#ripicca
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PRIMA PAGINA Il Giornale di Oggi mercoledì, 29 gennaio 2025
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Se vuoi viaggiare lontano e veloce, viaggia leggero. Spogliati di tutte le invidie, gelosie, ripicche, egoismi e paure.
Cesare Pavese
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Mi fate un favore immenso, quando vi togliete dalle scatole, offesi, perché non alimento le solite vostre ridicole e puerili conversazioni a sfondo sessuale. Confermate la mia prima pessima impressione. Solito approccio, stesso finale. Fatti con lo stampino. Vorrei stupirmi in positivo ogni tanto.
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#mi ero ripromessa che non avrei più interagito con un'intervistina. non crollo proprio adesso#dite no al cyberbullismo#io però non ci credo che lascio la gente indifferente. questa è ripicca per forza
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Milano, metro rossa, tre ladri hanno tentato di strappare il telefono dalle mani di una signora: non riuscendoci, hanno spruzzato per ripicca lo spray al peperoncino intossicando decine di passeggeri.
La Milano di Salah
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Rkomi ha litigato con la lavanderia e per ripicca non gli hanno stirato la camicia
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Non ho mai accettato, ma sin dalle mie prime esperienze politiche dell'Uni, l'idea di andare a votare X altrimenti "vince Y" (l'unica uscita di Bersani della sua carriera che io abbia mai trovato infelice, perché non lo facevo uno da stadio).
Si vota sulla base dei programmi, delle persone, accettando anche il fatto che possa vincere Y, siamo in democrazia.
E mi dispiace vedere ogni volta, soprattutto da parte di quelli vicini alla mia idea di società, vederla buttare in caciara, come se fosse uno scudetto. Y vince anche perché votiamo senza una idea, solo per ripicca, pensando di essere dal lato giusto della storia, e il fatto che forse lo siamo non giustifica l'atto e comporta delle conseguenze.
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Il fatto che non esistano fanfiction di Navigavia reperibili online è molto disappointing
Prima o poi potrei scriverne una io per ripicca verso l'universo
#inntale#Navigavia#Fanfiction#7th sea#Se esistono ff per favore link#Ff#MILLE NOTTI IN MARE MILLE MIGLIA VIA DA QUA#vi prego
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Storia di Musica #334 - Jackie Mclean, It's Time!, 1965
È stata la vista di un poster del disco di oggi che mi ha inspirato la scelta del punto esclamativo, come trait d’union dei dischi del mese di Luglio. Il suo autore è poco conosciuto ai più, ma è uno di quelle “divinità minori” della Storia del Jazz che hanno passato gli stili, suonato con i più grandi, indirizzato anche le scelte musicali, ma appena un gradino dietro le Divinità Maggiori. John Lenwood McLean, per tutti Jackie, nasce nel 1931 in una famiglia di musicisti, a New York. Sfortuna vuole che nel 1939 suo padre muoia, ma ha la piccola fortuna di poter continuare a studiare musica grazie al padrino e al nuovo compagno di sua madre, che possedeva un negozio di dischi. Ma più che altro, quando è adolescente, Jackie ha la fortuna di vivere vicino ad alcuni di quelle Divinità Maggiori: passa infatti spesso a casa di Thelonious Monk, Charlie Parker e soprattutto Bud Powell, che quando Jackie ha 13-14 anni intravede del talento. Inizia a suonare in un’orchestra il sassofono, insieme a Sonny Rollins, si innamora dello stile di Parker e quando a 20 anni è chiamato da Miles Davis per delle registrazioni. Davis raccontò che per le registrazioni di Dig (del 1951, il disco uscirà solo nel 1956) in studio si presentò Charlie Parker, rendendo nervosissimo McLean, terrorizzato di suonare davanti al suo idolo: “Continuava ad andare da lui a chiedergli cosa ci faceva lì, e Bird (il soprannome di Parker, ndr) a rispondergli che si stava solo facendo un giro. Gliel'avrà chiesto un milione di volte. Jackie voleva che Bird se ne andasse perché così sarebbe stato più rilassato. Ma Bird continuava a dirgli come suonava bene e a incoraggiarlo, e questo alla fine rese la prova di Jackie davvero fantastica”. Con Davis suonerà anche in molti altri dischi tra il 1952 e il 1952 e parteciperà allo storico Pithecanthropus Erectus di Charles Mingus: leggenda vuole che Mingus lo picchioò, McLean tentò di pugnalarlo e per ripicca se ne andò a suonare con i Jazz Messenger di Art Blakey.
