#risveglio della natura
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pier-carlo-universe · 18 days ago
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"Raggio d’alba: una poesia inedita ispirata ad Ada Negri". Recensione di Alessandria today
"Un tributo alla poetessa delle emozioni profonde e dell’intensità della vita."
“Un tributo alla poetessa delle emozioni profonde e dell’intensità della vita.” Poesia: “Raggio d’alba” Il buio della notte si ritira,timido, tra le pieghe dell’orizzonte.Un raggio d’alba scivola tra le colline,accarezza la terra addormentata,risveglia il fiore chiuso nel silenzio. È l’ora del respiro,quando il mondo si schiude,fragile e audace,come un bambino che apre gli occhiper la prima…
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lunamagicablu · 5 months ago
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Il maestro era sceso verso la riva del fiume. Il sole si era appena alzato e dava luce al risveglio del mondo intorno al corso d'acqua. Il silenzio di quelle acque era ricoperto dalle grida degli uccelli, mentre ogni altro suono si armonizzava con gli altri in una musicalità che era solo di quel posto, in una bellezza che era unica nel suo accadere. IL maestro rimase in piedi davanti al fiume, abbandonò le braccia lungo i fianchi, fece alcuni respiri e le sue braccia cominciarono ad alzarsi mentre le gambe sembravano accompagnare quei movimenti, disegnando insieme alle braccia una forma che non aveva fine. L’armonia guidava i suoi movimenti. L'allievo aveva raggiunto anche lui quel luogo, fermandosi però a distanza, aspettando che il maestro desse conclusione a quella preghiera. Quando il movimento del maestro si raccolse per trasformarsi in immobilità il discepolo si avvicinò: - Maestro, vorrei fare come voi dite - Non puoi fare come dico io, perché saresti solo la mia imitazione e come tale non saresti tu. - Come posso allora diventare come voi - Non puoi diventare come sono io. Puoi però vedere come sei e da questa osservazione potrà accadere di incontrare ciò che tu sei, non diverso da me. Il maestro si rivolse ancora al giovane guerriero: - Se sei così ci sarà un motivo, aspetta di incontrarlo prima di buttarlo via... … ed insieme entrarono nel movimento appena concluso per un nuovo inizio, così che fine e inizio sono solo momenti di ciò che non ha mai fine… la vita. Sembrava che i suoni della natura cantassero insieme alla forma che stavano eseguendo, non esistevano in quel momento singolarmente ma esisteva una unica unicità… l’adesso. Franco Piccirilli *************************** The master had gone down to the river bank. The sun had just risen and was giving light to the awakening of the world around the watercourse. The silence of those waters was covered by the cries of the birds, while every other sound harmonized with the others in a musicality that was only of that place, in a beauty that was unique in its occurrence. The master remained standing in front of the river, he abandoned his arms along his sides, took a few breaths and his arms began to rise while his legs seemed to accompany those movements, drawing together with his arms a shape that had no end. Harmony guided his movements. The student had also reached that place, but he stopped at a distance, waiting for the master to conclude that prayer. When the master's movement came to become stillness, the disciple approached: - Master, I would like to do as you say - You cannot do as I say, because you would only be my imitation and as such you would not be you. - How can I then become like you - You cannot become as I am. However, you can see how you are and from this observation it may happen to meet what you are, not different from me. The master turned again to the young warrior: - If you are like this there must be a reason, wait to meet it before throwing it away... ... and together they entered the movement just concluded for a new beginning, so that end and beginning are only moments of that which never ends... life. It seemed that the sounds of nature were singing together with the form they were performing, they did not exist in that moment individually but a single uniqueness existed... the now. Franco Piccirilli 
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fioredialabastro · 4 months ago
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9-10-11
Ciao 😊 visto che la prima e l'ultima domanda me le hanno già poste (ti ho comunque menzionato sotto ai post di modo che tu possa leggerli), risponderò solo a quella centrale, peraltro molto bella! 🌷
10. Descrivi il tuo giorno perfetto. Cosa faresti?
Mi alzerei con calma, la mattina presto, per godermi il canto degli uccelli e ammirare il lento risveglio della natura in un tiepido giorno d'autunno. Farei colazione con pane caldo tostato, burro, marmellata di mirtilli neri, caffelatte, il tutto apparecchiato in un servizio di porcellana inglese avorio e blu. Dopodiché, trascorrerei il resto della giornata con le persone che amo: dapprima, faremmo una lunga passeggiata sulla spiaggia deserta, a respirare l'aria di mare e a rincorrerci sul bagnasciuga, per poi gustarci una pizza seduti sulla sabbia, conversando su tematiche profonde davanti all'orizzonte. Poi, mi riposerei leggendo un libro di poesie e andrei a visitare un eremo medievale immerso nella natura. Infine, tornerei a casa per preparare la cena per i miei cari, apparecchiando una lunga tavola e lasciando che la dimora si riempia di chiacchiere, risate, musica soffusa, finché la notte non ci inviterà a contemplare le stelle, uniti dal comune desiderio di esserci gli uni per gli altri, nei giorni belli e meno gaudenti, perché grati e felici di esserci incontrati lungo il cammino della vita. 💙
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angelap3 · 10 months ago
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Da il Il canto di marzo" di Giosuè Carducci una poesia che canta il risveglio della natura e una nuova rinascita dell'umanità.
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Così cantano i fior che si risvegliano:
così cantano i germi che si movono
e le radici che bramose stendonsi:
così da l’ossa de i sepolti cantano
i germi de la vita e de gli spiriti.
