#rafforzamento poteri
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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Dissesto Idrogeologico: Gava Annuncia 87 Milioni di Euro per il PiemonteFinanziamenti per la Sicurezza del Territorio e la Prevenzione dei Rischi Idrogeologici
Il viceministro all'Ambiente e alla Sicurezza Energetica, Vannia Gava, ha annunciato l'arrivo di quasi 87 milioni di euro destinati alla lotta contro il dissesto idrogeologico in Piemonte
Il viceministro all’Ambiente e alla Sicurezza Energetica, Vannia Gava, ha annunciato l’arrivo di quasi 87 milioni di euro destinati alla lotta contro il dissesto idrogeologico in Piemonte. I fondi, inseriti in un programma nazionale per il 2024, mirano a superare l’approccio emergenziale, investendo nella messa in sicurezza preventiva e strutturale dei territori a rischio. Questi interventi si…
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milesmoralesrp · 6 months ago
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Marcus Morales (27 luglio 2024) è figlio del Spiderman nero di origini afroamericane e spagnole Miles Morales e di Amal Haniyeh.
È attualmente single
Biografia
Marcus Morales nasce il 27 luglio 2024 a Brooklyn a New York alle ore 19:14 dall'unione tra Miles Morales e Amal Haniyeh.
Miles era andato a lavorare e ha trovato in qualche modo una ricetta segreta ed esperimento segreto per ottenere di nuovo gli arti mancanti persi per tante cause e occasioni terribili quando poi nello stesso giorno questo esperimento cade adosso a suo figlio Marcus che è senza poteri dell'uomo ragno e finisce per trasformarsi in uomo lucertola nonostante è un neonato e lo fa ritornare in sembianze umane quindi il neonato subisce nuovi poteri da uomo lucertola.
In seguito all'età di 18 anni frequenta l'università scientifica di New York a Brooklyn per lavorare sugli esperimenti di riscrescere gli arti,sui rettili e studiare i rettili continuando a sviluppare i poteri da uomo lucertola.
Poteri e abilità
Marcus si è dato poteri sovrumani come risultato dell'esposizione al siero con il DNA di una lucertola, che gli ha permesso di trasformarsi in Lizard. In forma umana, non ha nessuno dei suoi poteri sovrumani, ma è molto intelligente e uno scienziato ben noto nei campi della genetica, della fisica, della biochimica e dell'erpetologia. Ha un intelletto a livello di genio.
Quando Marcus è trasformato in Lizard, ha forza, velocità, resistenza, agilità e riflessi a livelli sovrumani, che possono eguagliare quelle di Spider-Man. La sua forza sovrumana è sufficiente per sollevare circa 12 tonnellate. Può anche scalare i muri usando una combinazione dei suoi artigli affilati e delle micro squame sulle mani e sui piedi che creano un attrito molecolare come quello di un geco. È altamente resistente alle lesioni grazie alla sua spessa pelle squamosa, che gli consente di resistere a forature e lacerazioni da armi ordinarie e armi da fuoco di basso calibro. Inoltre, la lucertola ha capacità di guarigione altamente migliorate che gli consentono di riprendersi rapidamente da ferite gravi, inclusa la rigenerazione degli arti perduti. Ha anche una lunga coda che può usare per bilanciarsi o come arma offensiva, capace di frustare e frantumare il cemento. Come alcuni gechi, può staccare la coda e farne crescere una nuova. La lucertola ha denti affilati come rasoi incastonati in mascelle muscolose che possono infliggere un morso letale. Come un rettile, ha caratteristiche di sangue freddo ed è quindi sensibile agli sbalzi di temperatura; un ambiente sufficientemente freddo farà rallentare drasticamente il suo metabolismo e diventerà dormiente se è esposto a temperature fredde per troppo tempo.
