#re degli dei e dei fulmini
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Loki si ritrovò a percorrere i vasti corridoi di Valaskjalf in compagnia del fratello.
Essi procedettero a passo spedito, recandosi nell’imponente sala del trono.
Come di consueto era occupata dall’austero genitore.
Quest’ultimo aveva gravi notizie da riferire.
Giunti al luogo prestabilito, entrambi osarono avvicinarsi al sovrano per conoscere eventuali motivi su quell’urgente convocazione.
“Mi è giunta voce che un povero viandante è stato ferocemente aggredito da una creatura di cui l’identità è sconosciuta.”
Proferì il Dio delle Forche, sentenziando gli ultimi avvenimenti.
“Dove per l’esattezza?”
Domandò il minore dei suoi figli, curioso di saperne di più.
“Vicino ai boschi.”
Rivelò l’anziano re, tornando a sedere sopra l’Hildskjàlf.
“Perciò suppongo tu stia chiedendo di farla fuori.”
Constatò il Tonante, desideroso di trucidarla con l’immancabile reliquia.
Odino annuì tramite un cenno del capo, spiegando ulteriori dettagli sulla nuova impresa da compiere.
Lady Sif e i Tre Guerrieri li avrebbero accompagnati.
Avrebbero ucciso il mostro, ancor prima che osasse attaccare Asgard o addirittura i regni vicini.
Successivamente furono congedati, ritirandosi ognuno ai propri alloggi...Lingua D’Argento fu lesto a raggiungerli.
Recitò una serie di rune, attivando il meccanismo della porta.
Un metodo efficace per celare ad occhi estranei l’adorabile presenza di Sigyn.
L’aveva sposata due mesi addietro con uno dei suoi ultimi intrighi, occultando il rozzo capitano degli Einherjar all’interno delle antiche prigioni fuori città.
L’aiuto di Thor si era rivelato decisamente prezioso.
Ne varcò la soglia, dirigendosi verso il suo studio per preparare l’occorrente necessario.
Non perse tempo a dedicare una buona ora alla preparazione di un sedativo, posizionando provette e alambicchi al centro dello scrittoio.
L’odore pungente del medicinale catturò le narici della giovane Vanir, costringendola ad allontanarsi in pochi attimi.
Avanzò infine lentamente, cacciando una smorfia disgustata.
“Apprezzo molto tale curiosità, piccola figlia di Vanaheim.”
Esordì il Fabbricante di Bugie, udendone i docili movimenti.
“Cos’è questo tanfo?”
Chiese lei, tappandosi il naso.
“Nientemeno che la preparazione di un filtro per sedare la bestia.”
Spiegò breve, ma ben coinciso: l’Amica della Vittoria comprese al volo il suddetto significato.
“Quale bestia? Ciò significa che domani sarai in partenza?”
Incalzò con una nota d’allarme nella voce.
Il mago annuì silente, proseguendo con la realizzazione del farmaco.
Tuttavia non si scomodò a narrare la reale versione dei fatti, evitando di tenerla all’oscuro.
“Non andare, ti prego.”
Gli rivolse preoccupata con velata supplica.
“Sono un guerriero di Asgard, Sigyn: non posso permettere un simile affronto.”
Dissentì il sagace principe del regno d’oro, lasciando intendere che le sfide lo tentassero.
Come tutti gli Æsir, Loki ardeva all’idea di immergere i piedi nel fango e macchiarsi del sangue del nemico fino alle ginocchia.
Quelli erano gli asgardiani: un popolo fiero e combattivo; macchine da guerra pronte a far fuori chi osasse intralciare il loro cammino.
Nella mente della Dea della Fedeltà iniziò a prendere forma una vaga intenzione, seppur rischiosa per la propria incolumità.
Ossia accompagnarlo in una simile avventura, nonostante le singole proibizioni.
Però dovette fare i conti anche con la realtà: nessuno sapeva con chi fosse realmente convolata a nozze ad eccezione del Signore dei Fulmini.
Preferì non esporsi, assentendo alle parole del consorte.
Avrebbe agito in segretezza e con la massima discrezione.
Essendo nata e cresciuta in una terra dove la magia era prospera, costei era in grado di conoscere taluni segreti per cavarsela col mostro.
Ovvero rimedi particolari per guarire letali ferite, basati su alcune lezioni impartite da Sigrid.
Come la madre, Sigyn amava cimentarsi nelle tattiche guaritrici e magiche.
Il suo Seiðr non era potente come quello del Dio degli Inganni, ma quanto bastasse per scamparla durante spiacevoli situazioni.
Frigga l’avrebbe a breve nominata come nuova guaritrice di corte dopo aver concluso il noviziato.
Se avesse saputo che la giovane allieva fosse sposata col minore dei suoi figli, le conseguenze sarebbero state disastrose per entrambi.
Eppure determinati sguardi rivolti lasciavano presagire che fosse a conoscenza del loro segreto, denotando un’aria dolce e radiosa.
Giunse il buio, portando con sé una nuova alba.
Sigyn dormiva beatamente, avvolta da pesanti coperte in pelliccia di animale.
Il tenebroso Ase si limitò ad osservarla, sfiorandole uno zigomo.
Notò quanto fosse ancora più bella ed eterea mentre riposava ad occhi chiusi.
Le iridi della graziosa dama iniziarono a spalancarsi con estrema lentezza, ridestandola dal sonno.
Due gemme celesti e tanto limpide da far nascere un lieve sorriso allo spietato Dio del Caos.
“Buongiorno, mia splendida signora.”
Mormorò carezzevole, stampando le sottili e ironiche labbra sopra quelle dell’amata consorte.
Lo salutò flebile, ricambiando il romantico gesto.
Temeva per le loro sorti, dipingendosi un’espressione turbata sul suo viso delicato.
“Tornerò presto, Sigyn: non lasciarti sopraffare dal timore dell’addio.”
Promise risoluto e al contempo determinato.
Era dotato di straordinarie capacità cognitive, permettendogli di leggere le menti altrui…persino captarne i pensieri più profondi e oscuri.
Notevoli doti appartenenti solo a pochi.
Annuì con la testa, guadagnandosi una fugace carezza sulle bionde ciocche.
Si vestì rapido, indossando la fedele armatura in pelle nera dai toni verde scuro laminati in oro.
Dopodiché afferrò le lame intarsiate, riposte dentro il cassetto del comodino.
“Sii prudente, mi raccomando.”
Pronunciò tramite un’apprensiva raccomandazione, facendo ridacchiare sommessamente il cadetto.
“Non essere melodrammatica, adorabile principessina: so cavarmela in codeste situazioni.”
Affermò il moro, scuotendo il capo all’indietro.
Una morsa protettiva e amorevole l’avvolse interamente: Sigyn si crogiolò nel suo abbraccio, inspirando l’odore di cuoio, libri, menta e muschio selvatico.
Lo scaltro bugiardo della cittadella eterna affondò il volto diafano nella chioma lucente, garantendole che sarebbe tornato.
Uscì dalle sontuose stanze, salutandola con un casto bacio sulle labbra.
Una sorta di visione corse a manifestarsi nella sua testa, raffigurando un drago dalle squame rossastre.
L’orrenda creatura custodiva gelosamente un meraviglioso tesoro all’interno di una grotta.
Cominciò a manifestarsene una seconda, rappresentando una spada d’argento.
In essa era incisa una vasta sequenza di rune.
Dopo aver recitato la formula per far scattare l’apertura, la dama si recò immediatamente a Fensalir.
Frigga decise di convocarla d’urgenza per discutere su una faccenda dalle motivazioni sconosciute.
Attraversò circospetta i giardini reali, giungendo sul posto.
La regina fece cenno di accomodarsi dopo aver atteso il suo arrivo.
“Benvenuta, cara ragazza: gradisci qualcosa?”
Chiese cordiale, versando dell’idromele in due calici di cristallo.
Entrambe sorseggiarono il liquido giallastro, avviando così la conversazione.
“Immagino ti stia chiedendo la ragione per cui sei qui: ebbene, sappi che il tuo segreto con me è al sicuro.”
Assicurò la regnante, riferendosi al matrimonio segreto col Dio dei Misfatti.
“Dunque lei sapeva tutto!”
Stabilì la figlia di Bjorn, rimanendo sbigottita.
“Vi ho osservati a lungo: e quando compresi che mio figlio provasse qualcosa per te, non mi sono affatto tirata indietro.”
Confidò con un sorriso, lasciando intendere che lo stratagemma perpetrato da Loki fosse anche per merito suo.
Sigyn sospirò sollevata, rimuovendo un pesante macigno che le opprimeva il cuore.
Se Odino li avesse scoperti non avrebbero avuto scampo alla sua collera.
Frigga stava correndo un terribile rischio pur essendo la sovrana in questione.
Li avrebbe protetti ad ogni costo, infischiandosene delle conseguenze.
Erano complici di quel principe ribelle che amava dilettarsi nelle proprie furfanterie, imbrogliando il prossimo senza troppi indugi.
Con l’unica differenza che avesse agito per via di un sentimento difficile da pronunciare apertamente.
Un vago desiderio, tramutatosi in vero e proprio amore col passare del tempo.
“Seguimi, Sigyn: devo mostrarti una cosa.”
Disse la donna, conducendola in una galleria colma di quadri esposti.
Mostrò un ritratto in cui raffigurava lei stessa in compagnia dell’affascinante marito, Thor e la loro combriccola di guerrieri.
Costoro erano accompagnati da un impavido combattente, brandendo una spada dell’identico materiale visto nelle sue visioni.
“Chiunque osa rubare il suo prezioso tesoro, Fàfnir aggredisce i poveri malcapitati senza porsi alcun ostacolo. L’unico in grado di risolvere la situazione abita in codesto palazzo da oltre quattro anni.”
Spiegò, indicando con uno sguardo il possessore della lama argentea.
“Chi è costui?”
Domandò la ragazza, curiosa di conoscerne il nome.
“Sigurd: uno dei più valorosi guerrieri che Asgard abbia mai avuto fino ad oggi.”
La Vanir squadrò il dipinto con meticolosa attenzione, ponendole una seconda domanda.
“E la sua spada potrebbe condurci alla salvezza?”
Annuì con la testa, ricevendone l’effettiva risposta.
“Sul drago insorge una maledizione imposta da Odino: la lama non solo spezzerebbe il maleficio, ma potrebbe persino ucciderlo.”
Sentenziò la moglie del Dio dei Corvi, evitando di accennarle altri aneddoti.
Sigyn rimase totalmente spiazzata dalla rivelazione.
“Parlerò con lui personalmente, avvisandolo della faccenda: non permetterò che soccombano per mano di quel mostro.”
Ribatté determinata, desiderosa di partire per l’insidiosa foresta.
“Comprendo a pieno il desiderio di salvarli, ma tu non sei una guerriera: Loki non se lo perdonerebbe mai se ti sacrificassi per la causa.”
Aggiunse la reggente in tono apprensivo.
“È un rischio che bisogna correre per il bene di tutti: lasciatemi partire, ve ne prego.”
Supplicò la bionda, ottenendo il suo consenso dopo vari tentativi.
Si sarebbe resa utile sul campo della guarigione in caso di estrema necessità.
Venne congedata, tornando tra le mura della sfarzosa reggia alla ricerca di Sigurd.
Chiese indicazioni ad alcune ancelle, giungendo davanti una porta decorata in oro massiccio.
Si ritrovò un cavaliere dalla carnagione scura dopo aver bussato.
“Prego, desidera?”
Domandò l’uomo, attendendo risposta.
“Chiedo venia per il disturbo, ma ho bisogno del vostro aiuto.”
Si espresse con una certa fretta, guadagnandosi una replica da parte del soldato.
“E in cosa posso esservi utile?”
Sigyn rispose con innata decisione, spiegando il vero motivo di quella visita di cortesia.
“Una spedizione nel bosco: i miei amici sono in pericolo.”
La replica di Sigurd non tardò a giungere.
“Gira voce che una misteriosa creatura abbia assalito un civile in quelle zone, perciò è per codesto motivo che siete qui?”
La bionda Vanir annuì con la testa, confermandone i sospetti.
“Allora sappiate che addentrarsi sin laggiù sarà rischioso per la vostra incolumità.”
Costei scosse il capo in segno di disappunto, mettendo in chiaro la motivazione della propria scelta.
Come se ne avesse intuito i pensieri, suggerendole di rimanere al sicuro tra le mura dorate della reggia.
“Sono esperta in campo medico, perciò credo sia assolutamente necessaria la mia presenza.”
Puntualizzò colma di determinazione nella voce.
Sigurd indugiò a lungo, riflettendo sulle parole espresse da quell’impavida e giovane ragazza dinnanzi a sé.
Oltretutto credeva di avere a che fare con la moglie del capitano Theoric in persona.
Una bugia ben orchestrata dallo scapestrato Lingua D’Argento e secondogenito della corona asgardiana.
“D’accordo: accetto la proposta. Avete mai ricorso alle armi bianche prima d’ora?”
Interrogò il guerriero, ottenendo risposta da parte sua.
“Ho ricorso all’uso dei pugnali e alcuni attacchi difensivi tramite la magia.”
Essendo l’unica figlia del generale Bjorn, ella era stata costretta ad imparare le nozioni base per legittima difesa.
Ciononostante, Sigyn non avrebbe mai fatto parte di una stirpe di guerriere donne.
Non prediligeva la violenza pur avendo appreso simili tecniche.
Successivamente prepararono l’occorrente necessario per la partenza, recandosi verso gli esterni.
Si addentrarono a Járnviðrr, consci dei pericoli a cui sarebbero stati esposti.
Loki scrutò qualsiasi angolo del bosco, cercando di rimanere in allerta.
I fitti alberi denotavano un’aria lugubre e spettrale.
“Siamo sicuri che sia ancora nei paraggi?”
Esordì Hogun incerto, alludendo alla misteriosa creatura che da tempo spaventava i viandanti.
“Senza dubbio ama nascondersi.”
Constatò il Dio del Tuono, stringendo saldamente tra le mani il fedelissimo martello.
Gli asgardiani proseguirono senza riscontrare risultati efficienti.
In quel momento l’unica donna del gruppo si accorse di alcuni indizi importanti.
Ossia delle vistose macchie rosse, rilasciate sopra il terreno erboso.
“Guardate qua.”
Disse la Dea della Guerra, analizzando le varie tracce di sangue assieme agli altri.
“Credo siano abbastanza recenti: devono per forza appartenere a quel pover’uomo.”
Suppose l’Ingannatore, evitando di distogliere lo sguardo su di esse.
Improvvisamente il tenebroso stregone avvertì un elevato tasso di energia negativa.
Proveniva nientemeno da una grotta, ergendosi davanti ai loro occhi.
Comprese di essere vicino all’obbiettivo, rivelandolo ai presenti.
“Il mostro dev’essere nelle vicinanze: cerchiamo di agire con la massima discrezione.”
Intimò il moro, inoltrandosi per primo all’interno della caverna.
Lo seguirono rassegnati, inconsapevoli a cosa stessero andando incontro.
Percorsero l’antro, finché non udirono il ruggito del presunto animale.
“Ci siamo.”
Avvertì sommessamente il principe cadetto, appostandosi in un angolo.
“Loki, qual è il piano?”
Domandò il fratello maggiore, desideroso di passare all’azione.
“Sederemo l’animale tramite il filtro per poi sopprimerlo.”
Tagliò corto il Fabbricante di Bugie, evocando l’ampolla dalla propria mano.
“Sicuro che funzionerà?”
Titubò il primogenito di Asgard, timoroso per le sorti del più piccolo.
L’altro scosse il capo bruno, ribattendo alle sue parole.
“I tuoi dubbi sono alquanto giustificabili fratello, ma stai pur certo che ne uscirò incolume.”
Rassicurò fermo e deciso, ricorrendo all’invisibilità.
Dopodiché attivò il teletrasporto, avanzando lentamente verso la bestia.
Ella era circondata da uno sfavillante e bellissimo tesoro.
Antiche armi e reliquie erano esposte, lasciando intendere che ne fosse il guardiano.
L’Ase constatò chi avesse davvero di fronte: una leggenda divenuta realtà, costituita da terribili aneddoti.
Un racconto adatto per spaventare i bambini, placando così i loro capricci.
Frigga dovette narrare tale vicenda per fermare un litigio tra i suoi amati figli.
Quando erano solo due pargoli pestiferi e innocenti, noncuranti delle battaglie che da tempo immemore affliggevano i Nove Regni.
Estrasse un ago dalla casacca nera per iniettare il veleno dentro la pelle squamosa dell’orrida creatura, non tenendo conto di un unico fattore.
Il suddetto si accorse dell’intruso attraverso l’oscuro maleficio.
Un terribile incantesimo imposto dal Padre degli Dei diversi eoni prima.
Osò voltarsi verso il temibile bugiardo della cittadella dorata, emettendo una serie di ruggiti.
Un imprevisto che gli sarebbe stato fatale se non si fosse allontanato con sveltezza.
Era riuscito a farsi scoprire come un povero principiante, maledicendosi per il fatale errore commesso.
Agire con inettitudine non era nella propria natura.
Il che era alquanto strano e insolito per uno del suo calibro.
Per secoli si era dedicato ad intensi studi sul Seiðr, imparandone le singole sfaccettature.
Suppose di aver a che fare con un sortilegio proibito.
Arti oscure, bandite da ogni libro di magia esistente.
Thor ricorse all’utilizzo di Mjolnir, provando a scagliarlo in direzione della bestia.
Fallì nel tentativo, suscitandone l’ira.
“Idea geniale, fratello: adesso periremo tutti quanti per colpa tua.”
Accusò il minore attraverso un ringhio.
“Da che pulpito viene la predica: il famigerato Dio dell’Inganno che si lascia cogliere di sorpresa come uno sciocco qualsiasi.”
Accusò di rimando, accigliando gli occhi per l’offesa ricevuta.
“Piantatela di litigare come mocciosi: abbiamo questioni più urgenti da risolvere.”
Intervenne Sif con fare materno, estraendo la propria spada.
La nuova minaccia da fronteggiare si rivelò un enorme e possente drago dalle scaglie scarlatte.
Spiegò le grandi ali, tentando di assalirli.
Un bagliore smeraldino li avvolse per intero, catapultandoli alla parte inferiore della tana.
Affrontarlo si sarebbe rivelato arduo.
Il Signore dei Tuoni richiamò il prezioso manufatto, pronto ad attaccare.
“Thor, aspetta!”
Richiamò Loki a gran voce, intento a riferirgli della recente scoperta.
Egli si voltò di scatto, provando a comprendere tale ammonimento.
“Ucciderlo riscontrerà vani risultati.”
Spiegò brevemente, attivando nel frattempo una barriera protettiva.
“Che intendi dire?”
Chiese il Tonante, inarcando un sopracciglio.
“Rammenti tuttora la leggenda di Fàfnir, nevvero?”
Thor annuì, cogliendo a pieno il significato della sua frase.
Erano al cospetto di una leggendaria creatura quanto pericolosa.
Il mostro da cui bisognava mettere in guardia i ragazzini.
“Non è possibile.”
Borbottò incredulo, sgranando le gemme azzurre per lo sconvolgimento.
“Quindi cosa facciamo?”
Domandò Fandral in attesa di un piano efficace per sconfiggerlo.
Il Dio dalla chioma bionda stette per replicare, quando improvvisamente una lama trafisse il fianco destro del drago.
Lancinanti grida di dolore si infransero in ogni angolo dell’antro, facendolo precipitare al suolo.
Loki fu costretto a rimuovere lo scudo, voltandosi nella direzione opposta.
Due figure incappucciate di nero effettuarono la loro comparsa, avanzando verso i presenti.
Furono lesti a ringraziare i presunti salvatori, chiedendo poi di identificarsi.
Costoro eseguirono, rivelando dei volti familiari.
Il figlio minore della casata degli Asi assunse un’aria sbigottita mista a rimprovero...la donna a cui teneva stava rischiando fin troppo.
Aveva violato gli ordini, infischiandosene delle conseguenze.
La chiamò in disparte, non accorgendosi delle occhiate sospettose lanciate dalla Dea della Guerra.
“Non dovresti essere qui: stai mettendo a repentaglio le nostre vite.”
Sibilò sottovoce, guardandola in cagnesco.
“Potrei esservi utile se il concetto non ti è chiaro: sai bene che me la cavo egregiamente in campo medico...d’altronde sono qui anche per merito di Frigga; mi ha narrato ogni cosa.”
Dichiarò nello stesso identico tono.
Lasciò intendere che fosse a conoscenza dei dettagli del suo folle piano per renderla come sua sposa.
Tornarono indietro, notando che Fàfnir si fosse ripreso dal colpo inflitto.
Iniziò a sputare vaste lingue di fuoco per sbarazzarsi degli impiastri che si azzardarono a violare la sua dimora.
Avrebbe protetto tali ricchezze con qualunque mezzo disponibile.
I guerrieri di Asgard riuscirono nell’intento, schivandole in maniera esemplare.
Thor accumulò una sufficiente quantità di fulmini, bersagliando il nemico.
Loki corse in suo aiuto, recitando un paio di rune per rallentarlo.
Il metodo si rivelò abbastanza inefficace, costringendo il drago ad assaltarli.
Volstagg ricorse all’ascia, tentando di trattenerlo: la lama fece pressione sopra le zanne dell’avversario per diversi minuti.
Costui serrò i denti per lo sforzo, faticando nell’impresa.
Il Voluminoso fu scaraventato a terra con violenza, battendo il capo.
Tuttavia non perse i sensi, tentando di reggersi in piedi.
Hogun provò a ledere la bestia tramite la mazza chiodata senza recargli alcun graffio.
Gli occhi del rettile emanarono una scintilla di puro odio, scaturendone la furia.
Sfoderò gli artigli, gettando il guerriero malamente sul terreno roccioso.
Rimase ferito nella lotta in maniera grave, sforzandosi di tenere gli occhi aperti.
Sigurd si accorse della scena, ordinando al resto della squadra di battere in ritirata.
La lama d’argento sfregiò una delle zampe, costringendo l’orrida creatura a fuggire.
Si radunarono attorno al malcapitato, assumendo sguardi sbigottiti.
“Resisti, amico mio: presto sarai al sicuro.”
Garantì il primogenito della casata reale, sollevando il Fosco da terra e infine tenendolo sottobraccio.
Un bagliore smeraldino li condusse fuori dalla grotta, alla ricerca di un rifugio.
“Converrebbe rispedirlo a Valaskjalf, necessitando di urgenti cure mediche. Non potrà resistere ancora per molto.”
Propose Lady Sif, preoccupata per le sorti del compagno d’arme.
“Nostro padre è stato chiaro a riguardo: finché non neutralizziamo l’animale, varcarne l’ingresso sarà proibito.”
Ribatté risoluto l’Ingannatore, guadagnandosi un’occhiata arcigna da parte della guerriera.
“Conosco un luogo dove potremmo passare le ore notturne in attesa di un piano efficace.”
Aggiunse l’Ase dalla capigliatura corvina, lasciando intendere che avesse calcolato qualsiasi minuzia per la loro incolumità.
Usufruì nuovamente del Seiðr, spedendoli dinnanzi un’antica costruzione in uru e ossidiana nera.
Essa era costituita da un portone in ferro battuto, circondata da un rigoglioso giardino.
“Ho comperato tale residenza diversi mesi addietro: prego, fate come se foste a casa vostra.”
Proferì il proprietario, protendo teatralmente le braccia.
Materializzò dalle proprie mani un mazzo di chiavi, girando infine il chiavistello.
L’entrata rivelò un ambiente dai toni accurati ed eleganti; ossia un’abitazione a due piani con ogni genere di comfort possibile.
Dopo essere entrati nell’apposita stanza, Hogun venne deposto sopra il lettino per necessitare delle cure necessarie.
Sigyn non perse tempo a estrarre i medicinali dalla sacca, avviando il processo di guarigione.
La fronte imperlata di sudore lasciò intuire che la temperatura corporea fosse salita a causa della febbre.
Loki non esitò a riempire il bacile d’acqua, imbevendone il panno.
Avanzò verso di lei, passandole la pezza umida.
“Perché hai preferito dare ascolto all’imprudenza? Avresti dovuto rimanere al sicuro.”
Domandò con aria di rimprovero, focalizzandosi sulla terribile lacerazione che affliggeva il Vanir.
Il suddetto emise un lieve lamento di dolore.
“Non sei l’unico ad avere un debole per l’avventura: credevi che sarei rimasta buona ad aspettarti come solo una brava mogliettina saprebbe fare? Tengo a te e a tuo fratello più di chiunque altro, dovresti saperlo. Inoltre non amo lasciare in difficoltà un abitante della mia terra natia...una mano in più vi farebbe comodo.”
Spiegò determinata con una venatura di decisione nella voce, stupendo il principe cadetto degli ��sir.
Se c’era una cosa che gli stava particolarmente a cuore, senza dubbio era il suo notevole coraggio.
Una caratteristica che ebbe la maniera di trascinarlo in un sentiero di assoluta seduzione.
L’aveva scelta con la scusa di passare piacevoli momenti con lei, per poi scoprire di provare qualcosa di più profondo e veritiero.
Un rapporto duraturo dove gli inganni e i tradimenti escogitati dal Dio sarebbero passati in secondo piano.
Non era in grado di recarle un simile torto e lo sapeva bene.
Riusciva a placare gli oscuri istinti di una divinità selvaggia, crudele e manipolatrice senza rendersene conto.
“Comprendo a pieno le tue motivazioni, ma hai rischiato grosso a palesarti fin qui. D’altronde se il nostro segreto venisse scoperto, Padre Tutto non sarà affatto clemente.”
Riprese il Dio del Caos, temendo per le loro sorti: una terribile condizione che non giovava a nessuno dei due.
Costretti a vivere una storia d’amore non alla luce del sole, nascondendosi come ladri dopo aver compiuto un grave reato.
Macchiarsi di una colpevolezza a cui non volevano rinunciare.
Persino la complicità di Frigga era in pericolo, eppure non si pose alcun ostacolo a lasciarli liberi di amarsi.
I vicoli matrimoniali erano inerenti al proprio titolo del resto.
“Se mai dovesse capitare una situazione del genere, sappi che l’affronteremo insieme. Tuttavia confido nella tua scaltrezza, Dio degli Inganni.”
Sorpreso da quella replica colma di fiducia, Loki stampò le sottili labbra sopra le sue.
Un bacio tenero e innocente col solo scopo di esserle grato.
Ultimato di occuparsi delle condizioni del Fosco, i due coniugi si spostarono nella sala da pranzo per mettere qualcosa sotto i denti.
Thor e gli altri rincasarono dopo una battuta di caccia, costituita da due cinghiali di grossa taglia.
Volstagg fu lesto ad arrostirne uno nel caminetto della cucina.
All’interno dell’abitazione aleggiava un ottimo profumo.
Il Padrone delle Saette non perse tempo a chiedere dello stato di salute dell’amico, esternandone la preoccupazione.
Ambedue lo rassicurarono che ben presto si sarebbe ristabilito, necessitando di assoluto riposo.
“Deduco che Fàfnir non sia solo frutto di una leggenda, nevvero?”
Domandò di getto l’Ingannatore, lucidando la propria posata col tovagliolo.
Tale interrogatorio era nientemeno che rivolto nei riguardi di Sigurd.
La risposta del misterioso guerriero non tardò a giungere.
“Corretto, vostra maestà: tale arma mi è stata tramandata dalla mia famiglia in proposito.”
Disse, riferendosi alla lama d’argento con cui era solito fronteggiare i nemici.
Una storia costituita da aneddoti terribili, inerenti ai suoi familiari.
