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#serranda
ilpianistasultetto · 9 days
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Ho un grande dubbio..Ma se per molti italiani e' giusto investire e poi passare sopra al corpo di chi poco prima ti aveva scippato lasciandolo morto a terra, sara' anche giusto che io dia una revolverata in bocca a una donna che ha parcheggiato la sua auto in doppia fila fuori dal parrucchiere per un'ora facendomi perdere un appuntamento importante per il mio lavoro? E sarebbe anche giusto sprangare l'inquilino del secondo piano che ogni sera alle 20 lava per mezz'ora il suo balcone con un getto d'acqua potente mentre sto a cena con amici nel mio giardino sottostante, tanto da inzupparmi come un biscotto OroSaiwa dentro una tazza di latte? E potrei sperare nella benevolenza di tante persone se spacco la testa e la spina dorsale a uno dei ragazzini che imbratta la serranda del mio negozio? Spero anche di essere perdonato se mando un ragazzo neopatentato all'ospedale con gambe e braccia rotte perche' m' ha tamponato l'auto acquista da nemmeno un mese dopo tanti sacrifici per racimolare il gruzzolo per comprarla? Per favore, toglietemi questo dubbio, anche se in parte il dubbio me lo ha tolto Matteo Salvini: «Dramma, ma conseguenza.di un crimine".. @ilpianistasultetto
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anchesetuttinoino · 2 months
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“Non riconosco lo Stato italiano”
Padova, un 17enne “nuovo italiano”, già più volte denunciato per porto abusivo di armi e rapina e già destinatario di un divieto di accesso ai locali pubblici, aveva nascosto un machete dietro a una serranda vicino alla stazione.
Ogni giorno, l’Italia potrebbe essere una nuova Southport. Ma il problema è il fascismo.
Via francesca totolo
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barrenwomb · 3 months
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ma ora parliamo del dispositivo meccanico avvolgibile che serve a chiudere le finestre/i balconi oppure le vetrine dei negozi. tipo: per me la saracinesca è specificamente quella dei negozi. talvolta quella dei garage. quella dei balconi è la persiana o la serranda. quella delle finestre si chiama tapparella, se è più sottile, sempre persiana se è quella "classica". alcune volte mi capita di chiamarla veneziana, che poi per me è indistinguibile da una tapparella. riflessione nata dal fatto che molto spesso qui mi sento dire "puoi abbassare la saracinesca?" in riferimento alla persiana e mi sento un attimo disorientata. poi mi viene da ridacchiare. ecco, questo perché la saracinesca è non solo specificamente ma esclusivamente quella dei negozi, per me
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davidewblog · 1 month
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Il nostro rapporto con il proprietario della casa è di amore-terrore. Lo "amiamo" perché è disponibile e ci lascia piena libertà di fare ciò che vogliamo, a lui interessa ricevere i soldi dell'affitto, e non ci mette nessuna regola, per esempio possiamo ospitare chi ci pare (e non era scontato, ci sono padroni di casa che lo vietano).
Però ci terrorizza, perché quando c'è qualche piccolo problema nella casa, tipo che si rompe una serranda o si guasta un lavandino, lui ci fa sempre una specie di sermone come se fossimo noi a rompere le cose, quando invece lui non ha chiaro che è la casa che, anche se nuova, anzi forse proprio perché nuova, ha alcune cose un po' scadenti che si rompono da sole facilmente. Comunque, ora che lo sappiamo gli lasciamo fare il suo sermone e gli diamo ragione e abbiamo capito che tutto finisce lì, e ci terrorizza un po' meno che all'inizio.
Quello che invece ci infastidisce, è che ragiona per stereotipi, del tipo: io che sono il maschio devo fare certe cose, le ragazze ne devono fare altre. E non è neanche così anziano, ma su questo ragiona come un vecchio. Si guasta lo scaldabagno, dice che devo dargli un primo sguardo io che sono "l'uomo" (come se per il fatto di essere maschio etero cisgender avessi infusa la scienza che mi consente di diagnosticare il guasto di uno scaldabagno), se si strappa una tenda, per lui è materia per le ragazze.
Io e le mie coinquilibne non sappiamo perché abbia questi stereotipi, cioè, anzi, lo sappiamo, ma è la cosa più distante dal nostro modo d'essere. Noi se c'è da cambiare una lampadina lo facciamo insieme, e ci divertiamo anche.