La lucertola può comunicare mentalmente e comandare tutti i rettili entro un miglio da sé stesso tramite telepatia limitata. Ha anche in almeno un'occasione secreto potenti feromoni che hanno indotto gli esseri umani vicini a comportarsi violentemente. In seguito, un ulteriore potenziamento della sua telepatia gli ha conferito il potere di costringere telepaticamente gli umani a mettere in atto i loro impulsi primordiali, sopprimendo il controllo emotivo nella loro amigdala (il "cervello di lucertola").
Sulla base di vari fattori fisiologici e ambientali, l'intelligenza della lucertola può variare da quella bestiale e animalesca alla normale intelligenza umana. La personalità di Lizard si è manifestata più spesso con l'intelligenza umana, capace di parlare e ragionare più in alto, sebbene alcune versioni siano state più selvagge di altre.
Età: 19 anni
Amici:
Tristan Spencer,Timur Haniyeh e Salem Gray
Personalità
Leone ascendete Capricorno è una combinazione astrologica che va a rafforzare quelle che sono le qualità comuni a entrambi i segni, come la solarità e passionalità, l’ambizione, la tenacia e la forza. Il rafforzamento di queste qualità, unite alla notevole intelligenza, all’ambizione, alla razionalità e all’impetuosità ne fanno una personalità estremamente carismatica, in ogni ambito eserciti il suo fascino, che riguardi la sfera privata o pubblica.
Parenti
Miles Morales (padre)
Amal Haniyeh (madre)
Moath Haniyeh (fratellastro da parte della madre)
Hazem Haniyeh (fratellastro da parte della madre)
Timur Haniyeh (nipote)
Ibrahim Haniyeh Gonzalez (nipote)
Sarah Haniyeh Gonzalez (nipote)
Belal Haniyeh Gonzalez (nipote)
Marwan Haniyeh Gonzalez (nipote)
Laith Haniyeh Gonzalez (nipote)
Osman Haniyeh (nipote)
Hamza al-Badri (fratellastro da parte della madre)
Yunis al-Badri (nipote)
Tristan Spencer (nipote)
Prestavolto
-Arya and Wynter Wells
-Isai Devine
-Keivonn Woodard
-Myles Truitt
-Jurell Carter (pv attuale)
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curiositasmundi · 2 months ago
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[...]
L’art. 31 del nuovo DDL Sicurezza introduce nuove disposizioni inerenti all’attività dei Servizi, prevedendo non solo che gli operatori di AISI e AISE possano partecipare con un ruolo defilato a organizzazioni illegali, ma perfino arrivare a guidarle. Come chiarisce il Dossier del Servizio Studi del Senato, infatti, vengono contemplate «ulteriori condotte di reato per finalità informative, scriminabili, concernenti la direzione o l’organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico e la detenzione di materiale con finalità di terrorismo (reato quest’ultimo introdotto dall’articolo 1 del provvedimento), la fabbricazione o detenzione di materie esplodenti». Il provvedimento legittima infatti reati di natura terroristica, tra cui anche l’addestramento e le attività con finalità di terrorismo interno, il finanziamento di condotte con finalità di terrorismo interno, l’istigazione a commettere alcuni di questi delitti, la banda armata, l’apologia di attentato allo Stato. Il DDL rende permanenti le disposizioni introdotte in via transitoria dal decreto-legge 7/2015 per il potenziamento dell’attività dei Servizi, come l’«estensione delle condotte di reato scriminabili, che possono compiere gli operatori dei servizi di informazione per finalità istituzionali su autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, a ulteriori fattispecie concernenti reati associativi per finalità di terrorismo», nonché la «tutela processuale» per gli 007 «attraverso l’utilizzo di identità di copertura negli atti dei procedimenti penali e nelle deposizioni».
