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Dear 2022,
Ho scritto un pippone madornale e riflettendoci bene credo che queste parole servano più a me stessa che ai miei cari lettori. Arrivati a questo punto dell'anno solitamente si tende a tirar le somme, ringraziare e ripensare tutto ciò che è successo nell'arco dei mesi, immergendosi per qualche minuto nei ricordi in maniera più intensa e poi attendere l'anno che verrà. Il 2022 per me è stato un anno pieno, ricco, decisivo per alcuni aspetti e molto difficile per altri. Un anno tosto
Colmo di ostacoli e di sfide, di inizi e conclusioni, scadenze ed attese. Speranza, coraggio, curiosità e passione, paure ed insicurezze. Ho cambiato lavoro, abitudini e routine, ho chiuso un capitolo per iniziarne uno durato poi qualche mese: gioioso, allegro e spensierato. Lì ho trovato la leggerezza che la mia mente credeva di aver smarrito, sono uscita da quel loop che portava i postumi della quarantena, ho trovato nuove persone, coltivato amicizie e mantenuto quelle storiche. Ho provato sentimenti nuovi ed altri li ho riscoperti, fatto diverse esperienze; ho visto il mare e goduta il tempo, ho partecipato persino al mio primo matrimonio in veste di adulta ed amica, ho viaggiato e fantasticato, preso innumerevoli treni e dormito su altrettanti letti ed avuto conferma che ferma non voglio stare, che i miei occhi hanno bisogno di vedere, stupirsi, ed il mio cuore innamorarsi, scalpitare, perdersi e gettarsi a capofitto anche se per brevi momenti più e più volte, che ho bisogno di continui stimoli e che d'arte, libri, cinema, natura e cultura, buon cibo e buon vino non posso farne a meno...
Ho anche sofferto, provato nostalgia e malinconia, rabbia e gelosia, giocato e rischiato. In questo 2022 ho imparato persino a chiedere aiuto, a dire basta, capire che sopportare a lungo non sempre è la cosa migliore, e fingere che sia tutto ok ancora meno. Ho appreso che mente e cuore sono tesori troppo importanti e che bisogna prendersene cura. Sto capendo che:
devo essere meno severa con me stessa e più indulgente
Comprendere ed accettare l'emotività e l'empatia, che volente o dolente, son parte di me.
Va bene sbagliare, chiedere scusa, aprire e chiudere rapporti, senza sentirsi in colpa e fustigarsi, senza addossarsi pesi. Sporcarsi e sudare ma anche riposare. Che tutto serve, bene e male che sia. Imparare a fregarsene dei giudizi esterni, che non sono sempre la suprema e assoluta verità.
Vivere e ridere per il gusto di farlo. Tutte queste azioni hanno richiesto una grande dose di coraggio. Ci ho messo un pò, lo ammetto, ma poi ce l'ho fatta o mi sento di essere sul sentiero giusto. Mi ritrovo ora ad affrontare con consapevolezza e tenacia nuove sfide, forse più personali, interiori, che non si concluderanno stasera, con la curiosità di vedere dove tutto ciò mi porterà. Esco da questo 2022 cambiata, cresciuta (non invecchiata guaiii) con sogni e speranze ovviamente sempre nel solito cassetto, che ogni tanto mi piace lasciar aperto; con la voglia di fare e scoprire, sbattere la testa ancora ed ancora, potermi migliorare, cadere e poi rialzarmi e prendere ciò che verrà.
In quest'ultima settimana ho incontrato alcune persone che mi hanno ricordato concetti essenziali da tenere bene a mente: non c'è passato e futuro ma c'è ora. E adesso è l'unico momento che possiamo vivere e mentre ascoltavo mi dicevo che non potrebbe essere più vero, bisognerebbe solo ricordarcelo un pò più spesso// le vite virtuali, che appaiono sui social non sempre sono lo specchio della realtà, che di specchio ce n'è uno e dovrebbe essere dentro noi stessi// la vita non è fatta di "domani è un altro giorno" ma di "domani è un giorno in meno" perciò continuiamo a scegliere di fare quello che in quel momento ci fa star bene.
Devo dire che sono fortunata ad avere attorno a me persone così sagge e speciali, amici e famiglia su cui so di poter contare e li ringrazio. Ringrazio ogni persona abbia contribuito a rendere quest'annata così intensa e movimentata, avermi supportata e sopportata ed esser stata mia compagna di viaggio, anche solo per brevi istanti. È stato bello. Con l'augurio di un nuovo anno e di nuove frizzanti avventure, e chissà magari di ripercorrere nuovi passi insieme, mando un abbraccio in cui c'è tutto il mio amore. 🌱💛
Gloria
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Non fu capace di descrivere a una sua amica il sapore che sembrava conoscere lui soltanto, e che solo a parlarne gli provocava un terrore nuovo, un terrore massiccio. Diverso dalle paure per fantasmi, fantasmini e demoni. Era il terrore del panico.
“Come quando mangi una crosta di formaggio. Ma non è questione di puzza, piuttosto di consistenza. Pungeva, aveva l’unto del formaggio ma non il grasso. Unto vecchio.”
Fu investito dal ricordo del panico in purezza, che più volte gli strinse la gola.
C’erano altri particolari dell'incontro con Myo che lo tormentavano.
Su tutti il chiostro di un presunto monastero dove aspettava, sempre puntuale agli appuntamenti.
Luogo d'incontro stabilito era la corte interna di Palazzo Ghiozzi, e tutta la mattinata aveva chiesto indicazioni che lo avevano condotto al porticato che circondava il giardinetto di un presunto monastero, forse, certo non si trattava della corte interna di Palazzo Ghiozzi.
All’ora di pranzo Ancelo, ancora in attesa, aveva deciso di ordinare almeno una ciotola di riso senza badare troppo alle buone maniere.
La busta consegnata dal rider gocciolava, e questo fatto lo aveva costretto a ingurgitare il pasto in piedi sull’erba del giardino in mezzo al presunto monastero.
Dentro la ciotola una montagnetta di riso faceva da coperta a delle cozze nerissime, tutte chiuse, e in fondo un pezzetto bucherellato di crosta.
Mentre portava alle labbra la seconda cucchiaiata aveva incrociato con lo sguardo un monaco sbucato da una porticina del chiostro del presunto monastero e gli aveva chiesto subito dove si trovasse. La barba gli aveva risposto con sua grande sorpresa che “Solo i turisti bestia non sanno che questa è la bellissima corte interna di Palazzo Ghiozzi”.
“Ma io Palazzo Ghiozzi l’ho visitato mille volte, e questa non è la sua corte interna, abbiate pazienza padre, o papà, frate. Insomma abbiate pazienza, ma questa non è la corte interna.
MYO! Eccoti qua. Grazie per l’appuntamento.”
Myo si era palesata con una insolita velocità di gambe, almeno per lui. Sembrava avere una una certa fretta.
