#scene sulla spiaggia
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Adoro questi post che mostrano i paralleli o le differenze.
E qui si nota che l'atmosfera e le emozioni di queste scene sono diverse.
Ma sono Belly e Conrad. E la spiaggia.
Ci sono così tante scene importanti per loro su quella spiaggia. Immagino che ce ne saranno altre in futuro.
In fondo è il loro posto speciale, no?
THE SUMMER I TURNED PRETTY s2e06 «love fest» // s2e02 «love scene»
#Bonrad#Belly x Conrad#OTP#The Summer I Turned Pretty#L'estate nei tuoi occhi#adoro i paralleli#parallels#scene sulla spiaggia#la spiaggia è il loro posto speciale
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"Non dimenticatemi"
Massimo Troisi ❤️
Camminando sulla spiaggia nera del Pozzovecchio, aleggia ancora l'anima di un personaggio forse tutt'oggi ancora troppo poco apprezzato nella sua vera grandezza.
Nn a Procida però, dove il suo ricordo è ancora vivo.
Diverse persone durante le riprese del "Il Postino" si accalcavano fuori le ringhiere del set per rubargli uno sguardo.
A Massimo.
Sempre gentile, simpatico, dicono.
Ma anche molto silenzioso.
Che si faceva vedere poco, e che aveva una controfigura per le scene in cui il postino andava in bicicletta, anche tra altre strade, oltre a quelle di Salina.
Quando a Corricella, Massimo ha girato la sua ultima scena, a fine set, tutti gli applausi sono per lui.
Massimo sorride, ringrazia.
Poi sale su un gozzo che lo sta per portare via.
Si gira verso il molo della Corricella.
"Nn dimenticatemi.", dice.
Saluta con la mano, sorride un'ultima volta.
Il giorno dopo, a Ostia, si spegne nel sonno.
Il tempo di lasciarci un'opera indimenticabile.
Che nn riesce a vedere realizzata.
Ultima di pochi film, ma sempre pieni di pensiero.
In una Napoli dove il sole, il famoso sole, c'è e nn c'è, dove un ragazzo nn vuole emigrare ma solo "viaggiare, conoscere...", dove se il Napoli perde col Cesena è un bel problema, dove basta perderti nella campagna per ritrovarti nel 1492 ("quasi millecinque"), o sederti su una sedia a rotelle perché nn sai affrontare la vita, dove parli dell'amore in tutte le sue forme, provando a pensare fino alla fine che sia soltanto "un calesse".
"Nn so cosa teneva d'int 'a capa", diceva Benigni.
Ma sicuramente "ha fatto più miracoli il suo verbo di quello dell'amato San Gennaro".
Il 4 Giugno 1994 ci lasciava il Grande Massimo❤️
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CHARLES MINGUS E ORSON WELLES
CAPODANNO AL FIVE SPOT
Capodanno 1959, seduto in prima fila, proprio sotto il contrabbasso di Mingus c’era Orson Welles, quasi un alter ego del jazzista, per genialità, esuberanza, fierezza, complessità. E anche per le tante disavventure artistiche. Per Mingus era un idolo, lo seguiva dai tempi radiofonici di The war of worlds, adorava Quarto potere (dove in una scena c'era il suo amico d'infanzia Buddy Collette che suonava il sax in una festa sulla spiaggia), ammirava il suo modo di vestire, il suo impegno politico (sempre in prima linea per la difesa dei diritti civili, il suo Macbeth tutto nero è del 1936), la sua voce (“mi ricorda Coleman Hawkins. Potevi sentirla a un miglio di distanza”). E non era il solo jazzista a essere stato sedotto dalla voce radiofonica di Orson Welles, anche Miles Davis lo citava come un’influenza sul suo modo di suonare: “Fraseggio, tono, intonazione: tutte queste cose possono avere come modello un maestro della parola”.
Il 1959 sarà un anno d’oro del jazz per quantità, qualità, creatività. Al Five spot, piccolo, fumoso, maleodorante locale di Bowery, scelto come luogo di riferimento da artisti e intellettuali, l'anno comincia con un formidabile double bill: sono di scena, uno dopo l’altro, Sonny Rollins, alla testa di un trio con il bassista Henry Grimes e con il batterista Pete La Rocca, e Charles Mingus con il pianista Horace Parlan, il batterista Roy Haynes (che sostituisce il fedelissimo Dannie Richmond arrestato) e i sassofonisti Booker Ervin e John Handy. È la prima sera dell’anno, ma nel club di Bowery dei fratelli Joe e Iggy Termini è anche l’ultimo impegno di quel prestigioso, favoloso cartellone con Mingus molto irrequieto per tutta la scrittura. Aveva appena registrato la musica per il film di John Cassavetes Shadows, una colonna sonora bocciata nel rimontaggio finale (la stessa cosa sarebbe successa anni dopo con Todo modo di Petri), aveva ripreso i suoi musicisti brutalmente e una volta aveva minacciato violentemente i clienti di un tavolo che, durante il suo set, non smettevano di parlare. Oltretutto ogni sera tendeva ad allargare il suo set e Sonny si inferociva, talvolta rifiutandosi di suonare. Ma era un gran clima, entusiasmante e effervescente. Rollins era in un momento di transizione, alla vigilia di un ritiro clamoroso per rinnovare il linguaggio del suo sax tenore con il leggendario e solitario corso di aggiornamento stilistico sul ponte di Williamsburg: «In un posto tranquillissimo, un angolo morto che oggi sarebbe impossibile ritrovare con il traffico che c’è» il suo racconto, dove poteva esercitarsi liberamente.
