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La Magna Via – Gaetano Savatteri. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nella Sicilia più autentica tra comicità, mistero e ricordi familiari.
Un viaggio nella Sicilia più autentica tra comicità, mistero e ricordi familiari. Gaetano Savatteri, autore di grande talento e narratore della Sicilia, ci conduce in un viaggio indimenticabile con La Magna Via. Questo romanzo unisce avventura, introspezione e un tocco di comicità, portando il lettore tra le antiche regie trazzere siciliane e i paesaggi che raccontano storie di un passato ancora…
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Meteo e perfezioni
Il Salone di Torino mi affascina da sempre, quest’anno il progetto Adotta è stato esplosivo nella mia testa. Testa, appunto. Dimensioni, spazi di vita particolari che si creano inaspettatamente e per caso. Mi sono rimasti dentro un sacco di pensieri, vivo di empatia e mi ci ammalo al bisogno. Dunque, mi sono preparara con cura per Torino; ho scelto cosa avrei indossato, il sabato mi sono fatta…
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Lui è Nicolò. Nasce a Cremona nel 1993. È un bambino solitario. Legge tanto, tantissimo. Cresce con i nonni, che gli insegnano le cose più divertenti, mangiare i biscotti quando ne ha voglia, correre a piedi nudi sull’erba. Ha 5 anni. Il negozio dei genitori viene rapinato, mamma e papà urlano, piangono. Nicolò scrive un racconto in cui parla del ladro. Lo rilegge, è fiero. I genitori lo stroncano. Nicolò cresce. La scuola non gli va giù. Gli insegnanti parlano chiaro, con quei voti non andrà da nessuna parte. A casa gli tirano le orecchie, ma non serve a nulla. Bocciato. Mamma e papà sono disperati. Lui invece è innamorato. Di una ragazza che non se lo fila, e gli spezza il cuore. Nicolò abbassa la testa, si cuce sulla fronte la parola fallito e tira avanti per forza d'inerzia. Passa il suo tempo sui libri. Si sente vecchio, vuoto, ha voglia di scappare. È il 2013. Nicolò va su internet, vende i fumetti, le scarpe, le magliette, la console dei videogiochi, il letto a castello, prepara lo zaino e parla con i genitori. Ciao mamma, ciao papà, vi saluto, vado in India a fare il volontario in un orfanotrofio. Nicolò non ha alcun interesse per i bambini, o per il sociale. Vuole solo fuggire dal suo paese, che gli sta stretto, lo soffoca. Arriva in un piccolo villaggio dall’altra parte del mondo. Si sente il protagonista di uno dei suoi amati romanzi. La realtà che lo circonda è un pugno nello stomaco. Povertà, prostituzione, violenza. È sconvolto. Lo mettono a insegnare inglese ai bambini. Lui non sa nemmeno da dove iniziare, deve inventarsi qualcosa. Passano i mesi. I suoi piccoli studenti lo adorano, Nicolò conosce la storia di ognuno di loro, si affeziona. Una sera telefona a casa. Ciao mamma, non torno, qui c’è troppo da fare. Nicolò scrive libri, raccoglie fondi per costruire un dormitorio, paga la scuola e l’università ai suoi bambini, fonda una Ong. È il 2020. Nicolò Govoni ha 27 anni, è candidato al Premio Nobel per la Pace.
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Se esistono gli angeli,
probabilmente non leggono
i nostri romanzi
sulle speranze deluse.
E neppure – temo –
le nostre poesie
risentite con il mondo.
Gli strilli e gli strazi
delle nostre pièces teatrali
devono – sospetto –
spazientirli.
Liberi da occupazioni
angeliche, cioè non umane,
guardano piuttosto
le nostre commediole
dell’epoca del cinema muto.
Ai lamentatori funebri,
a chi si strappa le vesti
e a chi digrigna i denti
preferiscono – suppongo –
quel poveraccio
che afferra per la parrucca uno che annega
o affamato divora
i propri lacci.
Dalla cintola in su le ambizioni e lo sparato,
e sotto, nella gamba dei pantaloni,
un topo impaurito.
Oh, questo sì
deve divertirli parecchio.
L’inseguimento in circolo
si trasforma in una fuga davanti al fuggitivo.
La luce nel tunnel
si rivela l’occhio d’una tigre.
Cento catastrofi
sono cento divertenti capriole
su cento abissi.
Se esistono gli angeli,
dovrebbe convincerli
– spero –
questa allegria sull’altalena dell’orrore,
che non grida neppure aiuto, aiuto,
perché tutto avviene in silenzio.
Oso supporre
che applaudano con le ali
e che dai loro occhi colino lacrime
almeno di riso
*
Wislawa Szymborska
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Neri Pozza
Buona lettura a tutti!