(mio disegno)
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vecchiorovere · 3 months ago
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«Quando Paul Gauguin ripartí per la Francia nel giugno del 1893, facendo il viaggio all’inverso, portò con sé numerose sculture e sessantasei pitture. Tra queste c’erano Donna con fiore (Vahine no te tiare) e Donna con mango. Poi partí di nuovo, e a spingerlo fu come una disperazione, un’illusione. Di nuovo in quell’antro di mondo dove finí di vivere molto presto. Lasciò ancora tanti quadri. Tra questi c’era Da dove veniamo? Che cosa siamo? Dove andiamo? Il dipinto con gli alberi blu e l’uomo, proprio al centro del quadro, quasi di un colore luminoso e solare, che prova a raccogliere un frutto.
In un testo ritenuto opera di Samuel Taylor Coleridge un uomo si addormenta e nel sogno sale fino al cielo, dove riesce a cogliere un «mirabile fiore». Coleridge, per chiudere quel pensiero, per compiere un balzo, si chiede: «E se al risveglio quel fiore fosse fra le tue mani?» Il viaggio di Gauguin verso l’arcaico era stato solo un’illusione? Era stato un sogno? Di quel che aveva vissuto laggiú, disse che per la prima volta nella vita era riuscito a toccare ciò che aveva sempre cercato: il colore come «il linguaggio dell’occhio che ascolta». Lí raggiunse la capacità di «dare la sensazione musicale che fluisce dal colore, dalla sua propria natura, dalla sua interna, misteriosa ed enigmatica forza».
Quel mondo in cui si era rifugiato era sull’orlo della dissolvenza, una stella che emanava le ultime luci, un sogno che stava per svanire. Di quell’illusione, di quel sogno, ora, davanti agli occhi di ciascuno di noi, ci sono quei quadri che, come nel caso dell’uomo che si addormenta e sogna di salire in cielo, somigliano ai fiori che al risveglio ci si ritrova tra le mani».
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susieporta · 3 months ago
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Nove di Coppe
"La forza generativa del nostro involucro terrestre"
Mentre siamo impegnati a leccarci le ferite fisiche e psichiche di questo Corridoio così potente, si affaccia all'orizzonte un altro periodo di enorme intensità vibrazionale.
Già preannunciato a più voci, questo "Autunno caldo" non si farà certo esaurire in qualche "colpetto energetico".
Spingerà.
E spingerà ancora e ancora.
Perché deve completare il nuovo assetto incarnazionale. Deve renderlo idoneo ad ospitare la nuova strumentazione. Deve testarlo. Deve renderlo forte, radicato e presente.
Se non siamo disposti ad affrontare con entusiasmo e curiosità questa stagione così esplosiva, muniti di ferrea disciplina e di un autentico ardore viscerale, questo Autunno ci asfalterà.
Occorre prendersi cura dell'involucro. Esso sta ospitando una delle più immense rivoluzioni che si possano sperimentare a livello terrestre: la riattivazione del Cuore Cristallino.
Ed è urgente smetterla di utilizzare il Corpo come uno straccio. In esso ora alberga uno degli strumenti più potenti al Mondo. E non può essere relegato a ruolo marginale di marionetta o "zavorra incarnazionale".
La piena consapevolezza dei nostri bisogni fisici e psichici, è il primo passo per reggere questo straordinario Cambiamento.
Siamo abituati ad essere "assenti" a noi stessi. A non badare alle necessità base della nostra Natura Incarnazionale. La riempiamo di immondizia, di immobilità, di dolore, di paura.
E poi ci ammaliamo.
Più volte al giorno dovremmo fermarci a chiedere a noi stessi se stiamo bene, se abbiamo nutrito il nostro Corpo con le dovute coccole, se stiamo offrendo alla nostra Struttura Umana tutto ciò che serve per funzionare in piena energia e serenità.
Se l'Esterno è costruito per mortificarla o distruggerla, occorre iniziare a scegliere direzioni diverse, soluzioni nuove e vicine al nostro Sentito.
Relazioni tossiche, alimentazione inquinata, luoghi rumorosi, tempi di riposo insufficienti, pensieri malati, abitudini alienanti.
Quanta spazzatura, povero Corpo!
Torniamo dentro ad ascoltare.
Se vogliamo vivere.
Se invece vogliamo "morire", allora siamo sulla buona strada.
Ed è una scelta rispettosa "morire", ma bello sarebbe, prima di gettare la spugna, aver dato un'opportunità vera e sentita a questo passaggio.
Esso, vissuto con piena consapevolezza e amore, può regalarci la "meraviglia dell'Esistere".
Oltre il dolore, l'Amore.
Oltre la fatica, la Vita.
Ce lo meritiamo.
Tutti.
Non è una condanna essere qui presenti a questo straordinario percorso di crescita. E' un dono.
E chi sostiene il contrario, non ne ha colto la portata.
Essa può essere accolta solo attraverso la "Fede". Che non è credere a priori a ciò che dicono i presunti "profeti del Risveglio" o affidarsi all'uno o all'altro messaggero di turno, ma è "Sentire senza Vedere". E' affidarsi al proprio Diapason Interiore. E' entrare in contatto con la propria voce interiorizzata dell'Anima.
E allora, forza! Non si molla, si resta fianco a fianco al nostro amorevole involucro... con tanta fiducia nella sua capacità di farcela, di trovare la forza e la grinta di risplendere e rinascere a nuova Struttura!
L'Autunno è caldo, è bollente, ma noi siamo tosti! E ci vogliamo sempre più bene!