Anche Welles, come Mingus, era reduce da una delusione cinematografica: la Universal gli aveva tolto di mano la post-produzione del nuovo film, L’infernale Quinlan, ne aveva tagliato una ventina di minuti e aveva fatto girare nuove scene, modificando il primo montaggio. Più o meno nello stesso periodo era finito in soffitta un documentario intitolato Viva Italia (Portrait of Gina) perché Gina Lollobrigida aveva messo un veto, non gradendo il suo ritratto di giovane attrice ambiziosa e la Abc tv lo aveva bocciato ritenendolo cosi poco ortodosso da non poter essere trasmesso. Era un film di mezz’ora scarsa sull’Italia, paese che Orson ha frequentato per 20 anni (la terza moglie è stata l’attrice italiana, Paola Mori). Dopo un lungo oblio (Orson aveva perduto l'unica copia esistente all'Hotel Ritz di Parigi) è stato riscoperto nel 1986, proiettato al festival di Venezia ma poi di nuovo bandito su intervento della Lollobrigida.
La presenza del regista di Quarto potere al Five spot non era casuale
Nel club di Bowery si poteva incontrare chiunque, da Jack Kerouac che leggeva le sue poesie, alla mitica baronessa Pannonica de Koenigswater scesa dalla sua Rolls Royce, a William de Kooning che voleva respirare la libertà del jazz, a Leonard Bernstein che si divertiva a curiosare nella notte, allo scrittore Norman Mailer con la sua passione per quella musica. Ma la musica da sempre è stata una grande passione di Welles. La mamma pianista gli aveva fatto prendere lezioni di piano e violino e Orson aveva anche mostrato un certo talento, tanto da essere considerato un ragazzo prodigio. In gioventù era stato un grande sostenitore del jazz di New Orleans, ma sicuramente ammirava Charles Mingus per la sua musica e la sua personalità, il suo impegno, il suo agire tellurico.
(Marco Molendini)
Non potevo non condividerlo.
Due miei ingombranti miti nella stessa foto, nello stesso locale, nello stesso articolo.
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Vorrei abitare in una piccola casetta in campagna, un piccolo cottage immerso nella natura, oppure in una casetta in riva al mare, la spiaggia a pochi passi e circondata dalla bellezza della natura.
Sarebbe piccola, curata e pulita, ci sarebbe profumo di pane e di biscotti, mi piacerebbe prepare dolci ed altre lecornie per i miei vicini, parenti, amici e conoscenti.
Magari coltivare un piccolo orto e qualche fiore, nel caso della casa in campagna, oppure raccogliere conchiglie e passeggiare lungo il bagno asciuga.
Sedermi all'ombra di una grande quercia oppure sulla sabbia ancora calda a leggere un buon libro o godermi il sorgere ed il tramontare del sole, magari in compagnia di uno o più gatti, mi piacerebbe averne uno nero, ma andrebbe bene qualsiasi cucciolo.
Ci sarebbe odore di buono, profumo di vita e suoni felici.
Sono solo fantasie, ma è come se un pochino le potessi toccare se solo chiudo gli occhi, se posso sognarlo posso farlo, quindi spero presto di vedervi arrivare in una di queste scene e sorridervi dicendo: " visto" ?
-umi-no-onnanoko (@umi-no-onnanoko )
#life#vita#umi-no-onnanoko#pensieri#thoughts#writing#writer#write#scrivere#scrittrice#scrittura#21.04.23#casa#home#sogni#dreams
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Scene caotiche in Grecia: turisti costretti a camminare nell'acqua con i bagagli in testa per raggiungere la spiaggia Un video diventato virale sui social, e che sta generando molte discussioni sui media locali, mostra la coda di vacanzieri nelle acque cristalline della spiaggia di Balos. Portano gli zaini e le borse sulla testa per non bagnarsi. Poco prima hanno dovuto lasciare il traghetto dal portellone con l'aiuto di corde e dell'equipaggio. I bambini piccoli e gli anziani sono dovuti rimanere sull'imbarcazione per motivi di sicurezza. Un turista statunitense ha descritto a «Zarpanews» la situazione come «inaccettabile». «La maggior parte delle persone è rimasta sulla nave per paura. Solo una quarantina sono scese, ma sono tornate arrabbiate e molto deluse». Un altro turista ha spiegato così la vicenda: «A differenza della mia precedente esperienza nel 2021, questa volta non sono stato informato che la nave non attraccava più a Balos. Invece, adesso si ferma a dieci metri dalla riva, costringendo i passeggeri a camminare in acque profonde. Lo sbarco è stato caotico e frustrante. Ci sono volute quasi due ore per far scendere tutti dalla nave». Come scrive il portale greco «Flashnews», le autorità hanno vietato l'installazione di una piattaforma galleggiante per paura del turismo di massa. Dopo le polemiche, riporta la stampa ellenica, ora pare che la piattaforma galleggiante possa essere costruita.
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SOLEMUTO
presenta
BRAVI RAGAZZI..
il primo video tratto dall'album
L’ULTIMO CROMANTICO
GUARDA IL VIDEO
youtube
Il tema della violenza sulle donne è purtroppo dolorosamente attuale: se ne è parlato e se ne parla ampiamente, senza che, però, si trovi una soluzione concreta.
La violenza non è solo fisica, ma anche verbale, attraverso la privazione della libertà, parole che feriscono e umiliano, gesti che terrorizzano e mortificano la donna.
