#sfiorire
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Il desiderio è come un fiore... Se non ti affretti a coglierlo... Sfiorisce... Ogni sospiro attende le tue labbra... Ogni centimetro di pelle attende le tue mani... Ogni neurone brama il tuo potere... Ricordi che sembrano incancellabili... Ma il tempo fa il suo corso e insegna dure lezioni... Con il suo passare, sempre più lieve si fa il tuo pensiero... Ci abituiamo a ciò che ci manca... E anche il desiderio tende a sfiorire... A tutti vien donato un tempo... Superato questo... L'interesse sfiorisce... La testa capisce... Diventerai anche tu un ricordo che non stimola più...
~ Virginia ~
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~ Il primo pensiero ~
L'orchidea più bella ha iniziato a sfiorire.
Ho mal di testa e la giornata non vuole finire.
È un acquerello il cielo in questo imbrunire.
E m'accorgo, ogni volta, che il primo pensiero è volertelo dire.
@conilsolenegliocchi 🐞
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Le donne mature sbocciano un’ultima volta prima di sfiorire del tutto e in quella fase sono più belle che mai.
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"La Resistenza e la sua luce"
Pier Paolo Pasolini
Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l’Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce
Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un’alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge.
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l’alba nascente fu una luce
fuori dall’eternità dello stile …
Nella storia la giustizia fu coscienza
d’una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.
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Ti amerò ancora, non preoccuparti, oltre il tuo sfiorire.
La tua bellezza giovane, fu solo un'esca.
Ora ci sei tu.
(Davide Maria Montagna)
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Fiore
Sii sempre un fiore. Fragile perennemente esposto alla facile adulazione, ma nello stesso tempo di una bellezza unica. I fiori della stessa specie possono sembrare uguali, ma non lo sono. Resta quel fiore che ti donai, non appassire mai. Trova nuova linfa, espandi le tue radici in profondità. Nella profondità delle anime troverai nutrimento e sostanza. La mia anima è molto profonda ti darò ristoro. Non sfiorire, rimani sempre quel fiore che sei. Bellissimo. Non farti cogliere, ma fa si che ti si possa curare ogni giorno. E saprai regalare profumi e inebriare di serenità chi ti rispetterà. Sii sempre fiore, come quelli dispersi negli immensi prati. Mi piace immaginarti così. Se per ogni volta che ti ho pensata così avessi piantato un fiore, il mio percorso di vita sarebbe un viale di fiori. Che germogliano, crescono, esprimono la loro bellezza e poi concedono vita ad altri fiori. Ti prego, sii sempre fiore.
Photo by rickyhowitt
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- Passa mai?
- Che cosa?
- Il dolore. La mancanza.
- Oh. No, mai. Forse sbiadisce un po', ma non se ne va del tutto.
- E allora che si fa?
- Ci si abitua.
- Ci si abitua?
- Sì... Si accetta la situazione. Ma è un po' come perdere un arto; si impara a vivere senza, ma si sa, non ricresce col tempo.
- Si sopravvive, insomma.
- Sì, esatto. Si sopravvive.
(Dal web)
Si sopravvive, é vero...ma come? Fingendo che tutto sia stato un bel sogno terminato alle prime luci dell'alba? Anestetizzando i sentimenti fino a farli sfiorire trasformandoti in qualcuno che nemmeno tu riconosci?
Raccontandosi la bella storiella del...no...non era destino, lo sapevi fin dall'inizio, hai vissuto una bella parentesi, ora é il momento di voltare pagina?
No...non é così semplice...e basta una piccola casualità per smontare quel castello di menzogne in cui ti sei rifugiato per sentire meno male.
Pensavo di essere guarita, pensavo di essere riuscita a chiudere in quell'angolo segreto il mio folle sentimento ma è bastato leggerti per sentire uno squarcio nel petto.
Hai scelto di non scrivere qui, forse avevi dimenticato che allora avevamo condiviso quegli spazi in cui ci era consentito esistere insieme, forse non ricordavi delle tante discussioni nate proprio perché quello era il posto di quella vita con cui, nonostante tutto, mi sentivo sempre in competizione.
Stavo sfogliando distrattamente pagine sensa senso quando mi sono imbattuta in qualcosa di familiare, in un calore conosciuto....mi sono imbattuta nelle tue parole.
Le tue parole che ci hanno fatto incontrare, le tue parole miste alle mie che sono state la culla dei nostri sentimenti, le tue parole che hanno ucciso la cosa più bella che il destino mi avesse donato dopo tanto peregrinare nel buio e un po' hanno ucciso anche me.
Le tue parole che anche ora hanno il potere di emozionarmi ma che ormai non sono più dirette a me, che ormai non sono più il racconto di quel NoiDue e di quell'amore così dirompente ed improvviso.
Le tue parole che mi hanno fatto riprovare la stessa gelosia di allora quando, il pensiero che potessero essere dirette ad un'altra persona mi dilaniava
Le tue parole che ho sempre avuto paura di veder sparire anche quando la rabbia per la tua scelta mi distruggeva e urlavo che per te avevo smesso di esistere.
Le tue parole...che continuano ad essere per me amore
(Gilda - Ph io)
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La consapevolezza del dolore (perchè gli uomini non capiscono mai una minchia?)
L’atrio dell’ospedale era silenzioso malgrado vi fosse un via vai di persone che entravano e uscivano continuamente. Gloria camminava con gli occhi che guardavano il pavimento e la testa piena di pensieri. Brutti pensieri. Il dottor Tommasi non era venuto Aveva aspettato tutta la mattinata per niente. Eppure doveva parlargli, chiedergli, capire se l’operazione fosse veramente necessaria. Non era una cosa da poco e la spaventava il pensiero della sua carne aperta e tagliata alla ricerca del male che la divorava. Anche Serena non aveva risposto a tutti i suoi messaggi e senza di lei il suo debole coraggio si scioglieva come neve al sole. Serena aveva già subito quell’operazione di cui le aveva parlato il dottor Tommasi e non una volta sola: era la prova vivente che chi aveva il loro male poteva farcela. A non sentirla, le sembrava di dover subire da sola quel dolore che annunciava, quelle piaghe che prometteva, quell’epilogo definitivo che rappresentava quel suo oscuro male cannibale che vagava nel suo corpo. Si sentiva impotente come una vittima predestinata che doveva solo soffrire per i peccati fatti e per quelli degli altri.
Arrivò all’uscita e le porte di vetro si aprirono. Un’ombra apparve di fronte e lei, presa dai suoi pensieri, automaticamente si spostò di lato per farla passare. L’ombra fece lo stesso e se la ritrovo di fronte. Si spostò ancora di lato tornando dove era prima ma anche stavolta l’ombra la seguì. Allora, alzò gli occhi per vedere chi era quell’ombra e si trovò gli occhi di un uomo, un volto affilato, giovanile malgrado avesse tutti i capelli bianchi. La guardò e sorrise
“vada pure, io resto qui”
Lei fece mezzo sorriso di circostanza, si spostò di lato e lo superò. Fece qualche passo poi si fermo. Quell’uomo lo aveva già visto da qualche parte, era qualcuno che conosceva bene. Ma chi era? Si voltò a guardarlo. Era ancora sulla porta che l’osservava sorridendo. Si avvicino muovendosi con eleganza con la sua giacca di lino color carta da zucchero, i pantaloni bianchissimi e i mocassini scamosciati blù.
Quando le fu vicino sorrise di nuovo
“Sei Gloria, non è vero?”
Lo guardò notando la sua pelle leggermente abbronzata, il sorriso sereno, gli occhi azzurri intonati alla sua giacca
“Si sono io. Penso di conoscerla ma non ricordo …”
“Sono Nazzareno, il marito di Serena”
Ecco chi era. Lo ricordava nelle foto che Serena le mandava durante i tanti che facevano, lei con il corpo sempre più asciutto, la pelle sempre più invecchiata, i capelli sostituiti da un fular colorato, ma gli occhi sempre felici e il sorriso sempre sereno, bellissimo. Lui sempre uguale, sempre vestito a modo, i capelli candidi sempre a posto, pettinati all’indietro come i divi di una volta, le lunghe braccia che prima abbracciavano la moglie e poi quasi la sostenevano. Selfie che parlavano di felicità, malgrado il continuo sfiorire di Serena
“Nazzareno!! Ti guardavo ma non riuscivo a ricordare dove ti avevo visto”
“Penso che Serena ti abbia bombardato di foto con noi due. Lei amava far sapere agli altri quando era felice”
“Si, ogni volta che andavate da qualche parte lei mi scriveva, voleva tirarmi su e farmi vedere che il male si può vincere. Le ho scritto anche ieri per sapere se oggi fosse venuta in ospedale per qualche terapia. Volevo parlarle. Forse è a fare la chemio no?”
Chiese speranzosa di vederla, ma lui diventò serio e la guardò negli occhi.
