#sentirsi al sicuro
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ragazzoarcano · 2 months ago
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"Ho imparato una lezione sull'amore che non ti dice mai nessuno"
"Quale?"
"Che a volte l'amore non basta. Ci sono cose più importanti.
"Che cosa c'è di piu importante?"
"Sentirsi al sicuro. Sapere di potersi fidare..."
— Riccardo Bertoldi
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rivoluzionaria · 5 months ago
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“Dove vai quando vuoi disperatamente tornare a casa ma ti rendi conto di non averne più una? Dove vai quando niente e nessuno somigliano a quella sensazione di pace nel sentirsi al sicuro in un posto sicuro, di dormire nel proprio letto, di fare la doccia nel proprio bagno, di svegliarsi la mattina di Natale per aprire i regali, di un piatto tenuto in caldo nel forno, di un messaggio nel cuore della notte per sapere se va tutto bene? Dimmi, dove vai?”
— manuela g.
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ragazzadalsorrisonero · 2 months ago
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quante volte mi sono detta:
“meriti di più, meriti il mondo. non queste sciocchezze.
meriti qualcuno che ti protegga, che si prenda cura di te.
meriti qualcuno disposto a entrare nel tuo mondo, nella tua testa ed essere coraggioso di combattere i tuoi demoni, le tue confusioni e uscirne a testa alta.
meriti qualcuno che apprezzi i tuoi silenzi e che li sappia ascoltare, senza farli diventare pesanti quasi da sentirti soffocare.
meriti qualcuno in grado di capirti, di volerti capire. meriti qualcuno che apprezza i tuoi gesti, le tue piccolezze, i tuoi dettagli sulla visione del mondo, perché sei sempre stata spettatrice anziché protagonista e sappiamo quanta differenza ci sia.
meriti qualcuno che ti ascolti e che ti comprenda nei tuoi momenti di oblio. meriti qualcuno che ti abbracci senza un motivo preciso, solo per farti sentire al sicuro da tutti, dai problemi, dagli ostacoli, solo per un momento, perché a te basta anche un secondo e la giornata può cambiare totalmente.
meriti qualcuno che accetti le tue pazzie, i tuoi momenti folli, i tuoi capricci, perché diciamocelo resterai sempre una bambina, con il tuo modo giocoso, i sorrisi innocenti, le guance rosse e gli sguardi ingenui.
meriti qualcuno che si prenda cura delle tue cicatrici e delle tue ferite, anziché guardarle con pena, le guardi con comprensione, baciando ogni centimetro di pelle coperta da quelle macchie, ripetendoti che non sei tu lo sbaglio, ma è il mondo che è sbagliato.
meriti qualcuno che in giorni piovosi ti prenda e ti porti in giro, rischiando di ammalarvi ma con la consapevolezza di sentirsi liberi.
meriti qualcuno che si interessi a te come persona e non a te come corpo, perché lo sappiamo quanto odio hai dentro di te, perché lo sappiamo quanto ci stai male quando le persone ti cercano solo per secondi fini non apprezzando che ragazza d'oro tu sia.
meriti qualcuno che ti ami con tutto se stesso, che lotta per te anche nei momenti no e nei momenti in cui sparisci ritornando come niente fosse.
perche è in quei momenti che lotti con te stessa. è lì che potresti cadere di nuovo nell'oblio. è lì che meriti qualcuno che ti tenga stretta, che ti aiuti e che non ti faccia cadere, e nel caso, che si faccia forza per rialzarti.
perche è lì che meriti di essere amata. per come sei.”
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ilpianistasultetto · 2 months ago
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Da quando c'e' questo nuovo governo, il problema della sicurezza seguita a restare un miraggio. Scippi, furti, truffe, spararorie e accoltellamenti. Non c'e' un solo cittadino che dica di sentirsi piu' sicuro oggi rispetto a ieri. Sono cambiati solo i bersagli messi all'indice da parte di certa politica e della maggioranza degli italiani; una volta i responsabili erano i vari Primi Ministri e Ministri degli Interni, oggi la colpa e' dei sindaci di sx, della magistratura comunista e della sinistra buonista che tollera e difende tutti i malviventi.
Chi ragiona in questo modo ha una poraccitudine da centro d' igiene mentale. Uno potrebbe obiettare che certi accostamenti sono offensivi per tanta gente ma per me sono offensivi anche certi concetti ripetuti come un mantra 24 ore al giorno e come dice Bersani: "alle chiacchiere da bar si deve rispondere con parole da bar".. @ilpianistasultetto
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raccontidialiantis · 29 days ago
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Era l’anno del mio diploma
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Avevo compiuto diciotto anni a novembre e circa un mese dopo, dalla Francia venne a darci una mano in casa Claudine, un’amica d’infanzia di mia madre Margot e sua compagna di liceo. Una donna di poco sopra i quaranta, come mamma appunto. Lei era piccolina, ma perfetta. Molto proporzionata. Una francesina bella, pulita, colta e piena di fascino. A differenza di mamma, che s’era sposata giovanissima ed era venuta subito in Italia, lei invece era convolata a nozze un po' più tardi, ma purtroppo era rimasta vedova pochi anni dopo il matrimonio, a causa di un incidente stradale in cui era rimasto coinvolto il marito. S'era trovata per questo, dopo neppure un anno, completamente a terra economicamente. Pur se laureata in lettere moderne, appena sposata avevano deciso di comune accordo col marito che lei avrebbe lasciato l’insegnamento, si sarebbe occupata della casa e avrebbero subito messo al mondo dei figli, che però non fecero a tempo ad arrivare.