Questo video racconta, con assoluto rispetto e delicatezza, ma al tempo stesso rabbia, come il "bravo ragazzo" spesso indossi una maschera che nasconde la sua vera natura del manipolatore, del violento, che - a poco a poco - priva la sua donna della libertà che le spetta.
Un uomo che non ha pietà, e il cui ego prevale brutalmente sulla persona che gli sta accanto.Nel video compare una scritta Stai Zitta, tratta dal libro di Michela Murgia, assieme ad altre frasi che contribuiscono ad alimentare il senso di colpa nella donna e arrivano dritte al cuore come uno schiaffo.
Alle scene riprese sulla spiaggia di Marina Julia, e ad altre girate all'interno (grazie alla preziosa collaborazione del fotografo Davide Zugna), sono alternate le immagini riprese al Parco di Villa Bazzoni a Trieste: un muro delle "Bambole".
Il progetto si chiama Wall of Dolls - Il Muro delle Bambole, ed è un'installazione artistica permanente (ma removibile) contro il femminicidio, già presente in altri comuni italiani. A Trieste è stata inaugurata il 27 novembre 2022 in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Il disco
“SOLEMUTO” è un “one-man-project”, un progetto nato da esclusivamente da Adriano GIammanco (cantante, chitarrista, e autore), dalla composizione fino alla realizzazione finale (musiche, registrazioni, mix e master).
SOLEMUTO si ispira alla musica rock degli anni ’60-’70 fino agli anni ’90, con particolare riferimento alla scena alternativa straniera (Soundgarden, Pearl Jam, Alice in Chains) e italiana di quegli anni (Timoria, AfterHours, Karma), senza dimenticare le proprie radici melodiche (Battisti e Ivan Graziani).
L’idea di fondo è proprio quella: coniugare il linguaggio del rock con la melodia e i testi in italiano; cercare di “piegare” la lingua dello stivale agli stilemi del rock. Operazione non sempre facile, ma decisamente stimolante.
Ne “L’ultimo Cromantico” siracconta un viaggio, un viaggio nelle personalità e nelle vite di molte persone: si passa dall’ineluttabilità del tempo (“Materia Cromatica”), alla manipolazione (“Marcio”), agli amori perduti (“Racconti” e “Creami Qualcosa”), ai rapporti tossici e disfunzionali (“Cuore Nero”), fino alla rabbia intergenerazionale (“Tu non mi hai mai visto”), senza soluzione di continuità., in un susseguirsi di eventi raccontati di guarda, osserva, e parla.
Perché SoleMuto non è Muto.
Lui parla, forte e chiaro. Ti ascolta, e non ti giudica. Ti avvolge, e non ti soffoca.
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SOLEMUTO
presenta
BRAVI RAGAZZI..
il primo video tratto dall'album
L’ULTIMO CROMANTICO
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Il tema della violenza sulle donne è purtroppo dolorosamente attuale: se ne è parlato e se ne parla ampiamente, senza che, però, si trovi una soluzione concreta.
La violenza non è solo fisica, ma anche verbale, attraverso la privazione della libertà, parole che feriscono e umiliano, gesti che terrorizzano e mortificano la donna.
Questo video racconta, con assoluto rispetto e delicatezza, ma al tempo stesso rabbia, come il "bravo ragazzo" spesso indossi una maschera che nasconde la sua vera natura del manipolatore, del violento, che - a poco a poco - priva la sua donna della libertà che le spetta.
Un uomo che non ha pietà, e il cui ego prevale brutalmente sulla persona che gli sta accanto.Nel video compare una scritta Stai Zitta, tratta dal libro di Michela Murgia, assieme ad altre frasi che contribuiscono ad alimentare il senso di colpa nella donna e arrivano dritte al cuore come uno schiaffo.
Alle scene riprese sulla spiaggia di Marina Julia, e ad altre girate all'interno (grazie alla preziosa collaborazione del fotografo Davide Zugna), sono alternate le immagini riprese al Parco di Villa Bazzoni a Trieste: un muro delle "Bambole".
Il progetto si chiama Wall of Dolls - Il Muro delle Bambole, ed è un'installazione artistica permanente (ma removibile) contro il femminicidio, già presente in altri comuni italiani. A Trieste è stata inaugurata il 27 novembre 2022 in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Il disco
“SOLEMUTO” è un “one-man-project”, un progetto nato da esclusivamente da Adriano GIammanco (cantante, chitarrista, e autore), dalla composizione fino alla realizzazione finale (musiche, registrazioni, mix e master).
SOLEMUTO si ispira alla musica rock degli anni ’60-’70 fino agli anni ’90, con particolare riferimento alla scena alternativa straniera (Soundgarden, Pearl Jam, Alice in Chains) e italiana di quegli anni (Timoria, AfterHours, Karma), senza dimenticare le proprie radici melodiche (Battisti e Ivan Graziani).
L’idea di fondo è proprio quella: coniugare il linguaggio del rock con la melodia e i testi in italiano; cercare di “piegare” la lingua dello stivale agli stilemi del rock. Operazione non sempre facile, ma decisamente stimolante.
Ne “L’ultimo Cromantico” siracconta un viaggio, un viaggio nelle personalità e nelle vite di molte persone: si passa dall’ineluttabilità del tempo (“Materia Cromatica”), alla manipolazione (“Marcio”), agli amori perduti (“Racconti” e “Creami Qualcosa”), ai rapporti tossici e disfunzionali (“Cuore Nero”), fino alla rabbia intergenerazionale (“Tu non mi hai mai visto”), senza soluzione di continuità., in un susseguirsi di eventi raccontati di guarda, osserva, e parla.