“Ecco forse non lo hai saputo ma Serena … - si fermò a cercare le parole - ecco, se ne andata”
“Come se ne è andata? Vi siete lasciati?”
chiese stupita e incredula
“No ecco … - guardò intorno poi fissò ancora i suoi occhi – è morta”
Lo guardò come stesse parlando in un'altra lingua. L’ultima parola le rimbombò dentro finché non ne afferrò completamente il senso
Scosse la testa
“No, non è possibile … non è vero”
Ma capì che gli occhi tristi di Nazzareno non potevano mentire. Sentì improvvisamente che tutto intorno a lei stava scolorendosi e stava sfumando in un grigio sempre più oscuro.
Si sentì scivolare a terra.
L’odore le penetrò dal naso direttamente nel cervello diventando insopportabile
“Gloria …. Gloria mi senti?”
Aprì gli occhi e vide tre volti che l’osservavano
“Ecco si stà riprendendo – disse quello con il camice bianco al volto di Nazzareno – signora come va? resti sdraiata?”
Si rivolse al volto di donna vestita anch’essa di bianco.
“Le misuri la pressione e le faccia bere qualcosa con zucchero. Signora stia sdraiata, quando se la sente si metta seduta.”
Era su una barella nel pronto soccorso con i piedi appoggiati su alcune coperte e la testa riversa sulla barella senza cuscino. Le sembrava una posizione oscena e si vergognò un po'
Apparve Nazzareno con un bicchiere in mano
“Ti ho portato del the zuccherato, siediti e bevilo lentamente”
Le disse aiutandola a sedersi
“Cosa è successo “
Chiese mentre si ustionava le mani con il the
“Sei svenuta. Ti ho portato qui al Pronto soccorso”
Bevve un piccolo sorso di un liquido disgustosamente zuccheroso. Si aggiustò i capelli e cercò la borsa per prendere un fazzoletto e con questa scusa restituì l’intruglio dolciastro.
“La pressione è a posto. Quando vuole, e se la sente, può andare: è stato solo un capogiro.”
Le fece l’infermiera che ritornò velocemente ad aiutare il dottore a ricucire un taglio due barelle più avanti. Restò stordita con Nazzareno.
Si guardò intorno
“E dire che a Serena l’ho incontrata qui. Ero venuta perché al mattino avevo sentito dei noduli al seno e siccome il mio dottore non c’era, ero corsa a farmi vedere, spaventata come non mai. Mentre aspettavo hanno portato Serena su una barella. Aveva fatto un controllo e si era sentita male.
L’avevano messa di fronte a me, ma io con l’ansia e la paura che avevo, non l’avevo neanche vista. Lei mi ha chiamato e mi ha chiesto se le prendevo un po' d’acqua. Gliel’ho portata ed abbiamo incominciato a parlare. Anche per lei è incominciato tutto con dei noduli al seno. Mi disse cosa dovevo fare e mi diede il telefono del dottor Tommasi che la curava. Da allora ci siamo sentite sempre. Mi rincuorava, mi incoraggiava, mi mandava le foto dei vostri viaggi per farmi capire che malgrado il male la vita continuava, anzi, per via del male, doveva essere vissuta meglio, più intensamente, in modo più cosciente.”
Smise di guardare il fazzoletto che stava stropicciando tra le mani e fissò Nazzareno
“Io ho avuto una vita che è stata un insieme di errori e non ho nessuno con cui confidarmi. Avere lei, che era sempre presente, sempre attenta alle mie paure, piena di consigli giusti e di affettuosi incoraggiamenti mi ha aiutato a non lasciarmi andare a non perdere la speranza. A lottare. Ora devo fare il primo intervento e ho paura, paura di tutto. Ero venuta a parlare con il dottore per chiedergli di spostarlo. Le avevo scritto più volte nell’ultimo mese con la speranza di incontrarla, ma, non avendo avuto risposta, la pensavo in viaggio.”
Nazzareno tirò fuori dalla tasca un telefono avvolto in una custodia coloratissima, piena di cornetti rossi e di piccole mani che facevano le corna.
“Quando ha incominciato a stare male, ha messo via il telefono perché la chiamavano in troppi. Io, con tutto quello che è seguito, l’ho dimenticato. Due giorni fa cercavo delle foto del nostro ultimo viaggio e l’ho riacceso. Ho visto i tuoi messaggi e son andato a vedere tutto quello che vi eravate scritte ed ho notato che negli ultimi tempi scriveva solo a te e non più alle sue amiche tradizionali. C’è poi una cosa che devi sapere, Serena non metteva mail il nome della persona nella rubrica. Associava il numero ad un soprannome che inventava lei. Ad esempio il numero di mio fratello è sotto “Cosu”, quella della sorella piagnucolosa è sotto “Addulurata”, il numero di suo zio a cui piace il vino è sotto “Nero d’Avola”. Per questo anche se potevo leggere tutti i vostri messaggi, non sapevo chi eri ma intuivo, per il soprannome che aveva messo, che Serena ti considerasse molto.”
“Perché, come mi aveva chiamato?”
Nazzareno le mostrò il suo numero sulla rubrica del telefono
C’era la foto di lei e Serena, testa contro testa e sotto la foto il nome “SERENA2” e ancora sotto una semplice frase “la mia amica sfortunata”
“Mi ha chiamato con il suo nome”
“Ti considerava la sua replica. La cosa mi ha colpito e ho cercato di capire perché. Sicuramente non per la malattia. Ho visto che aveva chiesto al dottor Tommasi come fosse la tua condizione e lui le aveva risposto che eri venuta in tempo per curarti”
Gloria dondolò la testa
“no, forse non era la malattia il motivo per cui mi considerava sfortunata. Si certo, ho dei noduli e da ipocondriaca, mi sembra di essere già morta. Ma per lei non era questa la mia sfortuna. Io con lei parlavo molto, e quello che lei ripeteva era che la mia solitudine la spaventava. Ho divorziato da mio marito, non ho amici perché la vita mi ha reso disillusa e diffidente. Anche mia figlia, non la vedo da mesi e se la vedessi ci litigherei dopo pochi secondi. Questo ad esempio sconvolgeva Serena e appena mi vedeva mi chiedeva con garbo se avessi sentito Mimi, mia figlia. Io ogni volta la deludevo. Il punto è che lei credeva nella vita come un fluire di emozioni positive, di felicità. Io invece le dicevo che non era così, che la vita era il nostro cercare di sopravvivere tra una natura che ci distruggeva con malattie e catastrofi ed il nostro egoismo che ci accecava con rancori, odio e indifferenza. Non riuscivo mai a convincerla che avevo ragione. Ne lei convinceva me”
“Si mi ricordo. Me ne parlò. Le dissi che non avrebbe mai potuto convincerti”
Lo guardò stupita
“E come mai non poteva convincermi”
Lui strinse le spalle
“Perché la felicità, come la vita, è un dono che qualcuno ci fa. Se sei sola, non potrai mai avere un pezzettino di felicità. Potrai essere contenta, soddisfatta, appagata, ma sarà qualcosa che rimarrà dentro di te”
Lo guardò con sufficienza
“Guarda, tra le mie disgrazie posso dire che la più grossa è stata quella di avere avuto diversi uomini e nessuno di loro mi ha saputo donare un po' di felicità, neanche nei momenti migliori.”
“Forse perché anche loro erano soli come te. Poi non sto parlando di stare insieme per essere felici, ma di condividere la ricerca di quella parte della vita che non è semplice sopravvivenza ma il suo senso, il piacere che ha e che può donarci”
“Vuoi dire che senza qualcuno con cui possiamo cercarla e viverla, non possiamo essere felici?”
“Senza qualcuno con cui condividere questa ricerca, difficilmente riesci a vivere intensamente o a gustarti la tua felicità. Questo è quello che io e Serena abbiamo capito. C’è la stessa differenza che corre tra masturbarsi e fare l’amore con qualcuno”
Fece la faccia scettica,
“vuoi dire che da sola vivrò da persona persa quale sono, ma che insieme a qualcuno potrei trovare la felicità?”
E sorrise ironicamente
“certo, è quello che è successo a Serena.”
“mi sembra una sparata, una minchiata, scusa la parola”
Fece delusa.
“allora se è una sparata, perché non provi? Se hai la giornata libera perché non proviamo ad essere felici, come facevamo con Serena. Devi però darmi fiducia e credere in quello che faremo”
Lo guardò attentamente. Non sembrava un pazzoide o un maniaco. Era poi il marito di Serena e lei ne parlava sempre con grande affetto e considerazione. Però….
“Mi piacerebbe ma ora non mi sento, magari, vediamo dopo, … dopo l’operazione”
Lui sorrise come se si aspettasse questa sua reazione
“Lo vedi, questo è il primo difetto della persona infelice, “dopo …, dopo …” non esiste un dopo nella vita. C’è stato ieri, ci sarà probabilmente un domani, ma non esiste un dopo. Esiste solo adesso, questo momento in cui ci parliamo e che viviamo per l’uno e per l’altro. Nel “Dopo” di cui parli, non ci saremo per come siamo adesso. Dopo ci sarà l’operazione, la convalescenza, ma la felicità che ti propongo ora, non sarà più possibile.”
