#sci di fondo
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Oggi, -11° gradi
Oggi: sci di fondo, circa 9 km
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E silenzio, pace, bianco, ghiaccio, cielo latticinoso, spinta e avanzamemto, passo pattinato in salita, scivolata entro il binario, nelle discese
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Dobbiaco-Cortina: Folie e Lepistö vincono la 31 km in tecnica libera
CORTINA D’AMPEZZO – Il sole bacia i belli! Alla Granfondo Dobbiaco-Cortina il percorso della 31 km in tecnica libera, tale e quale a quello che aveva regalato una lunga, equilibrata e incerta competizione d’apertura in tecnica classica, si è velocizzato grazie al sole che è tornato a fare capolino e ad illuminare le Dolomiti patrimonio Unesco. Intorno alle 10, orario della partenza dalla Nordic…
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"Le Migliori Destinazioni per una Settimana Bianca Indimenticabile: Sci, Relax e Avventura"
L’inverno è la stagione perfetta per gli appassionati degli sport sulla neve e delle emozioni in montagna. Se stai cercando l’esperienza perfetta per una settimana bianca da sogno, abbiamo selezionato tre destinazioni mozzafiato che promettono paesaggi da cartolina, piste impeccabili e un’atmosfera unica. Cortina d’Ampezzo, Italia: Un’Esperienza di Classe tra le Dolomiti Cortina d’Ampezzo,…
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#Alpi francesi#alpinismo su ghiaccio#attività invernali#Canada#Chamonix-Mont-Blanc#Cortina d&039;Ampezzo#Dolomiti#escursioni invernali#parapendio#piste da sci#safari in motoslitta#sci di fondo#snowboard#snowshoeing#terreno sciistico#tubing#Whistler#Whistler Village
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La vita è come un'Olimpiade.
Ci sono varie discipline e ognuno di noi è campione in una di queste:
- Vita a ostacoli
- Tiro a campare
- Salto nel vuoto
- Arrampicata sociale
- Ansiathlon
- Correre il rischio
- Calcio alla sorte
- Nuoto in un mare di guai
- Nuoto a fondo
- Tuffo nel passato
- Corsa senza fiato
- Lotta di classe
- Sollevamento problemi
- Lancio del peso sullo stomaco
- Salto del pasto
- 100 mt di scatto nervoso
- Baseballe
- Fare a pugni con se stessi
- Gare di fondo da toccare
- Maratona di problemi
- Falsità su pattini
- Cinismo su strada
- Tiro con porco
- Tiro delle frecciate (alle spalle)
- Ginnastica depressistica
- Lancio del giavellotto bipolare
- Palle al volo
- Tuffo nella vergogna
- Pentathlon di dipendenze
- Carenza affettiva in lungo
- Oki su ghiaccio
- Trials di amori non corrisposti
- Vita in solitudine come una (f)regata
- Sci(volare) in fondo
- Staffetta 4X400 mg benzidamina al giorno
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Nordic Walking e Dunning-Kruger
Mi è venuto in mente che non c'è mai, in nessun campo della vita di nessuno, una palese manifestazione dell'effetto Dunning-Kruger come quando qualcuno impara la tecnica del Nordic Walking.
La faccio lunga, probabilmente.
Il Nordic Walking è diventato popolare in Italia intorno al 2010 circa e da lì in avanti. Dopo più o meno 15 anni è ancora piuttosto comune sentire "dove li hai lasciati gli sci?" da qualche spiritosone in giro, quando si cammina con i bastoncini. Se il padel avesse avuto il "successo" del Nordic Walking, al momento lo giocherebbe solo il signor Padel con i figli. Inoltre, non essendo l'unico sport che si fa con i bastoncini a piedi (mi viene in mente il trekking, ma non è il solo), è praticamente immediato pensare "ma che ci vuole?"
Ecco, ma che ci vuole. Qui parte il DK.
Dopo 11 anni da istruttore, ho potuto vedere davvero tanta gente, con approcci diversi, e mi sono accorto che quelli che andavano peggio durante le prime lezioni erano quelli che non si scostavano dal loro schema motorio abituale. Direte voi: è ovvio, uno cammina per 30, 40 o 50 anni in un modo, adesso vuoi pure cambiarlo in due ore di lezione? Eh, ma c'è qualcuno che non lo fa.