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Per cui erano ormai già diversi anni che campava di stenti arrangiandosi e che soffriva da morire nel sentirsi sempre poco considerata, dovendo svolgere tutti i lavori più umili pur di sopravvivere. Per giunta, non riusciva a tenersi un lavoro per più di qualche mese. Infatti essendo veramente una bella donna, peraltro vedova e bisognosa, doveva regolarmente respingere le avances aggressive dei vari datori di lavoro. Che si sentivano in diritto di approfittarsene. Per questo, doveva ricominciare ogni volta daccapo a cercare. Con mamma comunque si era sempre tenuta in contatto. Dopo tanto tempo di continua e ininterrotta consuetudine, ebbe un chiarimento finale e risolutivo con mamma via e-mail. Aveva sempre rifiutato l’aiuto che mamma Margot le offriva, ma dopo l’ultimo scambio, evidentemente esasperata e stanca, accettò senza più esitare l’offerta genuina dei miei genitori di poter venire in Italia a casa nostra: un po’ colf, un po’ dama di compagnia e infine, visto l’approcciarsi del mio Esame di Stato, anche quale mia temporanea istitutrice. Arrivò e passò finalmente un Natale sereno con noi. Forse il primo, dopo tanto tempo.
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Mio padre è un capace industriale. Mia madre invece è un’insegnante. Di francese, ovviamente. In famiglia abbiamo un discreto agio. Le due donne avevano ritrovato l’antica, intima confidenza e Claudine finalmente era tornata rilassata. Quando sorrideva, illuminava la stanza. Margot passava alla sua amica del cuore un sacco di suoi vestiti ancora nuovi; uscivano spesso insieme per la spesa o per un caffè. Claudine percepiva un regolare stipendio, oltre ad alloggiare e mangiare con noi. Intanto, i miei si ingegnavano per trovarle una sistemazione dignitosa, un vero lavoro. Ma senza troppa fretta, perché intanto in casa si respirava un’aria di novità e maggior serenità. Poi, lei aveva anche questo compito di aiutarmi al pomeriggio coi compiti e guidarmi verso l’esame di stato che ci sarebbe stato di lì a pochi mesi. Era veramente uno spettacolo di femmina: intelligente, spiritosa ed effettivamente sotto la sua guida, per me era divenuto un vero piacere studiare, ripassare e organizzarmi per bene le materie e le interrogazioni.
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Prendemmo subito molta confidenza. Io capìì subito che lei era solo un’anima bisognosa di tanto affetto e aveva necessità di tornare a essere finalmente riconosciuta e apprezzata: soprattutto come donna. Gradiva di sicuro essere corteggiata, ma anche rispettata, considerata nei suoi valori. Però intuivo come dentro bramasse essere desiderata, oggetto di genuina passione. Io per parte mia le morivo letteralmente dietro. Sbavavo. Con assoluta discrezione, ovviamente. Nel correggermi i compiti, lei si alzava dalla normale posizione al tavolo ‘a squadra’, avvicinava la sua sedia alla mia e mi si metteva di fianco, sullo stesso lato. Ero letteralmente stordito e rapito dal suo profumo, dal suo fascino di donna matura e sensuale. Diffondeva inconsapevolmente bellezza ed erotismo tutt’attorno a sé. Io ero abbagliato da tanta grazia. Inevitabilmente se ne accorse e prese a provocarmi. Come il gatto col topo. Veniva in camera mia col golfino oversize; se lo toglieva e potevo così ammirare le sue camicette trasparenti o quei top mozzafiato scollatissimi. Poi, le gonne corte che, ritirandosi sulla coscia, quando lei si sedeva, lasciavano intravedere le calze autoreggenti. Tutti indumenti che riconoscevo essere stati in passato di mamma. La sua pelle candida e profumata di pesca reclamava, assetata, delle labbra che la baciassero al più presto ovunque. Mi guardava negli occhi e scherzando mi stuzzicava, mi mandava dei bacini in punta di dita e poi mi toccava, mi accarezzava tenera.
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Con me avevo l'impressione sincera che tornasse diciottenne. Non mancava di salutarmi con un dolcissimo bacino sulla guancia, sia entrando in camera che uscendone. Un bacino che durava sempre di più. Alla fine al bacino aveva aggiunto l’abbraccio stretto. La camera degli ospiti dove lei dormiva era vicina alla mia, giù nel seminterrato e vicino al grottino; mentre la stanza da letto dei miei era ben distante, al primo piano e nell’altra ala della villa. Un pomeriggio, dopo che avevamo pranzato, mamma era tornata a scuola per il ricevimento dei genitori. Mio padre come sempre era in azienda. Nel silenzio totale della casa, prima dell’ora stabilita per i compiti - le tre - ognuno di noi due era in camera sua per un breve riposino. Io avevo i sensi acuiti dal folle desiderio di lei, per cui notai comunque un lievissimo mugugnare provenire dalla parete in comune. Non resistetti e andai a sbirciare dalla sua porta. Che aprii appena, senza farmi sentire: c’era una vera Dea nuda, sul letto. Con indosso solo un perizoma. A occhi chiusi, con una mano sul seno e un'altra negli slip, si toccava il basso ventre e si muoveva sospirando, piena di evidente passione erotica. Udì qualcosa, si girò di scatto e s’accorse di me! Però non urlò: dapprima si coprì col lenzuolo. Poi però, rossa in viso e adorabile, mi sorrise e senza rimproverarmi mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Ero paralizzato, da tanto spettacolo. Mi disse:
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"vieni qui vicino; ormai sei un adulto e potrai ben guardare una donna che si dà piacere. In fondo, è anche questo parte dell’educazione di un giovane uomo, no?" "posso vederti da vicino e sentire il tuo odore, Claudine?" "si, certo. Ma… non mi toccare, capito? Non vorrei mai litigare con Margot: dovrà essere proprio un nostro assoluto segreto, ok?"