In particolar modo il padre e lo zio di quest’ultimo.
“Vedo che sai molte cose sul suo conto.”
Interferì il primogenito dei sovrani della cittadella d’oro, intuendo che ne fosse al corrente.
“Sono suo nipote.”
Rivelò gelido e al contempo atono, lasciando di stucco i presenti.
“Si è guadagnato una cattiva reputazione per colpa della sua estrema avidità, infischiandosene dei suoi fratelli.”
Aggiunse con una nota nervosa nella vocalità.
“Quindi hai discendenze nibelunghe!”
Esclamò Fandral, stupito dalla rivelazione appena udita.
“In parte.”
Affermò il giovane combattente, confermandone la reale discendenza.
“I Nibelunghi sono abili lavoratori del ferro e avidi cacciatori di tesori, non mi stupisce che Fàfnir continui a custodirlo gelosamente dopo codesti secoli.”
Spiegò con lieve erudizione il Fabbricante di Bugie, argomentando col solito tono di chi la sapeva lunga.
D’altronde non aveva tutti i torti: per millenni avevano saccheggiato i Nove Regni pur di impadronirsene.
Ottenere persino svariati ninnoli di poco valore.
Il clan capitanato da Reginn Völsung per diversi e lunghi anni si era opposto al continuo rubare dei preziosi monili, ricavando solamente una lunga serie di sconfitte.
Fàfnir accecato dall’avarizia come il resto del suo popolo avviò una protesta contro il fratello, mettendo ferro e fuoco alla cittadella dei fierissimi e indomiti Asgardiani.
Il suddetto ricevette un’esemplare punizione da parte del Padre degli Dei, trasformandolo in un rettile di mastodontiche dimensioni e confinato nei pressi della foresta di Járnviðrr.
Scoprendo l’esistenza di un vastissimo e assortito tesoro, egli si proclamò l’assoluto guardiano del luogo.
Gli era costato l’esilio, guadagnando infine una buona dose di fortuna.
Neutralizzarlo si sarebbe rivelato arduo, ma non impossibile.
Avrebbero atteso un paio di giorni per ideare un ottimo piano e permettere ad Hogun di guarire dalla sua convalescenza.
Sarebbe divenuto un lontano ricordo narrato dai bardi, descritto come una delle imprese più audaci di sempre.
Un mito scritto nei molteplici libri che affollavano la vasta biblioteca di Asgard e i restanti otto regni.
Al calar della sera, Loki e Sigyn diedero una scrupolosa occhiata al paziente per verificare se la sua salute avesse subìto miglioramenti.
La temperatura corporea non si era del tutto abbassata, eppure era evidente che stesse diminuendo.
Merito dei medicinali e le potenti arti magiche a scopo curativo.
“Come sta?”
Chiese preoccupata e con un velo di apprensione.
“La febbre non è del tutto scesa, eppure sembra stia subendo un netto miglioramento. Credo sia saggio lasciarlo riposare.”
Suggerì l’ombroso Dio delle Malefatte, avviandosi verso la stanza adiacente dove avrebbe passato il resto della notte.
Provò a raggiungerlo, venendo fermata dal consorte.
“Non possiamo, Sigyn: per quanto desideri godere della tua dolce compagnia, non possiamo dare troppo nell’occhio.”
Intimò lievemente dispiaciuto, limitandosi soltanto a baciarle una guancia.
Costei annuì col capo, uscendo dalla camera.
Lungo il tragitto ebbe modo di incontrare la scomoda e sgradevole presenza della guerriera, provando un enorme disagio.
Quella donna riusciva sempre a metterla in soggezione a causa delle sue occhiate gelide e guardinghe nei confronti di chiunque.
“Dobbiamo parlare.”
Le rivolse astiosa, quasi inquisitoria.
Sigyn assottigliò le iridi azzurre, inarcando un sopracciglio.
“Perché Theoric non è con te? Perché lasciar correre un rischio così grande alla propria moglie, essendo ben conscio dei pericoli presenti in questi luoghi? Ho come l’impressione che tu stia nascondendo qualcosa. Il rapporto instaurato con Loki non è affatto convincente.”
Incalzò sospettosa e colma di palese ostilità nei confronti della Vanir.
“Theoric è partito per una spedizione a Nornheim qualche giorno addietro su richiesta di Odino. Posso benissimo cavarmela senza il suo aiuto, non ho bisogno di una balia.”
Precisò la dama, ostentando un’innata sicurezza.
Sif rimase stupita dalla risposta: comprese a pieno quanta forza albergasse in quella giovane ragazza dall’aspetto etereo.
“In quanto a Loki potrebbe far comodo una valida assistente in campo medico, posso garantirtelo.”
Aggiunse prontamente, non lasciandosi intimidire.
“E Sigurd?”
Domandò ancora la bruna, mantenendo la stessa tonalità.
“Ordini dall’alto.”
Disse semplicemente, alludendo alla sovrana di Asgard.
Si apprestò a lasciare il corridoio non prima di rivolgerle un ultimo avvertimento.
“Attenta, Sigyn: se solo ti azzardi a prendermi in giro, le conseguenze saranno spiacevoli per entrambi.”
Una minaccia che la fece impallidire, costringendola comunque a celare il suo vero stato d’animo.
Era chiaro che si stesse riferendo a Loki, ma le avrebbe dimostrato il contrario.
Detestava avere paura: essere debole dinnanzi all’evidenza non rientrava nei programmi della fanciulla.
Giunse all’alloggio destinato a lei, coricandosi supina sul letto.
Un’orda di pensieri la investì puntuale.
Essi riguardavano gli ultimi accadimenti.
Non riuscì a prendere sonno, nonostante i tentativi a vuoto: necessitava di trarre conforto tra le braccia dell’uomo che amava.
Sgattaiolò dalla stanza, scrutando attentamente l'ampio andito.
Non c'era nessuno a sorvegliare i vari angoli.
Dovette ritenersi fortunata in ciò: era conscia del pericolo che stesse correndo.
Avanzò lenta in direzione della porta, notando che fosse socchiusa.
Lo vide poggiato sullo scrittoio, intento a leggere appunti.
Si avvicinò a passi docili, credendo di non essere vista.
“Dovresti essere a riposo nelle tue stanze.”
Un suggerimento che avrebbe dovuto seguire alla lettera, decidendo infine di ignorarlo.
“Non riesco a dormire.”
Dichiarò la ragazza, accennando un piccolo sorriso per alleggerire la tensione.
L’Ase sospirò rassegnato, chiudendo il tomo cosparso dalle singole scartoffie.
Gli si affiancò da dietro, poggiando una mano sulla spalla.
Una fugace carezza col solo scopo di rilassarlo.
“Anche tu dovresti riposare, amore mio.”
Consigliò dolcemente, inspirando l’odore di cuoio e inchiostro.
Loki si beò di quel piacevole contatto, annuendo alle sue parole.
Dopodiché si alzò dalla sedia, voltandosi verso la graziosa moglie dalla capigliatura dorata.
La maestosa e imponente altezza del principe osò sovrastarla.
Adorava sottoporla ai suoi sguardi intensi e penetranti per incuterle timore.
Arrossì violentemente, sostenendo quelle occhiate letali e serpentine.
Posò le delicate e piccole dita sopra il petto del corvino, esternando il desiderio di rimanergli accanto.
“Ho bisogno di te, Loki: permettimi di rimanere.”
Una preghiera che avrebbe esaudito di lì a poco.
“Non hai paura delle conseguenze che ne possano scaturire? Temere di perdere ciò a cui tieni di più?”
Mormorò esitante, accentuando il punto interrogativo.
Scosse il capo chiaro, fidandosi dei suoi istinti: fu lesta a stringere le affusolate mani del mago, infondendogli maggiore conforto.
“Fidati di me.”
Garantì sicura di sé, afferrandogli il volto per baciarlo.
Si lasciò trasportare da quella dimostrazione amorosa, assecondandola volentieri.
Scoprirono di bramare qualcosa di più profondo, annegando nel vortice della passionalità.
Un turbine costituito da caos e follia in forma erotica e travolgente.
La lussuria pervase i corpi dei due amanti, costringendoli a spogliarsi dei loro rispettivi vestiari.
Si cercarono con un’urgenza tale, perdendosi nei sentieri più oscuri e proibiti della libidine.
Come se fosse l’ultima volta, amandosi in maniera disperata.
Sensazioni che sperimentarono varie volte fin dai tempi della relazione clandestina, assumendo sfumature diverse.
Una trasgressione a cui non avrebbero rinunciato neppure allora.
Raggiunto il culmine del piacere, entrambi si ritrovarono ansanti e sudati con le lenzuola sfatte.
Ebbero modo di possedersi in maniera selvaggia e violenta, lasciandoli stremati ed appagati.
Dopodiché si strinsero l’una tra le braccia dell’altro, scambiandosi tenere effusioni.
“Non avresti mai rinunciato ad una piacevole notte d’amore con me, ti conosco bene.”
Proferì divertita, guardandolo dritto nelle iridi verdi e sagaci.
Loki emise un risolino, baciandola nuovamente sulle labbra.
“Non sono bravo con le rinunce, te lo concedo: d’altronde adoro soddisfare i miei istinti.”
Ghignò malizioso e suadente, tentandola ad agognare per l’ennesima volta quel corpo asciutto e tonico.
Un fisico forgiatosi nel susseguirsi delle secolari battaglie, rendendolo attraente ed invitante ai suoi occhi.
La luce fioca della candela non aiutava di certo a distogliere lo sguardo verso l’affascinante divinità che le giaceva affianco.
Sopraggiunse la voglia di riaverlo, avvertendo un fremito basso.
Egli se ne accorse, depositandole una lunga scia di baci sopra il ventre.
La donna inarcò la schiena, gemendo sommessamente.
Fu ardente, avido e goloso.
L’amò senza sosta, donandole persino il suo gelido cuore.
Aveva ceduto ad un sentimento che tuttora faticava a pronunciare liberamente, dimostrando però di non essere pentito.
Forse l’aveva amata ancor prima di decretarla come sua amante nel giorno del Solstizio.
Quando compì l’azzardo di recarle il crudele scherzo inerente all’illusione della serpe.
Era affascinato da lei sotto ogni aspetto, inclusa la temerarietà con cui agiva.
Il sonno li colse dopo aver consumato il secondo amplesso, attendendo l’alba successiva.
Neutralizzare Fàfnir avrebbe richiesto la massima lucidità e concentrazione.
I raggi del sole nascente riflessero attraverso le superfici vetrate, svegliando il cadetto.
Le brillanti gemme si aprirono, costringendolo a stropicciarsele.
Dopodiché cominciò ad osservare la sua graziosissima moglie, sorridendo appena.
Molte volte si era ritrovato a guardarla in quello stato, intenerendosi inconsapevolmente.
Ancora dormiente, Loki osò chinarsi per depositarle un dolce bacio sulle ciocche seriche e brillanti come l’oro che adornava la capitale asgardiana.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile nel sonno, svegliandosi poco a poco.
Le gemme turchesi della dama si permisero di incantarlo, nonostante dimostrasse un’impassibilità e una freddezza fuori del comune.
Si diedero il reciproco buongiorno, stampando le proprie labbra in un bacio ricolmo di affetto.
Furono rapidi a vestirsi tramite la magia per non destare alcun sospetto, scendendo infine al pian terreno per la colazione.
Ciò avvenne non appena conclusero di dare una veloce occhiata sulle condizioni del guerriero Vanir.
Sembrava stesse migliorando a giudicare dall’aspetto meno pallido e più colorito del giorno precedente.
Sopra il tavolo si trovavano esposti diversi vassoi pieni di frutta.
Essi erano accompagnati da alcune fette di pane, guarnite da squisita marmellata.
Fu Fandral a preparare l’occorrente con l’aiuto di Sif e Sigurd: quest’ultimo si era ben fornito di varie provviste, prima della partenza.
“Buongiorno, ragazzi!”
Salutò gioviale il Dio del Fulmine, accentuando l’esclamazione.
Costui fu l’ultimo a palesarsi dopo aver effettuato un sopralluogo nelle vicinanze.
Temeva che il drago potesse presentarsi al loro momentaneo nascondiglio per vendetta o chissà cos’altro.
Essi salutarono di rimando, prendendo posto attorno al tavolo.
“Hogun come sta?”
Domandò Volstagg, addentando il proprio pezzo con una certa voracità.
“Meglio di quanto ci aspettassimo: i filtri medici hanno cominciato a fare effetto entro codesta mattina.”
Sentenziò asciutto il principe minore, comunicandone i risultati.
Si rincuorarono in pochi istanti appena udirono la buona notizia nei riguardi del compagno.
Tra qualche mese sarebbe tornato come nuovo, lottando al fianco dei suoi più fedeli compagni nonché amici di lunga data.
La temporanea quiete venne disturbata da un improvviso e familiare battito d’ali proveniente dall’esterno.
Avanzò a grandi falcate verso l’abitazione, obbligandoli a recarsi in giardino.
In lontananza scorsero Fàfnir, eseguendo una serie di movimenti discontinui per via del colpo inflitto.
Atterrò goffamente sulla distesa erbosa, dedicando a ciascuno di essi occhiate maligne che non promettevano nulla di buono.
“È meraviglioso vedervi tutti qui riuniti; a confabulare su una mia ipotetica disfatta. Tuttavia sarò obbligato a ridurvi in cenere...a meno che non abbiate qualcosa da offrirmi in cambio delle vostre miserabili vite.”
Esordì con la sua voce grave, proponendo uno spiacevole accordo.
Sigurd strinse la lama d’argento in maniera salda, serrando la mascella.
“Mio adorato nipote! È un piacere rivederti. Che ne diresti di consegnarmi la tua preziosissima spada per la vostra incolumità? Potrebbe rivelarsi un’offerta vantaggiosa.”
Sorrise perfidamente, attendendo risposta.
“Che cosa vuoi, Fàfnir? Essere l’assoluto custode di quel maledetto tesoro non ti basta?”
Non si sarebbe mai degnato di ritenerlo come suo zio: troppo dolore da doversi trascinare dietro per l’eternità.
Gli occhi di brace si posarono sull’esile figuretta di Sigyn, decidendo di cambiare le carte in tavola.
Una modifica repentina in modo tale da mettere alla prova l’arguta tempra del Dio dell’Inganno.
Capì che quell’adorabile donzella fosse oggetto di interesse da parte dello spregiudicato Ase, considerandola come un intrigante mezzo per i progetti futuri.
Rubare la più sacra reliquia appartenente a Lingua D’Argento si sarebbe rivelato un capriccio da soddisfare a qualunque costo.
Aveva sentito nominare di quello scapestrato giovane dai capelli neri e i tratti affilati e duri; delle audaci imprese vissute assieme al nobilissimo ed eroico fratello dalla chioma lucente così simile al sole che irradiava le guglie della straordinaria città dorata e assoluta capitale dei nove mondi situati sopra l’Yggdrasill.
Un gesto tanto sfizioso quanto avventato.
Conosceva abbastanza sul conto di Loki da sapere persino dell’eccessiva gelosia che gli infiammava lo spirito.
Sarebbe stato divertente sfidare la spaventosa razionalità che contraddistingueva il famigerato manipolatore dal resto degli Æsir.
“Inoltre desidero qualcos’altro da parte dei fierissimi Asgardiani: l’anello debole della squadra, la graziosissima fanciulla dai capelli biondi che vi ostinate tanto a proteggere.”
Ghignò crudele, denotando una nota divertita nello sguardo scarlatto e sinistro.
La Dea della Fedeltà impallidì al solo pensiero di essere oggetto delle sue atrocità, spalancando le pupille azzurre per lo sdegno.
Ideò l’unica soluzione per non metterli a repentaglio: una scelta non gradita, ma necessaria.
“Accetto.”
Disse tramite una tonalità risoluta, volgendo infine un’ultima occhiata nei riguardi dei guerrieri.
Thor si accigliò, protestando all’idea che stesse per commettere un’imprudenza.
Loki predisse l’astuta mossa, intimandolo a rimanere dove fosse.
Un ordine silenzioso che non ammetteva repliche.
Espressioni di puro sconcerto si dipinsero sui loro visi, desiderosi di fermarla.
Per quanto l’Ingannatore si sforzasse a mantenere l’impassibilità, fu difficile manifestarne l’indifferenza.
Si fidava della sua lungimiranza, dovendo però tener conto che non potesse rischiare ancora.
Consegnarsi a Fàfnir era pericoloso, un atto di sconsideratezza: eppure le stava riponendo la massima fiducia.
Sottrarre ciò che gli spettasse di diritto era nientemeno che il peggiore degli affronti.
Se ne sarebbe pentito amaramente, perendo per mano sua.
Con un gesto della mano, Sigyn ordinò a Sigurd di consegnarle la spada.
Annuì porgendole l’arma, temendo per le sorti della ragazza.
I grandi artigli delle sue zampe osarono afferrarla, spiegando le ali per alzarsi in volo.
Scomparvero all’orizzonte, lasciandoli sbigottiti e impotenti.
Rientrarono alla residenza, assaporando l’amaro retrogusto della sconfitta.
“Perché non l’hai fermata? Ha commesso la peggiore delle imprudenze.”
Accusò il Tonante, chiamandolo in disparte.
“Mia moglie non è una sprovveduta, sa quello che fa.”
Ribatté a bassa voce per non farsi udire da nessuno.
“Vedi di rispondere sinceramente, fratello: ti fidi di lei?”
Domandò deciso, guadagnandosi una risposta d’assenso.
Era determinato a fargliela pagare, ardendo ad un’uccisione lenta e dolorosa.
“Allora confido nella tua arguzia e sagacia: è arrivato il momento di pareggiare i conti.”
Annunciò con innata fermezza, tornando alla sala comune in compagnia del minore.
Si riunirono attorno alla tavola, discutendo il da farsi.
“Come ben sappiamo, Fàfnir percepisce la presenza di chiunque grazie al sortilegio lanciato da nostro padre. L’unico modo per incastrarlo è ricorrere ad un incantesimo di occultamento.”
Spiegò il maggiore della casata reale, voltandosi in direzione di Loki.
“Ho avuto modo di studiare ogni singola sfumatura del Seiðr in codesti secoli, cimentandomi persino nelle arti proibite. Ebbene, credo di aver compreso tale fonte d’origine per neutralizzarlo. Basterà pronunciare una corretta combinazione runica, decretandone così l’annullamento.”
Illustrò erudito con una piccola nota di saccenteria.
Padre Tutto aveva preso diverse precauzioni per rendere l’incantesimo sempre più efficace.
“Perciò non sarà necessario rendersi invisibili ai suoi occhi.”
Constatò Sigurd, tamburellando le dita sopra la superficie legnosa del tavolo.
La tenebrosa divinità si limitò ad annuire con un solo cenno della testa.
“E chi si occuperà di Hogun nel frattempo?”
Interferì Sif, intrufolandosi nel discorso.
“Sarai tu stessa ad occupartene.”
Impartì il Dio dei Tuoni.
“D’accordo.”
Acconsentì la bruna senza fiatare.
“Inoltre bisogna trovare una maniera per recuperare Gramr: senza di essa non possiamo ucciderlo.”
Riprese Sigurd, riferendosi alla propria arma.
Conclusa la riunione d’emergenza, Loki li esortò a disporsi in cerchio.
Ciò avvenne dopo aver rivolto dei lesti saluti nei confronti della combattente.
Utilizzare il teletrasporto si sarebbe rivelato utile per fare più in fretta.
Giunti alla caverna, i cinque si appartarono in un angolo, permettendo al Fabbricante di Bugie di attuare l'incantesimo prefissato.
Una serie di rune verdastre e luminose comparve dinnanzi a loro, roteando su sé stesse.
La rispettiva formula venne pronunciata in lingua antica, portando a compimento il processo.
Erano finalmente liberi di proseguire.
Perlustrarono gli angoli del perimetro con aria circospetta e cautelosa.
Percorsero una gran parte del tragitto, finché l’udire di alcune voci familiari non arrestò i passi appena svolti.
Le iridi rapaci del principe cadetto si posarono sulle figure di Sigyn e Fàfnir, immersi in un’accesa conversazione.
Una lite scaturita dallo stesso rettile a cui l’Amica della Vittoria stava riuscendo a tenere testa.
Egli si rincuorò a vederla ancora integra, desideroso di passare all’azione per trarla in salvo.
“I miei amici ti faranno fuori in un batter d’occhio, è solo questione di tempo.”
Alla battuta della giovane, il drago dalle scaglie di fuoco cominciò a sogghignare malignamente.
“Ne sei convinta, ragazzina? Senza la spada non potranno far altro che sperare nella benevolenza da parte delle Norne.”
Rispose con convinzione, credendo di avere la vittoria in tasca.
“E poi mi accorgerei della loro insignificante presenza senza ostacolo alcuno.”
Aggiunse mantenendo l’identica totalità vocale, evitando di considerare un fattore molto importante.
“Ti consiglio vivamente di scegliere le prossime parole con massima accuratezza.”
Proferì il Dio degli Inganni alle sue spalle, sfoggiando la solita fierezza e alterigia.
Il nibelungo dalle sembianze animalesche si stupì nel vederlo dinnanzi a sé insieme al fratello e i restanti guerrieri.
Lo aveva sottovalutato fin troppo.
Sigyn accennò a costoro un lieve sorriso.
“Potremmo anche disporre di tutta la loro benevolenza, ma rammenta spesso che siamo noi ad essere gli assoluti artefici del nostro destino.”
Continuò, avanzando lento e felino verso i presenti.
“Quanta saggezza da parte di uno sciocco principino, devo ammetterlo. Tuttavia non basteranno delle frasi così accurate per mettermi fuori gioco, te lo garantisco.”
Ruggì, spalancando successivamente le fauci per sputare lingue fiammeggianti e roventi.
Loki attivò una barriera dai riflessi verdi, proteggendo i compagni.
Accorgendosi dell’eventuale distrazione, la Vanir afferrò Gramr per impugnarla strettamente.
Fu lesta a sgattaiolare via, cercando un apposito riparo.
Disattivato lo scudo, la suddetta chiamò Sigurd a gran voce per lanciargliela.
Riuscì a prenderla al volo, pronto ad ultimare la disputa tra lui e l’infido parente in modo definitivo.
Sigyn non perse tempo a rimanere appostata dietro al gruppo, rimanendo al sicuro.
Nonostante fosse contraria alla violenza, non si sarebbe scomodata a fronteggiare una causa di tale portata.
Avrebbe fatto il possibile per aiutarli, rischiando persino la propria vita se necessario.
Ingaggiarono un combattimento senz’alcun moto d’arresto, bersagliandolo con ogni mezzo disponibile.
Fàfnir era in netto svantaggio, ciononostante li stesse contrastando privo di ostacoli.
Thor richiamò Mjolnir a sé, bramoso di fracassargli il cranio.
Incanalò una vasta gamma di fulmini, illuminando il passaggio della grotta.
Incenerirlo era il suo obbiettivo principale, procedendo con lo scagliare delle saette.
Il tentativo gli fu vano, correndo il rischio di essere assalito dalla bestia.
Un lampo smeraldino lo lese dall’alto, cogliendolo alla sprovvista.
Loki giunse in suo soccorso dopo aver affidato l’amata consorte nelle mani di Fandral e Volstagg.
Fu un meraviglioso spettacolo vedere all’opera gli spietati figli di Odino, affiancati da Sigurd.
Sfoderarono le loro carte vincenti, costituite da forza bruta e magia.
Il subdolo truffatore recitò vari incantesimi runici, indebolendo il nemico.
Un metodo per rallentarlo e permettere a Sigurd di attaccare al momento opportuno.
L’orrido mostro deviò il colpo successivo, volando a bassa quota: tale cambio di programma non era previsto.
Era intenzionato a colpire gli avversari in lontananza, intercettando come suo primo bersaglio la dama bionda.
Procurare uno sgarro al più astuto e bugiardo tra gli Dei di Asgard era una reale motivazione per fargliela pagare.
Loki si mosse agile e frettoloso, sperando di infonderle protezione.
Dovette bloccarsi alla vista di una scena inaspettata: Sigyn scatenò il pieno potere del Seiðr, scaraventandolo dritto al suolo.
Cadde supino, battendo il capo violentemente sulla massa rocciosa.
Venne assalito dalla stessa Dea, poco prima che potesse rialzarsi.
Ella evocò un pugnale, trafiggendolo al ventre.
Trapassò la carne, sibilando frasi colme di rabbia e minaccia.
“Hai ucciso gente innocente per delle stupide pietre di poco valore; sottrarmi a chi tengo di più per un tuo sciocco capriccio. Ti pentirai di averlo fatto.”
Comprese a fondo che non era una semplice bambolina per distrarre i guerrieri, consolandoli con dolci premure a scopo curativo.
Possedeva un immenso valore come persona, come donna e divinità.
Dopodiché lasciò spazio a Sigurd per concludere quell’assurda faccenda.
“Cos…cos’hai da dire in proposito, mio caro nipote?”
Domandò flebile, ormai morente.
“Non sei mio zio: non lo sei mai stato.”
Sancì con le lacrime agli occhi, dandogli il colpo di grazia.
La spada precipitò a terra, producendo un tonfo metallico.
Gli abiti si macchiarono di sangue; il sangue di colui che aveva oltraggiato il proprio clan per avarizia.
La malìa si spezzò, presentando il reale aspetto di Fàfnir.
Era riverso sopra l’asfalto, lacerato e privo di vita.
Senza dubbio non meritava una degna sepoltura, tantomeno bruciare il suo corpo su una pira.
Loki ne mutò la forma nanica, trasformandolo in un detrito.
Ossia il finale perfetto per un essere di quel calibro.
Rincasarono nel primo pomeriggio, venendo accolti da Sif.
Comunicò che Hogun fosse sveglio, ma non ancora del tutto cosciente.
Si sarebbe ristabilito col passare dei giorni e dei mesi.
Vennero medicati a turno, riscontrando superficiali lesioni.
Potettero ritenersi davvero fortunati ad esserne usciti indenni e con un peso in meno da trascinarsi.
Alle prime luci serali, Sigyn ammirò le sfumature rossastre e aranciate del cielo sopra la balconata.
Finché il Fosco non fosse stato in grado di reggersi in piedi, avrebbero passato il resto delle giornate a Járnviðrr.
Meritavano un po’ di sano riposo, prima di rientrare a palazzo.
L’Ase la raggiunse, proferendo parola.
“Stai bene?”
Chiese lui, visibilmente preoccupato nei suoi confronti.
Annuì debole, autorizzandolo ad avvicinarsi.
“Vederti trafiggere quel mostro, devo ammettere che è stato stupefacente.”
Si complimentò, ottenendo una replica atona da parte della Vanir.
“Sono stata costretta, Loki: sai bene che in verità non prediligo alcun tipo di violenza.”
Precisò, guadagnandosi una lenta carezza sulla guancia.
“Eppure ti sei prodigata per il bene comune. Non ti nascondo di esserne fiero.”
Sorrise mesta, ancorandosi al fisico aitante e asciutto del marito e inspirare il profumo che ogni volta le faceva perdere il raziocinio.
Rimasero abbracciati a lungo, contemplando il tramonto.
Una miriade di colori tendenti al rosso e all’arancio, somigliante ad un dipinto dalle tonalità astratte.
Tornarono dentro per la cena, in attesa di un nuovo giorno ben prospero di pace e serenità.
𝑭𝒊𝒏𝒆
One Shot:
~ Mischief And Fidelity ~
Name Chapter:
~ In The Dragon’s Lair ~
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C’era una volta, tanto, ma tanto, tanto tempo fa, in un luogo così lontano che nessuno era mai riuscito a raggiungere, il regno delle tempeste e degli uragani.