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greatmoonballoon · 1 month
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La serranda che si abbassa da sola a tratti è abbastanza inquietante.
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precisazioni · 1 year
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da una settimana le temperature massime sono di trentotto gradi e le minime di venticinque; l'appartamento in cui abito ha le finestre tutte rivolte sulla stessa facciata, rendendo dunque inutile ogni possibilità di rinfrescare arieggiando: la conclusione è che il termometro segna trentun gradi anche alle sei del mattino. in camera c'è un pinguino che sto tenendo quasi sempre acceso, unica fonte di sopravvivenza per me e la gattina; inutile precisare che il rinfresco è limitato alla potenza esigua: per usarlo devo tenere abbassata la serranda, con la triste conclusione che non esco da domenica e vivo in penombra
al di là dei discorsi mille volte intrapresi su quanto odi il caldo o sulla crisi climatica, trovo comunque allucinante che le case siano tutte costruite in cemento armato: si tratta di materiali spesso di scarto e nient'affatto longevi, molto inquinanti nella produzione e per nulla impermeabili alle temperature esterne. anni fa lessi della possibilità di costruire edifici con imballi di paglia compressi che, a discapito di quanto si possa pensare, sono resistenti, impermeabili e soprattutto meno sensibili a incendi di quanto lo siano gli edifici in cui viviamo; qualche numero fa su internazionale avevo letto di architetti africani sperimentare con il fango per costruire case impermeabili alle elevate temperature; da centinaia di anni esistono nel nord africa edifici con architetture capaci di arieggiare continuamente, senza alcun bisogno di aria condizionata o di pinguini - io so solo che continuerò a vivere in posti così poco adatti alla vita domestica per chissà quanto tempo
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lamargi · 1 year
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Gli avevamo affittato la mansarda. Un ragazzo molto educato, riservato, che da poco si era trasferito in città. La mansarda era ottima per lui. E lui sembrava proprio la persona giusta per occuparla….
La mansarda infatti si affaccia proprio sul nostro terrazzo. E quindi capitava spesso che, quando ero in terrazza, per prendere il sole o anche solo per leggere all’aria aperta, nelle lunghe ore della mia vita di ricca casalinga, mentre mio marito era fuori a far denaro, lo vedessi….e lui vedesse me…..
Oh, era molto discreto, un sorriso, un breve saluto, quando i nostri sguardi si incontravano, ma poi distoglieva subito gli occhi e abbassava la serranda, timoroso forse di offendere la mia privacy? Ma chissà se mi continuava a guardare tra le fessure della serranda…
Così presi l’abitudine a volte di invitarlo a bere una cosa con me, sul terrazzo, a cui accedeva attraverso una breve scaletta.
Molto timido, sopratutto se ero in vestaglia, cosa che cominciò ad accadere sempre più spesso….
Potevo essere sua madre….ma gli avrei dato con piacere una bella ripassata….
L’occasione si presentò quando rimase indietro con l’affitto. Lo convocai lì, in terrazza. A capo chino, imbarazzato, titubante, mi confessò problemi economici e chiese una proroga.
Lo guardai severa, mentre sorseggiavo il mio cocktail. Si buttò in ginocchio implorandomi di non cacciarlo da casa…. - posso anche lavorare per lei e suo marito per ripagare il mio debito…, aggiunse.
Era proprio quello che avevo in mente. Gli presi la mano e la guidai ad accarezzarmi le gambe. Quelle gambe che mi osservava da tempo. Poi la portai sul seno. Il seno che sapevo bene che mi sbirciava da sopra, dalla mansarda dalla quale aveva una bella vista sul mio décolleté.
Non so se a quel punto aveva capito con quale “prestazione” mi sarei fatta ripagare. Lo presi per mano e lo portai dentro casa. Mi segui docilmente, fino alla camera da letto.
- Da oggi l’affitto lo pagherai così…..