E così assistetti allo spettacolo più bello del mondo: una donna che infila le sue dita nella fica e si dà godimento. Lentamente. Quell’aroma, il sudore delle sue ascelle, dell’inguine misto al suo profumo preferito e la vista di quel vero paradiso mi si stamparono in mente. Venne in silenzio, inarcando la schiena. Che cosa meravigliosa. Ogni tanto si girava su un fianco, allargava le natiche, scostava il filetto e mi faceva vedere il suo buco del culo mentre lo contraeva e lo rilassava. Infine, quando fu contenta di essere stata adorata da me per diversi minuti, sorrise soddisfatta.
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Poi mi chiese di uscire e di andare a prepararmi per i compiti. Da quel giorno, la sua presenza vicino a me ogni pomeriggio alle tre divenne una vera, dolcissima tortura. Non aspettavo altro. Non desideravo altro. Un pomeriggio si sedette al mio tavolo da studio, al solito a squadra rispetto a me; tolse il golfino e sotto aveva la camicetta di tulle molto trasparente, ma… non portava il reggiseno! Spavaldi e troneggianti in alto sul pianale del tavolo, le sue mammelle erano le protagoniste principali in commedia. Sudavo freddo! Non potevo staccare il mio sguardo da quei trionfi di bellezza, dalla magnetica attrazione sessuale. Lei si accorse del mio stato e mi chiese, finto-stupita: “che c’è, tesoro?” Le risposi che avrei tanto desiderato vederle nuovamente i seni completamente nudi. Non si fece pregare: chiuse a chiave la porta, tolse la camicetta e si sedette di fianco a me a torso nudo. Le chiesi di poter adorare ancora una volta e magari toccare le sue stupende e sode mammelle, di poterle annusare, drogarmi d’amore per lei… arrossì ma alla fine disse: “Ma che dici, stupido! Va bene. Toccale, per alcuni secondi soltanto però, eh?”
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Come iniziai a carezzargliele teneramente, i suoi capezzoli istantaneamente crebbero. Smisi, spaventato. Ma lei disse: “no, no: va tutto bene non ti preoccupare. Una donna fa così, quando è eccitata; continua, ti prego…” e io continuai a lungo, altro che secondi! A un tratto mi disse: “vabbè tanto vale che me li baci, no?” Quindi risoluta mi prese la testa, se la premette su un seno e mi mise un capezzolo in bocca. “Succhia, mio piccolo tesoro. Leccami e succhia” stetti una mezz’ora buona in quel paradiso di sapori, odori e perfezione femminile. Le leccai, succhiai intensamente e carezzai entrambi i seni. Riuscii anche a metterle una mano tra le cosce. Sulle prime lei le allargò anche: potetti così sentire inequivocabilmente che era bagnata, da sopra le sue mutandine. Ma poi di colpo mi tolse la mano, si rimise la camicetta, il golfino, si ricompose e cominciammo a studiare. Quel pomeriggio faticai non poco a mantenere un comportamento civile.
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Da quel momento, tutti i giorni alle tre passavamo dapprima una mezz’ora in assoluta intimità: lei ad allattarmi e a godere delle mie labbra; io a torturarle, leccarle i seni e a cercare di arrivare con le mani alla sua fica. A volte mi faceva stare anche un minuto, con la mano a coppa sulla sua passera, che sentivo gonfia e calda; ma regolarmente dopo un po’ me la toglieva e la sessione di studio doveva iniziare. Era inflessibile. Un pomeriggio la sentìì più languida del solito: appena arrivata in stanza e chiusa la porta mi prese la testa tra le mani e mi baciò a lungo, lingua in bocca. Potetti subito toglierle facilmente la camicetta e iniziare a leccarle i seni e le ascelle depilate e profumatissime. Cercai di portarla al solito verso il tavolo da studio, dove avevo già disposto le sedie aperte strategicamente, ma lei invece stavolta volle sedersi a bordo letto!
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Mentre succhiavo ingordo i suoi capezzoli, stavolta fu lei stessa a prendere la mano e mettersela appena sotto la gonna. Io un po’ esitavo, perché sapevo ormai che il mio arrivare a toccarle le mutandine in genere sanciva la fine del ‘preambolo’ e l’inizio dei compiti. All’orecchio con voce dolcemente roca mi disse: “che fai, mio giovane studente, esiti? Oggi non vuoi salire?” e io presi a salire piano lungo il suo interno coscia. A un tratto il mio cuore sobbalzò… non indossava gli slip!!! Ero impazzito di gioia: potetti infilarle senza che si opponesse dapprima un dito, poi due e infine riuscii con un minimo sforzo a farle entrare tutta la mano! Lei ormai coricata sulla schiena, gonna sollevata completamente e a cosce allargate gemeva, godeva, si muoveva e mi carezzava la testa, mentre le succhiavo i seni. Le baciavo il collo e la bocca. Venne… mordendomi piano un orecchio per non urlare! Mi sarei lasciato divorare tutto, da lei. Quindi al solito, d’improvviso si staccò e ci ricomponemmo.