Tutti conoscevano quel regno e tutti ne erano sudditi timorati e devoti.
Il Re, signore assoluto e incontrastato di quel regno, aveva un pessimo carattere, bastava infatti, una piccola contrarietà, un qualsiasi contrattempo, perché il suo umore cambiasse repentinamente, scaricando sui suoi sudditi ignari tutta la sua rabbia e il suo livore.
Tuoni, fulmini e saette, quando andava bene, quando poi era davvero arrabbiato, allora scatenava tremendi uragani, tempeste di vento, trombe d’aria.
Il Signore del tempo aveva un pessimo carattere, sembrava davvero che non ci fosse alcunché che potesse attenuare i suoi scatti d’ira, che potesse attenuare la sua irascibilità, e a nulla serviva il fargli notare quali scempi sulla natura e sulle persone lasciassero i suoi comportamenti.
Niente e nessuno erano in grado di ammansire il suo pessimo carattere e tutti quelli che timidamente ci provavano, spesso, finivano molto male, visto che a quella corte, il dissenso non era né ammesso né tollerato.
Il Re del tempo, signore della pioggia e dei venti, non aveva consiglieri né giullari alla sua corte, il suo volere era potere su tutti gli eventi, era lui e solo lui a stabilire il dove, il quando e soprattutto quanto forti e distruttivi dovessero mai essere tali eventi.
Ma venne anche il momento in cui i sudditi sottomessi e rassegnati incominciarono a ribellarsi al potere assoluto del sovrano, non riconoscendone più l’origine divina, rinunciando a venerarlo come un Dio, da quel momento ebbe inizio l’irreversibile viaggio di conoscenza e di comprensione, percorrendo un piccolo e tortuoso sentiero, pieno di insidie, per tentare di capire da dove fosse mai venuto il suo sconfinato potere e se mai ci fosse stata una logica nel suo operare.
Da quel tempo in poi il Re delle tempeste e degli uragani non fu un più un despota assoluto, non ebbe più sudditi devoti e timorati su cui scaricare tutte le sue intemperanze ma, guerrieri decisi e pronti a contrastare con tutti i mezzi quel suo potere così iniquo e ingiusto.
Guerrieri risoluti e determinati nel volerlo limitare e contenere, prevedendone le mosse, imbrigliandone la sconfinata energia, condizionandone i devastanti effetti.
Molta, tanta, strada avrebbero dovuto ancora fare quei sudditi, tanto decisi, quanto vulnerabili, per riuscire ad abbattere il Regno del tempo, destituire il monarca assoluto e iniziare a gestire la sua enorme potenza, ma per loro e nostra fortuna quella strada era ormai tracciata.
Il Re del tempo incominciò a rendersene conto, lui, come tutti i potenti della terra, una cosa più di tutte temono da sempre, di una sola cosa hanno terrore e quella cosa è la consapevolezza che la strada della conoscenza e del sapere possa prima o poi essere irreversibilmente percorsa dei propri sudditi.
Anno 2011
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MORE THAN A TRICKSTER - ATTO XIX [ITA]
Autore: maximeshepard (BeatrixVakarian)
Genere: Mature
Pairing: Loki/Thor
Sommario: questo è il mio personale Ragnarok. Si parte e si finirà alla stessa maniera, alcune scene saranno uguali, altre modificate, altre inedite. Parto subito col precisare che qui troverete un Loki che non ha nulla a che fare con il “rogue/mage” in cui è stato trasformato in Ragnarok, e un Thor che si rifà a ciò che abbiamo visto fino a TDW.
Loki e Thor sono stati da sempre su due vie diverse, ma quando il Ragnarok incomberà inesorabile su Asgard, le cose cambieranno. Molte cose cambieranno.
Capitoli precedenti: Atto I - Atto II - Atto III - Atto IV - Atto V - Atto VI - Atto VII - Atto VIII - Atto IX - Atto X - Atto XI - Atto XII - Atto XIII - Atto XIV - Atto XV - Atto XVI - Atto XVII - Atto XVIII
@lasimo74allmyworld @piccolaromana @miharu87 @meblokison @mylittlesunshineblog
Nda: ragazze… (Siete tutte donne? A volte do per scontato determinate cose, scusate. Mo ho i dubbi!) Io non so neanche più come ringraziarvi, perché diventerei ripetitiva e molto simile ad un giapponese che si inchina a ripetizione nelle varie direzioni. Ma apprezzo tantissimo il vostro supporto, quindi, ancora una volta, GRAZIE DI CUORE. Davvero.
Penultimo mio giorno di ferie e… Penultimo capitolo. ^^’ Domani, se la musa mi sarà di ispirazione, metterò la parola fine a questa fanfiction, o, per lo meno al suo blocco principale. Credo posterò due capitoli bonus (me li stavo figurando in testa oggi, per bene), per far terminare questa storia in 20 capitoli tondi + 2 extra. Non so quando li scriverò, ma saranno brevi stralci e accadranno… COSE. (Vi lascio libera interpretazione LOL). Cose che saranno canon per il mio universo: mi sto portando avanti con dei progetti oneshot o comunque brevi. Facile che MTaT diventerà parte di una serie o di una raccolta. ^^
Quindi… Incrociate le dita per domani, che se riesco a mettere la parola fine a questa storia, stappo una bottiglia di spumante e festeggio alla mia. LOL
- ATTO XIX -
Per quanto Loki potesse evocare le sue daghe così come Hela evocava le sue armi, scelse di affrontarla con Gungnir e con la magia. Sarebbe stato folle andare di corto raggio contro di lei, sebbene Loki avesse affinato quella tecnica. Forse contro altri avversari non sarebbe risultato problematico, ma contro la Dea della Morte, capace di congiurare decine di armi con un solo cenno della mano, trovare il momento giusto per far breccia nelle sue difese, era cosa tutt’altro che facile.
Hela, passo dopo passo, stava accorciando le distanze: le sue movenze erano quelle di una leonessa in attesa di calare i suoi artigli la preda. Fiera e spietata.
Loki levò la mano sinistra verso l’alto e il Casket apparve nella sua fredda luminescenza e prese a galleggiare sopra la sua figura. Disegnò una linea rapida nell’aria e un muro di ghiaccio andò a dividere l’arena a metà, lasciando Thor nell’altra parte – il quale si concesse il lusso di serrare i denti, in quell’unico attimo di distrazione.
Loki l’avrebbe protetto con tutto ciò che poteva. Quello scontro, viste anche le dimensioni ridotte dell’arena, sarebbe durato poco e, quindi, Thor non poteva distrarsi.
“Sei serio? Un Gigante di Ghiaccio che difende Asgard? Mi sono persa qualche relazione extraconiugale di Nostro Padre?” chiese Hela, sbeffeggiandolo e mettendosi le mani sui fianchi. Loki chiuse gli occhi per qualche istante – un sorriso sardonico gli attraversò il volto – per poi battere energicamente la base della lancia sul pavimento distrutto.
Un boato. Il boato del richiamo del Re di Asgard.
Il monito.
“Devo ammetterlo, Hela” esordì lui “Molti rimarrebbero ammaliati dal tuo stile di combattimento. Sei forte, sei precisa. Hai un’ottima mira” proseguì Loki, enumerando le doti della sorella con accenno di charme nella sua voce “Le tue difese sono praticamente impenetrabili e provi gusto a combattere”.
Una lama nera fendette l’aria, ma si infranse contro la barriera di ghiaccio sviluppatasi dalla reliquia che, immediatamente, andò a proteggerlo, esplodendo in una miriade di schegge.
Loki sorrise nuovamente.
“Appunto” rispose, sogghignando “Ma quello che ti manca è, come dire… La creatività”.
Flesse il polso e diversi cloni della sua immagine e della reliquia si materializzarono tutti attorno a lei.
Hela sorrise sprezzante, per poi scuotere la testa.
“E questa sarebbe ciò che chiami creatività?” domandò, evocando cinque spade e disponendole a raggiera, come già in passato aveva fatto. Sibilarono sinistre, infrangendosi quattro nelle pareti della sala ed una nella barriera di ghiaccio, proprio innanzi a Thor – ove Loki gli dava le spalle fino a poco prima.
La Dea della Morte inarcò un sopracciglio per la sorpresa, mentre sentì il gelido respiro di Loki sul suo collo e un ringhio terribilmente basso e animalesco.
“No, ma è quanto basta ad intrattenerti e darmi soddisfazione” sussurrò, per poi colpire Hela al volto con la lancia di Odino, nell’esatto momento nel quale la donna si era voltata, per rimettersi in guardia ed attaccare. Hela indietreggiò portandosi le dita sulla ferita che si era sviluppata sul suo zigomo: i suoi occhi tradivano incredulità, ma soprattutto furia.
Tutte le figure attorno a lei ghignarono a quella vista.
“Vuoi Asgard, Sorella? Vieni a prenderla!”
* Loki si trovò ben presto a fare i conti con il dispendio di energie. Aveva portato a segno pochi colpi e di entità moderata – il suo scopo era quello di distrarre Hela da Thor e pareva avesse funzionato.
Aveva capito, altresì, cosa intendesse Hela con il fatto che non potessero batterla su Asgard: era capace di rigenerarsi e, tutto intorno a sé, sentiva la magia di Asgard fluire e lottare contro di loro. Persino i nodi erano instabili e i fili arancioni tremavano sommessamente alla furia della Dea.
E’ come se Asgard cantasse tutto intorno a loro. Per lei. Come se fosse sotto un incantesimo di una Succube. E la cosa lo faceva rabbrividire.
Avrebbe potuto usare il Tesseract. Lo sentiva pulsare nella dimensione parallela, lo sentiva scalpitare. Lo sentiva invocare il suo nome, mentre evocava il ghiaccio di quella reliquia definita da Hela come debole e più volte schernita. Il campo di battaglia era diventato una rovina come le tante su Jotunheim, solo di colore diverso, ma ricoperta dai riflessi acciaio del ghiaccio perenne.
Ma non poteva usarlo. Asgard era sotto la minaccia di Hela, non poteva attirare anche Thanos qui. Finché se ne restava al sicuro e silente nella sala dei trofei era un conto, ma rilasciare il suo picco di energia ora, avrebbe provocato più danni che benefici. Lo avrebbe utilizzato unicamente se non vi fosse stata altra possibilità.
Nell’ennesimo scontro, quando oppose Gungnir alle spade gemelle che Hela aveva congiurato, si trovò spalle al colonnato. Cercò di respingere quel treno carico di risentimento ed immortalità, ma Hela lo sbalzò indietro e la sua schiena impattò violentemente la colonna.
Lasciò cadere la lancia, congiurando la daga, la quale arrivò ad un soffio dalla gola della Dea, prima di sentire la spalla lacerarsi.
*
Quando Thor sentì il fratello urlare di dolore e la sua immagine, appena visibile, inchiodata ad una delle poche colonne sopravvissute ai combattimenti di quella giornata, con una delle spade di Hela conficcata nella spalla già precedentemente ferita, decise che era giunto il momento di bandire, una volta per tutte, quel mostro da Asgard.
Loki oppose, con la mano libera, il potere del Casket, riuscendo ad allontanare Hela di qualche metro prima che lei si esibisse in una mossa fatale, ma lei aumentò la generazione delle armi e, letteralmente, si fece strada nel cono di ghiaccio e bufera che Loki, in preda al dolore, tentava di governare al meglio delle sue possibilità.
“NON OSARE!”
Un boato terrificante si udì quando Thor, in un globo unico di fulmini, distrusse la barriera di ghiaccio con una spallata e accorciò le distanze, con una velocità impressionante: atterrò Hela, faccia a terra, scambiando uno sguardo con il fratello.
Loki rimase impietrito da ciò che vide. Mentre Thor con la mano e il ginocchio posto sopra la sua schiena, teneva Hela a inchiodata al pavimento, il cielo divenne immediatamente cupo. Il blu si mescolò al grigio, macchiandosi di nero e di viola. Un fragore immenso fece tremare Asgard e le saette graffiarono l’oscurità.
Entrambi le orbite di Thor risplendevano di una luce sinistra che gli smorzò finanche il lamento strozzato che aveva in gola, per il dolore della lama conficcata nelle carni e il potere tremendo di Hela.
Thor sembrava un mostro. Non un mostro come Hulk, ma un mostro nel pieno delle sue facoltà.
Un mostro come Hela.
Il sangue Asgardiano.
Quando Hela si mosse e riuscì a togliersi Thor di dosso, Loki parve riprendersi dallo shock: afferrò con forza la lama nera e la estrasse, cadendo al suolo e stringendo i denti per l’estremo dolore che provava. Era chiaro che il potere di Hela su di lui avesse effetti molto diversi, rispetto a suo fratello.
Nel mentre prendeva fiato, vide chiaramente il tornado materializzarsi dal cielo e il suo viso fu immediatamente sferzato da una pioggia battente e dal vento che ululava almeno quanto Thor stesse gridando in quel momento.
Ed ad un tratto, quando la spirale toccò terra, non vide più né lui, né Hela. Solo il fusto del tornado innanzi a sé e dovette ripararsi in un luogo sicuro per non rischiare di venire travolto e trascinato con loro.
Si mosse verso l’uscita del palazzo, seguendo il vortice dalle crepe di una parte di soffitto che ancora, per mistero più che per magia, pareva reggere e rifiutarsi di crollare: sopra di lui la luce abbagliante dei fulmini di Thor veniva macchiata dalle infide spire nere degli attacchi di Hela.
Dovette aumentare il passo, finché non si trovò a correre giù per le scalinate del palazzo. Thor, con quella tempesta, aveva creato una sorta di gabbia: non sapeva se Hela sapesse volare, ma le sue doti atletiche erano degne di nota. Difficilmente avrebbe rallentato i movimenti di Thor usando il ghiaccio, avvolto com’era da quell’energia spaventosa. Tanto valeva provare ad unire le forze.
Strinse la reliquia di Jotunheim in entrambe le mani, puntando il raggio direttamente sulla base del tornado che ormai aveva distrutto tutto il costolone laterale del palazzo e si stava dirigendo verso la via che conduceva al Bifrost.
La temperatura precipitò notevolmente, tutta l’area del piazzale e del palazzo reale si ghiacciò istantaneamente. La pioggia diventò grandine dapprima e poi lunghi aghi di ghiaccio e la tempesta si trasformò in una tormenta di proporzioni davvero preoccupanti.
Infatti, quando lo stridio del Casket cessò di sovrapporsi alla tempesta, Loki sentì chiamare il suo nome.
Era Heimdall - i suoi occhi arancioni che brillavano come fiamme nella notte.
***
Lo sconforto che prima dell’arrivo di Loki, aveva invaso l’animo di Thor, era come se fosse sparito. O meglio, la frenesia di quella scelta, tutto quel potere scatenato in un unico istante, aveva inebriato i suoi sensi al punto tale che tutta la fatica provata fino ad un istante prima, sembrava essere sparita nel nulla.
Non si era reso conto che i suoi poteri, dallo scontro contro Hulk e dall’avventura avuta fuori Asgard – da quando Hela aveva distrutto Mjolnir – fossero diventati tali. Era come se avesse intravisto la strada nella fitta nebbia e l’urlo di dolore di Loki avesse acceso i fari di quell’auto che, inesorabile, viaggiava nel nulla, senza una meta precisa, rischiando di finire in un campo.
Thor si era fuso con il suo elemento. Non solo con il fulmine e il tuono, ma con l’aria. Con la tempesta. E quando arrivò l’aiuto del fratello, il fulmine brillò più intensamente, schermandolo da quella forza pungente e schiacciando Hela tra le due furie.
Incassò diversi colpi, ma ne portò a segno altrettanti. La combinazione del fulmine e del ghiaccio, segnava impietosamente il corpo di Hela, versando sangue che, immediatamente, si cristallizzava e scompariva, ridotto in fumo o in polvere.
Si spostò con la tempesta verso il Bifrost, mosso dall’istinto e intravide il Ponte Arcobaleno brillare attraverso le fenditure del vortice. Fu nell’istante che Thor si oppose ad un attacco di Hela, catturandole un braccio in una chiave articolare, che la sorella capì il suo intento.
“Oh, non credere di riuscirci, Figlio di Odino!” ruggì lei, ribaltando velocemente la situazione e portandosi alle spalle di Thor e invertendo la chiave articolare attorno al suo collo.
L’odore del sangue di Hela era nauseabondo. Sapeva di morte e putrefazione, con note dolciastre, tipiche di quando si lascia una carogna a marcire in un luogo umido per il tempo necessario a coltivare terreno fertile per i naturali processi.
La sentiva ansimare, quasi grugnire, nel suo orecchio, mentre le sue braccia gli schiacciavano nuovamente la gola, senza pietà. Questa volta non si mise a congiurare lame e a colpirlo: Thor avvertì che la sua supposizione era corretta e che il piano di scacciare Hela nel Void potesse rappresentare realmente un problema, per lei.
Difficile pensarla diversamente. E con il Bifrost sigillato, o distrutto – a costo di tagliare nuovamente Asgard fuori dagli altri Realm – le sarebbe risultato difficile riottenere tutto quel potere e fronteggiare entrambi in un campo di battaglia diverso.
Restava comunque il fatto che, per quanto Hela stesse patendo il potere di entrambi sulla propria pelle, per quanto Thor potesse avvertire la sua paura, la sua forza rimaneva tale e l’aria nei suoi polmoni cominciò nuovamente a diminuire inesorabilmente. La sua gola doleva, le sue mani erano andate nuovamente a contrastare con il potere del lampo e della sua forza fisica, quella stretta.
Quando la sua vista cominciò a vacillare, Thor pensò unicamente a due cose: mantenere la tempesta, in modo tale da creare problemi alla sorella e movimento e… Raccogliere le ultime forze e trascinare Hela nel Void con sé stesso.
Un sacrificio. Un solo uomo per salvare il suo mondo e la sua gente, già trucidata. I pochi amici rimasti al suo fianco. Il resto dell’Universo.
Suo fratello.
Loki, che, con sguardo sbarrato, osservava il cono del tornado avvicinarsi pericolosamente al Bifrost, correndo come un forsennato verso quel dannato ponte, con Heimdall appresso.
Se avesse potuto vedere quegli occhi rossi sgranati, pieni di terrore, forse ci avrebbe ripensato. Forse si sarebbe tirato indietro, per non causargli dolore. Un moto di egoismo, accettando finalmente la realtà delle cose: ovvero che Loki lo amasse con tutto sé stesso.
*
E quando una lacrima scese ed evaporò all’istante, quando sorrise accettando il suo destino, innanzi a sé si ritrovò il cielo azzurro della Norvegia, le sue ginocchia appoggiate sull’erba tenera, appena germogliata.
E la sagoma dell’Allfather, nelle sue vesti Midgardiane, goffe e così inadatte alla figura di Odino, che, circondato dall’aura dorata, lo osservava seduto su quel masso, con un’aria bonaria che mai aveva visto dipinta sul suo.
Thor, in ginocchio, chinò la testa. Chiese come potesse fermare ciò che era stato bandito e contenuto con un potente incantesimo che solo Allfather, l’Allmother e tutti i Saggi, ormai defunti, avevano potuto ideare.
Odino sorrise e Thor cercò di capire se quella fosse una delle sue visioni, dei suoi sogni, oppure il delirio di una mente morente.
“Scatena il Ragnarok”.
Se Thor non avesse conosciuto un minimo suo Padre, avrebbe attribuito quelle parole ad un delirio di un vecchio, la cui mente ormai si era perduta nell’impietoso avanzare del tempo.
“Puoi gettare Hela nel Void, allontanarla da Asgard, ma rimanderesti solo il problema”.
Thor portò le mani alla bocca, per poi stropicciarsi la barba e le guance. Una richiesta assurda, ma a quelle parole, molte cose acquisivano senso. I suoi incubi acquisivano un senso. Il fatto che non fossero cessati, nonostante avesse ucciso Surtur e messo al sicuro la reliquia.
“Dovrei distruggere Asgard? Come potrei, Padre?!”
Il cuore di Thor martellava nel petto, la sua espressione era tesa all’inverosimile e le sopracciglia aggrottate dall’incredulità. Distruggere Asgard, un intero Realm. Il suo Realm. Il suo pianeta, il suo mondo. Scatenare il Ragnarok, lasciare che Surtur si cibasse del piacere di scomporre pezzo dopo pezzo la sua civiltà millenaria.
Odino portò il suo sguardo verso il tiepido e timido sole primaverile per qualche istante, per poi rivolgersi di nuovo al figlio.
“Asgard non è un luogo. E’ un popolo” rispose con una semplicità ed una saggezza pratica che, in quel momento Thor non riuscì a concepire, a condividere. Anzi, una sensazione, un istinto, lottava contro quelle parole al centro del suo petto, lottava contro sé stesso che si alzava e salutava con un cenno del capo suo Padre.
Non lo ringraziò a parole, anche se quel cenno trasudava una sorta di gratitudine. Forse immeritata.
***
Ciò che seguì alla visione di Thor, fu un enorme lampo azzurro abbagliante, che azzerò la tempesta di colpo e schiantò Hela sul Bifrost, non molto lontana da Brunhilde.
Fu il silenzio, interrotto unicamente dalle sferzate di aria gelida del residuo potere della reliquia di Jotunheim. Thor atterrò a fianco di Loki, impattando la roccia all’imbocco del Ponte Arcobaleno, creando un cratere sotto ai suoi piedi.
***
Thor spese poche, semplici parole quando Loki chiese spiegazioni. E Loki si ammutolì di colpo, stringendo Gungnir tra le dita in maniera compulsiva, ma celando la confusione che esplodeva dentro di lui.
“E’ una mossa coraggiosa, fratello. Perfino per uno come me…” esordì, appena riuscì a deglutire il nodo che gli si era formato in fondo alla gola. Thor lo guardò con un’ombra in viso, serrando le labbra e annuendo impercettibilmente, come per sottolineare l’inevitabile.
Loki, allora, gli porse la lancia con estrema naturalezza, ma Thor si ritrasse.
“Lo farò io”.
A Loki cascò quasi la mandibola.
“Non dire fesserie, Thor” replicò con una nota d’astio nella voce, che non riuscì a nascondere, ma il fratello manteneva il suo sguardo sulla sagoma di Hela che, non con poca fatica, stava cercando di rialzarsi.
“THOR!” urlò Loki e Thor fu costretto a voltarsi verso di lui. Loki era tornato da qualche minuto al suo aspetto Asgardiano, e i suoi capelli erano sconvolti quanto la sua espressione in volto.
“E’ compito mio, Loki”.
Loki gli menò un colpo diretto alla spalla, scomponendo quella posa granitica e causando una smorfia di dolore sul viso del fratello.
“E saresti disposto a vivere con questa cosa per tutto il resto della vita?! Tu, l’eroe dorato che Asgard tanto ama, fautore della sua distruzione?” gli sputò quelle parole velenose direttamente in faccia.
“Non è così semplice, Thor! Per quanto sia inevitabile, è un peso che nessuno vorrebbe portare sulle proprie spalle!”
“E perché vorresti portarlo tu?” fu la domanda calma e ponderata di Thor, alla quale Loki ansimò per qualche istante e rispose con una smorfia ironica e una risata amara.
“Perché tu devi avere il consenso del popolo, Thor. Io no”.
Thor scosse la testa in senso di diniego, portando nuovamente lo sguardo su Hela e sulla Valchiria, che, con la lama azzurra sguainata le si era avvicinata, guardinga. Anche in lontananza, poteva vedere il suo volto teso e il turbinio di emozioni cui era preda. Loki gli si parò allora di fronte – inaccettabile che rifiutasse la soluzione più logica e conveniente.
“Non sei un capro espiatorio, Loki”.
“Non puoi decidere sempre tutto tu, dannazione!”
E Thor capì che quella frase era pura circostanza, capì che Loki voleva proteggerlo da ciò che l’avrebbe distrutto. Lo capì dal suo sguardo disperato e dalle spalle di lui che tremavano, dalla forza con cui le sue mani stringevano l’armatura.
Hela si rimise in piedi e venne immediatamente circondata da Brunhilde, Hulk, Sif ed Heimdall, che nel frattempo si era sfilato dai due.
Portò la mano destra alla base del collo, appoggiando la sua fronte a quella del fratello e socchiuse l’occhio, espirando profondamente. Loki socchiuse gli occhi a sua volta, le lacrime che gli rigavano il volto.
In un impulso istintivo, fece per stabilire una connessione con la sua mente. Per un istante, Thor vide un qualcosa e così fece Loki. Non seppe neanche il motivo di quel gesto, perché stabilire una connessione mentale in quel momento delicato, ma non ebbe tempo di trovare una risposta perché un fulmine – seppur di media intensità – si propagò lungo il suo corpo, scagliandolo in là di qualche metro.
Quando si alzò da terra, riprendendosi dallo shock di quel gesto, vide Thor sorridere flebilmente e librarsi in aria, in un turbinio di fulmini e sparire verso ciò che restava del palazzo reale.
