#riscaldamento oceani
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PRIMO
Capire ciò che è accaduto
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Se a Modigliana [ paese dell'Appennino romagnolo ] ci dicono, che sono caduti 280 millimetri di pioggia (per millimetro quadrato), significa che su un singolo metro quadrato di terreno, sono scesi 280 litri di pioggia in circa 36 ore.
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Ora se ci pensiamo bene, e utilizziamo una immagine subito comprensibile a tutti, è come immaginare che una mattina ci risvegliamo e aprendo la finestra, troviamo che su ogni metro quadrato del nostro giardino o cortile, ci siano tante pile verticali composte da taniche d'acqua da 20 litri, ciascuna.
Per essere precisi, quattordici taniche da 20 litri, impilate una sopra l'altra!!
E queste pile di taniche, su tutti i metri quadrati che riuscite a scorgere dalla vostra finestra, guardando verso strade, tetti, e tutti i prati che riuscite a scorgere.
Ovunque 14 taniche d'acqua, una sopra l'altra, in verticale.
È più chiaro adesso?
Riuscite a visualizzare questa distesa di colonne di taniche d'acqua per tutto lo spazio attorno a voi ?
Su ciascun singolo metro quadrato del vostro territorio.
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Questa è la reale dimensione dell'evento che è accaduto quì in Romagna.
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Sul nostro pianeta credo ci sia una sola area in cui spesso piovono simili quantità di pioggia. Si tratta della regione del Bangladesh, fra l'India e la Birmania (ora Myanmar).
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E questo accade nei due mesi di piogge monsoniche e determina le alluvioni annuali più catastrofiche, quelle con intere città e villaggi che vengono sommersi dall'acqua e il paese che si trasforma in una sola distesa liquida.
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Ma noi non siamo una regione tropicale come il Bangladesh! E da noi non è mai esistito un fenomento paragonabile ai "venti monsonici".
Mai visti !
Eppure adesso, sul Mediterraneo, si formano, con frequenza sempre più ravvicinata, veri e propri Cicloni, ed è da questi fenomeni, che possiano capire che il clima sta mutando rapidamente.
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Noi umani bruciamo combustibili fossili (petrolio, metano, diversi tipi di gas e combustibili come il carbone).
Emettiamo così "gas serra", che fanno crescere la temperatura complessiva del pianeta, aumentando l'energia termica che poi incide direttamente sul clima.
Il clima reagisce a questo riscaldamento del pianeta, facendo evaporare quantità sempre maggiori di vapore acqueo dai mari, oltre a riscaldarli a livelli pericolosi, per la vita stessa dei pesci e dei microorganismi che vivono negli oceani.
Infine scatena fenomeni mai visti prima, a latitudini ben diverse da quelle tropicali.
Comprese queste tempeste di pioggia monsonica sul Mediterraneo. E tutto ci dice che questo succederà sempre più spesso in futuro.
Ecco perchè dovremo investire miliardi di euro, nel ridisegnare e rifare il letto di tutti i corsi d'acqua, progettando innumerevoli bacini di contenimento e le "casse di espansione" per contenere le future piene di torrenti e fiumi.
In concreto, dovremo ampliare la portata, di ogni alveo di corso d'acqua, e iniziare a rimodellare ogni letto di fiume, approfondendolo, e alzando e rafforzando ogni singolo argine di pianura.
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Ecco quel che serve: un piano straordinario di manutenzione e messa in sicurezza di tutto il territorio italiano.
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Altro che PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA, tanto reclamizzato, da quel bulletto cerebroleso che capeggia la Lega.
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POR FAVOR !!
I coglioni e/o perditempo
si astengano dal settore
Trasporti e infrastrutture.
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Che non tocchino nulla e restino piuttosto al Bar, a leggere la Gazzetta dello Sport e a spippolare sui tasti del cellulare, per scrivere cazzate varie, sui vari Twitter, Tik Tok, Facebook o Istagram.
Oppure, vadano immediatamente a Milanello, per assistere a bordocampo a tutti gli allenamenti del Milan o sugli spalti di San Siro !
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Qui, da noi, oggi
le chiacchiere, stanno a zero.
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Calotte glaciali
L’Antartide e la Groenlandia ospitano le più grandi calotte glaciali del mondo. E queste calotte rischiano lo scioglimento a causa del riscaldamento climatico provocando l’aumento del livello degli oceani e segnando un punto di non ritorno.
Un altro punto di non ritorno che genera incertezza riguarda il permafrost (il ghiaccio perenne) in Alaska, in Canada, in Siberia. Quando un terreno rimasto congelato per migliaia di anni disgela, si popola di microrganismi che rilasciano ossido di diazoto (il gas esilarante. Ricordate il film “Era glaciale”, quando i protagonisti attraversando una grotta piena di gas esilarante iniziano a ridere rischiando la vita?), è un gas serra trecento volte più potente del CO2. Un altro gas serra che si libera è il metano, venticinque volte più potente del CO2 e subito ha inizio l’ossidazione di quella parte di suolo fino a poco prima coperto di ghiaccio.
Tutte queste emissioni riscalderanno la Terra, producendo ulteriori emissioni di metano e ossido di diazoto. Se si innescherà questo processo, tutto il dibattito legato ai consumi alimentari sostenibili e al flight shame risulterà ridicolo. Una reazione a catena come questa potrebbe gettare la Terra nel caos atmosferico e climatico più totale. e allora l’unica soluzione sarà fare incetta di scorte alimentari e allacciare le cinture di sicurezza.
Photo by NOAA on Unsplash
#sostenibilità#antartide#groenland#ambiente#ice age#terra#riscaldamento climatico#oceano#co2 reduction#gas metano#permafrost#flight shame#calotta glaciale#ice caps
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Da Fernando Arnò:
Durante il prossimo fine settimana i parlamentari britannici si assenteranno dall'aula parlamentare per essere presenti ai diversi comitati elettorali presenti sul territorio di UK.
Un Paese che vuol dirsi e manifestarsi democratico, pluralista, non si permetterebbe mai di porre ai voti dell'aula un provvedimento drastico in materia ambientale in assenza dei rappresentanti dei 2/3 dello stesso parlamento, quindi di una componente chiave del popolo elettore.
Eppure in UK non sarà così, ed il prossimo venerdì, con appena 200 presenti su 600, voteranno i passaggi definitivi per il "Net Zero", che pregiudicheranno la generazione e l'accesso all'energia, al cibo, all'acqua potabile, alle terapie mediche.