APPUNTAMENTO CON LA MORTE di Julia Chapman
Il ritorno a casa di Samson O’Brien, pecora nera di Bruncliffe, ridente cittadina dello Yorkshire, non passa certo inosservato. I suoi concittadini non hanno dimenticato la sua fuga precipitosa avvenuta 14 anni prima, né l’assenza al funerale di Ryan Metcalfe, suo migliore amico, morto durante una missione in Afghanistan.
“È una canaglia. È nato sotto una cattiva stella e porta solo guai”. È questa l’opinione condivisa dai più, anche da Delilah Metcalfe, sorella minore di Ryan, che con Samson ha condiviso i giochi dell’infanzia, l’amore per il fratello e ha vissuto il suo abbandono come un tradimento. Ecco perché, quando scopre che è proprio lui ad aver preso in affitto l’ufficio al piano terra della Dales Dating Agency, l’agenzia matrimoniale che la donna sta cercando di salvare dalla bancarotta, Delilah non può proprio trattenersi dall’accogliere Samson con un bel gancio sulla mascella, di fronte allo sguardo sbalordito dei clienti del Tosone, il pub più frequentato del paese.
Eppure Samson non è il cattivo soggetto che tutti credono e Delilah non è la persona rabbiosa e irrisolta che ci appare all’inizio del romanzo. Infatti, un capitolo dopo l’altro, Julia Chapman ci rivela ciò che è accaduto nel loro passato e costruisce una struttura narrativa in cui, dopo aver diffidato l’uno dell’altra, i due protagonisti creano un sodalizio investigativo che li porterà a risolvere una serie di omicidi mascherati da incidenti.
COSA MI È PIACIUTO
In “Appuntamento con la morte” l’elemento mistery, tranne che nell'ultima parte, non è preponderante; al contrario, sembra quasi un escamotage per raccontare le dinamiche di una piccola comunità situata in una delle regioni più amene dell’Inghilterra, lo Yorkshire. Le descrizioni degli splendidi paesaggi sono vivide e vibranti e le relazioni tra i personaggi porteranno il lettore ad empatizzare con la coppia di improbabili investigatori.
Uno degli aspetti più gradevoli di questo cozy mystery aglosassone è il “sense of humour” tipicamente britannico che lo pervade, fatto di dialoghi effervescenti, battute spassose e situazioni al limite del farsesco.
Inoltre, i personaggi secondari sono così ben caratterizzati che il lettore non può fare a meno di affezionarsi a loro. George Capstick, ingenuo come un bambino, le simpaticissime sorelle Hird, Elaine Bullock, pessima cameriera, ma geologa esperta e amica fedele, l’agente Bradley e il meteoropatico Titch Harrison restano impressi nella memoria. Una menzione particolare spetta a Tolpuddle, lo splendido esemplare di Weimaraner, compagno devoto di Delilah e protagonista di alcune delle situazioni più divertenti del romanzo che, con la saggezza istintiva tipica dei cani, prova una simpatia immediata per il “reietto” Samson.
COSA NON MI È PIACIUTO
Come sempre quando un libro mi piace, mi trovo in difficoltà a evidenziarne gli aspetti negativi. Sinceramente, in questo caso, non ne ho trovato nessuno.
L’AUTRICE
Julia Chapman è lo pseudonimo di Julia Stagg, autrice di una serie di cinque romanzi, The Fogas Chronicles ambientata nei Pirenei francesi, pubblicata da Hodder. I delitti dello Yorkshire è una delle serie crime di maggiore successo in Inghilterra, di cui “Appuntamento con la morte” è il primo romanzo.
LA CASA EDITRICE
Neri Pozza è una casa editrice veneta rinomata e prestigiosa, fondata nel 1946 dall’omonimo scrittore e ha pubblicato, nel corso degli anni, opere di autori molto famosi della letteratura italiana come Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Goffredo Parise, Massimo Bontempelli, Giuseppe Berto ai quali si affiancano oggi nomi internazionali grandiosi quali Romain Gary, Natsuo Kirino, Tracy Chevalier, Eshkol Nevo, Herman Koch.