Dopo aver salutato porgendo una mano fiacca aveva cominciato a parlare tenendo gli occhi fissi su una mappa appesa a un muro.
“Che fai, mangi? Ci vogliono almeno 55-50 mila eh, anche 60. Sono tanti.”
“Eh sono tanti. Che conti ti sei fatta?”
“Fidati 55-60. Vediamo però, vediamo. In settimana. O la prossima, ti aggiorno. Qualcosa, in caso, si può fare. Devo parlarne con tutti. Non oggi. Oppure, se vuoi, aspetta ancora qui. Mangia pure, non ti devi vergognare. Mangia.”
Indeciso se rimanere e mostrarsi insistente, o andarsene e spazzare via qualsiasi dubbio sulla sua scarsa serietà, Ancelo era tornato al cibo e con le dita aveva afferrato la crosta per addentarla. E subito la nausea lo aveva invaso.
Si risvegliò con una forte voglia di vomitare che nemmeno l'acqua riusciva a placare.
È lo schifo che ha attraversato la parete, lo schifo per i cibi invecchiati male e le attese prolungate senza riguardo; lo schifo per le scadenze.
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La vita è difficilissima. Sto per terminare la settima settimana consecutiva di scadenze, consegne, viaggi, shooting e ansie. La prossima settimana mi attende la più ansiogena e giudicante delle consegne, ma il completo sfinimento a cui sono giunta mi consente di vivere il tutto con una inaspettata tranquillità.
Solo due cose possono liberare la mia mente dalle preoccupazione del lavoro. La prima è il cibo, ma non posso mangiare. La seconda è spendere soldi. Ed ecco perché mi sono appena regalata un massaggio thai per domenica pomeriggio, l’ingresso a una vendita riservata dalla quale rischio di uscire molto povera e proprietaria di un costosissimo maglioncino estivo in cachemire e una prenotazione per un ristorante ⭐️⭐️⭐️ per il prossimo sabato.
Avanti così.
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io: finisco finalmente una settimana super stressante con un sacco di scadenze, studio, ritmi caotici, pochissime ore di sonno e poco cibo
io il lunedì seguente quando potrei starmene tranquilla e rilassarmi: dio sono così depressa. non ho voglia di fare nulla. non riesco nemmeno a sistemare questo scempio di stanza che se qualcuno vedesse capirebbe che c'è qualcosa che non va in me. voglio solo dormire tutto il giorno e non sentire più il peso di questa testa. sono esausta di tutto. sono sempre stanca e non so perché. non sono in grado di prendermi una pausa.
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Le tre Essenze
Che cos’è essenziale per vivere bene? Possiamo essere scienziati, fisici, matematici, eccellere in qualsiasi campo ma essere infelici, se siamo incapaci di mantenere al centro l’attenzione per la salute e l’umore. Risvegliare questa consapevolezza, che si basa sulla rivalutazione di alcuni elementi, è fondamentale per evolvere. Saper dare il giusto valore al denaro, alla salute, alle relazioni, all’intelligenza, permette di amministrare al meglio le emozioni, l’umore e la vita. Solo così lo “stare bene” progredisce. Tutto dipende dalle nostre valutazioni: ci sono alcuni elementi essenziali da valorizzare e altri da non prendere troppo in considerazione.
L’essenzialismo
La ricerca dell’essenza, che riguarda la conoscenza dell’essere, ha caratterizzato la filosofia fin dalle origini, dai tempi dei filosofi presocratici, per poi arrivare fino ai tempi moderni, perché l’essenziale, nel contesto filosofico e fisico, classifica i valori e i principi più importanti. Si deve sapere il valore di ogni elemento, cosa dirige cosa, per apprezzare nel miglior modo la vita.
Abbiamo bisogno di: salute, fortuna, denaro, libertà, un lavoro, un compagno-a da amare, acqua, aria, sole, cibo, e anche di comprendere tutti i complessi meccanismi, necessari per essere felici; e qui la consapevolezza della salute e dell’umore è la principale protagonista.
Siamo quasi tutti d’accordo che la salute viene prima di tutto, anche se spesso non facciamo un granché per essa; poi, per la maggior parte di noi, vengono l’Amore, il denaro, la fortuna, l’intelligenza… considerando questi gli elementi più importanti, possiamo dire così che sono delle essenze o sub-essenze o sottostanti; di queste però, noteremo che la più apprezzata salute-umore, non è così facile da mantenere sempre in primo piano se non cambiamo prospettiva, rivalutando alcuni elementi essenziali che la valorizzano e dirigono.
Qualcosa sulla descrizione delle essenze:
Le tre essenze trovano una similitudine con i colori primari, sono indispensabili per creare gli altri colori e dipingere un bel quadro luminoso. La teologia si occupa di quell’essenza che è Dio. Nella filosofia l’essenza è la parte necessaria, la più importante di: una dottrina, un concetto, un principio.
Connesse, mai desiderate abbastanza e indispensabili per evolvere, ci sono in realtà tre essenze primarie, senza le quali non possiamo esistere e vivere bene. Rivalutare, focalizzare, soprattutto la qualità di una di esse, poiché corrisponde alla salute, all’umore, facilita il mantenimento della salute in primo piano ed eleva la consapevolezza. Quest’essenza è coinvolta in ogni azione, è sempre considerata anche inconsciamente. É indispensabile; vorremmo che non finisse mai e faremmo di tutto per guadagnarne un po’; se ne avessimo di più tutto cambierebbe… che cos’è
?
Il tempo
Carpe diem: cogli l’attimo, godi il presente.
Tutto ha a che fare con il tempo: mantenere la sua qualità in primo piano, significa focalizzare l’umore, la salute e il tanto desiderato presente: indispensabile per vivere bene ed evolvere. Si lavora, si corre, si fa tutto velocemente per “stare nei tempi” e questo troppo spesso stressa e fa dimenticare che non siamo dei robot. Siamo pieni di scadenze da rispettare: le bollette, le rate dell’automobile, il mutuo della casa. Le multe sono da pagare entro una certa data; arrivare prima o dopo può costarci la vita. Ci preoccupiamo di invecchiare perché abbiamo meno tempo a disposizione; tutto è correlato con il tempo. Nel continuo conflitto fra il tempo e il denaro, quando quest’ultimo prevale nella nostra mente, perdiamo la battaglia e viviamo male. Se vivessimo di più, se ne avessimo di più, tutto cambierebbe. Il suo valore è inestimabile ed è sempre sottostimato. Il detto comune: “il tempo è denaro”, trae solo in inganno. Con l’età diventa sempre più prezioso, mentre il valore del denaro e dei beni materiali diminuisce. Guadagnarne di qualità, senza interferire sulla sua durata è qualcosa che si deve meritare; è il premio per avere preso decisioni intelligenti.