Promosso da Zero Hour, finanziato da Green Blob, il sostegno al disegno di legge sul clima e la natura è diffuso nelle élite liberali di tutta la Gran Bretagna.
Il disegno di legge ha due linee di attacco, vale a dire la rimozione di quasi tutto l'uso di idrocarburi nel prossimo futuro e un divieto totale di produzione, esplorazione, vendita o importazione di idrocarburi, indicati nel disegno di legge come "combustibili fossili". Sembra che si stia cercando di ridurre di quasi il 90% l'uso di idrocarburi entro un decennio e questo influenzerebbe tutto, dall'energia che riscalda le case e guida un'economia moderna ai farmaci e al cibo che sostengono la vita. Se un tale piano fosse seguito nel Regno Unito, ne seguirebbe un collasso sociale quasi immediato. La gente gelerà in inverno, non ci sarà cibo nei negozi o medicine negli ospedali e nelle farmacie. Non ci sarebbe energia per far funzionare gli impianti di trattamento delle acque reflue o i prodotti chimici a base di idrocarburi per pulire l'acqua. Un completo collasso della legge e dell'ordine sarebbe probabile, dato che i cittadini sopravvivono come meglio possono.
Il disegno di legge è a corto di cifre, ma chiede che le emissioni totali di anidride carbonica del Regno Unito siano limitate a "non più di una quota proporzionata" del restante bilancio globale del carbonio delle Nazioni Unite. Questo "budget" è ovviamente solo una cifra inventata, insieme allo spavento del riscaldamento termico di 1,5°C. Va osservato che queste indicazioni per la politica suggeriscono di ridurre le emissioni a un terzo rispetto alle attuali entro 5 anni. Ma questa non è la fine della storia, dal momento che il disegno di legge impone di tenere conto delle emissioni rilasciate da tutte le importazioni del Regno Unito.
E' ovvio che l'industria chiuderebbe, il denaro fuggirebbe dal Paese, i porti e gli aeroporti chiuderebbero per mancanza di traffico, le diete a base di carne sarebbero rigorosamente razionate, le auto scomparirebbero dalle strade e anche gli spostamenti locali diventerebbero difficili. In tali circostanze, il collasso civile sarebbe più che probabile e potrebbe essere evitato solo con l'imposizione di severi poteri di emergenza e la sospensione delle libertà e delle istituzioni democratiche.
Tutto giustificato, senza dubbio, per la causa di Salvare il Pianeta.
L'attuale promotrice del disegno di legge in Parlamento è Roz Savage, una deputata Lib Dem che ha trascorso parte della sua giovinezza remando da sola intorno agli oceani pensando al clima e alla natura. Gareggiò nella Women's Lightweight Boat Race come unica donna, e la sua traversata viene dipinta come opera epica, tra remi rattoppati e telefono satellitare rotto. Quasi 2 anni di pagaiata intorno al Pacifico avrebbero potuto essere spesi meglio considerando il ruolo vitale che gli idrocarburi svolgono nella società moderna. Quasi la metà del cibo prodotto nel mondo dipende dall'uso di fertilizzanti derivati dagli idrocarburi e il flagello della carestia è stato eliminato in molte parti del mondo grazie al suo utilizzo.
E il realismo non si materializza, ci sono scelte difficili da fare: chi si farà avanti per togliere il calore salvavita che riscalda le case degli anziani o vieterà gli inalatori che calmano la loro asma invernale? Forse ai 200 parlamentari elencati sul sito di Zero Hour come sostenitori del disegno di legge verranno poste tali domande la prossima volta che cercheranno i voti dell'elettorato più ampio. Si da spazio ad una criminale, che basa la sua agenda politica sugli ideali di Malthus. Una che di problemi economici non ne ha mai avuti, ma ne vuole creare agli altri. Il Regno Unito, molto presto, piomberà in una crisi energetica senza precedenti. Anche oggi, con la carenza di vento, i suoi parchi eolici on/offshore non stanno generando energia, mentre il fotovoltaico è praticamente a zero. Imponendo ulteriori restrizioni all'uso del gas naturale, come alle importazioni di alimenti e farmaci, non si farà altro che uccidere intenzionalmente la popolazione. Mi domando solo: ma nessuno ha davvero nulla da ridire nel Regno Unito? E Nigel Farage, che si riaffaccia in politica in modo attivo (dopo le tante minacce e tentativi di omicidio subiti nel corso delle campagne Brexit), come mai temporeggia nel denunciare a gran voce i crimini contro l'umanità di certa parte della politica (sempre colonialista) britannica?
https://unacademy.com/content/neet-ug/study-material/chemistry/uses-of-hydrocarbons-in-modern-life/#:~:text=Medical%20applications%20of%20hydrocarbons%3A&text=Halogenated%20hydrocarbons%20are%20used%20in,hydrocarbons%20are%20used%20as%20refrigerants.
#umorismo british#truffa green#truffa energetica#truffa climatica#truffa rinnovabili#verdacci merdosi#verdacci malefici#verdi di merda
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Lo abbiamo tanto preso in giro, quando invece Biden era l’unico lucido, è il resto degli americani a essersi rincoglionito. Ma i conti si fanno sempre e solo con la realtà. Quindi, cominciamo: cosa ci aspetta per i prossimi quattro anni? Partiamo dal pacifismo di Trump: il futuro presidente degli Stati Uniti come intende far finire la guerra in Ucraina? Facile immaginarlo: dando l’Ucraina a Putin, e prendendosi lui gli ucraini in Usa. Una volta lì, si sbarazzerà degli ucraini dandoli in pasto agli immigrati di Springfield. I quali, dopo essere stati accusati da Trump di mangiarsi cani e gatti, il giorno delle elezioni lo hanno votato in massa: segno che non solo Trump aveva ragione, ma anche che i diretti interessati si sono stufati di mangiarsi gli animali domestici, e hanno votato il repubblicano per avere da lui un cambio di menù. Saranno presto accontentati.
Veniamo ora alla crisi climatica, che come sappiamo è un’invenzione della sinistra, non c’è nessuna emergenza: come saranno gestiti dall’Amministrazione Trump uragani e sconvolgimenti vari? Innanzitutto, The Donald non ha mai fatto mistero di vedere nello scioglimento dei ghiacciai una grande opportunità balneare: i cittadini verranno incentivati alla creazione di spiagge private in salotto, con sgravi e bonus. Sdraio e lettini al posto di poltrone e divani, via i tappeti in favore di stuoie e asciugamani. Ovviamente, le case americane potranno essere allagate solo dagli Oceani, Atlantico e Pacifico. Sugli altri mari verranno imposti dei dazi, e se necessario verranno arginati con dei muri. Infatti il ritorno di Trump darà nuovo impulso al settore dei confini in muratura: torna il progetto di muro con il Messico, ma si parla anche di un ampliamento che dovrebbe prevedere un pavimento con la Nuova Zelanda e un contro-soffitto con Marte per proteggerci da eventuali invasioni aliene. La presidenza Trump intende porre fine anche al riscaldamento globale grazie a Musk, che con SpaceX installerà un’enorme condizionatore nello Spazio, puntato sulla Terra e fisso a 18°. Un grande passo per l’umanità, e un passo non così piccolo nemmeno per il tecnico che dovrà pulire il filtro una volta all’anno.