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Siccome da un po’ di tempo il pomeriggio passavamo sempre più tempo a ‘intrattenerci’ e sempre meno a fare i compiti, lo studio soffriva. Quindi lei d’un tratto decise che: "basta! Di pomeriggio si studia e niente altro più." Ci rimasi molto male, ma capii che per lei stava diventando forse qualcosa di imbarazzante. Io, sebbene giovanissimo, ero pur sempre un gentiluomo. Che mai avrebbe voluto forzare la volontà di una signora stupenda e raffinata come lei. Quella stessa notte però, attorno alle undici e quaranta, dormendo ma socchiudendo un occhio per un lieve rumore, vidi aprirsi piano la porta della mia camera e una figura adorata in controluce venire verso il mio letto. In silenzio si mise sotto le coperte con me, mi baciò schiaffandomi mezzo metro di lingua in bocca e poi mi sussurrò all’orecchio: “fottimi, mio giovane stallone. Fammi tua per tutto il tempo che riuscirai a resistermi dentro duro.”
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Mi si mise sopra a cavalcioni. Prese l’uccello e se lo infilò dentro. Cavalcò fino a godere una prima volta. Quindi mi mise un seno in bocca e stesa a pelle su di me mi comandò di succhiarla e leccarla a lungo. Dopo che venne di nuovo, si mise a pancia sotto sul letto. Cuscino sotto i fianchi, sollevò il culo in alto a natiche larghe e mi disse: “non vuoi leccarmi ed esplorarmi tutta?” Non me lo feci ripetere: la leccai nell’ano a lungo e per questo lo sentivo aprirsi sempre di più, fino a che mi intimò con una sola parola: “sfondamelo.” Ordine perentorio che mi fece impazzire di gioia e desiderio. La inculai e stantuffai per un’ora almeno: giuro! Sono sicuro che le feci male lavorandola nel culo perché ogni tanto gridava ‘ahia’ però mi diceva di non preoccuparmi e di continuare a cavalcarla, che mi voleva tantissimo. Che sborrassi pure quanto volevo, nel suo culo. La tenevo per le zinne. Non poteva scappare. Né lo desiderava.
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Il giorno dopo era più bella che mai. E se a colazione, a pranzo e insieme a mamma Margot era la Claudine di sempre, facendo i compiti con me alle tre era invece diventata castigata e rigorosissima: un’insegnante che non tollerava rilassamenti. Ma non mi dispiaceva. Perché a mezzanotte, quasi tutte le notti, Claudine era mia e potevo incularmela e scoparmela di dritto e di rovescio. Mi faceva dei pompini che mi mandavano in estasi e regolarmente ogni volta, subito dopo ingoiato il mio seme, aveva il vezzo di baciarmi a lungo in bocca. Poi mi infilava un dito nel culo, così mi dava lo stimolo e il tempo di eccitarmi di nuovo. Di ritrovare la voglia insopprimibile di lei e quindi voleva che la inculassi, per ‘punirla’ di quel suo ardire. La prima volta fui sorpreso di conoscere questo suo giochino per stimolare un uomo. Ma poi glielo chiedevo io. Ero innamoratissimo di lei. Dopo l’Esame di Stato, superato da me col massimo dei voti, mio padre riuscì a trovarle finalmente un impiego decoroso in città, in un punto vendita legato alla sua azienda, che aveva filiali e punti vendita in tutta Europa. E ovviamente anche in Francia, per cui in futuro forse avrebbe potuto tornarvi. Si stabilì in un appartamentino poco distante da casa nostra.
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Se ne tornò in patria dopo tre anni. Nel frattempo, mentre era ancora in Italia, regolarmente l’andavo a trovare perché "solo un ventenne come te sa farmi sentire la vera donna che sono." Per parte mia mi laureai ed entrai a lavorare in azienda con papà. Mi sposai a ventiquattro anni con Luisa, la donna che amo, di dodici anni più grande di me. Forse ho scelto lei per il mio inconscio e grande desiderio di replicare la storia con Claudine. Ma comunque spesso per lavoro devo andare in Francia, nell’azienda collegata alla nostra e di cui abbiamo delle quote, dove ormai lavora anche lei. Non manco mai di andare a trovarla in ufficio, con la scusa di portarle un souvenir d’Italie. Per poterle invece poi, nel tardo pomeriggio, godere della sua bocca, succhiarle i seni, la fica e incularmela a lungo. Naturalmente, dopo che m’ha fatto il suo giochino preferito post pompino con quelle dita birichine. Ci vediamo invariabilmente nell’albergo dove alloggio. Anche perché lei s’è risposata con un suo collega ed è ormai serena nel suo ménage. Ha una figlia. Con Claudine ci scriviamo tuttora in gran segreto delle porcate assurde, perché ci desideriamo veramente, malgrado la differenza d’età notevole. Mia moglie non l’ha mai saputo. Né lo saprà mai. Mia madre forse lo sa. O molto più probabilmente addirittura le aveva dato lei stessa l’incarico di svezzare e far diventare un vero uomo suo figlio. Un giorno Claudine me lo confesserà! Continuo ad adorarla, nell'intimo del mio cuore. Un amore segreto è l'unica cosa che ti saprà dare un'ottima ragione per vivere, quando sarai soffocato dalla routine.
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RDA
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worldofdarkmoods · 2 months ago
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Troppi pensieri per un cervello, troppe ansie per un cuore. Ci sono giorni in cui la mia mente è come una tempesta, un vortice di pensieri che non riesco a fermare, e il mio cuore è come un tamburo che batte incessantemente, intrappolato in un ritmo che non riesco a controllare. Ogni giorno, mi sento come un equilibrista su una fune sottile, costretta a camminare senza mai fermarmi. Da un lato, i pensieri si accavallano come onde in piena, ogni singolo problema sembra amplificato, ogni minima preoccupazione diventa un ostacolo insormontabile. Dall’altro, l’ansia che serra il mio cuore come una morsa e mi lascia senza respiro.
