#regno D'Italia
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Don Pietro de' Medici. Anonimo. Museo del Prado.
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" «Mi pare che m'abbia detto che lei parlerà subito dopo certe dichiarazioni di un deputato socialista». «Precisamente». «Dopo lui s'alza in piedi lei per parlare. Tutta la Camera farà un gran silenzio». «S'intende». «E in quel silenzio lei pronuncia, ben forte, che tutti sentano, questa frase: Viva Marx! Viva la Rivoluzione Sociale!». «Come?». «Cosí: Viva Marx! Viva la Rivoluzione Sociale!» Parlavo netto, scandito, guardandolo fisso negli occhi. Si era fatto pallido, tremava, fin che riuscí a dirmi: «Ma cara, lei dice per ridere, è una follia». «Dico sul serio. Certo, una follia, mi piacciono le follie, non mi piace altro. Un uomo che non sa fare una follia non è un uomo, è un animale qualunque. So che ci sono degli ospedali per le bestie, ma non ho mai sentito dire che ci siano i manicomi per le bestie. Ha mai sentito parlare di veterinari alienisti? Il solo segno certo di umanità è la follia. Lei non ne ha mai fatto nella sua vita?»
«No, se Dio vuole». «È terribile: ne faccia una ora, bella grande. Per amor mio. Ecco è venuto il suo quando. Potrei io amare un uomo che non vuol fare una follia nemmeno per amore? che amore è il suo? Dunque» e di nuovo tenevo gli occhi fissi nei suoi «dunque», ma questa volta dicevo sottovoce, quasi mormorando, «Viva Marx, viva la Rivoluzione Sociale!». «Ma, Daniela cara, proprio questa? È troppo grossa.» «Quando uno fa una follia non sta a prenderle le misure.» "
Massimo Bontempelli, L'amante fedele, prefazione di Marinella Mascia Galateria, Utopia Editore (Collana Letteraria europea), Milano, 2023, pp. 140-141.
[Edizione originale: A. Mondadori, 1953]
#Massimo Bontempelli#L'amante fedele#letture#leggere#libri#Marinella Mascia Galateria#XX secolo#narrativa#raccolta di racconti#realismo magico#romanzo breve#surrealisti#surrealismo#intellettuali italiani del '900#letteratura italiana#citazioni letterarie#Premio Strega#novecento#Utopia Editore#secondo dopoguerra#follia#pazzia#età liberare#socialismo#Rivoluzione sociale#Regno d'Italia#istigazione#umanità#amore#Karl Marx
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Charlemagne (742-814), King of the Franks. Unknown artist.
#charlemagne#carolingians#carolingiens#royaume de france#kingdom of france#heiliges römisches reich#german empire#king of the franks#carolingian dynasty#king of the lombards#king of italy#re d'italia#regno d'italia#rex Langobardorum#charles i the great#carolus magnus
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Civitella del Tronto


L'unico e ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie rimasto al momento della proclamazione del Regno d'Italia era nella Civitella del Tronto che era il punto fortificato più a Nord del Regno di Napoli e delle Due Sicilie.

Prima di arrivare alla Fortezza di Civitella in caso di necessità si doveva combattere casa per casa a partire da Porta Napoli, motivo per cui le stradine sono in salita ma si snodano in angoli retti, passaggi stretti e a punta e le case erano strutturate come case-forti.
Tant'è che qui c'è la "ruetta", la via più stretta d'Italia.



La Fortezza di Civitella è una fortezza imprendibile, infatti non è mai stata presa con le armi, piuttosto si è arresa ai Savoia e in quell'occasione alcuni soldati vennero fucilati, tra i quali vi era il parroco del paese, mentre gli altri furono spediti nelle prigioni nel Nord Italia, ma pian piano si cominciò a favorire la loro fuga in massa verso l'estero, dando così via al fenomeno dell'emigrazione, contrapposto alla creazione del Regno d'Italia, trovando proprio all'estero quel "Nuovo Mondo" migliore che promettevano invece i Savoia con la realizzazione del Regno d'Italia.
Questa immensa disillusione dopo il Regno d'Italia porta, dopo un periodo solare che è stato il Romanticismo, all'affermarsi del Decadentismo perché la delusione è tanta e non c'è più speranza, tant'è che perfino Garibaldi decide di isolarsi andando a Caprera.

