#sta cosa mi manda fuori di testa
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Ah vedo che i grandi classici “tornatene a scuola invece che fare figli” sono tornati, perché una donna a quanto pare può scegliere solo in un modo. Se decide di diventare madre invece non va bene.
#sta cosa mi manda fuori di testa#una delle mie migliori amiche è sempre voluta diventare mamma giovane#a 19 anni ha avuto la prima#a 22 la seconda#e ora aspetta il terzo#guess why?#perché lo ha sempre voluto#ed è una mamma stupenda oltre a tutto il resto#se sei pronta a diventare madre a vent’anni e ne hai le positività economiche e familiari buon per te#probabilmente sarai una madre migliore di una di quaranta che non è convinta di quello che fa#e che ha avuto figli a causa di pressioni sociali e non perché li volesse davvero#detto questo auguro tutto il bene ai futuri genitori e al nascituro#e a tutta la famiglia#che se c’è qualcuno che mi pare sappia cosa vuol dire avere dei bambini piccoli intorno 24/7#sono loro
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I promettenti cieli di stamattina sono diventati nuvole nere e grandine e fulmini. Il mio fantasticare di incontri e primavere è stato bruscamente interroto da mio padre, in panico, "la mamma sta male, vieni!" E la vedi sulla poltrona, la roccia di casa, il nostro collante, che dice "non è niente" per calmare lui, che ormai piange e non mi fa capire un accidenti. E mi fa incazzare, perché spaventa anche me e invece devo essere razionale e pronta a scattare.
Che succede? La testa? Lo stomaco? Cosa stavi facendo?
È lucida. Soprattutto è viva. Non si sforza di sorridere. Manda fuori mio mio padre con una scusa, così può dirmi: il cuore.
Il cuore? Cuore mio... In realtà è la pressione. Altissima, abituata com'è ad averla sotto i piedi. La porto dal dottore, lasciando mio padre a casa da solo. Ancora mi viene in mente l'omino che deve salvare capra e cavoli.
La controllano, danno una pastiglia, mezz'ora, la ricontrollano. Seguiranno esami e "ora dovrebbe stare meglio, però... tocca capire"
E cosa vuoi capire?
Mamma, cuore mio.
E fulmi e grandine e ancora niente primavera.
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C’è questa cosa che lei pensa che mi piaccia una sua amica, o quantomeno che provi attrazione nei suoi confronti - cosa a cui io non avevo mai minimamente pensato prima che me lo facesse notare. Sicuramente mi ricorda situazioni e persone da cui in passato sono stata attratta, ma quell’Aurora l’ho guarita, la sto guarendo, e adesso non c’è più spazio in me per quel tipo di relazioni. La accarezzo ogni giorno e la tengo “sotto controllo”, le parlo e la nutro/curo con altro perché il dolore, e il brivido, non mi interessano davvero più. Quindi insomma la questione in sé non mi preoccupa più di tanto, anche se mi dispiace che lei pensi questa cosa. Sta di fatto che, quando sono da sola, se ci ripenso, o anche quando tira fuori lei l’argomento, mi manda totalmente in crisi, perché evidentemente è una cosa che tocca punti di me ancora dolenti. È come se il mio cervello volesse darle ragione, perché da sempre, nei miei confronti, dentro me, mi auto-etichetto come bugiarda, impostora, cattiva, brutta, puzzolente, e il fatto che qualcuno mi accusi che mi piace “qualcuno che non può piacermi” dentro me avvalora questa tesi. Poi, mi rendo conto che sono interessata tantissimo (troppo) ai suoi amici, all’opinione che potrebbero avere di me, ma questa è una questione più ampia; in generale vorrei sempre piacere a tutti e baso il mio valore su questa cosa, ogni giorno, a maggior ragione quando si tratta di persone a cui tengo. Allo stesso tempo non mi vivo possibili situazioni, opportunità, vacanze, perché piuttosto che apparire strana preferisco non esserci (in senso ampio: non vivere. E tutta la mia vita si riduce a questo: piuttosto che rischiare di essere vista davvero, non vivo. Detto ciò, capisco che questo mio “andare in blackout” quando si parla di questa sua amica possa far sembrare che nasconda dell’attrazione. In realtà, faccio fatica a mostrarmi agli altri per il motivo detto prima, soprattutto con chi non fa parte della mia cerchia ristretta, con chi mi ha già vista insomma, con gli altri mi comporto da ancora più strana di quello che sono davvero perché non so come fare come muovermi come camminare sbattere gli occhi parlare respirare mi sento unica (non in senso positivo) osservata e stupida e brutta e grassa e, comunque, sempre inferiore. Ed è un loop di pensieri infinito, un cane che si morde la coda girando su sé stesso tornando sempre lì, al sentirmi bugiarda, impostora, cattiva. Poi penso al fatto che sicuramente lei sia ancora innamorata della sua ex e quindi crollo e piango e nascondo tutto. Ricomincio da capo. Ma nella mia testa è così
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Sta cosa che mi devo sorbire le pubblicità quando pago un abbonamento per guardare i film e le serie SENZA mi manda fuori di testa.
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Owen mi manda completamente fuori di testa vuole avere figli a tutti costi e porcodio si fidanza sempre con donne che figli non ne vogliono e pretende che li faccia o solo perché secondo lui sarebbero delle buoni madri
e sti cazzi?? uno si sta bene anche senza figli due si fanno solo se entrambi nella coppia sono al 100% nella cosa
ma vedi te se ‘sto stronzo mi deve far girare i coglioni ogni volta che apre quella bocca di merda
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stavolta ho sognato io che Rich era a casa nostra. Era mio amico, cioè nostro amico, ma io passavo la stragrande maggioranza del tempo con lui. ci aiutava in tutto e io gli toccavo sempre i riccioli rosa 😍 nel sogno i miei erano usciti ed ero sola in casa e dovevo stendere il bucato. cerco Rich per farmi dare una mano ma non lo trovo. giro e rigiro e di lui trovo solo la testa! sì solo la testa senza il corpo, dritta sul divano, e le orecchie si muovono ancora! la cosa mi disturba parecchio, chiedo in generale che è successo ma figurati se Rich mi risponde! forse chiedo anche di Ghali, non mi ricordo. porto la testa fuori insieme al bucato (con quale coraggio non lo so) e la lascio sullo stendino. Si fa brutto tempo e devo ritirare il bucato. Rich è ancora là fuori. niente corpo, solo la testa. prendo un foulard enorme e lo metto attorno al suo collo così da illudermi che il corpo stia sotto. che poi la cosa strana era come se io sotto sotto sapessi qualcosa di lui ma mentissi a me stessa. e mentivo così male che non riuscivo a trovare una giustificazione. miracolosamente si cambia scenario e siamo io, mia mamma, mia sorella e Rich seduti al tavolo, e Rich ha di nuovo il suo corpo, indossa la sua iconica tuta blu navy, la sciarpina senape e le Marni bianche. Io non ascolto la conversazione, non ho occhi e orecchie che per Rich che mi fa l'occhiolino, e forse mi manda pure i bacetti al volo, e io gli do i buffetti sul musetto. io lo so che Rich ha gli occhioni neri ma nel mio sogno aveva gli iridi marroni iced-coffee e devo dire che gli stavano davvero bene. non so perché ma non sentivo i suoi versetti 🥺 però lo guardavo e lui guardava me. e com'era tenero 🩵
qui la consecutio temporum l'ho mandata a farsi benedire 😂😅 io dico che è tutta colpa di questo strano commento che ho letto giorni fa in un reel di tiktok, altrimenti 'sta cringiata non si spiega
'xcuse me? 🫥
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Il cosino della sim non si toglie e sta cosa mi manda fuori di testa.
Ma è possibile che non riesco nemmeno a cambiare il telefono😭😭 che disgrazie
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Sono in stazione e sto ufficialmente avendo un esaurimento nervoso. Sono davvero scoppiata a piangere davanti ad una professoressa e non so come cazzo sia possibile perché se c'è una cosa che odio sono queste cose. Quanto cazzo odio la gente che si piange addosso li prenderei tutti a sberle
Ho un crollo di nervi assurdo e il motivo è solo uno:non dormo.
Non dormo perché boh non ho idea di perché cazzo mi sia svegliata alle tre negli ultimi due giorni e sia stata sveglia fino alle cinque
Non dormo per he ho un problema enorme che sia chiama Mitbewohnerin. Adesso questa va descritta cosi come è inutile girarci attorno:Non ci arriva,non è particolarmente intelligentente. Blabkabka la solita stronza. Io dico solo le cose come stanno questa bastava guardarla negli occhi la prima volta per capire che non ci siamo. Non capisce. Non capisce perché bisogna pulire, non capisce cosa vuol dire la parola "igiene" non capisce un cazzo. Carinissima, piccola, si scusa sempre e ti manda i cuoricini. Non cambia un cazzo. Secondo problema. Quell'edificio dove sto. Io non posso impedirle di andare in bagno e tossire, per quanto vorrei. Lei però così mi sveglia. Una camera da 9 mq con un bagno condiviso. E qui si potrebbe attaccare con enormi ed infiniti discorsi filosofici sui soldi sul che cazzo fare della mia vita fra un anno e bla bla bla. Ma di che cazzo vuoi parlare se al momento non ho neanche una laurea, altro che due.