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Giuseppe Bianco: lo strano caso di Gennaro Amore
Le strane dinamiche del fato Giuseppe Bianco torna in libreria con una nuova storia, lo strano caso di Gennaro Amore, un romanzo breve, una storia esilarante che riserva al lettore colpi di scena, momenti grotteschi, imprevedibili e ironici, proprio come accade nella vita. Il libro, edito da LupiEditore, ha due protagonisti che portano avanti due punti di vista diversi su temi senza tempo: l’amore, l’odio, il bene e il male. Due facce della stessa persona che si scontrano sul terreno delle emozioni. Giuseppe Bianco con lo Lo strano caso di Gennaro Amore, dona al lettore un testo scorrevole, mai superficiale, che pone problemi esistenziali senza avere alcuna presunzione di dare delle risposte definitive. Con la nostra intervista all’autore abbiamo cercato di acquisire qualche dettaglio in più non solo sul romanzo ma anche sulla sua scrittura in generale. Intervista a Giuseppe Bianco Salve Giuseppe, lei è nuovo al pubblico di CinqueColonne Magazine. Ci racconta brevemente di cosa si occupa e quando è entrata la scrittura nella sua vita? Sono impiegato in una multinazionale alimentare. Vengo da studi tecnici e qualche anno di ingegneria meccanica, ma non mi sono mai laureato, purtroppo. La scrittura è entrata molto presto nella mia vita, fin dalle scuole elementari. Con il passare degli anni è sempre riuscita a trovare molto spazio nelle mie attività. Ero iscritto alla SIAE come autore della parte letteraria delle canzoni, ho creato e gestito siti di parole, curato e/o inserito in molte antologie, organizzato un Concorso Letterario per una decina d’anni e sono stato direttore editoriale della Casa Editrice Albus Edizioni. Penso di non esagerare se affermo che la scrittura non si è “inserita” nella mia vita, ma è nata con me. Informiamo i nostri lettori su che tipo di romanzo andranno a leggere. Secondo lei in che genere lo catalogherebbe? Sicuramente va catalogato come narrativa non di genere. Un romanzo breve, esilarante, scritto con uno stile scorrevole. Come la vita, sfiora momenti divertenti, ironici, grotteschi, a volte sfiora il tragico offrendo riflessioni di ampio respiro, aperte al modo in cui viviamo ed al suo senso. Il suo romanzo si gioca sul filo sottilissimo della guerra tra il bene e il male. Perché ha scelto di parlare di questo atavico conflitto? C’è stato un evento, una riflessione o una lettura che le ha fatto scattare la scintilla? Tra il bene e il male, tra le ragioni dell’amore e quelle dell’odio che sono le forze che “comandano” il mondo. Come tutti i miei scritti è nato in modo abbastanza casuale, come se fossi stato contattato direttamente da Gennaro Amore. Quando questo succede, mi convinco sempre di più che non sono io a cercare le storie da raccontare, sono loro che mi trovano, a me non resta che scriverle. Lei ha scritto tantissimi romanzi e vinto numerosi premi. Nello strano caso di Gennaro Amore lei ha percepito qualche mutamento nella sua scrittura dopo tanti anni? Ho scritto parecchi racconti ed ho avuto la fortuna di aver portato a casa qualche premio letterario, i libri pubblicati sono solo otto, anche perché, dopo ‘Chiedilo all’amore’ il mio secondo libro, presi una piccola pausa di riflessione … una decina d’anni. Mi dedicai ad altro, ma una passione può metterti in stand by, lasciarti per un periodo di tempo, poi torna sempre, così nel 2018 c’è stato un mio secondo inizio con il romanzo ‘Figli di uno schizzo ’. Mutamento? Sicuramente. Come una persona, che senza accorgersene, cambia ogni giorno un po', così anche la scrittura, rigo dopo rigo, pagina dopo pagina si arricchisce, matura, ravvivata da nuove emozioni si esprime con forme e stili diversi, anche se, questo nella mia scrittura è sempre successo, ho sempre cercato e cerco di adattare lo stile ed il linguaggio alla storia che racconto. I nostri lettori amano gli scrittori, sono un po’ ficcanaso e adorano le stranezze. Ci racconta qualche sua abitudine di scrittura? Non so, le piace scrivere solo la sera, ha bisogno di una tazza di caffè mentre scrive, attacca post it ovunque... La curiosità è sempre lecita e meno male che