Valorizzare il tempo, la sua qualità e durata, ridimensiona qualsiasi dilemma.
Il bello è che possiamo sfruttarlo meglio e anche guadagnarne un po’, ricercando l’essenza che lo regola universalmente. Abbiamo un certo controllo su come e quanto viviamo se impariamo a tenere d’occhio quest’essenza. Anch’essa è molto desiderata, senza non possiamo esistere. Ogni qualvolta dobbiamo agire la consideriamo come facciamo con il tempo. La vita e la longevità dipendono da quest’essenza e il suo consumo delinea l’azione: se ci conviene agire o no. Il tempo è regolato universalmente da questa seconda essenza e l’aria, l’acqua, il sole, la forza di gravità sono le sue principali forme. Che cosa regola il tempo?
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La quarantena dittatoriale
È un po’ che non do vita ai miei pensieri, li lascio aleggiare nella mia mente, vorticare liberi; ma poi pure loro, a furia di girare in uno spazio ristretto, si rompono e si adagiano, dissolvendosi poco a poco.
Inconsapevolmente, ho messo pure loro in “quarantena”, lasciandoli in questo limbo fatto di zero certezze e tante insicurezze, uno standby lungo chissà quanto.
In questi giorni sto lavorando più del normale sia per la ONLUS che per la A.S.D., riempio i tempi morti donando le mie conoscenze - ma non soltanto -, come se avessi delle scadenze ristrette, che in realtà non ho. Mi organizzo plan su plan, rigidi e rigorosi, perché ho bisogno di mantenere il controllo almeno su qualcosa.
Ho questo bruttissimo difetto da sempre che, se mi viene tolto qualcosa, io cerco in tutti i modi di mantenere il controllo su tutto il resto, trasformandomi in una ferrea dittatrice del mio tempo, delle mie conoscenze, di tutta me stessa.
Seguo un piano di allenamento rigoroso: ogni giorno mi sono imposta di fare 30 minuti di ginnastica respiratoria, 30 minuti di passiva braccia, 30 minuti di cyclette gambe attiva e altri 20 di passiva, più serie di esercizi attivi per il braccio destro e un po’ di logopedia. Ho iniziato anche a farmi piani alimentari, nulla di ristretto, però ecco, ho imposto anche sul cibo delle regole.
Ho stabilito regole per il “tempo libero”, organizzando minuto per minuto, impostando liste da seguire rigorosamente, e se disgraziatamente dovesse verificarsi un fuori programma, beh è la fine.
Sono sempre stata così, quando ero costretta in casa col sondino nasogastrico A. che cercava in tutti i modi di starmi vicino, un giorno sbottò dicendomi che non è da esseri umani poter mantenere il controllo sulla vita. E aveva ragione, lo so perfettamente, ma ho questa impostazione mentale che mi obbliga a trovare sempre il modo di impormi, quando tutto intorno a me crolla.
È un atteggiamento che in certi momenti mi ha salvata dalla deriva, mi ha fornito un salvagente a cui aggrapparmi per non annegare, mi ha insegnato a non arrendermi, come quando impiego minuti interminabili per alzare il braccio destro sul bracciolo e a posizionare la mano sul joystick. Uno sforzo che si distende in un sorriso quando, finalmente riesco nel mio intento. Poi però, ci sono giorni in cui quel braccio pesa più del solito, si trasforma in un macigno ed io ostinata, che cerco inutilmente di sollevarlo, mi auto infliggo una frustrazione senza eguagli.
Una stupidissima frustrazione che B. ha trovato il modo per appianare, senza che qualcuno glielo dicesse, solo imparando ad osservarmi: un giorno, mentre cercavo di alzare la mano inutilmente, lui si abbassò, mi sorrise e silenziosamente mise la sua mano sotto il mio polso. Con gli occhi luccicanti, mi accompagnò nel movimento, aiutandomi senza però sostituirsi a me, concludendo il tutto con un abbraccio e un bacio fra i capelli, sussurrandomi che lui per me c’è, devo solo permetterglielo.
Sembrerà una stupidaggine, una cosa banale, ma io non riesco ad accettare che qualcuno si sostituisca a me, non tollero che un mio limite venga colmato da qualcun altro. B. ha capito tutto questo e lo fa con una naturalezza unica, come se lo avesse sempre fatto.
E in questi giorni lontani, ho capito che io voglio permettergli di starmi accanto, di aiutarmi e riempire le mie mancanze, superando insieme i limiti. Ho paura, ma voglio provarci, perché sembrerà paradossale, ma questa distanza ci ha avvicinati ed io non intendo più allontanarlo.
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Quando mi sento vuota, io mangio. Come se il cibo potesse riempire i vuoti. L'unico vuoto che colma è quello dello stomaco o quello della gola, ma quando questi vengono soddisfatti, arriva il disgusto. Poi la nausea. Mi faceva molto comodo quando disgusto e nausea non erano pervenuti e avevo l'impressione, seppur flebile, che col cibo quel vuoto lo stessi riempiendo. Mangiavo, mangiavo, la pancia rotondeggiava ma io mangiavo finchè c'era spazio fisico disponibile. Il rischio di vomito c'era, ma chi se ne fregava. Anzi, meglio, mi sarei ripulita da dentro, sarebbe stato il culmine migliore.
Ora no. Io che disgusto il cibo. Io che provo nausea al pensiero di mangiare. Non riesco più nemmeno a prendermi in giro e fare finta di riempire la sensazione di vuoto riempiendo quella dello stomaco. La nausea è troppo forte, mi fa schifo. Allora ieri notte dopo mangiato, ho bevuto alcol. Mi stordisco così non sento più, pensavo. Invece due sorsi e mi sale la nausea comunque. Non funziona più niente. Non funziono. Anzi, sarebbe meglio dire che funziono.
A casa mia starò meglio? No.
Perché questo vuoto? Sto iniziando a pensare sia la mancanza di obbiettivi. Ho odiato le scadenze, ora mi lamento della loro mancanza. L'impulso vitale quasi autodistruttivo non c'è più. Solo fiacchezza. Sarà questo?
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Mi chiedo come fanno le persone a vivere da sole quando evidentemente non ne sono capaci?
Vivono letteralmente nell immondizia,accumulano piatti sporchi su cui nascono nuove civiltà,non puliscono MAI la casa in cui vivono e sopravvivono di snack e passano la vita davanti a un pc e un telefono.
Ma perché?
Uno chiede molto?
Una stanza senza immondizia sui mobili magari, cibo in frigo consumato prima delle scadenze, un lavandino e una cucina puliti, un turno settimanale di pulizie e magari buttare l’immondizia eh
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Umani da Vienna.