Potrei parlare di mille minchiate ma la verità è che non ho grandi problemi al momento nella mia vita, al meno mi sembrava fino ad oggi dopo essermi veramente messa a frignare con una handicappata davanti a sta qua. Tanto che ha dovuto offrirmi i fazzoletti. Quindi mi resta solo da passare le prossime tre ore di treno analizzato in maniera ossessiva come sempre qualsiasi cosa per capire se effettivamente ci sia qualcosa che non va nella mia vita o se sia solo dovuto alla mancanza di sonno. Io opto per la seconda. Questa è stata una settimana da esauriti, ma lo sapevo in partenza, ci stava. Solo non capisco perché cazzo non riesca a dormire.
Sto qua esaurita in stazione con la testa che mi scoppia nel mezzo di un collasso di nervi e non so perché. Mi ricordo solo che l'ultima volta che non ho dormito per circa sei mesi + primo lockdown ho lasciato l'università, stavo fuori come un culo, giravo senza senso nella vita senza neanche capire dove cazzo mi trovassi. Per inerzia. Io ho bisogno di dormire rega e per dormire intendo quotidianamente dalle 11 alle otto ogni cazzo di giorno per sette giorni alla settimana anzi il weekend di più.
Non me ne frega un cazzo da dove vieni non me ne frega un cazzo dei tuoi problemi se tu non sai vivere con gli altri. Vivi in una società e poi venire anche dalla cazzo di Ucraina ma se non sai stare al mondo sei una cogliona. Ho aspettato sei mesi prima di dirti che forse non era il caso di mettersi alle cinque di ogni mattina urlando in bagno e piangendo al telefono per rispetto. Non capisco come tu faccia a non capire che viviamo in stanza da 9 mq e il bagno sta dietro il nostro letto. Non capisco come cazzo ti sembri normale un comportamento simile. Non capisco come ti sembri normale non pulire il bagno in una volta in otto mesi. Non capisco una infinita di robe. E va anche bene così, ma dio cane lasciami dormire e vai a farti vedere da una cazzo di medico per quella tosse che non viviamo in Africa, se hai mal di gola ti curi come ogni cazzo di essere umano decente.
La società multiculturale è sempre bella fino a quando non ci devi aver a che fare e ti ritrovi con gente per cui è normale lavare vestiti nella doccia e i piatti nel lavandino del bagno
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Questa cosa che il mondo è impostato e la vita ruota attorno ai diurni non mi è mai andata giù, ma okay così è.
Ma il fatto che certe cose siano completamente inaccettabili rispetto ad altre identiche ma fatte solo ad orari diversi che allora ok vanno bene solo perché non intaccano la vita dei diurni mi manda fuori di testa. Sta cosa che dalle 23/24 bisogna diventare persone silenziose e evitare i rumori forti me la accollo. Però poi il casino si può iniziare dalle 7/8 del mattino. Sinceramente come io non posso passare l'aspirapolvere all'una di notte in un appartamento, mi piacerebbe poter essere anche nella ragione quando tagliano l'erba alle otto.
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Forse più del sesso, l'autoerotismo è rimasto uno degli argomenti maggiormente considerati come tabù.
La noia personalmente mi distrugge, e più sono annoiato più mi viene voglia di quelle cose. Toccarsi non sempre è frutto di bisogno di fare sesso, per me ad esempio è quasi un'abitudine. Rilassa, fa tornare in equilibrio le emozioni, mette in pausa pensieri scomodi, è uno sfogo fisico. Tante volte non mi piace esserne dipendente, perché scarica troppo ed in alcuni giorni non ci vorrebbe proprio, quindi capita che io lo consideri un vizio più che un'abitudine, tipo la sigaretta. Inutile far finta che non sia strettamente collegata alla presenza di pornografia ovunque, che peraltro impigrisce la fantasia.
La sottomissione non mi piace, però pensare di dedicarmi totalmente al piacere altrui è una cosa che mi manda fuori di testa. Esplorare con i 5 sensi tutto il corpo dell'altra persona, gli odori in particolare. Poi mi piace pensare a quanto può godere chi riceve queste attenzioni, mi nutro dei suoni della voce, del ritmo del respiro, delle reazioni del corpo altrui. Pensare di leccare il sesso di una donna e portarla all'orgasmo è per me il top.
Poi ci sono le perversioni, tipo ripensare a quando è capitato che dopo il cunnillingus e l'orgasmo lei se ne andò via perché aveva fretta, senza preoccuparsi del mio piacere, del fatto che ero ancora nudo col suo sapore in bocca; mi fece sentire usato. È una sorta di umiliazione che mi eccita. Da qui mille altri scenari di costrizione, fino ad arrivare al dolore a me inflitto, agli immaginari sul pissing o sui piedi, il facesitting come qualcosa di degradante, il senso di vergogna ed imbarazzo che genera eccitazione. Odio, se ci penso, il vincolo, la costrizione, nella vita reale è qualcosa che mi fa perdere ogni legame, ma nel sesso è diverso, almeno nella fantasia. Quindi mi piace immaginare di ricevere degli ordini, sentire che quella cosa va fatta, che mi tocca farla, che devo.
Ultimamente mi attrae l'idea di essere donna, immagino di vestire da donna, di essere visto come una donna perché l'universo femminile è ai miei occhi la cosa più bella del mondo. Una donna che ama le donne. Non nascondo che mi intriga immaginare di esplorare il corpo di un uomo, solo nella fantasia perché nella realtà mi fa un po' senso.
Un anno fa ho sentito il bisogno di infliggermi dolore... E questo bisogno sta tornando. Questo mi fa un po' paura. Fare a me qualcosa che mi faccia vergogna, nulla di grave ma che sia degradante.
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Gli uomini sono delle merde. Oltre al genere umano, anche i penemuniti. Ma keep going che vi spiego perché. Col mio lavoro ne vedo tanti di casi umani eh, e se mi seguite sapete che li descrivo volentieri, ma oggi no. Non lo tollero.
19.30 chiamata dalla centrale "violenza su donna adulta, trauma facciale e contusioni varie"
Arriviamo assieme all'ambulanza dell'infermiera che per paura mi manda avanti come scudo umano. Ci sta, sono un vitello e lei na sardina, ci mancherebbe che non incasso pure colpi a gratis. Entriamo e troviamo una casa distrutta, tutto sottosopra, divano divelto, vetri spaccato, bicchieri maciullati e sta donna in un angolo con una sigaretta tremante in mano. Si avvicina l'infermiera che le urla subito, ancora prima di capire che succede, che non si azzardi a tirare fuori scale o inciampature varie, che ammetta subito che ha fatto questo stronzo. E in un fiume di lacrime racconta tutto: era amica di questo ragazzo scappato di casa e lei, da buona operatrice sanitaria, ha deciso di accoglierlo in casa e ospitarlo. Poi le ha chiesto soldi e lei senza chiedere perché glieli ha dati. Poi ha chiesto la macchina e lei gli ha dato le chiavi. Quando però lui le ha chiesto di andare a letto con lui, lei ha detto no e ha ben deciso di picchiarla. Male. Cazzotti in pieno volto, ha usato la testa per rompere il tavolo di vetro, le ha sferrato diversi colpi in pancia e per finire, una volta accasciata a terra, le ha rifilato una sequela di calci nella schiena. Poi se n'è andato a fumare, non prima di averle spaccato il telefono in mille pezzi. Poteva ucciderla se non fosse che la vicina era lì per la consueta passeggiata serale col cane, salvandola. Si sono chiuse in casa, lui ha preso a calci e pugni la porta e poi se n'è andato, venendo fermato dalla polizia nel tentativo di allontanarsi proprio quando arrivavamo noi tutti. Ed è li che l'infermiera si è sfogata per farle capire che c'era, raccontando che il suo ex marito l'ha buttata giù dalle scale quando ha scoperto che era incinta, perche non glielo aveva detto.
Ed ecco che si spiega il mio inizio post. Si, gli uomini fanno schifo, perché tanti di noi non sanno accettare che la vita non è un'autostrada che viaggi sempre dritto, solo e senza limiti, ma che al primo no o al primo "traffico" della metafora sopra, questi impazziscono e sono pronti ad uccidere per il raggiungimento dei loro obbiettivi.
Mi veniva voglia di chiederle scusa, giuro, perché NESSUNA si merita una cosa così. Lo avrei fatto, veramente, se non fosse che per la prima volta nella mia carriera lavorativa, ero impietrito e agivo solo per default mentale.
Concludo solamente parlando ai miei amici maschietti: se ti senti in dovere di dire "eh ma io non sono così" mi sento di rispondere che non prenderai una pacca sulle spalle per essere una persona normale come tutte dovrebbero essere.
È un post scritto di getto, se trovate errori o cazzate mi prendo la responsabilità, ma non me la sento di rileggerlo
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wip 2021 pt. 2
C’è una strada in discesa di fronte alla scuola elementare, un lungo nastro di asfalto che si srotola giù per un fianco della collina, costeggiato da palazzi anni Settanta, squadracciati e non particolarmente alti, tra le quali si incastrano viuzze che salgono verso questo o quel cancello.