Venne fatto saltare solo il primo ingresso della Fortezza, causando povertà nel paese, così in un primo momento si pensò di trasformarla in un carcere, ma alla fine ogni progetto venne abbandonato rendendola di fatto una cava a cielo aperto per gli abitanti che lì cavavano i mattoni necessari per sistemare le proprie abitazioni.
Ma nel 1975 arrivano dei professori universitari che vogliono celebrare nella chiesa della Fortezza una messa ai caduti di Civitella e questo riaccende l'interesse per ristrutturare la Fortezza e farla rinascere!

Il terzo camminamento ha una parte coperta che veniva chiusa con dei portoni da sfondare su entrambi i lati rendendola una vera e propria trappola mortale perché i proiettili sparati dalle grate delle porte rimbalzando all'interno ferivano più soldati.

Si tratta di una Fortezza spagnola che è stata costruita con gli stessi criteri delle altre Fortezze spagnole, quindi con la presenza di cisterne d'acqua piovana, in particolare quella di Civitella presenta 5 grandi cisterne, tre delle quali situate sotto le piazze d'armi, una nella casa del governatore e l'altra nella parte più remota che doveva resistere all'assedio, Civitella del Tronto è stata assediata tre volte e la campana situata al suo interno è in onore ai caduti di tutti e tre gli assedi.
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#reportage#reportage fotografico#reporter#compagni di avventura#visita guidata#alla scoperta del territorio#Abruzzo#abruzzese#Civitella del Tronto#fortezza#storia#architettura#cultura#assedio#decadentismo#regno d'Italia#ruetta#nebbia#guerra#armi#museo delle armi#campana#cisterna
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primis quella che garantisce il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Nessuna nazione intervenne, nonostante le Cancellerie ne fossero informate, questo fa capire che vi fossero accordi e una rete di relazioni segrete. L’unificazione italiana fu la distruzione voluta,
programmata e sistematica, che ridusse il più florido Stato della penisola nella miseria e nel degrado. Le fabbriche furono chiuse, in alcuni casi distrutte, i giovani coscritti o deportati, furono inviati i soldati piemontesi a reprimere il dissenso e compiute stragi indescrivibili. È ora di smontare il “falso storico” che ha generato il luogo comune più deleterio che il Paese abbia conosciuto: il Nord industriale ed evoluto, il Sud agricolo e arretrato. In realtà questo è stato l’obiettivo di casa Savoia e del suo padrone Cavour.
Scorrettamente chiamata dalla storiografia “questione meridionale”, essa emerse dopo l’unità, non prima. Quando l’opera di distruzione del tessuto sociale e produttivo del Sud, diede i suoi amarissimi frutti. Il Regno delle Due Sicilie era lo Stato più industrializzato d'Italia e il terzo in Europa, dopo Inghilterra e Francia, così risultò dalla Esposizione Internazionale di Parigi del 1856. I settori principali erano: cantieristica navale, industria siderurgica, tessile, cartiera, estrattiva e chimica, conciaria, del corallo, vetraria, alimentare.
Nel periodo borbonico (1734-1860) la popolazione si era triplicata, determinando lo Stato preunitario più esteso e popolato. Per la sua politica di sviluppo Ferdinando II formò grandi aziende statali, e incentivò anche il sorgere di aziende con capitale suddiviso in azioni di piccolo taglio, per attrarre nella proprietà anche i ceti medi. Nel 1851 fu istituita la "Commissione di Statistica generale pe' reali domini continentali" con lo scopo di guidare la politica economica del Paese, cui si affiancavano le Giunte Statistiche costituite in ogni provincia e circondario. Molti imprenditori nazionali ed esteri accorsero nel Regno. L’economia ferdinandea privilegiava lo sviluppo occupazionale senza spostare masse dai luoghi di origine. Fu uno sviluppo guidato dallo Stato. La propaganda liberale si scagliò con tutte le sue forze contro tale modello e mise in moto una macchina da guerra che distrusse tutte le industrie del Sud e rubò tutto persino i beni personali dei Borbone: con un decreto del 23 ottobre vennero confiscati alla Casa reale 6 milioni di ducati, anche i depositi che Francesco II