A difendere la norma è il sottosegretario Alfredo Mantovano, delegato ai Servizi, che in una nota ha scritto: «Alcune informazioni di rilevanza operativa e destinate a una ristretta cerchia di persone sono acquisibili solo da chi, in qualità di partecipe al sodalizio, riesce a guadagnare la fiducia dei sodali e dei promotori progredendo nel ruolo, sino a rivestire incarichi di tipo direttivo e organizzativo all’interno della consorteria eversivo-terroristica oggetto dell’attività». Le opposizioni, e in particolare il M5S, sono però sulle barricate, anche perché l’ampliamento dei poteri di intelligence non viene accompagnato da un rafforzamento dei poteri di controllo del COPASIR, organismo parlamentare che vigila sulle attività dei Servizi. «Riteniamo che questo tipo di approccio sia completamente sbagliato: segnaliamo a tutto il Parlamento che si tratta di una deriva potenzialmente pericolosa – aveva detto a settembre in Aula il deputato Marco Pellegrini del M5S, membro del COPASIR –. In maniera netta e decisa proponiamo l’abrogazione dell’intero articolo 31 e sottoporremo la questione, per la sua importanza e delicatezza, al presidente della Repubblica». Sentito da L’Indipendente, Pellegrini ha aggiunto: «Mediaticamente, modifiche normative così clamorose passano quasi in sordina, mentre si sparano titoloni per giorni e giorni su aspetti molto meno importanti e invasivi».
Lo scenario è ancora più inquietante se si guarda a quanto appurato da inchieste e sentenze in merito alle stragi avvenute nel nostro Paese dalla fine degli anni Sessanta all’inizio degli anni Ottanta – riconducibili alla «Strategia della tensione» – e gli attentati mafiosi del 1992 e 1993, in cui è stato messo il timbro sulla partecipazione morale e materiale di apparati deviati dello Stato sulla pianificazione di quegli eccidi e sui depistaggi andati in scena in seguito alla loro consumazione. Attività che, in passato, non erano scriminate. Sul punto, le novità introdotte dal DDL sembrano invece delineare uno scenario futuro – almeno in astratto – oltremodo nebuloso.
Ma c’è di più. La norma prevede infatti che le pubbliche amministrazioni e soggetti equiparati «siano tenuti a prestare agli organismi del sistema di informazione per la sicurezza la collaborazione e l’assistenza richieste necessarie per la tutela della sicurezza nazionale e l’estensione di tale potere nei confronti di società partecipate e a controllo pubblico». DIS, l’AISE e AISI potranno stipulare convenzioni con tali soggetti, università ed enti di ricerca, per la definizione delle modalità della collaborazione e dell’assistenza, che potranno prevedere la comunicazione di informazioni «anche in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza». Vibranti sul punto le proteste delle opposizioni, che evidenziando il concreto pericolo che, consentendo l’accesso a banche date sensibili senza prevedere adeguati controlli, la norma possa aprire alla possibilità che le Procure della Repubblica e altri organi statali vengano abusivamente “spiati”. «L’articolo 31 trasforma la pubblica amministrazione in una sorta di gigantesca Ovra – si legge in un comunicato degli esponenti del M5S, –. È in gioco la sicurezza democratica del nostro Paese e serve cautela fino al completamento delle indagini in corso».
