulle labbra e metti il mio accappatoio, ti asciughi e ti rivesti. Andiamo in cucina, preparo il caffè e lo sorseggiamo insieme. È calato un mutismo, nessuno dei due parla, ci limitiamo ad osservare ogni piccolo gesto che fa l'uno o l'altra. Mi alzo di scatto, vengo da te e ti abbraccio, ti abbraccio così forte che ho paura di farti male. Ecco lo sapevo, piango, devi andare via e non voglio. " ehy che fai piangi? Ti avevo proibito di farlo, sei brutta quando lo fai " Mi dici cercando di tenere un tono severo ma non ci riesci, fai la faccia buffa e io rido. Tu mi asciughi le lacrime e ci baciamo, per minuti interminabili. Ti accompagno alla porta, un bacio, l'ultimo, aspetta, ancora uno l'ultimo ti giuro. "Scrivimi quando arrivi a casa" "Lo farò" Ti guardo scendere le scale, corro al bancone e tu vedo sparire nella strada. "Sono a casa, tutto ok, che fai?" "Sono a letto, mangio gli avanzi della pasta" " che bella giornata che abbiamo trascorso" "Meravigliosa, ancora non ci credo che ti ho avuto per 24 ore" " bello" "Sì bello" "Ora purtroppo devo chiudere, buonanotte tesoro, ci sentiamo domani " " Buonanotte tesoro, a domani " Hai lasciato una maglietta qui, forse l'hai fatto di proposito. Io la indosso, ha il tuo profumo, sa di te, sa di noi. Poso il piatto in cucina, lavo i denti e torno a letto. Mi giro e mi rigiro Mi addormento e al mio risveglio non sei con me...
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