La sua carriera sembra avvia al massimo successo, ma come moltissimi jazzisti di quegli anni, McLean divenne schiavo delle droghe: per questo motivo gli fu ritirato il permesso di tenere concerti in pubblico a New York e questo lo obbligò a un intenso lavoro in studio, che si rifletté nel gran numero di registrazioni a suo nome negli anni 1950 e anni 1960. Dopo aver registrato per la Prestige Records, egli firmò un contratto con la Blue Note Records per cui incise dal 1959 al 1967. Il suo stile hard bop diviene riconoscibile per il particolare modo di suonare il suo sax contralto, e tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ’60 scrive i suoi dischi capolavoro: prove grandiose sono Quadrangle, da Jackie’s Bag del 1959, e il disco Let Freedom Ring, del 1962, meraviglioso lavoro dove aggiunge elementi distintivi della rivoluzione che Ornette Coleman aveva iniziato pochi anni prima, il free jazz, alla sua comunque ancora solida struttura hard bop.
Il disco di oggi è registrato nel 1964 con una band composta da il trombettista Charles Tolliver, il pianista Herbie Hancock, in uno dei suoi primi lavori di una carriera sconfinata, il bassista Cecil McBee e il batterista Roy Haynes. It’s Time! ha oltre 200 punti esclamativi in copertina quasi a sottolineare una vitalità creativa fiorente e incontenibile, in un periodo alquanto particolare della Storia del jazz: in questo disco è decisivo l’intervento di Tolliver che scrive con Mclean tutti i pezzi, continuando questo fruttuoso percorso al confine tra post-bop modale e free jazz. L'improvvisazione accordale gioca ancora un ruolo importante nella musica di questo bel disco. L'assolo di Hancock nell'apertura di Cancellation è un gioco di spigolature, scandite da un tempo semplicemente mozzafiato. Il funky di McLean Das' Dat ha sicuramente un debito con Horace Silver, ma l'elemento blues, che rimarrà per sempre uno degli amori del nostro, è puro Jackie McLean. Il modo di suonare di McLean non è particolarmente avventuroso, anche se a volte spinge il suo sassofono oltre i limiti. It’s Time! è micidiale - con Tolliver e McLean che si scontrano in un duello spettacolare- così come il ritorno del blues in Snuff. Tolliver, che ha fatto il suo debutto alla Blue Note con It's Time!, ha registrato tre album con McLean e diventerà noto per la sua voce di tromba fluida e lirica. Revillot di Tolliver (il suo nome al contrario) è un altro trampolino di lancio per grandi improvvisazioni. Il bassista Cecil McBee fa un breve assolo nella title track, il suo unico assolo in questa registrazione, anche se aiuta a guidare l'intera sessione.
Nel 1964 McLean passò sei mesi in prigione per questioni di droga, che segnerà sia la via privata sia la sua musica (che si sposterà con forza verso i primi esperimenti di acid jazz e alla sperimentazione più estrema. Tanto che nel 1967 la Blue Note, a seguito del cambiamento di gestione, pose fine al suo contratto, come fece in quegli anni con molti altri artisti d'avanguardia. Le prospettive di registrazione erano talmente poche e malpagate che egli preferì dedicarsi interamente ai concerti e all'insegnamento, che iniziò nel 1968 alla The Hartt School della prestigiosa University of Hartford del Connecticut. Negli anni successivi, egli avrebbe creato il Dipartimento di Musica Afroamericana (ora chiamato "Jackie McLean Institute of Jazz") e l'intero programma di studi jazz. Nel 1970, con la moglie Dollie, fondò a Hartford il gruppo Artists' Collective, Inc. dedicato alla conservazione delle tradizioni africane negli Stati Uniti, promuovendo e realizzando programmi di istruzione nella danza tradizionale, il teatro, la musica e le arti visuali. È stato sempre, come molti jazzisti, artista decisamente impegnato sul fronte sociale, culturale e politico, sin dai tempi delle contestazioni contro la guerra del Vietnam. Uno dei bellisismi documentari di Ken Burns sui grandi del Jazz è dedicato a lui. Morirà dopo una lunga malattia nel 2006, e nello stesso anno fu nominato nella Down Beat Jazz Hall of Fame. Un musicista da riscoprire.