c’è, altrimenti cosa spingerebbe a leggere un libro, a vedere un film, ad ascoltare la nuova canzone dell’artista preferito… Confesso la mia ‘stranezza’, non scrivo in un momento preciso della giornata, non ho bisogno di un bicchiere di whisky o di una tazza di caffè. Quando mi arriva l’idea che mi trasmette emozione la devo subito scrivere su di un pezzo di carta, basta un pizzino minuscolo, una ricevuta di un pagamento, un foglio che porto sempre in tasca o semplicemente lo scontrino del caffè. Mettere un pensiero su carta è come fare una foto, se non cogli l’espressione, l’attimo, se non li fissi subito … dopo non sarà più la stessa cosa. Tra i libri di Giuseppe Bianco oltre allo Strano caso di Gennaro Amore ricordiamo “Una splendida follia”, Romanzo PAV Edizioni, “Esilaranti storie di anime scoperecce”, Jacopo Lupi Editore e “Piccoli particolari – On my way” Edizioni Montag. Read the full article
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La coscienza di Zeno venne pubblicato per la prima volta nel 1923. È passato un bel po’ di tempo, da allora, e da poco l’opera ha spento le sue prime cento candeline, confermandosi nuovamente come uno dei romanzi più divertenti ed emblematici del secolo scorso. Di questo libro si sa tutto e niente. Della coscienza umana, d’altronde, non si può sapere che tutto e niente. Perché il capolavoro sveviano, nei fatti, parla di questo. Di quegli esseri strani e contorti, a volte sadici, a volte semplicemente buffi in modo quasi provocatorio, che sono gli umani. Zeno Cosini, infatti, protagonista del romanzo e irresistibile personaggio tridimensionale, è un uomo come tanti. Ha sogni, aspettative. Studia legge, poi chimica, poi ancora legge. Studia e fuma, fuma tante sigarette, una dopo l’altra, e non riesce mai a smettere. Disegna sulle pareti della sua stanza due lettere, U.S., come un presagio, un ammonimento: ogni giorno, infatti, potrebbe essere il giorno dell’Ultima Sigaretta. Ma tutto ciò non avviene, Zeno non smetterà mai di fumare. Proprio come noi non smetteremo mai di chiederci che cosa lo spinga a fissare ogni giorno una nuova data per celebrare la sua ipotetica defezione dal vizio del fumo. Sono pensieri circolari – circolari come certe boccate, come certe forme geometriche assunte dal fumo che fuoriesce dalla bocca – quelli che interessano il mondo di quest’uomo curioso, ma non singolare. Esitante, noioso, forse – ma mai deludente. Zeno non delude perché non crea aspettative, né tantomeno vuole che certe aspettative gli vengano cucite addosso. Si sposa e ha due figli, ma non vuole recitare la parte del patriarca. Perché dovrebbe, in fondo? Per accontentare un mondo alla deriva? Per far felice una certa idea di esistenza borghese? Per piacere a se stesso? Si ha l’impressione che quest’uomo si piaccia già abbastanza. Non ha tempo da perdere con la costruzione imbranata di flaccide apparenze. O forse ce l’ha, ma lo usa male; non raggiunge il suo scopo. Resta un uomo atipico. Molto simpatico, questo è certo. Cosa ha da dire La coscienza a cento anni dalla sua pubblicazione? Molto. Moltissimo, a dire il vero. Quello di Svevo è un libro che educa la mente di chi legge alla complessità. Ai tormenti dei rapporti e delle situazioni. Alle sfaccettature dello scibile e del vivibile. Alle tensioni. Ai terremoti. Attraverso l’autoanalisi che scaturisce dalla narrazione di Zeno, il nostro protagonista (che non diventa mai il nostro eroe) ci mostra i tranelli dell’esistenza, ci mostra come evitarli – quando possibile – e con quali armi affrontare la realtà. Zeno è molto ironico, e la sua ironia lo salva. Sta tutto qui, forse. La coscienza, dopo oltre un secolo, torna, puntuale come un orologio svizzero, a raccontarci nuovamente una grande verità: la realtà è vasta, immensa, e noi non la vediamo tutta. La nostra visione è sempre parziale, spezzettata. La nostra soggettività è importante, fondamentale, quasi, ma non tocca a noi distribuire le carte. Il mondo è caotico, pieno fino a scoppiare di storie e sguardi parziali: tutto ciò è ingovernabile. Zeno ci toglie la certezza di avere uno sguardo oggettivo. Zeno ci toglie la certezza di avere ragione. E mano male, aggiungerei.