Gli hanno una volta rivelato che una larga parte di quei cancelli è solo decorativa, che la maggior parte delle persone che abitano in quella zona la usa come vezzo più che come deterrente dall’altrui compagnia: un cancello fa status, denota qualcosa da proteggere e delimitare, anche se questo qualcosa è un appartamente piuttosto stretto in un vecchio condominio dai muri dipinti di un arancione scuro ora cotto dal sole.
C’è una curva in quella strada, ed un palazzo che sembra un po’ più alto degli altri perché affonda le sue radici nella strada sottostante e guarda, con interesse, verso la parete scoscesa su cui il centro storico poggia, impassibile, come un gatto perennemente in bilico sul bordo di una credenza.
Proprio ai piedi di quel palazzo stranamente alto c’è un’officina, e ci sono due ragazzi, un motorino, una macchina parcheggiata in attesa del suo turno che osserva un’altra venir smontata e rimontata con cura, e il sole che bacia solo metà del piazzale oblungo. È bello quel posto, non è buio eppure la luce non lo bagna mai del tutto, c’è sempre una piccola pozza d’ombra in cui nascondersi quando l’estate si fa bollente ed anche lavorare dentro al garage diventa un’esperienza piuttosto asfittica.
Antonio non ha ancora vissuto un’intera estate lassù, e dubita fortemente che possa essere calda quanto gli altri dicono, eppure in quel pomeriggio di fine febbraio può forse capire cosa i più intendono, perché si lamentano: il sole è strano quando si è lontani dal mare, colpisce in modo diverso perché non te l’aspetti.
Ciò non toglie che stia tentando di prenderselo tutto in faccia, respirarlo quanto più possibile, lavarsi via dalla testa tutta la pioggia delle settimane precedenti.
Poi d’improvviso il rumore di qualcosa che cade a terra, probabilmente una chiave inglese lanciata, ed un’imprecazione piuttosto colorita, forse sono davvero fortunati che non ci sia nessun altro lì davanti a parte loro due.
«’Sto motorino ha fatto l’Unità d’Italia.»
Giacomo si passa le mani sui jeans con veemenza, li sporca di grasso e qualsiasi altra cosa ci sia dietro alla scocca del suo bolide, continuando a guardarlo con la stessa aria di sfida con cui lo fissa da quando, circa un’ora prima, è arrivato in officina trascinandoselo dietro come una bicicletta particolarmente pesante su per i sali e scendi del paese.
«Dottore, mi dica, si riprenderà?»
Giacomo storce il naso, non scolla gli occhi dalla scocca blu abbandonata a terra; a volte vorrebbe sapere cosa vede in quell’ammasso di ferraglia che a lui sfugge, cosa sta leggendo tra i tubi a vista di un motorino che ha avuto giorni migliori. Giacomo concentrato è qualcosa di nuovo a cui un po’ tutti faticano ad abituarsi, una sfumatura diversa di quel ragazzo sempre un po’ assente che è stato fino a qualche mese prima.
«A riprendere si riprende, per carità, ma secondo me è meglio se ti fai un asino: va sicuramente meglio di questo coso e consuma meno. Quanto ci spendi per st’accrocco? Tra manutenzione e benzina già t’eri fatto una macchina, arrivato a questo punto.»
«Certo, poi parcheggio me lo cerchi tu.»
«Tanto il motoschifo sta sempre parcheggiato qua da me, non è che cambierebbe un granché e te potresti muoverti.»
Glielo ha già ripetuto almeno tre volte, l’ha quasi pregato di buttare quel motorino che non ha certo visto l’unità d’Italia ma sicuramente ha vissuto il diploma di sua madre, e Antonio sa perfettamente che potrebbe farlo ma, al contempo, la sola idea di rottamare quel cimelio che sta già cercando di rottamarsi da solo, gli crea un senso di disagio, una paura strisciante che lo fa desistere ogni volta.
Paura di cosa non lo sa, sa solo che non vuole lasciar andare il macinino anche se dovrebbe.
«Capirai, le traversate oceaniche mi ci faccio: da casa mia alla stazione, da casa mia a casa di Flavio, da casa di Flavio alla stazione...potrei pure comprarmi una bicicletta.»
«Ah, ma Flavio è ancora vivo?»
«Dipende da cosa intendi per vivo: respira ancora? Sì. Fa qualcos'altro? Non saprei.»
«L’altro giorno ho visto suo nonno, m’ha detto che non esce di casa da tipo Capodanno, che poi è l'ultima volta che l'ho visto, e che non lo sopportano più.»
«Due gennaio», si ritrova a rispondere di getto, lo corregge come ha corretto anche i nonni di Flavio, come si ripete ora che non ha più la pioggia e il cielo tetro come scusa per quel comportamento.
Tutto è solo quel che sembra, però se lo chiedi a chiunque giri loro intorno la risposta sarà sempre la stessa: no, non è vero, non funziona così, è solo un po’ di stanchezza.
Risultato: ora sono stanchi in due, in modi diversi, per motivi diversi, e comunque nessuno li ascolta.
Giacomo fischia e tira fuori una chiave inglese troppo lunga per essere davvero entrata nella tasca sinistra dei suoi jeans. Antonio però non si fa domande, lo osserva passarsela tra le dita come fosse una matita durante una lezione particolarmente noiosa mentre ammira una chiazza una a tre passi da lui. Si ritrova stranamente in apprensione per l’espressione impensierita che è sempre meno da Giacomo e sempre più da qualsiasi cosa questi diventerà in futuro, un mistero avvolto in quelle rughette che si formano sulla fronte quando corruccia le sopracciglia.
«Eh, cazzo, è il ventisette di febbraio magari il naso fuori dovrebbe metterlo. Neanche risponde ai messaggi, Gabriele quasi chiama Chi L’Ha Visto, poi fortuna gli hai scritto tu e l’hai tranquillizzato.»
«Gabriele sta tutto ansiato, s’ha da calmà arrivati a sto punto.»
Prova a pulire la macchia che Giacomo sta guardando, grattarla via col piede, e alla fine si sporca solo la gomma bianca delle scarpe e il grasso rimane lì, viscido e scuro.
«E comunque Flavio aveva detto che oggi mi avrebbe accompagnato, poi si è ricordato di non so che cosa che doveva rivedere e l’ho lasciato sui libri. Che poi fosse quello…è che probabilmente lo ritroverò sui libri ora che torno, ancor più probabilmente sulla stessa pagina.»
Un’altra generosa manata unta si aggiunge accanto alle altre sulla gamba destra dei pantaloni di Giacomo che ora guarda lui, alza il braccio per grattarsi il naso con il polso, e sembra tentennare.
«Vabbè, se non altro avete fatto pace.»
«Non è una questione di fare pace.» *
Gli piaceva di più quando al piano di sotto abitava ancora Lucrezia, che era sorridente e simpatica e metteva sempre la musica la domenica mattina, e soprattutto gli piaceva di più quando c’erano ancora i suoi panni stesi sulla via e lei lo salutava sempre affacciandosi alla finestra quando lo vedeva passare.
Ora, se guarda in basso dal minuscolo balconcino della cucina, vede solo delle persiane ostinatamente chiuse e il cartello verde fosforescente con su scritto “AFFITTASI”.
Lucrezia è trasferita perché la casa era piccola, un tempo intesa solo per il vecchio portiere di quel minuscolo palazzo, e la strada era scomoda, e trascinarsi una carrozzina con due gemelli dentro su per le infinite scalinate che dal parcheggio più vicino portano al palazzo sarebbe stato troppo difficile.
Quand’era piccolo lui era più comodo, sosteneva sua nonna, soprattutto perché non avevano ancora chiuso la stradina appena duecento metri più in là, una delle poche vie che non contemplavano il salire o scendere dei gradini per raggiungere la propria destinazione.
O forse no, non è vero che gli piaceva di più quando c’era Lucrezia, ché quando lo salutava dalle finestre credeva sempre di doverle delle spiegazioni, ché salutava sempre Francesca con un sorriso troppo largo quando li vedeva salire sapendo che in casa sarebbero stati soli e, si dice, forse oggi quel peso non l’avrebbe sopportato.
Dare spiegazioni non gli piace particolarmente, mal sopporta il doversi giustificare, e vivendo lui per primo nella beata convinzione che chi si fa i cazzi propri campa cent’anni non riesce a comprendere come, e soprattutto perché, sia possibile che il mondo intero non sia addivenuto alla stessa conclusione.
Lucrezia non era, ed è convinto che ancora non lo sia, una cattiva persona ma questo non significa che, per quanto possa mancargli ascoltare l’intera compilation di Battisti rigorosamente in vinile ogni domenica che Dio manda su questa terra, una parte di lui non stia gioendo nel sapere che una persona in meno ha visto il ragazzo davanti alla porta salire le scale con uno zaino particolarmente pieno sulle spalle.
