#rigattiere
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AL MERCATO DEI RICORDI
Al mercato dei ricordi ho comprato dei giorni vecchi, di quelli che si tengono in cantina dietro le botti e le poltrone rotte.
Li ho presi a poco prezzo da un rigattiere come se il tempo fosse ancora quello e l'occasione data dal momento mi ha messo sulla strada del passato.
Mi sono seduto soddisfatto e ho tirato dai giorni il contenuto rotto, ho preso un po' di colla dal pensiero e accostato l'immagine divisa per ritrovare intatto il mio ricordo.
E c'ero io che alzavo il volume di quella canzone.. e c'era lei che non smetteva mai di ballare e un ritornello nella bocca: - "dai, vieni Roby, vieni, balla con me".... e c'eravamo noi due a succhiarci il cuore che il respiro sembrava andar via..
@ilpianistasultetto
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Questa cosa di Tumblr che ogni tanto qualcuno scova qualcosa di vecchio e comincia a ribloggarlo e lo riporta a nuova vita, è come stare dal rigattiere. "Buongiorno, ce l'avete un paesaggio di Böcklin?" "No signore, non ce l'abbiamo." "Ma sì che ce l'avete, quello cos'è?" "Ah, toh, un paesaggio di Böcklin!"
È possibile che da qualche parte ci sia anche la pietra filosofale, se la trovate, fatemi un fischio, facciamo fifty fifty (se trovate un Rolex Daytona invece quello è mio)
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Possibile che in giro trovo solo comodini brutti e costosi? Ti prego dammi qualche idea sto diventando pazz*iknverzpèà19u5
Cosa non ti piace? Cosa ti piace? Ti servono i cassetti e tanto spazio per riporre le cose? Non ti propongo i classici ikea, maison e leroy perché sono sempre lì, carini o no, ma di sicuro li avrai visti. Io per tantissimi anni ho avuto come comodino una sedia di recupero ben pitturata (una thonet stupenda e tarlata come l'anima del diavolo) e dopo un piccolo tavolino con cassetto (minuscolo) preso da un rigattiere anche questo ripitturato. Adesso come comodino ho una copia (ahimè copia, ma non avevo abbastanza soldi) del componibile Kartell di Anna Castelli Ferrieri:
Io consiglio sempre, sono di certo ripetitiva scusami, di fare un giro per rigattieri e mercatini perché si trovano tanti mobiletti bellissimi, comodini anche, che magari non hanno nemmeno bisogno di un ritocco. Oppure, se li trovi ma non ti piace il colore, li ripitturi tu :) Ah e poi chiedi ad amici e parenti che hanno cantine e soffitte, quelle proprio piene di roba, magari spunta qualcosa.
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27/10/24
la bottega del rigattiere ... luna park ... uno zoo di vetro ... per una strada afollata ... dietro una porta di carta ... frazz ... clown - semiramis (dedicato a frazz*)
*frazz being the initials of the group members
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Picasso, un ignaro rigattiere di Pompei ha avuto un quadro originale dell'artista in salotto per sessant'anni
#wireditalia #afnewsinfo – http://www.afnews.info segnala: Il quadro originale, realizzato tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, ha un valore di sei milioni di euro Leggi il resto su: Read More Wired Italia
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Vintage Hand Blown Glass Snow White & 7 Dwarfs Christmas Tree OrnamentsBaubles ebay rigattiere-13
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Rovigo, “Il Conte e il Cardinale, I capolavori della Collezione Silvestri” a palazzo Roncale fino al marzo 2024.