aveva lasciato a Napoli, dopo averli ripresi dal Banco d’Inghilterra, a dimostrazione di quanto fosse legato al suo popolo, lui che napoletano lo era per davvero. Cominciò così, dopo il saccheggio del 31 maggio 1860 del Banco di Sicilia da parte di Garibaldi (80 milioni di euro, 150 miliardi di vecchie lire, quasi la metà delle spese per la guerra franco-piemontese contro l’Austria dell’anno precedente), la corsa alla spogliazione e all’arricchimento. Il Regno delle Due Sicilie, nel settore dell’industria, contava 2 milioni di occupati a fronte dei 400.000 della Lombardia, possedendo 443 milioni di moneta in oro, ovvero l’85% delle riserve auree di tutte le province. Oltre 80 milioni furono prelevati, in una anno, da Torino dalle casse dell’ex Regno delle Due Sicilie. Pochissimi investimenti al Sud ma tante ruberie. La boria e lo sprezzo verso le città del Sud, caratterizzava chiunque arrivasse da Torino. Il luogotenente Farini (in seguito Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1862 e il 1863), il dittatore che entrò a Modena il 19 giugno come vincitore di un guerra che non aveva combattuto (gli Estensi fuggirono prima dell’arrivo delle truppe francesi e piemontesi), così si espresse riferendosi a Napoli: “Altro che Italia! Questa è Africa, i beduini a riscontro di questi caffoni, son fior di virtù civile”. Va da sé che il controllo delle ex Due Sicilie fu difficile, regnò la precarietà e l’insicurezza, così cominciò l’atroce guerra civile del brigantaggio. Uno Stato così imposto non poté che generare solo ingiustizie e latrocini. Fu messo in opera un preciso disegno della politica vessatoria di Torino: il Nord
si sviluppò ai danni del Sud. Il primo doveva avere il monopolio dell’industria italiana, al secondo invece fu destinato un ruolo agricolo e di fornitore di mano d’opera per l’industria del Settentrione. “Il dissidio tra la Lombardia e molta altra parte d’Italia ha origini in una serie di fatti: soprattutto il sacrificio continuo che si è fatto degli interessi meridionali”(dalla lettera di Nitti del 5 luglio 1898 a Giuseppe Colombo, direttore del Politecnico di Milano). Carlo Bombrini (banchiere, imprenditore, fondatore della banca di Genova) uomo di fiducia di Cavour e redattore del piano di “riequilibrio” economico post-Unità, disse: “Il Sud Italia non dovrà essere più in grado di intraprendere”. A questo punto riporto uno dei casi più eclatanti di distruzione industriale: l’Officina di Pietrarsa. A Pietrarsa, località posta nella zona orientale della città di Napoli, era attiva la più grande industria metalmeccanica d'Italia, estesa su una superficie di oltre tre ettari. Era l'unica fabbrica italiana in grado di costruire motrici a vapore per uso navale. A Pietrarsa fu istituita anche la
[continua su X]
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Lo ricordiamo a tutti, in modo che tutti possano di nuovo far finta di dimenticarselo.
-Castrese
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Prima dell'Olocausto dei nazifascisti...
Gli Stati Uniti hanno sterminato pellirossa e schiavizzato e deportato gli africani.
Il Regno Unito ha colonizzato diversi paesi sterminando nativi e schiavizzando popoli.
La Francia ha colonizzato diversi paesi e schiavizzato, sterminato popoli e nativi e perseguitato ugonotti ed ebrei.
La Spagna ha colonizzato l'America e sterminato nativi, perseguitato e cacciato ebrei e musulmani.
Lo Stato della Chiesa perseguitava e bruciava eretici e donne.
Il Portogallo ha colonizzato l'Africa e schiavizzato gli africani.
Il Regno d'Italia pre fascista ha colonizzato l'Africa e schiavizzato gli africani.
Le grandi democrazie liberali sono dei veri regimi genocidi. Perciò non rompete le scatole con le solite equiparazioni tra fascismo e comunismo.