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Nuovo codice condominiale: un passo importante verso la tutela dei diritti dei condomini
Il nuovo codice condominiale, approvato con la legge 220/2012, è entrato in vigore il 18 giugno 2013. La riforma ha introdotto una serie di novità volte a migliorare la gestione dei condomini e a tutelare i diritti dei condomini. Le principali novità del nuovo codice condominiale Le novità introdotte dal nuovo codice condominiale sono molteplici e riguardano diversi aspetti della gestione dei condomini. Tra le principali novità si possono ricordare: - Nuovi diritti e doveri dei condomini. Il nuovo codice ha introdotto una serie di nuovi diritti e doveri per i condomini, tra cui: - Il diritto di partecipare alle assemblee condominiali anche mediante delega; - Il diritto di consultare i documenti condominiali; - Il diritto di accedere alle parti comuni dell'edificio; - Il dovere di pagare le spese condominiali; - Il dovere di rispettare le regole condominiali. Queste novità hanno contribuito a rafforzare la posizione dei condomini e a tutelare i loro diritti, conferendo loro maggiori poteri e possibilità di controllo sull'attività dell'amministratore e del condominio. - Nuove modalità di gestione del condominio. Il nuovo codice ha introdotto nuove modalità di gestione del condominio, tra cui: - L'obbligo di nominare un amministratore del condominio in caso di condominio composto da più di otto condomini; - La possibilità di nominare un amministratore di condominio professionale; - La possibilità di ricorrere all'arbitrato per la risoluzione delle controversie condominiali. Queste novità hanno contribuito a rendere la gestione dei condomini più efficiente e trasparente, garantendo ai condomini una maggiore tutela in caso di controversie. - Nuovi strumenti per la tutela dei condomini. Il nuovo codice ha introdotto nuovi strumenti per la tutela dei condomini, tra cui: - La possibilità di chiedere al giudice la nomina di un amministratore giudiziario in caso di gravi irregolarità nell'amministrazione del condominio; - La possibilità di chiedere la riduzione delle spese condominiali in caso di ingiustificato aumento delle stesse; - La possibilità di chiedere al giudice l'accertamento dell'inadempimento dell'amministratore del condominio. Queste novità hanno contribuito a rafforzare la posizione dei condomini e a tutelare i loro diritti in caso di problemi con l'amministratore o con il condominio. L'impatto La riforma del condominio ha avuto un impatto significativo sulla gestione dei condomini italiani. Le nuove norme hanno contribuito a migliorare la trasparenza e la democraticità della gestione condominiale, a tutelare i diritti dei condomini e a garantire una maggiore efficienza nella risoluzione delle controversie condominiali. In particolare, le novità introdotte dal nuovo codice hanno contribuito a: - Migliorare la partecipazione dei condomini alla vita condominiale. La possibilità di partecipare alle assemblee condominiali anche mediante delega ha reso più facile per i condomini partecipare alla vita condominiale, anche se non possono essere presenti personalmente all'assemblea. Inoltre, la possibilità di consultare i documenti condominiali e di accedere alle parti comuni dell'edificio ha rafforzato il diritto di controllo dei condomini sull'attività dell'amministratore e del condominio. - Tutelare i diritti dei condomini. Il rafforzamento dei diritti dei condomini, come il diritto di partecipare alle assemblee condominiali, il diritto di consultare i documenti condominiali e il diritto di accedere alle parti comuni dell'edificio, ha contribuito a tutelare i diritti dei condomini e a garantire loro una maggiore trasparenza e controllo sull'attività dell'amministratore e del condominio. - Migliorare la gestione dei condomini. L'obbligo di nominare un amministratore del condominio in caso di condominio composto da più di otto condomini, la possibilità di nominare un amministratore di condominio professionale e la possibilità di ricorrere all'arbitrato per la risoluzione delle controversie condominiali hanno contribuito a rendere la gestione dei condomini più efficiente e trasparente. Le criticità La riforma del condominio ha sollevato anche alcune criticità, tra cui: - La complessità del nuovo codice. Il nuovo codice è un testo molto complesso, che può rendere difficile la sua comprensione da parte dei condomini. - La mancanza di adeguati strumenti di attuazione. La riforma ha introdotto nuove norme, ma non ha previsto adeguati strumenti di attuazione, che potrebbero rendere difficile l'applicazione delle nuove norme in alcuni casi. Nonostante le criticità, la riforma del condominio ha rappresentato un passo importante verso una maggiore tutela dei diritti dei condomini e una migliore gestione dei condomini italiani. Foto di xegxef da Pixabay Read the full article
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Dagli Usa alla Germania, le Costituzioni a confronto
Nei principali Paesi dell’Occidente sono diversi e variegati i modelli costituzionali. La loro architettura definisce, tra l’altro, la separazione dei poteri e i sistemi con cui vengono eletti i vertici delle cariche istituzionali. FRANCIA: in base alla Costituzione entrata in vigore nel 1958, nel paese vige il semipresidenzialismo contraddistinto dal rafforzamento dell’esecutivo e dalla…
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toscanoirriverente · 4 years ago
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Ricolfi: “Conte non ci ha chiesto scusa”
La seconda ondata è il frutto, prevedibile e previsto, delle omissioni dei mesi scorsi sui versanti cruciali: aumento dei tamponi e dei drive-in, creazione di una task force per il tracciamento dei contatti, controllo degli assembramenti, assunzioni di personale sanitario, rafforzamento delle terapie intensive, aumento della flotta dei mezzi di trasporto, organizzazione della sorveglianza sanitaria nelle scuole, riduzione del numero di alunni per classe, scaglionamento degli orari di ingresso nelle scuole. Anziché fare queste cose, ci hanno raccontato che tutto il mondo ammirava il modello italiano di contrasto dell' epidemia.