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Timeline Berserk e trama versione 2 fatta da noi Circa 40.000 prima di Guts (-40.000) L' idea del male è nata dal subconscio dell'umanità primitiva. L'età dell'uomo (prima della nascita di Guts) Circa -1000 (-1000) Un signore della guerra di nome Gaiseric unifica il continente occidentale, con Midland come il centro del suo impero. Tuttavia, l'antica città che Gaiseric ha fatto come sua capitale viene successivamente distrutta. Anche se la causa di quella distruzione è sconosciuta, una fiaba che specula che Dio ha mandato quattro o cinque angeli per punire Gaiseric e la città è scomparsa a causa di fulmini e grandi terremoti. Secondo la tradizione della Santa Sede , la caduta di Gaiseric era legata a un saggio che aveva imprigionato nella Torre della Convinzione, che fece venire un angelo mentre proclamava i peccati del re a Dio nel mezzo di ogni possibile tortura. La prima Eclisse segna la creazione del primo membro ddella Mano di Dio (apparentemente, Void ). Il misterioso guerriero conosciuto solo come Cavaliere del teschio appare dopo la caduta di Gaiseric e intraprende una guerra contro "gli inumani". Esso incontra la strega Flora , dalla quale acquisisce l' Armatura Berserker . I membri della linea di sangue di Gaiseric sopravvissero apparentemente alla distruzione del suo regno e si dice che siano diventati gli antenati dell'attuale famiglia reale di Midland. Circa -800 (-800) Il secondo membro della Mano di Dio è nato. Conrad(?) Circa -700 (-700) Il potente guerriero noto come Nosferatu Zodd rinuncia alla sua umanità per diventare un apostolo. In questo momento, diventa rivale del Cavaliere. Esso ora ridotto a uno spettro, abbandona l'Armatura Berserker a Flora. La Santa Sede è ufficialmente stabilita, riproponendo tutti i santuari dedicati agli spiriti elementali nelle chiese relegandoli all'oblio e demonizzando coloro che rifiutano di convertirsi, come le streghe. A quel tempo, la Santa Sede costruisce anche la città di Albione attorno alla Torre della Convinzione (o della Condanna). Col tempo, l'area accumula grandi quantità di spiriti inquieti a causa delle atrocità commesse all'interno e all'esterno della torre. Circa -600 (-600) Il terzo membro della Mano di Dio è nato. Ubik(?) Circa -400 Il quarto membro della Mano di Dio è nato.Slan(?) L'età della guerra o d'oro - Prima dell'eclisse Circa -80 (-80) Tudor conquista la fortezza di Doldrey , scatenando la Guerra dei Cent'anni con Midland. La tribù di assassini Kushan nota come Bakiraka viene esiliata per motivi politici. Circa -70 (-70) Il leggendario fabbro Godot è nato. Circa -30 (-30) La magia è stata ridotta a mera superstizione. Flora incontra un giovane Morgan (Enoch, Villaggio). Godot è incaricato di forgiare una spada adatta a uccidere un drago . Il re esilia Godot sulle montagne, dove installa una fucina vicino a una miniera ricca di minerali elfici . Circa -15 (-15) La Banca Vandimion, di proprietà del ricco Federico de Vandimion III , fornisce denaro a Tudor. Questo non risolve la situazione tra loro e Midland. Circa -3 (-3) È nato Griffith . Anno 0 Guts nasce dal cadavere di una donna impiccata. Viene presto trovato da un gruppo di mercenari guidato da Gambino . Casca è nata in una famiglia povera in un paesino al confine. Anno 3 Charlotte è nata con i suoi genitori che festeggiavano la sua nascita. Nove anni dopo, la madre di Charlotte muore e il re di Midland sposa un'altra donna , che ha una relazione segreta con il fratello del re, Yulius . Sys, la donna che ha salvato Guts, compagna di Gambino muore di peste lasciandolo solo con il patrigno. Anno 6 Gambino, con riluttanza, allena Guts per usare una spada dopo la morte di Sys . 9 Guts è stuprato dal collega mercenario Donovan . Guts più tardi uccide Donovan durante una missione di vendetta. Gambino perde la gamba durante una battaglia, diventando paralizzato, amaro e indebolendo il suo gruppo. Griffith ottiene il Beherit e fonda il gruppo d mercenari che poi prenderà il nome di Falchi 10-11 Guts si confronta con il padre adottivo, Gambino, per le macchinazioni di quest'ultimo, e in seguito è costretto a ucciderlo per legittima difesa. Guts è esiliato dal gruppo di Gambino; passa dalla battaglia alla battaglia servendo diversi eserciti mercenari. I tre figli di Federico III: Georgio , Politiano e Magnifico lottano per la successione al padre, mentre Farnese , sua figlia, trascurata e irrequieta, viene tranquillizzata solo da Serpico , suo servo e fratellastro segreto. Alimentato dal suo desiderio di trovare la gloria, Griffith cerc di ingrandire la Banda dei Falchi, salva Caska e la accoglie nel gruppo. 14 Come prigioniero di guerra, Guts ha il suo primo incontro con il soprannaturale mentre incontra uno spirito floreale chiamato Chichi , che inizialmente sospetta essere un'allucinazione. Reclutato da Lord Gennon , un perverso scudiero di Tudor, la Banda inizia a farsi conoscere. Devastato dalla morte di alcuni dei suoi soldati, Griffith passa una notte con Lord Gennon, dormendo con lui per soldi che avrebbe usato per trasformare la sua banda in un gruppo militante più efficace e, quindi, prevenire la morte. Caska diventa il suo fedele secondo e forse da quel momento per la sua bravuta, capitano. Il Re di Midland colloca il Bakiraka nei suoi servizi insieme a molte fazioni militanti: il Drago Bianco, la Tigre Bianca, Arklow e Tumel. Il conte diventa un apostolo sacrificando sua moglie, fingendo che la sua morte sia opera degli eretici mentre ordina esecuzioni ingiustificate di chiunque sia accusato di eresia. Vargas , un medico reale, viene a sapere della transizione del Conte ed è costretto a guardare la sua famiglia morire prima di fuggire con il Conte Beherit , ma non senza essere orribilmente sfigurato. Anno 15 Guts sconfigge il famigerato guerriero Bazuso e attira l'attenzione di Griffith. Attaccato, reagisce e ferisce alcuni membri della Banda dei Falchi in un campo solitario. Incontra Caska ma tenta di ucciderla considerandola nemica. Griffith sconfigge Guts due volte, quindi lo costringe a unirsi ai Falconi. In un villaggio distrutto dalle fiamme, Godot salva una bambina di nome Erica e la adotta come sua figlia. Il Re di Midland fonda i Cavalieri del Cane Nero guidati da Wyald , un prigioniero e apostolo della Mano divina. Anno 16 Rosine , stanca di vivere con la sua famiglia e ossessionata dalla storia di Peekaf , decide di lasciare la sua casa e si dirige verso la Valle della nebbia , dove diventa apostola in cambio della vita dei suoi genitori. I Cavalieri del Cane Nero sono esiliati per i loro crimini. Anno 18 I mercenari della Banda dei Falchi sconfiggono i cavalieri di Tudor e vengono reclutati da Midland per la Guerra dei Cent'anni. Il patriarca di Vandimion manda sua figlia, Farnese de Vandimion, in un convento. Farnese diventa il comandante dei Sacri Cavalieri della Catena di Ferro . Serpico brucia sua madre sul rogo come un eretico, sotto pressione da Farnese e preoccupato che anche lui possa essere ucciso. Guts si ente ormai parte dei Falchi, odiato solo da Caska e Colkas ma molto amato da Griffith come un fratello. Guts si confronta con Nosferatu Zodd per la prima volta durante un assedio, la cui presenza cementa l'esistenza del soprannaturale di Guts. Il ministro Foss riesce a mettere Yulius contro Griffith, ma un fallito tentativo di omicidio ha come risultato la morte del nobile con suo figlio ed erede al trono, Adonis , entrambi uccisi da Guts. Quella notte Caska si presenta premurosa verso Guts. Griffith discute con Charlotte i suoi criteri per chi è un vero amico. Guts sente per caso questa conversazione, lasciandolo profondamente turbato dalla rivelazione, lasciando sola Caska che pare abbia capito qualcosa. Il re di Midland effettua un attacco finale su Tudor, che è stato indebolito da problemi interni. Durante la battaglia contro Le balene blu , Guts e Casca riescono a forgiare un legame più profondo dopo un incidente, cosa che li porta a piacersi per come sono realmente. Guts è contrapposto a un centinaio di soldati di Adon Coborlwitz e prevale, rendendolo una leggenda sui campi di battaglia mentre viene soprannominato Lo sterminatore di cento uomini, avendo anche salvato Caska. Il Re ordina alla Banda del Falco di riconquistare Doldrey. CAska e Guts ormai sono affiatati e discutono sul passato di Griffith che torna. Sconfiggono i cavalieri di Lord Boscogn e il governatore Gennon e conquistano il forte con uno stratagemma. Midland vince la guerra dei Cent'anni. Caska e Guts esultano affiatati finchè lui, pensnado che lei ami solo Griffith tenta di darle una mano con l'amico. Flora assume Schierke come apprendista, accompagnato da Ivalera l'elfo. Un ballo di vittoria per i Falchi mette l'inizio per loro verso un futuro roseo e ricco. Caska è felice di avere Guts vicino e lo dimostra. Guts annuncia di nuovo a Caska la sua partenza dalla Banda, cercando di seguire il suo sogno. Piena di timore tenta di fermarlo la prima volta ma l'annuncio del Re l'attira in sala. Guts dopo averla osservata e aver pensato che stavano per agire alle sue spalle, svanisce. Griffith sventa un'altra cospirazione contro di lui, guidata da Foss e dalla Regina di Midland, che alla fine viene uccisa come risultato. Un mese dopo Guts, di notte, prepara tutto e lascia la caserma dei Falchi. Caska lo scopre e tenta di fermarlo, quasi dicendogli cosa prova, inutilmente. Judo tenta di fare altro per Caska a modo suo ma Guts crede altro e il discorso finisce su di lui che la ama ma non può averla. Griffith, alarmato da Caska che tenta l'ultima carta per riavere Guts con loro, non riuscendo a fermare Guts, prima viene sconfitto da questi e cade in una spirale discendente di follia. Caska si scopre innamorata di Guts, pensa a lui e solo all'ultimo di griffith, non sapendo cosa stava facendo. Questi viene sorpreso in affari intimi con Charlotte in preda alla disperazione, portandolo al suo arresto e la distruzione di tutto. Griffith viene incarcerato e torturato nella Torre della rinascita quando il Re denuncia la banda dei Falchi come criminali. Caska, in un tranello si ritrova in un agguato di Midland, ferita in modo grave salva una parte dei suoi uomini e finisce per diventare il capo di una banda di fuorilegge. Guts incontra il cavaliere del teschio, che predice la morte della Banda e sua durante l'Eclisse. Età nera - dall'Eclisse in poi Anno 19 Guts passa un anno intero a vivere con Godot ed Erica. Affronta e sconfigge un uomo Kushan di nome Silat in un torneo, da cui apprende che i Falconi sono ora una banda di ladri in clandestinità e riconosce Caska nel loro capo. Guts si ricongiunge con i Falconi e si riunisce temporaneamente a loro per salvare Griffith e ripristinare le loro forze. Inizialmente Caska è adirata e lo odia, fuoriescono dolore e disprezzo per cosa involontariamente lui ha portato a lei e griffith con la sua scelta e tenta il suicidio, salvata da Guts.In preda ai sentimenti gli fa capire quanto lo ama. Guts e Casca ammettono alla fine uno all'altra il loro amore reciproco e inconsapevolmente concepiscono il loro bambino in una notte di passione iniziata un pò rude e poi finita in una unione più forte e sincera di prima. Casca, Judeau , Pipin e Guts salvano corrono al palazzo reale per il salvataggio. Caska e Guts hanno i primi momenti di dissidio a causa dei sentimenti di lei per griffith che non sono amore ma ammirazione, che la portano però a provare gelosia per Charlotte, colei che li sta aiutando e Guts non ci sta. Griffith dalla Torre della Rinascita viene liberato dopo difficoltà enormi e qui vede per la prima volta i suoi secondi in atteggiamenti intimi e si arrabbia. L'anatomia fisica e la stabilità mentale di Griffith sono state gravemente compromesse a causa della prolungata tortura. Il Re malato affida a Wyald e ai Cavalieri del Cane Nero di annientare i Falconi, in preda alla pazzia perchè Charlotte ama ancora il falco. Quasi la metà della banda del Falco viene massacrata da Rosine e il Conte. Solo Rickert sopravvive al calvario quando interviene il cavaliere. I Cavalieri del Cane Nero sono sconfitti dai Falchi quando Wyald viene ucciso da Nosferatu Zodd. tutti i Falchi scoprono a causa di Wylad il legame tra Caska e Guts, compreso Griffith che non ne è felice. Rickert viene trovato da una compagnia di artisti circensi e incontra un folletto chiamato Puck . I falchi scoprono che Griffith non potrà più guidare l'armata e iniziano a dividersi per decidere il proprio destino. Caska chiede loro del tempo per decidere se sarà lei a prendere in mano il ruolo del suo ex generale, Guts non è d'accordo perchè vuole trovare la sua strada con lei da soli. Caska viene quasi violentata da Griffith in preda alla frustrazione di aver perso lei e la banda, lei disperata per la situazione chiede perdono a Guts perchè ha deciso di prendersi cura di lui per sempre e gli chiede di andare via da solo perchè è la cosa giusta per lui. Nonostante lei gli stia offrendo una possibilità data dal suo amore per il compagno, decide anche per i suoi commilitoni di restare con lei. Dopo aver perso il suo ultimo filo di sanità mentale, Griffith tenta di suicidarsi in un lago, solo per riscoprire il suo Beherit Cremisi. Mentre i suoi compagni arrivano per aiutarlo, Griffith innesca inconsapevolmente l'Eclisse. La Banda, insieme a Guts e Casca, vengono trasportati nell'Interstice dove vengono presentati a Void, Slan , Conrad e Ubik . Void e Ubik manipolano Griffith nell'accettare la proposta. Ogni membro della Band a è marchiato da Void per sacrificio quando Griffith decide. Solo Guts e Casca sopravvivono per miracolo ma distrutti nell'animo e corpo. Griffith rinasce come membro finale della God Hand, Femto . Guts perde l'occhio destro e il braccio sinistro cercando di difendere Casca dall'essere impalata dopo varie sevizie. Per cementare la sua vendetta contro Guts, Femto violenta brutalmente Casca, facendole perdere la sua sanità mentale oltre che farla sanguinare nel corpo. Il cavaliere entra nell'interstizio e salva Guts e Casca dalla mano divina all'ultimo secondo, restituendoli nel reame mortale. Farnese de Vandimion e i Sacri Cavalieri della Catena di Ferro scoprono un lago rosso. Trovando i resti dei Falconi, concludono che è il sito di nascita del "Falco delle Tenebre". Guts si sveglia quattro giorni dopo nella miniera di Godot, frequentata da Rickert ed Erica, e apprende le condizioni di Casca. Guts fugge da un dolore intenso e promette vendetta su Griffith. Casca dà alla luce un bambino deforme : il bambino prematuro di Guts contaminato dall'essenza demoniaca di Femto. Guts lascia Casca a Erica e Rickert per iniziare la sua caccia agli apostoli. Come regalo d'addio, Rickert dà a Guts un falso braccio sinistro con un cannone incorporato e una balestra a ripetizione. Guts trova il Dragon Slayer all'interno dell'armeria di Godot e lo usa per uccidere un apostolo. Godot permette a Guts di prendere la spada con sé nel suo viaggio. L'età dell'oscurità (dopo l'eclisse) 20 -21 Nel corso di due anni, Guts caccia e uccide senza pietà gli apostoli, diventando famoso come lo "Spadaccino nero". Rickert costruisce un memoriale per i suoi fratelli caduti, la Collina delle Spade . Guts uccide il barone Serpente nel villaggio di Koka e salva Puck, che diventa il suo primo compagno di viaggio. Guts arriva nella città del Conte e prende una Beherit da Vargas. Guts combatte il Comandante Zondark ed entra nel castello dell'apostolo, dove ferisce mortalmente il Conte davanti alla sua giovane figlia Theresia Il Conte attiva il Beherit e Guts finalmente torna faccia a faccia con la Mano di Dio, solo per non essere in grado di uccidere Griffith, che ha dominato i suoi poteri demoniaci. Il Conte viene trascinato nell'Abisso dopo aver esitato a sacrificare la sua unica figlia. Theresia giura vendetta a Guts, che se ne va, emotivamente colpito. Isidro fugge da casa, sognando di seguire la Banda del Falco e il suo capitano dei raider (ossia Guts). Guts salva Jill da una banda di banditi sotto un albero spettrale, e presto scopre che i villaggi vicini vengono attaccati dall'apostolo Rosine e dagli "elfi" che lei ha generato dai bambini. Guts è bollato come un omicida di massa dopo che i Cavalieri della Catena di Ferro lo hanno visto uccidere Rosine e i suoi elfi, che hanno confessato di essere bambini umani. La manifestazione dell'intima oscurità di Guts prende infine forma a seguito delle sue incessanti uccisioni e notti insonni. I Sacri Cavalieri della Catena di Ferro catturano e imprigionano Guts nel loro accampamento. Con l'aiuto di Puck , Guts fugge e prende in ostaggio Farnese . Farnese ha la sua fede scossa dopo aver assistito all'apparizione degli Apostoli per la prima volta. Il giorno dopo, Serpico salva Farnese e fa una breve rissa con Guts . Alla periferia di Albione, una persona ai margini della società invoca la Mano di Dio e diventa l' Apostolo a forma di uovo offrendo il mondo come suo sacrificio. Poco dopo, tutti in Midland hanno un sogno profetico dell'avvento della peste, degli invasori e del loro salvatore: Il falco della luce . Nosferatu Zodd riceve una visita dal Falco della Luce, dove viene facilmente sconfitto in battaglia. Assegnando il suo servizio eterno al Falco, Zodd è comandato di viaggiare ad Albione. Il re di Midland muore, portando Wyndham ad essere conquistata dall'esercito di Kushan . Casca scappa da Erica e finisce in compagnia di una prostituta di nome Luca , che è tra i rifugiati e le impedisce di essere violata dai suoi clienti. La Santa Sede colloca Farnese al servizio del loro fanatico inquisitore capo, Mozgus , per sovrintendere al caos che è sorto ad Albione a causa del Culto della Dea della Fiamma commettendo omicidi del sacerdozio della Santa Sede. Guts ha una visione di Casca che viene bruciata. Il bambino demone sembra implorarlo di andare nel luogo in cui sua madre morirà. Guts ritorna alla casa di Godot . Lla salute del fabbro vien meno e il suo arsenale viene raffinato da Rickert, dalle parole del vecchio si rende conto che ha di nuovo abbandonato Casca come faceva anni fa, l'unica persona per ha sempre fatto quel che poteva. Il giorno seguente, Guts inizia il suo viaggio ad Albione per riavere la persona a lui più preziosa. Guts si ricongiunge con Isidro prima di lasciare il giovane per risparmiarlo dagli attacchi degli spiriti irrequieti delle vittime giustiziate di Mozgus . Guts si ricongiunge quindi con il cavaliere, apprendendo che Griffith sta per riprendere forma corporea e che deve fare una scelta: fermarlo o salvare Casca . Casca segue una delle prostitute di Luca, Nina , che viene rapita dagli eretici che le credono una strega. La presenza di Casca richiama gli spiriti inquieti all'interno della caverna proprio quando entrano i Cavalieri della Catena di Ferro . Guts uccide il leader dei cultisti prima di affrontare Serpico in un duello, che vince per poco. Nonostante i coraggiosi sforzi di Guts, Casca e Nina sono entrambe catturate e portate alla Torre della Convinzione o Condanna La presenza di Casca alla Torre segna l'inizio della Cerimonia dell'Incarnazione , evocando gli spiriti tormentati dei torturati per attaccare e uccidere gli abitanti della Torre. La stessa Casca è protetta dal demone figlio che usa tutti i suoi poteri per salvarla. Godot muore nel sonno, portando Rickert a diventare il suo successore. Guts mette insieme una squadra di soccorso composta da Isidro , Luca e Jerome . Aggrediscono la Torre e formano un'alleanza con Farnese e Serpico per salvare Casca e Nina . Mozgus e i suoi discepoli rinascono come Pseudo-Apostoli . Con il nuovo potere, Mozgus prende in ostaggio Casca. Guts uccide Mozgus e salva Casca mentre la Torre crolla, uccidendo tutti dentro divenendo una mano enorme. L' uovo del mondo perfetto , dopo aver ingoiato il bambino demone morente , completa la cerimonia dell'incarnazione e cessa di essere il vecchio per divenire un nuovo, come un risorto Griffith che emerge dal guscio senza vita. Silat arriva ad Albione con l'ordine di catturare Guts ; tuttavia, Griffith fugge su Zodd mentre Guts fugge con Casca. Farnese abbandona la sua fede e il suo dovere, decidendo di seguire Guts mentre è accompagnata da Serpico . Azan , da parte sua, ritorna nella città portuale di Vritannis , che è sotto il controllo della Santa Sede. Guts arriva a casa di Godot dove gli viene detto da Erica che il fabbro è morto. Griffith visita Rickert in cima alla collina delle spade , conducendo all'incontro di Guts con Griffith. Una successiva battaglia con Zodd distrugge la miniera di Godot prima che Griffith ordinasse a Zodd di ritirarsi a causa di questioni più urgenti. La distruzione della miniera di Godot, il santuario di Casca contro i cattivi spiriti e i demoni, costringe Guts a portare Casca con sé per proteggerla. Puck consiglia a Guts di andare a casa sua, Elfhelm , dove Casca sarebbe al sicuro. Quando arriva l'inverno e dopo aver avut momenti neri con Casca, Guts incrocia Farnese, Serpico e Isidro e gli permette di unirsi a lui per proteggere meglio Casca. Griffith riforma la Banda del Falco con Zodd e vari altri Apostoli che includono Grunbeld , Locus , Rakshas e Irvine come membri. Il gruppo guadagna anche membri umani come Sonia , una ragazza con poteri telepatici, e un nobile della Midland chiamato Mule Wolflame . Schierke , inviata a Midland da Flora , sente che Griffith è la reincarnazione di uno spirito di alto livello mentre percepisce la sua vera natura. 22-23 (attualmente nel manga) Guts e i suoi compagni di viaggio incontrano Morgan e lo aiutano a raggiungere la casa di Flora nonostante i tentativi di Schierke di scacciarli. Guts incontra Flora, che crea un talismano protettivo per Casca e lui per nascondere la loro presenza agli spiriti inquieti. Flora rivela quindi la natura della Mano di Dio , dei Beherits e del Mondo Astrale . Schierke si unisce al gruppo di Guts per aiutarlo a difendere il villaggio di Enoch da un'infestazione da troll . In precedenza, Guts ed i suoi compagni hanno tutti reliquie magiche per aiutarli nei futuri incontri. Farnese e Casca vengono rapite e portate dai troll alla loro tana all'interno di uno strato oscuro del piano astrale noto come Qliphoth . Casca e Farnese vengono salvate, ma Guts si trova di fronte a Slan che tenta di costringerlo ad attivare il Beherit sulla sua persona. Vicino alla morte, Guts viene salvato dal cavaliere che respinge Slan. Griffith orchestra un assalto ai Kushan - che avevano occupato Wyndham- per salvare Charlotte . Lui la salva con l'aiuto di Nosferatu Zodd . L'imperatore Ganishka difende il suo castello dalla rinata Banda mentre Rakshas instilla la disillusione in Silat , rivelando la vera natura di Ganishka come un Apostolo e i mostruosi eserciti di Pishaca e Daka che lui stesso aveva creato. Griffith ordina l'esecuzione di Flora , inviando un plotone di apostoli guidati da Grunbeld e Zodd per assassinare la strega. Vicino alla morte dopo la sua battaglia con Grunbeld, Guts è equipaggiato per la prima volta con l' Armatura Berserker . Flora trascende la sua esistenza e si sacrifica per respingere Grunbeld così Schierke e i suoi nuovi amici possono fuggire. Guts apprende dal cavaliere dei pericoli dell'armatura Berserker. Gli viene anche detto che il Re di Elfhelm, Hanafubuku può ripristinare la mente di Casca, ma dà a Guts un avvertimento di cautela se è meglio ripristinare la sanità mentale di Casca perchè cosa lei desidera potrebbe non essere coincidente con cosa lui vorrebbe. Casca incontra un misterioso giovane sulla riva prima che il gruppo venga attaccato dagli animali posseduti dall'impero di Kushan , parte di una forza avanzata sotto Daiba che Ganishka ha inviato. Mentre la luna piena aumenta la potenza del Berserker , Guts perde il controllo e quasi uccide i suoi alleati. Il gruppo decide di farsi strada verso Vritannis con Farnese con l' intenzione di usare i suoi legami familiari per dar loro una nave e si riunisce con suo fratello Magnifico . Daiba fa la sua mossa, attaccando Vritannis con i suoi eserciti di mostri mentre Ganishka si proietta nella città per dichiarare guerra alla stessa Santa Sede. Gli amici di Guts scappano sulla nave di Roderick , il Cavalluccio Marino, mentre Guts usa l' Armatura di Berserker per combattere i mostri. Guts forma una tregua improbabile con Zodd per sconfiggere Ganishka . Nel frattempo Griffith convince Ganishka a sistemare le cose a Wyndham . A Wyndham, Ganishka entra nella stanza degli apostoli che sfrutta e sacrifica tutte le sue forze per trascendere in un essere uguale alla Mano di Dio nonostante la protesta di Daiba . Ganishka distrugge la città di Wyndham. Griffith raggiunge Ganishka e uccide l' Apostolo , causando una esplosione del mondo astrale e la creazione del suo regno: Falconia . Il cavaliere del teschio ha un diverbio con Phemt, ossia Griffith tornato nella forma di Falco oscuro. Guts e la sua squadra si imbarcano nel viaggio per Elfhelm, diretto verso il mare . 24-25 Dopo l' esplosione del mondo astrale , gli strati che separano il piano naturale dal mondo astrale si dissolvono; portando ad un nuovo mondo in cui gli esseri umani e le creature magiche coesistono. Guts uccide il dio del mare con l'aiuto di Schierke , consentendo il passaggio sicuro per continuare il loro viaggio. Rickert ed Erica viaggiano a Falconia , ora un rifugio dagli orrori del mondo. incontrandosi con Griffith , Rickert colpisce il suo ex leader affermando che non condivide cosa è e cosa ha areato, prima di fuggire dalla città con Erica, Silat e Daiba perchè il suo ex capo ha tentato di ucciderlo. Guts e compagnia finalmente finiscono il loro lungo viaggio, attraccando a Skellig . Guts e il suo gruppo sono guidati da Elfhelm da una banda di streghe. Una delle streghe di nome Danaan si rivela essere la vera sovrana Hanafubuku sotto mentite spoglie. Hanafubuku conferma a Guts di poter guarire la mente e la sanità mentale di Casca . Istruendo Farnese e Schierke per aiutarla, il trio entra nel Corridoio dei Sogni per iniziare il processo di guarigione. Lì le due compagne di viaggio di Guts scoprono parte del passato di Caska e Guts e molte cose su quest'ultimo. Attualmente in prosecuzione
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MERCOLEDÌ 20 LUGLIO 2022 - ♦️ 🔸 ♦️ SANT'ELIA ♦️🔸♦️ Il profeta Elia (nome ebraico Eliyahu, che significa "il mio Dio è Yahweh") o Elias) della città di Tishbà nel paese di Galaad, e perciò detto anche il Tishbita, è una delle figure più rilevanti dell'Antico Testamento; le sue gesta sono narrate nei due "libri dei Re" della Bibbia. Secondo la religione cristiana, la profezia di Malachia si è adempiuta in Giovanni il Battista[9]. Inoltre Elia apparve con Mosè durante la trasfigurazione di Gesù, a rappresentare la continuità di Cristo con la legge (Mosè) ed i profeti (Elia, appunto). Secondo i Vangeli, alcuni pensavano che Gesù fosse Elia ritornato (anche Gesù chiede agli apostoli: «La gente chi crede che io sia?» «La gente dice che tu sei Elia») o che lo chiamasse sulla Croce (mentre Egli, invece, invoca Dio: equivoco derivante dall'etimologia del nome stesso di Elia, che in ebraico significa "il Signore è il mio unico Signore"). Secondo un'interpretazione dell'Apocalisse (Ap 11,3-12) Elia sarebbe uno dei due testimoni mandati da Dio per opporsi all'Anticristo, e compirà la sua missione di profeta per 1260 giorni, dopo di che verrà ucciso. Ma la sua sarà solo una morte temporanea. Infatti dopo 3 giorni e mezzo, il soffio del Signore lo farà rialzare, e salirà al cielo in una nube. Nella tradizione cattolica è il modello dei contemplativi e dei monaci. L'ordine del Carmelo, sorto nei luoghi in cui Elia visse e svolse la sua missione, lo considera proprio padre e ispiratore. Elia è il protettore contro i fulmini e i temporali, poiché nella Bibbia si dice di lui che era in grado di far discendere "il fuoco dal cielo". Inoltre, proprio per essere stato assunto in Cielo, è patrono degli aviatori. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che lo ricorda il 20 luglio è patrono di molte località italiane. A Lauria (PZ) venne eretto dai monaci Basiliani, un'eremo dedicato al Profeta frequentato dal Beato Domenico Lentini, sacerdote di quella città. È considerato il maggiore taumaturgo fra i profeti biblici. Da Il Santo del Giorno Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia #Tradizioni_Barcellona_Pozzo_di_Gotto_Sicilia #Sicilia_Terra_di_Tradizioni (presso Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia) https://www.instagram.com/p/CgO2mWZMAFt/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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ANNO DELLA TIGRE - 2022
La Thailandia, ha il loro complesso sistema che si allinea con il calendario buddista lunisolare di 354 giorni, che ha date che indicano le fasi lunari e l'ora dell'anno solare. Ed Il 13 aprile segna l'inizio del capodanno thailandese.