Dopo la prima lezione del primo corso, il commento più comune è non pensavo fosse così complicato. L'effetto DK vuole che ci sia un momento iniziale in cui la tua ignoranza è talmente ampia da non renderti nemmeno capace di capire quanto sei ignorante. E ora sto parlando di un'attività che conosco, ma ovviamente anche io ci casco. Ci cascano tutti, per qualcosa.
Il NW è un po' penalizzato in questo: in fondo si tratta di camminare, quanto potrà essere complicato?
Una volta che si comincia il corso, quindi, c'è gente che inconsciamente fa resistenza al nuovo, tende a mantenere il proprio schema motorio perché è sicuro che in quel modo sta facendo bene. Ripeto: è una cosa inconscia, ma il lavoro iniziale dell'istruttore è proprio quello di far notare che esistono altri movimenti e altre coordinazioni oltre quelle che l'allievo conosce, oppure di fargli notare che attua già quei movimenti e quelle coordinazioni, ma non ci fa mai caso.
Fate questo esperimento, poi tornate a leggere:
alzatevi dalla sedia o dal divano, lasciate il telefono, mani libere.
fate qualche passo guardando dritti davanti a voi. Se avete spazio fatene quanti più possibile.
facendo i passi, fate in modo che il passo sia relativamente ampio
Fatto? Bene.
Avete appena sperimentato il classico passo del NW, senza bastoncini.
Le braccia erano ferme? Molto probabilmente no, hanno ondulato seguendo i passi. In particolare, probabilmente la mano destra era in avanti quando la gamba sinistra era in avanti, e viceversa. E non ve ne siete nemmeno accorti mentre lo facevate.
Se ora prendeste un paio di bastoncini in mano, anche da trekking (se potete provateci prima di continuare a leggere), almeno la metà di voi andrebbe in ambio, ovvero andrebbe avanti con il braccio corrispondente alla gamba, non alternato come prima.
Questo è un assaggio di quanto sia complicata la faccenda, e del fatto che non sia solo camminare, ma si tratta di avere a che fare con due zeppi in mano a cui non siamo abituati, di coordinarli col passo e di riuscire a fare un movimento codificato e preciso. I bastoncini creano un disturbo coordinativo e motorio che la maggior parte delle persone nemmeno immagina, e qui si nasconde il DK.
Passare dall'ignoranza dell'ignoranza alla consapevolezza dei propri movimenti è un lavoro faticoso e lungo, e come per tutti gli sport non si smette mai di migliorare.
(Claudia Parisi - Ph: Gabriele Laffi)
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nanorecensioni sci-fi: slaughterhouse five 1972
Questa volta mi sono fatto fregare e lo ho guardato fino in fondo, senza fast forward, nella speranza di un epilogo rivelatore che invece è una cagata.
Non conosco Vonnegut e ho il sospetto che questo sia un caso in cui il libro è molto meglio.
Anzichè probabilmente sviluppare tutte quelle parti suggestive del libro, ci sono scene lente e inutili che fanno solo intimismo e fastidio. E il tutto viene ridotto all'epilogo. Sci-fi 0.