Gloria cercò una risposta adatta ma non ne trovava.
“Se non fossi qui, su questa barella del pronto soccorso, in bilico tra panico e paura, dove vorresti essere? Quale è il posto qui vicino dove ti senti bene anche solo a pensarlo. Il posto dove sei sempre stata felice quando lo hai frequentato?”
La domanda la sorprese e rispose d’istinto senza pensare alle conseguenze.
“A Taormina, sul viale. Quando sono li, sono sempre felice”
“Bene,”
Senza darle tempo le mise le scarpe ai piedi e con delicatezza la prese in braccio facendola scendere a terra.
“signorina – disse all’infermiera a voce alta - la signora si è ripresa, la porto fuori”
L’aiutò a sistemare la borsa, poi le prese la mano e disse
“Andiamo”
Incominciando a camminare verso l’uscita con i suoi passi lunghi e calmi. Lei gli andò dietro dovendo fare due passi per uno dei suoi. Pensava che doveva fermarlo, che aveva altre cose da fare, anche se non ricordava cosa, che doveva lasciar perdere questo signore che non portava neanche il lutto della moglie, ma era stata proprio la moglie, la sua unica amica a parlargliene sempre bene in positivo come di una persona a cui poter dare fiducia.
Poi aveva la mano calda e stringeva con una ferma delicatezza la sua. Quando era stata l’ultima volta che un uomo l’aveva toccata con quella attenzione in cui la forza diventava una carezza? Non lo ricordava. Per questo quella mano che stringeva la sua, la turbava in un modo che non avrebbe saputo spiegare a Serena perché, in fondo, l’imbarazzava.
Arrivarono al parcheggio dove Nazzareno la fece salire su una macchina elegante e partirono velocemente.
Dentro la macchina, la prima cosa che pensò fu chiedersi cosa stava facendo.
“Va bhè è una brava persona, un bell’uomo gentile ed elegante ma cosa ci andiamo a fare a Taormina? Forse è meglio trovare una scusa, qualcosa che possa giustificare il fatto che devo andare a casa e devo pensarlo prima di arrivare all’ autostrada “
Lui però incominciò a parlare, guidando con una mano e muovendo l’altra per sottolineare parole e concetti.
“Devo però ringraziarti per questa gita a Taormina. È un mese che sto chiuso in casa vagando di stanza in stanza a cercare, a ricordare, vedendo in ogni angolo Serena e parlandole continuamente, cosa che quando lei era con me non avveniva mai perché parlava sempre lei. Anche con te faceva cosi?”
“No, con me ascoltava, non so perché ma mi piaceva parlare con lei, dire le mie cose, forse perché non ho nessuno con cui aprirmi con cui dire di me stessa.”
“Ma scusa cosa le dicevi? per me era difficile dire una parola.”
“Semplici cose, il lavoro, la vita, la malattia, le cure. Pero finivamo a parlare sempre della mia solitudine, del fatto che da quando non ho più nessuno mi sento più forte, più libera, indipendente e forse felice. Ma lei mi spiazzava sempre dicendo “ma se sei felice a chi lo dici?”
Ed io rispondevo “a me stessa” e lei prendeva in contropiede dicendo “ma se lo sai già, che senso ha ridirtelo? È un po' da folle” e così mi metteva in crisi.”
“Si lei è fatta così”
“Ma a te lo diceva se era felice?”
“Sempre. Se lei lo era voleva che anch’io fossi felice come lei. Era difficile dirle di no. Poi, quando lei era felice, facevamo sempre l’amore.”
Non lo disse con orgoglio o vanteria. Lo disse guardando la strada senza vederla, come se il confessare che si amavano gli facesse male.
“se lui è qui - si disse Gloria – è qui non per me, ma perché attraverso di me lui può stare ancora con Serena. Sono una sciocca perché ho avuto paura che lui avesse qualche pensiero strano ma in realtà i pensieri strani li ho solo io, mentre Nazzareno, u meschinu, pensa solo alla moglie che non rivedrà più.”
“È una cosa bella – gli disse cercando di essere allegra – vuol dire che vi volevate bene. Io invece con mio marito litigavamo prima e dopo aver fatto l’amore. Per cui pensa che amore facevamo.”
Continuarono così a parlare, di Serena, dei figli, del lavoro, come se si conoscessero da sempre e stessero solo ricapitolando l’ultimo periodo in cui non si erano più visti. Lui aveva un parlare forbito, scorrevole e come Serena, metteva nel mezzo della discussione sempre qualche battuta spiritosa senza essere mai volgare, lasciandole sempre il tempo di dire la sua, di ragionare. Gloria si scoprì a parlare della figlia vantandone le qualità e quando Nazzareno le chiese perché non le parlasse se era una ragazza così brava, rispose che aveva il suo carattere del cavolo, ombroso e diffidente. Lui la guardò sorridendo
“Ma allora se ne conosci il carattere dovresti sapere come prenderla, come evitare di litigare”
Gloria si accorse che non era il carattere a tenerle distanti.
“Eh si dovrei, ma che vuoi fare….”
Nazzareno sorrise ancora e poi colpì
“Secondo me ce l’hai con lei perché vorresti che lei ti approvasse in tutto e per tutto”
“Ma no … - Rispose come se fosse una banalità, ma sentì che aveva ragione -e poi che male ci sarebbe, in fondo sono sua madre”
“Si, ma solo chi ti vuole bene veramente ti dice che hai la faccia sporca. Serena dice che spesso vediamo chi amiamo come se fosse perfetto e quando chi è ragione del nostro amore non si comporta per come secondo noi dovrebbe, diventiamo cattivi con lui più che con uno sconosciuto”
“Pensava forse a voi due?”
“Sicuramente, ma lei aveva un segreto: quando le capitava, prima di arrabbiarsi mi pensava in un momento in cui l’avevo resa felice e questo le disinnescava ogni rabbia”
Ebbe la sensazione che avesse ragione che il rapporto con Mimì non fosse comandato dall’accettarsi ma dalla differenza tra il vederla per come era e come l’avrebbe voluta, più fortunata e più brillante di quanto lei stessa era stata alla sua età. Il suo amore la pretendeva perfetta, ma la perfezione che voleva, era solo la rivalsa che Mimì doveva darle per vendicarla di tutte le frustrazioni e miserie che lei aveva subito.
Pensò ad un momento in cui era felice a vederla e la pensò quando da piccola usciva da scuola e le correva incontro chiamandola, abbracciandola e baciandola felice che lei fosse li a prenderla.
In quel momento le venne una grande nostalgia di Mimì e pensò che forse, se avesse pensato solo a volerle bene più che a pretendere una indefinita perfezione, le loro vite sarebbero state diverse.
Quando arrivarono al parcheggio di porta Catania si stupì che fossero già a Taormina. Entrarono in ascensore per uscire dal parcheggio e con semplicità, mentre le prendeva la mano, lui le chiese
“Quando vieni qui, cos’è che ti rende felice?”
Lei sentì la sua mano prendere delicatamente la sua, ma non protestò come avrebbe fatto con chiunque altro. Non capiva perché e pensando a Serena, si vergognava che lui non fosse chiunque altro. Ma la cosa le piaceva. Le dava coraggio.
“Mi piaceva perché erano sempre giorni di festa e pieni di sole. Mio padre si fermava sempre a prendermi un gelato e con mia madre vedevamo tutti i negozi di moda per vedere le tendenze. Erano momenti che ricordo ancora con gioia”
“Ecco vedi, devi avere la stessa curiosità, lo stesso spirito se vuoi essere felice”
Incominciarono lentamente a camminare come se fossero dei turisti e Nazzareno, di ogni angolo le spiegava il periodo storico e artistico sia che era la chiesa con i presepi che le vecchie mura medievali. Ma restarono ancor di più a contemplare il bancone dei ghiaccioli alla frutta dove le vaschette avevano mille colori che passavano dal crema, al color cipria, o caffè, al verde pallido del pistacchio al rosso cupo delle more fino a quello tenue delle fragole, ai gialli intensi dell’avocado e così via. Nazzareno le aveva chiesto quale fosse il suo colore e sapore preferiti e cosa le ricordavano e lei scoprì che di ogni sapore ricordava qualcosa e glielo spiegava stupita che dentro di lei vi fossero ancora tanti momenti felici. Scelse un gelato al cocco e si allontanò dal bancone sentendo la stessa piccola felicità di quando era bambina.
Si fermarono ad osservare la vetrina di un negozio di ceramica di cui lei era appassionata. Anche qui Nazzareno le descrisse gli stili, le forme e poi indicando delle teste di moro ne indicò un paio che erano bellissime.