Non avendole fatte, la seconda ondata ha avuto la strada spianata. C' è chi ha avvertito del pericolo a maggio, chi a giugno, chi a luglio, ma a partire dalla metà di agosto non si poteva non capire, perché tutti gli indicatori (ripeto: tutti gli indicatori) dicevano che la curva non cresceva più linearmente, ma esponenzialmente.
E' questo non voler vedere che ci ha portati, oggi, a dover fronteggiare un' onda molto alta e pericolosa. Ed è questo il motivo per cui siamo chiamati a nuovi sacrifici, anche se per ora preferiscono non dirci quali, quanto grandi, e soprattutto quanto lunghi. Ma la risposta è semplice: i sacrifici saranno tanto più grandi e tanto più lunghi quanto più il governo continuerà a temporeggiare, rimandando misure che già sa che dovrà prendere.
Sono pronti, gli italiani, a una nuova stagione di sacrifici? Io penso di no, in parte per cattive ragioni, in parte per ottime ragioni.
Le cattive ragioni si riducono ad una: la nostra società, nonostante sacche di povertà e di malessere, somiglia ormai più a un luna park che a una fabbrica. Novantacinque genitori su 100 mai avrebbero osato dire ai propri figli che era meglio, per un' estate, rinunciare ai divertimenti di massa e passare ad occupazioni meno pericolose o più utili, ad esempio vedere pochi amici, fare sport all' aperto, recuperare il tempo di studio perduto durante il lockdown.
Ma anche a noi, che adolescenti non siamo più, sarebbe risultato molto doloroso non essere liberi di passare le vacanze all' estero, o dover osservare scrupolosamente le regole di prudenza, a partire dall' uso della mascherina e dal rispetto del distanziamento. Insomma, la maggior parte degli italiani ha pensato e pensa di aver fatto già sufficienti rinunce nel lockdown di marzo-aprile, e che non sia proprio il caso di farne altre. Queste sono le cattive ragioni, perché una società che ha perso la capacità di affrontare sacrifici per il bene comune è semplicemente una società in decadenza, anche se preferisce descriversi in registri più indulgenti.
Ma nella resistenza a fare nuovi sacrifici ci sono anche buone ragioni. Ottime ragioni. Che io ridurrei a una:
il premier Conte non ci ha chiesto scusa. Si è presentato come di consueto in tv, per dirci che la situazione era grave, e che dovevamo di nuovo fare sacrifici. Eh no, caro premier, noi avremmo voluto sentire un altro discorso, un discorso di verità e di umiltà. Un discorso che suonasse più o meno così.
«Cari italiani, è vero, in questi mesi, nonostante i pieni poteri che ci siamo presi proclamando lo stato di emergenza, non abbiamo fatto, a, b, c, d, e, f, ...(qui lungo elenco), né abbiamo davvero preteso che voi faceste quello che vi avevamo prescritto, tipo niente movida, niente assembramenti sui mezzi pubblici, rispetto rigoroso del distanziamento.
Un po' abbiamo chiuso un occhio per risarcirvi dei due mesi di lockdown, un po' abbiamo latitato perché siamo litigiosi, disorganizzati, e tendiamo a rimandare le decisioni difficili. Però ora che l' epidemia ha rialzato la testa la lezione l' abbiamo capita.