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La Valle d'Aosta è una meta ideale per gli sciatori, grazie alle sue piste adatte a tutti i livelli. Cogne, che nel 2019 ha già accolto la Coppa del Mondo di sci di fondo con il successo di Federico Pellegrino e Francesco De Fabiani, sarà nuovamente in prima linea dal 31 gennaio al 2 febbraio 2025 con la Coop Fis Cross-Country Ski World Cup. Il gruppo Netweek è stato scelto come Official Media Partner per l'evento, offrendo visibilità attraverso 42 testate cartacee, 39 siti web e 12 televisioni nazionali. Questo evento internazionale riunisce i migliori atleti di sci di fondo e rappresenta un'opportunità unica per appassionati e sponsor di partecipare a una celebrazione dello sport invernale a livello mondiale. Riccardo Galione, direttore commerciale di Netweek, sottolinea l’importanza di diventare un punto di riferimento nella comunicazione per il territorio, grazie a un'offerta multicanale che include tv, carta e digitale. Questo approccio facilita relazioni solide con cittadini, imprenditori, istituzioni e associazioni. La Coppa del Mondo di sci nordico offre una vetrina internazionale per garantire grande visibilità e ringrazia il Comitato Organizzatore per la collaborazione. Netweek si impegner�� a raccontare tre giorni di sport d'elite e festeggiamenti, enfatizzando l'allegria e la spettacolarità della manifestazione. Michel Henry, responsabile commerciale Netweek Valle d’Aosta, esprime entusiasmo per poter promuovere un evento di grande portata internazionale e per essere l'unico concessionario per i partner che desiderano associare la loro immagine all'evento. A sei anni dall’edizione memorabile del 2019, Cogne è pronta ad accogliere nuovamente atleti da tutto il mondo sulle proprie piste. L'evento, organizzato dal nuovo comitato "Cogne in Events 2.0", rappresenta per Filippo Gérard, presidente del Comitato Organizzatore, un’importante occasione di rilancio. Gérard esprime gratitudine verso l’Amministrazione regionale per il supporto materiale e per l’opportunità di ospitare un evento così significativo, sottolineando che la manifestazione sarà caratterizzata da un entusiasmo palpabile che distingue la comunità valdostana. Cogne 2025 promette quindi di essere un grande successo, combinando sport, bellezza naturale e calore dell’accoglienza locale.
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Di Centra e i campioni dello sport presentano il Friuli-Venezia Giulia Sabato 29 giugno alle ore 11:25 su Rai ... #FriuliVeneziaGiulia #sci #sport https://agrpress.it/linea-verde-illumina-friuli-venezia-giulia/?feed_id=5970&_unique_id=667d62ec65713
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Fedez, piccolo incidente a Miami... "Sembro un istruttore di sci" Fedez, il celebre rapper italiano, ha deciso di trascorrere le sue vacanze da papà single a Miami insieme ai suoi figli Leone, 6 anni, e Vittoria, 3 anni. Nonostantela separazione dall'ex moglie Chiara Ferragni, Fedez si concentra sul suo ruolo di padre, condividendo gioiosamente momenti spensierati con i suoi piccoli attraverso le storie di Instagram. Fedez a Miami: che cosa è successo? Tra una passeggiata sulla spiaggia e un tuffo nella piscina dell'hotel, Fedez comunque non trascura il suo regime di allenamento, seguendo le indicazioni del suo personal trainer anche durante le vacanze. Tuttavia, il sole implacabile di Miami non risparmia il rapper italiano, lasciandogli una bella scottatura su tutto il corpo. Nonostante l'inconveniente, Fedez ha deciso di condividere apertamente la sua esperienza sui social media, mostrando con ironia la sua pelle arrossata e accettando con spirito positivo il risultato del suo soggiorno al caldo. Con uno scherzoso selfie allo specchio, Fedez ha mostrato la sua pelle rossa come un gambero, ironizzando sulla somiglianza con un istruttore di sci, un look sicuramente inusuale per le calde atmosfere di Miami. Nonostante il fastidio della scottatura, Fedez affronta le vacanze con allegria e positività, dimostrando che anche i piccoli inconvenienti possono trasformarsi in simpatiche aneddoti da condividere con il suo pubblico di fan. In fondo, sembra che anche le vacanze da papà single possano essere ricche di divertimento e sorprese.