Perché SoleMuto non è Muto.
Lui parla, forte e chiaro. Ti ascolta, e non ti giudica. Ti avvolge, e non ti soffoca.
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SOLEMUTO
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Il tema della violenza sulle donne è purtroppo dolorosamente attuale: se ne è parlato e se ne parla ampiamente, senza che, però, si trovi una soluzione concreta.
La violenza non è solo fisica, ma anche verbale, attraverso la privazione della libertà, parole che feriscono e umiliano, gesti che terrorizzano e mortificano la donna.
Questo video racconta, con assoluto rispetto e delicatezza, ma al tempo stesso rabbia, come il "bravo ragazzo" spesso indossi una maschera che nasconde la sua vera natura del manipolatore, del violento, che - a poco a poco - priva la sua donna della libertà che le spetta.
Un uomo che non ha pietà, e il cui ego prevale brutalmente sulla persona che gli sta accanto.Nel video compare una scritta Stai Zitta, tratta dal libro di Michela Murgia, assieme ad altre frasi che contribuiscono ad alimentare il senso di colpa nella donna e arrivano dritte al cuore come uno schiaffo.
Alle scene riprese sulla spiaggia di Marina Julia, e ad altre girate all'interno (grazie alla preziosa collaborazione del fotografo Davide Zugna), sono alternate le immagini riprese al Parco di Villa Bazzoni a Trieste: un muro delle "Bambole".
Il progetto si chiama Wall of Dolls - Il Muro delle Bambole, ed è un'installazione artistica permanente (ma removibile) contro il femminicidio, già presente in altri comuni italiani. A Trieste è stata inaugurata il 27 novembre 2022 in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Il disco
“SOLEMUTO” è un “one-man-project”, un progetto nato da esclusivamente da Adriano GIammanco (cantante, chitarrista, e autore), dalla composizione fino alla realizzazione finale (musiche, registrazioni, mix e master).
SOLEMUTO si ispira alla musica rock degli anni ’60-’70 fino agli anni ’90, con particolare riferimento alla scena alternativa straniera (Soundgarden, Pearl Jam, Alice in Chains) e italiana di quegli anni (Timoria, AfterHours, Karma), senza dimenticare le proprie radici melodiche (Battisti e Ivan Graziani).
L’idea di fondo è proprio quella: coniugare il linguaggio del rock con la melodia e i testi in italiano; cercare di “piegare” la lingua dello stivale agli stilemi del rock. Operazione non sempre facile, ma decisamente stimolante.
Ne “L’ultimo Cromantico” siracconta un viaggio, un viaggio nelle personalità e nelle vite di molte persone: si passa dall’ineluttabilità del tempo (“Materia Cromatica”), alla manipolazione (“Marcio”), agli amori perduti (“Racconti” e “Creami Qualcosa”), ai rapporti tossici e disfunzionali (“Cuore Nero”), fino alla rabbia intergenerazionale (“Tu non mi hai mai visto”), senza soluzione di continuità., in un susseguirsi di eventi raccontati di guarda, osserva, e parla.
Perché SoleMuto non è Muto.
Lui parla, forte e chiaro. Ti ascolta, e non ti giudica. Ti avvolge, e non ti soffoca.
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Il tema della violenza sulle donne è purtroppo dolorosamente attuale: se ne è parlato e se ne parla ampiamente, senza che, però, si trovi una soluzione concreta.
La violenza non è solo fisica, ma anche verbale, attraverso la privazione della libertà, parole che feriscono e umiliano, gesti che terrorizzano e mortificano la donna.
Questo video racconta, con assoluto rispetto e delicatezza, ma al tempo stesso rabbia, come il "bravo ragazzo" spesso indossi una maschera che nasconde la sua vera natura del manipolatore, del violento, che - a poco a poco - priva la sua donna della libertà che le spetta.
Un uomo che non ha pietà, e il cui ego prevale brutalmente sulla persona che gli sta accanto.Nel video compare una scritta Stai Zitta, tratta dal libro di Michela Murgia, assieme ad altre frasi che contribuiscono ad alimentare il senso di colpa nella donna e arrivano dritte al cuore come uno schiaffo.
Alle scene riprese sulla spiaggia di Marina Julia, e ad altre girate all'interno (grazie alla preziosa collaborazione del fotografo Davide Zugna), sono alternate le immagini riprese al Parco di Villa Bazzoni a Trieste: un muro delle "Bambole".
Il progetto si chiama Wall of Dolls - Il Muro delle Bambole, ed è un'installazione artistica permanente (ma removibile) contro il femminicidio, già presente in altri comuni italiani. A Trieste è stata inaugurata il 27 novembre 2022 in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Il disco
“SOLEMUTO” è un “one-man-project”, un progetto nato da esclusivamente da Adriano GIammanco (cantante, chitarrista, e autore), dalla composizione fino alla realizzazione finale (musiche, registrazioni, mix e master).
SOLEMUTO si ispira alla musica rock degli anni ’60-’70 fino agli anni ’90, con particolare riferimento alla scena alternativa straniera (Soundgarden, Pearl Jam, Alice in Chains) e italiana di quegli anni (Timoria, AfterHours, Karma), senza dimenticare le proprie radici melodiche (Battisti e Ivan Graziani).
L’idea di fondo è proprio quella: coniugare il linguaggio del rock con la melodia e i testi in italiano; cercare di “piegare” la lingua dello stivale agli stilemi del rock. Operazione non sempre facile, ma decisamente stimolante.