Con umano Affetto, Mirtilla Esmeralda
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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dal patrimonio all'impegno, l'Europa dei nostri figli
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L’Europa non è l’appendice vassallizzata di un Occidente posto sotto il geloso dominio di una superpotenza dagli ideali messianici, convinta di dover portare al mondo i benefici dei suoi presunti valori universali. Né è la penisola di un’Eurasia il cui baricentro sarebbe situato alla periferia degli Urali.
L’Europa non è il culmine di una storia vergognosa che dovrebbe essere cancellata, o addirittura sfigurata, per imporre ai suoi eredi il plumbeo velo di un pentimento mortale. Né è la nave dei folli, guidata dai profeti allucinati e deliranti della “decostruzione”, intenzionati a minare le basi antropologiche che garantiscono la crescita e la conservazione delle culture, delle società e dei popoli.
L’Europa non è un insieme di terre sfigurate, una natura devastata in nome di imperativi di crescita illimitata branditi per sostenere politiche miopi. Non è tanto meno la fuga da ogni logica di potere, in nome delle fantasie di un’ecologia poco compresa.
L’Europa non è un corteo di tecnocrati incaricati di nutrire “il più freddo dei mostri freddi”, come un signore senza volto che spoglierebbe i suoi vassalli delle loro prerogative con meticolosa autorità, ma si dimostrerebbe incapace di assicurarne la difesa. L’Europa non è l’Unione Europea.
L’Europa è qualcosa di completamente diverso e molto più di tutto questo. È allo stesso tempo un'eredità antichissima e la prefigurazione del futuro delle persone che la incarnano.
L’Europa è uno spazio geopolitico abitato da millenni da un gruppo di popoli strettamente imparentati. Nonostante la violenza dei conflitti che hanno tessuto il tessuto eroico e tragico della loro storia comune, questi popoli condividono lo stesso patrimonio di civiltà, forgiato da una lega di elementi etnici che non hanno subito variazioni, sulla scala del continente, dall’inizio del l'età del bronzo, duemila anni prima dell'era cristiana. L'espansione celtica, l'alba greca del pensiero, l'ascesa dell'imperium romano , la renovatio imperii carolingia e germanica , il ritorno alle fonti perenni del genio antico al tempo del "Rinascimento", il risveglio della coscienza identitaria degli europei popoli della metà del XIX secolo , tutti questi fenomeni apparentemente molto diversi costituiscono in realtà l'espressione polifonica dello stesso genio europeo, espresso in forme diverse e costantemente rinnovate, sia negli ambiti politico, filosofico e artistico che scientifico e tecnologico. , da persone provenienti dallo stesso crogiolo. Ma il cataclisma del “secolo 14” venne a scuotere questo edificio di civiltà. Ancor più della distruzione e delle immense perdite che causarono, le due guerre mondiali portarono gli europei a dubitare pericolosamente di se stessi. Spesso accecati da ideologie tese a fare tabula rasa del passato in nome di un cosiddetto “senso universale della storia”, i nostri popoli devono oggi uscire dal letargo in cui lo ha gettato il materialismo consumistico degli ultimi decenni.
Perché non siamo solo eredi: questa eredità ci obbliga! Ora ci chiama all'impegno totale, per affrontare le sfide dei tempi con lucidità e determinazione. La posta in gioco è colossale: i popoli europei devono oggi scegliere tra la cancellazione definitiva o la volontà di realizzare il proprio destino storico, pur continuando ad affermare liberamente la propria identità e sovranità sullo spazio continentale dove si è radicato il loro genio più di cinquemila anni fa. In questo contesto ciascuno di noi può scegliere di arrendersi, sforzarsi di conservare cautamente un tiepido e più o meno comodo compromesso, o al contrario restare attivamente fedele a “ciò che siamo”, in tutti gli ambiti della vita e dell'esistenza, per poter “vivere da europeo”. Questa scelta e questo impegno determineranno quale sarà l’Europa dei nostri figli.
Questo è infatti l'appello che lanciamo: l'Europa non è solo la base delle nostre patrie, cioè la “terra dei nostri padri”; deve anche diventare, secondo le parole di Nietzche, la “terra dei nostri figli”. L’Europa è mito e destino, memoria delle origini e desiderio costantemente rinnovato di riconnettersi con la grandezza originaria. È il luogo dove il genio dei popoli europei ha eretto i megaliti di Stonehenge, le colonne del Partenone, le navate delle cattedrali, e ha progettato i canti omerici, la musica polifonica, la fisica quantistica e il razzo Arianna. Ovunque in Europa sta sorgendo una nuova generazione, consapevole delle proprie radici, della propria identità, della propria appartenenza a una civiltà comune. Di fronte a sfide senza precedenti, tocca oggi realizzare una vera “rivoluzione conservatrice”, intesa a liberare le menti dalle catene ideologiche che le ostacolano. Questa è la strada verso le “grandi risorse”, preludio a un nuovo rinascimento che porterà i popoli d’Europa a riprendere insieme il pieno controllo del proprio spazio geopolitico. L’Europa è il gusto del potere ritrovato, dell’orgoglio dei popoli e delle nazioni, trasceso dalla coscienza di servire un interesse più alto, quello della nostra civiltà.
-Henri Levavasseur
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danvy121994 · 4 months ago
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amore e psiche
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La mia psiche mi tormenta, con immagini di guerra
di dolore e sofferenza.
Racchiusa nella mia crisalide.
Il mio letto è congelato senza la sua presenza, notte insonni e pensierose
Tengono sveglie le mie membra.
Il buio mi stordisce e
I miei pensieri si esacerbano, pensando al passato
Quello che fu;
Al solo ricordo di ciò che ero.
Ciò che sono ora,
Nascosta
Celata
Occultata.