Come sappiamo, il presidente è negazionista anche dal punto di vista sanitario. Così come ha già telefonato a Putin, il tycoon intende trattare direttamente anche con la zika, la dengue, la malaria, ogni virus o forma influenzale: Trump non crede in Big Pharma, oltre che dalla Nato vuole uscire anche dalla comunità scientifica. È certo di poter fare affari d’oro anche con tutte queste malattie, o di poterne far fare agli eredi dei contagiati. Dal punto di vista economico, il dollaro verrà trasformato in una criptovaluta, così da avere un cambio favorevole con le monete di cioccolata e i soldi del Monopoly. E nei rapporti con l’Europa, Donald Trump sarà più diplomatico di quanto abbia fatto presagire: prima di sganciare l’atomica sul vecchio continente darà almeno un paio di giorni di preavviso. Quattro anni così passano in fretta. Il problema è che ci passano addosso.
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L'antica attività vulcanica rivela la soglia climatica per la deossigenazione degli oceani
Campioni di sedimenti del primo Cretaceo. Le massicce emissioni vulcaniche di anidride carbonica (CO2) che contribuirono a un evento estremo di deossigenazione globale degli oceani oltre 120 milioni di anni fa hanno implicazioni moderne per la comprensione di un “punto di svolta” del riscaldamento climatico, secondo una nuova ricerca pubblicata su Nature, guidata da uno scienziato di Ocean…
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Gli squali spaventosi di oggi si sono evoluti quando gli antichi oceani si sono riscaldati Gli Squali Evolvono All’aumentare delle Temperature Oceaniche Uno studio recente pubblicato su Current Biology ha rivelato come gli squali si siano evoluti quando le temperature oceaniche aumentarono oltre 100 milioni di anni fa durante il periodo Cretaceo. Questo cambiamento avrebbe portato gli squali a diventare predatori più grandi e veloci. Adattamenti Degli Squali Le ricerche dimostrano che alcuni squali abbandonarono il fondo marino per spostarsi in acque aperte durante il periodo di riscaldamento dell’oceano. Questo cambiamento nell’habitat avrebbe influenzato la struttura delle pinne e del corpo degli squali, causando modifiche nelle loro dimensioni e capacità di nuotare. Diversità Tra Gli
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Comportamenti non ecosostenibili: la minaccia per il nostro pianeta
Nel mondo odierno, la salute del nostro pianeta è una delle questioni più urgenti. Le attività umane hanno un impatto significativo sull'ambiente, e molti dei nostri comportamenti quotidiani contribuiscono a problemi come il cambiamento climatico, l'inquinamento e la perdita di biodiversità. I nostri comportamenti non ecosostenibili hanno, quindi, un ruolo negativo nella protezione del nostro amato pianeta. Quali sono i comportamenti non ecosostenibili più comuni? - Eccessivo consumo di energia: Lasciare le luci accese, utilizzare elettrodomestici inefficienti e mantenere il riscaldamento o l'aria condizionata a livelli estremi sono solo alcuni esempi di come sprechiamo energia. La produzione di energia, soprattutto da fonti fossili, è un processo altamente inquinante che rilascia gas serra nell'atmosfera, contribuendo al riscaldamento globale. - Sprechi alimentari: Ogni anno, un terzo di tutto il cibo prodotto nel mondo viene sprecato. Questo spreco non solo rappresenta una perdita di risorse preziose, ma genera anche metano durante la decomposizione, un potente gas serra. - Uso eccessivo di plastica: La plastica è un materiale durevole e versatile, ma il suo abuso ha avuto un impatto devastante sull'ambiente. L'inquinamento da plastica contamina oceani, fiumi e terreni, mettendo a rischio la fauna selvatica e danneggiando gli ecosistemi. - Mezzi di trasporto privati: Fare affidamento sulle auto private per gli spostamenti quotidiani è un importante contributo all'inquinamento atmosferico, soprattutto nelle aree urbane. Le emissioni dei veicoli a motore bruciano combustibili fossili e rilasciano nell'aria sostanze nocive, causando problemi respiratori e altri problemi di salute. - Deforestazione: L'abbattimento di alberi per l'agricoltura, l'edilizia e la produzione di legname ha portato alla perdita di foreste in tutto il mondo. Le foreste svolgono un ruolo vitale nel regolare il clima, prevenire l'erosione del suolo e fornire habitat per la biodiversità. La loro distruzione ha conseguenze gravissime per l'ambiente. Quali sono le conseguenze di questi comportamenti? Le conseguenze dei comportamenti non ecosostenibili sono già evidenti e si prevede che peggioreranno se non cambieremo rotta. Il cambiamento climatico sta causando eventi meteorologici estremi come uragani, inondazioni e siccità, con un impatto devastante sulle comunità e sui ecosistemi. L'inquinamento atmosferico è responsabile di milioni di morti premature ogni anno, mentre l'inquinamento da plastica sta soffocando i nostri oceani e mettendo a rischio la vita marina. La perdita di biodiversità minaccia la catena alimentare e gli ecosistemi da cui dipendiamo per il nostro cibo, l'acqua e altri servizi essenziali. Cosa possiamo fare per vivere in modo più sostenibile? La buona notizia è che possiamo tutti fare la nostra parte per ridurre il nostro impatto ambientale e vivere in modo più sostenibile. Ecco alcuni semplici consigli: - Risparmiare energia: Spegnere le luci quando non sono in uso, utilizzare elettrodomestici a basso consumo energetico e regolare il riscaldamento e l'aria condizionata a temperature moderate. - Riduci gli sprechi alimentari: Pianifica i pasti, conserva correttamente gli alimenti e fai compostaggio degli scarti alimentari. - Diminuire l'uso della plastica: Porta con te una borsa riutilizzabile per la spesa, evita