A volte mi chiedo se sono solo io, se questo modo di sentire tutto in maniera così profonda e intensa sia un errore, un difetto nel mio modo di essere. Sembra quasi che il mio cervello non riesca mai a spegnersi, come se fosse perennemente in allerta, a caccia di qualcosa che non va, di qualche dettaglio che mi sfugge, di qualche motivo per preoccuparmi. E il mio cuore, invece di essere un rifugio, diventa un campo di battaglia, dove combatto costantemente contro le mie paure, i miei dubbi, le mie insicurezze. Non riesco mai a trovare pace, e tutto questo mi consuma dall'interno.
Ci sono notti in cui resto sveglia fino all’alba, perché i miei pensieri non mi lasciano dormire. Mi giro e rigiro nel letto, cercando un modo per calmarmi, per trovare un attimo di sollievo, ma non ci riesco. Ogni pensiero sembra accendere una scintilla di paura, e quella scintilla diventa subito un incendio. Mi preoccupo per il futuro, per le cose che ho fatto e per quelle che non ho fatto, per i miei errori, per le mie scelte. E anche quando penso di avere tutto sotto controllo, basta un dettaglio, un’idea, una parola per far crollare ogni sicurezza che pensavo di avere.
Sono stanca di questa guerra costante tra la mente e il cuore. È come se ogni giorno fosse una battaglia, e io non riesco a smettere di combattere. Ma è una battaglia in cui non vinco mai. Anzi, ogni giorno mi sento sempre più debole, sempre più esausto. Ogni pensiero diventa una trappola, ogni ansia una prigione. Mi sento come se fossi intrappolata in un ciclo infinito, incapace di liberarmi, incapace di trovare un momento di serenità.
E il peggio è che, spesso, nessuno se ne accorge. Ad alcuni mostro un volto sereno, una maschera che nasconde tutto questo tumulto interiore. Non voglio che gli altri vedano quanto sto soffrendo, quanto sto lottando. Mi dico che devo essere forte, che devo resistere, che devo andare avanti. Ma dentro di me so che questa forza apparente è solo una facciata, e che, sotto la superficie, sto crollando.
Vorrei poter fermare il tempo, poter mettere in pausa la mia mente e il mio cuore, anche solo per un attimo. Vorrei poter smettere di pensare, di preoccuparmi, di sentire tutto in modo così intenso. Vorrei poter respirare senza sentire questa morsa che stringe il mio petto, senza questa paura che non riesco mai a placare.
E mi chiedo se un giorno troverò mai pace. Se un giorno riuscirò a liberarmi di questi pensieri che mi tormentano, di queste ansie che mi consumano. Ma, al momento, tutto sembra così distante, così irraggiungibile. Mi sembra di essere in balia di una tempesta, e non vedo nessun porto sicuro dove rifugiarmi.
Forse, il vero problema è che non riesco ad accettare che la vita sia fatta anche di incertezze, di errori, di momenti di vulnerabilità. Forse, pretendo troppo da me stessa, cerco di controllare tutto, di avere sempre una risposta, una soluzione. Ma la verità è che, a volte, non ci sono risposte, e non ci sono soluzioni. A volte, bisogna solo accettare di sentirsi persi, di avere paura, di essere vulnerabili.
Ma io non so come fare. Non so come accettare questa parte di me. E così, continuo a lottare, a cercare di tenere tutto sotto controllo, anche se so che è una battaglia persa in partenza. Continuo a pretendere troppo dal mio cervello, e a chiedere troppo al mio cuore, anche se so che questo mi sta lentamente distruggendo.
Non so se un giorno troverò la forza di lasciar andare, di smettere di lottare contro me stessa. Ma, per ora, tutto ciò che posso fare è cercare di sopravvivere a questa tempesta, cercare di mettere un piede davanti all'altro, anche se ogni passo mi sembra sempre più pesante.
Perché, alla fine, non so essere diversa. Non so vivere senza pensare, senza preoccuparmi, senza sentire ogni emozione come un peso sul cuore. E, forse, questa è la mia condanna: troppi pensieri per un cervello, troppe ansie per un cuore che, anche quando è sul punto di crollare, continua a battere, nonostante tutto.
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frasinontroppocelebri · 3 months ago
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Se sei fortunato può capitare che il tuo corpo combaci con quello di un’altra persona in modo tale da farti sentire che non siete due entità separate ma un unico essere, che siete andati oltre l’aspetto fisico. Conoscersi a memoria. Sedersi e stare in silenzio con un’altra persona. Sentirsi come se si fosse soli, ma con qualcuno. Sentirsi al sicuro.
-Silas House
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anima-complicata-80 · 1 month ago
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“Lei non ha bisogno di molto..Vuole molto poco..Parole gentili..Aria fresca..Acqua pulita..Un giardino..Baci..Libri da leggere. Ripararsi fra quelle braccia..Farlo ridere. Farlo sentire al sicuro,sentirsi protetta. Sua..” 🖤
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mementoinverbis-secondary · 2 months ago
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C'è una bellissima frase in latino: Per aspera ad astra, che significa "Attraverso le asperità si giunge alle stelle". E in parte è vero. Le difficoltà non sono solo ostacoli, ma anche spunti di crescita… Ma cosa succede quando il dolore diventa quotidiano? Ci si abitua. Ci si adatta. E, alla fine, ci si ritrova a trovare conforto nello sconforto, come se abbracciare quella sofferenza fosse l'unico modo per sentirsi al sicuro. Perché è ciò che conosciamo. Lasciarla andare significherebbe abbandonare parte di noi… parte della nostra identità.