1090. Pierluca è quella persona che conosci da sempre anche se in realtà sono poco più di due anni, ma quando lo vedi e ci parli è come se fosse sempre stato parte di te, della tua crescita. Non ti capaciti di come sia possibile, guardi le foto di te da bambino ed ecco Pierluca che appare nello sfondo, era lì con te. Non lo avevi notato. Pierluca è padre di famiglia e la sua famiglia è anche la mia famiglia adesso. I suoi figli sono miei e sua moglie la sento anche un po’ mia. Pierluca ha vissuto tanto in giro per il mondo eppure ti da una sensazione di casa. Forse, Pierluca più che un umano è un camper. O un circo itinerante. Lui e i suoi topi da laboratorio e i suoi nani stupendi che in realtà sono i suoi figli. Pierluca è il capostipite dei cervelli in fuga e meno male che è scappato altrimenti l’Italia me lo avrebbe reso incazzoso, arrogante, spocchioso, stanco. Invece adesso usciamo e ci raccontiamo sempre gli stessi sketch di Guzzanti. Aspettiamo sempre il momento giusto per dire “ce mettemo un pescetto?” e questo anche ha sapore di casa. 1200. Lamine è il mio amico dal Senegal ed è soprannominato la bestia. Si vanta di non avere un cuore ma in realtà penso sia più grosso del suo cazzo, altra cosa di cui si vanta tantissimo e ha ragione a farlo. Lamine ama due sole cose: la figa e la Juventus. Sulla prima andiamo d’accordo, sulla seconda gli sono vicino solo quando viene eliminata dalla Champions, per prenderlo in giro. Lamine è amareggiato perché è stanco di essere sessualizzato. Di essere quello approcciato perché nero e perché sicuro ha un cazzo enorme. E non solo dalle donne, ma anche dai mariti che gli chiedono se per favore può andare a casa loro e scopargli davanti la moglie. All’inizio non capivo la sua frustrazione, poi più passa il tempo più mi rendo conto del suo punto di vista. Vuole sposarsi. Dice di essere stanco di scopare in giro. Non appena lo dice ti manda la foto di una tipa nuda con un culo enorme e aggiunge “guarda che figa!!!” e io sento la sua risata dall’altra parte del telefono. Quella risata altisonante nonostante i chili e chili di muscoli e palestra. Quando usciamo assieme, indosso sempre la mia maglietta del Wu-Tang Clan, così posso dire “ehi, non solo amo il rap ma vedete, ho pure un amico nero!” e questo lo mette tantissimo in imbarazzo e ridiamo ma forse rido di più io, lui mi asseconda perché con me può finalmente smettere di parlare solo di calcio e figa, ma anche di quando si sente triste. Deve essere difficilissimo vivere avendo paura di buttare fuori i pensieri che ti abbattono e ossessionano. Dover sempre apparire invincibile. Lamine è il mio opposto. Io sono la notte, lui è il giorno. 1050. Francesca è la mia coinquilina ed è un ammasso di capelli e pensieri e confusione e peli superflui e cibo da discount e sigarette e risate e abbracci e furti dal frigorifero. È la più giovane adolescente di 29 anni che conosco. E meno male. Non vuole crescere e diventare un adulto disfunzionale come me, uno di quelli che la mattina si sveglia e va in ufficio. Lei vive di notte, vive di scadenze di progetti, di video e di riprese. Ed è dannatamente brava nel suo caotico modo. È un gatto da appartamento, anzi no, è più un procione. Francesca è stata inserita nella mia vita per dare un altro volto a questo nome, per non averne più paura quando lo sentivo nominare. Francesca è la ragazza con cui posso stare steso abbracciato sul divano senza avere una minima parvenza di erezione. È la colazione fatta parlando piano perché di mattina ha la meglio il lato procione e non il lato umano. Francesca ama le mie storie e gliene ho regalata una per farci un film e aspetto, credo in lei, se inizia a svegliarsi prima delle 11 secondo me può farcela a diventare meno procione e più adulta. 1050. Peyman è il mio vicino di casa e vive a Vienna da quando è scappato dall’Iran. Era giovanissimo, aveva 14 anni durante la rivoluzione. Mi racconta di quello che si provava nelle scuole, di tutte le speranze che la sua generazione aveva. È incazzato a morte con l’Iran e mi ha pure detto che spera che Trump faccia qualcosa. Pensate, è così incazzato che si augura che una testa di cazzo come Trump si impegni ad essere ancora più testa di cazzo e vada a rompere le palle alle teste di cazzo che governano il suo paese. Peyman parla molto di Gesù e mi ha chiesto se voglio fargli da compare quando deciderà di battezzarsi. Peyman preferisce dire di essere persiano, non iraniano. Gli guardo le mani, l’indice della destra è molto più piccolo, come se gli mancasse una falange. Forse è nato così o forse, ma questo accade nella mia testa, per non dover usare i fucili nella guerra post rivoluzione, si è amputato una parte del dito da grilletto. Peyman beve tanto, parla un tedesco migliore del mio e quando camminiamo per la strada nonostante lui sia qua da più di trent’anni, capita che ancora gli urlino di tornare a casa sua nel suo paese. Lui si gira e dice che grazie al cazzo, ci tornerebbe più che volentieri se non fosse andato tutto a puttane. Adesso la sua casa è Vienna, ci paga le tasse, ha il passaporto austriaco e una figlia con i suoi stessi capelli neri che ama disegnare dinosauri in giro per il palazzo. 1140. Setareh viene anche dall’Iran ed è la persona più dolce di questo pianeta. La sua esistenza equilibra l’esistenza di almeno un miliardo di umani di merda. Se il mondo unito conoscesse Setareh e Setareh spiegasse i motivi per cui è giusto che l’Iran abbia l’atomica, tutti converebbero che ha ragione e in pochi istanti le darebbero le chiavi per tutte le bombe che vuole perché di una persona così buona e dolce di sicuro ci si può fidare. Setareh è buona per bilanciare tutti gli uomini che le hanno detto cosa doveva mettere in testa o quanto lunghi dovevano essere i suoi capelli o quanto corti i suoi vestiti. Setareh ama fare shopping in Europa perché può scegliere di indossare quello che le pare. Setareh mi fa incazzare perché se lei non esistesse allora saremmo autorizzati ad eliminare quel miliardo di umani di merda e invece no, lei esiste e anche gli altri. Forse è meglio così però. 1090. Fabio è il mio amico giovane e dj che mi ha insegnato a dire “zio”. Se possibile, Fabio si fa ancora più paranoie di me. Viene benissimo in foto ma se glielo dici lui risponde “no zio guarda qua che difetti che ho”, e tu ovviamente non li vedi. Se vede una ragazza che gli piace deve trovare un particolare fuori posto per ammazzarsi le aspettative e tornare a farsi paranoie con me. Io lo vedo quando siamo assieme, che mi guarda con molto rispetto e ammirazione. Mi legge da tanto tempo. So che stai leggendo quello che sto scrivendo di te, zio non prendermi mai come esempio, non ne vale la pena. Tu ce la puoi fare e hai una barba fighissima. Fabio fa musica che spacca e la notte lo mettono a suonare ad orari indecenti ma lui è giovane e riesce a stare sveglio, se mettessero me a suonare a quelle ore manderei tutti a fanculo, carriera compresa. Fabio mi fa morire dal ridere ma non lo sopporto perché è troppo forte a Mario Kart. Avesse meno paranoie riguardo al suo aspetto e le ragazze e di più riguardo al battermi senza ritegno a Mario Kart sarebbe una persona stupenda. 