Abbiamo capito che aveva ragione il professor Crisanti quando, a luglio, ci diceva che 300 positivi al giorno non sono pochi. E aveva ancora più ragione quando, ad agosto, più di due mesi fa, ci consegnava un piano per aumentare i tamponi e costruire un vero sistema di sorveglianza attiva dell' epidemia.
E avevano pure ragione quanti ci avvertivano che le scuole non erano pronte per riaprire, nonostante una raffica di banchi a rotelle in arrivo». E ancora. «Ecco perché, nel momento in cui vi chiediamo i primi sacrifici, cui fra poco ne seguiranno altri, vi promettiamo anche che quegli errori non li faremo più. Ecco il nostro cronoprogramma, con le cose che faremo, gli stanziamenti, i tempi entro i quali vi garantiamo che le cose saranno fatte (segue lungo e dettagliato elenco di cose non fatte, ma che verranno fatte nei prossimi tre mesi).
Perché sappiamo bene, ora ci è chiaro, che se non faremo tutte queste cose l' epidemia, dopo i vostri nuovi sacrifici, sembrerà in ritirata per qualche settimana o mese, ma poi si ripresenterà implacabilmente con una terza ondata».
Noi, queste parole non le abbiamo ancora sentite. Noi questo programma non lo abbiamo ancora visto.
E lo vorremmo. Subito. Se non lo vedremo, i sacrifici li faremo di nuovo, come sempre, ma non riusciremo a toglierci il dubbio che, ancora una volta, saranno inutili.
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finnianson · 5 years ago
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Giornalismo e Pandemia
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Sono le reti televisive e i giornali principali a creare un clima di paura, disorientamento e confusione nella gente con le loro continue giravolte. 
Al pari della peggiore politica che non cessa mai di essere in campagna elettorale anche il giornalismo non cessa mai di cercare il titolone ad effetto o di buttare tutto in caciara perché fa più ascolti invece di promuovere dibattiti sereni, seri e approfonditi. 
Ma è esattamente il giornalismo che ci meritiamo se siamo pronti ad urlare al complottismo ogni volta che spunta un'idea che non va per la maggiore. Non sorprende affatto la nostra bassa posizione nella classifica per la libertà di stampa. 
Un amico mi ha chiesto: "perché si dovrebbe pagare un giornale se poi il lavoro di verifica delle informazioni lo deve fare il lettore?" io replico: " Perché io , multimilionario dovrei prendermi la briga di comprarmi una televisione o un giornale se poi non posso scriverci quello che piace a me? ".
Ecco perché la pluralità dell'informazione è preziosa. Se tra i tuoi finanziatori ci sono le case farmaceutiche le notizie di carattere sanitario che orientamento avranno? 
è una domanda lecita. Le domande sono SEMPRE lecite.
In un paese al 41esimo posto per libertà di informazione il problema non è certamente costituito dalla informazione alternativa. E anche qualora lo fosse, io dico che è molto meglio avere una idea sbagliata in più rispetto alla censura. Considerando il livello elevato di informazione contraddittoria che giornali e principali reti televisive hanno veicolato ultimamente mi sembra davvero assurdo prendersela con piattaforme minori che hanno una quantità di ascolti assolutamente esigua se paragonata ai volumi delle testate principali. 
Il clima da caccia alle streghe sperimentato dallo stesso Mentana è del resto il riflesso di un clima generale che va oltre il mondo dell'informazione. Forse è lo stesso clima a cui alludeva il sottosegretario PD della regione Emilia Romagna quando diceva che si voleva " dare il senso di un regime molto stringente ". E allora ecco la nascita di una Task Force governativa “Contro le fake news”. E’ in atto un tentativo di soffocamento dell’informazione alternativa che non si ferma neppure di fronte alla morte.