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Sci di fondo paralimpico: il camuno Romele è campione del mondo
http://dlvr.it/T4DXXC
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FISI-AOC SCI DI FONDO: i risultati delle gare di Dobbiaco, S.Caterina e Pragelato
SCI DI FONDO – FESA CUP JUNIOR: DAVIDE GHIO E BEATRICE LAURENT SECONDI NELLA STAFFETTA MISTA DI DOBBIACOUn finale di stagione spettacolare per gli azzurri impegnati nell’ultima gara della FESA Cup Junior di Dobbiaco: è doppietta dai colori italiani con la vittoria di Italia II (Marit Folie, Davide Negroni, Virignia Cena e Teo Galli) su Italia I (Iris De Martin Pinter, Davide Ghio, Beatrice…
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Granfondo Dobbiaco-Cortina, un sogno per tutti
CORTINA D’AMPEZZO – Più di 20 cm di neve fresca hanno imbiancato e completato il tracciato della nuova edizione della Granfondo Dobbiaco-Cortina, pronta a regalare un sogno ad occhi aperti e sugli sci stretti a tutti i suoi affezionati partecipanti. Gare in programma nel fine settimana del 3 e 4 febbraio, con la giornata del sabato dedicata alla 42 km in tecnica classica e quella della domenica…
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Nuovi appuntamenti rivolti a persone con e senza disabilità, tra sci di fondo, ciaspolate, escursioni e dualski nella meravigliosa cornice delle Dolomiti trentine, patrimonio UNESCO
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Corpi, letteratura e ricordo: il dialogo con Marco D'Agostin
Danzatore e performer trevisano, classe 1987, D'Agostin ha portato a Scenario Pubblico First Love (2018) uno dei suoi lavori più autobiografici. Incontrandolo abbiamo scoperto più a fondo la storia dello spettacolo e di questo artista sensibile e visionario.
Vogliamo addentrarci in First Love, un lavoro legato a delle emozioni vissute quando eri bambino. Chiediamo quindi, da dove è nata l’urgenza di iniziare questa ricerca? Quando è iniziato e come si è sviluppato il processo creativo? Tutto è iniziato con un fraintendimento. Anna Cremonini, direttrice artistica di Torinodanza, stava cercando per il progetto Corpo Links Cluster dei coreografi che non solo creassero degli spettacoli o dei progetti i quali dovevano restituire un’immagine non stereotipata della montagna, ma anche che conducessero una parte dei processi creativi in prossimità di luoghi montani, lontani dalla provincia. Lei credeva che il mio spettacolo Avalanche parlasse di montagna, lo aveva intravisto in una newsletter…così mi ha chiamato per chiedermi se potevo adattarlo al progetto. Io le ho detto di no ma anche del fatto, però, di avere il sogno di fare uno spettacolo su Stefania Belmondo e lo sci di fondo e sul risolvere il rebus di questa mia vita divisa in due, prima da sciatore di fondo agonista quasi professionista e poi da danzatore, e capire che cosa della prima esperienza era confluito nella seconda e come la danza mi faceva riosservare lo sci.
Il primo momento della creazione è stato un incontro con Stefania Belmondo a cui avevamo chiesto di partecipare a una parte del progetto con interviste, incontri…lei è stata sempre molto timida in realtà. Ha assistito alle prove ma era distaccata per una forma di timidezza "montana". Gran parte del processo di lavoro si è svolto a Pragelato che è la località in cui nel 2006 si sono svolte le olimpiadi di sci di fondo. In questo piccolo villaggio montano ho lavorato parzialmente in uno chalet della Pro loco, ovvero la sala prove immersa nella pista da sci che però, allora, era estate quindi era tutto verde. Ho lavorato con con venti bambini, dai 6 ai 10 anni, che di inverno sciavano e d’estate erano lì per frequentare il centro estivo. Altro incontro è stato quello con Tommaso Custodero, una figura cardine. Tra tutti i maestri di scii incontrati durante il primo sopralluogo solo a lui è interessato molto esserci. Così ha seguito il lavoro fatto con i bambini e le bambine creando un ponte tra la danza e lo sport. Con lui ho fatto i primissimi ragionamenti su come certi movimenti potevano essere considerati ritmicamente. Lui stava facendo degli studi di scienze motorie ma prima era stato uno sciatore di fondo molto bravo, ed era interessato ai legami tra lo yoga e l’arrampicata, si informava su cosa fosse la danza contemporanea…un personaggio veramente speciale: lui ha capito subito cosa intendevo fare.