“quelle costano moltissimo, Sono fatte da uno dei migliori maestri siciliani. Qui le vendono a 7.000 euro”
Ma lei non osservava le teste di moro, osservava il loro riflesso nella vetrina. Si guardava con i capelli da pazza, il corpo appesantito e la borsa nera con le scarpe blu. Si trovò orrenda. Lui invece era elegante, giovanile aveva il fascino delle persone che non invecchiano mai. Due figure completamente diverse unite sono dalla mano di lui che teneva la sua.
“lui ha bisogno di sentirmi – si disse Gloria osservandolo nel riflesso – magari con Serena camminavano sempre mano nella mano: mi considera un'altra Serena.”
Si guardò nuovamente, scialba, nervosa, insofferente.
“Io sono sola come lo è lui. È corso a cercarmi e insiste nel volermi fare felice per Serena e questo lo rende felice. Ma io? Io sono sempre più sola, e nello stesso sento di aver bisogno di lui perché è lui la ragione per cui Serena era felice e vuole che anch’io sia felice come lei: nessuno fino ad ora si è interessato a me come lo sta facendo lui. La bellezza che mi descrive intorno a noi è solo la bellissima cornice che racchiude la nostra infelicità. Però nello stesso tempo è una speranza, una via. Ha ragione lui, ogni seme ha bisogno dell’acqua per vivere. Vivere da sola è come inaridirsi, rinsecchirsi, ridurre il mondo a se stessi, rafforzare il silenzio che ci opprime “
Ad alta voce continuò
“Ma costano troppo, Spendere quei soldi per i vasi del basilico, mi sembrano troppi”
Lui sorrise divertito
“Hai ragione”
Continuarono per il viale e mentre stavano discutendo di arredamento
qualcuno chiamò
“Architetto, architetto”
Nazzareno si voltò e vide un signore anziano che sulla porta di una gioielleria lo stava chiamando
“Signor Pappalardo, come sta?”
Chiese avvicinandosi, portandosi dietro Gloria.
“Architetto, chiedo scusa a lei e alla signora, ha un minuto?”
E lo invitò ad entrare in gioielleria.
“Mi scusi architetto, l’ho vista passare e mi sono permesso. Ecco le volevo chiedere un’informazione”
Ed incominciò a parlare di una pratica per un condono fermo negli uffici di Messina da diversi anni.
Gloria si mise a guardare le vetrine nel negozio incurante della discussione tra i due uomini.
“Sono bei gioielli – si disse – io i miei li ho venduti tutti per pagare il mutuo che quello stronzo di marito non ha più pagato. Mi piacerebbe averne qualcuno ma solo per lasciarlo a Mimì per mio ricordo”
E guardava rapita anelli e bracciali
“Alla signora piace qualche gioiello, vuole provarne qualcuno?”
Fece con professionale educazione il gioielliere che aveva finito la discussione con Nazzareno
“no, guardavo e basta, sono bellissimi”
“ma qualcosa l’ha colpita?”
“mi piacciono questi anelli con i diamanti perché non ne ho”
“provane uno”
Fece sorridendo Nazzareno
“Venga signora, non è detto che debba comprarli…, solo per curiosità … sono pietre purissime, grado F e G , … guardi come risplendono”
Fece il venditore mettendo gli anelli sotto un faretto che li fece brillare come stelle.
“Ne vuole provare uno, guardi questo Trilogy, è bellissimo, o questa veretta con diamanti tagliati a baguette”
“provarne uno, non costa niente”
Insisté Nazzareno
Gloria era imbarazzata, li avrebbe provati tutti, ma non voleva fare la figura di chi non aveva mai visto un gioiello.
“Provo questo”
Disse prendendo il più piccolo, con un diamante che era meno della testa di un fiammifero, ma che brillava forse più degli altri
“Bella scelta, diamante purissimo, piccolo, ma di grado F, ha un luce intensissima
Lo mise al suo anulare e lo guardo stupita di quanto brillasse.
“È la sua misura – fece il vecchio gioielliere – e pensi che non costa molto”
E cercò di vedere nel piccolo cartellino che era attaccato alla scatola dell’anello il suo prezzo
Nazzareno mise la mano davanti al cartellino
“ti piace?”
Chiese a Gloria
“È carino”
Rispose lei senza notare il suo gesto ammaliata dalla luce che l’anello emanava.
“Bene, lo prendiamo”
Disse tranquillamente al gioielliere
E prese un piccolo portafoglio da cui tirò fuori una carta di credito color oro
“come lo prendiamo?”
Fece spaventata Gloria
“ti sta bene, ti piace, lo prendiamo! tienilo pure al dito, mi piace come ti sta, ci dia solo la scatola”
Fece al vecchio
“Ma … non so … magari torniamo dopo”
Nazzareno sorrise
“Dopo, ancora Dopo, è una malattia la tua. Prendilo per favore, in ricordo di Serena”
Citando la moglie l’aveva spiazzata, rifiutare il regalo era come rifiutare lei
Il vecchio porse loro un sacchettino e li ringraziò ricordando a Nazzareno la sua pratica
Fuori dal negozio lei aveva il muso lungo.
“Non essere arrabbiata – fece lui con la sua voce calma e mielata – ti abbiamo voluto fare solo un pensiero”
“Mi bastava un altro gelato al cocco! questo è …. Troppo. Qualcuno potrebbe pensare male!”
Rispose lei seccata che ancora una volta avesse fatto di testa sua senza ascoltarla.
Lui fece la faccia di chi aveva sentito una grande minchiata.
“Perché questo qualcuno guarderebbe il costo e non il valore delle cose. Non è il regalo di un oggetto prezioso, è il dono di un simbolo: non è un diamante, è la tua vita! La luce entra nel diamante e gli atomi di carbonio che lo compongono la riflettono, milioni di volte e la luce dentro il diamante si moltiplica e alla fine diventa luminosissimo. È così accade dentro di noi: le cose belle che ci accadono entrano dentro di noi e le nostre anime la riflettono, le moltiplicano cosi che noi stessi diventiamo una luce luminosa, qualcosa di bello per noi e per gli altri. Come un diamante. Ma se il diamante ha delle inclusioni, delle impurezze, degli atomi estranei, allora la luce non si riflette dentro le sue strutture perfette e non è più luminoso, diventa grigio, opaco. Così è per la nostra vita. Se teniamo le nostre imperfezioni gli eventi dolorosi, i rancori, i nostri difetti dentro di noi, diventiamo grigi, tristi, privi di ogni luce per noi e per gli altri.
Se non riusciamo a perdonare, a mettere da parte offese e tradimenti dopo aver compreso la ragione da cui sono nati ed aver capito come evitarli in futuro, allora, resteremo chiusi nel nostro passato, correremo sempre per restare fermi dove siamo, come un criceto sulla sua ruota. Ogni volta che osservi questo piccolo diamante devi ricordarti di anteporre il tuo futuro agli errori del passato, alle incertezze del presente, perché solo così potrai risplendere, potrai vivere in modo completo la tua vita. Ed essere felice”
“Se era un simbolo, bastava un anellino con un zircone, perché un diamante?”
“Perché la vita è preziosa, è unica, devi dargli valore, devi sentirla importante. Non puoi riassumerla in un oggetto normale. La tua vita è quanto di più prezioso tu hai!”
“Non so, mi sembra esagerato”
“Non è esagerato, è necessario”
“Cosa ne direbbe Serena?, non so se lei approverebbe”
“Ha detto che va bene, ti sto restituendo quello che le hai dato: un raggio di luce che ha fatto brillare la sua vita”
Lo guardò severa
“Mi spaventi quando parli di lei come se fosse ancora viva”
“Perché non hai mai amato una persona che è il centro della tua vita come tu lo sei per lei! Se tu avessi amato o fossi stata amata veramente capiresti che per me Serena non è morta, finché sono vivo non potrà morire, “
Lo guardò indispettita ma non riusciva a trovare alcuna risposta adatta a quella sua dolorosa e autentica verità
“Ma non è questo il punto – disse lui aggredendo la sua indecisione – l’amore non è l’unica bellezza della vita, ne è una parte, ma non è il tutto. E questo invece quello che ti ho promesso: il Tutto.”
Gloria mostrò una faccia disorientata. Non riusciva a seguirlo anche se capiva che voleva far finire quella sua continua guerriglia con cui affrontava la vita.