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Verona, al Grande Teatro va in scena “La Valigia” con Giuseppe Battiston
Verona, al Grande Teatro va in scena “La Valigia” con Giuseppe Battiston. Martedì 31 gennaio quinto appuntamento con la trentaseiesima edizione del GRANDE TEATRO. In scena “La valigia” dello scrittore-giornalista russo Sergei Dovlatov, spettacolo tratto dall’omonimo romanzo autobiografico che ripercorre la sua esperienza di esule migrante. Protagonista Giuseppe Battiston, regia di Paola Rota. Repliche fino a domenica 5 febbraio. Giovedì 2 febbraio Giuseppe Battiston incontra il pubblico. Dopo il grande successo di “Così è (se vi pare)” di Luigi Pirandello, il Grande Teatro, rassegna organizzata dal Comune di Verona in collaborazione col Teatro Stabile di Verona, prosegue con “La valigia” del giornalista-scrittore russo Sergei Dovlatov scomparso nel 1990 non ancora cinquantenne. Lo spettacolo è in scena al Nuovo da martedì 31 gennaio a sabato 4 febbraio alle 20.45 e domenica 5 alle 16.00. Ne è protagonista Giuseppe Battiston che ne cura anche l’adattamento a quattro mani con Paola Rota, regista dello spettacolo. “La valigia”, che giunge a Verona subito dopo il suo debutto, è prodotto da “Gli Ipocriti - Melina Balsamo”. Vi giunge tra l’altro pochi giorni dopo l’uscita, nella sale cinematografiche, del film “Io vivo altrove!” che segna il debutto di Battiston nella regia. Del film, un inno all’amicizia e al ritorno alla natura liberamente ispirato a “Bouvard e Pécuchet” di Gustave Flaubert, Giuseppe Battiston è anche il protagonista insieme a Rolando Ravello. Dovlatov vide le sue opere pubblicate negli Stati Uniti e in Europa dopo il 1978, anno in cui emigrò a Vienna e da lì a New York dove raggiunse la moglie e la figlia. Prima di allora i suoi romanzi erano circolati in Unione Sovietica come copie clandestine. La valigia, pubblicata nel 1986, riguarda proprio la sua esperienza di migrante. Alla vigilia di una partenza che porta il marchio dell’irreversibilità si devono scrivere su un foglio dodici cose che si porteranno via. Una volta fatta la lista, a ogni coppia di cose va associato un ricordo. A ogni coppia di ricordi, un sentimento. La valigia diventa così metafora della diasporica condizione umana, di un sentirsi emigranti dello spazio e del tempo. Attraverso gli oggetti e i ricordi che questi attivano, Battiston dà vita a una serie di personaggi che riemergono dalla memoria: uomini e donne raccontati con il filtro della distanza, della distorsione e della comicità. In questo passaggio tra presente e passato, si articola lo spettacolo che usa come dispositivo di racconto e di evocazione uno studio radiofonico, attingendo alla storia di Dovlatov giornalista e reporter. Un testo per provare a dissacrare il sacro; per imparare a rispettare ciò che rispettabile non è, per capire che, a dispetto di ogni logica, i valori umani esistono solo al di fuori delle convenzioni. «Leggendo e rileggendo Sergei Dovlatov viene in mente Cechov» hanno osservato i critici di questo scrittore ebreo russo prematuramente scomparso in esilio, dallo stile di vita molto appartato rispetto allo stesso mondo della dissidenza. Tanto appartato e originale da aver fatto dire di sé che era un “dissidente dalla vita” per come vi si approcciava: sempre in modo amaro e dissipatorio, un po’ nello stile di Raymond Carver. Dovlatov racconta di piccoli episodi quotidiani, dai quali trae, mescolando il grottesco della vita con la bizzarra natura filosofica dei suoi personaggi (il più delle volte persone ai margini che si arrangiano a vivere in Russia come in America), pessimistiche lezioni cariche di irresistibile umorismo e assolutamente veritiere. Ma cosa contiene quella valigia che un giorno, per caso, salta fuori dal suo armadio, dimenticata? Vi sono oggetti portati via da Leningrado. Tutti che corrispondono a un episodio o a un personaggio della vita vagabonda di Dovlatov. Episodi e personaggi paradossali, divertenti e insoliti. Il narratore è il tipico uomo sovietico della sua epoca, con una vita come tante altre: «Osservai la valigia vuota. Sul fondo Marx. In cima Brodskij. E tra loro la mia unica, inestimabile, irripetibile esistenza». Iosif Brodskij, poeta russo premio Nobel 1987, ovvero l’afflato metafisico a fare da contraltare all’ideologia. ”La valigia”, come molti altri capolavori dell’epoca, riscosse un enorme successo in Russia negli anni Novanta, in una neonata Russia post-Perestrojka. Lo spettacolo è basato su una ristampa del 2019 pubblicata in Italia da Sellerio Editore a cura di Laura Salmon. Giovedì 2 febbraio alle ore 18. Giuseppe Battiston incontra il pubblico nel Piccolo Teatro di Giulietta. L’incontro, a ingresso libero, sarà condotto dalla giornalista Alessandra Galetto e da Carlo Mangolini, direttore artistico Spettacolo del Comune di Verona. Biglietti in vendita al Teatro Nuovo (dal lunedì al sabato, ore 15.30-19.30) e a Box Office (dal lunedì al venerdì, ore 9.30-12.30 e 15.30-19, e il sabato dalle 9.30 alle 12.30). Biglietti on line su boxol.it / boxofficelive e boxofficelive. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Omicidi in pausa pranzo di Viola Veloce: il thriller irriverente che svela il lato oscuro degli uffici. Recensione di Alessandria today
Un romanzo tra mistero e ironia, con la routine lavorativa trasformata in un teatro del crimine. “Omicidi in pausa pranzo”, scritto da Viola Veloce, è il primo capitolo di una serie di gialli che combina suspense e humor, ambientati in contesti quotidiani. La protagonista, Francesca Zanardelli, si trova coinvolta in una serie di delitti che trasformano un ufficio milanese in un campo di indagine…
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La moglie peggiore del mondo - Polly Williams
La moglie peggiore del mondo – Polly Williams
“Calzini sporchi, piatti da lavare, panni da stirare e un guardaroba che assomiglia più a quello di una teenager che a quello di una trentaquattrenne con un marito e un figlio. Sadie non è proprio un esempio di perfezione, anzi il contrario. E poi ha un dono davvero speciale “essere nel posto sbagliato al momento sbaglialo”. E così quando si presenta in ritardo a un pranzo di lavoro del…
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SPECIALE STRENNE NATALIZIE
Biblioteca Melensa - Autori vari - Romanzi per un buon Natale
Passare un caldo Natale da soli, con un buon libro su cui piangere.Le nostre pubblicazioni per strapparvi un malinconico sorriso, così da sentirvi più tristi.Bando alle ciance, un augurio sincero di Buone Feste a tutti voi.