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Vicolo dei Panieri si trova nel Rione Trastevere ed originariamente era un tuttuno con la limitrofa Via dei Panieri e avevano il nome di Vicolo del Canestraro, perché in questa zona erano presenti molte botteghe dove venivano realizzati piccoli cesti o appunto canestri.
Dopo l'annessione di Roma al Regno d'Italia, il Comune per evitare l'omonimia con Via de' Canestrari nel Rione Parione, nel 1871 cambiò a questa strada il nome in Vicolo dei Panieri. I residenti non ne furono molto contenti, perché "Paniere" si tratta di un termine tipicamente toscano e non romano
#semoromani #roma #visitareroma #romaedintorni #ingiroperroma #romalovers #igroma #cosafarearoma #cosavederearoma
#romeitaly #rome
#ローマ #ローマを訪問
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Translation Glossary
for Wining and Pining (a Caejose/Gyjo fic)
Keep this open while you’re reading for translations to the Italian (and French) words and phrases used in the story! If there's no translation here, it's been translated in the actual fic already, or I translated it in another chapter.
CHAPTER THREE
Italian Glossary:
Giuseppino! Il mio cuore–: Joseph! My heart–
Scostumato: immoral/rude person
Sono fuori di testa, ma diverso da loro: a lyric from the song ZITTI E BUONI by Maneskin. Translates to "We're out of our minds but we're better than them!"
Ragazzi: guys (can be gender neutral)
Minchia: Shit/Fuck (Sicilian slang. Literally translates to ‘dick’ though)
Al fresco, ragazzi: Outside, guys
REGNO D'ITALIA CENTESIMI 30: Kingdom of Italy 30 cents
Campioni del mondo: World Champions
La Nazionale: the national (team, as in soccer)
Stronzo: dumbass
A domani: See you tomorrow
SCHIATTA: Neapolitan slang for DROP DEAD
Famiglia: family
Alora: Well then (space filler between sentences)
State Zitti! Shut up!
Forza Azzurri: Go Blues! (As in, the italian soccer team, who wear blue jerseys)
Fratelli D’Italia: Brothers of Italy (the opening line of the Italian national anthem)
Pugni in testa: punch in the head
Granita: a southern italian shaved ice dessert
Schifoso: disgusting
Nonno… mi manchi tanto: Grandpa.. i miss you lots
Mi sento triste senza di te: I feel sad without you.
Ti penso spesso: I often think of you
e sento la tua manzana: I feel your apple
e sento la tua mancanza: I feel your absence
ogni giorno: every day
Grazie, e ti amo: thank you, and I love you
Buona giornata signore e signora: Good day sir and ma’am
Piacere di conoscervi: pleasure to meet you (formal)
Amore mio: my love
CHE COSA?!: WHAT?!
Madonna Mia: Mother Mary (swear word)
Aspetta, amore mio: Wait, my love
Ti Amo: I love you
Il mio cuore è tuo: my heart is yours
il mio migliore amico: my very best friend
~
French Glossary for Polnareff:
Mon cheri: my dear
Connards: assholes
Mon Dieu: my god
Gésu: Jesus
Bonne ideé: good idea
Un pique-nique en plein air: A picnic outside
C'est génial: it's brilliant
~
Tips
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Portrait of Louise Elisabeth of France (1727-1759), Duchess of Parma, in court dress. By Jean-Marc Nattier.
#royaume de france#fille de france#maison de bourbon#louise élisabeth de france#duchese de parme#Madame Première#madame infante#princesse de france#jean marc nattier#court dress#kingdom of france#house of bourbon#regno d'italia#kingdom of italy#fils et filles de france#fils et filles de louis xv
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" Il 12 marzo 1921 Matteotti doveva parlare a Castelguglielmo. La lotta si era fatta da alcuni mesi violentissima; s'era avuto in Polesine il primo assassinio. Quel sabato egli percorreva la strada in calesse e Stefano Stievano, di Pincara, sindaco, gli era compagno. Ciclisti gli si fanno incontro dal paese per metterlo in guardia: gli agrari hanno preparato un'imboscata. Matteotti vuole che lo Stievano torni indietro e compie da solo il cammino che avanza. A Castelguglielmo si nota infatti movimento insolito di fascisti assoldati; una folla armata. Alla sede della Lega lo aspettano i lavoratori e Matteotti parla pacatamente