Nazzareno sorrise
“Lo so che ti sembra complicato, ma è giusto così. – Continuo più lentamente portandola per mano sul viale luminoso di sole – quando Serena ha saputo che non aveva molto tempo, ha fatto della sua debolezza la sua forza: se non aveva più tempo allora ogni minuto del suo tempo era prezioso e ogni minuto doveva essere vissuto intensamente, lentamente per dargli un valore immenso. Lei aveva battezzato quel bisogno quel nuovo modo di vivere: la “vita lenta”. Così tra una visita medica e l’altra andavamo a vedere i luoghi che lei aveva sempre voluto vedere: Parigi, Monreale, le isole greche, musei, concerti finché un giorno ebbe una illuminazione. Eravamo a Monreale e Serena era rimasta a guardare il Cristo Pantocratore. Lo fissava negli occhi quasi a sfidarlo per la malattia che l’aveva colpita. D’improvviso il suo volto diventò sereno, quasi felice
“abbiamo sbagliato “ mi disse, “la via Lenta, dovevamo viverla sempre , non adesso perché non ho più tempo. Abbiamo sempre pensato a correre dietro il lavoro, il mutuo, i figli e mai dietro alla nostra felicità. Pensavamo che ognuna di queste cose ci potesse dare la felicità, ma correndo dall’una all’altra cosa non abbiamo avuto mai il modo di cercare, di provare in quella singola cosa, la vera felicità, ma solo sprazzi, attimi subito cancellati da quanto dovevamo fare subito dopo. Ecco, dovevamo capire che in quel modo, levavamo solo valore alla vita. La felicità è quando la vita si ferma in un attimo che tu vorresti non passasse mai. Invece noi corriamo sùbito via a cercarne ancora e ancora, spaventati dal vuoto che proveremmo nel non saper più fermare la vita in un istante”
Si fermarono sulla piazza del duomo affacciandosi alla ringhiera che dava sulla baia ormai quasi al tramonto. Le colline erano illuminate da una luce dorata e il mare diventava sempre più azzurro fino a mostrare un intenso blu sotto un cielo in cui le nuvole si coloravano di rosa.
Restarono in silenzio, osservando le barche ed i panfili nel mare che si illuminavano di luce circondati da quell’azzurro denso e immobile.
“Come è stato? - Chiese d’improvviso Gloria – Serena, … come è … successo”
Nazzareno guardò un punto all’infinito
“molto semplicemente. Era sotto l’effetto degli antidolorifici e stava ad occhi chiusi distesa a letto con tutte le apparecchiature che monitoravano il suo lento finire. Ad un certo punto ha aperto gli occhi e si è guardata intorno fino a quando non mi vide. Allora sorrise e mosse due dita verso di me. Io mi avvicinai e presi le sue dita e le chiesi se avesse bisogno di qualcosa. Lei non rispose chiuse gli occhi, strinse le mie dita continuando a sorridere. Non lasciò più le il mio mignolo e il mio anulare. Qualche minuto dopo le macchine ci hanno detto che se ne era andata. Io non me ne ero accorto. “Sorrideva ancora”
Gloria osservava il mare senza commentare. Resto in silenzio quasi non avesse sentito.
“Lo ripeto solo perché penso sia importante che tu te ne renda conto: non hai accettato la sua morte, parli di lei sempre al presente, come se fosse ancora viva”
Lui non rispose.
Osservava l’orizzonte e i monti della Calabria in cui la luce piano piano si spegneva.
“Tu sai cos’è l’Hanami? – e quando lei scosse la testa a dire di no continuò – è la cerimonia con cui i giapponesi ammirano il fiorire dei ciliegi che per loro è un evento bellissimo e tragico. È l’arrivo della primavera, il colorarsi di rosa dei ciliegi con la loro bellezza delicata e fragile, ma è anche il morire repentino dei fiori nella loro perfezione. Una morte che ai giapponesi richiama quella dei samurai, elegante, improvvisa ma degna di uno scopo sublime che dona altra vita. Per questo lei per me non è morta. È stata un fiore di ciliegio che nella sua bellezza è improvvisamente scomparsa e scomparendo rimane per sempre nella sua perfezione, diventando un'altra vita, nata dalla eleganza, dalla bellezza dei giorni che lei ha scoperto e mi ha donato. Per questo ne parlo come se ci fosse ancora, perché chi ami non muore mai per l’amore che ci ha dato. È in un'altra stanza, in un altro tempo, in un'altra stagione, ma sempre qui, dentro i miei pensieri, i miei ricordi, i miei desideri.”
Si guardò le punte delle scarpe
“Forse a te sembro pazzo ma lei è così presente in me che quando ti ho visto è come se mi stesse parlando ancora di te e di tutta la tua storia e mi chiedesse di aiutarti, di restituirti la gioia e la serenità che allora le avevi dato. Aiutarti è un modo di pensarla ancora viva.”
guardò il mare accesso di blu.
“Comunque queste sono solo parole – fece seccatamente per tagliare corto. - Ora dobbiamo continuare nel nostro tentativo di donarti un po' di felicità.”
La guardò sorridendo
“Hai per caso fame?”
restò disorientata dalla domanda.
“Bhe a pranzo ero tanta agitata che non ho mangiato niente, anche se è presto, un po' di fame ce l’ho. Conosco una pizzeria qui sotto …”
Lui però le prese la mano e se la tirò dietro
“Non sei donna da pizzeria!”
Disse severamente
“Eh da arancino?”
Tentò di dire, ma lui ormai aveva ripreso la strada verso la macchina
Non sapeva cosa fare
“Ma sei sicuro? Questo è un albergo a cinque stelle!!”
“Si, dai vieni, non ti preoccupare.”
L’albergo era sotto la strada provinciale lungo la costa e per arrivarci bisognava prendere una strada che si fermava in una terrazza su cui erano parcheggiate delle macchine. Dalla terrazza che dava sul golfo, si scendeva lungo una strada circondata di bouganville, gerani e gelsomini fino all’ingresso dell’hotel
“Mah …”
Fece lei preoccupata dal lusso che brillava nella discesa tra quei mattoni rossi e maioliche di Caltagirone che parlavano di eleganza e ricchezza.
“Mah, mah – fece lui scimmiottandola – hai fame? Dobbiamo mangiare no?”
“Ma qui ci peleranno e chissà cosa ci faranno mangiare”
“Vuoi essere felice? Se vuoi essere felice devi sognare e per sognare devi essere in un posto come questo, pieno di fiori e in riva al mare una scogliera di luce nella notte profonda. Questo è un hotel che si vede solo dal mare, è incastonato nella roccia, i corridoi, le stanze sono tutte nella roccia viva. Guarda verso oriente, al mattino il sole lo fa risplendere, la notte la luna lo rende magico.”
Scendevano lentamente la scala scavata nella roccia ed entrarono in una reception con un bancone di travertino e quadri antichi e moderni con cornici barocche.
Nazzareno si fermò come per orientarsi poi si diresse deciso verso un grande salotto dalle pareti bianchi e un enorme lampadario in vetro scuro di Murano. Su tutto un lato, una vetrata mostrava l’imbrunirsi del cielo sul mare già oscuro
“Posso esservi utile?”
Chiese un inserviente in un elegante vestito nero posto a lato del bancone
“Stiamo andando al ristorante”
“I signori sono ospiti della Villa?”
“No ma …”
Una voce forte, con un accento teutonico li fece sobbalzare
“Signor Nazzareno”
Si voltarono e una signora alta, bionda, un corpo ben formato e vestita in modo elegante ma non ostentato, apparve sulla porta di una stanza collocata dietro il bancone.
“Baronessa, come stà ?”
Fece Nazzareno sorridendo e avvicinandosi a lei prese le lunghe dita della nobile mano e inchinandosi portò il dorso della mano della donna vicino alle sue labbra senza toccarlo
“È un piacere vederla”
Concluse
“Ho saputo di sua moglie - Fece la donna con una faccia triste tenendo la mano dell’uomo tra le sue – mi ha fatto molto male, mi dispiace”
“Purtroppo sono dolori che dobbiamo affrontare e portarci dentro per il resto della nostra vita. Sono qui con questa sua amica che dovrà affrontare un calvario simile, voglio darle un po' di felicità. E lei come và? Sempre in lotta con le maestranze siciliane?”
“Che vuol fare Nazzareno, guardi, guardi – e lo tirò dentro la stanzetta indicando il soffitto dove una larga crepa disegnava un quadrato nel soffitto senza intonaco, orribile nel suo grigiore di puro cemento – è la terza volta che lo riparano ed è caduto di nuovo mentre stavamo accettando un Rothschild alla reception! Una vergogna senza fine”
Nazzareno guardò lo squarcio e scuotendo la testa commentò
“Un orrore! Una imperdonabile imperfezione. È stato sbagliato il metodo per ripararlo e sono sbagliati i materiali. Se permette venerdì prossimo vengo con il mio muratore e sistemo tutto, non posso concepire una simile cosa in questo posto. Le garantisco che non verrà più giù”
Lo guardò con diffidenza e sfiducia
“Mi mandi un offerta che vedo se posso accomodarlo in qualche budget”
Sorrise
“Perché vuol complicarsi la vita? Vengo venerdì sistemiamo tutto e finisce li, dovrà solo pitturare il soffitto. È un lavoro di due ore che offerta posso farle?”
Lo guardò senza mostrare nessuna emozione
“A venerdì allora. L’aspetto!”