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Suggerisci un libro per decadi
Il gioco che ha ideato quella mente vulcanica di @neltempodiuncaffe è il seguente: suggerisci tre libri per ogni decade, ovvero qual è, secondo te, il libro che va letto ai 20, quello ai 30 e quello a 40 anni.
Non è stato facilissimo scegliere, non tanto perché chissà quanti libri io abbia letto quanto per la difficoltà a collocarli temporalmente. Sono giunto al seguente verdetto.
A chi ha 20 anni suggerirei di leggere Molto Forte Incredibilmente Vicino di Jonathan Safran Foer. Un romanzo di sentimenti che trovo molto toccante e che arriva dritto al cuore, per quel che mi riguarda. Con l'attentato dell'11 settembre sullo sfondo, un bambino prova a mantenere un legame con il padre disperso nel crollo delle Twin Towers e questo suo pervicace tentativo di averlo vicino in qualche modo ferisce e intenerisce. Trovo appropriato leggerlo a questa età perché si è usciti ormai dall'adolescenza e si entra in un periodo in cui ci si rende conto che certe cose vanno lasciate andare, che arriva un momento in cui si deve crescere, che basta un attimo perché la vita cambi completamente e allora non resta che adattarsi. Mi piace vederla così.
A chi ha 30 anni suggerisco It di Stephen King. Un romanzo horror certo, ma che dice molto di più sull'uomo e sul suo cammino su questo "atomo opaco del male" come definì il mondo Giovanni Pascoli. Meglio leggere questo romanzo quando si è trentenni perché a 20 si rischia di apprezzarne solo il lato horror che è interessante e divertente ma è solo metà del libro. In fondo il mostro al centro della storia è solo un escamotage per parlare dei veri mostri che abbiamo dentro ognuno di noi, quegli spettri che ci portiamo dal passato e che si trasformano a volte in demoni quando raggiungiamo l'età adulta. Se una morale vogliamo trovare in questa storia magistralmente raccontata direi che è questa: prima o poi devi tornare indietro e affrontare il mostro da cui stai scappando. Potresti scoprire che basta non credere in lui per sconfiggerlo.
A chi ha 40 anni suggerisco di leggere la trilogia di Vincenzo Malinconico ossia i tre romanzi di Diego De Silva: Non Avevo Capito Niente, Mia Suocera Beve e Sono Contrario alle Emozioni. Sono tutti e tre divertenti, però io ho preferito su tutti il secondo. Il protagonista è, come suggerisce il suo cognome, una persona malinconica, un avvocato di "insuccesso", fallibile e forse pure un bel po' fallito ma che riesce a tirar fuori perle di saggezza insospettabili grazie al suo essere così disincantato e disilluso dalla vita. Il protagonista di questi libri è una persona che narra le sue vicissitudini per prendersi, come dice lui, la rivincita sulle parole perché non tutti abbiamo la risposta pronta come gli eroi positivi dei romanzi e dei fumetti. Alla maggior parte di noi la risposta giusta arriva ore o giorni dopo una discussione perché le persone normali hanno mille dubbi.
Ho dovuto tenere fuori molti altri romanzi degnissimi come Kafka sulla Spiaggia e Norwegian Wood di Murakami, oppure Survivor e Invisible Monsters di Chuck Palahniuk, oppure Qualcuno con Cui Correre e Che tu Sia Per Me il Coltello di David Grossman (quest'ultimo lo ha già messo @myorizuru e lo sapevo lo avrebbe fatto, per cui va bene così) ma le decadi erano quelle per cui ho dovuto limitarmi (magari la prossima volta facciamo lustri, ok?).