esortandoli alla resistenza: ad alcuni agrari che si presentano per il contraddittorio rifiuta; era di costoro una vecchia tattica quando volevano trovare un alibi per la propria violenza: parlare ingiuriosamente ai lavoratori per provocarne la reazione facendoli cadere nell'insidia. Matteotti si offre invece di seguirli solo e di parlare alla sede agraria: così resta convenuto e dai lavoratori riesce ad ottenere che non si muovano per evitare incidenti più gravi. Non so se il coraggio e l'avvedutezza parvero provocazione. Certo non appena egli ebbe varcata la soglia padronale - attraverso doppia fila di armati -, dimentichi del patto gli sono intorno furenti, le rivoltelle in mano, perché s'induca a ritrattare ciò che fece alla Camera e dichiari che lascerà il Polesine. « Ho una dichiarazione sola da farvi: che non vi faccio dichiarazioni ». Bastonato, sputacchiato non aggiunge sillaba, ostinato nella resistenza. Lo spingono a viva forza in un camion; sparando in alto tengono lontani i proletari accorsi in suo aiuto. I carabinieri rimanevano chiusi in caserma.
Lo portano in giro per la campagna con la rivoltella spianata e tenendogli il ginocchio sul petto, sempre minacciandolo di morte se non promette di ritirarsi dalla vita politica. Visto inutile ogni sforzo finalmente si decidono a buttarlo dal camion nella via. Matteotti percorre a piedi dieci chilometri e rientra a mezzanotte a Rovigo dove lo attendevano alla sede della Deputazione provinciale per la proroga del patto agricolo il cav. Pietro Mentasti, popolare, l'avvocato Altieri, fascista, in rappresentanza dei piccoli proprietari e dei fittavoli; Giovanni Franchi e Aldo Parini, rappresentanti dei lavoratori. Gli abiti un poco in disordine, ma sereno e tranquillo. Solo dopo che uscirono gli avversari, rimproverato dai compagni per il ritardo, si scusò sorridendo: - I m'ha robà. Aveva riconosciuto alcuni dei suoi aggressori, tra gli altri un suo fittavolo a cui una volta aveva condonato l'affitto: ma non volle farne i nomi. Invece assicurò che mandanti doveva no essere il comm. Vittorio Pela di Castelguglielmo e i Finzi di Badia, parenti dell'ex sottosegretario di Mussolini. Poiché si parlò e si continua a parlare di violenze innominabili che Giacomo Matteotti avrebbe subito in questa occasione è giu sto dichiarare con testimonianza definitiva che la sua serenità e impassibilità, di cui possono far testimonianza i nominati interlocutori di quella sera, ci consentono di escludere il fatto e di ridur lo ad una ignobile vanteria fascista. La storia di questo rapimento è tuttavia impressionante e perciò abbiamo voluto raccoglierne da testimonianze incontestabili tutti i particolari. Finché non ci sarà descritta l'aggressione di Roma il ricordo di questa prova può dirci con quale animo Matteotti andò incontro alla morte. Ne aveva il presentimento. "
Piero Gobetti, Matteotti, Piero Gobetti Editore, Torino, 1924, pp. 29-32.
NOTA: il brano è tratto dall'opuscolo pubblicato alla fine del luglio del 1924, nel vivo della crisi politica ed istituzionale scatenata dalla tragica scomparsa del deputato Matteotti. Il testo riproduceva integralmente un lungo articolo comparso un mese prima con lo stesso titolo sulla rivista di Gobetti La Rivoluzione liberale, così come erano tratti da questa pubblicazione i Cenni biografici sullo scomparso posti in calce all'opuscolo.
#Giacomo Matteotti#Piero Gobetti#antifascismo#socialismo#PSU#PSI#marxismo#Castelguglielmo#squadrismo#riformismo#riformisti#Veneto#Polesine#Rovigo#Partito Socialista Unitario#politica italiana#Storia d'Italia#XX secolo#gradualismo#sindacalismo#proletariato#rivoluzione#intellettuali italiani del '900#Regno d'Italia#primo dopoguerra#letture#leggere#La Rivoluzione liberale#democrazia#biennio nero
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Emperor Henry II by Albert Kretschmer.
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Dove oggi è posto il cartello quartieri e comunicazioni c'erano gli uffici e di fianco i magazzini.