i prodotti usa e getta e scegli prodotti con imballaggi ridotti. - Utilizzare mezzi di trasporto alternativi: Camminare, andare in bicicletta, utilizzare i mezzi pubblici o il car sharing sono modi migliori per spostarsi, riducendo le emissioni di gas serra. - Piantare alberi: Gli alberi assorbono CO2 dall'atmosfera e contribuiscono a mitigare il cambiamento climatico. Pianta alberi nel tuo giardino o sostieni iniziative di rimboschimento. Proteggere il nostro pianeta È fondamentale adottare uno stile di vita più ecosostenibile per proteggere il nostro pianeta e garantire un futuro migliore per le generazioni future. Ogni piccolo gesto conta, e insieme possiamo fare la differenza. Oltre a questi consigli, ci sono molte altre cose che possiamo fare per vivere in modo più sostenibile. Informarsi sui problemi ambientali, sostenere le organizzazioni che lavorano per la tutela dell'ambiente e fare pressioni sui governi per adottare politiche più ecocompatibili sono solo alcuni esempi. Foto di Gordon Johnson da Pixabay Read the full article
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/giornata-mondiale-dellacqua/?feed_id=1421&_unique_id=65fd4ba6f2930 %TITLE% Il 22 Marzo è giornata mondiale dell'acqua, una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. Facile osservare la terra e rendersi conto di quanto sia azzurra, il 70% della superficie terrestre è ricoperta di acqua. Il che la fa sembrare virtualmente infinita, eppure non è così. Sul nostro pianeta il 97% dell’acqua è salata e si trova nei mari e negli oceani del restante 3%, quel 3% si trova per il 69,7% nei ghiacciai e nelle nevi perenni e per il 20% nelle falde sotterranee. L'acqua presente in superficie e quindi disponibile per l'uomo è circa lo 0,3% di quella sul nostro bel pianeta azzurro. E noi la inquiniamo quotidianamente. La perdiamo in acquedotti fallati. La usiamo per farci docce infinite e bagni nella vasca. La lasciamo aperta mentre ci laviamo i denti. La usiamo come scarico dei nostri scarti. Poi ci sono popolazioni del mondo che di acqua ne hanno sempre meno, per il riscaldamento globale causato dall'inquinamento e dall'uso delle energie fossili. Queste popolazioni hanno bisogno di acqua e così si spostano, e vengono qui, dove l'acqua per ora c'è ancora. E noi ci lamentiamo, poi li integriamo, poi insegniamo loro a sprecare l'acqua come noi e a inquinare come noi, così altre popolazioni avranno lo stesso problema, tanto noi saremo probabilmente gli ultimi a restare senza. In un ciclo continuo. Vorrei che il ciclo dell'acqua fosse spiegato così. Oltre che nel classico modo scientifico di evaporazione, pioggia e assorbimento.
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Il mondo senza di noi
Il libro di Alan Weisman, scrittore, giornalista ed insegnante statunitense, affronta un tema scivoloso che spesso porta verso la china del catastrofismo o dell'ipotetica rinascita del genere umano. L'autore invece, con taglio giornalistico, analizza i dati scientifici disponibili alla libera consultazione, per concentrarsi sull'attuale situazione del pianeta Terra, creata dalla presenza del genere Homo, fornendo un quadro tanto interessante quanto allarmante di quali siano - oggi - i veri grandi pericoli con i quali coabitiamo.
Essendo Weisman un giornalista (non un biologo o un ecologo), ed essendo nato questo libro in abbinamento a un documentario televisivo, Il mondo senza di noi è costruito su "case histories" significative, e su interviste a diversi addetti al mantenimento dello "status quo" del mondo antropizzato (biologi ed ecologi certamente, ma anche semplici addetti alla sicurezza d'impianti a rischio costante di collasso, come ovviamente i depositi di gas e petrolio, ma anche, meno ovviamente, la Metropolitana di New York, che sarebbe completamente invasa dalle acque nel giro di poche ore dall'arresto delle pompe che oggi le permettono di rimanere all'asciutto).
Il libro spazia quindi dal ripopolamento spontaneo (da parte di specie ormai estinte altrove) della "zona neutrale" fra le due Coree, al destino della (indistruttibile!) plastica negli oceani, ai depositi di combustibili negli Usa e alla loro gestione, al probabile destino delle centrali atomiche (che se non fossero state spente al momento della sparizione della nostra razza causerebbero una devastazione radioattiva per decine di millenni), al triste destino di piante ed animali addomesticati (che senza l'aiuto umano in gran parte o sparirebbero, o tornerebbero alle forme selvatiche da cui discendono), via via fino ai "lasciti" involontari, come le piante e gli animali infestanti introdotti dall'uomo in continenti diversi da quelli d'origine, il buco nell'ozono, il riscaldamento globale.
Personalmente ha colmato un vuoto di informazioni abissale sul nostro presente, portandomi a spostare l'attenzione da quel che potrebbe accadere se gli umani si estinguessero alla consapevolezza che non c'è più nulla che si possa rimediare perchè, ormai, troppo è stato fatto per poter essere risanato o fermato.
L'unico aspetto sul quale si può agire è l'arroganza intellettuale dell'Homo sapiens sapiens (??) convinto di poter salvare il pianeta mentre riuscirà unicamente a spazzare via la razza umana dal libro della Vita. Impegnarsi a diventare umili è l'unica "salvezza" possibile.
#antispecismo#ilmondosenzadinoi#alanweisman#natura#inquinamento#terra#estinzione#consapevolezza#libri
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Nell'Oceano Antartico si scioglie la calotta polare
Riscaldamento globale, si scioglie la calotta in Antartide: manca un pezzo grande quanto l’Argentina. Gli scienziati lanciano l’allarme: “Ghiaccio marino ai minimi storici. Quello che si è sciolto nell’estate antartica non si è più riformato”.