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Poi, nella prima parte di lavoro con Chiara Bersani come aiuto drammaturga e Luca Scappellato con le musiche, sempre a Pragelato, c’è stato un momento di ricognizione, studio, messa in prova dei materiali maturati con i bambini e le bambine. Poi il lavoro è stato costruito attorno all’evocazione di questa telecronaca che ci riaccompagna tutti in quella domenica pomeriggio del febbraio 2002 registrata su un VHS e ascoltata mille e mille volte. È una voce che proprio riemerge nella memoria. Non ho fatto nessun lavoro mimetico consapevole, l’ho lasciata davvero riaffiorare. L’idea di essere il telecronista insieme allo sciatore è diventata il dispositivo che mi ha permesso di costruire una competizione con me stesso. Una cosa così faticosa da fare che diventava una gara anche per me. Una gara di cui sceglievo io la disciplina. Andavo così a risarcire un po' quel bambino che ero stato che aveva sofferto molto di fare quello che sport che non amava. E dall’altra parte tutto il lavoro sul corpo quindi, questa idea non solo di tradurre letteralmente i movimenti dello sci in danza ma anche di usare il corpo come un paesaggio. Ci sono dei momenti in cui le mani evocano dei paesaggi montani, si restituisce anche un’astrazione con quella gestualità che all’inizio non è ginnica competitiva invece sul finale lo diventa.
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Com'è stato l'incontro con Stefania Belmondo? Lei che per te è stata un mito, ti ha dato particolari suggestioni che hai trasformato in materiale? Con Stefania Belmondo ho affrontato grandi conversazioni sull’amore, non era interessata a parlare di sport e della gara…quella non era nemmeno la sua preferita tra l’altro. Voleva parlare più della vita e questo è stato significativo. La cosa molto bella per cui poi l’incontro è stato fondamentale è che lei mi ha ispirato la scena finale. Mi raccontava che era ancora molto legata alla montagna e allo sci e che ancora oggi a più di vent’anni della chiusura della sua attività professionistica andava a sciare e le piaceva molto farlo di sera. Qualche settimana prima del nostro incontro, mi ha raccontato, si è trovata a sciare molto tardi, il sole era sceso e, salita la luna piena, lei si era trovata nei boschi. All'improvviso aveva iniziato a nevicare e si era commossa. Allora ho pensato…dobbiamo regalare a Stefania quella nevicata. Quindi, l’idea finale di questo lavoro creato con Alessio Guerra, light designer, è una nevicata al chiaro di luna. Tutto il prezioso lavoro è la domanda: che cos’è il primo amore per me? Lo sci, la montagna, Stefania Belmondo, l’adolescenza…però alla fine c'è la neve che è la cosa che ci riconduce tutti e tutte, è magica per tutti anche per chi non la vive…e ci riconduce a quell’infanzia, quella gioia bambina, quella nostalgia. La caduta della neve è un fatto nostalgico e quindi secondo me il lavoro doveva finire con questa immagine.
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Il lavoro di drammaturgia è stato centrato più sul documento video o anche su ricerche altre? La premessa è che io e Chiara collaboriamo ormai da dieci anni nelle creazioni altrui in modi sempre diversi. A volte attraverso lo studio e la ricerca, altre volte con messaggi vocali mandati nel cuore della notte, altre volte ancora con improvvisazioni fisiche. I ruoli e le modalità cambiano sempre in base al progetto. First Love è uno spettacolo così incarnato in me, con un’idea così netta che non ha una grossa bibliografia. Il lavoro con Chiara si è concentrato sul cercare di capire come rendere il corpo un paesaggio e sul cercare di capire come il passato di quel Marco bambino cresciuto in una provincia si innestava all’interno di questo racconto. L’emersione del dialetto in quel punto centrale in cui subentra la voce maschile che incita il Marco bambino, è la voce di mio padre…quella scelta è frutto del lavoro fatto con Chiara. Insieme al documento video della gara gli altri video erano delle VHS che un vicino di casa dei miei genitori ha ritrovato e in cui riprendeva le gare di me da bambino. Un documento molto prezioso specie per le voci fuori campo. Si sentono, infatti, le voci di mio papà, mia mamma, vicini di casa e amici che ci hanno raccontato tanto. Mi hanno rimesso in contatto con dei ricordi che avevo un po’ sommerso. Infine il focus è stato posto su un testo - io sono convinto che in ogni spettacolo entrano tutti i testi che hai letto nella tua vita - l’unico su cui abbiamo fatto attivamente dei ragionamenti, uno degli scritti autobiografici di Walter Bonatti. Un testo molto bello perché racconta del proprio rapporto con la montagna, di quest’idea di essere messo a confronto con la propria finitudine e piccolezza e solitudine. Poi c’erano queste pagine meravigliose in cui lui diceva che quando uno scalatore si trova di fronte a una parete da scalare le decisioni che prende rispetto a come scalarla non sono solo logiche ma hanno anche una natura estetica. Quindi in base alla via che sceglievi, ai movimenti che sceglievi per percorrerla…l'idea che anche nel gesto atletico c’è sempre e comunque una componente estetica.