Rovigo, “Il Conte e il Cardinale, I capolavori della Collezione Silvestri” a palazzo Roncale fino al marzo 2024. E' stata inaugurata oggi la nuova esposizione allestita a palazzo Roncale fino al marzo 2024: “Il Conte e il Cardinale. I capolavori della Collezione Silvestri”. La mostra, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con Comune di Rovigo, Accademia dei Concordi e Seminario Vescovile, nasce da una idea di Sergio Campagnolo ed è affidata alla curatela scientifica di Alessia Vedova. “La mostra che inauguriamo oggi – ha detto l'assessore alla Cultura Benedetta Bagatin -, si può riassumere con tre importanti obiettivi: la possibilità di poter vivere i capolavori della pinacoteca in maniera gratuita per la cittadinanza e per chi visiterà la città; l'innesto di questo evento all'interno di una cornice più ampia di eventi espositivi culturali turistici che stanno proiettando la città di Rovigo in una città che possa affiancare altre realtà importanti per flussi turistici e culturali. Mi riferisco a tutti gli eventi già in essere e programmati e a tutto quello che riguarderà le politiche culturali integrate che come amministrazione in collaborazione anche con Fondazione Cariparo stiamo portando avanti, e la collaborazione con l'ente culturale più antico e prestigioso del Polesine l'Accademia dei Concordi. Inoltre, il fatto che questa mostra nasca da sollecitazioni importanti non può che inorgoglire noi amministratori e marcare il fatto che la visione delle politiche culturali è una visione aperta e di condivisione con tutti gli enti che concorrono al successo di questi eventi. Una città orgogliosa, viva e profondamente consapevole delle proprie origini e della propria arte e cultura”. L’esposizione si propone di portare nuova luce alla singolare vicenda che occorse all’imponente collezione d’arte, e non solo, appartenuta al casato de Silvestri. Nel 1877, i due ultimi eredi – il nobiluomo Gerolamo e il fratello cardinale Pietro – legarono la quadreria di famiglia, per metà al Seminario Vescovile, e per l’altra metà al Comune di Rovigo e all’Accademia dei Concordi. Senza però stabilire cosa dovesse pervenire a chi. Il patrimonio da dividere tra le due istituzioni era imponente: oltre 200 opere. Un lascito che provocò una contesa al rovescio, dato che entrambi i co-beneficiari lottarono per “scaricare” all’altro il possesso della Collezione, considerandola troppo ingombrante e per nulla interessante. Il Seminario acquisì volentieri la collezione archeologica che i de Silvestri avevano lasciato insieme alla quadreria, mentre auspicarono che a farsi carico di quest’ultima fosse l’Accademia dei Concordi. Che era stata felicemente destinataria di un altro lascito della famiglia, la preziosissima Biblioteca Silvestrina, ricca di 40 mila documenti e volumi, tra cui capolavori unici come la trecentesca Bibbia Istoriata Padovana. Un’altra gemma del patrimonio, la Casa di Francesco Petrarca ad Arquà (PD), i de Silvestri l’avevano già destinata al Comune di Padova, cui tutt’ora appartiene. Rifiutare il lascito, definito dall’esperto dell’epoca come “cose da bottega di rigattiere”, non si poteva, così, dopo lunghe diatribe, la gara a disfarsene venne salomonicamente risolta dai numeri: le opere con un numero di inventario pari andarono al Seminario Vescovile, quelle dispari all’Accademia. Benignità della sorte, alla recente confluenza della Pinacoteca del Seminario nella Pinacoteca dell’Accademia, la collezione smembrata è tornata unita; recuperando l’originaria unità a cui avevano aspirato i due illustri donatori. Perché tanta indifferenza per una così imponente collezione d’arte? A spiegarlo è la curatrice della mostra, Alessia Vedova: “Quella dei nobili de Silvestri è una tipica collezione privata dell’epoca: molte opere settecentesche o seicentesche, che al momento non erano particolarmente apprezzate, un buon numero di copie volute per scopo di studio o decorativo, ritratti, nature