1040. Leo non penso sia il suo nome vero ma quello completo sarà una di quelle cose austriache complicate che finiscono per fartelo sembrare un vecchio quando in realtà è giovanissimo. Ci vediamo tutti i giovedì oramai da anni per andare insieme al karaoke. Riuscisse mai a prendere una nota giusta. Mai. Però veste sempre elegante. Parla un tedesco gentile e ti fa piacere questa lingua così difficile quanto odiosa. Siccome lavora con i computer e fa il programmatore, ripudia la tecnologia in ogni sua forma. Il suo telefono è un modello così antiquato che fa fotografie in pellicola. Leo è sempre circondato da gruppi di ragazze bionde che lo seguono manco fosse una divinità. Forse perché oltre al modo di parlare, è gentile per davvero. Quando cucina lui anche se siamo in tre, si finisce ad avere canederli per quaranta persone. Ti manda gli sms. Ha un pianoforte in casa e uno pensa che magari così si allena e migliora al karaoke, invece no. È la dimostrazione vivente che l’Austria di musicista buono ha avuto solo Falco, che nemmeno era bravo, però col tempo impari ad accettarlo. Leo lo accetti perché tanta gentilezza va rispettata, ma mi ha rovinato il piacere di ascoltare Everybody hurts perché come la canta lui senti davvero il dolore dell’umanità condensato in 5 minuti di esibizione. 1100. Michikazu è il mio amico giapponese che non conosce nulla del Giappone. Gli chiedi qual è il suo film di Miyazaki preferito, ti risponde chi è Miyazaki. Gli chiedi cosa pensa di Ken Shiro, ti dice che non è mai stato a mangiare da lui. Fa l’artista e una volta mi ha chiesto di suonare ad un suo spettacolo. Gli ho chiesto come mai, dato che faccio tutto in italiano, perché vuoi la mia musica. Mi ha risposto che non è importante quello che faccio ma come lo faccio e io faccio le cose proprio come piace farle a lui. Ovvero senza capirci nulla. È l’unica persona che compete con i miei abbonamenti ai servizi pubblici viennesi. Il giorno del rinnovo del suo passaporto, per la foto ufficiale, si è rasato le sopracciglia e fatto crescere dei baffi con la forma delle sopracciglia tolte. Da 8 anni va in giro con quella foto sul passaporto. Mich non vuole tornare in giappone, dice che sta meglio in Austria, qua non è costretto a capire quello che succede e sta meglio così. Troppe regole laggiù, troppa facciata. Lui ha mire più alte tipo rasarsi le sopracciglia per le foto del passaporto. Quando ride non ti guarda in faccia, si vergogna e questo è un pezzo di Giappone che ancora non è riuscito a togliersi di dosso. 1160. Aldo è il mio animale guida e solo io so che il suo vero nome non è Aldo bensì Giosia. Anche lui fa l’artista e ogni volta che vedo i suoi lavori torno ad avere fiducia nell’arte. Quando lo becchi in giro sembra un giovane ubriacone invecchiato molto male, quando ci parli ti rendi conto che non è per niente giovane, tutto il resto invece è corretto. Non ho mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, ma sono molto geloso di quanto lui e Pierluca sono diventati amici. Sogno un triangolo amoroso o di fare un figlio a tre con loro, un bambino che nasca col talento artistico di Aldo, la mente scientifica e brillante di Pierluca e la mia abilità nel fare la pasta e fagioli. Eh sì, questo è quello che posso mettere sul tavolo io. Aldo è quello che quando ti parla della sua vita tu prendi romanzi come Grandi Speranze o libro Cuore e li butti via perché dici che a loro non è successo nulla di interessante. Non appena gli dici che qualcosa ti sta andando male, ecco che arriva lui con il racconto di quella volta in cui stava per morire di notte su un treno verso la Russia mentre era vestito da Carabiniere per un progetto artistico e il tassista che lo aveva portato in stazione lo aveva preso a pugni dato che era senza soldi per pagarlo perché viveva in alcuni cartoni vicino al Danubio insieme al fratello con cui qualche giorno prima aveva rubato una barca dimenticando però i remi e lui era riuscito a scendere mentre il fratello ancora galleggiava senza meta sul Danubio. Aldo ha una pancia così tonda che forse dovrebbe partorire lui il nostro figlio a tre padri. 1020. Elisabeth è il passato che ti fa piacere ricordare, il presente a cui mandi foto di opossum per farla sorridere e il futuro che sai sarà sempre lì. Con Elisabeth è finita da tanto ed è stata lunga e variegata e complessa e forse per questo ci si vuole ancora bene. Un giorno pensavo avremmo avuto figli insieme e la ammiro per aver avuto la forza di rincominciare una vita senza di me, mentre io ero terrorizzato da quello che mi circondava. Dalla solitudine, che adesso invece mi tiene compagnia e fa stare tranquillo. Profuma ancora di buono e talvolta mi manca vederla in casa. Però so che posso scriverle e in un secondo mi farà sentire che l’amore è qualcosa che si deve evolvere e a cui devi dare il permesso di cambiare forma e accettare quello che verrà. Perché se conosci qualcuno di valido, lo vuoi tenere nella tua vita anche se cambia tutto. Ora tutto è cambiato ma non il suo profumo e qualche costante devi averla. Ho sempre avuto paura che la mia malattia l’abbia tenuta legata a me più del dovuto e adesso, ogni volta che vado da solo in ospedale e parlo da solo in tedesco con i dottori, le scrivo per dirle quanto sono stato bravo e quanto ho parlato bene. Lei è orgogliosa di me. Sta dimenticando l’italiano ma non le parole sceme che avevo inventato per farla ridere. 1100. Davide è mio fratello ed è la persona che conosco meno su questo pianeta. Nonostante abbiamo il patrimonio genetico in comune e siamo cresciuti assieme e gli ho letto tutti i miei libri preferiti e abbiamo finito non so quanti videogiochi, io mio fratello lo conosco di vista. Come quella canzone di Rino Gaetano. Lui è il musicista, io sono quello che si lancia e fa concerti e dischi. Lui è quello che fa ridere, io ho solo la faccia come il culo. Lui è quello che ha comprato casa con la sua compagna con cui sta da una vita e che adesso spero inizierà a darmi nipotini. Lui è quello su cui posso contare quando faccio una cazzata e mia madre mi guarda delusa, le posso dire “mamma, hai Davide, riponi in lui le speranze, lui si è laureato, ha la testa sulle spalle, io ho scritto una canzone su quanto sono stronzo”. Lui è il fratello minore, ma è sempre stato più grande di me. 1160. Alice Yasmin è la donna più forte che conosco nonostante sia alta come un pezzo di formaggio ma adesso fa brazilian jiu jiutsu e se non la metto in questa lista sicuro mi ammazza di legnate. È tanto bella quanto capace di annoiarti non appena inizia a fare la punta al cazzo su particolari che non conoscevi del Signore degli Anelli. Grazie Alice, sono particolari così noiosi che c’è un motivo se non li conosco. Se non ci fosse stata lei, non avrei mai conosciuto il padre dei miei figli Aldo. Ma lei l’ho conosciuta grazie a Tumblr, quindi ringrazio Tumblr per avermi dato Aldo. 1070. Piotr viene dalla Polonia e gioca a calcio. Dice di avere un fratello gemello ma io non l’ho mai visto. Dice anche di fare il personal trainer ma ci vediamo solo in giro a bere. Lui beve tanto. Ma davvero tanto. Beve così tanto che magari si allena nel bere e allena altra gente a bere e forse quando usciamo lui sta allenando me a bere. Forse suo fratello è frutto dei fumi dell’alcol. Conosce tutti i peggiori bar di Vienna e quando mi ci porta un poco mi vergogno perché mi sento fuoriluogo. Io e il mio aspetto signorile. Piotr vuole sempre fare cose. Sempre andare da qualche parte. Sempre fare tardi. Sempre mangiare carne e bere. Ovunque vai, qualcuno conosce Piotr. E lo evita. Io conosco Piotr e sto pensando forse dovrei iniziare ad evitarlo pure io. Ma voglio scoprire di più sul fratello. E in che squadra gioca. E come fa un calciatore polacco alcolista a bere e allenarsi e ottenere pure risultati mangiando solo carne. Piotr forse ha mangiato suo fratello gemello e un giorno mangerà me.