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In relazione al tuo lavoro nella danza, hai o hai avuto delle figure di riferimento che hanno ispirato le tue modalità di ricerca e creazione? Nell’ambito della danza ho dei maestri nei confronti dei quali ho un debito di riconoscenza maggiore rispetto ad altri che sono sicuramente Claudia Castellucci, Nigel Charnock e Alessandro Sciarroni. Più avanti anche Chiara Bersani e Marta Ciappina che faccio fatica a considerare maestre perché sono le mie migliori amiche, sono le persone con cui collaboro, però sicuramente anche l’incontro con loro è stato fondamentale e più alla pari. Poi, in realtà, io sono un grande appassionato di letteratura. Tra le figure più ispiranti per me c'è sicuramente Amelia Rosselli una poetessa che scriveva in un modo che sembra musicale in senso esatto, ma che in realtà rispondeva a un istinto psicologico. Quest’idea secondo cui quando stai scrivendo una coreografia c’è qualcosa di istintivamente psicologico, di non esatto che ti ispira… l'idea di come si affina questo istinto, cosa vuol dire psicologico… sono tutti quesiti che mi interessano. È stato sempre misterioso questo rapporto tra psicologia e musica che c’è in Rosselli. Annie Ernaux, ai quali sto dedicando sempre più progetti, che, secondo me, ha un scrittura che dà istruzioni per il corpo e ha un bellissimo modo di viaggiare tra passato e presente - che è una delle altre cose presenti nella mia scrittura coreografica e nella mia ricerca. Poi ancora tanti romanzi che hanno a che fare col tempo profondo perché una delle mie ossessioni è sempre quella di ricordarsi. In First Love questa cosa non c’è, ma in generale mi interessa il fatto di ricordarsi che quel tempo effimero e brevissimo della performance di sessanta minuti c’è e che quel tempo è anche sempre parte di un tempo più grande che è quello delle ere geologiche, che gli scienziati chiamano Deep Time. È quella sensazione che io provo quando leggo alcuni romanzi che ti fanno respirare con le montagne. Tipo la Nube Purpurea di Shiel, Trilogia della città di K. di Kristóf.
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Tra i temi che più emergono parlando con te ci sono sicuramente la memoria, una certa nostalgia, la curiosità, un modo di creare anche poetico...Che ruolo ha per te la danza nella società di oggi? Innanzitutto, bisognerebbe capire quale danza, ci sono tante danze… quella in discoteca ha un ruolo, la danza di tradizione ha un altro ruolo, quella classica ecc. Se la domanda è che ruolo ha la danza che facciamo noi, credo che non abbia nessun ruolo ma semplicemente perché non deve averne uno. Ti rispondo citando un autore che si chiama Jonathan Gottschall che ha scritto un libro intitolato L’istinto di narrare. Nel suo testo cerca di capire come mai gli esseri umani, di fatto, procedano raccontandosi sempre delle storie. A un certo punto parla del rapporto tra due tribù immaginarie del passato. In una tribù le persone lavorano, mangiano, dormono tutto il giorno e basta e nell’altra invece oltre a fare queste cose i componenti perdono anche del tempo per stare davanti a un fuoco a raccontarsi delle storie. Lui dice: «chi ti immagini che in una potenziale lotta fra queste due vincerebbe?». L’istinto ti farebbe dire, vincono quelli che non si raccontano storie perché risparmiano del tempo e quindi hanno più forza ed energia. La realtà è che la storia ci dimostra che ha vinto l’altra tribù, quella delle storie che è quella da cui noi dipendiamo. L’essere umano per vivere ha bisogno anche di qualcosa che non ha una funzione specifica, che non mira alla sua sopravvivenza. Quindi l’idea è che la danza (e il suo ruolo) sia molto marginale ma essenziale; la sua ragione è misteriosa deve rimanere misteriosa. Penso veramente a questo. Cerchiamo di rispondere, ossessionati, a questa domanda che ci pone il mondo, ma a noi non interessa veramente. L’istituzione ha bisogno di capire perché ci finanzia, perché ne abbiamo bisogno, qual è il ruolo... Eh però la sfida è veramente uscire da quella dinamica. L' "istituzione" deve fidarsi di questo mistero che è sopravvissuto finora.