Apro gli occhi e il buio mi accarezza, cullandomi fino al risveglio. Sono sempre in quella stanza buia, fredda e umida. Riesco a vedere la mia luna, con cui parlo ogni notte. Oggi è tondeggiante e brillante; rilascia il suo bagliore nella stanza, illuminando le mie braccia, adornate da agghiaccianti
impronte e le mie gambe piene dei suoi graffi, morsi. Il suo affetto.
Sento la porta di casa aprirsi, il mio amore, il mio angelo. Lo sento togliere le scarpe e andare in cucina per preparare la nostra cena. Mentre cuoce va nella sua camera, per togliere i suoi vestiti del lavoro; prima la camicia scambiandola per una t-shirt, poi i pantaloni del completo, optando per dei pantaloni della tuta e infine mettendo delle ciabatte in gomma. Per quando ha finito la cena è pronta, è mercoledì quindi sarà pollo e insalata.
Scende le scale lentamente, poggia giù il cibo nei gradini per aprire le serrature. Il cibo ha un odore buonissimo, il mio benevole custode, il mio protettore, che mi difende dal mondo cruento che è al di fuori di queste mura, apre la porta e si siede affianco a me, porgendomi il mio cibo.
Neanche una parola deve essere scambiata tra noi, il suo sguardo è abbastanza.
Le sue iridi mi sommergono, lasciando solo un piccolo spazio che mi permette di sopravvivere.
e quando il mio corpo e la mia psiche sono alla sua mercé, mi sento completa.
Mi sento completa e amata, tenuta tra le sue braccia che i ricordi lontani di amici e parenti sono solo immagini sfocate nel retro della mia mente. E quando lui ha finito con me mi tiene stretta nel suo petto e mi chiedo, chi ero io prima di lui?
Niente. Nessuno.
Quando non so neanche quanto tempo fa, arrivai di fronte la sua porta bagnata dalla pioggia e sporca di terra, mangiata dalla natura, ero priva di sentimento. La mia vita era a puttane e avevo pensato che farmi due giorni di trekking in mezzo alle montagne mi avrebbe fatto bene. Ma dopo
essermi persa per otto giorni i all’interno della selva oscura delle montagne dell’ Appalachia, vidi la mia unica salvezza nella dimora malridotta alla fine di uno stradino di montagna. Era una casa completamente in legno, si vedeva che i materiali erano buoni ma era poco curata, il legno era in gran parte imbottito d’acqua e pieno di muschio, le finestre erano coperte da fogli di giornale e dal camino non emetteva fumo. Pensando che nessuno fosse in casa entrai e quando vidi del cibo e dell’acqua sul tavolo del “salotto” mi ci fiondai sopra, mangiando tutto quello che riuscivo a prendere. Ero così affamata e esausta che non senti la porta aprirsi e una figura camminare dietro di me. L’uomo che per molto tempo detestai, si prese cura di me. Mi vendo le ferite e mi dava da mangiare, e in cambio voleva solo che gli pulissi casa. Perché dovevo essere così difficile con lui? con il mio povero amato, che voleva solo qualcuno da tenere stretto la notte per sentirsi meno solo.
Lui la sera andava a dormire nel suo divano mentre io prendevo il letto, ma era così solo, e il suo mal di schiena non gli permetteva di dormire bene nel divano, per forza doveva venire a dormire nel letto con me, e io sciocca che mi dimenavo e mi arrabbiavo. Ma lui è sempre stato paziente con me. Mi ha fatto capire che io non avevo bisogno di vivere una vita piena di problemi, quando potevo soltanto rimanere a casa a pulire e preparare da mangiare per lui. Io qua non penso, sono libera da ogni preoccupazione. Quando alla fine della giornata andiamo a dormire e lui mi stringe stretta, soffocandomi tra le sue braccia, sento che ho un motivo per esistere, quello di aspettare la sera per cenare insieme, parlargli di cosa ho fatto a casa mentre lui era via e dormire insieme.
Mi ricordo il terrore che provavo quando mi guardava. Le leggende che si passano da persona a persona, sulla terribile bestia che abita il terreno dell’ Appalachia, il Wendigoon, il mutaforma; e di come guardando nei suoi occhi, pensavo che la leggenda avesse in fin dei conti un fondo di verità, un mostro abita questi boschi, un mutaforma, che si finge un umano pieno di compassione, ma che è pronto a sbranarti quando meno te lo aspetti.
La prima parte della mia vita è tutta un blur, l’unica cosa che so è che sono felice. Non importa che quando andiamo a fare una passeggiata vedo dei manifesti col mio volto appiccicati a degli alberi, perché lui le strappa e le butta via e neanche gli elicotteri che passano sopra la nostra casa che disturbano il nostro sonno perché mi stanno cercando.
Io non ricordo la mia vita precedente, ma so che qua è dove devo stare.
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: FUOCO GRIGIO - di Gianpiero Menniti 
POTENTE
La coscienza è sogno. Il suo apparire è nell'abbandono. Poi, si addormenta. Nella veglia. E lascia spazio alla materia che sente, frange l'aria, chiama a sé l'impeto. L'istante soggiace alla potenza di un arco teso. Fino allo spasimo. La natura ingannevole della forza prepara al sonno. Eppure, rimane il mistero del risveglio.
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sciatu · 1 year ago
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Il mare al mattino
è un prato di luce
un lenzuolo luminoso
immobile nell’infinito
è uno specchio abbagliante
per il grande cielo
vestito di un timido azzurro.
Il mare al mattino
immobile sogna
come un bambino
fiabe leggere
e baci di luna.