Una zavorra di nostra scelta. A questo punto la vera domanda diventa: se potessi lasciar andare tutto questo dolore, davvero lo farei?
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ragazzoarcano · 1 year ago
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“A volte ho la sensazione
di essere solo al mondo.
Altre volte ne sono sicuro.”
— Charles Bukowski
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cavernicoli · 2 months ago
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Dieci abitudini delle coppie felici.
1) abbiate gli stessi ritmi. Andate a dormire alla stessa ora e svegliatevi alla stessa ora. Questo consente e aiuta la sincronizzazione.
2) baciarsi spesso aiuta e...
3) ...aiuta ancor più abbracciarsi.
4) coccolatevi spesso: il contatto fisico reciproco abbassa lo stress e alza le difese immunitarie, oltre che rinsaldare il legame.
5) tenetevi per mano. Camminate mano nella mano, perché è bello affrontare la vita tenendo qualcuno per mano.
6) ascoltatevi. Sentirsi ascoltati, ci fa sentire al sicuro.
7) ditevi "ti amo." Di frequente. È importante condividere i propri sentimenti.
8) perdonatevi. Riuscire a perdonare il proprio partner ci rende più tolleranti con noi stessi.
9) consigliatevi. Chi può aiutarci a capire meglio della persona che ci ama?
10) ridete tantissimo insieme. Ridere in coppia è il necessario collante di due che si amino.
('60secondidipsicologia' su Instagram - D.ssa Agnese Scappini)
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severidekidd · 2 years ago
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To-feel-safe | Sentirsi al sicuro (Italian) - The State of feeling safe, stable, and free from fear, danger or anxiety.
Kelly Severide and Stella Kidd in CHICAGO FIRE (2012—)
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susieporta · 3 months ago
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L' ALBERO SENZA RADICI
Molte persone cresciute in famiglie disfunzionali da adulte sono convinte che vivere pienamente significhi oscillare in modo quasi violento tra esaltazioni e psicodrammi, tra stati euforici e abissi malinconici, tra alti e bassi.
Spesso infatti le famiglie disfunzionali, cioè tossiche, vedono i due genitori azzuffarsi, litigare, offendersi, passando da momenti fatti di emotività drammatizzata, a momenti di silenzio oppositivo in cui non viene data alcuna spiegazione né all'uno né all'altro.
Il bambino si trova in questo modo esposto al fuoco incrociato di un ambiente imprevedibile, emotivamente carico e conflittuale, nel quale non viene mentalizzato ciò che succede tramite una comunicazione adeguata.
Egli si sente sempre in allerta, confuso, e vive emozioni a volte indecifrabili.
Ecco allora che da adulto potrebbe tendere a confliggere con i propri partner, così come hanno fatto i suoi genitori.
Ma soprattutto a esaltarsi e sentirsi pienamente realizzato per un apprezzamento, per un gesto di stima, per un incontro amoroso o anche per un buon corso di crescita personale.
Tuttavia, se le sue previsioni e aspettative non vengono rispettate, cade in una tristezza profonda, si abbatte subito per niente, ed entra in uno stato di spegnimento vago dorsale a volte anche per settimane.
Così, un momento di gioia diventa mania, ossessione, attività frenetica; mentre un momento di tristezza diventa abbattimento esistenziale, melanconia nera, abisso emozionale.
L'oscillazione violenta tra luce e tenebre, per persone cresciute in famiglie tossiche, viene considerata vita pienamente vissuta, passione, amore totale e totalizzante, e soprattutto amore vero (ovviamente ci sono livelli e livelli di oscillazione).
Quando incontrano un partner "sano", queste persone si annoiano, e pensano che il rapporto sia statico, abitudinario e palloso.
In realtà, come dice Lowen, questa oscillazione tra stati euforici e depressivi, spesso è dovuta a una assenza di grounding, di radicamento, e dunque di autonomia.
Essere radicati significa sapere e sentire che le proprie radici psicologiche ed emotive sprofondano nel terreno del proprio sistema nervoso autonomo, il quale è armonico, flessibile e pienamente funzionante, in modo da ritrovare dentro di sé la propria base sicura anche se imperversa la tempesta.
Anche se la bufera strappa via le foglie e i rami, la sensazione di radicamento ci riporta ad una sicurezza interiore inscalfibile, la quale ci rassicura circa le nostre capacità di gestire le nostre emozioni, di attraversare la vita in modo sicuro, e di essere fondamentalmente forti.
Chi è ben radicato non oscilla tra due estremi emotivi facendosi trasportare via da essi, perché i suoi piedi sono ben radicati nella terra.
Nel mio nuovo libro offro potenti strumenti per lavorare su questo.
©Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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raccontidialiantis · 1 month ago
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Tenere assieme una famiglia
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Anna: bellissima mora trentaseienne, madre di due bambini e moglie di Alfredo, lavorava con Michele nell'aziendina di quest'ultimo. Era la sua efficiente e fidata segretaria. Michele, leggermente più basso di Anna, aveva quasi sessant'anni ed era un uomo energico, positivo, in ottima salute, un po’ sovrappeso.
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Tutto sommato, era comunque un uomo che aveva un suo innegabile fascino e dei sani appetiti. Sempre gentile e sorridente. Lavorando quotidianamente gomito a gomito, Michele inevitabilmente finì per sentirsi molto attratto da Anna, ma non andava mai oltre qualche garbato apprezzamento.