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la mia ultima fissa in fatto di cibo sono i cetriolini chissà perché li ho sempre odiati e chissà perché ho cominciato questo post così parlando di cetriolini d'altronde è un periodo molto molto strano ho trovato una tetto per l’anno prossimo una stanza minuscola in cui probabilmente mi mancherà l’aria nove giorni su dieci mi manca l’aria già ora per mille cose odio fare queste analisi di interlingua di continuo odio pensare di avere una scadenza dei tempi stabiliti da altre cose e persone soprattutto odio il fatto che tutto ciò di cui riesco a parlare ultimamente si riduca a scadenze scadenze scadenze (e cetriolini ovviamente) vorrei starmene qui e aver già fatto tutto oppure non aver fatto niente mai
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Sommario (battuta triste dal libro di Totti)
Cose che mi piacciono di Viterbo:
-Il gelato a piazza delle Erbe (Gelart? Non ricordo). Non ho mai mangiato così tanto gelato nella mia vita. Veramente buonissimo, non lo cambierei per nessun gelato, forse manco Bonocore a Capri, dovrei riprovare. Mi fa volà altissimo
-La gioielleria in via Saffi dove ho scoperto Principessa Glam e quindi la collana stupenda con Adamo ed Eva che mi sono concessa dopo mesi di corte
-Il fatto che un bilocale non ti costi un rene e che le spese di casa, luce e gas (e acqua trimestre) siano accettabili e permettano di vivere senza ansia perenne (anche se io quella ce l'ho di default)
-Il fatto che il cibo sia buono così come i drink eccetera. Cioè c'è da dire che i posti sono buoni ecco, la pizza è buona e comunque io abito al centro quindi posso dire che al centro le cose sono buone
-La mia parrucchiera. Era tanto che non avevo una parrucchiera di fiducia e questa mi piace molto (per ora)
-il fatto che sia la città simbolo del mio cambiamento interiore. Sfortunatamente anche esteriore dato che questi capelli da pazza non mi fanno proprio piacere. Mi piacevo molto al 25esimo di Martina, sto lavorando affinché tornino così
-Gli ascensori di Valle Faul. È una cosa che a Roma non sperimentavo quindi trovo piacevole che da giù si vada su
-Basta
Perché tendenzialmente il resto mi rende abbastanza apatica. Come dico sempre, seppur mezzo sbagliando perché comunque sia bisognerebbe rimanere sempre positivi e vedere le cose non come L'Appeso, bensì girare questa carta e vedere la stessa cosa da un'altra prospettiva
(Sono in piedi da +12h, pretty stanchiny)
Mi sembrava un botto Roma-Civitavecchia all'epoca, un'ora di treno, mentre ora sono da 1,30 a 2 ed è estenuante, ma comunque c'è da dire che me la vivo diversamente.
A 20/21 anni hai comunque più energie naturalmente.
Sto entrando in un'ottica di adultità che mezzo mi rattrista, mezzo mi paca perché tante dinamiche anche interpersonali le concepisco meglio.
Sicuramente non lavoro in un'ambiente da Gen Z, anzi abbastanza fra il Boomer e l'old Millennial il che altro non è senonché ééé un posto pieno di lingue lunghe, managament toxic, benefit base se così possiamo chiamarli, ma sopratutto le lingue lunghe, un continuo sparlare dietro.
Eppure la prima impressione non fu così, la prima impressione fu che la collaborazione e la sincerità erano al primo posto, erano il principio fondante dell'azienda.
Una mera utopia.
E lei ci ricama sopra, ma forse lei non riesce manco a sentire più i suoi stessi pensieri.
Devo dire molto triste.
Mi fa davvero tristezza, un po' per me, perché comunque è l'azienda dove lavoro e quindi mi vivo questo malessere in quanto si rigetta sul lavoro; un po' perché umanamente mi fa stare male (povera altruista che non sono altro).
Inizialmente il mio sentimento era quello di stabilizzazione di una relazione sì lavorativa -ovvio- però anche umano, cioè una fiducia anche umana oltre che lavorativa.
Invece mi rendo conto che semplicemente, da brava toxic company, ciò non è fattibile.
Non so se è perché c'è lui dietro un vetro spesso illuminato e lei al freddo di sotto al buio allora questo va ad azzoppare tutto, in ogni modo cioè me ncula? No, rimane il fatto che è una cosa tossica da morire.
E che quindi l'Universo mi sta parlando chiaro, soprattutto dopo oggi.
Questa è come D., ma lavorativamente parlando.
Quindi parti avvantaggiata con questa consapevolezza. In più ti dico, che è più semplice di quanto pensi distaccare la vita personale da quella lavorativa.