Ho tenuto fuori volutamente i fumetti perché in fondo sono altro, qualcosa di diverso dai libri ma con pari dignità spesso. Avrei suggerito comunque Maus di Spiegelman su tutti e Una Ballata del Mare Salato di Hugo Pratt.
Arrivo ai tumbleri da taggare e poiché molti sono stati già stati taggati mi auguro di non fare un secondo tag nominando @lady--vixen, @surfer-osa, @darknya, @leonoraddio, @goolden (di cui credo di indovinare almeno un titolo) e the last but not the least colei che ritengo la massima esperta di libri (rullo di tamburi, please): @morganadiavalon.
Naturalmente se vi va di farlo, siete liberi di declinare o ignorare la proposta ma sappiate che vi scateno le rappresaglie se non lo fate.
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: NN Editore
Buona lettura a tutti!
𝑭𝑬𝑳𝑳𝑶𝑾𝑺𝑯𝑰𝑷 𝑷𝑶𝑰𝑵𝑻 di 𝑨𝒍𝒊𝒄𝒆 𝑬𝒍𝒍𝒊𝒐𝒕𝒕 𝑫𝒂𝒓𝒌
Agnes Lee e Polly Wister sono due vispe ottantenni che, insieme ad altri soci, condividono la proprietà di Fellowship Point, un’amena località situata nello stato del Maine. Amiche da sempre, sono una l’opposto dell’altra: Agnes, infatti, è una scrittrice di successo della serie di libri per bambini “Quando Nan” e, sotto pseudonimo, dei romanzi per adulti di “Franklyn Square”, non si è mai sposata, ha un carattere forte e deciso, dice sempre quello che pensa e lo fa senza tanti giri di parole. Polly, invece, è una donna dolce e remissiva che ha dedicato tutta la sua vita a compiacere gli altri, in particolare il marito Dick, un professore di filosofia pomposo e pieno di sé, che considera la moglie al suo servizio ventiquattr'ore al giorno.
Siamo all'inizio del Duemila e le inseparabili amiche si trovano a dover affrontare una vera e propria emergenza poiché scoprono che su Fellowship Point, paradiso della flora e della fauna, incombe un progetto di sviluppo turistico che ne distruggerebbe la bellezza incontaminata. Allo stesso tempo, Agnes è tormentata da Maud, una giovanissima editor che vuole convincerla a scrivere un memoir, e i suoi cugini Archie e Seela Lee accusano Robert Circumstance di furto…
“Fellowship Point” è un romanzo che, nonostante il considerevole numero di pagine, si legge tutto d’un fiato e in cui, oltre alle indimenticabili protagoniste, l’autrice ci presenta una galleria di personaggi ai quali non possiamo non affezionarci: dall’architetto paesaggista Robert Circumstance, amico da sempre delle due anziane signore, allo scrittore Virgil Reed e a sua figlia Nan, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella vita di Agnes; da Maud, appassionata fin da piccolissima dei romanzi di “Quando Nan”, a sua madre Heidi, personaggio dolente ed enigmatico.
Nel romanzo l’autrice tratta con grande delicatezza il tema dell’amicizia, soprattutto di quella femminile, ed è in grado di alternare episodi piacevoli e divertenti con altri estremamente drammatici e toccanti. Attraverso il racconto della vita e dei segreti di Agnes e Polly, inoltre, la Dark ci mostra anche quanto possa essere difficile essere donna: Agnes si è dedicata alla carriera, ma non è mai riuscita a crearsi una famiglia, mentre Polly, per essere la moglie e madre esemplare che tutti si aspettavano che fosse, ha dovuto mettere da parte le sue ambizioni e reprimere la propria intelligenza.
Lo splendore di Fellowship Point viene ampiamente descritto in modo poetico e suggestivo e non possiamo fare a meno di condividere l’amore che molti dei personaggi nutrono per questo magnifico territorio.
COSA MI È PIACIUTO
Ho amato moltissimo il romanzo e ho apprezzato particolarmente lo stile “cinematografico” dell’autrice: infatti, le immagini di quello che leggevo mi scorrevano davanti agli occhi, come se stessi guardando un film.
COSA NON MI È PIACIUTO
Nonostante abbia divorato il libro, mi ci è voluto un po’ per entrare nella storia perché l’autrice descrive l’ambientazione, la situazione di partenza e i personaggi con troppa dovizia di particolari.
L’AUTRICE
Alice Elliott Dark è autrice di romanzi, poesie e racconti. I suoi scritti sono apparsi su The New Yorker, Harper’s, The New York Times, Best American Short Stories. Il suo racconto In the Gloaming è stato inserito da John Updike nell’antologia The Best American Short Stories insieme ai più grandi autori della letteratura americana. Fellowship Point è in corso di traduzione in diversi paesi.