Ne “L’ultimo Cromantico” siracconta un viaggio, un viaggio nelle personalità e nelle vite di molte persone: si passa dall’ineluttabilità del tempo (“Materia Cromatica”), alla manipolazione (“Marcio”), agli amori perduti (“Racconti” e “Creami Qualcosa”), ai rapporti tossici e disfunzionali (“Cuore Nero”), fino alla rabbia intergenerazionale (“Tu non mi hai mai visto”), senza soluzione di continuità., in un susseguirsi di eventi raccontati di guarda, osserva, e parla.
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Lui parla, forte e chiaro. Ti ascolta, e non ti giudica. Ti avvolge, e non ti soffoca.
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Il sindaco di Cutro Antonio Ceraso: "Se non si bonifica il mare, chi verrà più sulla nostra costa?"
Su quella spiaggia, domenica 26 febbraio, “è stato peggio di una scena di guerra. Vedere quei corpi inermi, tutti nudi perché il mare li ha spogliati di tutto, è stato terribile. Ho visto corpi di donne e bambini sulla spiaggia, scene che rimarranno impresse per sempre. Ho visto corpi senza vita recuperati dal mare. Non riesco a parlarne senza piangere ancora. È stata un’ecatombe, non…
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Sono in ritardissimo, ma ho appena finito di vedere il docufilm; non so che opinioni dare, ci sono parti molto trash e divertenti, tipo:
Lucia che si contraddice 94 volte al secondo, che prima dice che non capisce nulla di calcio anche se quche anno fa metteva post di lei allo stadio; quando ha detto che Fede fa parte di quell'ambiente anche se non ne fa parte, anche se come detto prima non ne sapeva nulla di calcio, però ora capisce anche com'è il mondo del calcio e l'ambiente? (Che poi dove in che modo non fa parte di quel mondo? Letteralmente Fede c'ha due Ferrari e una Lamborghini, ti porta alle Maldive, e rompe i coglioni come qualunque altro calciatore 😂, sta frase la si poteva dire quando era alla Fiorentina e girava con la Mini e diceva che non voleva macchinoni, lì sì che sembrava un ragazzotto come tutti gli altro 🤣. No comunque davvero, non ho capito cosa intedesse, letteralmente ogni persona è diversa nel calcio, e lei non ne capisce di calcio, quindi cosa vuol dire che è una parte a sé stante e che si è innamorata per quello? Cioè all'inizio inizio della loro relazione, perché stava con lui se non conosceva il calcio? Perché ha detto che si è innamorata del fatto che lui è una parte a sé stante del calcio, ma se lei non conosceva e non ne sapeva niente del calcio (anche se metteva foto allo stadio) di cosa si era innamorata all'inizio?) (Sì ok, questo non c'entra con l'infortunio, non lo conto, era solo una mia curiosità 😂);
Le scene di Fede da solo nello stadio anche, sono un gran boh e non le ho capite, ok il contesto, ma anche no 😂;
La scena dallo psicologo al 95% recitata (e menomale), no davvero non riesco a credere che quella scena sia vera, non penso che qualcuno riesca a parlare con lo psicologo con le telecamere puntate. Sicuramente le sedute dallo psicologo le avrà fatte, ma quella scena era solo per darci un assaggino di quello che era;
La scena della graduation di suo fratello che non c'entra una beneamata mazza, non si sa perché ci sia;
Non si vede neppure una volta Fede piangere, questo può farmi sembrare sadica, ma non mi è piaciuto che non ce ne fosse neanche una, avrebbe fatto capire meglio emozioni e sentimenti e ci avrebbe fatto avvicinare di più a lui (ma che mi lamento a fare che già lo avranno forzato a fare sto docufilm🤣);
"L'intervista" finale a Lucia un altro grande boh, preferivo parlasse Fede e non lei;
Le scene in famiglia sì, ma alcune le avrei evitate, perché non c'entravano nulla;
Anche le scene di Lucia e Fede in spiaggia le avrei tolte, ma quella del tavolo è carina dai 🙃, anche se pure quella non c'entra granché, forse solo per far capire com'è fuori dal campo? Ma tutto il docufilm non era dedicato a quello?
Troppe parti tagliate, ad esempio l'intoppo avvenuto ad agosto/settembre;
Il finale troppo aperto, non mi ha dato di nulla;
Troppo, davvero troppo breve, un'ora e venti per 10 mesi di infortunio anche no;
Considerazioni finali: Nel contesto va bene come docufilm, ma è fatto malino e si concentra meno rispetto a quello che pensavo; alcuni eventi sono stati tagliati e questo mi ha delusa; troppa concentrazione sulla sua vita quando avrei preferito altro; Lucia poteva esserci o non esserci non sarebbe cambiato nulla, davvero non aggiunge nulla di che; alcune scene come ho già detto non le ho capite; davvero troppo breve, poteva essere almeno di due orette, dai.
Voto: 4½ su 10
(Ovviamente sono pareri miei personali, siete liberi di pensarla come volete)
Sei stata molto severa 😂 c'è a chi è piaciuto e a chi no, è normale. Anch'io avrei tolto alcune scene o messo altro, dato che il materiale c'era. Mi sono dispiaciuti gli errori (?) temporali. Da un lato, spero siano semplicemente errori e non ci siano motivi loschi dietro.