E allungò la mano per il baciamano che Nazzareno fece con stile impeccabile.
Arretrò di qualche passo poi si girò, prese sotto braccio Gloria e si diresse verso il ristorante
Dopo qualche passo spiegò sottovoce
“È la direttrice, una baronessa tedesca. Io ho seguito i lavori di restauro dell’albergo. Sono uno dei pochissimi di cui si fida.”
Arrivarono in un grande patio pieno di tavoli. Un cameriere li fece accomodare vicino al bordo del patio che dava sulla copertura in legno della piscina. Finita la piscina iniziava una spiaggetta con una fila di sedie a sdraio e dopo di loro il brontolio scuro del mare con la luna che lo illuminava fino alla costa calabra e brillava in cielo come un sole freddo.
“È molto bello qui, pieno di fiori si sente il profumo dei gelsomini con l’odore del mare.”
“Tutto è fatto per far sognare gli ospiti”
“Cu non mori si rividi”
Disse sottovoce il Maitre avvicinandosi e offrendo loro i menu
“Pippinu, comu stai?”
Fece sorridendo Nazzareno
“Comu i vivi, Nazzarè, cosa vi posso portare?”
Gloria stava per aprire il menù ma Nazzareno la fermò
“Pippinu, ho promesso alla signora una cena da sogno, fai tù”
E restituì i menù
Il Maitre prese i menù e disse un semplice
“Fazzu jò Nazzarè”
E scomparve come era venuto
Gloria si guardava intorno stupita dall’eleganza degli oggetti antichi mischiati con cura con componenti d’arredo moderno ed era ancor di più era ammaliata da quell’alone di serena felicita che emanavano le altre persone sedute ai tavoli, perfettamente abbronzate, elegantemente vestite, anime che non avevano mai conosciuto ansie e privazioni.
Incominciarono ad arrivare gli antipasti: gambero rosso crudo con una maionese ai frutti di bosco che fece correre lungo la schiena di Gloria un brivido di piacere, pescespada affumicato con un filo d’olio che era l’anima stessa della terra, tonno marinato che sapeva di una ballata antica, polipetti in sughetto di ciliegino che addolcivano il pane abbrustolito da loro impregnato, olive verdi capaci di parlare d’amaro e di dolce, pecorino primo sale su fichi glassati da un miele di fiori di castagno, cozze con un invitante profumo di limone e col gusto di mare.
“Non so se riuscirò a mangiare tutte queste cose”
Mentì Gloria con lo stomaco che gorgogliava dalla fame
“Non devi mangiare: devi gustare, nutrire l’anima lentamente, sentire il profumo, l’intensità di ogni boccone, far tornare ricordi, crearne altri ma soprattutto non farti prendere dall’ansia di domani. Da oggi a quando sarà domani vi sono milioni di istanti e ognuno di essi tu devi vederlo arrivare, lo devi gustare, lo devi lasciar andare e lo devi ricordare. Vedi quante cose da fare in ogni singolo istante.”
Un’ombra arrivo alle sue spalle e le verso del vino nel bicchiere
“No no”
fece lei preoccupata allungando la mano quasi a voler impedirgli di versare quel vino dorato con migliaia piccole bollicine
Lui prese il suo calice e glielo porse e lo poi alzò il suo a brindare.
“Non aver paura, lasciati andare in questa alta marea di piacere e la felicità ti raggiungerà”
“Anche se avrò dieci chili in più?”
“La felicità non pesa, sono i suoi effetti che sono tanto grandi per quanto è grande lei, e poi, domani sarai a verdure bollite e semolino: la felicità è adesso!!”
Lei lo guardò ammettendo dentro di sé che aveva ragione, che domani o dopodomani poteva già essere morta sotto i ferri o per qualche complicazione, ma quel momento, quella cena, quel luogo, erano per questo un inno alla vita, alla sua bellezza nella forma del gusto, dei colori, dei suoni e che lei, vissuta per anni di rabbie amare e silenzi nauseanti, ora poteva, doveva solo approfittarne. Mentre beveva vide il piccolo diamante che brillava nella penombra e pensò che anche la sua anima brillava in quel momento nello stesso modo e ne fu contenta. Si disse che era solo una sua sensazione, dettata dalle circostanze. Ma si rispose che in quel momento, in quel preciso istante, non gliene fregava niente di ogni suo cinico giudizio, e finì il vino nel suo calice.
Altre ombre arrivavano portando pasta allo scoglio, linguine all’astice, delicati involtini di pescespada, una piccola frittura, un grande cannolo scomposto, una tenera fetta di cassata, un passito di Lampedusa, un limoncello freddissimo e lei gustava tutto, con calma, lentamente parlando con quello sconosciuto un po' folle che raccoglieva i suoi ricordi e gliene faceva scoprire altri a cui non aveva mai pensato.
Aveva finito il limoncello e senti suonare in sottofondo un lento
“Che bello – disse ad alta voce – mi sarebbe piaciuto saper ballare.”
“Nella Vita Lenta il “sarebbe piaciuto” non esiste”
Si alzò e si avvicinò a lei
“Permetti?”
E le porse la mano
“Ma io non so ballare”
“Neanch’io, - le confesso in un sussurro - ma non vuol dire niente, basterà seguire la musica. Vieni, ti guido io”
La portò nel centro della piscina coperta e incominciarono a muoversi secondo la musica, ora con lui che la portava da una parte ora dall’altra, facendole fare una giravolta, ora lasciandola andare trattenendola per le punta delle dita per poi richiamarla a sé, avvolgendola tra le sue braccia, cosa che a lei faceva ridere. Non sapeva perché ma si sentiva come se stessero scimmiottando due ballerini di quelli veri, mentre gli altri commensali, quelli che vestivano vestiti firmati, rolex e scarpe dal costo spropositato li guardavano e forse un po' li invidiavano perché quella gioia che provava non avrebbero mai potuto comprarla.
La musica rallentò, diventando morbida, sensuale, seducente. Qualche vecchia coppia seguì il loro esempio e scese sulla piscina abbracciandosi e cullandosi lentamente.
“Mi gira la testa”
Fece lei appoggiando la fronte sul petto di lui e chiudendo gli occhi.
Lui non disse nulla, concentrato nel muoversi lentamente scivolando sul pavimento di legno e sulle note del pianoforte.
Le piaceva averlo accanto, le piaceva come la stringeva, come aveva appoggiato la sua guancia sulla sua testa. Era una persona che non aveva mai visto prima, ma che sentiva di conoscere da sempre quasi fosse un fratello.
“Non lo fa per amore o desiderio, ma per Serena: vuole renderla felice rendendomi felice. Nessuno dei miei simil-uomini ha avuto per me un millesimo delle sue attenzioni, della sua generosità.”
Si fermarono sul bordo della piscina, dove alcuni gradini portavano alla piccola spiaggia.
Osservarono la luna nel cielo a la scia luminosa che disegnava sull’acqua. Lei si levò d’improvviso le scarpe e scese i gradini arrivando fino al bagnasciuga e risaltando con la sua sagoma scura nella striscia lunare luminosa ed enorme adagiata sul mare.
Restò li a stupirsi di quanto tempo era passato da quando da ragazza andava in spiaggia con gli amici a parlare della vita, dei loro sogni e speranze. Si senti quella di allora, tradita e punita dalla vita, ma ancora capace di stupirsi per la luna ed il grande respiro che il mare aveva di notte.
“Aveva ragione serena: la vita non sono le cose che dobbiamo avere per giustificarla. La vita è il silenzio con cui si apre un fiore, è il gusto del gambero rosso con la maionese di frutti di bosco, è la voce del mare nella notte, sono i sogni che sono nati in noi da bambini e che ci portiamo dentro senza saperlo, è l’amore che non tradisce, è il bisogno di chi ci ama e che amiamo. È tutto quello che viene distrutto dal correre per guadagnare, tutto quello cancellato dai confini che disegniamo nel nulla intorno a noi perché abbiamo paura degli altri, è tutto quello che scorre, senza fermarsi nei rancori, nella rabbia, nel volersi vendicarsi per i presunti torti subiti, generando odio e indifferenza verso tutto quello che ci circonda.
Nella mia vita ho sbagliato tutto e non ho sbagliato nulla perché ero solo un burattino delle circostanze, del modo di pensare ed essere che gli altri pretendevano da me o che io creavo per giustificarmi, incapace di voler capire e perdonare. Ho sbagliato tutto! Ora posso solo rinascere.”
Si voltò verso Nazzareno
“Mi porti a casa? Sono stanca”
E gli prese la mano facendosi portare fino al tavolo.
Il Maitrè arrivo silenzioso come sempre
“Qualche cos’altro? Un liquore? un altro limoncello?”
“No grazie – rispose pronta Gloria – mi può portare il conto? Voglio pagare io”
Con la sua faccia seria e triste il Maitre sussurrò
“Signora, la direttrice mi ha proibito di portarvi il conto. È un omaggio alla vostra felicità.”