morte, piccoli paesaggi, opere devozionali. Nulla che veramente intrigasse gli Accademici o gli ecclesiastici”. “Un giudizio che agli occhi di oggi appare davvero miope. Basti pensare alle grandi opere trecentesche e quattrocentesche di Nicolò di Pietro e Quirizio da Murano, tra i capolavori della attuale Pinacoteca, alle tele di Mazzoni, Nogari, Pittoni, Pietro Della Vecchia, Giambattista Piazzetta, Pietro Longhi, Fra Galgario…” “Questa mostra – ha spiegato la curatrice – riaccende i riflettori sulla Collezione e ne fa oggetto di una importante campagna di studi, preceduta da una nuova campagna fotografica. A quasi 150 anni dalla donazione, si analizzerà e documenterà questo patrimonio in gran parte finito nei depositi. L’indagine scientifica di tutte le opere continuerà anche dopo la mostra e in questo lavoro sarò affiancata da altri specialisti universitari. Al termine di questa ricerca, immagini e schede scientifiche dell’intera collezione saranno rese disponibili on line. Un altro progetto riguarda la messa on line dell’intera Bibbia Istoriata, manoscritto miniato oggi suddiviso tra Rovigo e la British Library di Londra.” La mostra propone al pubblico una selezione delle più significative opere della Collezione, ma com’è nella tradizione delle esposizioni di Palazzo Roncale, serve anche a far conoscere al pubblico la storia del casato dei de Silvestri, presenti a Rovigo sin dal Ducato Estense. Non sono indagate solo le figure dei due ultimi protagonisti ma anche quelle di altri membri di una famiglia che si è distinta per molti aspetti in città e nel Polesine. Naturalmente è presentata la vicenda del Cardinale Pietro, personalità di spicco nella Roma di metà Ottocento, momento cruciale per le sorti dello Stato Pontificio. Silvestri assunse l’incarico di seguire gli intessi dell’Impero Austroungarico presso il Soglio di San Pietro, salvo convincersi della necessità di unire Roma al nuovo Regno d’Italia, posizione naturalmente avversata dalla corte papale, al punto che alla sua morte non gli venne tributato alcun omaggio solenne. La sua salma venne silenziosamente tumulata al Cimitero del Verano e poi traslata nella tomba di famiglia a Rovigo. Con la morte del Cardinale, nel 1875, preceduta di un anno da quella del fratello, la famiglia si estinse. Il palazzo e i beni non diversamente assegnati giunsero infine al Vescovo di Adria e da essi prese vita il “Patronato-Scuola de Silvestri per le fanciulle povere”. Un esempio davvero unico di munificenza, che la mostra consente, per la prima volta, di approfondire e documentare.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Antonio Marras a/i 2017: elogio dell’ornamento che narra l’identità oltre il tempo
Un flâneur singolare, squisitamente unico nel suo genere, viaggiatore che vaga irrequieto e insaziabile in mondi sospesi sulla realtà, affollati di storie che attendono solo di essere narrate. Storie racchiuse in oggetti riemersi e ritrovati dal tempo che fu, in ricordi antichi ed ancora limpidi tramandati giù per lo scorrere delle generazioni, in racconti che appartengono alla terra propria, quella dell’isola sarda, e a quelle lontane ma mai estranee: storie accovacciate in punta di una penna mai stanca di tradurre sul foglio le immagini plasmate dalla fantasia; in punta di mani sapienti, sempre immerse nell’opera sartoriale di dar loro concretezza tattile nella stoffa viva e nei decori accumulati, perciò inconfondibili.
Antonio Marras, rigattiere istintivo e sofisticato della materia e della memoria, che mescola al richiamo forte dell’arte come via prediletta d’espressione, ed impasta assieme alla moda come linguaggio fondamentale di bellezza: non appartiene ad un’unica categoria, bensì al fascino irresistibile ed intenso dello sconfinamento tra le arti e alla profondità della passione a plasmarne le contaminazioni in creazioni di stile da indossare. E tale alchimia accade nuovamente e felicemente con la collezione a/i 2017-2018!