Il festival celebra la fine della stagione secca per accogliere la pioggia necessaria per un raccolto di riso di successo.
La festa comunitaria si svolge per un periodo di tre giorni o più, ed è quando l'anno assume l'animale successivo nello zodiaco rotante di 12 animali.
L'etimologia di Songkran deriva dalla parola sanscrita 'sankranti', ovvero il passaggio del sole da una parte all'altra dello zodiaco, ed è simbolica di trasformazione e cambiamento.
La tradizione potrebbe aver avuto origine dalla festa del raccolto indù Makar Sankranti, che accoglie l'inizio della primavera con coloratissimi aquiloni svettanti.
l'usanza thailandese, serve solo una piccola ciotola di acqua profumata, questo e sufficiente per lavare via i problemi dell'anno precedente e ricominciare da capo.
Questa festa è anche il momento di, onorare i loro anziani, fare offerte di cibo ai monaci, accendere petardi per spaventare gli spiriti maligni e fare il bagno ritualmente alle immagini del Buddha domestico.
(The Tiger)
Avatar: Yakkhini (un demone femminile)
Elemento: legno
Habitat dello spirito custode: albero di neem
Caratteristiche: Marte è la bocca (loquace), Giove è il cuore (scarse capacità di apprendimento), il sole è il lombo (ama i piaceri sensuali), Mercurio e Venere sono le mani (abili e scaltre), Saturno e la luna sono i piedi (volontà viaggia molto e sii fortunato).
Le pagine sono riccamente illustrate con quattro immagini di ciascuno dei 12 animali dello zodiaco, combinate con avatar maschili e femminili alternati, l'aspetto materiale o incarnazione di una divinità sulla terra e una pianta simbolica in cui il khwan, anime multiple o vita forze, risiede.
Avatar: Yakkhini (un demone femminile)
Yakkha: Una classe di esseri non umani generalmente descritti come non umani. Sono menzionati con Deva, Rakkhasa, Dānava, Gandhabba, Kinnara e Mahoraga (Naga). A volte gli Yakkha sono stati degradati allo stato di orchi cannibali dagli occhi rossi.
Le femmine Yakkha (Yakkhinī) sono, in questi casi, più paurose e di mente più malvagia del maschio. Mangiano carne e sangue e divorano anche gli uomini.
Normalmente l'atteggiamento degli Yakkha verso l'uomo è di benevolenza. Sono interessati al benessere spirituale degli esseri umani con i quali entrano in contatto e assomigliano in qualche modo ai geni tutelari. Tuttavia, il re Yakkha, Vessavaṇa, è rappresentato mentre dice al Buddha che, per la maggior parte, gli Yakkha non credono né nel Buddha né nei suoi insegnamenti, che impongono ai suoi seguaci di astenersi da vari mali e sono quindi sgradevoli ad alcuni dei Yakkha. Tali Yakkha sono disposti a molestare i seguaci del Buddha nei loro ritrovi nei boschi.
Albero di neem - Albero del paradiso
Sarbaroganibarini ovvero che cura tutti i mali. Cosi viene descritto l'albero di Neem, dall'Ayurveda, la medicina tradizionale indiana risalente ad alcuni millenni fa.
(Storia) Neem è una parola Hindi che deriva dal Sanscrito Nimba. È solo una delle tante parole con cui viene indicato quest'albero. Ad esempio, nella tradizione araba veniva chiamato con il nome di Shajar-e-Mubarak cioè l'albero benedetto. Nella mitologia indiana esistono diverse versioni sull'origine sacra del neem; un antico testo appartenente ai Veda descrive come Garuda, un Dio-uccello, lasciò cadere dal cielo alcune gocce di ambrosia, elisir dell'immortalità, sull'albero di neem. Un'altra antica tradizione ritiene che sia stato Indra, Dio dei fulmini, della pioggia e delle tempeste, a bagnare la Terra con Amrita dando origine al neem. Altri miti mettono in relazione Dhanvantari, conosciuto come il Dio della medicina e l'albero di neem. Le prime testimonianze sull'utilizzo terapeutico del neem risalgono al 4500 a.C., in una grotta in Pakistan sono state rinvenute delle foglie di neem insieme ad altri manufatti appartenenti alla medicina ayurvedica. La farmacopea tradizionale indiana sin dalle sue origini inserisce il neem in numerose soluzioni, infatti era considerato come un rimedio universale. L'Ayurveda è l'antica medicina tradizionale e ad oggi è ben integrata nel sistema sanitario indiano e si trovano facilmente in commercio un consistente numero di preparati ayurvedici contenenti neem, come il jatyadi taila un olio contro l'ulcera, dhattur tailam un olio per dermatiti e dolori muscolari oppure il palit nasya un rimedio contro la calvizie....
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the King and the fire
"rose nere bruciate. cadute. sparite. spiriti.
ormai risiedono nel mondo delle anime. non è la morte che mi spaventa. è la lontananza dalle persone care. momenti, attimi condivisi, portati via dalle persone. questo mi spaventa. non poter passare altro tempo con loro. quando è la vecchiaia, non sento la pesantezza, è il normale corso dopotutto. è la precocità in cui una rosa viene strappata dalle sue radici che mi fa imbestialire. il fuoco divampa, bruciando il giardino di rose. son rimaste intatte, e di un bel nero corvino son diventate." Kalena mi raccontò ciò: durante la guerra del secondo millennio, lei rimase inerme a piangere le sue rose. diventò fredda come il ghiaccio, le sue lacrime ghiacciarono, il suo corpo divenne così freddo da far scendere l'inverno, e il suo soffio diventò nebbia. iniziò a nevicare. rose nere nella neve. lei era così vivace nel creare vegetazione ma ormai iniziò a rifiutarsi. adorava, anzi amava, le sue bellissime rose. iniziò a decorare i suoi capelli con essi, e il suo trono. in memoria del suo defunto re, cambiò nome. il suo nome era Krys. Krystall. come si evince dal nome, iniziò l'era del regno dei ghiacci. tanto tempo fa, stanco del freddo, lui passeggiò nelle antiche rovine del palazzo reale per estrarre l'antica spada della casata dei draghi - un manufatto dall'inestimabile potere offensivo - che sprigionò una forza incontrollabile, ed un temibile calore. si esercitava spesso con essa nel giardino della sua regina, finché un giorno, quel fatidico giorno, per sbaglio evocò l'anima della spada: il fuoco. il re bruciò vivo. i suoi occhi neri si spensero ancor di più e diventò la morte stessa; uno scheletro. Kalena assistì alla scena ma il re, per non far vedere come era ridotto il suo corpo, lanciò un incantesimo di illusione: di essere diventato cenere. lui così si allontanò, e si ritrovò vicino casa di Sigrùn - si ricordava ancora quando lei era una giovane ribelle, nonostante non sia cambiata affatto - e cominciarono a parlare. questa gli diede un completo da smoking, un cappello e un sigaro da fumare assieme. lui però fece uno scatto appena Sig accese il suo zippo; aveva paura di essere ferito ancora dal fuoco, così la ragazza lo invitò quella stessa sera a bruciare la foresta lì vicino. nel mentre, la regina iniziò ad odiare l'artefice della "morte" del suo amato e per aver presunto che fosse stata lei a bruciare la foresta: Arashi, l'erede della spada infernale; le era stato dato in dono alla cerimonia d'incoronazione della sua casata secoli prima, quando quasi tutti i draghi vennero sterminati dagli antenati del duca Hayden della casata Tsukishiro, il quale la sigillò. ricordatosi di questo, Arashi si riprese la sua arma e si diresse nel regno degli Tsukishiro per assicurarsi vendetta. appena raggiunse il castello degli Tsukishiro, Arashi scatenò suoi fulmini sulla cattedrale, attirando l'attenzione di Shiro; attaccò il drago, nel mentre Hayden si risvegliò dal suo sonno ristoratore; meditò un attimo sul da farsi e decise di sguainare le sue spade: una coppia di katane bianco-argentee. fu un duro scontro a senso unico. Shiro fu legata e crocifissa, nel mentre Hayden cercando di proteggerla guadagnò un centinaio di cicatrici sparse per il corpo.
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La sala dei Giganti di Giulio Romano
La sala dei Giganti di Giulio Romano
Mantova – Gli occhi stravolti, i capelli discinti, come la barba, bianchissima, la bocca spalancata a emettere l’ultimo grido. Lo sventurato gigante soccombe al fascio di fulmini che Zeus scaglia dalla cupola, impedendo ai ribelli di ascendere all’Olimpo.Dall’alto della volta il re degli dei, abbandonato il trono, scende sulle nuvole sottostanti, chiama a raccolta l’assemblea degli immortali e,…
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Sarà per mano loro che fulmini, terremoti e tsunami colpiranno la terra
Sarà per mano loro che fulmini, terremoti e tsunami colpiranno la terra.
Ma saranno fermati.
Essi soffriranno terribilmente e la loro angosciosa fine è stata predetta.
La battaglia di Armageddon sarà feroce poiché Dio non rimarrà senza agire e consentire una tale infestazione.
Terribili castighi di grande portata cancelleranno i pagani che rifiutano la Parola di Dio.
La preghiera a Dio per chiedere Misericordia è l’unico modo per attenuare tali castighi.
Le vostre preghiere, implorando il perdono delle loro anime, è l’unico modo in cui queste anime possono essere salvate.
27 Ottobre 2012 - Sarà per mano loro che fulmini, terremoti e tsunami colpiranno la terra
Mia amata figlia prediletta, esiste un piano per dare inizio ad un’ondata di predicazioni mondiali.
Queste predicazioni non verranno da Dio. Esse invece proclameranno la bugia che Dio non esiste e non può esistere.
Esse diranno, utilizzando il ragionamento umano e la valutazione scientifica, che Dio è solo il frutto della fantasia dell’uomo.
Questa predicazione non arriverà per caso, ma è una ben pianificata e coordinata campagna, progettata da quegli atei che hanno giurato fedeltà al maligno.
I loro cuori, le loro menti e le loro anime sono state rubate da Satana, che usa l’orgoglio del loro intelletto umano al fine di proclamare con arroganza le menzogne per bloccare la Verità.
Questo è un piano per trasformare ovunque i cuori della gente in pietra, proprio come i loro cuori, che sono freddi e senza amore. Poi verrà l’annuncio che sarà introdotta una nuova religione sostitutiva nelle leggi.
La religione mondiale renderà omaggio alla bestia poiché questa atrocità si realizzerà per mano degli schiavi del re delle tenebre.
Gli atei che hanno progettato questo piano sono devoti seguaci di Satana.
Non vi sbagliate, essi idolatrano la bestia e non pensano alle ferite e tormenti che porteranno le loro azioni.
La loro missione è di abolire la fedeltà all’unico vero Dio. Il Dio che ama ognuno dei figli che Egli ha creato. Essi respingeranno gli sforzi finora compiuti dal Cielo per salvare l’umanità dalla distruzione finale.
Sarà per mano loro che fulmini, terremoti e tsunami colpiranno la terra.
Ma saranno fermati.
Essi soffriranno terribilmente e la loro angosciosa fine è stata predetta.
La battaglia di Armageddon sarà feroce poiché Dio non rimarrà senza agire e consentire una tale infestazione.
Terribili castighi di grande portata cancelleranno i pagani che rifiutano la Parola di Dio.
La preghiera a Dio per chiedere Misericordia è l’unico modo per attenuare tali castighi.
Le vostre preghiere, implorando il perdono delle loro anime, è l’unico modo in cui queste anime possono essere salvate.
Figlia Mia, molte distruzioni avverranno a causa delle malvagità che questi gruppi atei intendono imporre sulla terra.
Molti di loro ignorano la gravità delle loro azioni.
Molti, tuttavia, sanno esattamente cosa stanno facendo poiché sono dei bugiardi.
Credono in Dio poiché hanno scelto la loro nemesi, il demonio, come loro dio per loro libera scelta.
Tutto ciò che vogliono è rubare le anime.
Dio, Mio Padre, interverrà col Suo potere non solo per punire, ma per salvare le anime prima che esse Gli vengano rubate.
Il tuo Gesù.
http://gesuallumanita.blogspot.it/2012/10/27-ottobre-2012-sara-per-mano-loro-che.html
Promemoria
- OGNUNO SALVA 5050 ANIME RECITANDO 50 VOLTE LA CROCIATA 104 tutti i giovedì, qua
I giorni scorsi abbiamo provato sul nostro blog alcuni sistemi per le notifiche push, finalmente siamo riusciti a trovare la soluzione definitiva, che funziona su Chrome e Firefox sia su pc che su i dispositivi mobili, consigliamo di usare questa ultima versione, qua
- MAI PRIMA D’ORA, LE VOSTRE PREGHIERE SONO STATE COSÌ NECESSARIE. "Figlia mia, chiedo a coloro i quali seguono questi Messaggi, di pregare per questa Missione. Le vostre Preghiere sono richieste, per proteggere quest’Opera da tutte le malvagie insidie e le opere che il Maligno, compie tramite coloro che lo servono e lo onorano. Mai prima d’ora, le vostre Preghiere sono state così necessarie" , qua
- La Quaresima di Gesù all'umanità, Messaggi e preghiere, qua
- Vergine Maria: Recita del Rosario in tutte le nazioni tra oggi e la Domenica di Pasqua, qua
- Lo spirito maligno di Gezabele ha programmato un grande assalto contro la Mia Missione per salvare le anime, qua
- Il cambiamento nella forma della Messa sarà presto presentato nella Mia Chiesa, qua
- Non vi sbagliate: l’eutanasia è un atto detestabile ai Miei Occhi, e porta con sé gravi conseguenze per coloro che vi partecipano, qua
- Abbiamo aggiornato le informazioni da non perdere per il mese di marzo, qua pubblichiamo le informazioni da non perdere.
- Ci sono nuove Richieste di preghiera, qua
- Esiste la possibilità di RICEVERE le informazioni in tempo reale del nostro blog e tutti i nostri canali dei feed rss, nella propria posta elettronica, cioè per email, in modo molto semplice, tramite il sito chiamato BlogTrottr, qua
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- In preparazione al Centesimo (100) Anniversario delle Apparizioni di Maria SS. a Fatima, qua - Rileggiamo attentamente i messaggi sull'Avvertimento, dobbiamo essere pronti!!
- Abbiamo aggiornato la nostra Rassegna Stampa, qua
- Nel messaggio del 9 Luglio 2012 ci ricorda di " Non dimenticate le Mie istruzioni di avere cibo che duri dieci giorni, candele benedette e oggetti sacri nella vostra casa". Supponendo che avremo già fatto tutti una buona scorta di acqua e di cibo prima dell'Avvertimento, non dimentichiamo di avere sottomano scorte di candele benedette ma anche di accendini, accendigas, fiammiferi, torce, batterie, stufette a gas, cucine da campeggio e bombole di gas. MA SOPRATUTTO PREPARATE LA VOSTRA ANIMA COME DICE GESÙ IN QUESTO MESSAGGIO!, qua
- Cerchiamo di formare il nostro gruppo della crociata di preghiera, anche solo di due persone, qua
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27 Ottobre 2012 - Sarà per mano loro che fulmini, terremoti e tsunami colpiranno la terra
27 Ottobre 2012 - Sarà per mano loro che fulmini, terremoti e tsunami colpiranno la terra
Mia amata figlia prediletta, esiste un piano per dare inizio ad un’ondata di predicazioni mondiali.
Queste predicazioni non verranno da Dio. Esse invece proclameranno la bugia che Dio non esiste e non può esistere.
Esse diranno, utilizzando il ragionamento umano e la valutazione scientifica, che Dio è solo il frutto della fantasia dell’uomo.
Questa predicazione non arriverà per caso, ma è una ben pianificata e coordinata campagna, progettata da quegli atei che hanno giurato fedeltà al maligno.
I loro cuori, le loro menti e le loro anime sono state rubate da Satana, che usa l’orgoglio del loro intelletto umano al fine di proclamare con arroganza le menzogne per bloccare la Verità.
Questo è un piano per trasformare ovunque i cuori della gente in pietra, proprio come i loro cuori, che sono freddi e senza amore. Poi verrà l’annuncio che sarà introdotta una nuova religione sostitutiva nelle leggi.
La religione mondiale renderà omaggio alla bestia poiché questa atrocità si realizzerà per mano degli schiavi del re delle tenebre.
Gli atei che hanno progettato questo piano sono devoti seguaci di Satana.
Non vi sbagliate, essi idolatrano la bestia e non pensano alle ferite e tormenti che porteranno le loro azioni.
La loro missione è di abolire la fedeltà all’unico vero Dio. Il Dio che ama ognuno dei figli che Egli ha creato. Essi respingeranno gli sforzi finora compiuti dal Cielo per salvare l’umanità dalla distruzione finale.
Sarà per mano loro che fulmini, terremoti e tsunami colpiranno la terra.
Ma saranno fermati.
Essi soffriranno terribilmente e la loro angosciosa fine è stata predetta.
La battaglia di Armageddon sarà feroce poiché Dio non rimarrà senza agire e consentire una tale infestazione.
Terribili castighi di grande portata cancelleranno i pagani che rifiutano la Parola di Dio.
La preghiera a Dio per chiedere Misericordia è l’unico modo per attenuare tali castighi.
Le vostre preghiere, implorando il perdono delle loro anime, è l’unico modo in cui queste anime possono essere salvate.
Figlia Mia, molte distruzioni avverranno a causa delle malvagità che questi gruppi atei intendono imporre sulla terra.
Molti di loro ignorano la gravità delle loro azioni.
Molti, tuttavia, sanno esattamente cosa stanno facendo poiché sono dei bugiardi.
Credono in Dio poiché hanno scelto la loro nemesi, il demonio, come loro dio per loro libera scelta.
Tutto ciò che vogliono è rubare le anime.
Dio, Mio Padre, interverrà col Suo potere non solo per punire, ma per salvare le anime prima che esse Gli vengano rubate.
Il tuo Gesù.
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Here I Stand. Capitolo VII
Note dell'Autrice: Prosegue il PoV di ser Rowan, uno sguardo diverso e più attento alla vita di Alto Giardino. Il viaggio è la parte iniziale del racconto, sebbene non l'unica. Ho pensato alla storia in tre differenti scenari, in cui i personaggi completassero il loro arco evolutivo. PoV Aguilar Rowan La tenda a cui era stato assegnato ser Aguilar era di modeste dimensioni, ma questo non gli procurava alcun fastidio, sebbene il viaggio fosse stato ammanto dell'aura di tragitto piacevole, dettaglio che aveva imposto il trasporto di orpelli inutili: una vasca in rame, uno scrittoio in legno ed un letto con un soffice materasso, come se potesse illudersi di essere ancora a casa. Sapeva di essere lontano da Goldengrove, e sapeva che lo sarebbe stato ancora per parecchio tempo. Aguilar sospirò, scrollò la testa, era stanco e non si spiacque di essere stato esonerato dal banchetto di ser Gunthor, che sarebbe durato sino a notte. Lo scudiero, che gli era stato raccomandato dallo zio, Vyrenus Kidwell, era alto, pallido, dinoccolato con una zazzera bionda in perenne disordine e gli occhi blu della lady sua madre, che Aguilar aveva incontrato poco prima che spirasse di parto. Era stato suo dovere, avvisare il giovane Serle Kidwell della lacerante perdita; aveva cercato di essere comprensivo, aveva usato termini delicati per illustrare la morte della donna e del bimbo che portava in grembo. Aguilar si era aspettato di vedere Serle in lacrime, di placarlo mentre prendeva a pugni la parete o cercava di trovare fiato per urlare, ma il ragazzino si era stretto nelle spalle in un pianto silenzioso, inconsolabile, non aveva voluto bere il vino, aveva chiesto di ritirarsi nella sua stanza. Era stato straziante, Aguilar aveva cercato di distrarlo, nei giorni a venire, con lezioni e battute di caccia. Serle aveva smesso di essere sorridente, qualcosa in lui era svanito ed era l'infanzia; riusciva a tenere la pena nascosta. Aguilar lo guardò avvicinarsi, salutarlo e porgerli delle cortesi domande. «Sì, tutto è andato secondo i piani.» gli disse, sentì di aver mentito, senza comprenderne il motivo, cambiò argomento in fretta: «Toglierò l'armatura. Portami una bacinella di acqua per rinfrescarmi.» aggiunse, armeggiò con le cinghie interne mentre lo scudiero ordinava i guanti, che il cavaliere aveva gettato con indolenza: «Per cena, basterà del vino, un piatto di carne calda e del pane.» lo informò: «Mi coricherò presto.» la sua voce non era dura, attese che Serle annuisse per sorridergli. Serle Kidwell procedette a liberarlo della lorica, poi degli stivali, gli vennero affidati la spada ed il pugnale, egli sistemò le armi non distante dal cavaliere, riordinò il resto ed uscì. Non impiegò molto tempo a rimediare l'acqua, gli porse un telo di lino, con cui Aguilar si asciugò, dopo l'essersi tolto la polvere del tragitto, indossò dei pantaloni di lana ed una camicia leggera, sotto alla giacca ed arrivò anche la cena, Serle apparecchiò la tavola con il cibo ancora fumante. «Hai fatto un buon lavoro.» sentenziò Aguilar, allungò la mano per posarla sulla testa di Serle: «Ricongiunti con gli altri, avremo spazio e tempo per un paio di lezioni con l'arco.» decise, notò che l'umore dello scudiero pareva più sereno: «Ora, sei libero. Buonanotte, Serle.» lo congedò. «Grazie, ser.» Serle aveva la voce spezzata, ancora sgraziata e nessuna traccia di barba sul viso: «Sia una notte lieta per te.» fece un inchinò e si dileguò dietro alla tenda. Aguilar Rowan rilassò i muscoli, era stata una lunga giornata dall'esito positivo: il rilascio dell'ostaggio non aveva subito imprevisti, lady Mormont si era riunita alla Casata materna, sotto la cui tutela avrebbe viaggiato. Sarebbe giunta ad Approdo del Re, così che il Nord potesse piegarsi alla grandezza dei Lannister. 'Sylvia non merita questa umiliazione.' pensò, mentre portava il vino alle labbra: 'Ha visto i suoi famigliari massacrati. È stata trattenuta nelle segrete. Potrebbe giurare privatamente, ma dopo una guerra, i sopravvissuti devono espiare per i morti.' Aguilar aveva studiato la storia di Westeros: il Continente era una torta, che da anni, era spartita secondo gli appetiti delle grandi famiglie. Il Nord era troppo impervio, racchiuso in uno scrigno gelido, minacciato da creature che si credevano leggende, sbiadite nella memoria eppure temute, governato da un'antica Casata. Era stato il Giovane Lupo a far piegare il Nord, a lasciarlo spezzare da altri, solamente per la sua necessaria vendetta, per il suo prezioso onore. Il cavaliere mangiò, udiva banchetti ben più allegri, ebbe l'impressione di sentire la voce di ser Gunthor invitare ad un brindisi, sperò che Sylvia non fosse costretta a procrastinare a lungo, il riposo. Archibald passò davanti alla tenda, rise e non era solo, Aguilar sentì dei passi più leggeri, scosse il capo, ma l'amico non parlò per evitare di essere notato da altri soldati o dai nobili e compromettere la sua compagnia notturna; non era un uomo sleale o crudele, forse una moglie sarebbe riuscito a quietarlo, anche perché non era certo un giovinetto. Aguilar finì la cena, lesse qualche pagina di un libro sulle imprese dei Signori dei Draghi, poi spente le candele, scivolò sotto il lenzuolo di lino, le coperte di lana e le pellicce, il freddo gli diede qualche crampo allo stomaco ma vi era abituato, si chiedeva come si potesse dormire a Grande Inverno o alla Barriera, visto il clima del Guado era considerato mite. Le torce emanavano raggi rossastri, che sfioravano il tavolo, la cassapanca, i suoi occhi ne erano attratti, ma le palpebre erano pesanti e lentamente smise di lottare per alzarle I raggi di un sole pallido, illuminavano il corridoio inferiore del palazzo di Goldengrove; Aguilar seguiva i passi affrettati di sua sorella, Edeline, che stava andando nei sotterranei, avvolta in uno scialle bianco, che apparteneva alla loro madre. Edeline era una fanciulla graziosa, aveva lunghi capelli fulvi, che sfioravano i fianchi, gli occhi azzurri e se il suo onore non fosse stato macchiato, avrebbe concluso un vantaggioso contratto matrimoniale. Non pensava a quello, suo sorella, mentre avanzava scarmigliata e con la pelle più diafana del consueto. C'era silenzio nel castello, ma non all'esterno, anche se Aguilar non riusciva a distinguere i rumori, pareva uno sferragliare di armi, oppure il rombo di un tuono. L'inverno arrivava sempre, come ricordavano gli Stark, ma i Rowan non erano costretti a cercare riparo, perché il calo delle temperature era sopportabile, i temporali passeggeri, i danni contenuti. Nell'androne principale, però, c'erano tutte le donne, i vecchi ed i bambini del palazzo, alcuni piangevano, altri pregavano; le dame erano attorno a lady Rowan che sorrideva incoraggiante alla figlia. «Siedi con noi.» allungava la mano, la sua voce affettuosa, un mormorio delicato, faceva accostare i figli, anche se Aguilar pareva invisibile; Edeline tremava, il viso portava i segni delle lacrime, annuiva per apparire degna del proprio ruolo, ma il terrore la scuoteva sin nelle viscere. «Hai paura, molti ne hanno, senza che ve ne sia motivo, figliola.» proseguiva sua madre, il piglio sicuro ed autorevole di una donna allevata per governare una casa. L'angoscia vibrava attorno ad Aguilar, perché seppure non vi fossero finestre, qualcosa si avvicinava; Edeline stringeva il proprio cagnolino, un meticcio color grano, invocava la protezione della Madre, come tutti gli altri. Il candelabro sul soffitto oscillava, l'oscurità pareva calata con la forza violenta dell'aria, che aveva spalancato, forse persino frantumato, le finestre ai piani superiori. «Gli accordi sanciti sono chiari: non ci verrà fatto del male.» diceva lady Rowan, accarezzava il braccio della figlia, un'ombra di dubbio offuscava il suo sguardo. Aguilar sentiva suoni cavernosi, simili a grida e lo sferzare di una tempesta senza acqua, senza tuoni, senza fulmini. «Madre.» sussurrava Edeline: «I draghi non sottoscrivono accordi.» Non vi era il caos, a ridosso di Goldengrove e nessuno poteva trattenerlo. Aguilar Rowan aprì gli occhi, era notte e non c'erano rumori, oltre al crepitare dei fuochi, i soldati di guardia erano taciturni. L'incubo allontanò il sonno, pensò alle chiacchiere dei mercanti, sull'ultima Targaryen, sui draghi fatti nascere dalla pietra e dal fuoco, sulle sue conquiste militari ed Aguilar si domandò cosa avrebbe fatto con una simile potenza, se non ridurre i Sette Regni ad un cumulo di macerie. 