Il mare al mattino
ascolta i cuori dei marinai
vede il lento risveglio
delle case degli uomini
sente il primo canto
di assonnate cicale
segue nel cielo
i primi voli dei gabbiani
che inseguono il vento
Il mare al mattino
è la culla del caldo
di quest’assolato agosto
è un’orchestra silenziosa
che accorda gli strumenti
è il disegno delle correnti
che dal profondo risalgono
a salutare il cielo degli uomini.
Il mare al mattino
è il sorriso della natura
di quella che di giorno offendiamo
e di notte rinasce immutata
amorevole e benevola
con l’abbraccio di una madre.
The sea in the morning is a meadow of light, a luminous sheet, motionless in infinity, it is a dazzling mirror for the great sky dressed in a shy blue.
In the morning, the sea, motionless, dreams, like a child, of light fairy tales and moon kisses.
The sea in the morning, hears the hearts of sailors, sees the slow awakening of men's houses hears the first song, of sleepy cicadas follows in the sky, the first flights of seagulls, chasing the wind
The sea in the morning is the cradle of the heat of this sunny August it is a silent orchestra that tunes the instruments it is the design of the currents that rise from the depths to greet the sky of men.
The sea in the morning is the smile of nature that we offend during the day and is reborn unchanged at night, loving and benevolent
with a mother's hug.
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vefa321 · 2 years ago
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🎨Arte a parte...🖌️
Marzo è il mese della primavera,
del risveglio della natura,
del vento che canta,
del primo sole che incanta.
Marzo oggi sul piede di guerra che cerca di fare pace con l'inverno,
che cerca il verde dei prati sotto la neve,
che cerca ciò che febbraio ha perso...nel disincantato concerto delle armi.
Marzo dipinto, marzo macchiato di rosso...
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Marzo che impressiona,
troppo reale da essere surreale,
marzo,
Una tela strappata,
Un drappo sbandierato,
Una bandiera infangata
Un lenzuolo insanguinato.
Marzo sudario tra i fiori di campo senza gloria,
per tombe senza memoria.
Marzo è all'arte l'espressione di ogni impressione, un senso incompiuto di un inizio di stagione.
In un tempo ove si compiono gesti che il tempo non potrà cancellare.
...Lasciamo all'arte la definizione e diamo alla vita,
la speranza,
la vita,
che arriverà lo stesso la primavera nei prati,
la pace nei cuori...
J.D
✒️Vivi di particolari, raccogli i dettagli
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sisif-o · 6 months ago
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🔗 il sogno di questa notte, in 8 squisiti minuti di vocale 🔗
vorrei trovare il significato di quanto ho sognato, o almeno il significato dell'ultima parte.
Il buio che ho vissuto era penetrante, permeante e impenetrabile
ero denso come pittura, vivido, liquido
non mi dava una sensazione totalmente negativa, ho avuto un momento di stupore, ho ricercato altre persone per condividere quella esperienza (e mi hanno ammonito!)
però sicuramente ho anche avuto paura, ma credo per l'eccezionalità dell'evento, più che per l'evento in sé
il terrore è cresciuto (?) nel momento in cui non trovavo i miei cani, nel momento in cui la densità del buio si è mostrata
ma questo buio, cos'è?
non so rispondere
in primo luogo credo sia importante partire dall'inizio, come e quando tale buio si è imposto sulla scena: tutto si è spento nel momento in cui sono tornato al palazzo, non ho trovato la mia classe e ho notato che il compito assegnato era quasi svolto, ma non completato.
In quel frangente si è materializzata l'alcova con i miei cani, in quel frangente la luce è andata via.
Negli attimi successivi al mio risveglio mi sono sentito turbato e forse eccitato dell'imponenza del sogno, dalla natura aliena di quel buio e ho iniziato fin da subito ad analizzarlo. Una delle prime impressioni che ho avuto è che quel buio fosse la Morte. Quando quel pensiero è riemerso, quando ho avuto quell'intuizione la mia anima ha vibrato, come se avessi colto, come se avesse senso come spiegazione.
La mia coscienza però ha rifiutato questa declinazione, perché non sembra convincente sul piano razionale. La Morte dovrebbe far paura, far male, dovrebbe portare con sè la disperazione, e tutte queste sensazioni, nel sogno, non c'erano.
Ma sono consapevole che non è perentorio che tali sensazioni siano proprie della Morte: queste sono le sensazioni che la mia coscienza logica iscrive alla Morte, sulla base di supposizioni ed interpretazioni, ma non è detto che la Morte sia davvero dolorosa e spaventosa.
Quindi, consapevole che la mia coscienza è limitata, accetto e abbraccio l'intuizione che ho avuto nei momenti successivi al mio risveglio: pur non essendo comprensibile, pur non essendo logica, tale intuizione mi sembra sincera.
Il buio era la Morte.
Ma perché la mia parte cosciente non è soddisfatta?
forse non riesco a comprendere perché la Morte mi sia venuta in sogno, così occultata poi! Anche se ho piena consapevolezza che i sogni ed i loro simboli non hanno l'obbligo né il compito di essere comprensibili.
Ho la sensazione che il mistero non sia svelato a fondo.
Una seconda sensazione, una seconda intuizione, dunque, non mi rende soddisfatto della verità a cui sono giunto, avverto la mancanza, la non finitezza.
e allora cos'altro potrebbe essere quel buio?
ho ipotizzato la seguente teoria, acerba e che considero troppo intellettuale: il buio è la diretta conseguenza del compito mancato e non svolto, è la punizione nel non aver trovato quell'immagine, di non aver riempito quella casella.
Interessante come idea, ma nel sogno non avvertivo un senso di punizione, non mi sentivo attaccato, era il mondo intero ad essere attaccato.