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ilpianistasultetto · 4 months
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Anche se sorpassato, seguito ad amare il mondo "analogico" d'un tempo. Lo trovo poetico. Quella poesia piena di riconoscenza, di euforie e ricordi andati. Confesso che provo tanta tenerezza per quei televisori a tubo catodico che vedo avviarsi, mesti mesti, verso la discarica o per quei giradischi che hanno finito la voce. Come ho provato un colpo al cuore quando ho visto la serranda chiusa di quel negozietto storico nel quartiere Prati. Avevano rimosso anche quell'insegna anonima che campeggiava sopra la serranda: Assistenza HI-FI. Per tanti come me era il negozio dove si riparavano gli “stereo”. Ma certo, chiamiamolo ancora una volta così, come quando ce lo regalavano al liceo. Quell’insieme di giradischi, amplificatore, piastra e casse acustiche, che collegato da cavetti, ci ha fatto sentire la musica che ci piaceva e che ha formato il nostro gusto, come mai più niente ci è riuscito. Li' dentro si riparavano oggetti meravigliosi di un’altra era tecnologica. Entravi e sentivi Mario che parlava, eppure era da solo. Parlava con i condensatori, i transistor, i circuiti integrati, le cinghie, i cursori, piegandoli alla sua volontà. Mi piaceva quel suo modo sempre carico di speranza: "Dai, lascialo li e vediamo che si puo' fare. Chiamami la prossima settimana!”. Riparare..Riparare..mi piace da matti questa parola. Riparare a un torto, a un errore, riparare oggetti che hanno molto da raccontare. Ah, se potessero parlare!! Racconterebbero di come, sconquassati da acne giovanili, mettevamo trepidi il braccetto su un disco dei Pink Floyd, sperando che in 5 minuti la biondina del “I A” ci notasse, o di quando il nostro Galactron da 100 watt per canale sparò tutta la sua potenza al massimo dalle ESB100 sulla nostra versione di Tacito, uccidendola, poveretta. Ebbene si! Ancora amo quel tempo! @ilpianistasultetto
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ufficiosinistri · 1 year
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Trade Unions
Sul lato opposto della strada fuori dalla finestra del mio ufficio, ci sono, in sequenza da sinistra a destra, lo studio di un fotografo, una parrucchiera e un bar. Fanno tutti e tre parte del piano terra di un antico palazzo grigio e perennemente in ristrutturazione. Il primo ad iniziare la giornata lavorativa è il bar, ovviamente, che trovo già aperto quando arrivo alla mattina. Poco dopo, magari mentre bevo il primo caffè brodoso della giornata, vedo il fotografo mettere la sua moto nel parcheggio all’angolo della strada, accanto al bar. Chiude il manubrio con un pesante lock nero, si toglie il casco ed entra a far colazione al bar, prima di alzare la serranda del suo laboratorio. Esce senza salutare, come se fosse un’azione autonoma scissa dalla sua personalità.  La parrucchiera è l’ultima ad incominciare.  Non appena le giornate incominciano a riscaldarsi, a metà mattina, il titolare del bar mette una piccola panchina di legno fuori dalla vetrina del locale, tra lui e la parrucchiera, e arriva sempre un po’ di gente a fare capannello. Il lunedì, l’argomento principale è lo sport, mentre già da giovedì iniziano le lamentele per il tempo che farà nel weekend e le incombenze con mogli e nipoti. Tra una cliente e l’altra, la proprietaria del salone esce e partecipa, seppur per poco tempo, a queste conversazioni, che attirano alle volte anche sei o sette nuovi astanti. Il fotografo invece non esce mai, se non per far capolino dall’uscio del suo studio e ridere delle cose vengono dette. Sempre verso metà mattina, il barista esce ogni giorno con un vassoio e porta caffè e cappuccino sia a lui che alla parrucchiera, che di quando in quando ordina anche qualcosa per le sue clienti, soprattutto acqua o tè freddo, se fa caldo. Quando entra qualche cliente nel salone, sento dalla mia scrivania il rumore del campanello della porta.
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Rimanendo aperto anche durante l’ora di pranzo, facendo da piccola tavola fredda, il bar riceve consegne da parte dei corrieri anche per gli altri due negozi.  Di solito arrivano un paio di furgoni intorno all’una, a consegnare prodotti di bellezza e risme di plastica, quando la via è vuota e invasa dal sole, che sembra una strada di un villaggio del far west prima dell’inizio di un duello. Lasciano il rumoroso motore acceso, il barista esce, si fa lasciare il pacco sulla panca mentre firma la bolla d’accompagnamento e lo porta ai vicini non appena riaprono, intorno alle tre e mezza del pomeriggio. Lo fa sorridendo, ogni volta come se fosse la prima, allungandosi sugli usci e chiamando i due colleghi di attività col suo vocione dialettale da persona del Nord.