Le evidenze continuano a confermare come il riscaldamento globale sia un’urgenza da affrontare al più presto. Da una parte l'emisfero settentrionale, il nostro, soffocato da un'ondata di caldo estivo da record tra clima torrido, grandinate, frane e downburst. Ma molto più a sud, nel cuore dell'inverno, gli eventi climatici sono altrettanto gravi. Il ghiaccio marino antartico è sceso a minimi senza precedenti per questo periodo dell'anno. Lo scrive la Cnn, secondo cui a metà luglio, il ghiaccio marino dell'Antartide era di 2,6 milioni di chilometri quadrati al di sotto della media registrata dal 1981 al 2010. Per dare una misura, corrisponde ad un'area grande quasi quanto l'Argentina o gli stati del Texas, California, New Mexico, Arizona, Nevada, Utah e Colorado messi insieme. Evento eccezionale (in negativo) Ogni anno, il ghiaccio marino antartico si riduce ai livelli più bassi verso la fine di febbraio, durante l'estate del continente. Il ghiaccio marino poi si ricostruisce durante l'inverno. Ma quest'anno gli scienziati hanno osservato qualcosa di diverso, riporta la Cnn: il ghiaccio marino non è tornato ai livelli previsti. Infatti è ai livelli più bassi per questo periodo dell'anno da quando sono iniziate le registrazioni 45 anni fa. Il ghiaccio è di circa 1,6 milioni di chilometri quadrati al di sotto del precedente minimo invernale stabilito nel 2022, secondo i dati del National Snow and Ice Data Center (NSIDC). Il fenomeno è stato descritto da alcuni scienziati come eccezionale, qualcosa di così raro che le probabilità sono che accada solo una volta ogni milioni di anni.
Antartide, si stacca un iceberg grande come Londra: le immagini dal satellite sono impressionanti Colpa dei cambiamenti climatici "Il sistema antartico è sempre stato molto variabile", ha spiegato alla Cnn Ted Scambos, un glaciologo dell'Università del Colorado, "l'attuale livello di variazione è così estremo che qualcosa di radicale è cambiato negli ultimi due anni, ma soprattutto quest'anno, rispetto ai 45 anni precedenti". Diversi fattori contribuiscono alla perdita di ghiaccio marino, ha affermato Scambos, inclusa la forza dei venti occidentali intorno all'Antartide, che sono stati collegati all'aumento dell'inquinamento dovuto al riscaldamento del pianeta. Anche le temperature oceaniche più calde a nord del confine dell'Oceano Antartico che si mescolano all'acqua che è tipicamente un po' isolata dal resto degli oceani del mondo fanno parte di questa idea su come spiegarlo". Alla fine di febbraio di quest'anno, il ghiaccio marino antartico ha raggiunto la sua estensione più bassa da quando sono iniziate le registrazioni: 691mila miglia quadrate. L'evento senza precedenti di questo inverno potrebbe indicare un cambiamento a lungo termine per il continente. "È più probabile che non vedremo il sistema antartico riprendersi come ha fatto, diciamo, 15 anni fa, per un periodo molto lungo nel futuro. Forse non accadrà mai", ha concluso Scambos. Read the full article
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NASA. In un video l’innalzamento degli oceani dal 1993 a oggi
La metafora è quella claustrofobica di un oblò ormai parzialmente sommerso, l’obiettivo è spiegare in modo convincente la realtà dell’innalzamento degli oceani tra il 1993 e il 2022. Il fenomeno, spiegano gli esperti dell’Agenzia spaziale Usa, è collegato al riscaldamento del pianeta e allo scioglimento dei ghiacci polari. Il video è l’ennesima produzione d’effetto realizzata dallo Scientific…
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A dà passà a iurnat.
Detto napoletano che tradotto letteralmente significa "deve passare la giornata", ma che ha il suo significato insito nel fatto che anche le brutte giornate finiscono, direi che anche iniziano ed è quello il punto dolente della situazione. Non voglio entrare nel merito di come e perché e soprattutto mi so scucciat di giorni che iniziano di merda, quindi vado oltre. Ma non è solo oggi che deve passare, deve passare questo fatto che nonostante il nano sia stato il peggiore malavitoso degli ultimi 150 anni sta monopolizzando tutto, non ci sono testate che dedichino a sto infame articoli su articoli, sicuramente per coprire le notizie importanti, chi lo glorifica e chi lo attacca (in pochi veramente), ma basta è morto, chiudiamo sto capitolo triste, cancellate tutte le leggi ad personam che si è fatto e andiamo avanti, perché c'è questo masochismo da parte di tutti.
Oggi un contatto su FB, un tizio che è giornalista estone, ha scritto due distinte cose in un post, direi anche un pò correlate tra loro, la prima è che i giovani sono depressi per via del cambiamento climatico nonostante i loro sforzi, la seconda è che molti (direi troppi) tendono a guardare quello che fanno gli altri e meno quello che fanno loro, non dal lato comportamentale ma proprio come sono gli altri. Riguardo la prima c'è da dire che questo senso di disagio è dovuto al fatto che dai piani alti puntano il dito sempre verso il basso facendoci sentire in colpa se non facciamo la differenziata, se usiamo troppo l'auto e cose del genere; ma le persone non si rendono conto del macro, del fatto che se anche io uso l'auto, per esempio, per fare casa-lavoro non inquino poi così tanto, alcuni studi hanno dimostrato che una nave trasporta container che solca l'oceano atlantico inquina quanto tutte le auto in Europa per una settimana, questo dovrebbe fare capire quanto la globalizzazione stia dando il suo forte contributo all'accelerazione del processo di riscaldamento, se si calcola quante navi (anche quelle da crociera inquinano tantissimo) solcano gli oceani per portare merci a destra e a manca possiamo notare che la nostra piccola auto in realtà non inquina, in rapporto, inquina lo stesso ma molto meno. Un altro aspetto è che le aziende che vendono acqua non producono acqua ma bottiglie di plastica, ma in generale ci sono fabbriche che producono prodotti inutili, vedi gadget usa e getta o comunque oggetti che non hanno nessun utilizzo pratico ma puramente economico per quelle aziende, questi stabilimenti andrebbero chiusi; ci vorrebbe una sorta di inventario per capire chi inquina inutilmente, allora si potrebbe iniziare a tagliare un pò di riscaldamento.
Passando al secondo punto, e parlo della città in cui anche lui vive che è Tartu piccola e paragonabile ad un paesino, direi che le persone adottano ben bene quella cosa della pagliuzza e della trave che c'è nella bibbia, sono pronti ad additarti per un'inezia mentre loro ne fanno di tutti i colori ed è tutto lecito. Ma secondo me questo accade un pò ovunque, lui dice che bisognerebbe guardarsi un pò dentro, ma se le persone pensano al loro aspetto esteriore come fanno a guardarsi dentro? Cioè non hanno gli strumenti adatti per farlo, hanno una visione della vita come se fosse un film dove tutto deve essere perfetto e a lieto fine, non funziona così, la vita è una merda se compariamo i momenti di felicità a quelli di tristezza o a quelli difficili, senza contare alle giornate intere "NO". Non penso di rispondere al tipo, anche se ho fortemente una voglia di dire la mia a riguardo, ma penso che basta questo post, anche perché onestamente a me di sta gente non frega un cazzo. Ieri ho ricevuto l'ennesima mail che mi diceva che non vado avanti nel processo per un posto di lavoro, ok almeno sti qua hanno scritto nonostante nel form compilato al secondo step c'era scritto che non avrebbero contattato i candidati non idonei, peccato era un lavoro online da casa.