Ogni collezione da sempre racconta una storia diversa: come fosse un gioco di specchi e riflessi da caleidoscopio, quella dedicata al prossimo inverno, come suggerisce il titolo “Haunted”,si compone di varie presenze, ovvero narrazioni che han preso vita in tableaux-vivants in bilico perfetto tra performance teatrale, installazione d’arte e, per l’appunto, presentazione di moda. Scene interpretate da modelli e attori che hanno abitato le ampie stanze della Triennale di Milano. Proprio quelle che, fino allo scorso 21 gennaio, hanno ospitato la mostra antologica dedicata allo stesso Marras: “ Nulla dies sine linea. Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto”.
Sullo sfondo, un fil-rouge che dalla vita artistica dello stesso Antonio Marras, già in mostra, si apre in un abbraccio alla vita creativa del regista ed artista armeno Sergej Iosifovic Paradžanov, anche lui custode dell’arte di mescere le discipline per sublimarne le realizzazioni in opere che agganciano lo sguardo con la forza pittorica mentre rapiscono il pensiero con la potenza evocativa.
L’ispirazione parte da qui: da una mostra parigina dedicata al regista che Antonio Marras visitò dieci anni fa, e la cui folgorazione s’innesta nell’immaginario visionario fino a declinarsi, generosa, in un carosello di creazioni maschili e femminili che sintetizzano nella bellezza il penchant di entrambi per quell’approccio da cantastorie di realtà, fatta di oggetti della quotidianità passata, di suggestioni pittoriche, di memorie intime eppur collettive che sfumano nella fiaba sognante, ma con le radici ben aggrappate alla terra madre.
Ed ora, prendiamo l’ensemble appena illustrato e decliniamolo nel linguaggio di poesia stilistica che di Marras è tratto d’identità inconfondibile: ed in un’atmosfera sospesa tra allure retrò e contemporaneità d’intenti si riconoscono le sovrapposizioni di tessuti opulenti e le incrostazioni di decori preziosi, i brandelli di materiali recuperati che prendono una vita nuova, le applicazioni e i ricami che si posano frementi ovunque, dai cappelli alle décolleté, sui colli ampi dei cappotti da uomo e i bomber, sui giubbotti di pelle e sui pizzi sensuali dei vestiti di lei.
Ed ancora, gli accostamenti inusuali che diventano affinità elettive: i completi maschili da uniforme di soldati e gendarmi d’antan e la fluidità lasciva degli abiti femminili, il rigore delle camicie e le trasparenze suggerite, le fantasie floreali che dalla delicatezza man mano esplodono in collage eclettici, gli ori metallici e e i jacquard solenni, i kilt scozzesi e lo chiffon cosparso di ornamenti, le ruches, le balze, i fiocchi. L’ornamento che è segno d’identità, di dichiarazione salvifica d’eccentricità!
Silvia Scorcella
{ Pubblicato su Webelieveinstyle }
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I should have been a rigattiere's heir
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CALDERA
TRÒPOI
(le case della vita)
Anni fa, mentre elaboravo la tesi della mia seconda laurea (era il 1997), ho studiato a fondo il libro di un noto Anglista, intitolato "La casa della vita”, che ho utilizzato come punto di riferimento per quel mio lavoro, incentrato proprio sulla sua vicenda di collezionista instancabile e maniacale.
In quelle pagine egli, accompagnando il lettore stanza per stanza - in modo meticoloso - presentava, uno ad uno, gli oggetti che aveva accumulato nel corso di una vita e che convivevano gli uni accanto agli altri, permeando di sé quegli ambienti.
L’Anglista collezionava principalmente oggetti e mobili in Stile Impero, ma amava andare in cerca anche di pezzi bizzarri, dai risvolti spesso quasi sinistri, come nel caso delle case di bambola o dei volti in cera, in quegli anni maggiormente adatti a negozi di rigattiere che agli ambienti raffinati degli antiquari, che l’Anglista frequentava di continuo.
In questo modo le stanze di quella casa di via Giulia a Roma, dove egli aveva abitato per tanti anni della sua vita, avevano assunto una fisionomia del tutto peculiare, poco paragonabile ad altre abitazioni, apparentemente simili, di collezionisti ed appassionati di arredamento.