a cura di: Sofia Bordieri
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La costanza del freddo
Il freddo è il principio. Tutto passa dal freddo. Lo insegna la fisica stessa. Il freddo è la costante, il calore una variabile che passa da un corpo all'altro. Il nostro corpo si muove e nel generare energia provoca calore. Il calore si sposta ed è per un istante, non è perpetuo. Il freddo si.
Tanto vale quindi, non passare troppo tempo a cercare calore ma abituarsi al freddo. Abbracciarlo. Renderlo una comodità.
Il freddo arriva da nord. In genere trasportato dal vento. Lo sento le mattine di gennaio che bussa alle persiane della sala. Dove il profilo del Legnone si offre statico e sporcato da una neve che da troppo tempo non è più stabile. Dura troppo poco, meno del tempo necessario per capire quale linea percorrere.
Non è un mondo che conosciamo quello senza la costanza del freddo. Non è nostro.
Ricordo bene il giorno che il freddo divenne parte della mia forza. Ero in Engadina. Un giornata di sole, ma che portava vento. Surlej e San Gian in una traversata in cresta per poi scendere una linea all'interno di un ambiente severo. Rocce ovunque, canalini in un vallone a NW.
Finché sali tutto bene, quasi ti dimentichi dove sei e dove stai andando. Passo dopo passo, strisci le pelli cercando di essere più efficiente possibile. Sei così concentrato che ti dimentichi che ogni minuto che passa il sole si allontana da te e che il vento sta arrivando. Arriverà, è inevitabile, farà il suo e dovrai affrontarlo.
Puntuale arrivando alla sella del Surlej a 3188mt eccolo che scollina e mi cade sulla faccia con tutta la potenza che solo le raffiche da nord ti portano. E' freddo, come le cime oltre i 4000mt da dove è passato prima per prendere forma. Mi colpisce in maniera incessante. Ci devo fare i conti. Se voglio proseguire, devo accettare la costanza del freddo. Giro a NW per la cresta che porta sulla cime del pizzo. Non ho la corda né i ramponi. Normalmente ce la farei facilmente ma questo vento mette a dura prova il mio equilibrio. Deciso salgo, cercando di mettere i piedi nella maniera più stabile possibile. I miei punti d'appoggio due bastoni da skialp, gli sci in spalla mi sventolano sotto i colpi delle raffiche. E' duro ma anche estremamente affascinante. Passo dopo passo riesco ad arrivare alla mia cima. La prima delle due. La giornata è decisamente lunga. Sono ghiacciato. Non sento i piedi e la faccia è dura. Vedo la mia seconda cima: il San Gian, mi avvio. Ho la testa bassa per cercare di stare un po' fuori dalla morsa del freddo ma c'è poco da fare, è sempre lì. Forse mollo stavolta e faccio dietrofront. Forse è la scelta più giusta.
Il compromesso è cercare un'altra strada, il motivo è non accettare la realtà che viviamo. Una realtà estremamente resa più comoda di quello che dovrebbe essere. L'abbiamo trasformata. Resa facile. Sei facile? Ti basta esserlo? Non è sbagliato tornare indietro, né un segno di debolezza, ma bisogna chiedersi la profonda ragione per la quale si decide di tornare indietro.