'Fuoco e Sangue' ricordò Aguilar: 'Un drago a tre teste che promette fuoco e sangue. Per gli Dei vecchi e nuovi, sarà quello che avrà.' Il Nord avrebbe resistito, in mano ad un lord più capace di Roose Bolton, perché il ghiaccio può spegnere qualsiasi fuoco, anche quello di un drago, ma non sarebbe accaduto e non era successo in passato. La devastazione portata dai Targaryen era stata tale da richiedere una soluzione meno cruenta, gli Stark erano re, pur di non ridurre la popolazione allo stremo, avevano ceduto. Era stato un nobile gesto, forse anche giusto, ma il Nord aveva un'arma contro i draghi e non l'aveva usata, lo sapevano bene i Targaryen. Aguilar cercò a tentoni il boccale d'acqua, che Serle gli provvedeva ogni notte, inoltre, si rese conto di aver bisogno del pitale, sospirò. In quella quiete, che favoriva speculazioni lugubri, sentì distintamente Archibald ridere mentre una voce femminile voleva zittirlo, dovevano essere nella tenda di lui, Aguilar non se ne meravigliò. «Non fare baccano.» sussurrò lei. Rowan la riconobbe subito: era Ilya Flowers, la cameriera scelta per lady Mormont; non si sapeva molto della ragazza, si favoleggiava avesse il sangue della casata Grimm e di una cameriera di lady Tyrell; questo avrebbe giustificato l'interesse della Regina di Spine nei confronti della bimba, educata per divenire una septa. Ilya decise di cedere ad un cavaliere ma non con discrezione, bensì con lettere d'amore, regali, una breve fuga, fu impossibile mettere a tacere la storia, così il cavaliere venne portato all'altare ed Ilya scacciata in malo modo, salvo fare la sua ricomparsa, come domestica degli Hightower. L'uomo arguì che la ragazza fosse riuscita ad uscire, perché la padrona era addormentata; trasse sollievo da quel pensiero: lady Mormont non era perfettamente guarita, aveva bisogno di molto sonno. Cercò di spostare la mente su altro, però udì altri suoni, fin troppo plateali per apparire equivoci; il cavaliere trasse un lungo respiro e bevuta l'acqua, decise che i suoi oscuri incubi erano preferibili al rumoroso sollazzo altrui. Lord Hightower era in attesa, sfiorava di tanto in tanto, il pesante bordo di pelliccia del mantello, come se lo indispettisse, alle sue spalle, lo scudiero stava sistemando il cavallo. «Dimmi, dunque.» salutò in tono serio, il cavaliere di Goldengrove: «Com'è il paesaggio offerto dal Guado?» chiese, il viso duro non si distese nel sorriso, ma era raro che lo facesse. «Singolare, milord.» rispose Aguilar, che si attendeva una reprimenda assai peggiore, per il ritardo della sera precedente: «Io non ho viaggiato molto, però il Guado è umido, ma non molesto, il freddo pungente però tollerabile, vi è del verde, molta acqua e poche zone abitate. Non ispirano fiducia quei sentieri senza mai un cavallo o un carretto, fanno pensare che possano esservi dei ladri.» spiegò con la massima onestà, perché Gunthor Hightower non faceva richieste di cui non ascoltasse la replica. L'uomo annuì, la mano sinistra era posata sull'elsa della spada: «Ladri, tagliagole, disertori.» acconsentì: «La tua è stata una scelta saggia, purtroppo, non avevi pensato che lady Mormont abbisognasse di parecchie soste, perciò stavi incappando nel buio.» era una sorta di elogio, a cui ser Rowan chinò la testa. Sylvia Mormont, accompagnata da Ilya Flowers e da Deary, uscì dalla proprio tenda, quasi nel medesimo istante; Aguilar notò la fasciatura alla spalla, il braccio piegato verso il busto, però la cameriera aveva sistemato i capelli castani in una complicata acconciatura, in cui brillavano piccoli pettini bianchi, inoltre, aveva un abito differente in stoffa blu; i motivi ornamentali dorati sulla gonna, per quanto potesse vedere, sembrano petali di rosa ed altri in argento erano simili a rami flessuosi, che risalivano sino al busto, con perle, quali spine. 'Potrebbero ricamare su ogni indumento: proprietà della Casata Tyrell.' pensò irritato Aguilar Rowan, non comprese, esattamente cosa lo infastidisse, l'intero guardaroba, della promessa sposa di ser Willas Tyrell, era stato commissionato dai signori di Alto Giardino, supervisionato Margaery Tyrell, affinché la futura cognata possedesse uno stile elegante, raffinato, ma adatto alla sua età, quindi, colorato e piacevole; non si era badato a spese ed in ciò, avevano contribuito gli Hightower. Era logico sfoggiasse gli emblemi dei suoi benefattori, della Casata a cui sarebbe appartenuta, Aguilar sentiva che c'era qualcosa di sbagliato, ma non sapeva dove. Sylvia aveva un passo celere, il viso era ancora segnato dalla prigionia, ma gli occhi avevano uno sguardo brillante, che andò a posare su Aguilar per una manciata di secondi, in cui respirò a malapena, lei distese le labbra carnose in un sorriso gentile ed era bella, forse, non l'aveva ammesso con se stesso, non aveva osato, pero la ragazza del Nord era bella, come il sole in inverno. «Lieta giornata, miei signori.» esordì in tono garbato, chinò la testa in direzione di lord Hightower; Aguilar notò che aveva già messo un caldo mantello, dello stesso colore del vestito, aveva anche infilato i guanti, calzato gli stivaletti alla caviglia, ma un dettaglio catalizzò la sua attenzione, gli ricordò la fanciulla fiera, che aveva ignorato Walder Frey, che era uscita a testa alta in sella al suo cavallo: era la spilla con la testa dell'orso dallo sguardo feroce; era stata applicata sopra al cuore, ben visibile a chiunque. Lui ne fu felice, insospettabilmente, perché quelle vesti, quegli agi non avevano celato la fermezza della ragazza, tutto sembrò avere un senso. Lord Kidwell si aggiunse per salutarla, mentre attorno a loro, i vessilli erano sollevati, le tende smontate; i carri erano pronti, ma non si poteva dire altrettanto del seguito. Sylvia non pareva farvi caso, sollevò il cappuccio posato sulle spalle, si sporse verso Ilya, che indossava un mantello verde acqua, sul quale quasi brillava la treccia di capelli rossi, cosa si dissero, Aguilar non lo intese, né gli parve il caso di origliare. «Lord Hightower, permettimi di ringraziarti.» disse lady Mormont, mentre cavalieri e scudieri sembravano intenti a ripetere i medesimi gesti, nonché a sbuffare: «Ho goduto di un ottimo riposo, la colazione è stata deliziosa.» lasciò il braccio sano a sorreggere l'orlo della gonna, senza fare un passo. «Esigo il meglio per i miei famigliari.» puntualizzò Gunthor Hightower, era chiaro che apprezzasse le parole, ma che avrebbe gradito maggior calore, purtroppo si conoscevano da meno di un giorno e lord Hightower non era paziente: «Il viaggio non è confortevole per una dama, quindi, le tue parole mi danno sollievo.» decise di aggiungere. Sylvia spostò il capo: «Ser Rowan.» gli parve fosse vicina, se avesse teso il braccio, sarebbe riuscito a sfiorarla, ma suo zio gli avrebbe reciso la mano, cercò distrazione nell'ovale perfetto di Ilya, nei suoi occhi verdi come il mare, nel suo fisico slanciato avvolto in abiti semplici, nella grazia che pareva farla danzare, anziché muoversi. Erano pochi gli uomini disposti a negare il fascino di Ilya Flowers ed Aguilar Rowan non era tra essi, eppure c'era qualcosa di più attraente in Sylvia Mormont, che lo spingeva a cercarla: «Ti ringrazio, perché sono stata un bagaglio di notevole peso, che hai trattato con impeccabile cura.» fece un cenno: «Non scorderò la tua gentilezza.» concluse. Aguilar pensò che Sylvia possedesse qualcosa che andava oltre la sua stessa anima, trascendeva la sua natura, che non riguardava il suo rango, era dell'altro, indescrivibile e reale; era ciò a renderla così bella, a donarle una bellezza che non conosceva il Tempo, una bellezza che si sprigionava attraverso di lei. Possedeva qualcosa di raro, di prezioso, che riusciva ad intravedere a sprazzi, restando abbagliato, senza cognizione dell'errore che compiva nei riguardi dei Tyrell. «Né io potrò scordare il tempo trascorso in tua compagnia.» si accorse di aver risposto, nel momento il suono si estese nell'aria: «Mia signora.» vide che la replica era parsa unicamente educata, consona al dialogo, trasse un sospiro sollevato. Lord Hightower spiegò come si sarebbe svolto il tragitto: la nipote avrebbe usufruito di una carrozza, i suoi bagagli erano stati caricati e si sarebbe unita ai cavalieri per il pasto serale; nulla le vietava di cavalcare su Brina o sul destriero dello zio, qualora si fosse sentita in forze e Sylvia annuì con diligenza, prima ringraziare di nuovo. Ser Archibald Chester si palesò nel preciso istante in cui Gunthor Hightower era pronto ad andare nella sua tenda per afferrarlo con le proprie mani e gettarlo in mezzo all'accampamento; non sarebbe stata la prima volta, sebbene non mai arrivato ad un simile trattamento con ser Chester, in pochi sfuggivano all'ira di Hightower. Il cavaliere aveva un aspetto rilassato, portava una cappa verde scuro, chiusa da una mano di rubino; aveva capelli e barba curati, diede indicazioni per i suoi averi, poi notato il piccolo assembramento in attesa, rivelò un sorriso che invitava all'indulgenza, come alla severità. 'Vediamo, come se la cava.' Aguilar incrociò le braccia al petto, ansioso di assistere al prodigio. Archibald si posizionò ove fosse ben visibile da tutti, lanciò una sola occhiata ad Ilya e si produsse in un inchino formale, degno di una presentazione reale; elencò i presenti ad uno ad uno, iniziando giustamente da lady Mormont, finendo con Serle Kidwell, arrivato per porgere la borraccia scordata da Aguilar, le sue scuse furono semplici, essenziali, impregnate della sua notoria galanteria, perché chiunque si sarebbe privato del sonno, pur di rimirare lo splendore di Sylvia Mormont, perché il poter servire Gunthor Hightower era un alto onore ed accompagnarsi a tali esempi di cavalleria poteva definirsi un dono dei Sette. Non usò soltanto le parole, informò Kidwell di piccoli dettagli circa il trasporto di alcune cassapanche, che potevano essere spostate in un carro più robusto; ribadì le proprie scuse in forma ufficiale. Ser Archibald Chester tra sguardi ammonitori ed indulgenti, fu perdonato. «Canaglia!» esclamò Aguilar, dandogli una pacca sulla pacca. Archibald rise piano: «Non sono neppure andato a giocare.» finse di giustificarsi. Sylvia Mormont ed Ilya Flowers, così come Deary passarono la mattina nella carrozza, dietro le cortine rosse con il bordo bianco degli Hightower. Kidwell e Hightower guidavano il Seguito, che terminava con i soldati di scorta ai cavalieri ed alle vettovaglie, c'erano soltanto sei carri, ma il distaccamento era stato organizzato per muoversi agilmente sino al Guado. Ser Rowan e ser Chester erano in seconda linea, il primo era ancora incatenato al proprio incubo, ai draghi dell'ultima Targaryen in volo su Alto Giardino, un'immagine antica e spaventosa di cui non voleva fare parola, meno che mai intendeva indugiare sulle riflessioni circa lady Mormont; il secondo sbadigliava a cadenze regolari, a tratti, sonnecchiava palesemente. 'Devi trovare un passatempo.' Aguilar non era abituato a ragionare in simili termini, ma Sylvia sarebbe stata la signora di Alto Giardino, la moglie di Willas Tyrell, uno degli uomini migliori che conoscesse: 'Archibald ha un occhio allenato, Ilya è già sua e lo resterà per un po' e non credo di aver notato nessun'altra, fra le cameriere.' sentenziò torvo. Archibald si curvò in avanti, anche troppo e l'amico, allarmato, si sporse per agguantargli il braccio e questi si svegliò di soprassalto, ricambiando l'occhiata con aria confusa. «Ben ti sta.» commentò ser Rowan, quando lo vide stringere le briglie. «Potevo non avere più le gambe, considerato quanto vi ho fatti aspettare. L'età addolcisce l'animo.» ribatté con una sorta di sbuffo o sbadiglio, rise piano: «Da quando osservi con scrupolo la castità?» lo punzecchiò sarcastico: «Da una luna, circa. Perdonami, dunque, ho scandalizzato la rinata innocenza.» Aguilar storse la bocca: «Una luna di tempo?» finse indignazione: «Hai dimenticato come si contano i giorni.» ridacchiò a suo volta: «Non essere sciocco, piuttosto. Io ho il senso della misura.» consigliò in tono più serio. Archibald sbatté le palpebre, infastidito dalla luce del Sole: «Il senso della misura, ser Rowan?» domandò scherzoso: «Spero non sapere mai a cosa tu alluda.» «Lo sai bene.» L'uomo fece un profondo respiro: «Io non agisco da stupido.» parlò in un sussurro: «Evito qualsiasi scandalo, molti li ho sfiorati. Non vi sono caduto. Non darti pena.» concluse. 'Non ti preme della reputazione di Ilya?' Aguilar non lo chiese, conosceva la risposta, mai esplicitata eppure chiara, come il cielo del mattino, distolse il viso da ser Chester, senza più menzionare la faccenda. La giornata ebbe un clima mite, tanto che pasteggiarono su teli posati sull'erba fresca, lasciando ai camerieri, l'arduo compito di non rovesciare i boccali di vino. Lady Mormont fu aiutata da lord Hightower a scendere dalla carrozza, mentre Serle Kidwell si precipitò ad aiutare Ilya Flowers. 'Madre, preservalo almeno da questa delusione.' pensò Aguilar Rowan, scrollando il capo. Era stato Gunthor Hightower a spiegare, con una buona dose di tatto, quanto fosse semplice essere ammaliati da una fanciulla, nutrire tenere emozioni nei suoi confronti, ma la ragione ed un temperamento fortificato dall'educazione, erano in grado di discernere fra ciò che è consono da quel che non lo è affatto. Aguilar Rowan capì che avrebbe dovuto affrontare una simile, incidentata lezione. Le visite nelle Case di Piacere erano uno svago, aveva aggiunto il lord, da non scambiarsi per una malsana abitudine o peggio, nel posto in cui incontrare donne a cui regalare tenerezze e sostanze, esse erano già ricompensate, il loro unico scopo era il divertimento, non certo il calore che una moglie può offrire. 'Questa parte, può aspettare.' si convinse egli: 'Gli vieterò di seguire Archibald, anche sotto invito.' «Ser Willas Tyrell ama la cultura, non è stato in condizione di viaggiare, ma ha ricevuto diversi Maestri della Cittadella.» la voce di Hightower distrasse Aguilar: «Ho avuto l'onore di insegnargli la lingua di Lys.» non sorrise, né lo fece Sylvia, il silenzio calò fra loro. 'Ha imparato la vulgata dell'isola in cui lady Mormont ha trovato fortuna. Sarà stato il destino.' Sylvia riprese a sbocconcellare pane dolce, beveva ancora acqua e soltanto un calice di vino su insistenza di lord Kidwell, certo che l'aiutasse a sopportare la fatica. «Ho veduto alcune illustrazioni di Vecchia Città.» interloquì lady Mormont: «Ricordo che mi affascinava quel maestoso faro, candido come neve, che portava sino in cielo, una fiamma dorata, quasi fosse stato un braccio teso. Sono certa che esista qualcosa di altrettanto magnifico o anche di più, ma io ho avuto solo disegni.» era una domanda implicita allo zio, un modo per cercare di apprendere qualcosa in più su di lui, sulla famiglia e su di sé. Gunthor ne parve lieto, sorrise per più di un fugace istante, per poi rispondere: «Dovresti visitare il Tempio Stellato, so che sei stata introdotta al culto degli Dei del Nord, ma il Tempio ha mura di marmo nero, in cui puoi vedere il tuo viso e le finestre sono ad arco, quando la luce lo inonda, sembra che gli Dei posino le dita sulle teste dei pellegrini.» fu un racconto gradevole, che piacque alla fanciulla: «Esiste la Cittadella, puoi scorgerne le cupole già dalle sponde del fiume, Vino di Miele ed è una visione misteriosa, quasi oscura, molti ne hanno timore.» si portò il boccale alle labbra, bevve in fretta per continuare: «Arrivata ai cancelli, potrai ammirare due creature di pietra vegliare sulla sicurezza del Sapere dei Sette Regni: hanno il corpo di leone, fiero e muscoloso, agili ali d'aquila, pericolose code da serpente ma arrivando al capo, scorgerai il volto di un uomo a destra e di una donna a sinistra, impassibili e vigili.» accennò un sorriso, nel finire la frase. Sylvia era raggiante, annuì diverse volte, come cercasse di vedere quanto le era narrato, alla fine chinò il viso: «Una meraviglia.» commentò. «Lo è.» acconsentì lord Hightower: «Potrai visitarla, a tempo debito e col permesso del tuo sposo. C'è tanto da vedere a Vecchia Città.» Non menzionarono i parenti, perché Gunthor pareva il solo ad avere ricordo della sorella, della sua progenie, l'interesse mostrato era parso sincero, l'affetto era germogliato, sarebbe cresciuto, lord Hightower avrebbe impiegato ore, mentre lady Mormont sarebbe stata più cauta. Aguilar sentì un colpo al costato, volgendosi, trovò Archibald con il vino nella mano sinistra. «Non agire da sciocco.» gli ripeté sottovoce. Il cavaliere volle sorridere, ma non vi riuscì, restò fermo per qualche istante, poi riprese a mangiare, spostando l'attenzione e la conversazione sui cavalieri.
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Le leggende di Natale in Toscana
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Le leggende di Natale in Toscana
Non voglio essere irriverente, ne tanto blasfemo, ma l’elettrizzante magia che coinvolge buona parte degli aspetti del Natale è legata al mito, alla tradizione e in molti, moltissimi casi alla leggenda. Già la stessa data in cui si festeggia la venuta al mondo del Salvatore, rientra proprio in quest’ottica; la Bibbia non dice nulla di specifico circa il mese o il giorno in cui nacque Gesù. Nella scelta del 25 dicembre come giorno di Natale, influi il calendario civile romano, che alla fine del III° secolo celebrava in quel giorno il solstizio invernale, il cosiddetto “sole invitto”. Da quella data, le giornate si facevano più lunghe e metaforicamente parlando, in questo contesto, alla nascita del Cristo gli venne attribuito medesimo significato, il significato della Luce che nasce per sconfiggere le tenebre, un nuovo sole di giustizia e verità.
Babbo Natale e San Nicola
Questo è l’esempio più alto, più significativo, ma ne possiamo citare altri, meno sintomatici, ma utili per capire il concetto. E se, come nella circostanza della nascita di Gesù, il paganesimo si è fatto cristianesimo, nel caso di Babbo Natale è il fatto contrario, è il cristianesimo che si è trasformato in paganesimo. Si, perchè Babbo Natale vide origine in San Nicola, santo vissuto nel IV secolo e festeggiato il 6 dicembre. Secondo la tradizione, San Nicola regalò una dote a tre fanciulle povere, perchè potessero andare in sposa, invece di darsi alla prostituzione, in un’altra occasione salvò tre bambini. Fu così, che nel Medioevo prese usanza, nel giorno in cui si festeggia il santo di commemorare tutti questi episodi, facendo piccoli regali ai bimbi. Con il passare dei secoli, in special modo nel Nord Europa, si appropriarono di questo commemorazione, trasformando San Nicola in Samiklaus, Sinterclaus o nel nome a noi più conosciuto di Santa Claus. Di li, il passo fu breve, i festeggiamenti si spostarono alla festa più vicina e più importante: il Natale. Si potrebbe continuare ancora e osservare che anche l’albero di Natale nasce dalle credenze popolari nordiche, così come le palline con cui viene decorato videro la loro genesi nella leggenda. Insomma, tutto quello che è legato al Natale è ammantato di leggenda, favola e allegoria e a tutto questo non si poteva sottrarre la Garfagnana, una delle culle di questi tradizionali racconti e allora seguitemi faremo un viaggio in alcune delle leggende di Natale della Garfagnana.
LO ZINEBRO
Ginepro
In Garfagnana c’è l’usanza di fare l’albero di Natale con il Ginepro, mai con l’abate, nemmeno con il pino, solamente con lo zinepro (come si dice in dialetto). E sapete il perche? Perchè quando San Giuseppe e la Madonna scapparono per andare in Egitto e il perfido Erode dava la caccia a tutti i bambini, fu proprio lo zinepro che salvò Gesù, comportandosi meglio delle altre piante. Era una notte buia e tempestosa, pioveva a più non posso, e dopo la pioggia anche la neve. Il povero San Giuseppe non sapeva come fare a riparare dal maltempo se stesso e Maria, non c’era l’ombra di una capanna, nemmanco di un metato, di fronte a se aveva solamente selve. Videro allora una ginestra e gli chiesero riparo, la ginestra stizzita le mandò via. Gambe in spalla allora, finchè non videro una bella scopa (n.d.r: un’erica), alta e frondosa, all’ennesima pietosa richiesta di riparo la scopa ebbe a dire:– Surtitimi di torno, io nun ne vo’ sapè di voialtri. E poi se per disgrazia passa Erode e vi trova qui sotto mi brugia anco me. Surtitimi di torno v’ho ditto!- Intanto continuava a nevicare copiosamente e ai due poveri sposi non rimaneva altro che cercare un albero benevolo. La stanchezza però oramai le stava vincendo, fino a che non scorsero uno zinepro, anche a lui chiesero riparo:- Vinite, vinite pure– gli rispose e per ripararli meglio e perchè Erode non li trovasse protese i suoi aghi in avanti – Cusì se viene Erode si punge tutto-. Il malvagio tiranno passò, ma non le trovò. Il mattino dopo aveva smesso di nevicare e finalmente San Giuseppe e la Madonna ripresero la strada per l’Egitto. Da quel giorno per i garfagnini lo zinepro diventò il loro albero di Natale.
I RE MAGI SULLA PANIA
L’impronta dei cammelli sulla Pania
Credeteci pure, c’è una notte, fra Natale e la Befana che i Re Magi passano sopra la Pania, sui loro cammelli alati. Veleggiando sui nostri monti si dirigono verso Betlemme, guidati da una stella maestra. Quello che è certo che la strada è lunga da fare, il percorso è improbo e le Apuane sono uno scoglio duro da superare. Quello è proprio il periodo del maltempo, pioggia e bufere di neve sono all’ordine del giorno e i venti che spirano dal mare creano un muro di nebbia invalicabile, infatti quando i tre Re passano proprio sulla vetta della Pania della Croce i cammelli repentinamente si abbassano dirigendosi verso il monte, prendendo da li lo slancio verso il mare. Nel punto esatto dove gli zoccoli dei quadrupedi toccano la cima, lasciano l’impronta dei loro zoccoli e nel cielo uno sfavillio di scintille, che vengono giù come luccicanti stelle cadenti.
SAN PELLEGRINO E BERTONE: IL MUGNAIO CHE NON VOLEVA FESTEGGIARE IL NATALE
C’è una località vicino a Castiglione che è detta “Il Mulinaccio”,
questo dispregiativo ha un perchè. All’epoca, in questa località sorgeva un mulino che prendeva le acque dal vicino torrente chiamato “Butrion”. Il padrone era il mugnaio Bertone, uomo infido, antipatico e pure cattivo, dal momento che ad ogni piè sospinto bestemmiava Nostro Signore. Dal cielo l’arcangelo Gabriele chiedeva vendetta, ma il Signore visto l’intercedere di San Pellegrino chiudeva sempre un occhio, chiedendo però in cambio un’opera buona del mugnaio irrispettoso. L’occasione di redenzione l’ebbe la notte di Natale. Tutti i paesani si stavano preparando per andare alla messa, le campane stavano suonando, ma Bertone non ne voleva sapere di andare a messa e per dispetto e per avidità dette il via alle rumorose macine del mulino e cominciò a lavorare. All’improvviso un sinistro rumore echeggiò da sopra il suo mulino, dalla montagna si staccò un grosso masso, che sollecitato dalle ali dell’arcangelo precipitò sulla costruzione, schiacciando Bertone. Si racconta che da quei tempi, proprio la notte di Natale chi passa da quelle parti, sente ancora strani rumori, come lo strepitio di catene e il girar di macine.
IL CEPPO DI NATALE
In Garfagnana dove il retaggio contadino è ancora sentito, le tradizioni natalizie vengono tenute vive affinchè non venga dimenticato l’insegnamento degli avi. Questo è il caso del “ceppo di Natale”, che di leggenda non ha niente, ma rientra nelle nostre care, vecchie e dimenticate tradizioni. Il ceppo, non è altro che un grosso ciocco di legno messo ad ardere nei camini alla vigilia di Natale. Il grosso pezzo di legno, alcuni mesi prima veniva già adocchiato dal contadino, una volta scelto accuratamente era messo ad asciugare, pronto per quella sera ad essere arso davanti alla famiglia riunita. La particolarità era che questo grosso ciocco (talvolta talmente grande da essere trasportato da due persone), doveva ardere fino alla sera di Santo Stefano, in alcune famiglie addirittura fino alla sera del capodanno. Per durare così a lungo venivano usati alcuni stratagemmi, come ungerlo con il grasso di maiale o coprirlo di cenere perchè la brace non lo bruciasse completamente. Di solito veniva chiamato pure il prete a benedire il ceppo, dato che il suo significato rientrava nella sfera religiosa, dal momento che il suo calore doveva servire per accogliere e riscaldare la venuta di Gesù Bambino nella casa.
Ma quest’usanza vide la sua origine in tempi lontanissimi e si rifaceva probabilmente al significato puramente pagano che si dava al solstizio d’inverno: un fuoco sacro, in collegamento diretto con il sole. Tant’è che proprio San Bernardino da Siena deplorava questa tradizione. Siamo a Firenze nel 1424 e queste furono le sue parole: “Per la natività di nostro Signore Gesù Cristo in molti luoghi si fa tanto onore al ceppo. Dalli ben bere! Dalli mangiare! El maggiore della casa il pone suso e falli dare denari e frasche. Perché è così in Natale rinnegata la fede e perché so’ convertite le feste di Dio in quelle del diavolo? Si vuole mettere el ceppo nel fuoco et che sia l’uomo della casa quello che vel mette, coloro i quali pongono il ceppo al fuoco la vigilia di Natale, conservano poi del carbone alcuni contro il cattivo tempo pongono fuori della propria casa l’avanzo del ceppo bruciato a Natale”. Si, perchè esiste ancora l’usanza di conservare le sue ceneri, a quanto pare hanno proprietà magiche e di buon augurio: possono essere sparse nei campi per avere un buon raccolto, favoriscono la fertilità degli animali e proteggono dai fulmini.
San Bernardino, il predicatore
Leggende e usanze queste, che fanno parte di un bagaglio culturale antico, che si intreccia in un singolare mix di sacro e profano, ricordandoci che non è importante cosa trovi sotto l’albero di Natale, ma chi trovi intorno. Buon Natale a tutti !!!
Bibliografia:
“La Pania” dicembre 1990 “Il zinebro” professor Gastone Venturelli
“Racconti e tradizioni popolari delle Alpi Apuane” Paolo Fantozzi. Edizioni le lettere
“Predica XXIV” San Bernardino da Siena
#Babbo Natale#Ginepro#Natale#paolo marzi#Samiklaus#San Bernardino#San Nicola#Santa Claus#Sinterclaus#toscana
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Capitolo 25
Ellena si asciugò il sudore dalla fronte. Lo scontro sembrava essersi concluso in loro favore. Si voltò verso Julian, che le sorrise nonostante la stanchezza.
«Gli uomini di Lechner sono fuggiti come i codardi che sono, Lady Von Meyer.»
L’arciduca Leonas Bryland era un combattente formidabile. Era stato un vecchio compagno d'arme di suo padre, e quando aveva visto la figlia di Adrian Von Meyer correre in suo aiuto contro gli uomini di Lostwich, quasi non aveva creduto ai propri occhi.