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Cremona, “Pictura Tacitum poema. Miti e paesaggi dipinti nella domus di Cremona”
Cremona, “Pictura Tacitum poema. Miti e paesaggi dipinti nella domus di Cremona”. È una mostra di storie, oltre che di Grande Storia, quella che il Museo Civico Archeologico di Cremona, in collaborazione con la Soprintendenza di territorio, propone dal 10 febbraio al 21 maggio al Museo del Violino, a cura di Nicoletta Cecchini, Elena Mariani, Marina Volonté. A esplicitarlo è già il titolo: “Pictura Tacitum poema. Miti e paesaggi dipinti nelle domus di Cremona”, che si rifà alla celebre frase attribuita a Cicerone “Si poema loquens pictura est, pictura tacitum poema esse debet” (“se la poesia è una pittura parlante, la pittura dev’essere una poesia silenziosa”). Grande Storia, come quella della terribile “Battaglia di Cremona” che nel ’69 dopo Cristo, l’”Anno dei 4 Imperatori”, abbandonava sulle rovine della città, “una catasta di corpi che sfiora in altezza i frontoni del tetto”, come annotò Plutarco. Storie, come quelle splendidamente raccontate sui muri delle ricche residenze cremonesi, dilaniate dalla violenza della battaglia e annerite dagli incendi. Testimoniate da migliaia e migliaia di frammenti riemersi, un ventennio fa, dal sottosuolo. Frammenti recuperati, catalogati, in parte restaurati e, per quanto possibile, riconnessi. A ritrovare le scene affrescate che impreziosivano le domus cremonesi. Storie, come quelle dipinte nella “Stanza di Arianna” dalla Domus del Ninfeo. I tre grandi affreschi di epoca augustea raccontano altrettanti momenti del mito cretese: prima abbandonata da Teseo dopo l’impresa dell’uccisione del Minotauro, in seguito scoperta da Dioniso addormentata sulla spiaggia dell’isola di Nasso, Arianna appare infine sposa trionfante del dio stesso. Le pitture ritrovate nel 2002 negli scavi di piazza Marconi, e in quelli successivi, testimoniano di una raffinata cultura artistica e, insieme, le tante storie della casa e le passioni dei suoi proprietari. Accanto al tema di Arianna, gli affreschi cremonesi riportano a quelli del culto dei lari ed evidenziano un gusto per l’Egitto, entrambi temi ben rappresentati negli affreschi della Domus di Candelabri dorati, altra sfarzosa residenza cremonese oggetto della mostra. Al larario dipinto sulle pareti di questa domus vengono affiancati in mostra preziosi bronzetti votivi dall’Archeologico di Mantova, e Lari da quello di Ostia insieme a un dipinto con il medesimo soggetto da Pompei. Così come il fregio cremonese con nani e pigmei viene raffrontato a una analoga raffigurazione da Ostia. Le rappresentazioni di gusto nilotico ci raccontano di come, già in epoca antica, il fascino della civiltà egizia riscuotesse ampio seguito. Anche qui un importante raffronto con reperti egizi concessi dall’Archeologico di Firenze. Come gli affreschi pompeiani, concessi dal Museo Nazionale Archeologico di Napoli, propongono un confronto visivo sul Mito di Arianna. Sullo stesso tema, lo splendido coperchio di sarcofago proveniente dalla Villa d’Este di Tivoli e una testa rinascimentale di Arianna dormiente, da Firenze. A completare questa emozionante mostra sono la ricostruzione immersiva della Stanza di Arianna e una serie di postazioni video che documentano le vicende di scavo nella Cremona Romana e il lavoro di restauro e ricerca che sui reperti sono stati condotti dal Centro per la Conservazione e Restauro de “La Venaria Reale” e dal Laboratorio Arvedi dell’Università di Pavia. Il naturale completamento del percorso espositivo allestito al Museo de Violino è offerto nel Museo Archeologico in San Lorenzo. Qui i brani della vicenda romana cremonese trovano il loro completamento. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Questo uomo no, #129 - Quello che siamo tutti sulla stessa barca
*
Ricomincio ad andare, ogni tanto, quando posso, sulla spiaggia, e ricomincio ad assistere a quelle scene di ordinario razzismo che si consumano lì, continuamente. Chi sta comodamente a prendere il sole mercanteggia l’acquisto di qualcosa con il nero o la nera che passano tra gli ombrelloni, evitando accuratamente di accorgersi delle innumerevoli differenze in azione in quel banale rapporto solo apparentemente commerciale. Ieri l’ultima schifosa battuta sentita ad alta voce: “no scusa, dieci euro non te li posso dare, non è che noi pure possiamo spendere tanto, c’abbiamo problemi anche noi, ti vorrei aiutare ma è così, in fondo siamo tutti sulla stessa barca”.
Siamo sulla stessa barca? Davvero?
Alika Ogochukwu su quale barca era?
Sulla sua barca è stato possibile che un tizio, per un motivo qualsiasi ma certamente sbagliato e ingiusto, ha potuto ammazzarlo di botte davanti a decine di persone che per lunghi minuti hanno assistito alla sua aggressione senza impedirla, senza coinvolgere i loro corpi - erano su un’altra barca? - in quella lotta per lui mortale.
Sì, lunghi minuti. Perché per ammazzare qualcuno di botte ci vuole tempo. Ci vogliono molti colpi, colpi che fanno male, che provocano dolore, lamentele, urla; colpi che fanno un rumore molto particolare, distinguibile e riconoscibile, di carne che si illividisce, di ossa che scricchiolano, di arti che si afflosciano. Suoni e rumori che molti hanno sentito, e che adesso porteranno con sé per sempre - o forse dalla barca di Alika non viene nessun suono?