Sicuramente ti fa male, perché nella tua testa è sempre stato un "il lavoro prima di tutto, prima dell'amore, prima dell'amicizia, se no che te magni? il lavoro è sacro, puoi dare anche l'anima al lavoro", ma il tempo passa ed anche se alla fine il mio lavoro mi piace -riprendere post precedente- c'è da dire che poi io ho anche il discorso dell'università che comunque ha delle scadenze-, ma in linea di massima la stanchezza si fa sentire ecco.
Quindi in soldoni questa è un'esperienza ed io devo e voglio esserne grata perché è il primo step che mi porterò davvero, davvero in alto.
E devo essere riconoscente a me stessa per aver avuto la forza ed il coraggio di non essermi mai fermata.
Non mi sono mai fermata, un po' perché non ne ho avuto la possibilità, un po' perché semplicemente sono i miei valori.
Instancabili.
E questo btw piace a lei perché cazzo trovala una come me!
Forse forse un grazie lo do anche a Gabriele, il Caronte della mia vita che mi ha traghettata dall'Inferno al Purgatorio se vogliamo.
È una brava persona e sinceramente non me la sento di sparlare male di lui. Mi ha sempre trattata bene alla fine, anche se lo avrebbe fatto con chiunque, ed io non sono chiunque, ma comunque non posso dire che non sia stato eccellente per quanto concerne il rispetto. Ma poi qui ci chiudiamo in dinamiche più particolari.
In ogni modo.
Vivi con leggerezza le tasks che ti danno, mettici meno del tuo.
Anche se la tua paura è quella di annullarti, devi sempre considerare questo momento storico lavorativo della tua vita come un momento di scuola.
Tu teoricamente la risposta la sai dentro di te, non è che non la sai. Pertanto sei consapevolissima che questa è tutta, tutta scuola che ti fa.
Sia umana che professionale. Lo sapevi fin dal giorno 0.
Quindi questa parte emotiva rassicurala, perché non andrà mai, mai via.
Impara a parlare, perché quando parli sul lavoro non parla Luzzy, non parla Matildina, né Matildissima, né Cuorina, né Mati.
Parla Matilde, per il ruolo di Matilde.
Non fidarti di nessuno, semplicemente esegui le tasks.
Perché non è una questione di fiducia "umana", bensì una questione di fiducia lavorativa quella di cui si parla A LAVORO.
Sono stanca, però dentro me ho la sensazione che questo
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Roma all'avanguardia per accoglienza, turismo e cibo di lusso: la Capitale che cambia
Roma all’avanguardia per accoglienza, turismo e cibo di lusso: la Capitale che cambia
Chi l’avrebbe detto? Roma batte Milano nella classifica delle 100 città all’avanguardia nel mondo per lo sviluppo di nuove idee e soluzioni di business. Nel settore degli hotel e del turismo, per esempio, la Capitale ha attratto quasi il doppio degli investimenti di Milano, con 750 milioni contro 400. E l’immediato futuro, con scadenze come il Giubileo del 2025 e la candidatura a Expo 2030,…
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I PREFERITI DEL MESE #12: Dicembre
È finito un altro anno, a volte mi sembra incredibile ripensare all’inizio del 2020, ripensare a quanto tutto sembrava così pieno di possibilità. Non riesco a capacitarmi delle incongruenze, della stasi, dell’immobilità. Eppure, eccoci qua a fare i conti con una pandemia ancora in corso, che si prende spazi che potrebbero facilmente essere occupati da altro. Dicembre è stato un mese infinito popolato dalle scadenze di fine anno, email impossibili di attività dimenticate da mesi e che diventano improvvisamente improrogabili e consegne, consegne, consegne. Ma per me è stato anche il primo anno da quando lavoro in cui mi sono finalmente potuta concedere e godere di meritate vacanze nel periodo natalizio, senza l’ansia di dover fornire copertura al cliente per cui lavoro. Il 23 dicembre ho chiuso le saracinesche e le ho riaperte il 7 gennaio. Le feste piazzate in posizioni strategiche mi hanno permesso di godermi le ferie dopo aver sofferto le pene dell’inferno con i corsi obbligatori da finire entro fine anno. E soprattutto dopo aver ricevuto un importante riconoscimento aziendale. È stato un bel regalo, ampiamente surclassato dalle sorprese delle mie amiche che mi hanno fatto arrivare a casa tutto il loro amore e il loro affetto, con videochiamate, messaggi, sostegno sempre. Nonostante le zone rosse e l’impossibilità di uscire dalle quattro mura di casa mi sono goduta il riposo e la mia famiglia, e questa credo sia l’unica cosa che conta davvero.
Comunque, per cambiare le carte in tavola e dare una rinfrescata a questo blog, da inizio anno ho deciso di portare qui su questo spazio di web una delle rubriche che più mi piace guardare su Youtube e che sostanzialmente dimostra che non mi so inventare niente, ma che amo inglobare nel mio modo di essere espressioni, modi e idee che mi colpiscono l’immaginario. “I preferiti del mese” è un format che forse non si presta molto alla parola scritta ma ci proviamo, che tanto se non funziona lo facciamo funzionare a modo nostro.
Enjoy!
MUSICA
Il 4 dicembre è una data memorabile perché amici miei è il giorno del compleanno di Kim Seokjin (yes, yes, Jin dei BTS), quest’anno l’idol coreano ha fatto un regalo a noi e ha pubblicato una sua canzone da solista Abyss, accompagnata da una sua lettera strappalacrime in cui si confessa nelle sue fragilità e parla della sindrome dell’impostore e di come sta cercando di abbracciare anche l’abisso oscuro che si porta dentro. Ancora oggi, dopo che è passato più di un mese non riesco ad ascoltarla senza spargere lacrime. Dei BTS ho anche ripescato da meandri oscuri 134340: questo è il codice per identificare Plutone declassato da ruolo di pianeta del Sistema Solare, e come tutte le canzoni di Love Yourself: Tear (probabilmente mio album prefe se ne devo scegliere solo uno) è una mazzata.
Ve li avevo già citati anche nei preferiti di novembre ma il 4 dicembre è uscito Ahia! il nuovo CD dei Pinguini Tattici Nucleari. Ho letto diverse critiche perché il loro sound è cambiato, perché non sono più i Pinguini degli inizi, perché le loro canzoni non sono più le stesse. Per quanto mi riguarda io me ne sono innamorata dal primo ascolto, fin troppo ossessivamente. Mi ci sono fatta diversi piantini, lo ascolto a ripetizione senza soluzione di continuità, semplicemente lo amo: su tutte Pastello bianco, Bohémien e Ahia! follia!
L’11 dicembre è uscito anche Evermore il nuovo album di Taylor Swift, mentre vagavo tra i testi mi sono accorta che Coney Island era un ft con i The National (gruppo che amo alla follia) e neanche a dirlo, boom innamorata. A dicembre mi sono innamorata dell’ennesima canzone di Gazzelle, Meglio così, ascoltata anche questa a ruota come niente altro. Ultima aggiunta di dicembre There Will Be A Way di Dotan, altra ballata che ho ascoltato a ruota perché ehi, da queste parti solo ascolti ossessivo compulsivi.