«Siamo soltanto all'inizio, purtroppo.» Lord Eremon sopraggiunse alle loro spalle, ripulendo le daghe corte che usava con maestria in combattimento. «Lord Ceorlic ha mandato i rinforzi ad Lechner, è sempre stato il cane fedele del Re, e da quando quei due si sono alleati...» Scosse la testa. «Ancora fatico a credere a quello che hanno fatto al Barone Grainne.»
«Che Re Ulfric “Manto di Tempesta” potesse fare una cosa del genere, non se lo aspettava nessuno.» Confermò il Duca Bryland. «Lechner è diventato un mostro, e il Re sembra essere uscito di senno. Tutto questo sta distruggendo il Khanduras.»
Ellena annuì, sovrappensiero. Il Barone Grainne aveva rifiutato di pagare le tasse al Re, chiamandolo codardo. In risposta, il Re aveva fatto massacrare la sua famiglia, raso al suolo il castello e saccheggiato le sue terre.
Dopo che il Re aveva lasciato morire la Divina Adelasia, il Regno si era spaccato in molteplici fronti: alcuni supportavano il sovrano, altri vi si opponevano, altri ancora avevano approfittato della guerra civile e della venuta dell’Orda per invadere i territori dei nobili vicini con cui si contendevano da decenni qualche pezzo di terra.
Il risultato era evidente: l’Orda di Urthemiel avanzava inarrestabile, distruggendo tutto ciò che incontrava, senza che i lord e lady del Khanduras riuscissero a trovare un accordo per combattere insieme.
Il Duca Telmen, nelle cui terre si trovavano attualmente, aveva chiesto aiuto contro l’Orda, ma i soldati del Re, dopo aver respinto l'invasione di quei mostri, si erano rivoltati contro gli uomini di Telmen, con il chiaro intento di punire il Duca per essersi dichiarato contro il Re. L’Arciduca Bryland era corso in aiuto di Telmen, ma Lechner e Ceorlic si erano schierati a favore del reggente. Ovviamente i loro nemici non si azzardavano a combattere di persona, mandando avanti i propri soldati e nascondendosi al sicuro nei loro palazzi, sotto la protezione di Ulfric.
Ellena era ormai convinta che il Re fosse impazzito, e che Julian e Castalia avessero detto la verità: se era capace di spaccare in due il paese, non era difficile credere che avesse lasciato morire la Divina. Queste sue azioni avevano gettato la Fratellanza nel caos, gli eserciti decimati, e i pochi Venator rimasti non erano altro che Attendenti.
«Arciduca Bryland!» Si girarono. Un messaggero a cavallo frenò davanti a loro, gli zoccoli che alzarono una nube di polvere. «Mio signore, un messaggio da Lechner.»
Ellena a stento mantenne la calma, sentendo il nome dell’assassino della sua famiglia. Bryland afferrò la pergamena che il messo gli porgeva, rompendo il sigillo. Corrugò la fronte.
«Rendon Lechner ci intima di cessare le ostilità e consegnargli la traditrice Ellena Von Meyer, in cambio risparmierà le nostre vite.» Sputò per terra. «Che il Creatore lo fulmini, questa bestia non ha nulla da invidiare a quel mostro di Urthemiel.»
Ellena fece per prendere la pergamena, ma l'uomo cercò di scostarsi. «Lady Von Meyer, non c'è bisogno che leggiate tali scempiaggini...»
«Non saranno certo i suoi insulti volgari a sconvolgermi, Bryland, non dopo quello che ha fatto alla mia famiglia.» Insistette, leggendo la grafia minuta e spigolosa dell'uomo. «Quando la testa di quella puttana decorerà le mura del mio palazzo ad Melwatch, potrete considerarvi perdonati per il vostro tradimento.»
«Ellena...»
Julian le mise una mano sulla spalla. Il suo tocco sembrò risvegliarla. Si accorse di star sgretolando la pergamena nella mano stretta a pugno. Posò lo sguardo sul messaggero, che la guardava terreo, le ginocchia tremanti. Avanzò verso di lui.
«Porta un messaggio da parte mia al tuo signore. Digli che l'ultima dei Von Meyer lo vedrà giustiziato per i suoi crimini, non importa quanto si creda al sicuro, di quante guardie si circondi o di quanti assassini mandi ad uccidermi. Ha i giorni contati: che li passi pentendosi delle sue azioni, perché ne dovrà rispondere sia a me che al Creatore.»
L'uomo si fece se possibile ancora più piccolo, annuendo.
«E che sappia che nessuno dei presenti si schiererà mai con un traditore!» Aggiunse L’Arciduca Bryland.
«Mare dei Brividi e le terre meridionali stanno con i Von Meyer.» Confermò Eremon.
Al messaggero non restò altro che rimontare a cavallo e correre via.
Tornarono all'accampamento. Mentre Bryland ed Eremon andavano a parlare con i propri ufficiali, Ellena e Julian andarono a sedersi in un angolo tranquillo, una ciotola di zuppa calda tra le mani.
«Anche oggi ce la siamo vista brutta.» Commentò il Venator. «Avete avuto ragione a venire qui, dovevamo fare la nostra parte.»
La ragazza portò alle labbra il cucchiaio, ripensando agli ultimi giorni. Erano ormai un paio di settimane che combattevano senza tregua, vincendo ogni scontro. Per ora, l’Orda non aveva dato problemi, ma dopo la distruzione di Riverwood vagavano in piccoli branchi per tutto il Khanduras. Il Venator era formidabile in combattimento, sia contro quei mostri che contro i soldati nemici, essendo dotato di più forza e resistenza di chiunque altro sul campo di battaglia.
Capiva come, anni prima, un manipolo di Venator fosse quasi riuscito a detronizzare il Re folle Arland.
«Grazie per avermi seguita.» Gli disse per l'ennesima volta. «Da sola non so se ce l'avrei fatta.»
Julian scoppiò a ridere. «State scherzando? Siete inarrestabile, per questo Lechner si è rintanato tremante a Tristram.»
«Oh, forse è l'influenza di Riful. Se scuoia di nuovo un nemico...»
Il Venator e si lasciò sfuggire un verso di disgusto. «Non me lo ricordate! A momenti vomito il pranzo, ma cosa le è venuto in mente?! Va bene uccidere un nemico, ma scuoiarlo come un coniglio...»
«Però ha funzionato.» Dovette ammettere Ellena. «Sono rimasti talmente sconvolti da lasciar cadere le armi e fuggire a gambe levate.»
Julian scosse la testa, rabbrividendo vistosamente. «Sarei scappato anche io.»
«Persino il principe Aducan ha tentennato per un attimo.» Ridacchiò lei, tornando a mangiare.
«Secondo te, perché ci ha seguiti?» Gli chiese dopo un po'. «Riful. Non mi pare sia interessata alle sorti del paese, quindi...»
«Non ne ho idea. Credo sia perché si diverte immensamente a uccidere...»
«Potrebbe essere un motivo.»
Tornò il silenzio. Ormai il tramonto stava terminando, il cielo era sempre più scuro.
«Ellena?»
Si voltò verso il ragazzo, che si era alzato in piedi. Nonostante la poca luce, sembrava arrossito.
«Siete davvero una donna formidabile…» Esclamò infine Julian, tutto d'un fiato. La ragazza arrossì. «Non intendevo offendervi, o mancarvi di rispetto... Volevo solo…» Si affrettò ad aggiungere lui.
«Julian.»
«Sì?»
«Non essere così nervoso con me…»
Il Venator si lasciò sfuggire un sospiro. «Non sono bravo a parlare con donne… A dire il vero non sono bravo neppure come Venator. Per il Creatore sono così impacciato… il mio Maestro era completamente diverso, sapeva guidare interi eserciti. Io non sono fatto per comandare nessuno, sono soltanto un Venator, e neanche tanto bravo. Dopo tutto quello che è successo, mi sono fatto da parte per lasciare prendere le decisioni ad una nuova recluta. Sono un totale disastro e...» Deglutì, guardandosi le scarpe, rosso in volto.
Ellena rimase ad ascoltarlo, incredula. Era davvero convinto di essere un tale fallimento?
«Ma ti ascolti quando parli?!» Lo redarguì, le parole che le uscivano di getto, incontrollabili. «Sei uno degli ultimi due Venator in tutto il Khanduras. Sei scampato alla battaglia di Ostagar, sconfiggendo tutti i mostri nella Torre di Ishal e facendo il tuo dovere, non importa quali fossero le difficoltà. Sei corso a salvare una perfetta sconosciuta da una dozzina di cadaveri posseduti, senza paura, soltanto perché era la cosa giusta da fare, per poi farti strada nel palazzo infestato del Conte e, addirittura, hai ripulito l'intera torre dei maghi dagli abomini che ne avevano preso il controllo. Il tutto, viaggiando con una compagna nient'affatto collaborativa e un'eretica alla quale piace vessarvi di continuo per il puro gusto di infastidirvi, ricercato da mezzo paese e con una taglia sulla testa di qualche migliaio di Monete. “Soltanto un Venator”? I Venator sono eroi, Julian, e tutto quello che avete fatto finora lo conferma.»
Si rese conto di essersi alzata in piedi, fronteggiandolo. Si morse il labbro, imbarazzata, ma proseguì. «E potresti essere figlio del più umile dei braccianti come del Creatore in persona, non sarai mai e poi mai una delusione.» Pochi centimetri li separavano l'uno dall'altra. «Non per me.»
Il Venator era rimasto sorpreso e confuso dalle parole dell'altra, senza sapere cosa rispondere.
Ellena, che ripensandoci in seguito mai avrebbe pensato di esserne capace, azzerò la distanza tra loro, prendendogli le mani tra le proprie. «Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata. Quindi sii soltanto Julian, il Venator. Ma non lascerò che tu ti sminuisca così.»
«Ellena...»
Si alzò sulle punte, tirando il ragazzo a sé e posando le labbra sulle sue. Fu un attimo, e si sfiorarono appena, prima che si allontanasse di scatto, rossa in volto. Si girò per evitare il suo sguardo, incerta se scappare in tutta fretta e sperare di far finta di niente il giorno dopo. Cosa le era saltato in mente? Baciare così un uomo, un Venator per giunta! Si sarebbe seppellita dalla vergogna, se avesse potuto. Cosa avrebbe pensato di lei, ora? Sicuramente...
Sentì la mano di lui raggiungere di nuovo la sua, l'altra a posarsi sulla guancia, dove il fuoco aveva lasciato vistose cicatrici. Ellena cercò di scostarsi, aveva fatto una follia, come poteva pensare che tra loro due potesse nascere qualcosa? C'erano altre cose in ballo, molto più importanti che un capriccio da bambina...
Quando le labbra di lui incontrarono le sue, ogni pensiero venne spazzato via.
Esisteva soltanto Julian, che la stringeva tra le braccia forti. Il ragazzo che le aveva coraggiosamente salvato la vita e con il quale aveva combattuto per settimane. Per un attimo, il Venator e Lady Von Meyer cessarono di esistere, lasciando solo Julian e Ellena.
Il momento passò in fretta.
Ellena si liberò a malincuore dalla sua stretta. «Non possiamo. Mi dispiace. Sai che non possiamo.»
Julian cercò di fermarla, ma lei era già lontana, una morsa dolorosa che le stringeva lo stomaco.
Arsim Aducan non era mai stato un tipo particolarmente mattiniero, ma l'essere tornato su un campo di battaglia, dopo settimane passate nella patetica guardia cittadina di Tristram, la fatica di un vero combattimento, il sangue che brillava sulla sua ascia e il riposo dopo una lunga giornata campale, erano un dono.
Se davvero stavano arrivando rinforzi alle truppe di Ulfric erano guai, l'esercito sparpagliato della Fratellanza e dei nobili non era sufficiente. Inoltre, l’Orda era dilagata ovunque, il che rendeva tutta la faccenda molto più problematica.
Il principe, mentre sorseggiava la prima di molte birre della giornata, non poteva fare a meno di pensare a tutte le volte che aveva combattuto i Falmer nelle Vie Profonde, a fianco dei migliori soldati che Harrogath avesse mai avuto. Persino gli screzi con Volkan sulle strategie da adottare lo rendevano malinconico, seppur in quei momenti avrebbe mandato volentieri al patibolo il fratello maggiore. Una spiacevole stretta allo stomaco gli fece storcere la bocca, come ogni volta che i pensieri finivano per vagare verso casa.
Rilesse per l'ennesima volta la lettera che aveva ricevuto la settimana prima dalla matriarca della famiglia Helmi, una delle più importanti a Harrogath. La donna sembrava aver creduto alla sua innocenza, ed era propensa a supportarlo contro Serkan, ma soltanto se Arsim avesse giurato di prendere in moglie la figlia maggiore di Lady Helmi, Adal.
Il principe sorrise, ricordando come Adal si era rivelata un'avversaria formidabile durante quelle disastrose Prove che Senua aveva disonorato. Non gli sarebbe dispiaciuto averla come compagna, erano stati spesso fianco a fianco contro i Falmer, nelle Vie Profonde: era una donna arguta e dalla mente straordinariamente aperta al cambiamento per appartenere ad una delle casate nobiliari più antiche e importanti.
Anche il fatto che fosse di bell'aspetto era una cosa buona. Volkan avrebbe dovuto sposare la sorella minore di Adal, Jaylia, ed era comprensibile che Lady Helmi non avesse rinunciato all'idea di mettere una delle sue figlie sul trono, soprattutto dopo quello che stava combinando Serkan con una senzacasta.
Accompagnando i Venator ad Harrogath, avrebbe goduto di abbastanza protezione da superare le guardie all'ingresso, probabilmente al soldo di Serkan, e riuscire a sgattaiolare nel palazzo di Joritz il Potente prima che il fratello riuscisse ad organizzare la sua cattura. Da lì, sapeva di avere l'appoggio di Joritz, che era stato il più caro amico di suo padre, e aveva di persona consegnato la lettera del defunto Re al messaggero che l'aveva portata fino a lui.
Il Lord era convinto della colpevolezza di Serkan nell'omicidio Volkan, e lasciava intendere in una delle sue lettere che era molto probabile che fosse stato sempre Serkan ad avvelenare il Re, lasciandolo poi credere morto di dolore per la perdita dei due figli maggiori. Se fosse stato davvero così, Arsim avrebbe avuto da vendicare anche il padre. Joritz il Potente aveva radunato una buona parte di guerrieri sotto il proprio nome, tenendo nascosto loro il fatto che fosse in contatto con l'esiliato Principe Aducan. Soltanto Lady Helmi era a conoscenza della verità.
Arsim, però, sapeva di non poter contare soltanto su Joritz il Potente e la casata Helmi, per avere il trono che gli spettava di diritto e, cosa ancora più importante, la sua vendetta.
Dopo aver trascorso mesi lontano dalle montagne, gli era chiaro che le cose dovessero cambiare, ad Harrogath. L'impero che esisteva una volta era perduto, forse per sempre, e continuando così la situazione poteva soltanto peggiorare: l’Orda doveva essere ricacciata indietro, le antiche città sotterranee riconquistate dai Falmer, e per farlo occorreva trascinare l'Assemblea verso una nuova linea politica, di apertura ai Clan inferiori e al resto del mondo.
Non si era mai interessato alle alleanze e tradimenti all'interno dell'Assemblea dei clan, preferendo sempre restare sul campo a combattere, un mestiere più trasparente e più semplice, dove il nemico non si nascondeva dietro una maschera di parole e salamelecchi, ma si affrontava a viso aperto, dove gli scontri non venivano vinti a dibattiti, ma con il duro colpo di una lama ben affilata.
Arsim non sapeva se sarebbe stato all'altezza del trono che era stato di suo padre e di così tanti Aducan prima di lui, ma sicuramente era una scelta migliore di Serkan. E suo fratello doveva pagare per quanto aveva fatto.
Riful, uscita dalla sua tenda in quel momento, lo distrasse dai suoi pensieri.
«Buongiorno.» La salutò, senza aspettarsi granché come risposta. La donna stava sempre sulle sue, tranne quando si trattava di prendere in giro il Venator, in quei casi dava il peggio, o il meglio, di sé.
«Buongiorno a voi.» Rispose lei. «Noto che non è mai troppo presto per iniziare a bere.»
Arsim sorrise tra sé e sè, versandosi un altro boccale di birra per mandare giù il pane e burro della colazione. «Noi uomini delle montagne abbiamo una dieta rigorosa.»
«Uno si chiederebbe come facciate a non crollare a terra al primo affondo, da quanto bevete.»
La osservò camminare verso di lui, sembrava quasi fluttuasse, gli occhi gialli puntati su di lui. Gli ricordava un ragno, capace di ipnotizzare le prede e condurle a sé senza che nemmeno se ne accorgessero, balzando su di esse quando era troppo tardi. Scosse la testa. Riful gli rifilò un sorriso, assomigliando sempre di più ad un ghigno da predatore. Lanciò uno sguardo in direzione delle tende di Julian e di Lady Von Meyer, facendo un cenno col capo. «Chi arriva...»
Il Venator si stava ancora stropicciando gli occhi, cerchiati da occhiaie profonde.
«I piccioncini non hanno dormito?» Gli chiese velenosamente la maga.
L'altro si limitò a lanciarle un'occhiataccia, stringendo i pugni e superandoli, salutando appena Arsim con un cenno e qualche parola bofonchiata.
L’uomo si girò interrogativamente verso l'altra. «Che è successo tra quei due?»
«Oh, non vi siete accorto della tensione? Ieri sera il prode Venator è stato colpito al cuore e ora si sta leccando le ferite, dopo aver sicuramente pianto tutta la notte abbracciato al cuscino.»
«Non sarete andata ad origliare le loro conversazioni, spero.»
Riful alzò le spalle. «Non si può nemmeno fare una passeggiata la notte senza essere disturbati dai problemi altrui.»
«Proprio vero...» Le diede corda Arsim, che non aveva alcuna intenzione di lasciarsi coinvolgere in qualsiasi cosa la maga stesse tramando. Ne aveva già piena la barba di gente del genere.
Tuttavia, persino lui, che non si era mai interessato a faccende di cuore proprie o altrui, non aveva potuto evitare di notare una certa elettricità tra i due ragazzi. Qualsiasi cosa fosse successo tra Lady Von Meyer e il Venator, avrebbe potuto rovinare tutto ciò per cui stavano lavorando.
Scosse la testa, sperando che avessero abbastanza buon senso da non distrarsi dalle faccende realmente importanti.
Si diresse quindi verso il padiglione principale, dove i vari nobili avrebbero deciso la strategia per la giornata.
«Principe Aducan.»
L’Arciduca Bryland sembrava non aver chiuso occhio. Cattive notizie.
«Sono arrivati i rinforzi da Ceorlic?» Chiese Arsim, gettando uno sguardo alla mappa sul grande tavolo di legno, sulla quale diverse miniature segnalavano le varie truppe.
«Sì, e Lechner sembra aver trovato nuovi rifornimenti.» L'uomo si grattò la testa, accigliato, rigirandosi un segnalino di legno tra le mani.
Lord Eremon sbuffò. «Abbiamo ancora la superiorità numerica.»
L'altro annuì. «Ulfric è un maestro di strategie militari, e Lechner, seppure sia una serpe, è un veterano di guerra. Li conosco abbastanza da sapere che avranno qualche asso nella manica, e ci rivolteranno contro i nostri numeri.»
«Non glielo permetteremo.»
Si girarono tutti, per accogliere Lady Von Meyer. L'unico occhio era leggermente arrossato, e sembrava più pallida del solito, la cicatrice rossastra su gran parte del volto ancora più in rilievo. «I nostri avversari non sono gli unici ad essere esperti di strategie, miei signori. Abbiamo qui veterani della Guerra di Liberazione, e un comandante dell'esercito di Harrogath. Sono certa che troveremo un modo per vincere questo scontro.» Li squadrò tutti, uno per uno, come a sfidarli di contraddirla.
Lord Eremon sbatté la mano sul tavolo, aprendosi in un sorriso determinato. «Ben detto!»
Ben presto, erano tutti riuniti attorno al tavolo, cercando di anticipare le mosse dei loro nemici e tutti i possibili modi per contrattaccare, aggirarli, intrappolarli e sconfiggerli.
Il campo di battaglia era cosparso di corpi, per la maggior parte dei nemici.
Arsim, seduto a terra, fissava le foglie verdi dei grandi alberi sopra di sé, troppo stanco per alzarsi. La cavalleria di Arl Bryland aveva ricacciato indietro gli uomini di Ulfric fino alla gola creata dal fiume Drakon, dove gli arcieri di Eremon avevano bersagliato i nemici costringendoli alla ritirata sempre più precipitosa verso la foresta ad Est. Lì, dove il terreno era stato riempito di trappole, erano finiti in un'imboscata da parte delle truppe affidate a Lady Von Meyer, che aveva segnato l'esito positivo della battaglia. I pochi sopravvissuti si erano sparpagliati per il bosco, in un vano tentativo di scampare al massacro.
«Sembra che ce l'abbiamo fatta.»
Si girò a guardare la Von Meyer, l'armatura sporca di sangue nemico, che zoppicava leggermente. Annuì, troppo stanco per intavolare un discorso.
«Credo possiamo ripartire per Bowerstone in un paio di giorni, giusto il tempo di rimetterci in sesto. Dubito che Ulfric, Lechner e Ceorlic riescano a radunare un altro esercito abbastanza grosso da darci problemi.» Proseguì lei, sedendosi di fianco al principe.
«Direi che ce ne hanno dati abbastanza.»
L'altra annuì. «Il Re ha fatto il meglio che poteva, credo, date le esigue risorse che aveva. Se non avessimo anticipato l'arrivo da ovest delle truppe di Lechner...»
«Siete stata brava, a reagire così tempestivamente.»
La ragazza sorrise triste. «Ho passato anni a studiare le tattiche usate nella Guerra contro l’Impero Samuren. Ulfric è un genio militare, e considerando le sue umili origini... è straordinario ciò che è riuscito a fare per il Khanduras.» Si interruppe bruscamente. «Ancora non riesco a credere che...» Sospirò, lasciando la frase in sospeso.
«Mi sembra di capire che eravate una sua ammiratrice.»
«Mio padre raccontava a me e mio fratello innumerevoli storie sulla guerra, di come lui e Lechner fossero scampati al massacro di Brugge, e l'onore che Re Maric suo padre fece loro conferendo ad entrambi una medaglia al valore per il loro coraggio e lealtà...» Digrignò i denti. «Lealtà. Mio padre ha rischiato la vita per quello schifoso, ma questo non ha impedito ad Lechner di massacrare tutta la nostra famiglia. Come può Ulfric essere alleato di un essere così spregevole…» Era rossa in viso, furente. Scosse la testa, chiudendo l'occhio. «Mi dispiace, non intendevo tediarvi con i miei discorsi. È stata una lunga giornata, e sarete stanco quanto me.»
Arsim la capiva. Nessuno lì intorno poteva capirla meglio di lui. «So come vi sentite. Il tradimento da parte di chi consideriamo fidato, è la cosa peggiore.»
«E il non poter fare nulla a riguardo, è tremendo. Vorrei trascinare quel verme in giudizio di fronte a tutto il Regno, fargliela pagare per quello che ha fatto, ma sono io quella che viene marchiata come traditrice e ricercata in tutto il paese, mentre quel verme se ne sta a Tristram, protetto dalle sue guardie e con il benestare dell'uomo che deve essere il protettore del Khanduras e che si è rivelato invece un…» Sbuffò, accarezzando la testa del suo lupo, che si era messo a pisolare ai suoi piedi. «Nient'altro che l'ennesimo traditore.»
«Avrete la vostra vendetta, Lady Von Meyer. Siete troppo caparbia per non riuscirci.» La assecondò Arsim. «Come io avrò la mia.»
«Cosa farete, una volta di fronte a vostro fratello?»
«Lo giustizierò di fronte all'Assemblea.»
L'altra annuì. Il lupo intanto si era girato a pancia in su, annusando l'aria, le zampe che si muovevano in una corsa a mezz'aria. La ragazza si chinò a coccolarlo, tranquillizzandolo. «Chissà cosa sta sognando...»
«I lupi sognano?»
«Spero di sì.» Rispose lei. «Magari sogna di svuotare la dispensa di casa, e la vecchia Nan che lo sgrida per poi dargli un pezzo di prosciutto.»
Arsim sorrise, osservando l'animale che russava beato. Sarebbe stato bello tornare a casa, prima di tutto quel disastro, anche solo per qualche ora, anche solo in un'illusione.
«Ellena?»
Si voltarono, destati dai propri pensieri. Julian, ancora coperto di fango e sangue, sembrava avere una notizia importante. Reggeva un pezzo di pergamena stropicciata in mano, che sembrava turbarlo profondamente.
«Hanno trovato un uomo che diceva di appartenere alla guardia personale della Divina Adelasia.» Esordì, mostrando quella che si rivelò essere una sorta di mappa, tracciata frettolosamente e con mano tremante. «Ad Ostagar, la Divina gli aveva affidato le chiavi del suo forziere privato, con dei documenti importanti. Non sono mai stati recuperati.»
«Quindi? Credi che ci serviranno contro Ulfric?» Gli chiese Lady Von Meyer, alzatasi in piedi.
«Ha accennato qualcosa su delle lettere dall’Impero Samuren, ma è morto prima che potessimo saperne di più o provare a salvarlo. Era prigioniero nelle segrete di Lord Loren, ma quando ha saputo che l'esercito che si opponeva a Ulfric era nelle vicinanze, è riuscito a fuggire... Purtroppo, si è ritrovato in mezzo alla battaglia.»
«Lettere dall’Impero Samuren?» Si intromise Arsim. «Potrebbero spiegare perché Ulfric si sia rivoltato contro la Divina.»
«L'odio verso l’Impero è giustificato.» Commentò la ragazza. «In molti non vedevano di buon occhio l'ingresso dei nobili dell’Impero Samuren nel nostro territorio, nemmeno per combattere l’Orda. Ulfric era solo il portavoce più importante di quel dissenso, mio padre aveva anch'egli molti dubbi a riguardo.»
«In ogni caso, potrebbe valere la pena andare a controllare se quei documenti sono ancora lì.» Propose il Venator.
L'altra annuì, sembrava sovrappensiero.
«Spiegatemi perché dovreste tornare in quel luogo.»
Riful, comparsa dal nulla, li squadrava con aria critica, la testa leggermente inclinata da un lato, gli occhi gialli che brillavano nella fioca luce del tramonto.
«Stavi origliando come al solito?» Le chiese acido Julian, incrociando le braccia.
«Credimi, non fate discorsi così interessanti che valga la pena ascoltare. Tuttavia, ero di passaggio e non ho potuto farne a meno. Che utilità possono avere delle lettere tra una Divina morta e un Imperatore lontano?»
«Possono costituire un'altra prova sulla colpevolezza di Ulfric. Darebbero un altro motivo per il quale avrebbe voluto la Divina morta.» Rispose Lady Von Meyer.
«E come potremmo servircene? Credi che la situazione si risolverà semplicemente discutendone?»
L'altra strinse i pugni. «È una possibilità. Fortunatamente, siamo nel Khanduras, e non in mezzo a selvaggi che non conoscono altri modi per risolvere un conflitto che mozzare teste ai propri avversari.»
“Non c'è dubbio, ma nella maggior parte dei casi, mozzare teste è la soluzione più rapida, che risparmia tremende emicranie.” Pensò Arsim, ma lasciò perdere. Dopotutto, la politica del nord non era un suo problema, come lui avrebbe gestito le cose non contava. Ad Harrogath la politica del Khanduras sarebbe sembrata un gioco da bambini, a confronto degli intricati piani dei capi clan delle montagne. In ogni caso, avere delle prove concrete per screditare qualcuno di fronte ai nobili non era mai una cattiva idea.