LA CASA EDITRICE
NNEditore ha avuto inizio il 19 marzo 2015, quando sono usciti in libreria “Benedizione” di Kent Haruf, e “Sembrava una felicità” di Jenny Offill. Fin dal nome - NN sta per nomen nescio, nome sconosciuto, come nella carta d’identità degli "orfani" di padre – la casa editrice ha voluto dare risalto al tema della ricerca d’identità nel mondo contemporaneo, insieme alla qualità della scrittura e all'empatia suscitata nei lettori dalla voce degli scrittori al di là dei generi e della nazionalità degli autori. Il catalogo di NN non ha collane, ma si sviluppa in Stagioni, Trilogie e Serie. Ogni stagione illumina un tema specifico legato alla ricerca d’identità, come il peso di ruoli e relazioni, l’eredità del passato, gli alleati e i nemici nella ricerca del proprio posto nel mondo. In questo modo, i libri sono legati tra loro da invisibili fili rossi, a costituire nel loro insieme un ideale percorso di lettura.
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Amanti di Cervantes, ma anche estimatori ed estimatrici di romanzi picareschi divertenti e scorrevoli, fatevi un regalo e leggete questo libro!
È la storia del ritrovamento di un testo autografo di Cervantes non solo mai pubblicato, ma anche sconosciuto al mondo intero, custodito nella Biblioteca dei Libri Inesistenti.
Questo manoscritto, ritrovato dall'autore del libro, narra le avventure di Don Miguel de Cervantes Saavedra e Don Antonio Veneziano, poeta palermitano, coevo di Cervantes e considerato il Petrarca siciliano. I due si conobbero in una fetida cella di Algeri (fatto storicamente comprovato) e divennero amici, ma pochissimo si sa del rapporto tra i due, testimoniato da poche lettere e qualche riferimento nelle rispettive opere.
Il manoscritto ritrovato è in grado di cambiare tutto e di scrivere una nuova e inedita pagina di Storia della Letteratura, ma sembra non essere così facile sottrarre libri alla Biblioteca...
Un racconto divertente, profondo ed evocativo, con colpo di scena finale che consiglio spassionatamente!
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Lui è Nicolò. Nasce a Cremona nel 1993. È un bambino solitario. Legge tanto, tantissimo. Cresce con i nonni, che gli insegnano le cose più divertenti, mangiare i biscotti quando ne ha voglia, correre a piedi nudi sull’erba. Ha 5 anni. Il negozio dei genitori viene rapinato, mamma e papà urlano, piangono. Nicolò scrive un racconto in cui parla del ladro. Lo rilegge, è fiero. I genitori lo stroncano. Nicolò cresce. La scuola non gli va giù. Gli insegnanti parlano chiaro, con quei voti non andrà da nessuna parte. A casa gli tirano le orecchie, ma non serve a nulla. Bocciato. Mamma e papà sono disperati. Lui invece è innamorato. Di una ragazza che non se lo fila, e gli spezza il cuore. Nicolò abbassa la testa, si cuce sulla fronte la parola fallito e tira avanti per forza d'inerzia. Passa il suo tempo sui libri. Si sente vecchio, vuoto, ha voglia di scappare. È il 2013. Nicolò va su internet, vende i fumetti, le scarpe, le magliette, la consolle dei videogiochi, il letto a castello... .. prepara lo zaino e parla con i genitori: Ciao mamma, ciao papà, vi saluto, vado in India a fare il volontario in un orfanotrofio. Nicolò non ha alcun interesse per i bambini, o per il sociale. Vuole solo fuggire dal suo paese, che gli sta stretto, lo soffoca. Arriva in un piccolo villaggio dall’altra parte del mondo. Si sente il protagonista di uno dei suoi amati romanzi. La realtà che lo circonda è un pugno nello stomaco. Povertà, prostituzione, violenza. È sconvolto. Lo mettono a insegnare inglese ai bambini. Lui non sa nemmeno da dove iniziare, deve inventarsi qualcosa. Passano i mesi. I suoi piccoli studenti lo adorano, Nicolò conosce la storia di ognuno di loro, si affeziona. Una sera telefona a casa: Ciao mamma, non torno, qui c’è troppo da fare. Nicolò scrive libri, raccoglie fondi per costruire un dormitorio, paga la scuola e l’università ai suoi bambini, fonda una Ong. È il 2020. Nicolò Govoni ha 27 anni, è candidato al Premio Nobel per la Pace.🙏❤️ (web) Con Amore e Graditudine🙏🌹 Gioia Felice 💗 LA VOCE DEL SILENZIO✨
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