LIBRI
A dicembre in ferie, sul divano dei miei, sono riuscita a leggere un sacco e di questo sono molto grata. Il libro che volevo citare è Felici i felici di Yasmina Reza. È un volumetto abbastanza breve di racconti collegati per via dei rapporti dei vari personaggi che racconta l’amore in tutte le sue sfumature. Direttamente dalla sinossi “Perché la felicità – nell'amore o nell'assenza di amore, all'interno di una coppia o al di fuori di ogni legame – è un talento: e di tutti i personaggi che a turno consegnano al lettore confessioni a volte patetiche, a volte grottesche, a volte atrocemente comiche, si direbbe che quasi nessuno lo possegga.”. Quello che mette bene in luce la Reza sono le apparenze, possiamo credere che qualcuno sia felice per quello che ci mostra, ma non possiamo mai sapere che cosa c’è davvero dietro quel mondo.
FILM & SERIE TV
A dicembre ho continuato il rewatch di Bones e io sempre più innamorata di David Boreanaz che è sempre un fico pazzesco, anche ora a distanza di anni. Ma devo dire che ho guardato pochissime cose e nessuna particolarmente memorabile (l’ultimo drama che abbiamo visto con il Team Drama Club a big fail).
BEAUTY
Il massimo del mio make up è stato mettere il burro-cacao. È una mia grande fissa, in inverno, ma devo dire anche in estate ne uso grandi quantità, ce l’ho sempre in tasca. A dicembre avendo le labbra più screpolate del solito ho comprato la Lip relief cream della Blistex. Vi assicuro che ha fatto miracoli.
CIBO
Per l’otto dicembre, come da tradizione mi sono dilettata a preparare i biscotti tipo omini di pan di zenzero, solo che non avendo gli stampini, li ho coppati con una tazzina da caffè. Mia sorella nella chat di famiglia dopo aver visto la mia foto mi ha suggerito di ritagliarli con un pezzo di cartoncino, ma francamente mi sembrava troppo sbatti. Ho usato la ricetta di GialloZafferano un po’ modificata (ho naturalmente aggiunto del rhum).
Per il mio compleanno i miei amici hanno pensato bene di alimentare la mia ossessione per le api adottando a mio nome un alveare. A dicembre mi è finalmente arrivato il miele prodotto da Clementina (il nome dell’alveare) e dalle figliolette di Polly (la “mia” ape regina). Ho gongolato neanche fossero mie figlie.
RANDOM
Nell’ultimo anno cercare di capire cosa fare dai DPCM del Governo è stato un terno al lotto, questa storia delle zone (gialla/arancione/rossa) è un delirio, ogni volta. Ci viene in soccorso un sito molto interessante realizzato da AsUsual Lab che si chiama covidzone.info secondo me una cosa molto utile.
Ho scoperto che i tagli che ci facciamo con la carta sono estremamente dolorosi perché la carta a livello microscopico ha i margini frastagliati, come la seghettatura di una sega e questo provoca molti più danni a nervi e cellule epiteliali di altri materiali.
A Pompei sono finiti gli scavi per portare alla luce un Thermopolium, una specie di bottega dove era possibile acquistare e consumare bevande calde e a volte anche cibo pronto per il consumo. Si tratta di una scoperta meravigliosa perché hanno ritrovato anche dei resti del cibo a disposizione, per non parlare dei dipinti che decoravano il bancone. Non vedo l’ora di andare a visitarlo.
E voi che avete combinato a dicembre?
Raccontatemelo in un commento.
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10 ottobre
00.30
Oggi è stata una giornata strana.
Ho passato tutta la giornata con L. come se fossimo amiche da sempre. Abbiamo qualcosa che ci avvicina, il cibo. Io sprono lei e lei sprona me. Ci facciamo bene.
Mi sono accorta che N. mi manca, sì. Ma alla fine tra poche ore lo rivedo quindi sono solo impaziente. Il problema è quando siamo insieme. Il tempo con lui sembra volare, non mi basta mai. Vorrei fermare il tempo.
La distanza la so gestire, non sembra, lo so. Mi basta avere delle scadenze, sapere che quel giorno ti vedrò. Chiamarsi, sentirsi.
Ho tante cose in testa, tante paure. Ma vicino a tutte loro c'è N., che mi sorride. Quegli occhi così dolci, così belli, mi ci perderei per ore.
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L’indecisione cronica
C’è chi ha ben chiaro ogni singolo movimento articolare che compierà nel futuro più prossimo e chi invece si ciba di ansia da indecisione cronica.
Ecco, io faccio parte della seconda schiera.
Non mi lamento, per carità. Si tratta di una vocazione, di una tendenza viscerale, di una filosofia di vita. Il brivido del “non so dove, come e quando” ha sempre un suo perché. Non sai cosa mangiare e sei sola in una periferia di una città in cui non sei mai stata prima (se non per una gita durata un pomeriggio scarso), mentre diluvia come Noè non ha mai potuto sperimentare, senza conoscere supermercati o alimentari di alcun genere nelle immediate vicinanze? Mantieni la tua indecisione sino all’ultimo momento cosicché qualora tu finalmente scegliessi di ordinare per l’ennesima volta qualcosa su “Just Eat”, ti ritroverai alle nove di sera senza i giusti contanti (perché se non ti danno il resto preferisci digiunare a vita, altro che ramadan), senza poter mettere soldi sulla carta di credito, e dunque senza cibo. Accontentati di un pacco di biscottini provvidenzialmente ritrovato in borsa e via.
Certo, non nego che oltre all’indecisione, un fattore determinante in queste situazioni sia la totale mancanza di praticità ed intraprendenza, ma questo fa sfociare il tutto in un altro discorso.
Lo stesso vale per il momento, tragico momento, in cui devi sederti, accendere il PC, raccogliere informazioni e scegliere una facoltà da frequentare. Guai a decidersi prima della maturità! NO! Si trascina tutto fino ad agosto, a ridosso di mille scadenze, quando il WiFi decide di non funzionare (perché se tu sei un caso clinico, la dea bendata si è fatta ricoverare prima di te) e tu devi ponderare mille alternative per poi ridurti ad un sorteggio quasi improvvisato (perché tanto già sai che ti pentirai di qualsiasi cosa, anche del primo respiro compiuto in aula). Così, magari, se devi prepararti per un eventuale test, hai meno di un mese ed un bagaglio di conoscenze e competenze che potrebbe essere sollevato da un pulcino appena uscito dal suo uovo.
Ma non mi lamento, ripeto.
Si tratta di vivere alla giornata. Ci sono mille aspetti positivi celati dietro l’indecisione cronica, tra cui quella bellissima, splendida sensazione di esaurimento nervoso in atto od in procinto di manifestarsi.
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