È un meccanismo perfetto, tenuto insieme dalla routine e, se vogliamo, dalla necessità di mantenere vivo il proprio lavoro. Siamo quotidianamente strattonati, contesi e sbatacchiati da necessità di guadagnare, malattie, impegni, visite mediche urgenti, divani, lavori in casa: da soli non ce la potremmo mai fare. Ogni giorno, tutto il giorno. Anche nel calcio è così, soprattutto nel tanto vituperato calcio moderno. In squadra, ormai, come se fosse una guida, ci vuole un tratto d’unione, una persona e un ruolo in grado di tessere le fila e dare costante sicurezza in caso di bisogno. Nel calcio di oggi, privo, ormai, di terzini puri, da 4-4-2 per intenderci, Robin Gosens è diventato questo tipo di calciatore. In difesa, sì, ma sempre presente anche quando bisogna dare una mano, servire chi sta davanti e chi, soprattutto, non ha la stessa continuità alle redini della squadra.  
Il calcio, come il lavoro, deve essere un diritto fruibile a tutti. Deve essere universale, non deve rifarsi ad utopie o fatalismi. Le concezioni olandesi prima e sacchiane poi del gioco del pallone si riflettono totalmente nelle teorie di squadra adottate da Gasperini dal 2017, anno in cui Robin Gosens arrivò all’Atalanta: non siamo una squadra milionaria ma possiamo farcela, almeno sotto l’aspetto del gioco. Basta lavorare. Gosens ha quindi dovuto, in quel cantiere sportivo ai piedi delle Alpi Retiche, sudarsi una maglia da titolare. Gli esterni a Bergamo non sono mai mancati, ma cercando quella maglia si è creato uno spazio su misura, efficace e duraturo.
È un ruolo, il suo, che nell’Atalanta è andato oltre il fare la classica “spola”. Gosens non è un “motorino” degli anni Novanta (vi ricordate Marco Sgrò e la noiosa dialettica sulla sua quasi servile instancabilità?) e non è nemmeno un “pendolino” degli anni duemila. Queste similitudini futuriste non si addicono ad un giocatore sensibile alla scienza tattica come lui. Empiricamente, il tedesco ha cercato sempre di partire da tentativi ed esperienze, per affinare il suo ruolo in campo. È un tedesco, uno abituato a pensare come porebbe pensare un illuminista europeo.
Questo si chiama lavorare.
Mi domando se le tre persone dalle quali siamo partiti, quando io non sono a lavoro, magari per i weekend, non cambino atteggiamenti nei confronti l’una dell’altra. Se per esempio il sabato mattina, con gli uffici della zona chiusi, i ragazzi delle scuole a casa ed i loro genitori indaffarati a fare spesa o a valutare le offerte negli autosaloni, non stentino a salutarsi. O se non programmino una consegna in un orario in cui il negozio è aperto, per non disturbare il vicino.
Nelle azioni di tutti giorni, che compiamo o che vediamo compiere, risiede il nostro far parte di un’umanità che non potrebbe mai resistere senza imparare da queste stesse azioni.
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littlepaperengineer · 2 years
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Qualche giorno prima a letto insieme, quel sesso fatto con la bocca, quei baci che sapevano di vita. Poi quel sesso non fatto, senza baci, le mie lacrime, le parole. Poi quei pensieri che si accartocciano sotto una frenata troppo brusca, mentre addosso si riversano tutte le sensazioni di condividere il pensiero per telepatia. Assenza, silenzio, voragine. Il nulla, la sensazione che quella telepatia fosse ormai una sensazione solo mia. Un attimo prima la sensazione che fosse tutto egregio e meraviglioso, complicato ma dolce. Un attimo dopo la sensazione di silenzio assoluto, di confusione completa. Oggi va quasi bene, dopo questo viaggio stupendo in Francia, ma sento che manca una grande parte di me, tutta quella del pensiero che si affacciava fuori dal balcone su una strada piena di luce. Ora la finestra è chiusa, la serranda toglie ogni visuale. Non so come sto facendo ogni giorno a lavorare, a provare a tirare avanti. Va meglio, dopo quasi due settimane.