Il governatore, rappresentante reale, alloggiava in un palazzo-castelletto con un'ampia vista panoramica; ad oggi sulla colonna dell'ingresso è possibile notare un buco causato dal colpo di un cannone.

Questa invece era la parte residenziale della Fortezza dove vivevano i soldati e la chiesa della Fortezza.

Dopo aver attraversato quello che un tempo era l'orto di guerra destinato alla coltivazione in stato di assedio si raggiunge la polveriera situata in parte sottoterra ed è qui che finisce la Fortezza e con essa Civitella.

La Fortezza presenta al suo interno un Museo delle armi in cui sono conservati però cannoncini da campagna e da nave che quindi non fanno parte della storia della Fortezza, infatti i cannoni utilizzati in questo posto si trovano in un museo chiuso al pubblico a Torino.


Al piano superiore del museo invece sono conservate varie armi, cartine e documentazioni storiche della storia di Civitella del Tronto, della sua Fortezza, degli assedi e della realizzazione del Regno d'Italia, come ad esempio un cappello garibaldino.
Civitella del Tronto


L'unico e ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie rimasto al momento della proclamazione del Regno d'Italia era nella Civitella del Tronto che era il punto fortificato più a Nord del Regno di Napoli e delle Due Sicilie.

Prima di arrivare alla Fortezza di Civitella in caso di necessità si doveva combattere casa per casa a partire da Porta Napoli, motivo per cui le stradine sono in salita ma si snodano in angoli retti, passaggi stretti e a punta e le case erano strutturate come case-forti.
Tant'è che qui c'è la "ruetta", la via più stretta d'Italia.



La Fortezza di Civitella è una fortezza imprendibile, infatti non è mai stata presa con le armi, piuttosto si è arresa ai Savoia e in quell'occasione alcuni soldati vennero fucilati, tra i quali vi era il parroco del paese, mentre gli altri furono spediti nelle prigioni nel Nord Italia, ma pian piano si cominciò a favorire la loro fuga in massa verso l'estero, dando così via al fenomeno dell'emigrazione, contrapposto alla creazione del Regno d'Italia, trovando proprio all'estero quel "Nuovo Mondo" migliore che promettevano invece i Savoia con la realizzazione del Regno d'Italia.
Questa immensa disillusione dopo il Regno d'Italia porta, dopo un periodo solare che è stato il Romanticismo, all'affermarsi del Decadentismo perché la delusione è tanta e non c'è più speranza, tant'è che perfino Garibaldi decide di isolarsi andando a Caprera.

Venne fatto saltare solo il primo ingresso della Fortezza, causando povertà nel paese, così in un primo momento si pensò di trasformarla in un carcere, ma alla fine ogni progetto venne abbandonato rendendola di fatto una cava a cielo aperto per gli abitanti che lì cavavano i mattoni necessari per sistemare le proprie abitazioni.
Ma nel 1975 arrivano dei professori universitari che vogliono celebrare nella chiesa della Fortezza una messa ai caduti di Civitella e questo riaccende l'interesse per ristrutturare la Fortezza e farla rinascere!

Il terzo camminamento ha una parte coperta che veniva chiusa con dei portoni da sfondare su entrambi i lati rendendola una vera e propria trappola mortale perché i proiettili sparati dalle grate delle porte rimbalzando all'interno ferivano più soldati.