No, non mi convince.
E allora... era un avvertimento forse? Un preludio di ciò che accade o di come posso sentirmi se non completo i compiti che mi sono assegnati.
Il mio inconscio sta cercando di dirmi che do troppo potere agli obiettivi altri? alle vuote consegne? mi sta forse dicendo che non devo perdermi nei meandri delle vuote cose della vita, altrimenti rischio di ritrovarmi perso nel mondo?
una forma di avvertimento dunque, di tentativo di riportarmi su una strada illuminata, riferita a me stesso, a ciò che davvero mi riempie il cuore (come ad esempio i cani, che in questa interpretazione diventano Amore Affetto Fisicità).
Non è un caso che nel momento in cui fallisco il compito assegnato, la prima immagine che mi si presenta davanti sono i miei cani. Che il mio inconscio li abbia evocati a protezione? e subito dopo mi ha messo in guardia, spegnendo il mondo, e facendomi notare che ci sono cose più importanti?
È un'interpretazione suggestiva e credo anche logica, ma mi sembra troppo comoda, troppo legata a ciò che vorrei che il sogno significasse, perché combacia e abbraccia la mia ricerca cosciente di indipendenza e felicità.
Il dilemma è tutto qui, l'inconscio sta andando per la sua strada e mi mostra la Morte o sta collaborando con il conscio e mi consiglia di dare priorità alle cose importanti della vita?
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lunamagicablu · 1 year ago
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"Un giorno una bimba molto sveglia si rivolse al vecchio nonno Cherokee mentre egli stava in meditazione dinnanzi a uno splendido tramonto. «Nonno: perché gli uomini combattono?» E proprio mentre il sole stava perdendo la sua battaglia con la notte, il saggio indiano spostò lo sguardo dalla rossa sfera e guardò dritto negli occhi della bimba, perle altrettanto infuocate. «Ogni uomo», disse calmo e sicuro, «è chiamato a compiere le proprie battaglie e la madre di tutte le battaglie è lo scontro che avviene tra i due lupi.» «Quali due lupi, nonno? » «Quelli che ogni uomo cela dentro di sé.» La bimba non comprese subito, tuttavia cominciò ad ascoltarsi e percepì in sé forti sensazioni mentre il nonno continuò: «Dentro ognuno di noi ci sono due lupi, uno è ferito, deluso, incattivito e vive di paura, invidia, gelosia, risentimento, menzogna ed egoismo.» Fece una pausa vedendo che la nipote era profondamente assorta. «E l’altro?» disse ella all’improvviso. «L’altro è un lupo felice, gentile, compassionevole. Vive in pace, nell’amore, nella fiducia e nella generosità. Si esprime in modo autentico.» La bimba, sempre più assorta e intenta a comprendere, chiese infine con trepidazione: «E quale lupo vince?» Il saggio Cherokee, con gli occhi lucidi e luminosi, con lo sguardo libero e profondo, rispose così: «Quello che scegli di nutrire di più!» La ragazza sveglia ne fu molto colpita e durante la notte fece curiosi sogni di epiche battaglie. Al risveglio una domanda le sgorgò urgentemente dal cuore. La rivolse al nonno alla prima occasione: «Nonno, tra il giorno e la notte io scelgo il giorno, ma mi piace anche la notte. Tra il caldo e il freddo, io scelgo il caldo, ma apprezzo anche il fresco. Perché ci deve essere sempre una battaglia? Perché ci deve essere sempre una cosa migliore dell’altra?». Il nonno, compiaciuto, si illuminò in volto. «Hai colto nel segno, non c’è un lupo davvero buono e un lupo davvero cattivo. Tutto è parte dell’Uno. Entrambi i lupi sono parte della Perfezione. Il giorno esiste solo perché c’è anche la notte, puoi inspirare soltanto dopo aver espirato. Entrambi i lupi vanno dunque nutriti, tuttavia occorre essere svegli e presenti per farlo in modo corretto, cogliendo di entrambi l’autentica natura, il potenziale e la forza. Rispettando i caratteri di entrambi i lupi tu crei un equilibrio che ti permette di stare nella pace: nessuno dei due vorrà attirare maggiore attenzione e tu potrai sentire di volta in volta la voce più profonda della tua coscienza». «Allora vincono tutti e due i lupi!» esclamò la ragazza con allegria. «Esatto!» confermò il nonno. «La quiete è l’obiettivo di un uomo di Conoscenza! Grazie al silenzio e alla pace interiore ogni conflitto perde significato. Tutto torna a splendere alla luce della Perfezione». La giovane ragazza sorrise di tutto cuore."