Lo stesso ragazzo che lo aspetta sul pianerottolo con le mani in tasca e lo sguardo di chi non si aspetta davvero di vedere quella tavola di legno spostarsi quel tanto che basta da permettergli di entrare — e gli dispiace davvero, quell’espressione è colpa sua e non sa proprio come riuscire a non vederla mai più, a cancellarla, a togliergli ogni dubbio.
La meccanica del corpo umano, si ritrova a pensare, è una cosa bizzarra, così perfetta da non permetterti dubitare neanche per un attimo che la corazza di pelle ed ossa che abiti continuerà a funzionare perfettamente per tutta la tua vita, senza mai perdere un colpo, in un silenzioso insieme di ingranaggi fino alla fine dei tempi.
Ed è proprio questa illusione di perfezione che ti inchioda a letto in una mattina qualsiasi, quando tutto sembra funzionare nel modo giusto a parte il fatto che, no, non funziona affatto e il ronzio nelle orecchie lo senti solo tu, e le fusa del tuo gatto ti sembrano ingestibili perché quasi ti perforano il cervello.
A casa non c’è nessuno, i suoi sono partiti presto direzione Veroli per il funerale di un cugino del nonno, un tipo smilzo e storto che Flavio ha visto forse due volte in tutta la sua vita e che si era trasferito laggiù per nessun motivo, spinto da un irrefrenabile bisogno di spostarsi dalla Capitale alla ricerca di chissà cosa. C’erano voluti vent’anni di vita solitaria prima che incontrasse quella che poi sarebbe diventata sua moglie, una signora alta ed imponente che non amava particolarmente fare le scale e che, un paio di sere prima, aveva chiamato per annunciare che il cugino del nonno s’era incamminato sull’unica scalinata in cui non avrebbe potuto seguirlo.
Una pentola con le arance cotte riposa sul piano cottura della cucina, piena di qualcosa che non è ancora marmellata ma non è più frutta, le serrande sono alzate solo a metà e tutto sembra rallentato ed imbevuto dell’odore stucchevole degli agrumi cotti che si stanno pian piano caramellando.
Sua nonna non è una persona molto affettuosa, non nel senso stretto del termine, e il suo amore lo dimostra con gesti rari e parole fraintendibili però gli prepara sempre la marmellata e tenta di farla bollire quando non è in casa perché sa che odia gli odori troppo dolci, proprio come suo nonno.
E soprattutto sa che, proprio come suo nonno, ha bisogno di sentirsi in qualche modo rassicurato circa il proprio status affettivo all'interno della famiglia.
La marmellata è uno di questi rari gesti e Flavio sa che, se non fosse dovuta partire, avrebbe finito la sua opera facendolo uscire con una scusa qualsiasi come mettere la benzina alla macchina col serbatoio ancora mezzo pieno, o andare a fare la spesa nel supermercato più lontano solo per prendere quella specifica cosa che esiste proprio lì.
E invece la marmellata non è marmellata, è solo una pentola contenente una poltiglia gelatinosa di un arancione scuro che assomiglia un po’ a come sente ora il suo cervello: sciolto e pronto ad uscire dalle orecchie.
E Antonio aspetta sulla porta, ancora con le mani ben affondate nelle tasche del giaccone, ancora con la stessa espressione mentre butta un’occhiata verso l’interno.
«I tuoi si sono portati via la belva?» chiede, mentre Flavio si fa da parte quel che serve per farlo entrare e chiudersi la porta alle spalle con un sospiro che gli scioglie la tensione all'altezza del collo ma non il nodo doloroso che gli stringe lo stomaco in una morsa da ormai tre settimane.
Lo zaino dell'altro viene appoggiato con cura, ed un sospetto rumore di vetri, a terra proprio sotto all'attaccapanni, può sentire quel paio d'occhi azzurri fargli domande che la bocca non pronuncia e che vanno ben oltre la presunta assenza del padrone di casa, ovvero Cicerone, tra quelle quattro mura.
«La belva dorme sul mio letto.»
«Aspetto il giorno in cui mi dirai che tu sei andato a dormire sul divano per non svegliarlo.»
Flavio sorride e si sporge quel che basta per poterlo salutare per bene, lascia che si avvicini per poterlo baciare e sentire le labbra dell’altro rilassarsi contro le sue. Gli piace che quello sia ormai un gesto automatico, gli piace il fatto che la reazione di Antonio sia sempre la stessa e, soprattutto, gli piace che anche oggi il suo ragazzo abbia voglia baciarlo.
Non era scontato, così come non era assolutamente sicuro che l'altro si sarebbe presentato a casa sua, eppure eccoli lì, con la tuta per stare comodo, con un gran sorriso stampato in faccia perché ama quando i suoi piani vanno a buon fine, soprattutto quando danno come risultato il riuscire a stare insieme un po’ più del solito.
Vorrebbe evitare di sorprendersi ancora, dopo due anni sarebbe forse ora di acquisire un po' più di sicurezza in quel frangente, eppure si scopre totalmente incapace di farlo.
«Dici che ricominci a respirare o devo far valere il mio corso da bagnino?» domanda Antonio, accarezzandogli piano uno zigomo con la punta delle dita, proprio lì dove ieri ha sbattuto contro lo spigolo della finestra, nel disperato tentativo di separare Cicerone da un povero pettirosso che si era avventurato sul balcone, e dove si sta formando un alone violaceo.
Così sembra ancora più pesto, eppure Antonio lo guarda come se fosse qualcosa che vale la pena osservare.
«Sto respirando» replica, con poca forza, e le labbra di Antonio si stirano in un sorriso pallido, cauto, mentre sbottona il cappotto e sfila la sciarpa.
Improvvisamente è come se ogni tensione fosse sparita, ci sono solo loro due e la prospettiva di una serata ed una notte insieme, un risveglio che non implichi Giacomo o Gabriele che entrano in camera loro con una scusa qualsiasi e li trascinano fuori non appena aperti gli occhi. Chissà dov’è il problema, chissà se hanno davvero paura che il loro stare insieme possa in qualche modo minare la loro amicizia, lasciarli soli possa in qualche modo minare l’unità di un gruppo che già inizia a smembrarsi per le vicissitudini della vita.
«Peccato, niente respirazione bocca a bocca allora. Potevi anche fare finta.»
Scuote la testa, Antonio, e si allontana per appendere cappotto e sciarpa, aprire lo zaino per frugarci dentro probabilmente alla ricerca degli occhiali che ultimamente ha iniziato ad indossare quando ha mal di testa.
Dopotutto devono studiare, non tutto il pomeriggio perché ha promesso che non sarebbe stato così, però devono se non altro provarci.
«Perché, mi serve una scusa?»
«Magari serve a me, che ne sai?» *
«Dopodomani sono esattamente due anni che devo smettere di fumare.»
La risata di Flavio è calda contro il suo orecchio, un’inaspettata ondata di tepore in quella serata altrimenti gelida in cui l’aria di febbraio rende la luce dei lampioni sulla via un po’ più aranciata e brillante, luminosa nel gelo che gli intirizzisce la punta del naso ed il dorso delle mani.
Della casa di Flavio gli piace particolarmente quell’apertura nel muro della cucina, piccola e quadrata e proprio all’altezza giusta per appoggiarci i gomiti, che si affaccia sul balconcino: c’è la porta finestra, lunga e sottile e con delle tendine arancioni, e poi subito accanto c’è quella finestrella da cui l’altro si affaccia per fargli compagnia quando Antonio viene spedito fuori a fumare.
Si appoggia con la schiena contro la persiana, facendo bene attenzione che il fumo non entri in casa, costringendo l’altro a sporgersi un po’ di più sul davanzale di marmo che, al momento, deve essere la seconda cosa più fredda e rigida dopo le sue dita.
Se resta fuori più di cinque minuti ha paura di vederle cadere.
Le osserva nella luce calda, le nocche un po’ arrossate, la sigaretta girata un po’ storta che, incastrata tra indice e medio, si sta consumando mentre lo ascolta pensare ad alta voce.
«Ah sì?»
Si decide a prendere una boccata, mandando al diavolo tutta l’opera di convincimento fatta fino ad allora, chiedendosi se vale davvero la pena buttare via una sigaretta ormai fumata a metà. Il danno è fatto, dopotutto, potrebbe smettere con la prossima o potrebbe essere l’ennesimo Zeno Cosini ma senza la grazia di un qualche tipo di supporto psicoterapeutico.
«Eh, sì.»
Un altro tiro, il fumo soffiato via che si alza e si confonde con la condensa del respiro contro il freddo della sera.
Può vedere con la coda dell’occhio Flavio fissarlo in attesa di una spiegazione più articolata, sul viso l’espressione appena divertita di chi non aspetta altro che avere una nuova verità da assaporare.
«Sto cercando di trovare un modo poco imbarazzante per dirlo, datti pace.»
«La fase dell’imbarazzante l’abbiamo già passata da un bel po’. Insomma, il pigiama del Napoli...»
«Non quel tipo di...Senti, non eri te quello che “parlare dei sentimenti è imbarazzante”?»
«Eh, appunto, sono io mica te.»
Stavolta tocca a lui ridere piano, mentre fa precipitare un po’ di cenere giù dalla ringhiera.