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marcogagnoni · 2 years
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Arte su serranda
📍: Tivoli 🎞: Instax Square 
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rh0da · 1 month
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leggo a pancia in giù, con i gomiti appoggiati sulla sdraio, fino a quando la compressione nervosa non diventa fastidiosa. allora mi giro, porto il libro sopra il mio volto e lo tengo a mezz'aria fino a quando le braccia reggono. leggo seduta in veranda, con il gatto del vicino accoccolato ai miei piedi e il profumo di sugo al pomodoro fresco che dalla cucina arriva a solleticarmi il naso. leggo stesa sul letto grande e piatto sforzandomi di dare un senso a quell'insieme di caratteri mentre la stanchezza fisica come una serranda mi cala sulle palpebre. termino quelle cinquecento pagine senza fatica e mi sembra un miracolo questa remissione dell'atrofia intellettiva. agosto clemente. ripongo il libro nella libreria, ne estraggo un altro.
«Il futuro – pensai – sarà tutto così, la vita viva insieme all'odore umido della terra dei morti, l'attenzione insieme alla disattenzione, i balzi entusiastici del cuore insieme ai bruschi cali di significato. Ma non sarà peggio del passato».
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ZONA FIERA
VIA LA MARMORA 10 In stabile costruito negli anni ’60, con accesso auto da via delle Milizie, proponiamo in vendita questo spazioso e comodo box auto di circa 18mq con serranda manuale. Dotato di fornitura d’acqua e finestrato risulta di comodo utilizzo anche per la facilità di manovra. Benché la porta del box sia revisionare, risulta un buon investimento per chi voglia renderlo pertinenza del…
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ilpianistasultetto · 2 years
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Si e' levata forte la polemica contro chi sostiene se i borseggiatori in metro o in autobus, filmati da qualche cittadino, debbano o no essere mostrati sui social. Una consigliera comunale milanese e' stata sbeffeggiata perche' contraria alla diffusione dei filmati tramite social. Apriti cielo, ha imbarcato piu' insulti lei sotto quel suo post che Baggio quando sbaglio' il rigore nella finale mondiale del 1994 negli USA contro il Brasile. Sembra che il Paese intero sia daccordo con la diffusione dei filmati tramite social. Bene, allora mi attrezzero' ben benino anch'io e.... click a quelle auto in doppia e tripla fila sulle strade e davanti le scuole con tanto di targa e guidatore che poi parte facendo finta di niente o accampando le solite scuse di merda. Click e foto della casa o della veranda abusiva che ieri non c'era e oggi si... Click a ristoratore e barista mentre incassano e non danno lo scontrino. Click e quelle migliaia di persone che lasciano scacacciare i loro cani senza mai raccogliete niente. Click al quel biondino che scavalca i tornelli della metro o non fa il biglietto sui mezzi pubblici. Click a quello che sta in malattia da lavoro ma passa il suo tempo al mare o sulla neve. Click al vigile urbano che va via dal mercato con bustoni di roba senza mai pagare. Click all'impiegato statale e comunale che sta sempre fuori stanza.. click a tutti quelli che prendono la 104 per accudire un parente disabile e poi vanno dal barbiere o dal parrucchiere..click a chi fa la corsetta e prende l'invalidita' perche' cieco. Click Click..click..click a tutto il mondo intero.. Ma chi e' favorevole a questo scempio civico, sta bene di testa? Sareste contenti vedere i vostri figli sbertucciati sui social perche' stanno imbrattando di vernice un muro, un treno, un cavalcavia, una serranda? Chi sbaglia deve pagare ma da qui a rendere un Paese inferocito come un facocero, ce ne passa. Le forze dell'ordine facessero il loro lavoro, la politica le leggi appropriate e basta con questo farwest perche', cari miei, il piu'pulito di noi ha la rogna.
@ilpianistasultetto
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inter-sidera-versor · 4 months
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E la serranda si riempì di graffiti e scritte fatte dalla teppa del quartiere. Una diceva:
RIDI DI PIÙ, PIANGI DI PIÙ.
Teppa stronza e filosofa. Mica posso piangere e ridere in mezzo alla strada, la gente vuole parlare. E se nessuno ti parla, allora ti tocca pensare. E io non facevo altro, allora. Pensavo tanto che mi faceva male la gola, perché è lì che si fermano le tristezze.
- La grammatica di Dio; Stefano Benni
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