Ogni angolo di quella casa, ogni singolo quadro, ogni scultura, ogni mobile, messi lì a riempire gli spazi (come se l’autore fosse stato spinto da una sorta di incontenibile horror vacui), nella narrazione di quelle pagine, erano stati per lui, (uomo colto e raffinatissimo, capace di mescolare in modo inconfondibile temi alti e bassi) l'occasione per rievocare parti della sua lunga vita, per raccontare aneddoti.
Ogni oggetto rappresentava - lasciava trapelare - ampi stralci della vita di un uomo che si era votato interamente alla sua casa e quella casa, quasi a premiarlo di tanta dedizione, lo aveva totalmente assecondato.
La simbiosi era e risultava perfetta.
L'abitazione dell'Anglista era diventata lo specchio della sua esistenza, che promanava dagli ambienti da lui abitati, riempiti da quegli oggetti, che egli amava come se fossero stati figli suoi. In questo scrittore si era creata una compenetrazione totale tra stanze, oggetti e vicende biografiche.
Quando gli eventi della vita lo costrinsero a traslocare da via Giulia, sebbene si fosse trasferito poco lontano, si creò in lui un trauma tale che ne derivò una frattura irreversibile tra ciò che quell’uomo era stato prima e ciò che fu dopo. La sua vita non fu più la stessa, le venne a mancare l’anima: a quell’uomo venne a mancare la “sua” casa. E poco importò che nei nuovi ambienti fosse riuscito a ricreare un’armonia del tutto simile a quella precedente: l’anima di quella casa era fuggita per sempre, o forse era rimasta ad aleggiare per sempre in via Giulia.
Ho vissuto in molte case - in alcune a lungo, in altre in modo fugace - ed ognuna di esse ha rappresentato per me - come capita a molti - una fase dell'esistenza. Posso affermare che in me ci sono state molte via Giulia, che ogni parte della mia vita è rimasta impressa in una diversa casa.
Raramente sono riuscita a fermarmi in modo stabile tra quattro pareti, anche se la città in cui ho vissuto è rimasta quasi sempre la stessa, come lo stesso è rimasto il quartiere.
Solo ora, però - guardandomi indietro - capisco con chiarezza che ogni volta il passaggio da una casa ad un'altra ha rappresentato, agevolato, delimitato, l'apertura o la chiusura di qualcosa, la fine di una speranza o l'embrione di una situazione ancora tutta da costruire oppure iniziata ed abbandonata velocemente.
Le mie case hanno assecondato - per così dire - parti significative della mia esistenza, le hanno affiancate, le hanno interpretate. Tutto questo ha significato per me dare maggiore importanza alla ricerca del contenitore, non al suo contenuto, non agli oggetti. Assai di rado ho abitato case di cui ero anche proprietaria. Per la maggior parte della mia vita ho preferito vivere in affitto. Altre volte ho vissuto in case altrui, spesso senza neppure sentirmi mai davvero parte di esse o accettata fino in fondo da quelle quattro mura.
Alcune delle case che ho abitato sono ancora presenti nel mio cuore (a pensarci bene, in qualche caso è come se non me ne fossi mai davvero allontanata: ancora oggi esse sono stabilmente lì, nel mio cuore); altre sono state da me abbandonate quasi di fretta, con un'urgenza che allora mi pareva indifferibile, come se non vedessi l'ora di abbandonarle al loro destino, senza alcun rimpianto da parte mia.
Talvolta, alla base del cambiamento ci sono stati motivi concreti (la nascita di mio figlio, mentre vivevo in una casa microscopica, per esempio), ma molto spesso si è trattato della conseguenza di una smania, di una irrequietezza, che sono state alla base anche della mia intera esistenza.
Di una cosa però sono certa: ho vissuto in tante di quelle abitazioni, ho impacchettato le mie cose talmente tante volte, che oggi non riesco nemmeno più ad immaginare l'idea di un trasloco, forse perché ne ho dovuti organizzare tanti. Forse oggi ho messo radici, in virtù della pigrizia, anche interiore, di immaginare e concretizzare altri spostamenti. I miei traslochi hanno riguardato piani diversi.