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A un certo punto, la famiglia di Anna subì uno scossone, a causa della inattesa, improvvisa e pesantissima cassa integrazione a metà ore di Alfredo. Budget ridotto all'osso e, più spesso che non, insufficiente ad affrontare le spese di famiglia. Risparmi intaccati: per il mutuo, la scuola e il resto. Certo, Alfredo ogni tanto trovava dei lavoretti in nero, ma nulla di sostanzioso e continuativo. Frustrazione era ciò che sentiva maggiormente.
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Quando ormai sempre più di rado egli faceva l'amore con Anna, l'uomo era brusco e sgarbato; quasi a voler ribadire il suo ruolo di maschio, qualora ce ne fosse stato bisogno. Lei si sentiva umiliata per questo. Eppure, solo poco tempo prima lui era un marito gentile e la trattava con i guanti bianchi. La giovane madre, frustrata ma sempre donna assetata di attenzioni, aveva quindi preso ad apprezzare molto i puntuali complimenti di Michele al mattino in ufficio: “come sei bella, oggi; profumi di primavera. Con te qui entra un raggio di sole..." e così via.
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Il suo datore di lavoro, avendo appreso dello stato di estrema difficoltà della donna, aveva iniziato a darle un aiuto economico concreto. Ella per orgoglio, seppur debolmente, si era inizialmente opposta ma aveva finito con l'accettare. Quei cinquecento euro al mese che lui le passava in nero erano una sostanziosa boccata d'ossigeno, per il bilancio familiare. E Alfredo era roso dalla gelosia, immaginando chissà cosa. Anna era ferita dalle sue insinuazioni.
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In lacrime, si confidò un pomeriggio a fine giornata con Michele, il quale non poté esimersi dall'abbracciarla e stringerla a sé. L'uomo fu letteralmente e inaspettatamente stordito dal profumo e dal contatto col corpo sensuale di quella donna stupenda. Gli venne quindi spontaneo perdere il controllo e baciarla sul collo: lei si staccò subito e gli diede uno schiaffo. Michele, rosso in viso, abbassò il capo e le chiese scusa. Ma oramai in lui era divampato il fuoco del desiderio.
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Il giorno dopo ci fu un po’ di imbarazzo, subito dissipato dall'ampio sorriso di Anna: in ufficio ella gli fece una carezza e gli disse che certamente capiva il suo desiderio, ma che era pur sempre una donna sposata. Il fatto vero era che comunque anche in lei iniziava a svilupparsi inesorabile una certa attrazione verso quel bell'uomo, sicuro di sé e solido, che la riempiva di cortesie e che la trattava come ogni donna desidera essere trattata.
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Michele, folle di desiderio, un giorno ruppe gli indugi e arrivò ad offrirle trecento euro per un'ora d'amore. Glielo disse in modo delicato e dolce, per non imbarazzarla: “per favore non equivocare. Hai capito che ti desidero da morire e sai che capisco il tuo momento di difficoltà; però io sono qui anche per offrirti un aiuto sostanzioso. Non avrei mai immaginato di fare questa cosa, di dirti ciò che sto per dire, ma l'amore compie miracoli."
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"Perciò ti dico solo che vorrei che tu fossi in mia compagnia per un'ora in una stanza. Non sentirti offesa: mi basta la tua semplice presenza fisica in un albergo; ben lontani da questo ufficio. Se vorrai concedermi solo un bacio, io capirò. E mi accontenterò: te lo giuro.”
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Lei, contrariamente alle aspettative, dopo qualche esitazione, gli disse di sì e invece di farlo attendere lo baciò subito furtivamente sulla bocca. Poi gli mise le braccia al collo e gli disse: “ti ringrazio per ciò che stai facendo e ti anticipo che avrai ben più di un bacio. Anche perché ultimamente mio marito mi mortifica molto. Sono esasperata e non lo sopporto più. In ogni caso, anche se proprio non dovrei farlo, ti confesso di sentirmi molto attratta da te a mia volta.”
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Quello stesso giorno staccarono un po' prima e, per non dare nell'occhio, uscirono ciascuno per conto suo. Andarono in un alberghetto discreto: non appena soli nella camera, lei gli slacciò i pantaloni e inginocchiatasi gli prese in bocca l'uccello. Gli regalò una mezz'ora di vero paradiso. Per il resto del tempo, quella prima volta in massima parte parlarono, mentre lui le baciava e accarezzava il seno e la passera. Lui le confessò che ciò che gli piaceva di quella relazione era il fatto di scopare proprio con lei; con una donna da tutti a ragione considerata moglie e madre esemplare, virtuosa e morigerata.
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Le disse che pagando avrebbe potuto avere, senza offesa, donne ben più giovani e forse fisicamente perfette. Che non aveva mai tradito sua moglie. Che il suo oramai era un matrimonio appesantito dalla routine e dalla palese mancanza di interesse da parte della moglie per qualsiasi cosa che riguardasse il sesso. Ma disse anche che lei era ormai la sua droga; che invece di altre donne preferiva comunque invece dare a lei, proprio a lei, un aiuto concreto.
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E toccare con un dito il cielo quando lei avesse acconsentito a farsi amare. Anna, dopo gli ovvii scrupoli iniziali, aveva iniziato a provare gusto nel sentirsi scopata ogni giovedì a pagamento; anche perché oramai anche lei non vedeva l'ora di farsi sfondare il culo e riempire la fica e la bocca da quell'uomo che moriva di brama per lei. Che la colmava di regali, complimenti e roventi dichiarazioni d'amore e desiderio: una vera droga per qualsiasi donna.