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Questa mattina mi sono svegliata che stavo sognando di essere tornata a scuola dopo aver saltato qualche giorno per malattia.
Mi ricordo la sensazione di senso di colpa che avevo ogni volta che tornavo a scuola dopo delle assenze, mi sembrava di essermi persa qualcosa sia a livello sociale che scolastico.
Nonostante questo a scuola andavo male in molte materie (benissimo in altre come Filosofia, Letteratura e Storia) e comunque salavo (sì salare, non saltare) la scuola quando preferivo andare a fumare i joint in spiaggia.
Comunque ho sognato di essere tra i banchi, mentre cercavo disperatamente di leggere delle pagine di un libro perché sapevo che dopo l'assenza mi avrebbero interrogato per ripicca. Invece la professoressa di italiano (che in realtà fisicamente era una mia cliente francese di quando ero in un'altra agenzia di comunicazione, a cui sono molto affezionata) mi porge la pagellina del trimestre, facendomi i complimenti: tutti i professori avevano notato un cambio di maturità e di marcia, per questo i voti erano migliorati notevolmente.
Guardo la pagellina e ho tutti 9, tranne un cinque in fisica e un cinque in matematica (neanche nei sogni credo totalmente ai miracoli).
I miei compagni si avvicinano e si stupiscono e fanno "ooh" tutti insieme. Sento addosso qualche sguardo contento per me, altri sguardi che pensano che non è vero niente.
Io ricordo solo di aver pensato
"finalmente inizio a capire davvero qualcosa di questa vita".
E così mi sono svegliata, con questa frase tra le dita.
E tutta l'eccitazione del sogno si è spenta, appena aperti gli occhi. Perché mi tocca ammettere che no, non ho ancora capito un cazzo della vita.
Tutto questo mio scrivere in questo ultimo mese è sintomo di una mia confusione interna: mi sembra di essere un microonde.
Dentro di me le idee, i sentimenti, le emozioni, sono alla temperatura del sole e sono così caldi che si muovono impazziti da una parte all'altra, dandomi la sensazione di esplodere come il cibo riscaldato troppo.
Non ho ancora capito un cazzo, perché sto facendo fatica a mettere un freno ai vecchi sentimenti che ritornano. Quelli in cui mi dico che non vado bene così, non sono adatta a stare qui, che c'è qualcosa che mi sta sfuggendo, non sto capendo.
L'altra sera mi è stato detto che non si può sempre pensare così tanto e parlare così tanto di cosa si pensa. E io scendo dal pero e non capisco.
Sia perché quella che parla costantemente non sono io in questa casa, anzi sto spesso in silenzio a farmi gli affari miei perché non sento di dover condividere così tanto ogni mio pensiero.
Sia perché è come se mi venisse detto che non si può respirare così tanto, non parlo è vero, ma di sicuro penso (e scrivo) molto. Allora capisco che forse sono davvero sbagliata io. Che penso davvero troppo, che ho troppa smania dentro.
Che ascolto la stessa canzone in loop per 48h. Che quando mi piace qualcosa o qualcuno continuerei a sentirla/toccarla costantemente.
L'altro giorno ho pensato che forse potrei pure essere autistica, tanto non riesco a capire come dovrei essere per andare bene, girare bene, in questo fottuto e amato mondo.
Mi ricordo la sensazione dell'ultima seduta dal mio amato Psico: come se per magia il mio doc e il mio overthinking fossero magicamente spariti. La sicurezza che avevo ad ogni passo, quanto erano leggeri i miei piedi.