L'idea di andare via si sta insinuando piano piano come una spina di riccio e in tutto questo le parole di rimprovero incazzato di lei di stamane (appena alzato) non aiutano mica. Mettendo un pò le cose sulla bilancia a livello artistico qua non ci cavo un ragno dal buco e in ogni caso in questo momento mi serve tempo per riprendermi, per il lavoro non sembra ci sia una strada, su sta cosa non so precisamente il perché, come detto le aziende non rispondono una volta inviato il CV se non sei idoneo non ti cagano, e qua potrei fare mille ipotesi che però restano tali perché è semplice smontarle da parte di sti qua, io penso che siano razzisti e che siccome non sono autoctono non mi contattano; quello dell'acqua park voleva uno schiavo, ma io non lo sono, anzi. Stando a questi due fattori principali direi che sarebbe l'ideale prendere la valigia e andare dove posso avere un lavoro normale, che come termine non mi piace ma non trovo la parola giusta (forse dignitoso?), che sta per orario a norma e stipendio giusto, senza schiavismi o salari da fame; per la musica penso che per quello che faccio io qua non sia il posto adatto, non perché è troppo particolare, a Luglio torna il Reverend beat man, lui non vive qua io si, siccome vivo qua mi devo adattare alla mediocrità delle persone se voglio suonare, come se a fare la musica sono loro, si loro l'ascoltano, forse, in ogni caso sono dell'idea che quando c'è qualcuno che ha qualcosa in più loro tendono a tirarlo giù. Mi sono dilungato, come capita spesso ma mi è servito come psicoterapia, mi sento meglio, concludo con una frase che mi disse lo psicologo dell'ultimo posto di lavoro quando ero affacciato sul baratro del burn-out : "Da quanto tempo non fai qualcosa per te stesso?".
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Omega 3
C’è chi pensa che siamo già fuori tempo massimo, che stiamo per schiantarci, che è proprio questo che stiamo vedendo negli eventi attuali. Hai sentito che il riscaldamento degli oceani significa che la quantità di acidi grassi omega 3 nei pesci disponibili per il consumo umano potrebbe scendere addirittura del 60%? E dato che quegli acidi grassi sono fondamentali per la trasmissione di segnali nel cervello, sarebbe possibile, quindi, che la nostra intelligenza collettiva stia calando rapidamente a causa di una diminuzione del potere dei nostri cervelli dovuta al riscaldamento degli oceani?
Questo spiegherebbe molte cose.
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Ocean census, al via il più grande programma di scoperta della vita marina della storia
Si chiama Ocean census e riunisce scienziati ed esploratori di tutto il mondo. L'obiettivo: scoprire almeno 100mila nuove specie marine entro la fine del decennio per evitare l'estinzione della vita nel mare a causa del riscaldamento degli oceani
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Il polmone blu, di Alessandro Macina
Vortici.it, lo sapete molto bene è sempre particolarmente attenta alle novità editoriali.
Dallo scorso mese di Dicembre è disponibile in libreria Il polmone blu, di Alessandro Macina per Edizioni Dedalo, una nuova collana, chiamata SottoInchiesta, nata da un’idea del collega Riccardo Iacona per raccontare l’attualità, la scienza e la nostra società attraverso indagini giornalistiche di approfondimento.
Il libro è disponibile nelle librerie, nelle piattaforme o cliccando qui L’inchiesta diventa un viaggio sul campo per raccogliere storie e punti di vista originali, un’esplorazione minuziosa e a tutto tondo, che cala i dati nel contesto più ampio delle ricadute sociali ed economiche, presenti e future. Non una cronaca asettica, bensì una narrazione avvincente e sfaccettata, capace di offrire molteplici prospettive e scenari. Il polmone blu, di Alessandro Macina (Edizioni Dedalo), è il “diario di bordo” di un appassionato giornalista che negli ultimi cinque anni ha viaggiato dappertutto per toccare con mano e rendere conto delle trasformazioni climatiche, degli shock ambientali, dei tanti piccoli e grandi punti di non ritorno che il rapido aumento della temperatura sta provocando sugli ecosistemi. "L’ecosistema dei mari è sotto stress ormai da troppo tempo, e se i mari smettono di respirare smettiamo di respirare anche noi"(dalla prefazione di Riccardo Iacona) L’OPERA: Un respiro su due lo dobbiamo all’oceano. È lui a produrre la metà dell'ossigeno del pianeta. E gli oceani sono stati finora i nostri migliori alleati nella lotta ai cambiamenti climatici, assorbendo un terzo dei gas serra e il 90% del calore prodotto dalle attività umane. Se il riscaldamento globale non è ancora fuori controllo, è perché gli oceani ci stanno salvando da condizioni di vita insostenibili. Ma il prezzo è altissimo: riscaldamento e acidificazione delle acque, perdita di biodiversità e produttività, anossia. Per quanto ancora potremo andare avanti così? Eventi estremi sempre più intensi e frequenti, e innalzamento del livello dei mari sono solo un acconto di quello che potrebbe succedere nei prossimi decenni. Un viaggio nel “polmone blu” del pianeta tra inchieste, interviste esclusive e reportage da tutto il mondo: l’Artico, sentinella dei cambiamenti climatici, le grandi città costiere degli Stati Uniti, il Mediterraneo sempre più caldo, Venezia. Non diamo per scontato nulla, non esiste un pianeta B. BRANO: INTRODUZIONE 24 dicembre 1968, vigilia di Natale. Missione spaziale statunitense Apollo 8. «Hai una pellicola a colori, Jim? Passami un rotolo di colore, presto, per favore. Guarda laggiù!» dice Anders. L’astronauta posiziona le macchine fotografiche per immortalare lo spettacolo che si presenta davanti ai suoi occhi durante l’orbita intorno alla Luna. Con una Hasselblad teleobiettivo da 250 mm, Bill Anders ci consegna una delle immagini più iconiche del pianeta. Lo scatto numero di serie AS8-14-2383HR della NASA passa alla storia con il nome di Earthrise. L’alba vista dalla Luna. Per la prima volta l’uomo osserva la Terra da una nuova e inedita prospettiva. È l’immagine che cambia per sempre il modo in cui guardiamo al pianeta. Non solo perché ce lo mostra in tutta la sua fragilità, immerso nell’Universo, ma perché ci rende consapevoli di un fatto tanto semplice quanto evidente e ricco di conseguenze. Il nostro è un pianeta blu. L’oceano ricopre il 71% della superficie terrestre e racchiude il 97% di tutta l’acqua presente sul pianeta. È un unico grande