«Quando t’ho baciato davanti al portone del comune tornando dal compleanno di Stefania, no? Avevo detto “se ci sta smetto di fumare”, anche perché so che ti dà fastidio.»
Si decide a rinunciare a quella sigaretta, la schiaccia dentro ad un posacenere di fortuna, uno di quelli che Flavio ripesca solo per lui dal fondo di una credenza in cui sua nonna stipa le chincaglierie figlie di viaggi vari ed eventuali.
Il souvenir dimenticato di oggi è gentilmente offerto da un viaggio che il fantomatico zio di Flavio ha fatto a Berlino durante l’ultimo anno del liceo, una roba di plastica trasparente un po’ sbeccata sul cui fondo si stagliano le silhouettes nere su fondo bianco di alcune attrazioni turistiche.
«Non avevi fumato tutta la sera.»
«Sì, vabbuò, è che magari...così non ti scansavi, no?»
«Tre mesi che aspettavo e secondo te me scansavo pure?»
Due anni prima era convinto che lo avrebbe fatto, che si sarebbe scansato, perché in quel periodo era tutto strano e leggere male i messaggi dell’altro era solo la degna conclusione di un nuovo capitolo della sua vita che sembrava non andare da nessuna parte da dodici lunghi mesi.
Era sicuro che l’avrebbe piantato in mezzo alla via, nascosto da quella curva che i palazzi fanno prima di aprirsi in un’altra piccola piazza abitata solo da una fontanella di pietra, con le labbra ancora calde di un bacio corrisposto ma non desiderato - perché succede quando si viene baciati, no? Il primo istinto è contraccambiare, poi si può decidere.
C’aveva pensato per una serata intera, giocando con il pacchetto di sigarette, cercando di resistere all’urgenza di accendersene una e continuando a ripetere come un mantra quella promessa a chissà chi: se la serata fosse andata bene lui avrebbe smesso di fumare.
Il giorno dopo, un Flavio piuttosto nervoso ed assonnato lo aveva chiamato per chiedergli se avesse voglia di farsi un giro, una chiacchierata, e ad Antonio era servito tutto l'autocontrollo di cui disponeva per rispondere un solo "A che ora?" a cui non aveva ricevuto una vera risposta.
Flavio era passato sotto casa sua appena dopo pranzo, insieme avevano comprato i biglietti dal tabaccaio ed avevano aspettato sotto alla pensilina rovinata l'arrivo del Cotral.
Avevano passato l'intero viaggio in autobus a far finta di pensare ad altro e si erano ritrovati a camminare lungo l'argine del fiume, l'acqua torbida, la stradina sterrata appiccicosa d'umidità sotto alle suole delle scarpe.
«Alle elementari ci portavano qui almeno una volta all'anno per fare birdwatching. Dicono che ci sono gli aironi ma io non li ho mai visti», aveva detto Flavio, riponendo il suo immancabile, quanto in quel momento inutile, paio di occhiali da sole nella tasca della giacca.
Poi non avevano più parlato, non davvero, c'erano state chiacchiere vuote e aneddoti idioti per riempire l'aria e il silenzio.
Si erano seduti sulle assi bagnaticce di uno dei moletti disseminati lungo l’argine, in quel nulla palustre solo loro, due barche tirate a secco e qualche uccello che sguazzava ignaro tra le acque del Tevere.
Flavio aveva sospirato, storcendo il naso come se fosse pensieroso e scontento della direzione che le sue riflessioni stavano prendendo. Una frazione di secondo dopo, lo stesso Flavio lo stava baciando con un trasporto che non avrebbe saputo cucirgli addosso, con le mani che si aggrappavano alle sue braccia e il viso bollente.
Non avevano fatto molto altro per l'ora seguente, ed avevano dovuto correre per prendere l'autobus prima che facesse buio, infreddoliti e con le guance accese, con gli occhi quasi febbricitanti.
Del viaggio di ritorno ricorda solo le risate sommesse, il modo in cui la mano dell'altro cercava la sua nella penombra di quel Cotral semivuoto mentre tentavano di toccarsi con ogni parte del corpo.
Flavio che si sporge e gli dice, come se fosse una sciocchezza, che spera di poter un giorno baciarlo su al Belvedere, davanti a tutti, sotto al sole o durante le feste, senza doversi nascondere.
Ché non ha senso nascondersi, ripeteva, ché non capisce dove sia il problema eppure deve far finta che sia così.
C'era voluto quasi un anno per fare avverare quella promessa, altri sei mesi perché diventassero uno parte della famiglia dell'altro in quel modo sottile e traballante e chiaro solo a loro che dà la stessa sensazione che precede un temporale.
E così la famiglia di Flavio lo tratta come hanno sempre trattato Gabriele, e così la sua famiglia tratta Flavio come tutt’ora farebbero con Vito se solo non abitasse a qualche centinaio di chilometri da lì - se qualcuno di loro ha capito qualcosa non è dato saperlo, quel che sanno è che per ora non piove e va bene così, anche se a volte pesa.
Anche se Antonio è costretto a dire una bugia, convincendo sua madre e sua sorella che in questo momento è a casa di Giacomo insieme a Flavio stesso, certo, ma anche a qualche altro amico per passare un sabato notte come tanti altri, qualche birra, una maratona di film.
Una mano tiepida si sporge dalla finestra per spostare una ciocca di capelli, un movimento leggero e delicato, e si volta quel che basta per poter guardare negli occhi il suo ragazzo e la cucina dietro di lui appena illuminata dalla luce sopra al lavello, il resto della casa avvolto nella stessa penombra che riveste la via silenziosa.
Che strana sensazione.
Che bella sensazione.
«Rientri?»
«Non lo so, forse voglio fare Capitan America.»
«Emblema di un paese capitalista e guerrafondaio?»
«Pensavo più figo e intirizzito. Calma il comizio, Lenin.» *
La prima volta che hanno dormito insieme non erano quasi neanche amici, ché per diventare amici c’hanno messo un bel po’ e la colpa è di entrambi.
Si sono ritrovati a condividere un letto dopo una trasferta romana, quando Antonio era solo il ragazzo nuovo che andava in classe con Giacomo ed era bravo a calcetto, e lui era uno che era stato appena mollato dalla ragazza e voleva solo una scusa per schifare chiunque. Ospiti a casa del cugino di Gabriele, un appartamento per studenti piuttosto stretto ma con un numero di letti improvvisati da far invidia ad un ospedale da campo, si era ritrovato a condividere un sottile materassino da campeggio con Antonio.
Schiena contro schiena, come consuetudine ed etichetta vuole quando due maschi sopra ai dieci anni condividono un giaciglio, e tentando di non toccarsi anche se lo spazio era quello che era e la coperta non permetteva loro di allontanarsi troppo, avevano trascorso le ultime ore della notte prima dell’arrivo di un’alba che li aveva colti quasi tutti svegli e veramente poco preparati.
Il telefono di Antonio non aveva fatto altro che vibrare, da qualche parte per terra, un ronzio profondo che era presto diventato un rumore bianco come quello delle macchine sotto alle finestre o del russare di Gabriele in corridoio. Lo aveva chiaramente sentito muoversi per prenderlo almeno un paio di volte, la luce fredda del display che per qualche istante illuminava la stanza prima di essere riposto di nuovo in compagnia di profondi sospiri e tentativi di trovare una posizione comoda per dormire.
E succede molte altre volte di dormire insieme, sempre per un motivo diverso, ed ogni volta rispondono entrambi con una scrollata di spalle perché ci sta, perché è plausibile, perché nessuno di loro è particolarmente infastidito dalla presenza dell’altro nello stesso letto. Flavio, inoltre, si è quasi abituato al fatto che spesso e volentieri Antonio si alza nel cuore della notte per andare a parlottare con qualcuno, con un tono di voce appena percettibile, prima di tornare a coricarsi e far finta di dormire per il tempo che resta.
A volte ripensa al coraggio che gli ci era voluto per sussurrargli, in uno di quei viaggi in solitaria verso l’angolo più recondito di qualsiasi spazio si trovassero a condividere, che il suo sonno valeva tanto quanto il bisogno dell’altra persona di sentirsi in diritto di chiamare a qualsiasi ora. E ricorda il modo in cui Antonio aveva risposto solo che c’era abituato, che comunque dorme poco di suo e alla fine ormai gli sembra quella la normalità.
C’erano voluti mesi per scoprire che, no, non è vero che Antonio dorme poco e, anzi, ama particolarmente poter evitare di mettere la sveglia quando possibile e che era Edoardo, che spesso e volentieri lavorava di notte, quello per cui il sonno arrivava con difficoltà e solo quando ormai era giorno.
Ma ormai quel capitolo è chiuso e Antonio ha imparato a mettere il telefono in modalità silenziosa quando finalmente si infila sotto alle coperte.
E va bene così.
Lo sente sbadigliare e stiracchiarsi al suo fianco, poi un braccio gli cinge il petto e può sentire il viso dell’altro appoggiarsi contro la sua clavicola, caldo e morbido come solo il sonno riesce a rendere i corpi delle persone.