Si tratta di una Fortezza spagnola che è stata costruita con gli stessi criteri delle altre Fortezze spagnole, quindi con la presenza di cisterne d'acqua piovana, in particolare quella di Civitella presenta 5 grandi cisterne, tre delle quali situate sotto le piazze d'armi, una nella casa del governatore e l'altra nella parte più remota che doveva resistere all'assedio, Civitella del Tronto è stata assediata tre volte e la campana situata al suo interno è in onore ai caduti di tutti e tre gli assedi.
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#reportage#reportage fotografico#reporter#compagni di avventura#visita guidata#alla scoperta del territorio#Abruzzo#abruzzese#Civitella del Tronto#fortezza#storia#architettura#cultura#assedio#decadentismo#regno d'Italia#ruetta#nebbia#guerra#armi#museo delle armi#campana#cisterna#Garibaldi#borboni#savoia
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Ieri sera ho guardato la trasmissione "In Viaggio con Barbero", puntata dedicata all'assassinio di Giacomo Matteotti. Due giorni prima si è celebrato il 100° anniversario dal suo delitto. Ho ascoltato il suo intervento con molto interesse, viste le sue capacità nel coinvolgere chi lo ascolta. Finita la trasmissione, con pensieri e turbolenze nella testa e nell'animo ripetendomi che è passato un secolo, lascio scorrere i titoli di coda e il palinsesto. Il quale prevede il Telegiornale. Così mi ritrovo a vedere queste immagini. Siamo in una sede istituzionale, il Parlamento, e quelli che si accalcano attorno a un loro collega fermati a stento dal personale della Camera sono parlamentari. In questa sede istituzionale dei deputati pagati profumatamente con soldi pubblici picchiano, mostrano la X di X-Factor (così dicono), portano la bandiera tricolore come se fosse una tovaglietta da consegnare a qualcuno, urlano "presente!" o cantano "Bella Ciao". Dovrebbero elevare la qualità delle discussioni per gli interessi della Nazione, gli interessi di noi italiani. Invece si vivono le stesse situazioni che si possono trovare in un mercato rionale quando si bisticcia. Quello che mi sconsola è il fatto che il problema non sono loro, i parlamentari, non siamo noi elettori. No. Il problema è che questa è la società che ci circonda e tutti noi siamo il prodotto di questa società, che sta abbassando il livello di ragionevolezza, di saggezza e di volontà di coesione per il bene comune. 100 anni sono passati dall'omicidio di Matteotti, 100 anni in cui in Parlamento si irrideva la scomparsa di un deputato del regno d'Italia. Trovato poi morto. Penso che un secolo non sia poi così tanto lontano, anzi sembra molto vicino sotto alcuni punti di vista.
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"Le nostre teorie sullo Stato non comportano la tirannia d'una capitale sulle province, né la creazione d'una casta burocratica che soggioghi tutte le membra e le frazioni del Regno all'impero d'un centro artificiale contro cui lotterebbero sempre le tradizioni e le abitudini dell'Italia, non meno che la sua conformazione geografica". Camillo Benso conte di Cavour, 15 gennaio 1861 poco prima che, il primo marzo, il Parlamento proclamasse il Regno d'Italia da lui unito.
Purtroppo Cavour morì di lì a poco, il 6 giugno e tutto questo rimase tristemente sulla carta. Il Regno si francesizzò iper centralizzandosi, per poi cadere nell'ultra centralismo fascista e riemergere nel più soffocante e gretto centralismo burosauro cattosocialista.
Promemoria per gli anti minimo sindacale delle autonomie differenziate - dopo 162 anni ! Qua l'è ancora un falso accapigliarsi alternato tra statalisti, destri o sinistri miopi ignoranti uguali sono.
Guarda caso coincidenti con l'altro bersaglio delle intuizioni di Cavour: la kasta dei burosauri centralisti. Due facce della stessa medaglia.
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Vogliamo combattere il razzismo? Bene, che si inizi dai partiti di destra e di centrodestra (Lega e Fratelli d'Italia in primis) dai trattati con la Libia, con l'Arabia Saudita, con i regimi monarchici del Golfo Persico, da Israele, dall'Ucraina, dagli Stati Uniti, dalla Francia e dal Regno Unito, dagli imprenditori che sfruttano i lavoratori e dalle loro cooperative nere.
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Giò Stajano nacque l'11 dicembre 1931 in un paesino del Salento, Sannicola, nell'allora Regno d'Italia, dal conte Riccardo Stajano Briganti di Panico e da Fanny Starace, unica figlia di Achille Starace. Alla nascita il suo genere sessuale era quello maschile.
Come raccontato proprio da Giò Stajano, una volta il nonno Achille diede in braccio a Benito Mussolini proprio l'infante Giò, che in quell'occasione fece pipì addosso al Duce.
Nel 1959 pubblicò Roma capovolta, un testo autobiografico, che racconta le sue folli scorribande nell'alta società romana e contemporaneamente descrive la realtà omosessuale nell'Italia dell'epoca. Il testo, esplicitamente gay, fu sequestrato dalle autorità con l'accusa di propagandare idee contrarie alla "pubblica morale" e "dannose per il costume". Cosa che contribuì ovviamente a focalizzare l'attenzione della stampa scandalistica su Giò Stajano, che all'epoca ottenne la consacrazione come l'"omosessuale più famoso d'Italia".
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