Io non ho mai avuto una vita comoda. E non è una consepevolezza triste, è una consapevolezza e basta. Questa volta se torno indietro è perché non accetto una realtà di fondo, e la realtà è che il freddo è sempre stato una costante. Non voglio che la mia mente non lo accetti. Sarebbe come vivere senza accettare che devi morire e che il modo in cui accadrà, di base, non te lo scegli. Allora si prosegue, allora si prende consapevolezza che il freddo c'è sempre stato e che tornerà ancora e che altro modo non c'è se non quello di accettare la sua costanza. Accettare la pelle delle labbra e le mani spaccate dalla sua presenza. Il tremolio delle gambe e il mal di testa onnipresente.
Andrà tutto come deve andare e non è mai stato diverso da come è andato prima. Si prosegue. Arriva anche il San Gian e inizia la discesa. Il vento non c'è più ad ovest ma rimane tutto in ombra e il freddo è tutto dentro, addosso e attorno a me. L'ambiente è severo, mi punisce subito. Scio intra code di distacchi superficiali non pericolosi, li vedo saltare oltre le rocce nei canali sottostanti. Le gambe sono gelide, gli sci mi sembrano di cemento. Ogni curva è sofferta ma insiste alla ricerca di neve e pendenze migliori, arriveranno...bisogna solo farne ancora altre. Bisogna credere nella proprie capacità e umilmente proseguire la discesa. Continuo a cadere, sono sfinito. Arrivo verso l'ultimo vallone, forse un barlume di miglioramento... Nulla, ghiaccio puro. Il corpo in vetroresina dei miei 84 vibra, sono troppo veloce e troppo debole. Accetto la caduta. Volo, rotolo tanto, mi si toglie il casco, rompo la maschera e perdo gli sci. Mi fermo stremato sul pendio. Ho le lacrime agli occhi. Non ne posso più. La testa è pervasa da mille domande che arrivano tutte assieme. Tremo, non vorrei essere qui.
Cerco di prendere fiato e guardo il profilo delle montagne attorno a me che godono delle ultime ore di luce della giornata. L'unica costante è che fa freddo e che non cambierà nulla fino a che sarò alla macchina. L'unica costante era che non avevamo scelta fino a che la fortuna non avrebbe pagato i debiti di casa. Bisognava allora accettare che avremmo sofferto un altro po', e così facemmo. E così tolsero l'ipoteca dalla casa. Va bene, posso piangere un po' qui fuori. Le mani e le gambe sono le stesse, faranno il loro mestiere. Come lo fecero allora lo faranno oggi, e come è oggi fu allora...freddo.
Mi alzo, cerco i miei pezzi, come quando ti ho perso quella notte che ero lontano da te e al freddo da solo c'eri tu. Metto tutto assieme e mi avvio, devo fare le ultime curve come furono le tue ultime...piene di vita come sei sempre stato. Forte di motivazione sei sempre stato, danne un po' anche a me che anche questa la portiamo a casa. Scendo distrutto. Arrivano gli ontani e il bosco, vedo la pista di fondo. E' finita per oggi, è stata dura. Ha fatto freddo, molto freddo. Ma come è sempre stato. L'unica variabile è come deciderai di essere ancora una volta. Libero? Io cerco di esserlo.
Consapevole che farà freddo di nuovo.
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nanorecensioni sci-fi: Repo man 2010
allora non ha niente a che fare con Repo man del 1984.
Questo è molto più sci-fi e molto più suggestivo su diversi fronti.
La descrizione del mondo in cui si svolge è anche più completa e aiuta a perfezionare il quadro in cui la storia si svolge, senza rubare troppo tempo al dipanarsi della storia principale.
In fondo, va bene che le storie siano suggestive, ma non si può appaltare troppo lavoro a chi guarda, bisogna prendersi il rischio di proporre qualche cosa di nuovo.
In realtàroba proprio proprio nuova non ce n'è se non l'idea centrale del film. Ma rimane abbastanza suggestivo anche su più fronti.
Un po' di azione, abbastanza sci-fi senza strafare, cosa che rende facile fare hard sci-fi, abbastanza colpi di scena, per i miei gusti anche troppe emoZZZZioni.
Da guardare.
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