Quella è la prima mattina in cui si svegliano completamente soli, nella luce soffusa che penetra dalle persiane serrate della sua camera, stretti nel letto in cui da vent’anni si sveglia ogni mattina e, si ritrova a pensare, sarà veramente difficile domani aprire gli occhi e doversi alzare completamente da solo.
Non che sia sicuro di volersi alzare in generale, ora come ora, deve ammettere.
«Flavio...»
«Mh?»
«Sei sveglio?»
«Insomma.»
Antonio posa un bacio sul suo petto, in un punto a caso da sopra alla maglietta, si stringe un po' di più a lui e, ancora una volta, Flavio si ritrova a pensare all'assurdità di quella situazione.
Un'assurdità bella, eh, solo piuttosto lontana da qualsiasi idea abbia mai avuto circa il suo futuro – e di idee balzane a proposito ne ha avute parecchie, tutte ovviamente mai rivelate ad anima viva, eppure nessuna prevedeva anche solo un momento di così pura e totale tranquillità.
«Volevo fare la colazione ma non so dove tieni la roba. Poi cominciavo ad aprire tutto e facevo casino.»
Nello strascinare delle parole ancora assonnate, inframmezzate da uno sbadiglio lungo e sonoro, Flavio può sentire una punta di quell'accento che Antonio cerca sempre, se non proprio di camuffare, almeno di tenere a bada.
Spesso esce fuori quando litigano, quando non pensa a quel che dice e vuole solo svuotarsi il cuore e lo stomaco, e spesso si chiede quanto gli costi tentare di essere un'altra faccia di se stesso ogni dì per tante, troppe ore al giorno.
E invece ora è solo Antonio che tenta di scoprirsi il meno possibile perché di mattina ha sempre freddo, non si stanno urlando contro come avevano fatto solo dieci giorni prima, e sente un fortissimo bisogno di iniziare a baciarlo in quel preciso istante per smettere forse tra due giorni.
Ma per baciarlo dovrebbe alzarsi e lavarsi i denti e non ne ha voglia, vuole restare in quella bolla di penombra e calore almeno un altro po'.
«Dammi cinque minuti per svegliarmi.»
«Ma pure di più, io non voglio alzarmi.»
«I termosifoni sono accesi.»
«So' contento per loro, fa comunque freddo.»
Con la coda dell'occhio può vedere Cicerone entrare in camera sua con non poca fatica, cercando di fare entrare il suo corpicino grassoccio nella stretta fessura lasciata aperta durante la notte. Segue con gli occhi quella macchia arancione che si muove per la stanza con circospezione, bene attento a non avvicinarsi al letto, prima di salire con un tonfo sonoro sulla sua scrivania, spostando fogli e facendo cadere penne, per poi fermarsi, immobile come una statua, a fissarli.
Antonio sospira, lui ride, Cicerone per tutta risposta fa cadere un'altra penna.
Sarà un piacere riordinare la stanza più tardi, chissà se ritroverà metà della sua cancelleria o se dovrà, come al solito, comprarne di nuova.
Si sposta per lasciare un bacio appena sotto l'orecchio dell'altro, spostando i capelli con la punta del naso, mormorando un «Credo Cicerone ci stia osservando».
«Vorrà la colazione pure lui. Quel gatto pesa come un bambino.»
«O forse vuole noi per colazione.»
«Facesse di me quel che vuole, basta che fa da sé.»
«Mi mancherai quando diventerai trippa per gatti.»
«Il mio fantasma farà in modo di infestare i tuoi sogni.»
«Sei così premuroso.»
«Oh, pensavo si sapesse già! Ti porto pure i sassolini belli come fanno non mi ricordo quali uccelli. Sono un ragazzo da sposare, altro che premuroso.»
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buondì Kon! le scrivo per una questione senza anonimo ma le sarei grata se, nel caso pubblicasse l'ask in qualche modo, non venisse fuori il mio nome. mia madre ha 58 anni e vari problemi di salute (artrosi, ernia non curata, fumatrice accanita) dovuti essenzialmente al fatto che odia i medici e l'idea di fare accertamenti e visite di routine la manda in bestia. non lavora, non esce di casa se non occasionalmente per la spesa, la sua unica distrazione sono i cruciverba, non vede amici o famiglia se non sono loro a venire a casa. nel giro di pochi anni ha perso suo padre e un nipote a cui era estremamente attaccata.
da un anno e mezzo ho notato che si distrae sempre più spesso. non ricorda se ha pagato le bollette, di aver già raccontato determinati episodi, dove ha messo le chiavi. ha l'abitudine di nascondere per casa piccoli oggetti, le sigarette, si innervosisce quando non li ritrova e diventa intrattabile. se le racconto qualcosa di me, dopo una settimana è quasi sicuro che ne avrà dimenticato i dettagli, se non proprio la storia completa. non è nulla di ingestibile o che comprometta seriamente la qualità della vita (che è compromessa da altri fattori più importanti), ma a volte quando si rende conto di non ricordare una cosa scatta sulla difensiva e inizia a piangere, o si rivolta contro di me insultandomi. lei stessa dice ogni tanto di star perdendo la lucidità. non sempre riesco a reagire con calma.
portarla da un medico è impossibile perché non vuole, se lo faccio minaccia di cacciarmi via di casa o prova a farmela pagare per settimane, e ultimamente mi chiedo se questi vuoti di memoria non siano una cosa di cui dovrei preoccuparmi maggiormente, se dovrei osservarla di più, vedere "dei segnali", parlarne con il suo medico di base (che essenzialmente non la conosce, pur avendola in carico da decenni) a sua insaputa o se così facendo la umilierei. magari sta solo invecchiando male e io sono paranoica. da figlia sento di aver esaurito le risorse per aiutarla a curarsi o cambiare stile di vita, ma mi preoccupa anche il fatto che un giorno potrei andare a vivere lontano da casa.
grazie se riuscirà a rispondere <3
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Hai appena descritto, da manuale, il primo passo di quello che potrebbe essere un cammino verso un problema di deterioramento cognitivo.
Bada che da qua non posso darti nessuna certezza ma prendi in considerazione che cervello (organo) e psiche (funzioni cerebrali, emotive, affettive e relazionali) sono strettamente correlate e la tua descrizione ci racconta di una persona che, probabilmente, ha un problema depressivo che potrebbe andare a braccetto (sia come causa che come conseguenza) di una perdita delle funzioni cognitive superiori (la memoria è la prima a essere intaccata).
Ti dirò, crucciati il giusto perché se anche dovessi convincerla a fare un test per le funzionalità cognitive presso un centro demenze, in realtà non esiste alcun farmaco serio che possa arrestare tale decadimento.
Magari un antidepressivo prescritto da uno psichiatra può alleviare il disagio della sua accennata percezione del problema ma di fatto la demenza, nel caso di diagnosi, avanzerà inesorabilmente.
E qua arriva la parte veramente difficile.
Chi soffre di deterioramento cognitivo non è la tenera vecchietta che ripete sempre le solite cose e che vuole andare a prendere i suo figli (cinquantenni) all’asilo... chi soffre di deterioramento cognitivo è una persona CONSAPEVOLE CHE QUALCOSA NON STA FUNZIONANDO NELLA SUA TESTA e soffre terribilemente di quello che vede come un fallimento del suo essere adulta auto-sufficiente.
Rabbia, nervosismo, sbalzi di umore sono tutti segni indicativi di qualcosa che nel suo cervello e/o nella sua psiche non sta funzionando correttamente E TU DOVRAI TROVARE TUTTA LA PAZIENZA E L’AMORE DI QUESTO MONDO PER SUPPORTARLA E FRONTEGGIARE IL DISAGIO INSIEME A LEI.
Non saranno tempi facili e mi auguro proprio di sbagliarmi, però stalle vicino in modo dolce e senza mai contrapporti a lei, ricordando che si tratta di una madre orgogliosa di averti cresciuto, alla quale, ora, sembra di star perdendo ogni certezza di indipendenza e di valore, quindi una persona fragile che cerca di difendersi.
Lei ti ha tenuto in braccio, ora tocca a te.
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Owen mi sta sul cazzo in una maniera assurda
porcodio Cristina non vuole figli solo perché sei suo marito non puoi pretendere che lei decida di portare avanti una gravidanza solo perché ti ama
ma ammazzati
i nove mesi da incinta chi li deve sopportare? il parto con annessa figa sfregiata e dolori e cicatrici?? sicuramente non l’uomo, che l’unica cosa che fa è venire senza preservativo
quella è la parte del pene dotato quando si rimane in incinta, okay dopo aiuterà in tutto il resto e magari sarà pure un buon padre
ma questo non può pretendere che una tirocinante al terzo anno, dopo aver ripetutamente detto che non ha mai voluto figli e mai ne vorrà cambi magicamente idea e decida di voler aver filtri con lui
Owen vuole che Cristina mandi avanti la gravidanza solo perché lei lo ama e per questo dovrebbe farlo, e perché secondo lui sarebbe una buona madre
peccato che non abbia minimamente considerato quello che gli ha sempre detto Cristina e a me manda completamente fuori di testa
già che hanno iniziato a parlare di figli dopo il matrimonio è da folli, certi discorsi vanno affrontati prima di iniziare una vita sotto lo stesso tetto come marito e moglie o come compagni per tutta la vita
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Traduzione di “Il Corvo” E.A Poe
Una volta in una desolata mezzanotte, mentre meditavo, sfinito e stanco,
Sopra molti bizzarri e curiosi volumi d'un dimenticata tradizione —
Mentre inchinavo, insonnolito , la testa, d'improvviso arrivò un battito
Come se qualcuno stesse battendo, battendo, in camera sul portone —
"'è qualche visitatore," Dissi, "che sta battendo in camera sul portone —
Solo questo e nulla più."