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La storia sarebbe potuta finire qui, se non fosse per il fatto che Alfredo, sospettoso, un giorno pazientemente la aspettò all'uscita dal lavoro sin dalle due di pomeriggio. La seguì, la vide entrare in albergo con Michele. Quando lei tornò a casa da quell'ennesimo appuntamento, la costrinse a dire la verità, ad ammettere la sua relazione, facendola entrare in tutti i dettagli, soprattutto i più intimi. Lei tra le lacrime gli confessò come fosse iniziata. Lo fece anche riflettere su quanto quei soldi in più fossero utili, ovviamente e che non cadevano dal cielo.
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Quando vide che il marito ascoltava con interesse estremo, iniziò ad aprirsi, piena di sottile malizia. Si sentiva gran puttana rivelata e scoprì che le piaceva molto umiliarlo, dopo che lui l'aveva trascurata sessualmente e quindi fatta soffrire a lungo. Gli rivelò perciò tutti i particolari dei suoi incontri: quello che piaceva a Michele e quello che lei stessa gli chiedeva di farle. Cose che suo marito neppure immaginave sua moglie potesse neppure pensare! Giochi di sborra, trattenimento del pene ovunque, uso di sex toys, farsi inculare dopo essersi fatta prendere a scudisciate sul culo e a schiaffi sulla fregna, pompini appassionatissimi con ingoio totale.
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Si avvide immediatamente che a suo marito sorprendentemente la cosa piaceva da morire. Al punto che lui già quella prima volta a sorpresa e non resistendo più, tirò fuori l'uccello, le si inginocchò davanti, cominciò a masturbarsi piangendo e chiamandola sottovoce: 'puttana, maledetta troia.' E dicendole: 'oramai io per te sono solo un gran cornuto'. Umiliato ma felice, le sborrò sulle caviglie, con grande godimento di lui e un sentimento di pace ritrovata per lei, che lo accarezzò. Erano entrambi in lacrime. Poi Alfredo la portò subito in camera da letto: la desiderava come mai prima. Le leccò immediatamente la fregna a lungo: voleva sentire il sapore e l'odore del seme di Michele direttamente dalla fregna di sua moglie.
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A tutt'oggi ormai, ogni volta che Anna torna a casa dall'incontro in albergo, dopo la descrizione minuziosa di tutto ciò che sua moglie ha appena fatto col suo capo, egli desidera subito leccarle la fregna, come antipasto d'amore. Da bravo cornuto, vuole con tutta l'anima assaggiare, ingoiare il seme fresco del maschio che ha scopato la sua donna. Perciò chiudono a chiave i figli piccoli nella cameretta, raccomandando loro di stare buoni per soli cinque minuti davanti alla tv e lui mugolando di piacere la pulisce minuziosamente, ingoiando tutto. Lei viene, tenendogli la testa ben premuta contro la fregna e lo umilia dicendogli cose del tipo: 'oh, come inghiotte bene la sborra del mio capo, il mio marito cornuto! Lui si che è un vero maschio.'
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Poi comunque la notte scopano a lungo. Egli ormai la spinge a prostituirsi a Michele, la incita continuamente a intensificare gli appuntamenti, spesso dandole consigli e precise indicazioni su cosa fare e come farlo godere. Anna oggi si trova quindi di nuovo piena di amore e passione per Alfredo, suo marito. Ma anche di voglia di fare del sano e soddisfacente sesso, prendendo ovunque il grosso cazzo di Michele. Il quale è ben felice di godere della giovane madre di famiglia ogni qual volta lo voglia. Pagando, ovviamente. Lei è contentissima come una pasqua, di fare la puttana di un solo uomo in assoluta riservatezza. E di avere a casa un marito che la aspetta, cornuto e contento di esserlo. Non saprebbe dire cosa le piace di più: se il cazzo adorato del suo capo o farsi pulire la fregna, appena surriscaldata e farcita, dalla bocca e dalla lingua di suo marito.
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RDA
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smokingago · 6 months ago
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Non è vero che Lei soffre per colpa tua.
Lei soffre perché era già infelice prima di conoscerti.
Non è vero che Lui si "deprime" perché gli manca il tuo amore.
Era già depresso prima di trovarti.
Non è vero che Lei è diventata gelosa perché sei troppo socievole.
Era già gelosa perché nessuno le ha insegnato a valorizzarsi.
Non è vero che lui si sente abbandonato perché non ti controlla.
Si sentiva già solo prima di entrare nella tua vita.
Non è vero che Lui è diventato dipendente perché "Ti ama troppo".
Era già dipendente e insicuro prima di amarti.
Non è vero che Lei ha bisogno dei tuoi baci per sentirsi al sicuro.
Lei era già insicura prima di incrociare la tua strada.
Non è vero che lei vuole essere sempre al tuo fianco per "proteggerti".
Era già una donna possessiva prima di dichiararsi.
Non è vero che lei non può vivere senza di te e vuole morire.
Era già una donna malata prima di entrare nella tua vita.
Non è vero che ci sono coppie
"Tossiche"
Quello che succede è che c'è molto dolore latente, in attesa di essere guarito dall'altro.
E quel lavoro, non spetta a nessuno, né al tuo partner.
Solo a TE STESSO.
Inizia da te...
Prenditi cura di te stesso.
Con rispetto
Miele Santos
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perpassareiltempo · 1 year ago
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Lei non ha bisogno di molto. Vuole molto poco. Parole gentili. Aria fresca. Acqua pulita. Un giardino. Baci. Libri da leggere. Ripararsi fra quelle braccia. Farlo ridere. Farlo sentire al sicuro, sentirsi protetta. Sua. 
Starra Neely Blade
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