Riful sembrò trovare tutto molto divertente, ma lasciò cadere la discussione. «Allora, che stiamo aspettando?»
«Prima dobbiamo tornare a Bowerstone.» Disse Julian. «Se Castalia e gli altri sono riusciti a trovare il Sangue, guariremo il Conte. Il suo supporto è fondamentale per spodestare Ulfric e radunare un esercito contro l’Orda.»
«Bryland e Eremon ci hanno assicurato il loro supporto.» Confermò Lady Von Meyer. «E con loro altri nobili minori. Terranno a bada quei mostri per quanto possibile, e si schiereranno con noi quando affronteremo Ulfric. Non ci resta che guarire il Conte e rimettere il legittimo sovrano di Harrogath sul trono, e fermeremo questa guerra civile e l’Orda.»
“Legittimo sovrano?” Suonava bene, doveva ammetterlo. Forse avrebbe dovuto spiegare loro che, anche se normalmente l'Assemblea sceglieva il successore al trono tra gli eredi del defunto Re, non c'erano legittimi sovrani di niente, ad Harrogath, almeno finché non venivano incoronati dai nobili... ma non c'era fretta.
«Quindi, tornerete a Bowerstone con noi?» Chiese il Venator, una nota di sorpresa nella voce. «Pensavo voleste restare qui...»
Lady Von Meyer sembrò evitare lo sguardo del ragazzo. «Qui abbiamo fatto il nostro dovere, se la sapranno cavare benissimo anche senza di me. La vostra missione è di massima importanza, invece. Se vogliamo fermare Urthemiel e riunificare il Paese, i vostri trattati sono la nostra unica speranza.»
«Che nobiltà d'animo!» Si intromise Riful. «Potrei quasi commuovermi.»
Julian le rivolse una smorfia. «Servirebbe un cuore, o almeno un paio di sentimenti umani.»
«Così mi ferisci, Julian.»
Arsim si trattenne dall'imprecare gli Antenati. Quei due bisticciavano come ragazzini. “In fondo, sono ragazzini.”
Scosse la testa, sfiduciato. Generazioni dei migliori guerrieri di Harrogath non erano riusciti a contenere il devastante avanzare dei Falmer, e ora il futuro del Khanduras, era minacciato da un’Orda di Risvegliati, e tutto era in mano ad un paio di ragazzini vestiti da Venator.
Venator che, nonostante la giovane età, sapevano cavarsela.
Non sapeva se fosse più sorpreso del fatto che la ragazzina fosse riuscita a recuperare il Sangue dell’Ultimo Nephilim.
Erano lì riuniti, nel grande salone del Conte di Bowerstone, in trepidante attesa che la reliquia facesse il suo dovere. Alcuni erano scettici, ma la maggior parte di loro erano fiduciosi, Arsim aveva i suoi dubbi su entrambi, ma coloro che erano tornati da Birchwood avevano raccontato storie incredibili, tra cui l'aver sconfitto un drago, superato delle prove magiche, debellato un culto di fanatici e recuperato il Sangue, con cui avevano curato una ragazza dal pessimo carattere dalle ferite terribili che aveva riportato durante lo scontro col drago.
Su come fossero riusciti a sconfiggere la bestia, però, non avevano fatto parola.
«Il tizio del Kehjistan l'ha spaventato con il suo enorme uccello…», aveva risposto Senua, il solito ghigno strafottente stampato sul volto, prima di tornare ad infastidire il mago di nome Ichabod.
Quando Julian e Castalia tornarono nel salone, tutti restarono col fiato sospeso.
«Il Conte è sveglio.» Annunciò il Venator. «Per il momento è ancora debole, ma si riprenderà in fretta.»
Esplosero esclamazioni di gioia, mentre gli uomini di Bowerstone si scambiavano gesti di vittoria e si congratulavano con la ragazza per aver salvato il loro Conte. Quella li liquidò in poche parole. Ichabod, lì seguì poco dopo, evitando di incrociare lo sguardo degli altri.
Era chiaramente successo qualcosa di cui nessuno voleva parlare.
Arsim notò il disprezzo dipinto sul volto della maga più anziana, che si ritrasse sulla difensiva al passaggio del mago più giovane, stringendo il proprio bastone.
Anche l'arciera e l'altra ragazza dai capelli chiari sembravano turbate, ma non abbastanza da interrompere la fitta conversazione che stavano affrontando. Essere riportata in sesto dal Sangue di un essere leggendario, era motivo di discussione.
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Kevin Kendle - DEEP SKIES LIVE - Ancestral Calling SAPIENZA DIVINA. A DIO ,IL SOLO SAPIENTE ,VADA PER SEMPRE LA GLORIA MEDIANTE GESU’ CRISTO .AMEN. ( ROMANI 16:27)
DICENDO:’’AMEN! LA LODE, LA GLORIA,LA SAPIENZA,IL RINGRAZIAMENTO,L’ONORE,LA POTENZA E LA FORZA VADANO AL NOSTRO DIO PER I SECOLI DEI SECOLI.AMEN!’’ ( RIVELAZIONE 7:12)
PUOI ALZARE LA VOCE FINO ALLE NUBI PER FAR RIVERSARE SU DI TE ABBONDANTI PIOGGE? PUOI FORSE MANDARE I FULMINI? VERRANNO DA TE A DIRTI: ‘ECCOCI’? CHI HA DOTATO LE NUBI DI SAPIENZA O I FENOMENI CELESTI DI INTELLIGENZA? CHI HA TANTA SAPIENZA DA CONTARE LE NUBI O CHI PUO’ ROVESCIARE LE GIARE D’ACQUA DEL CIELO, QUANDO LA POLVERE DIVENTA FANGO E LE ZOLLE DI TERRA SI ATTACCANO L’UNA ALL’ ALTRA? ( GIOBBE 38:34-38)
O GEOVA, QUANTO SONO NUMEROSE LE TUE OPERE! LE HAI REALIZZATE TUTTE CON SAPIENZA. LA TERRA E’ PIENA DI CIO’ CHE HAI FATTO. (SALMO 104:24)
CON SAPIENZA GEOVA HA FONDATO LA TERRA E CON DISCERNIMENTO HAN POSTO SOLIDAMENTE I CIELI. ( PROVERBI 3:19)
EGLI E’ COLUI CHE FECE LA TERRA MEDIANTE LA SUA POTENZA, COLUI CHE PREPARO’ IL MONDO MEDIANTE LA SUA SAPIENZA E CHE DISTESE I CIELI MEDIANTE IL SUO INTENDIMENTO. QUANDO FA SENTIRE LA SUA VOCE, LE ACQUE NREI CIELI SI AGITANO; FA SALIRE LE NUVOLE DALLE ESTREMITÀ’ DELLA TERRA, PRODUCE LAMPI PER LA PIOGGIA E SPRIGIONA VENTO DAI SUOI DEPOSITI. ( GEREMIA 10:12,13)
LA ROCCIA ,PERFETTO E’ CIO’ CHE FA, POICHE’ TUTTE LE SUE VIE SONO GIUSTIZIA. UN DIO DI FEDELTÀ’ CHE NON E’ MAI INGIUSTO; EGLI E’ GIUSTO E RETTO. SONO STATI LORO AD AGIRE IN MODO CORROTTO. NON SONO SUOI FIGLI ,LA COLPA E’ LA LORO . SONO UNA GENERAZIONE TORTUOSE E PERVERSA! E’ COSI’ CHE DOVRESTI TRATTARE GEOVA, O POPOLO STUPIDO E INSENSATO? NON E’ EGLI TUO PADRE CHE TI HA PORTATO ALL’ ESISTENZA, COLUI CHE TI HA FATTO E TI HA RESO STABILE? DEUTERONOMIO 32:4-6)
CHI HA MISURATO LO SPIRITO DI GEOVA E CHI PUO’ FARGLI DA CONSIGLIERE E ISTRURLO? A CHI SI E’ RIVOLTO PER FARSI SPIEGARE QUALCOSA? CHI GLI ISEGNA IL SENTIERO DELLA GIUSTIZIA, GLOI TRASMETTE LA VIA DEL VERO DISCERNIMENTO? ( ISAIA 40:13,14)
‘’I MIEI PENSIERI NON SONO I VOSTRI PENSIERI, E LE VOSTRE VIE NON SONO LE MIE VIE’’, DICHIARA GEOVA. ‘’INFATTI COME I CIELI SONO PIU’ ALTI DELLA TERRA, COSI’ LE MIE VIE SONO PIU’ ALTE DELLE VOSTRE VIE E I MIEI PENSIERI DEI VOSTRI PENSIERI. PROPRIO COME PIOGGIA E NEVE CADANO DAL CIELO E NON VI TORNANO PRIMA DI AVER BAGNATO LA TERRA, FECONDANDOLA E FACENDOLA PRODURRE IN MODO CHE IL SEMINATORE ABBA SEME E CHI MANGIA ABBIA PANE, COSI’ SARA’ LA PAROLA CHE ESCE DALLA MIA BOCCA: NON TORNERÀ’ DA ME SENZA RISULTATI, MA CERTAMENTE REALIZZERÀ’ CIO’ CHE DESIDERO, E DI SICURO RAGGIUNGERÀ’ LO SCOPO PER CUI L’HO MANDATA. ( ISAIA 55:8-11)
RICORDATE LE COSE PASSATE , QUELLE DI MOLTO TEMPO FA: IO SONO DIO E NON C’E’ NESSUN ALTRO. IO SONO DIO E NON C’E’ NESSUNO COME ME. DAL PRINCIPIO PREANNUNCIO L’ESITO , E DAI TEMPI ANTICHI LE COSE CHE NON SONO ANCORA FATTE. DICO:’LA MIA DECISIONE VERRA’ ATTUATA, E FARO’ TUTTO CIO’ CHE DESIDERO’. CHIAMO DALL’ ORIENTE UN UCCELLO RAPACE, DA UN PAESE LONTANO L’UOMO CHE ATTUERÀ’ LA MIA DECISIONE. L’HO DETTO E LO FARO’ ACCADERE. ME LO SONO PROPOSTO E LO REALIZZERÒ’. ( ISAIA 46:9-11)
IL TIMORE DI GEOVA E’ IL PRINCIPIO DELLA SAPIENZA, E LA CONOSCENZA DEL SANTISSIMO E’ INTENDIMENTO. ( PROVERBI 9:10)
CHI NON TI DOVREBBE TEMERE,O RE DELLE NAZIONI? TU INFATTI MERITI RISPETTO, PERCHE’ NON C’E NESSUNO COME TE FRA TUTTI I SAGGI DELLE NAZIONI E FRA TUTTI I LORO REGNI. ( GEREMIA 10:7)
EGLI E’ SAGGIO DI CUORE E GRANDE IN POTENZA. CHI PUO’ OPPORGLI RESISTENZA E USCIRNE ILLESO? ( GIOBBE 9:4)
IL SAGGIO E’ PRUDENTE E SI ALLONTANA DAL MALE, MA LO STUPIDO E’ AVVENTATO E SI SENTE TROPPO SICURO DI SE’. ( PROVERBI 14:16)
DICENDO: ‘’SIA LODATO IL NOME DI DIO PER TUTTA LETERNITÀ’,PERCHE’ A LUI APPARTENGONO LA SAPIENZA E LA POTENZA. EGLI CAMBIA I TEMPI E LE STAGIONI, RIMUOVE I RE E INSEDIA I RE, CONCEDE SAPIENZA AI SAGGI, DA’ CONOSCENZA A CHI HA DISCERNIMENTO. RIVELA LE COSE PROFONDE E LE COSE NASCOSTE, CONOSCE CIO’ CHE E’ NELLE TENEBRE, E PRESSO DI LUI DIMORA LA LUCE. A TE, DIO DEI MIEI ANTENATI, RENDO GRAZIE E LODI, PERCHE’ MI HAI DATO SAPIENZA E POTENZA. MI HAI FATTO SAPERE CIO’ CHE TI ABBIAMO CHIESTO; CI HSI FATTO SAPERE QUEL CHE PREOCCUPA IL RE’’. ( DANIELE 2:20-23)
MA ANCH’EGLI E’ SAGGIO E FARA’ ABBATTERE IL DISASTRO, E NON SI RIMANGERÀ’ CIO’ CHE HA DETTO; SORGERÀ’ CONTRO LA CASA DEI MALVAGI E CONTRO QUELLI CHE AIUTANO I MALFATTORI. ( ISAIA 31:2)
IO VANIFICO I SEGNI DI QUELLI CHE FANNO DISCORSI VUOTI; SONO COLUI CHE FA AGIRE GLI INDOVINI DA STOLTI, CHE CONFONDE I SAPIENTI E TRASFORMA LA LORO CONOSCENZA IN STOLTEZZA; COLUI CHE FA AVVERARE LA PAROLA DEL SUO SERVITORE E REALIZZA FINO IN FONDO LE PREDIZIONI DEI SUYOI MESSAGGERI; COLUI CHE DICE DI GERUSALEMME:’SARA’ ABITATA’, E DELLE CITTA ‘ DI GIUDA: ‘SARANNO RICOSTRUITE, E NE RIPARERÒ’ LE ROVINE’; COLUI CHE DICE ALLE ACQUE PROFONDE ‘PROSCIUGATEVI. FARO’ SECCARE TUTTI I VOSTRI FIUMI’; COLUI CHE DICE DI CIRO: ‘E’ IL MIO PASTORE, ED ESEGUIRÀ’ COMPLETAMENTE IL MIO VOLERE’; COLUI CHE DICE DI GERUSALEMME:’SARA’ RICOSTRUITA’, E DEL TEMPIO: ‘LE TUE FONDAMENTA SARANNO GETTATE’’’. ( ISAIA 44:25-28)
NON C’E’ FORSE SAPIENZA FRA GLI ANZIANI, E GIUDIZIO FRA COLORO CHE SONO AVANTI CON GLI ANNI? IN LUI CI SONO SAPIENZA E POTENZA; A LUI APPARTENGANO I PROPOSITI E L’ INTENDIMENTO. ( GIOBBE 12:12,13)
SAPIENZA UMANA. L’ INGENUO CREDE A TUTTO CIO’ CHE GLI VIENE DETTO, MA L’ ACCORTO VALUTA OGNI SUO PASSO. ( PROVERBI 14:15)
GOI INGENUI EREDITERANNO LA STOLTEZZA, MA GLI ACCORTI VENGONO INCORONATI CON LA CONOSCENZA.
IL TIMORE DIB GEOVA E’ IL PRINCIPIO DELLA SAPIENZA. TUTTI QUELLI CHE OSSERVANO I SUOI COMANDI HANNO PERSPICACIA. LA SUA LODE DURA PER SEMPRE. ( SALMO 111:10)
IL TIMORE DI GEOVA E’ IL PRINCIPIO DELLA SAPIENZA, E LA CONOSCENZA DEL SANTISSIMO E’ INTENDIMENTO. ( PROVERBI 9:10)
PER CONOSCERE LA SAPIENZA E LA DISCIPLINA, PER COMPRENDERE I DETTI SAGGI, PER ACQUISTARE LSA DISCIPLINA CHE DA’ PERSPICACIA, GIUSTIZIA, BUON SENSO E RETTITUDINE, ( PROVERBI 1:2,3)
LA VERA SAPIENZA GRIDA FORTE PER LE STRADE; CONTINUA AD ALZARE LA VOCE NELLE PIAZZE. CHIAMA GLI ANGOLI DELLE STRADE AFFOLLATE, E DAVANTI ALLE PORTE DELLA CITTA’ DICE: ‘’FINO A QUANDO VOI INESPERTI AMERETE L’ INESPERIENZA? FINO A QUANDO VOI SCHERNITORI PROVERETE PIACERE NEGLI SCHERNI? E FINO A QUANDO VOI STUPIDI ODIERETE LA CONOSCENZA? ( PROVERBI 1:20-22)
VOLGENDO IL TUO ORECCHIO ALLA SAPIENZA E INCLINANDO IL TUO CUORE AL DISCERNIMENTO, SE INOLTRE CHIAMI L’ INTENDIMENTO E ALZI LA VOCE PER OTTENERE IL DISCERNIMENTO, SE CONTINUI A CERCARLI COME L’ARGENTO E A RICERCARLI COME I TESORI NASCOSTI, ALLORA COMPRENDERAI IL TIMORE DI GEOVA E TROVERAI LA CONOSCENZA DI DIO. E’ GEOVA INFATTI CHE DA’ SAPIENZA; DALLA SUA BOCCA VENGONO CONOSCENZA E DISCERNIMENTO. EGLI CUSTODISCE LA SAGGEZZA PER I GIUSTI; E’ UNO SCUDO PER QUELLI CHE CAMMINANO CON INTEGRITÀ’.VIGILA SUI SENTIERI DELLA GIUSTIZIA E PROTEGGE IL CAMMINO DEI SUOI LEALI. COMPRENDERAI DUNQUE CIO’ CHE E’ GIUSTO, RETTO ED EQUO, L’INTERO SENTIERO DEL BENE . QUANDO LA SAPIENZA SARA’ ENTRATA NEL TUO CUORE E LA CONOSCENZA SARA’ DIVENUTA PIACEVOLE PER LA TUA ANIMA, LA CAPACITA’ DI RIFLETTERE VEGLIERÀ SU DI TE E IL DISCERNIMENTO TI SALVAGUARDERÀ’, ( PROVERBI 2:2-11)
VA’ DALLA FORMICA,PIGRO; OSSERVA IL SUO COMPORTAMENTO E DIVENTA SAGGIO. ( PROVERBI 6:6)
LA SAPIENZA NON STA FORSE CHIAMANDO? IL DISCERNIMENTO NON STA FACENDO SENTIRE LA SUA VOCE? ( PROVERBI 8:1)
VOI INESPERTI,IMPARATE A ESSERE ACCORTI, E VOI STUPIDI, ACQUISTATE UN CUORE SAGGIO. ASCOLTATE, PERCHE’ QUELLO CHE DICO E’ IMPORTANTE, E LE MIE LABBRA PREFERISCANO CIO’ CHE E’ GIUSTO. LA MIA BOCCA SUSSURRA LA VERITA; LE MIE LABBRA DETESTANO IL MALE. TUTTE LE PAROLE DELLA MIA BOCCA SONO GIUSTE; NESSUNA DI LORO E’ PERVERSA O TORTUOSA. SONO TUTTE CHIARE PER CHI HA DISCERNIMENTO E GIUSTE PER CHI HA TROVATO LA CONOSCENZA. SCEGLIETE LA MIA DISCIPLINA INVECE DELL’ ARGENTO E LA CONOSCENZA INVECE DELL’ ORO PIU’ PURO, PERCHE’ LA SAPIENZA E’ MIGLIORE DEI CORALLI. E NESSUN’ ALTRA COSA PREZIOSA REGGE AL SUO CONFRONTO. IO, LA SAPIENZA,RISIEDO CON L’ACCORTEZZA; HO TROVATO CONOSCENZA E CAPACITA’ DI RIFLETTERE . ( PROVERBI 8:5-12)
CI RENDE PIU’ ISTRUITI DEGLI ANIMALI DELLA TERRA E CI RENDE PIU’ SAGGI DEGLI UCCELLI DEL CIELO. ( GIOBBE 35:11)
CI SONO QUATTRO COSE CHE SONO TRA LE PIU’ PICCOLE DELLA TERRA, MA SONO ISTINTIVAMENTE SAGGE : LE FORMICHE CHE, PUR NON ESSENDO CREATURE FORTI, DURANTE L’ ESTATE SI PROCURANO IL CIBO, LE PROCAVIE CHE, PUR NON ESSENDO CREATURE POTENTI, FANNO LA LORO DIMORA SULLE RUPI, LE LOCUSTE CHE, PUR NON AVENDO RE, AVANZANO TUTTE INSIEME IN FORMAZIONE, E IL GECO CHE SI AGGRAPPA CON LE ZAMPE ED ENTRA NEL PALAZZO DEL RE. ( PROVERBI 30:24-28)
GLI ABITANTI DI SIDO’NE E DI ARVA’D ERANO I TUOI REMATORI. I TUOI UOMINI ESPERTI,O TIRO,ERANO I TUIO NAVIGANTI. GLI ABITANTI ED ESPERTI UOMINI DI GHE’BAL HANNO RESO IMPERMEABILE IL TUO SCAFO. TUTTE LE NAVI DEL MARE E I LORO MARINAI VENIVANO DA TE PER SCAMBIARE MERCI. ( EZECHIELE 27:8,9)
QUELLI CHE NAVIGANO I MARI, CHE SI GUADAGNANO DA VIVERE SOLCANDO VASTE ACQUE, ( SALMO 107:23)
VACILLANO ,COME UBRIACHI BARCOLLANO; A NULLA SERVONO TUTTE LE LORO ABILITA’. ( SALMO 107:27)
HAI A DISPOSIZIONE UN GRAN NUMERO DI LAVORATORI:TAGLIAPIETRE ,MURATORI, CARPENTIERI E OGNI TIPO DI LAVORATORE ESPERO. ( 1 CRONACHE 22:15)
FIGLIO DI UNA VEDOVA DELLA TRIBU’ DI NE’FTALI. SUO PADRE ERA UN UOMO DI TIRO CHE LAVORAVA IL RAME. HI’RAM ERA MOLTO CAPACE, INTELLIGENTE ED ESPERTO IN OGNI TIPO DI LAVORO IN RAME.VENNE PERTANTO DA RE SALOMONE ED ESEGUI TUTTO IL SUO LAVORO. ( 1RE 7:14)
MANDAMI UN ARTIGIANO ABILE NEL LAVORARE L’ORO ,LARGENTO ,IL RAME,IL FERRO .LA LANA COLOR PORPORA,IL FILO CREMISI E IL FILO BLU,E NEL FARE INTAGLI. LAVORERÀ’ IN GIUDA E A GERUSALEMME CON I MIEI ARTIGIANI ESPERTI, CHE MIO PADRE DAVIDE HA RECLUTATO. ( 2 CRONACHE 2:7)
TI MANDO HI’RAM-ABI, UN ARTIGIANO ESPERTO,INTELLIGENTE,FIGLIO DI UNA DONNA DANITA E DI UN UOMO DI TIRO;E’ ESPERTO NEL LAVORARE L’ORO ,L’ARGENTO,IL RAME ,IL FERRO ,LE PIETRE ,IL LEGNO,LA LANA COLOR PORPORA,IL FILO BLU IL TESSUTO FINE E IL FILO CREMISI.SA REALIZZARE QUALUNQUE PROGETTO GLI VENGA AFFIDATO. LAVORERÀ’ CON I TUOI ARTIGIANI ESPERTI E CON QUELLI DEL MIO SIGNORE DAVIDE TUO PADRE. ( 2 CRONACHE 2:13,14)
QUALCUNO SCEGLIE COME PROPRIA OFFERTA UN ALBERO, UN ALBERO CHE NON MARCISCA; CRRCA UN ABILE ARTIGIANO PER FAR REALIZZARE UN’ IMMAGINE SCOLPITA CHE NON SI ROVESCI. ( ISAIA 40:20)
CON LA TUA SAPIENZA E IL TUO DISCERNIMENTO TI SEI ARRICCHITO, E CONTINUI AD ACCUMULARE ORO E ARGENTO NEI TUOI TESORI. LA TUA ABILITA’ NEI COMMERCI TI HA PORTATO GRANDI RICCHEZZE, E A MOTIVO DELLE TUE RICCHEZZE IL TUO CUORE SI E’ INSUPERBITO’’. ( EZECHIELE 28:4,5)
PARLERAI A TUTTI QUELLI CHE SONO DOTATI DI ABILITA’, COLORO CHE HO RIEMPITO DI SAPIENZA ,ED ESSI FARANNO LE VESTI DI SAPIENZA ,ED ESSI FARANNO LE VESTI DI ARONNE PER LA SUA CONSACRAZIONE , PERCHE’ MI SERVA IN QUALITÀ’ DI SACERDOTE. ( ESODO 28:3)
LO RIEMPIRÒ’ DEL MIO SPIRITO,DANDOGLI SAPIENZA E INTELLIGENZA E CONOSCENZA IN OGNI GENERE DI LAVORO. PER ELABORARE PROGETTI ARTISTICI ,PER LAVORARE L’ORO, L’ARGENTO E IL RAME, PER INTAGLIARE E INCASTONARE PIETRE,E PER REALIZZARE QUALUNQUE OGGETTO DI LEGNO.INOLTRE PER AIUTARLO HO SCELTO OoLIA’B, FIGLIO DI AISAMA’C, DELLA TRIBU’ DI DAN,E METTO SAPIENZA NEL CUORE DI TUTTI QUELLI CHE SONO DOTATI DI ABILITA’, COSI’ CHEN POSSANO REALIZZARE TUTTO QUELLO CHE TI HO COMANDATO: ( ESODO 31:3-6)
‘’’TUTTI QUELLI DOTATI DI ABILITA’ FRA VOI VENGANO E FACCIANO TUTTO CIO’ CHE GEOVA HA COMANDATO, ( ESODO 35:10)
TUTTE LE DONE ESPERTE FILARONO CON LE LORO MANI E PORTARONO CIO’ CHE AVEVANO FILATO:FILO BLU,LANA COLOR PORPORA,FILO SCARLATTO E LINO FINE. E TUTTE LE DONNE ESPERTE CHE FURONO SPINTE DAL PROPRIO CUORE FILARONO IL PELO DI CAPRA. ( ESODO 35:25,26)
LO HAI RIEMPITO DEL SUO SPIRITO, DANDOGLI SAPIENZA E INTELLIGENZA E CONOSCENZA IN OGNI GENERE DI LAVORO, ( ESODO 35:31)
LI HA COLMATI DI ABILITA’ PER FARE OGNI TIPO DI LAVORO DI ARTIGIANO,DI RICAMATORI,DI TESSITORE DI FILO BLU, LANA COLOR PORPORA, FILO SCARLATTO E LINO FINE,E DI LAVORATORE AL TELAIO. QUESTI UOMINI FARANNO OGNI GENERE DI LAVORO ED ELABORERANNO OGNI TIPO DI PROGETTO. ( ESODO 35:35)
‘’BEZALE’L LAVORERÀ’ INSIEME A OoLIA’B E A TUTTI GLI UOMINI DOTATI DI ABILITA’ A CUI GEOVA HA DATO SAPIENZA E INTELLIGENZA A CUI AFFINCHÉ’ SIANO IN GRADO DI FARE TUTTO IL LAVORO RELATIVO AL SERVIZIO SANTO PROPRIO COME GEOVA HA COMANDATO’’. POI’ MOSE’ CHIAMO’ BEZALE’L, OoLIA’B E TUTTI GLI UOMINI DOTATI DI ABILITA’ NEL CUORE GEOVA AVEVA MESSO SAPIENZA, TUTTI QUELLI IL CUI CUORE LI SPINGEVA A OFFRIRSI DI FARE IL LAVORO. ( ESODO 36:1,2)
UNA VOLTA INIZIATO IL LAVORO SANTO ,TUTTI GLI ABILI ARTIGIANI VENNERO ,UNO DOPO L’ALTRO, ( ESODO 36:4)
QUINDI TUTTI GLI ABILI ARTIGIANI REALIZZARONO IL TABERNACOLO CON 10 TELI DI LINO FINE RITORTO ,FILO BLU, LANA COLOR PORPORA E FILO SCARLATTO; LUI LI FECE CON CHERUBINI RICAMATI SOPRA. ( ESODO 36:8)
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