ecosistema e come tale si comporta, anche se noi lo conosciamo suddiviso in mari e oceani. È l’habitat più esteso, la casa di gran parte delle specie viventi. Ed è vitale anche per noi. Dalle primissime lezioni di scienze possiamo ricordare che la vita sul pianeta si forma in mare con i primi batteri, poi seguiti dagli organismi unicellulari. E nell’arco di milioni di anni quella vita esce dall’acqua e inizia a svilupparsi sulla terraferma. Quello a cui non pensiamo mai è che all’oceano dobbiamo anche una delle funzioni necessarie alla nostra stessa esistenza. L’ossigeno. Un respiro su due, lo dobbiamo a lui. L’oceano è il polmone blu del pianeta. La sua salute è fondamentale pure per la nostra economia, risorse e attività collegate agli oceani generano infatti il 5% del PIL mondiale. A ridosso del mare vivono centinaia di milioni di persone. L’oceano garantisce cibo per tutti sul pianeta e per un miliardo di persone è la fonte di proteine primaria. Siamo troppo abituati a darlo per scontato. L’oceano non lo conosciamo affatto. Sappiamo tutto delle terre emerse sulle quali abitiamo, ma i fondali marini sono ancora un mondo sconosciuto. Ne è stato esplorato e mappato solo il 5%, più o meno come la Luna. Lo stesso per quanto riguarda i nostri mari. Li chiamiamo “nostri” come se ne avessimo un qualche diritto di proprietà, in quanto il genere umano trae da lì il suo sostentamento alimentare ed economico. Abbiamo sempre considerato il mare una delle risorse del pianeta apparentemente infinite di cui servirci a piacimento. Lo deprediamo con una pesca intensiva industriale che ha portato al minimo la produttività delle acque e al collasso intere popolazioni animali. E con l’inquinamento lo stiamo letteralmente soffocando. Quasi l’80% delle acque reflue viene scaricato in mare senza essere trattato. E in mare ogni anno finiscono 8 milioni di tonnellate di plastica, l’equivalente di un camion pieno di rifiuti riversato ogni minuto. Un’invasione che sta mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di specie marine. Una parte considerevole di quella che è stata chiamata dagli scienziati la sesta estinzione di massa sta avvenendo lontano dai nostri occhi, sotto il pelo dell’acqua. E se nel Pacifico la “zuppa di plastica” è già estesa come un’isola ed è più grande della Francia, si calcola che entro la metà del secolo nei mari troveremo più plastica che pesci. Non ci sarà uccello marino che non l’abbia ingerita. Nanoplastiche e microplastiche sono state rintracciate persino nel nostro sangue. Un’immagine difficile da dimenticare mi è stata mostrata durante una visita all’Agenzia Spaziale Europea. L’inquinamento atmosferico generato dai traffici marittimi mondiali è una nube che avvolge tutto il pianeta. È così grande da essere visibile dallo spazio. Se un impianto produttivo avesse le stesse emissioni di una nave, oggi verrebbe immediatamente chiuso perché non sarebbe accettabile sulla terraferma avere quei livelli di azoto o particolato sottile. Ma in mare sì. Ogni singola nave – comprese quelle da crociera – inquina come migliaia di automobili. Eppure si calcola che il settore inquinerà il 130% in più nei prossimi dieci anni. Ci arriva un barlume di consapevolezza di quello che viene estratto e trasportato ogni giorno per mare solo quando fa notizia un grave incidente come quello del 2021 alle isole Mauritius o un disastro ambientale delle proporzioni della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, nel golfo del Messico. Passata l’iniziale commozione, non pensiamo mai a quante navi trasportano combustibile e merci su e giù per il mondo. Ogni giorno. Anche le attività estrattive in mare aperto alla ricerca di nuovi combustibili fossili non si arrestano. La scienza ci ha avvertito di aver quasi esaurito il carbon budget a nostra disposizione. Ma nuove esplorazioni e concessioni riguardano persino l’Artico, il “nuovo” Artico meno ghiacciato. In quella che è una delle aree più fragili del pianeta, si stima ci sia almeno un quarto delle riserve finora inesplorate di petrolio e gas. «Vedere l’Artico come un’opportunità per nuove perforazioni, quando sono stati proprio i combustibili fossili la causa di questo disastro, non è accettabile. Abbiamo già estratto fin troppo. E il risultato è l’aumento delle emissioni. Non c’è bisogno di cercare più nulla. Tutto quello che non è stato ancora estratto deve rimanere nel sottosuolo, lì dov’è. Basta perforazioni in Artico, non ce ne possiamo permettere nemmeno una di più». Parole perentorie che mi regalò Christiana Figueres, una diplomatica originaria della Costa Rica, Segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tra il 2010 e il 2016. Considerata l’architetto dell’Accordo di Parigi, è la persona che è riuscita a convincere 194 Paesi del mondo a impegnarsi ad abbassare le emissioni per contenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 °C e il più possibile vicino a 1,5 °C. È quella la nostra soglia critica di aumento di temperatura media globale. Le sue parole dovrebbero essere la nostra stella polare. E invece l’oceano è il più sottovalutato anche quando si parla di cambiamenti climatici. Troppo vasto, pensiamo, per poter essere modificato da noi. Quando al contrario meriterebbe il massimo della nostra attenzione, perché è l’oceano che alimenta il nostro clima e ne determina il ritmo del cambiamento. Non solo abbiamo depredato e inquinato i nostri mari, con i cambiamenti climatici li stiamo modificando per sempre. E, di conseguenza, stiamo cambiando il volto del pianeta sul quale abitiamo. Il riscaldamento globale ha alterato e accelerato il ciclo dell’acqua. Lo vediamo nelle tempeste più violente, nel rapido scioglimento dei ghiacci, ma anche nelle lunghe siccità e le persistenti ondate di calore. Questo rischia di essere solo un acconto di quello che ci aspetterà nei prossimi decenni, senza un drastico cambio di rotta. L’oceano è stato il nostro miglior alleato contro il riscaldamento globale. Come una spugna ha assorbito il 30% dei gas serra e più del 90% del calore extra prodotto dalle attività umane e ci ha restituito indietro molto poco, con un’inerzia molto bassa. Possiamo pensare a un termosifone che riscalda a poco a poco la nostra stanza, rilasciando calore un po’ alla volta. Senza il lavoro degli oceani, il riscaldamento globale sarebbe già probabilmente fuori controllo. Questa non è che la dimostrazione di quanto