Avrei bisogno di tornare dal mio amato Psico, ma lui non mi vuole più, perché quando ho provato a tornare mi ha ricordato che il nostro rapporto non lo permetteva più. E io ho pensato a quando, nell'ultima seduta, mi ha detto che c'era una simpatia nei miei confronti. Mi sono chiesta spesso il significato della parola simpatia, ma le risposte a questa domanda sono tutte inutili. Ora importa solo che mi sento sola.
Quando l'altra sera mi ha investito un elenco di tutti gli aspetti di me che costano fatica a chi dovrebbe avermi scelta, tra cui la fatica a deglutire durata quasi un anno (sintomo di un Doc che ogni tanto non controllo), sono riuscita solo a lacrimare a fiumi in silenzio.
Forse per la vergogna di ciò che sono.
Sentirsi identificare con i propri problemi non è bello, ancor di meno è sentirsi di non essere amabili per avere caratteristiche che non si sono scelte.
La cosa che fa poi così male è che sembra che non ci sia uno sguardo su quanto io ci provi, sul fatto che mai (MAI CAZZO, MAI) mi sono arresa: anche nel momento peggiore in cui riuscivo solo a deglutire cose semi-liquide siamo andati a cena fuori con amici, in vacanza a mangiare fuori e mai mai mai gli ho fatto pesare il mio problema. Mai gli ho impedito di fare qualcosa, anche insieme. Ma anche solo la scelta dei piatti che meglio mi aiutavano a mangiare (zuppe, vellutate, creme, brodi) per lui era un peso. Una malattia.
Io sono una malattia. Così mi sento.
Doc, schiena, intestino irritabile, pressione capricciosa...
E mi sento che ora tutto peggiora, perché è come se dovessi tenere tutto dentro compresso per non farglielo vedere, per non pesargli.
Così divento il microonde che mi sento di essere, le cose dentro viaggiano veloci e collidono e io esplodo costantemente.
La grazia di addormentarsi con la musica tra le orecchie e magari rimanere così per sempre?
"Ma uno come me dove potrà ficcarsi?
Dove mi si è apprestata una tana?
[...]
Passerò
trascinando il mio enorme amore in quale notte delirante e malaticcia?
Da quali Golia fui concepito così grande, e così inutile?"
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PRIMA PAGINA Nuova Ferrara di Oggi domenica, 19 gennaio 2025
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Sii il banalissimo triangolo. Questo perché la prof era arrabbiata con me perché facevo fatica con le dita a destreggiarmi suonando il flauto.
Allora per ripicca mi faceva suonare il triangolo, strumento a suo dire più facile, ma tutta la classe rideva e io glielo feci presente diverse volte che la classe mi prendeva in giro per sta cosa del flauto e che forse sarebbe stato meglio la pianola, ma lei non ci sentiva. 😒
Che cattiveria assurda da parte sua
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Si scrive per amore, per quello che era, per ciò che pensavi fosse. Principesse trasformate in rospi, streghe travestite da regine, mastichi amaro e scrivi per ripicca, ma è come versare un bicchiere d'acqua nel deserto. Lascia perdere allora, scrivi solo quando ne vale la pena.
-Guido Mazzolini-
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Quanto si può essere immaturi da 1 a nascondere le storie su Instagram per ripicca?
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#un'ultima cosa perché sto troppo euforica- poi la smetto di scrivere in questa lingua sconosciuta ai più + mi dispiace troppo rendere i miei#scleri un vostro problema ma non saprei dove altro andare 💀 quindi niente beccateveli. comunque- erano anni che non entravo in fissa in#questa maniera così morbosa con qualcosa. pensavo okay grazie al cielo la vecchiaia ma nooo è dovuto succedere di nuovo#e seriamente sarà la cosa che mi terrà in vita fino all'anno prossimo io non mi ammazzo finché non la cancellano per ripicca a 'sto punto#e niente chissà da quale meccanismo di proiezione dipende ⚰️⚰️#quasi quasi l'essere così in fissa mi fa paura e mi mette ansia onesta... volevo credere di essere normale#e niente parte due mi odio
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