L'indiano e le altre creature che erano nate qui e che vivevano, avevano una madre comune: la terra. Egli era imparentato con tutto ciò che vive e riconosceva a tutte le creature gli stessi diritti come a se stesso. Quanto era legato alla terra, egli l'amava e l'ammirava. (Orso in piedi) art by Alfredo Rodriguez *********************** "One day a very smart little girl turned to her old Cherokee grandfather while he was meditating in front of a splendid sunset. «Grandfather: why do men fight?» And just as the sun was losing its battle with the night, the Indian sage moved his gaze from the red sphere and looked straight into the little girl's eyes, equally fiery pearls. «Every man», he said calmly and confidently, «is called to carry out his own battles and the mother of all battles is the clash that occurs between the two wolves.» «Which two wolves, grandfather? » «The ones that every man hides inside himself.» The little girl did not understand immediately, however she began to listen to herself and felt strong sensations within herself while her grandfather continued: «Inside each of us there are two wolves, one is hurt, disappointed, angry and lives of fear, envy, jealousy, resentment, lies and selfishness.» He paused as he saw that his niece was deeply engrossed. "And the other?" she said suddenly. «The other is a happy, kind, compassionate wolf. He lives in peace, in love, trust and generosity. He expresses himself authentically." The little girl, increasingly absorbed and intent on understanding, finally asked with trepidation: “And which wolf wins?” The wise Cherokee, with bright and shining eyes, with a free and deep gaze, responded thus: “The one you choose to feed the most!” The awake girl was greatly affected and during the night she had curious dreams of epic battles. When she woke up, a question of hers urgently welled up from her heart. She addressed it to her grandfather at the first opportunity: «Grandpa, between day and night I choose the day, but I also like the night. Between hot and cold, I choose warm, but I also appreciate cool. Why does there always have to be a battle? Why must there always be one thing better than the other? The grandfather, pleased, lit up his face. «You hit the nail on the head, there is no really good wolf and no really bad wolf. Everything is part of the One. Both wolves are part of Perfection. The day exists only because there is also night, you can only inhale after having exhaled. Both wolves must therefore be fed, however we need to be awake and present to do it correctly, grasping the authentic nature, potential and strength of both. By respecting the characters of both wolves you create a balance that allows you to stay in peace: neither of you will want to attract more attention and you will be able to hear the deepest voice of your conscience from time to time." “Then both wolves win!” the girl exclaimed cheerfully. "Exact!" confirmed the grandfather. «Quiet is the goal of a man of Knowledge! Thanks to silence and inner peace, every conflict loses meaning. Everything shines again in the light of Perfection." The young girl smiled wholeheartedly."
The Indian and the other creatures who were born here and lived had a common mother: the earth. He was related to all living things and recognized the same rights for all creatures as for himself. As much as he was tied to the earth, he loved and admired it. (Bear standing) art by Alfredo Rodriguez 
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thebeautycove · 9 months ago
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RANCÉ 1795 - EAU DE ZÉPHYR - Collezione Rue Rancé - Eau de Toilette - Novità 2024 -
Tenerezza olfattiva nel dolce vento che spira da ovest e soffia dal mare verso la terra. 
Zefiro è una brezza leggera che odora di libertà e spensieratezza, reca un messaggio di rinnovamento, annuncia la primavera e la bellezza del risveglio della natura.
Eau de Zéphyr, la nuova creazione Rancé 1795 per la collezione Rue Rancé, coglie la freschezza aromatica di un panorama mediterraneo, la spontanea esuberanza delle note agrumate volteggia su un mellifluo accordo floreale con caprifoglio, magnolia, geranio.
Un respiro a pieni polmoni mentre l’onda spumeggia, un sottile refolo ozonato e insieme, sospese, le zelanti sfumature speziate arboree di cumino, foglie di violetta, galbano. 
Il finale è d’azzurro dipinto nell’orizzonte terso di legni chiari e muschi.
Eau de Toilette 50, 100 ml.  Online qui
©thebeautycove   @igbeautycove
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valentina-lauricella · 1 year ago
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Sui Canti pisano-recanatesi
(riferimenti critici: S. Timpanaro, F. Brioschi)
Ideologicamente, il sistema di pensiero leopardiano è ormai del tutto materialistico e nei nuovi canti "il risveglio di commozione e di sensibilità poetica non annulla mai, anzi presuppone costantemente il possesso delle verità materialistiche e pessimistiche raggiunte negli anni precedenti". La natura, nel suo ordine proprio, determina quella contraddizione per cui la totalità bruta dell'esistenza ha la meglio sulla vita, ovvero sul destino umano e degli esseri senzienti; la natura, provvedendo alla conservazione dell'esistenza, provvede, suo malgrado, all'infelicità (e quindi alla negazione) della vita. "Tanto più intensa è allora l'adesione patetica alla fragile trama di illusioni, speranze, affetti, che la facoltà di sentire porta con sé, come impulso sempre risorgente e conculcato al piacere. Queste apparenze d'infinito, questi indizi privi di referente, e l'orma vuota che lasciano nella coscienza, ecco ciò che la poesia è chiamata a testimoniare".
[Penso a quanto l'arte del Leopardi e i suoi splendidi effetti sul nostro animo debbano all'assunto del "mai più", ovvero dell'attimo che passa e non torna, alla fascinazione logica e affettiva con cui egli sa convincerci, almeno nel tempo in cui leggiamo la sua poesia (ma anche certi passi poetici della sua prosa) che l'eternità non esista. Quanta tragedia e potenza dell'espressione del sentimento d'amore nel Leopardi sono debitrici del suo contrappunto complementare, la morte? Qui non si tratta di stabilire chi abbia ragione e chi torto, quale sia la vera verità (la morte o l'eterno, l'essere o il non essere), ma di valutare, serenamente, la funzionalità di una tale credenza o filosofia sulla sostanza e l'esito dell'arte. E di fronte alla delicata imponenza dell'arte leopardiana, non posso che dire: "Leopardi ha avuto ragione di utilizzare questo personaggio (perché è più di un ampio fondale, più di un coro greco): la morte/il nulla." Da lui stesso, infatti, personificato in una splendida fanciulla sul cui virgineo seno piegare finalmente il capo, decretando l'ultima vittoria delle "illusioni" nell'atto del vestire d'amore, del proprio incrollabile desiderio, il presupposto "arido vero" dell'annullarsi. L'amore come atto poetico-esistenziale, e non la morte, è l'ultima parola e l'essenza di Leopardi.]
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venetianeli · 2 years ago
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Pitosto che perdar na tradision, ze' meio brusar un paese,, questo sentivo dire a casa mi quando ero piccino.