siano fondamentali. Ma la domanda è: quegli oceani che ci stanno salvando da condizioni di vita insostenibili, per quanto tempo ancora riusciranno a farlo? Per rispondere a questa domanda e misurare gli effetti dei cambiamenti climatici ho viaggiato in tutto il mondo. Riscaldamento superficiale e ondate di calore marine, innalzamento del livello dei mari, acidificazione delle acque, deossigenazione non sono solo concetti scientifici. Sono reali. Sono sirene di allarme che ci dicono che l’ecosistema marino è stressato al punto da iniziare a pagare un prezzo altissimo. Di questo passo, irreversibile. La soluzione è conoscere l’oceano e proteggerlo sempre di più. Le buone pratiche dimostrano che si può ancora fare tanto. Si è visto che i mari sono gli ecosistemi che rispondono meglio e più velocemente alle buone pratiche di gestione. Nel mondo migliaia di scienziati sono al lavoro per questa missione impossibile, salvare gli oceani per salvare noi stessi. Una corsa contro il tempo per rendere i nostri oceani più sani e più vitali. Ne ho incontrati diversi in questo viaggio nei cinque continenti e voglio condividere in queste pagine ciò che mi hanno detto. Ho scoperto che siamo negli anni decisivi di questa sfida. Lo dimostra il fatto che le Nazioni Unite hanno denominato gli anni 2021-2030 il Decennio degli Oceani. Non è una coincidenza che questi siano anche gli anni decisivi dell’azione climatica, gli anni per contenere il riscaldamento globale entro livelli compatibili con il benessere, la salute umana e il nostro assetto economico e sociale. Dieci anni per curare il malato grave, direbbe il noto climatologo Luca Mercalli. Vorrei ringraziare uno a uno gli scienziati che ho incontrato in questi anni. Diversi li troverete citati in questi capitoli, con molti rimango in contatto per confronti sempre interessanti. Sono persone appassionate, oltre che competenti e rigorose. Sono consapevoli della difficoltà della sfida, ma anche dell’urgenza di far comprendere il loro lavoro. Stanno facendo uno sforzo di divulgazione e di informazione incredibile. Li dovremmo tutti ringraziare per come stanno rendendo accessibili concetti e sistemi complessi come quello climatico. Giornalisticamente, sono fonte di ispirazione per me. Mi hanno spinto ad andare a verificare come quei numeri, quei modelli, quei risultati siano già nelle nostre vite: sono storie di persone e luoghi. Il cambiamento climatico è qui e ora. Il pianeta è cambiato e l’uomo deve faticosamente adattarsi alle nuove condizioni. 40,5 miliardi di tonnellate di emissioni globali di CO2 solo nell’ultimo anno, con un ulteriore aumento dell’1%, dimostrano invece che la strada della mitigazione è ancora lunga. Insufficientemente praticata. Così lenta da risultare incompatibile con la velocità dei cambiamenti climatici in corso. Abbiamo costruito un mondo basato sui combustibili fossili. Un modello di sviluppo e di consumo che ha già ampiamente superato i limiti ambientali. L’idea stessa della crescita infinita ha le fondamenta nel carbone, nel petrolio, nel gas. È l’idea del consumare le risorse fin quando ce ne sono. Ma le emissioni climalteranti stanno riscaldando atmosfera e oceani a una velocità mai vista. Dare fondo alle risorse fossili accumulate nella Terra in milioni di anni, per bruciarle in un secolo e mezzo, significa spezzare un equilibrio, rompere il patto di convivenza con la natura. Trasformare l’atmosfera e gli oceani nella discarica delle nostre attività non sarebbe stato un nostro problema, ma di qualche lontana futura generazione, si diceva. Salvo poi essere riportati sui binari della realtà dalla scienza, che da almeno 30 anni ci dice che invece no, i cambiamenti causati dall’uomo hanno una forza tale da avere un impatto geologico oggi e nei prossimi decenni. Miope è anche considerare i modelli climatici come qualcosa di cui non occuparsi fino alla scadenza. Se il modello mi dice 2050, vuol dire che fino al 2049 non succederà niente? Mi potrò comportare come ho sempre fatto, il cosiddetto business as usual? È la metafora magistralmente rappresentata nel film Don’t Look Up. Non solo non si presta attenzione all’allarme della scienza, ma si va avanti come nulla fosse o persino negando l’evidenza scientifica. Fin quando non ci si ritrova l’asteroide davanti agli occhi. Con la stessa miopia abbiamo considerato l’oceano come qualcosa di distante o separato da noi. Indipendente da quello che succede sulla terraferma solo perché fisicamente separato da una striscia di sabbia. Questo libro mira anche a rimettere l’oceano al centro del racconto del mondo. Delle nostre vite. Un oceano sano sarebbe garanzia di un futuro sicuro per noi e i nostri figli. In fondo, l’azione climatica non è che una battaglia per un mondo migliore. Più bello. Meno inquinato. Più giusto. Ci piace davvero quello che vediamo intorno a noi? Potremmo avere aria più respirabile, camminare in città più vivibili, pagare meno l’energia, mangiare meglio. Lo so, non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. E se esistono, non si realizzano rapidamente. In gioco, non ci sono solo extraprofitti di aziende private ma interessi nazionali, equilibri geopolitici e geostrategici. La chiusura di un rubinetto può far saltare tutto il fragilissimo equilibrio, nonostante la strada alternativa sia più che tracciata e praticabile. Ma questo è un altro discorso. Ora seguitemi, si va per mare. Alessandro Macina è giornalista professionista, in Rai dal 2007 e inviato di Presa Diretta dal 2009. Ha realizzato numerosi reportage in tutto il mondo sulla crisi climatica e ambientale. Ha vinto il XIX premio Ilaria Alpi nel 2013 e il premio nazionale di divulgazione scientifica nel 2019 per il reportage sui cambiamenti climatici “Caldo Artico”. Immagine di copertina: Edizioni Dedalo Read the full article
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Gli scienziati suggeriscono le cause dietro una delle catastrofi climatiche più significative
Paleogeografia del Cretaceo medio e grandi province ignee. Un team di ricercatori dell’Università di Exeter ha fatto nuova luce sulle cause del secondo evento anossico oceanico, che ha visto un grave riscaldamento globale e l’acidificazione degli oceani in tutta la Terra circa 94 milioni di anni fa. Lo studio è pubblicato su Nature Communications. Chiamato “Oceanic Anoxic Event 2“, l’episodio…
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