Sì, lunghi minuti, come anche si vede dalle riprese fatte dalle persone presenti. Che non sono intervenute con i loro corpi in mezzo ai due corpi in lotta, ma hanno fatto intervenire le loro telecamere. Quello che succede alle persone quando una telecamera si frappone tra i corpi e la realtà lo disse già Walter Benjamin in un saggio scritto quasi novant’anni fa. Il titolo era lungo e buffo, sicuramente qualche volta vi avrà fatto sorridere. È un saggio difficile da leggere, lo so, ma anche perché è difficile superare l’abisso di indifferenza che quelle parole di Benjamin descrivono spalancarsi tra noi e le vite che riprendiamo con una telecamera.
Su quale barca era Walter Benjamin? Ah, già. La telecamera di Alika, come volevasi dimostrare, se l’è presa il suo aggressore.
Alika Ogochukwu è stato ucciso dal razzismo, perché non era sulla stessa barca di chi aveva intorno, anche se viveva sullo stesso marciapiede, nelle stesse strade della stessa città, nello stesso paese. Come non lo sono tuttə i neri e le nere italianə per nascita e cultura; come non lo sono tuttə i neri e le nere che passano per questo paese per andarsene in un altro ma rimangono qui imprigionati da una burocrazia razzista; e quellə che rimangono anche non volendo, allora rubano il lavoro o sono put****, o tutt’e due.
Razzismo e sessismo e tutte le altre forme discriminatorie sono quelle che producono quelle opportunistiche metafore, quelle immagini così poetiche e piene di violenta indifferenza che servono a uccidere e a non sentirsi complici di chi uccide. “La stessa barca”, “il mercato”, “l’amore”, “il destino”, “la provvidenza”, “la passione”, “il raptus”, “la politica”... uh, quante barche.
Tu in che barca stai?
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House of the Dragon 1x02 Stagione 1 Episodio 2 online serie TV streaming ita gratis completo
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Il trailer di due minuti e tredici secondi racchiude un sacco di filmati dal resto della prima stagione di House of the Dragon. Inizia con una ripresa di Rhaenyra su Syrax che arriva a Roccia del Drago, con grande shock di Otto Hightower (Rhys Ifans) e dei suoi uomini. voce fuori campo della giovane Rhaenyra. Poi otteniamo alcune scene inquietanti di cameriere che si affrettano, qualcuno che "si fa da solo libero" e figure avvolte nell'ombra. Nella voce fuori campo, il giovane Rhaenyra dice lentamente: "Dal mio sangue viene il principe che era stato promesso, e la sua volontà sarà il canto del ghiaccio e del fuoco".
Vediamo Rhaenyra cavalcare in modo aggressivo attraverso i boschi e poi la scena si interrompe su Otto Hightower che dice a un vecchio Alicent: "Nessun re è mai vissuto che non abbia dovuto rinunciare alla vita di pochi per proteggere i molti". Il trailer si interrompe quindi su una scena di devastazione su una spiaggia. C'è un primo piano di granchi che strisciano verso una mano dall'aspetto morto.
Poi Viserys sta arringando un Demone dai capelli corti davanti al Trono di Spade. Con il pugnale alla gola di Daemon, Viserys dice: "Non sei un conquistatore. Sei una piaga”. Passiamo quindi a Rhaenyra che balla a una grande festa. Corlys dice: "Le nostre case sono legate da una causa comune". Vediamo il sangue gocciolare lungo un paio di mani strette, una rapida ripresa di alcuni bambini (a cui arriveremo) e un uomo e una donna incinta in piedi davanti a un falò.
Vediamo quindi un drago ruggire, Rhaenrya sulla schiena del drago, qualcuno con i capelli biondo ghiacciato che accoltella qualcosa e un demone maltrattato che guarda quella che potrebbe essere una scena di battaglia. Daemon dice a voce fuori campo: "Forse, ma ci sarà sangue". C'è poi un super taglio di draghi che volano, uomini che intagliano frecce, scene di battaglia con spade e draghi, un ragazzo con una maschera da brivido e un gigantesco drago volante.
Quindi è solo un intertitolo che dice "HBO Original | Il Trono di Spade, La Casa del Drago, la domenica alle 21.
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... Quel giorno rubammo la libertà al lavoro, per fuggire assieme esuli in una gita irriverente. Un giorno definitivo, maledetto.
La costiera amalfitana era incantevole, più del solito, forse rifletteva la serenità dei nostri sguardi rimandandoci un’immagine di intatta magia. Fuori della stagione balneare il mare è recalcitrante a ospitarti in casa, in pantofole e vestaglia aveva lo sguardo assonnato bonariamente irritato per averlo destato dal suo letargo autunnale, ma noi con discrezione ci eravamo avvicinati alla riva fasciandoci i piedi di schiuma bianca, e respirando con forza il tepore del sole per riscaldarci. Eravamo soli sulla spiaggia. Camminammo a lungo senza troppe parole; era bello esserci, partecipare alla mirabolante avventura della natura che moltiplicava i suoi tentacoli per avvilupparti ed effondere il suo alito resinoso. Eravamo parte del cosmo, mentre anche il cinismo quotidiano che avrebbe evidenziato la retorica contenuta da certe affermazioni, era messo da parte, sigillato in una bottiglia alla deriva, dimenticato a casa assieme all’orologio. Quando ci allontanammo dalla spiaggia erano le prime ore del pomeriggio. Andar via non fu semplice, per l’insistenza della sabbia che ci esortava a rimanere insinuandosi tra le calze e le scarpe, pregandoci di non lasciarla sola per un intero inverno. Una giornata indimenticabile disse Vic, che continuava a scavare con le sue parole dei solchi indelebili in un ricordo che sarebbe diventato l’ultimo che avrei avuto di lei. I suoi capelli nerissimi assorbivano la luce del sole, cedendola nei suoi occhi scuri, nel suo sorriso impreciso. Ho rivisto infinite volte negli ultimi dieci mesi queste scene, mi ripassavano davanti agli occhi come un film senza sonoro. Ho rivisto Vic e me parlare, sorridere, scherzare, senza che un solo suono desse calore ai miei ricordi.