Il sopracciglio destro di Nazzareno si sollevò a mostrare tutto il suo stupore
Lei sorrise.
“La ringrazi da parte nostra. Ricorderò il suo albergo come uno dei posti più belli in cui sono stata. Grazie anche a lei”
Risalirono verso la statale, fermandosi lungo la scalinata ad osservare la luce tenue e fatata delle lucciole mentre disegnavano scie luminose tra i gerani rossi
In macchina restarono in silenzio, finché lei prese il cellulare e chiamò un numero
“Ciao amore, sono mamma, come stai? No, non è successo nulla. No, non ti preoccupare, ti volevo dire che domani entro in clinica per una piccola operazione, starò li qualche giorno. No, niente di preoccupante, devo levarmi dei noduli. No, no, si qualcuno è di quelli cattivi, ma lo levo. Si dovrò fare delle cure anche dopo. No, non c’è bisogno, cosa vieni a fare? No, non voglio fare la solita, ma non è una cosa grave, stai tranquilla. No gioia non c’è bisogno, ma si, stai tranquilla. Volevo solo dirtelo io. Se ti telefona la zia Olivia ti farà spaventare con il suo modo di trasformare tutto in tragedia. Si, si, ora sono in macchina, a casa ti chiamo e ne parliamo, non ti preoccupare, stai tranquilla, ti chiamo. Si ciao. Un bacio”
Chiuse il telefono e restò in silenzio
“Era spaventata, forse ho fatto male a chiamarla”
“Hai fatto bene non ti preoccupare”
“Ora magari si agita e poi sta male. Da bambina era sempre così ogni volta che succedeva qualcosa stava male e vomitava. Si agita troppo.”
Guardò l’autostrada che a quell’ora era vuota
‘Ed io di cose ne facevo succedere tante. Prima suo padre che è scappato di casa per una zalla senza cervello. Poi uno che avevo trovato per far dispetto a chi pensava che nessuno mi voleva, che mi ha chiesto in prestito dei soldi ed è sparito nel nulla. Infine il ragazzo della finanziaria a cui mi ero rivolta perché non avevamo più un soldo. Uno col volto da bravo ragazzo che si portava a letto le sue clienti. Me compresa. Poi gli hanno sparato alle gambe perché aveva venduto un pacchetto finanziario fasullo a chi non doveva. Anche lì polizia, infamie, delusioni. Quando Mimì ha trovato il ragazzo con cui sta non ho fatto altro che criticarlo finche lui non se l’è portata via. Tutte le cose sbagliate che potevo fare le ho fatte e questo ha influito molto sul nostro rapporto. … eh su di noi.”
“Ma le hai mai chiesto scusa? O ne avete mai parlato?”
“No, ovviamente se no a quest’ora non ci saremmo odiate e lasciate.”
“Allora approfittane per iniziare da capo.”
“Ci provo. Ora ci posso provare prima finivamo sempre a rinfacciarci gli sbagli che avevamo fatto.”
Arrivarono di fronte al portone di Gloria.
Lei tirò un sospiro e lentamente si levò l’anello e lo porse a Nazzareno
Lui la guardò non capendo
“Prendilo e conservamelo tu. Non voglio che nel casino che seguirà si perda”
“Ma non ci sarà nessun casino”
“Non lo so, preferisco che lo tieni tu. Me lo ridai quando ci rivedremo. È un simbolo che per me ha un valore enorme, ma ha anche un prezzo e non voglio che chi mi conosce pensi che sia il motivo del nostro rapporto. Serena capirebbe”
Lui la guardò e prese l’anello mettendolo nella sua scatolina
“Te lo ridarò dopo l’operazione.”
“Ci conto,”
Gloria scese dalla macchina e si avviò verso il portone ma a metà strada si fermò, restò qualche secondo immobile, poi si voltò e tornò indietro e picchietto con un dito sul finestrino della macchina. Nazzareno fece scivolare verso il basso il vetro
“Hai dimenticato qualcosa?”
“Lo sai cosa mi ha risposto Serena quando le ho chiesto quale era la cosa di cui aveva più paura pensando alla morte?”
La guardò serio e curioso
“Qual era?”
“Che tu ti saresti chiuso in te stesso, parlandole e ricordandola, dimenticando di vivere”
Fece un mezzo sorriso come la cosa non lo sorprendesse.
“Bhe forse aveva ragione”
Lei lo guardò sorridendo, poi allungo la mano, prese il suo volto e trascino le sue labbra sulle sue, baciandolo ad occhi chiusi.
Quando si staccò vide il volto di lui sorpreso e disorientato
“E questo che mi significa?”
“Niente! Volevo togliermi una curiosità, adesso e non dopo”
Si alzò con la faccia soddisfatta
“Ricordati l’anello quando vieni in ospedale”
Gli disse voltandosi e andando verso il portone con un’andatura che voleva che fosse civettuola.
Sentiva solo un bruciore intenso e diffuso sul lato destro del corpo. In testa aveva mille pensieri e nessuno coerente e chiaro. Ora ricordava: l’avevano operata. Era stato … non si ricordava quando, ma prima che il fianco le bruciasse. Si ricordava che le avevano fatto degli esami e poi al mattino presto erano venuti a prenderla. Le avevano fatto una iniezione, qualcosa di leggero, avevano detto, che l’avrebbe rilassata. Stava bene, tutta nuda dentro un camice largo si sentiva leggera leggera. Tutto era a posto. Serena aveva pensato a tutto. Le donne sanno pensare a tutto e a tutti. Gli uomini pensano solo a se stessi. Osservava il neon sul soffitto chiedendosi se Mimì, fosse riuscita a venire. Avevano parlato tanto al telefono. Mimì le assomigliava era dolce ma volendo, sapeva essere anche stronza, come ogni brava figlia. Stavano parlandosi, riscoprendosi, riamandosi. Questo le piaceva. Le sarebbe spiaciuto morire solo per questo, perché avevano tante cose da dirsi. E perché era sua figlia, un amore più grande di quello che provava per se stessa. Ma per capirlo aveva avuto bisogno di quello stupido di Nazzareno. Non si può baciare qualcuno con le labbra strette: è contro natura! Non era colpa sua. Glielo aveva fatto notare lui stesso in uno delle migliaia di messaggi che si erano scambiati da quella sera. Perché fino ad un ora prima dell’intervento si erano sentiti. Lui diceva che per quel bacio Serena si era incazzata. Lei gli aveva risposto che Serena era incazzata perché lui non aveva corrisposto
“Allora mi hai baciato perché te lo ha chiesto lei?”
“Ti ho baciato perché ne avevo voglia, perché non voglio più dire e pensare “mi sarebbe piaciuto…””
“Ma sarebbe piaciuto cosa?”
“E chiedilo a Serena….”
ed erano andati avanti su quel tono fino all’intervento.
Perché gli uomini non capiscono mai una minchia? Possibile che hanno bisogno che gli si spieghi tutto magari facendo un disegnino! Ma non hanno nessuno intuito, nessuna capacità di vedere le cose per come realmente sono?
Il fianco le bruciava e aveva le labbra secche.
Se avesse aperto gli occhi, avrebbe visto quell’orribile neon della sala operatoria. Si ricordò quando era entrata nella sala, rivide il volto di qualcuno, con i capelli coperti da un cappellino e la mascherina chirurgica che facevano vedere solo gli occhi indifferenti e freddi.
“Non si preoccupi, andrà tutto bene”
Disse la mascherina chirurgica
“Non sono preoccupata”
Le rispose, sincera in quello che diceva, perché Mimì era tornata ad essere sua figlia e Nazzareno aveva il suo diamante
“Le sto dando l’anestetico, conti da dieci a zero”
Lo guardò come se non lo capisse “posso cantare invece?”
la mascherina la guardò perplessa
“ .. se vuole canti pure”
“Butterò questo mio enorme cuore
tra le stelle un giorno …”
incominciò senza preoccuparsi di stonare con le mascherine che l’osservavano stupite da questo suo sfidare il dolore che le stavano donando
“Giuro che lo farò.
E oltre l'azzurro della tenda …”
Non ricordava bene le parole. Stava lentamente sprofondando in un’asettica dominante oscurità
“nell'azzurro … io … volerò.”
Poi fu solo buio, finché la consapevolezza del dolore le fece capire che era sveglia, che in quel buio in cui la sua vita si era adagiata, si stava risvegliando. Il suo fianco destro stava dolorosamente bruciando e la testa era confusa da pensieri che non aveva mai avuto, fatti, volti e cose che entravano e uscivano dalla sua coscienza, quasi fosse una porta girevole dove ad ogni giro appariva un ricordo o un incubo.
Aveva le labbra secche.