 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-guardate_un_po_come_si_accosta_alla_salma_di_giulietto_chiesa_nel_giorno_della_sua_morte_il_sig_mantellini/82_34528/
Gli unici veri complottisti sono coloro che vogliono nascondere informazioni o metterle a tacere. C'è sin dall'inizio della pandemia un durissimo scontro tra medici che invocano vaccini e farmaci con copyright e medici che puntano sul rafforzamento del sistema immunitario e farmaci privi di copyright...  essendo che i nostri media ricevono sovvenzioni dagli sponsor farmaceutici danno maggiore risalto al primo gruppo di medici e cercano di screditare il secondo gruppo per far dubitare della loro credibilità.. Gli interessi enormi dietro questa pandemia hanno dei riflessi che si ramificano ovunque e influiscono direttamente sulla comunicazione dell' establishment.
A mio avviso se si trovasse un vaccino sarebbe una cosa positiva. Questo è un virus per il quale è bene avere a disposizione tutte le armi, però non trovo giusto che altri tipi di cura abbiano meno risalto mediatico.
Secondo me è possibile un giornalismo fondato, anziché su accuse e polemiche, su dibattiti liberi, sereni, seri, pacati. Se ciò avvenisse le tesi meno fondate e le idee meno praticabili non troverebbero altrettanta eco. 
E ribadisco che il complottismo non esiste. Esistono persone che fanno collegamenti che la maggior parte delle persone non ha l'apertura mentale e l'intelligenza (o anche l'ottusità e la avventatezza) per fare. Il complottismo reale è quello di chi vuole censurare notizie e mettere a tacere libere opinioni a fini politici o economici ad esempio gli enormi poteri che perseguitano Assange per averci offerto uno scorcio di verità sui nostri padroni universali. 
In una società libera tutte le tesi ( suffragate da valide argomentazioni) debbono trovare voce indipendentemente dal fatto che vadano per la maggiore o no 
https://www.youtube.com/watch?v=2WkCfReu4gg
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paoloxl · 6 years ago
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In seguito all’inasprirsi delle violenze fasciste contro le organizzazioni e le sedi del movimento operaio e democratico, l’Alleanza del Lavoro (organo di un ampio fronte sindacale) proclamò per il 1° agosto 1922 uno sciopero generale nazionale in “difesa delle libertà politiche e sindacali”. Contro la mobilitazione dei lavoratori si scatenò la violenza delle squadre fasciste lungo tutta la penisola. L’Alleanza del Lavoro sospese lo sciopero il 3 agosto, ma le aggressioni aumentarono e solo in poche città fu organizzata la resistenza alle azioni delle camicie nere. Le spedizioni punitive ebbero così un totale successo con la distruzioni di circoli, cooperative, sindacati, giornali ed amministrazioni popolari. A Parma, sola eccezione, gli sviluppi dello sciopero furono ben diversi: la città divenne teatro di una resistenza armata alle squadre fasciste che, dopo cinque giorni di combattimenti, risultò vittoriosa. I lavoratori avevano risposto compatti allo sciopero e, forti delle tradizioni locali del sindacalismo rivoluzionario, mostrarono ancora una volta grande capacità di mobilitazione e di combattività.
Parma era “rimasta quasi impermeabile al fascismo” ed inoltre, dal luglio 1921, operava contro le aggressioni delle squadre nere l’organizzazione armata degli Arditi del Popolo, costituita dal deputato socialista Guido Picelli, che reclutava giovani lavoratori soprattutto tra le fila del socialismo radicale e dell’anarchismo. Nei giorni di agosto furono mobilitati dal Partito Fascista per la spedizione su Parma circa 10.000 uomini, giunti dai paesi del Parmense e dalle province limitrofe; a comandarle venne inviato Italo Balbo, già protagonista di analoghe spedizioni militari a Ravenna e a Forlì.
Mentre a livello nazionale lo sciopero si esauriva e il fronte democratico veniva sconfitto, a Parma la resistenza si faceva sempre più tenace e, nei borghi dietro le barricate popolari, i poteri passarono al direttorio degli Arditi del Popolo e al suo comandante Picelli.