In auto, sulla strada del ritorno, le curve rocciose della costiera erano assai poco frequentate nelle prime ore pomeridiane. Forse la velocità era eccessiva, forse soltanto la concentrazione sulla guida non sufficiente. Vic spinse la nuca all’indietro sul poggiatesta del sedile inarcandosi in un sorriso beato. Mi piaceva vederla sorridere, leggerle sul volto una gioia di vivere che tanto raramente riuscivo a provare anch’io, e che per lei al contrario era quasi uno stato abituale, una dimensione quotidiana. Il sorriso che cerco ancora quando ripenso a lei, un sorriso con cui coprire l’innaturale espressione di terrore che impresse sull’ultimo istante della sua vita e che mi turba ogni volta che sogno il suo viso. Ero rivolto verso di lei, e sorridevo, lei dileggiava le mie piccole fissazioni, e io le accentuavo per darle modo di prendersi gioco di me. Poi dentro i suoi occhi vidi suicidarsi repentinamente l’allegria e nascere lo sgomento. Si accorse per prima dell’autobus, sbucato da dietro una curva, che ci veniva contro. La nostra automobile viaggiava al centro della carreggiata. Forse fu solo un’impressione, ma quando guardai attraverso il parabrezza il pachiderma meccanico che ci fronteggiava fui certo della prossima collisione e tentai di evitare lo scontro frontale con una frenata istintiva quanto letale. L’auto sbandò prima a sinistra, sfiorando il muretto che delimitava lo strapiombo, quindi ritornò, ormai senza controllo, verso la parete rocciosa sul lato destro della strada. Lungo i fianchi della lingua d’asfalto che s’insinua nelle sue viscere, la montagna è imbavagliata da una rete metallica per impedire che possa espellere residui di se stessa sui veicoli in transito; la nostra auto si scagliò su quella rete infrangendosi sulle solide gengive del monte. Pochi istanti prima dell’impatto, ricordo la mia sensazione di sollievo per aver evitato fortunosamente di precipitare nel dirupo alla nostra sinistra; se anche l’urto sarà violento, almeno non precipiteremo nel vuoto, forse ce la caveremo con poco. Nei tre secondi, anche meno, che trascorsero dal momento in cui sfiorammo il muretto alla sinistra della strada, a quando ci schiantammo nella roccia a destra, ebbi il tempo anche di controllare che Vic avesse indossato la cintura di sicurezza, e valutare maggiori le possibilità di salvarci. Lei gridò qualcosa; fu l’ultima parola che disse da viva, ma io non la ascoltai. Poi lo schianto, un fragore di vetri rotti e lamiere piegate, il contraccolpo causato dalla nostra stessa forza franata su una immobilità millenaria, infine un silenzio oleoso e denso che tappa le orecchie e i sensi con le sue mani vischiose. I soccorritori trovarono me riverso sul volante, privo di conoscenza, con una ferita lieve al capo ed entrambe le gambe spezzate. Vic era morta sul colpo; l’automobile aveva colpito la montagna prima con la parte anteriore e poi con la fiancata destra: uno spuntone di roccia era penetrato nell’auto attraverso il finestrino e le aveva fracassato il volto raggiungendole il cervello, quasi inchiodandola al poggiatesta del sedile. L’immagine del suo viso dissoltosi sotto la pressione della pietra è rimasta fissa nella metà oscura del mio cervello, anche se non ho coscienza di quel momento terribile. Mi risvegliai in ospedale sicuro di trovarla accanto a me, magari ferita, ma sopravvissuta come me. Quando lessi sul silenzio dell’infermiera la verità, affiorò l’immagine della roccia che distruggeva la sua faccia. Una raffigurazione che trovai disegnata sulle macchie di materia celebrale secca sul sedile anteriore dell’auto, il giorno che disbrigai le pratiche burocratiche necessarie alla distruzione di quel groviglio informe, agonizzante in un garage del soccorso stradale. ....
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la casa al mare
Le otto. Ora tiepida, settembre mite.
Nell’aria aleggiava un odore di alghe e umidità marina. Non faceva neanche un pizzico di freddo e il cielo era terso.
Subito, oltre la strada, oltre lo scoglio e la linea blu dell’orizzonte, oltre le nuvole lontane e ancora più in là, nel passato perduto per sempre, senza alcuno sforzo di memoria, riaffiorarono dalla schiuma delle onde scene dell’infanzia.
Dimenticare? che roba è?
Anche allora il mare era lì a ridosso della ringhiera, anche allora i sassi si susseguivano fino ad arrivare a mare, come piccole tartarughine appena schiuse.
I ricordi di quei giorni spensierati tornavano impetuosi e disordinati come la corsa di noi bambini sulla spiaggia. Allegria. Allora come ora.
Le otto e mezzo. Le prime ombre, settembre mite.
No che non bisogna rinunciare all’allegria.
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