Aprì lentamente gli occhi per chiedere dell’acqua. Nella stanza vi era una luce fioca. Un’ombra le si avvicinò e sentì la voce di Nazzareno
“Non c’è bisogno che parli. Mimì è andata a casa. Questa notte non ha dormito e non riusciva a stare in piedi. Era agitatissima. Le infermiere l’hanno convinta ad andare a casa. Tommasi le ha detto che è andato tutto bene. I noduli erano pochi e forse neanche maligni”
Lo guardò e mosse il mento a indicarlo
“Io faccio volontariato qui in ospedale posso stare quanto voglio.”
Lo guardò ancora e allargò le sopracciglia.
“È qui guarda”
E mostrò il palmo della mano dove alla base del mignolo brillò una luce intensa e luminosissima
Sorrise
Cercò di allungare la mano ma sentì una fitta
“Hai l’ago della flebo, non ti muovere. Cosa volevi fare?”
Chiese preoccupato
“ …. Dito”
Sospirò con voce flebile
avvicino il mignolo con l’anello alle sue dita e lei lo strinse insieme all’anulare
La guardò preoccupato
“Anche tu te ne vuoi andare come Serena?”
Lei sorrise, chiuse gli occhi e strinse le dita. Le vene delle tempie battevano dolorosamente. Si chiese rassegnata perché gli uomini non capiscono mai una minchia.
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Dovrei paragonarti ad un giorno d’estate? Tu sei ben più raggiante e mite: venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio e il corso dell’estate ha vita troppo breve: talvolta troppo cocente splende l’occhio del cielo e spesso il suo volto d’oro si rabbuia e ogni bello talvolta da beltà si stacca, spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire né perdere possesso del bello che tu hai; né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra, perché al tempo contrasterai la tua eternità: finché ci sarà un respiro od occhi per vedere questi versi avranno luce e ti daranno vita.
William Shakespeare, Sonetto 18
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8 Marzo... Eppure voglio festeggiare gli uomini, quelli che non hanno bisogno di regalare un rametto di mimosa per sentirsi uomini veri perché loro, la donna, la rispettano ogni giorno. Quegli uomini che le donne le proteggono, ne hanno cura e non le usano. Quelli che le donne le vogliono accanto come compagne, amiche, amanti, che non feriscono e che sanno chiedere scusa. Quegli uomini che sanno regalare presenze e che amano spogliare una donna, ma non solo dei suoi vestiti, che sanno avere cura dei suoi sentimenti, delle sue lacrime, delle sue paure. Voglio festeggiare ogni uomo che sa mettere il suo cuore accanto a quello di una donna senza vergogna, con umiltà, che non conosce la parola violenza sia essa fisica o, peggio, psicologica, che non ha bisogno di dimostrare la sua virilità. Voglio dedicare questo giorno a tutti gli uomini dall'animo gentile, che, ogni volta, sanno sfiorare una donna con dolcezza e che sanno amare veramente e non solo a parole. Agli Uomini veri. Voglio regalare, festeggiare, brindare in onore di tutti quegli uomini che fanno sentire la loro donna unica e speciale e non solo a letto, che non si lavano la coscienza regalando fiori ma donano gesti e sorrisi da tenere nel cuore. Voglio festeggiare tutti gli uomini e tutte le donne che sanno tenersi per mano e che insieme lottano per costruire un mondo migliore. Vorrei che questo giorno non sia soltanto un rametto di mimosa destinato a sfiorire... domani. #donna #8marzo #festadelladonna #❤️ #ritaarmezzani https://www.instagram.com/p/Cph1pc3I4ZmNZebqoTP2JndV8PqP4PyLSODsOQ0/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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~ La bellezza nel nulla ~
Qui in mezzo al nulla, dove ogni tanto mi trovo a camminare, attiri la mia attenzione come un piccolo miracolo.
Tra grigiore d'asfalto, incuria, terreno sterile e falsi toni, la tua presenza stupisce all'istante come fa ciò che non ti aspetti di incontrare.
Ti vedo sporgere da un muretto, sfacciata, bella, colorata.
Protesa come in cerca di qualcosa... di aria, di sole, di fuga o forse solo d'esser vista. Perché è uno sfregio alla natura, che t'ha fatta così gradevole, che nessuno abbia a vederti e godere dei tuoi colori.
Sei quasi a un passo dallo sfiorire ma il tuo profumo è ancora forte come quando eri un bocciolo. Sembri dire "prendimi e portami via da qui". Ma solo un egoista potrebbe avere cuore di farlo, per il piacere di averti qualche ora con sé, sapendo di sciuparti.
Sei rara. Una rosa senza spine. Venuta su, per ironia del destino, dove non avresti dovuto essere.
@conilsolenegliocchi 🐞
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Una vita bruciata in un box di canile
Taglia media sui 18 kg – Nato nel 2013
Patroclo è un cagnoletto carinissimo e buono, ma tutto nero. Cosi’ a causa del suo colore non è un tipo molto fotogenico e sempre a causa del suo colore non piace ! Eppure è un cane pieno di qualita’, affettuoso, simpatico, allegro, compatibile con altri cani maschi e femmine….ma è nero…e sappiamo gia’ che non basteranno cento foto di Lampone a fargli trovare una casa. Un cane gentile e mansueto, che peccato vederlo sfiorire in un box.
Cerchiamo per Patroclo una buona adozione con persone che amino il black, e che vogliano nella loro vita un compagno di viaggio allegro e sorridente.
Patroclo maschietto di taglia contenuta sui 17-18 kg. è finito in canile ancora giovane, NATO NEL 2013, nel 2014. Entrato in canile probabilmente con una frattura, ha una zampa posteriore leggermente storta ma…non si vede nemmeno ! Ormai anziano, morira’ in quel box di canile ?
Vaccinato, microchippato, sterilizzato.
Si trova in un canile privato convenzionato in provincia di Latina adottabile al Centro e Nord con visita di preaffido, moduli adozione, disponibiloita’ a mantenere i contatti ed al postaffido. Per info ed adozione contattare :
Anna Bianca 3475143882 3343655706 [email protected]
Francesca 3498477987 [email protected]
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È finita. È finito l'incanto, svelato il tuo mistero. È finita grazie alle parole di lucido dolore della donna che ti è stata accanto in questi ultimi 4 anni. La donna che hai lasciato senza neanche guardarla in faccia, senza una spiegazione. Proprio come hai fatto con me 10 anni fa. Solo grazie alla sua analisi così puntuale ti ho finalmente vista per quello che sei sempre stata. Solo grazie al suo dolore ho fatto spazio alla verità. Hai un grande talento manipolatorio e una naturale capacità di attirare persone di grande valore. Forse per coprire il vuoto che senti di avere dentro. Come un'ape ti nutri del nettare di chi hai intorno... Ancora e ancora... Fino a che non ti senti sazia e forte, in grado di posarti su un altro fiore. Te ne vai senza voltarti davanti a quella bellezza che hai contribuito a sfiorire. Ma non ti basta, anche a distanza vorresti godere di quel profumo così familiare. Non ti basta un fiore... Vuoi tutto il giardino con tutti fiori che lo abitano. Che siano nuovi... Appena sbocciati ... O al loro sfiorire. Vuoi tutto. Ma non puoi averlo. Adesso grazie a lei lo so anch'io che non voglio nella mia vita una persona in grado solo di prendere come il più brutale dei predatori. Ora grazie a lei, so che ti sei abbeverata abbastanza alla mia fonte. So che io continuerò ad essere fertile per chi mi ama, che ho superato il dolore e la perdita. Che la tua amicizia non genera nulla di buono. Tu non sai generare nulla di buono. Non mi interessa più... Cosa farai dove andrai, quale sarà la tua prossima vittima o in quale casino andrai a infilarti. Sono libera da te. Libera anche da questo spazio che è nato per custodire noi, i nostri sentimenti ... Ed infine il mio dolore, la mia rinascita e la mia rivincita. Non ti saluto, non ti auguro nulla. Tu per me semplicemente non hai più alcun valore.
Inox Lord
#art
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Ma l'amore, no
L'amore mio non pu
Disperdersi nel vento, con le rose
Tanto forte che non ceder
Non sfiorir
Io lo veglier
Io lo difender
Da tutte quelle insidie velenose
Che vorrebbero strapparlo al cuor
Povero amor!
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E ti ritrovo ancora qui, inaspettatamente, negli angoli più reconditi della mia mente.
È bastato un solo istante, nell'incessante scorrere del tempo. Un solo battito di ciglia, in mezzo alla folla. Un solo filo di voce, tra milioni di suoni.
E ogni cosa ha ripreso la sua forma: i solchi lasciati da rivoli ormai prosciugati, tornano ad essere il letto di un fiume in piena che scorre goccia dopo goccia; nell'aria il frastuono di un cuore che esplode, sotto il peso di un silenzio che grida aiuto; foglie d'autunno si trasformano in fiocchi di neve, poi in germogli fioriti, per poi sfiorire, la magia del tempo.
E resti lì, quel dipinto inestimabile nel museo del rimpianto, arte allo stato puro.
#21.09.24
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