Stasera son nda " a BATTAR MARZO.
Iera anca un fià fresco, ma ne è valuta la pena; ne vale sempre la pena portar avanti le tradizioni dei nostri veci, dei nostri genitori.
Un popolo che non mantiene vive le proprie tradizioni, le proprie storie, le proprie radici,,, è destinato a scomparire...
Ringraziando chi mi ha aperto la porta di casa, per condividere un paio di chiacchere, e assaporare assieme un goccio.
Grazie a tutti.
BATI MARSO
“Bati, bati Marso,
che’l mato va descalso
cavàeo no morire
che l’erba butarà.”
Un tempo i rustici che vivevano tra le vie centuriate, erano convinti che il “Sapere” fosse stato tramandato ai loro antenati direttamente dagli dei e quindi ogni passo in avanti, per un villico, era la perdita di un frammento dell’antica “Conoscenza”. Per tale ragione nell’Ottocento i contadini compivano le stesse azioni dei loro avi congelando il mondo rurale per millenni. Tuttavia anche se il secolo appena trascorso ha visto eclissarsi molte delle nostre antiche tradizioni, a cavallo tra il mese di febbraio e quello di marzo si può sentite il familiare “bacan del batti marso”. Una remota pratica che consisteva nel gironzolare per le strade battendo su pentole, barattoli, bidoni e qualsiasi altro strumento casalingo inventato per l’occasione.
Lo scopo era di far scappar via l’inverno e risvegliare gli spiriti della terra, propiziare e incoraggiare la rinascita della natura; un auspicio per l’arrivo della PRIMAVERA!
CAO DE L’ANO E BATI MARSO:
CAPODANNO VENETO:
I festeggiamenti per il primo giorno dell’anno (cao de l’ano) erano una festività riconosciuta dalla Serenissima Repubblica di Venezia. Secondo la tradizione nei giorni che precedono o seguono il primo marzo, la gente usciva nelle strade con pentole, coperchi e altri strumenti musicali fatti in casa battendoli e facendo una gran confusione. Questo era il modo per scacciare il freddo dell’inverno e propiziare l’arrivo della bella stagione: da qui il nome di Bati Marso.
In alcuni casi questa usanza si è tramandata nei secoli ed è arrivata fino ai giorni nostri. In alcune parti del Veneto si usa ancora pronunciare questa filastrocca
Vegnì fora zente, vegnì
vegnì in strada a far casoto,
a bàtare Marso co coerci, tece e pignate!
A la Natura dovemo farghe corajo, sigando e cantando,
par svejar fora i spiriti de la tera!
Vegnì fora tuti bei e bruti.
Bati, bati Marso che ‘l mato va descalso,
femo casoto fin che riva sera
e ciamemo co forsa ea Primavera.
Vegnì fora zente, vegnì fora!. . . .
Fino al 1797, anno dell’invasione napoleonica, il Capodanno in Veneto si festeggiava il 1° marzo, in linea con una tradizione molto più antica del calendario gregoriano, ovvero quella romana, più vicina al ciclo lunare e con dieci mesi anziché dodici.
Il termine ‘more veneto’ (=secondo l’uso veneto, a modo veneto), che veniva abbreviato in m.v. accanto alla data utilizzata nei documenti e nelle annotazioni, indicava proprio il diverso uso secondo lo stile più diffuso dell’epoca, che era, appunto, l’attuale gregoriano, introdotto nel VI secolo da papa Gregorio Magno.
L’usanza di origini molto antiche, secondo tale sistema faceva coincidere i mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre effettivamente con il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo mese dell’anno, come indicato dal nome.
L’uso di collocare l’inizio dell’anno in corrispondenza con l’inizio della bella stagione, del risveglio naturale della vita in primavera, era una pratica arcaica alquanto diffusa, che possiamo tuttora trovare anche nel calendario cinese.
Testimonianze odierne dell’antica tradizione del capodanno veneto si hanno ancora in alcune zone della pedemontana berica, dell’altopiano di Asiago e in varie feste locali del Trevigiano, del Padovano e del Bassanese, dove è celebrata come l’usanza del Bruza Marzo, del Bati Marzo o del ciamàr Marzo, simboleggiante il risveglio della nuova stagione.
BATI MARSO
"A l'epoca de ła Serenìsima Republica, el Cao de ano, invesse che al 1° de genaro come previsto dal całendario giulian e dopo da queło gregorian, el cascava el 1° de marso. Sta tradission par che ła vegna da l'antico całendario che doparava i Romani prima de Giulio Cesare, che el faxéa scominsiar l'ano dal méxe de marso (e difati in sta maniera i mesi de setenbre, otobre, novenbre e diçenbre i vien a èsar efetivamente i méxi numaro sete, oto, nove e diexe come dixe el nome). Par no far confuxion, i Veneti de na òlta in parte a ła data i ghe scrivéa more veneto, cioè leteralmente "a ła maniera Veneta". Donca, ła data, metemo, del "14 febraro 1703" a Venessia ła deventava "14 febraro 1702 more veneto", parché el febraro l'era efetivamente l'ultimo méxe de l'ano vecio, e el 1703 el scominsiava soło in marso".
Ła festa del Bati Marso ła se svolgéa apunto in tei ultimi jorni de l'ano, e ła prevedéa de 'ndar in giro par łe strade batendo su cuèrciołi, pignate e altri strumenti muxicałi "fati in caxa" faxendo un gran bordèło, con l'intento de far scampar via l'inverno e el fredo e propiziarse l'arivo de ła beła stajon, par poder scuminsiar i laori 'gricołi."
L. Tosatto
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