Ah, distintamente mi riviene in mente, era il fosco dicembre
E per terra si riflettevano le ombre di ogni singolo tizzone morente.
Ardentemente volevo l'avvenire; — invano tentavo di carpire
Dai miei libri sollievo dal soffrire — soffrire per la persa Leonora —
Per la rara e raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Leonora —
Anonima qui per l'eternità.
Allora la forza del mio animo prese a crescere; smettendo di esitare,
"Signore," dissi, "o Signora, vi chiedo sinceramente di perdonarmi;
Ma il fatto è che stavo dormendo, e così dolcemente stavate battendo,
e così flebilmente stavate battendo, battendo il portone della camera,
Che non ero sicuro di sentirvi"— ecco che aprii ampiamente il portone;—
Tenebra laggiù e nulla più.
La tenebra stavo scrutando, a lungo stetti domandando, temendo,
Dubitando, sognando sogni nessun mortale oso sognare prima;
Ma il silenzio non fu spezzato, e la calma non dava risposta,
E l'unica parola che fu detta fu la sussurrata parola, "Leonora?"
Questo sussurrai, e un eco mormoro indietro la parola, "Leonora!"—
Solo questo e nulla più.
Alla mia stanza tornavo, tutta l'anima dentro di me bruciava,
Poco dopo sentii un battito un po’ più rumoroso di prima.
"Sicuramente," dissi, "sicuramente è qualcuno alla grata della finestra;
Fammi vedere, allora, cosa ci sia in quel posto, e questo mistero svelare—
Fammi calmare il cuore un momento e questo mistero svelare;—
'Questo è il vento e nulla più!"
Spalancai aperte le serrande, quando, con uno svolazzo e un sventolo,
li si introdusse un maestoso corvo del santo tempo che fu ;
Non una reverenza fece a me; non un minuto si fermo o stette da me;
Ma, con signorile postura, si poso sull'architrave del portone lassù —
Si annido sopra il busto di Pallade appena sopra il portone lassù —
Annidato, e immobile, e solo questo e nulla più.
Quando quest' eburneo uccello trasformo la mia tristezza in sorriso
Per il grave e spoglio decoro dell'aspetto che vestiva ,
"Anche con la cresta tosata e tagliata," dissi, "non sei di sicuro vile,
Orribilmente torvo e antico corvo vagante dalla notturna riva —
Dimmi quale nobile nome hai tu sulla infernale plutoniana riva!"
Disse il corvo, "nulla più."
Molto mi meraviglia di sentire da questo sgraziato uccellaccio un discorso così chiaro,
Ma la risposta poco significato — poca rilevanza aveva;
Non possiamo non essere d'accordo che nessun uomo vivente
Fu mai benedetto nel vedere un uccello sopra la porta della camera —
Un uccello o bestia sopra il busto scolpito sopra la porta della camera,
Con un tale nome "Nulla più."
Ma il corvo, sedendo solo sul calmo busto, disse soltanto
quella sola parola, come se in quella sola parola lui tenesse.
Nulla in più disse — non una piuma in più fece svolazzare —
Finche poco più di un sussurro dissi "altri amici prima sparirono —
Al mattino lui mi lascerà, come le mie speranze che già prima sparirono."
E allora l'uccello disse, "Nulla più."
Sorpreso dal silenzio giustamente rotto da una cosi giusta risposta,
"Senza dubbio," dissi, "quello che dice è il suo solo titolo e memoria,
Catturato da un infelice maestro il cui impietoso disastro
Che via-via finche il ritornello non fu quell'unica parola —
i lamenti della sua speranza non furono quell'unica parola
e Nulla — Nulla più.'"
Quando quest' uccello stava ancora trasformando la mia tristezza in sorriso
Subito spostai una sedia in fronte all' uccello, il portone e il busto;
Poi, affondando nel velluto, mi misi a collegare
Fantasia su fantasia, pensando a questo funesto uccello del tempo che fu —
Che cosa questo nefasto, infausto, ferale, infelice e funesto uccello del tempo che fu
Indici nel gracchiare "Nulla più."
Di questo ,seduto, riflettevo, ma non una sillaba esprimevo
A questo uccello i cui fieri occhi mi bruciavano tra le costole;
Di questo e altro pensavo,la testa per comodità reclinavo
Sul rivestimento di velluto del cuscino su cui gongolava la luce della lampada,
Ma su questi cuscini viola di velluto con la lampada che la inonda di luce
Lei non si siederà, ah, Mai più!
Allora, mi parve, che l’aria inizio ad addensare, profumata da un invisibile incensiere
Oscillato da un Serafino i cui passi tintinnano per terra sull’imbottitura.
"Disgrazia," gridai, "il tuo dio ti ha mandato — con questi angeli ti ha mandato
Tregua — Tregua e nepente, dalle tue memorie di Leonora;
Bevi, oh bevi questo tipo di nepente e dimentica la persa Leonora!"
Disse il corvo "Nulla più."
"Profeta!" dissi, "oggetto malevolo!— profeta ancora, se demone o uccello!—
Qualsiasi Tentatore ti manda, o qualsiasi tempesta ti trasporto su questa riva,
Desolato eppure impassibile , su questa deserta terra incantata —
In questa casa dagli orrori infestata — dimmi, ti imploro —
C’è — c’è del balsamo a Gilead?— dimmi — dimmi, ti imploro!"
Disse il corvo "Nulla più."
"Profeta!" dissi, "oggetto malevolo!— profeta ancora, se demone o uccello!—
" In nome del paradiso che domina sopra di noi — in nome di quel Dio che entrambi adoriamo —
Di a questa anima piena di dolore se, nel distante Eden,
Stringerà una santificata fanciulla che gli angeli chiamano Leonora —
Stringerà una rara e raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Leonora."
Disse il corvo "Mai più."
"Sia questa parola il nostro addio, uccello o demonio!" Iniziai a urlare —
"Torna indietro alla tempesta e nella riva infernale della notte!
Non lasciare nessuna piuma prova di quella bugia di cui la tua anima parlava!
Lascia la mia solitudine inalterata!— lascia il busto sopra la mia porta!
Togli il tuo becco dal mio cuore, e porta il tuo corpo fuori dalla mia porta!"
Disse il corvo, "Mai più."
E il corvo, mai svolazzando, sta ancora sedendo, sta ancora sedendo
Sul pallido busto di Pallade appena sopra dalla porta della mia camera;
E i suoi occhi hanno tutte le sembianze di un demone che sta sognando,
E la lampada lo inonda di luce gettando la sua ombra per terra;
E la mia anima da quella ombra che galleggia per terra
Non si alzerà — Mai più!
Se avete dubbi o pareri su questa traduzione non fatevi problemi ad esprimerli
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Lista di Romance per principianti
Mi sono posta la domanda: quali sarebbero i romance più adatti per approcciarsi a questo genere? In realtà uno potrebbe iniziare a leggere romance con qualunque libro di questa categoria vastissima, ma secondo me, quali sarebbero i libri più adatti come introduzione o assaggio a questo genere?
E mi sono data una risposta in forma di lista.
Troverete qui sotto infatti una piccola lista di romance storici che secondo me potrebbero essere un buon punto di inizio per un nuovo lettore.
Ho inserito romance classici con trame classiche, autrici più nuove e moderne del genere, scrittrici cult del mondo rosa, trame gialle, un esempio di romance ambientato nell’america di fine 800′. Insomma ho cercato di raccogliere alcuni esempi di romance che secondo me potrebbero attirare le nuove generazioni e dare loro anche una piccola idea della vastità del genere. Ho scelto trame abbastanza semplici e brevi in alcuni casi. Non ho voluto colpire i nuovi lettori subito con i capolavori del genere, tranne uno. Quelli verranno a seguire.
Lista per principianti:
La sposa del diavolo (Devil’s bride) di Stephanie Laurens
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Trama: Quando Devil, il ribelle rampollo della ricca famiglia Cynster, viene sorpreso in atteggiamento compromettente con la governante Honoria Wetherby, l'uomo stupisce tutti domandandole di sposarlo. Nessuno si era mai sognato che lo scapolo più corteggiato d'Inghilterra si sarebbe messo l'anello al dito così facilmente. Honoria, però, non ha nessuna intenzione di accettare. Certo, Devil le piace, e molto, ma per lei l'amore è un'altra cosa. Possibile che possa sbagliarsi…?