Analizzando me stessa, ho cercato comunque di capire perché, contrariamente a quello che accade nella vita della stragrande maggioranza delle persone, io abbia cambiato casa così tante volte, pur avendo vissuto quasi sempre nello stesso luogo. Ho sentito il bisogno di capire il senso di questa ricerca continua - a volte affannosa - di una collocazione stabile, senza peraltro riuscire a trovarla in modo soddisfacente.
Ho cambiato case, cercando “la casa della vita”?
Ha agito in me la stessa voglia di cambiare che agisce sul Paguro Bernardo, che vaga continuamente di guscio in guscio?
Le mie case “provvisorie” erano dunque prive di anima? Non c’era o non c’era stato uno spirito a vivificarle?
Al mio primo trasloco - quello dalla casa che ho amato di più - mi sono fieramente ribellata, anche se ho dovuto piegarmi: avevo solo quindici anni. In quella abitazione è rimasta - per sempre - la mia anima e quella stessa anima ho continuato a cercare, senza riuscire più a trovarla.
Da allora, da quello strappo non voluto e mai accettato fino in fondo, la mia è stata solo la ricerca di una collocazione, l'individuazione di un posto, di un quid, che forse non sono mai riuscita a mettere in luce pienamente.
Le cose della vita non mi hanno portato a trovare "la" casa della vita. O a ritrovarla.
E chissà se questo, in sé, è stato un bene o un male.
Questa storia è una somma di storie, una somma di racconti. Ognuno di essi è legato ad una casa, ad una via, ad un pezzo della mia vita. Non sono i pezzi di una collezione ad affollare la mia casa, ma tutte le case altro non sono che una collezione di storie legate da fili intersecati tra loro.
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Recensione "Lettere di un libertino" di Katia Botturi
Ogni tanto il passato ci restituisce storie dimenticate o volutamente cadute in oblio. Le lettere segrete di Casanova, che avrebbero dovuto essere bruciate dalla marchesa a cui erano destinate, casualmente ritrovate da un rigattiere, svelano ciò che il seduttore più famoso al mondo tenne nascosto durante la sua vita. Ora potrete leggere alcune avventure inedite, restaurate per quanto possibile,…
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U TUPPU
U tuppu tuppa, senza tuppu nun si tuppa picchi u tuppu s’antuppa. A vecchia co tuppu si tuppa, s’intrippa e s’intruppa com’a lupa c’allappa e c’allippa. A picciotta senza tuppu nun si tuppa, a picciotta co tuppu allippa, ma nun allappa. Il poeta è un rigattiere, uno squallido merciaiolo, un trovatore da art de trombar, uno squallido trombatore, un provenzale che ha letto tanto, uno squallido…
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#atomo#Cecco#donna#Etna#Francoise#ladruncolo#ldrone#Lidl#madre#mamma#Matteo#parola#picciotta#poeta#Sicilia#sussurratore#trombatore#trovatore#tuppu#vecchia
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Le chiavi di Portofino
Le chiavi di Portofino
Racconto inedito, di genere poliziesco, pubblicato nel libro Le chiavi di Portofino e altri racconti. Una sera due coniugi anziani ricevono la visita dei ladri nella casa di vacanze mentre si trovano al ristorante con amici. Non riescono a capacitarsi di come possa essere avvenuto il furto perché le serrande della casa erano chiuse e l’allarme inserito. Svelerà il mistero un brigadiere dei…
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#Allarme#Anfora#Brigadiere#Carabinieri#Cassaforte#Courmayeur#Golfo de Tigullio#Hotel Splendido#Impronte#indagine#ladro#Paraggi#Pigato#Portachiavi#Portofino#Rigattiere#RIS#Santa Margherita#Sopralluogo#Terrazza#Tripoli
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