La mia opinione: buon esempio di trama clasica del romance, scritta bene, semplice, lineare e con un’eroina non moderna ma di animo moderno.
Fidanzati per finta, Mary Balogh
Link acquisto ebook: https://amzn.to/3vnsDK4
Trama: Il conte e la contessa di Clifton sono separati ormai da molti anni, ma ora che la figlia si è fidanzata con quello che secondo loro non è l'uomo giusto per lei, sono costretti a unire le forze per salvare la fanciulla da una vita infelice. L'ultima cosa che però potrebbero immaginare è che il fidanzamento organizzato da Sophia con lord Francis Sutton sia stato orchestrato solo al fine di farli riunire.
La mia opinione: uno dei romance forse meno conosciuti della balogh, che dovevo mettere comunque in lista. Estremamente semplice e breve, ma con una trama carina che ricorda il film Disney “Trappola per genitori”.
Avventura (Reckless), di Amanda Quick
Link acquisto ebook: https://amzn.to/2RRdaV0
Trama: Phoebe Layton, figlia minore del conte di Clarington, non avrebbe mai immaginato che il fiero Gabriel Banner fosse in realtà un galante gentiluomo! Dopo essere stato assoldato con l'inganno dalla ragazza per scoprire l'identità del pirata che avrebbe ucciso un suo vecchio amico entrando in possesso del prezioso manoscritto che custodiva, Gabriel, amante di antiche leggende cavalleresche, si invaghisce subito di lei e la conquista con un bacio appassionato. Ma il temperamento della giovane Phoebe sembra contrastare con l'animo del novello trovatore. Almeno finché Gabriel non scopre la verità…
La mia opinione: dovevo inserire in lista per forza anche manda Quick una delle mie autrici preferite. Questo romanzo può ben esemplificare ad un novizio del genere una trama più avventurosa con una punta di giallo e molta ironia.
Duchessa e amante (Duchess by Day, Mistress by Night), di Stacy Reid
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Trama: Georgiana, giovane vedova del duca di Hardcastle, non desidera risposarsi, ma sta considerando l’idea di scegliersi un amante. Quando conosce Rhys Tremayne, un uomo affascinante e misterioso che traffica in segreti e informazioni, tra i due scoppia un’attrazione immediata. Per Georgiana, tuttavia, è impensabile intrattenersi con una persona con una reputazione simile! Ma quando suo figlio viene rapito, è a lui che si rivolge per avere aiuto e questi riesce a salvarlo, rivelandole un lato del suo carattere che non avrebbe immaginato. Iniziano così una relazione clandestina, fingendo in pubblico di conoscersi appena, mentre in privato il loro rapporto diventa sempre più libero, intimo e profondo…
La mia opinione: io non la amo tantissimo, trovo scriva in modo troppo moderno per i miei gusti in fatto di romance, ma è molto amata dai millenials e i suoi personaggi non sono mai antipatici, fuori dalle righe e troppo moderni, ma non antipatici.
Un amore proibito (Guilty Pleasure), di Laura Lee Guhrke
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Trama: Tremore Hall, residenza del duca Anthony Courtland, è un luogo d'immenso valore: in Gran Bretagna non esistono resti romani pari ai mosaici lì rinvenuti, ma non sono quelli gli unici tesori che Daphne Wade è stata capace di scoprirvi. La giovane archeologa, dall'aspetto apparentemente dimesso ma dai grandi sogni d'amore, oltre ai reperti che deve restaurare e catalogare per la collezione di lord Anthony ha trovato qualcosa di più prezioso: l'attrazione per il duca. L'amore, come lo intende Daphne, è qualcosa di piacevole, caldo e tenero; per Anthony, invece, esiste solo il lavoro e certamente i sentimenti non sono una priorità. E nemmeno l'abbandonarsi al piacere dei sensi, almeno finché lei…
La mia opinione: classica trama romance del brutto anatroccolo che diventa cigno e poi scritta dalla Guhrke, cosa chiedere di più?
Sognando te (Dreaming of you), di Lisa Kleypas
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Trama: Al riparo nel suo cottage di campagna Sara Fielding passa il tempo a creare storie che fanno sognare. La sua vita tranquilla viene sconvolta quando, spinta dalla curiosità, Sara entra in contatto con il bellissimo Derek Craven, che è riuscito a uscire dalla povertà estrema della sua infanzia e ora è il re della più prestigiosa casa di gioco londinese. Derek è diventato ricco, ma anche sospettoso, duro di cuore; e quando la dolce, innocente, beneducata Sara Fielding entra nel suo mondo pericoloso qualcosa cambia. La ragazza timida e bruttina si scopre una donna di gran fascino, mentre il cinico Derek impara a cedere alle lusinghe e alle promesse dell’amore…
La mia opinione: almeno un grande classico in questa classifica dovevo metterlo e ho scelto Lisa Kleypas, quale modo migliore per approcciarsi al genere romance?
Un matrimonio d’affari (The duchess deal), di Tessa Dare
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Trama: Un duca deturbato in guerra ha bisogno di una moglie che gli dia un erede. Dal momento che si crede un mostro crede che nessuna donna possa amarlo, perciò qualunque donna andrà bene. Anche la sarta che è venuta a pretendere da lui un risarcimento per l'abito da sposa che ha confezionato per la sua ex promessa sposa e che quella non le ha mai pagato perchè le nozze sono saltate....dopo che l'ha visto al ritorno dalla guerra.
La mia opinione: anche Tessa Dare è una delle nuove leve del panorama romance, una voce nuova, ma che scrive in modo classico, delle trame lievemente più moderne, ma non troppo e anche ironiche. A me piace molto.
Solo di notte (His at night), di Sherry Thomas
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Trama: Elissande Edgerton è una donna disperata, prigioniera nella casa dello zio tiranno. Solo attraverso il matrimonio può sperare di riprendersi la libertà che desidera. Ma come trovare l’uomo giusto? La scelta ricade su lord Vere, un agente segreto del governo che sotto le mentite spoglie di scapolo innocuo ha stanato alcuni dei criminali più subdoli di Londra. Niente però può metterlo in guardia dalle trame di Elissande. Costretti a un matrimonio di convenienza, i due scoprono di avere ciascuno un piano segreto. La seduzione è la loro unica arma contro un oscuro segreto del passato: impareranno a fidarsi l’uno dell’altra, abbandonandosi ai piaceri della passione?
La mia opinione: anche Sherry Thomas rappresenta una voce più moderna del romance e sceglie ambientazioni e persoanggi più moderni delle colleghe a volte e molto anticonformisti. non è nelle mie corde come autrice a volte la trovo troppo...troppo pathos, troppe complicazioni di trama ecc...ma è senza dubbio una autrice che potrebbe piacere secondo me ai nuovi lettori di oggi.
Verso l’amore (Always and Forever), di Beverly Jenkins
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Trama: Volitiva e indipendente, l’ereditiera Grace Atwood non è tipo da piangersi addosso. Abbandonata dal promesso sposo neppure mezz’ora prima della cerimonia, decide di lasciare per qualche mese la banca che dirige a Chicago: condurrà una carovana di sole donne fino a Kansas City, dove sono attese da uomini sposati per corrispondenza. Ha bisogno però di una guida esperta, e l’affascinante e sfacciato Jackson Blake è l’uomo giusto, in ogni senso. Si dimostrerà infatti il solo a saperle tenere testa, e allo stesso tempo capace di portare alla luce la donna sensuale che si cela in lei. Ma Jackson, perseguitato dal demoni del proprio passato, sembra non poter offrire a Grace altro che una vita in fuga…
La mia opinione: questo titolo è in elenco come esempio di romance ambientato in altra epoca e altro luogo che non sia l’Inghilterra regency. E poi perchè io amo i romance con spose per corrispondenza. Mi sembrava giusto proporre ai novizi del generea nche qualcosa di molto diverso.
Il signore dei mari (The Game), di Brenda Joyce
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Trama: Dopo cinque anni trascorsi senza ricevere notizie dal padre, la bellissima Katherine FitzGerald riesce a lasciare il convento francese dove è stata educata e a salpare per l’amata Irlanda. Ma la nave su cui viaggia viene abbordata dai pirati, e Katherine viene fatta prigioniera da Liam O’Neill, il famigerato Signore dei Mari. Costretta a seguire l’attraente e arrogante carceriere fino alla sontuosa corte di Elisabetta I, la fanciulla si ritrova imbrigliata in una rete di segreti e congiure, che fanno di lei l’importante pedina di un gioco molto pericoloso. Un gioco che Liam è deciso a portare a termine, e a vincere, anche se questo significa sacrificare tutto ciò che ha di più caro…
La mia opinione: questo l’ho inserito per mettere in lista nche un titolo piratesco, perchè cosa c’è di più tipicamente romance del venire rapita da un pirata’. E poi Brenda Joyce è una garanzia e se il nuvo letttore di romance scoprirà di amrla come stile, avrà moltissimi libri tra cui scegliere.
#Brenda Joyce#Stephanie Laurens#Beverly Jenkins#sherry thomas#Tessa Dare#lisa kleypas#Laura Lee Guhrke#stacy reid#Mary Balogh#Amanda Quick
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