All’alba del 2 agosto 1922 affluiscono a Parma circa 15 mila squadristi provenienti da tutta l’Emilia, dal Veneto, da parte della Toscana, dal Manto­vano e dal Cremonese. Il prefetto e il questore ritirano tutta la forza pubblica dai quartieri a rischio (l’Oltretorrente e il Naviglio), mentre gli arditi del po­polo, – che da giorni attendevano la spedizione punitiva – si organizzano:
I caposquadra – racconterà Picelli dodici anni più tardi – scelti fra gli operai militari, eb­bero il compito dell’addestramento degli uomini, mentre gli addetti ai servizi speciali furono incaricati di mantenere il contatto coi soldati dei reggimenti di permanenza a Parma per il rifornimento di armi e munizioni. […] Il Comando degli «Arditi del Popolo» appena ebbe no­tizia dell’arrivo dei fascisti, convocò d’urgenza i capi squadra e capi gruppo e dette loro di­sposizioni per la costruzione immediata di sbarramenti, trincee, reticolati, con l’impiego di tutto il materiale disponibile. All’alba, all’ordine di prendere le armi e insorgere, la popolazio­ne operaia scese per le strade, impetuosa come le acque di un fiume che straripi, con picconi, badili, spranghe ed ogni sorta di arnesi, per dar mano agli «Arditi del Popolo» a divellere pie­tre, selciato, rotaie del tramway, scavare fossati, erigere barricate con carri, banchi, travi, la­stre di ferro e tutto quanto era a portata di mano. Uomini, donne, vecchi, giovani di tutti i par­titi e senza partito furono là; fusi in una sola volontà di ferro: resistere e combattere.
Viene quindi divisa la città in quattro settori: due nell’Oltretorrente (Nino Bixio e Massimo D’Azeglio) e due in Parma nuova (Naviglio e Aurelio Saf­fi). Le squadre di arditi del popolo, composte da otto-dieci uomini, si suddi­vidono le zone d’operazione sulla base dell’estensione territoriale dei quar­tieri. Ventidue sono impegnate in Oltretorrente, sei nel Naviglio e quattro nel rione Aurelio Saffi: circa trecento uomini, solo la metà dei quali armati di fucili modello 1891, moschetti, pistole d’ordinanza, rivoltelle automati­che e bombe SIPE. Nei punti ritenuti tatticamente importanti vengono rafforzate le difese e gli sbarramenti minando il sottosuolo; i campanili ven­gono numerati e utilizzati come osservatorii. I poteri passano nelle mani del Comando degli Arditi del popolo, costituito da un ristretto numero di operai (eletti dalle squadre) tra i quali viene ripartita la direzione delle branche di servizio: “difesa e ordinamento interno”, “approvvigionamenti” e, infine, “sanità”. I commercianti e le classi medie simpatizzano con gli antifascisti e mettono a loro disposizione l’occorrente (viveri e quant’altro).
Dall’altra parte delle barricate il ritratto ora esposto viene confermato. Nel suo stile telegrafico posticciamente tardo-futurista, il comandante su­premo della spedizione punitiva (appena giunto da Ferrara), ricorderà così la situazione:
I dirigenti di Parma mi danno l’antefatto. I fascisti locali pochi: la città è rimasta quasi impermeabile al Fascismo: invece nella provincia la conquista fascista è quasi completa. Lo sciopero non potè essere impedito in città per la debolezza delle nostre forze. Fu più o meno generale. […] Parma divisa secondo i vecchi confini dalle fazioni in lotta: l’oltretorrente completamente in mano dei rossi. La popolazione asserragliata nelle case trasformate in for­tezze, con abbondanza d’armi e di tiratori scelti sui tetti: le strade bloccate da barricate col materiale delle scuole e delle chiese.
E, a proposito dello schieramento avversario, Balbo, dopo aver osser­vato genericamente che il fulcro della resistenza sono i comunisti, annota nel suo diario:
Forze avversarie. – Hanno solidarizzato con i rivoltosi: la Camera del lavoro sindacalista, con Alceste De Ambris alla testa. […] La Camera del lavoro socialista […]. Molti popolari. Partecipano alla resistenza sovversiva persino alcuni preti in sottana che hanno offerto viveri e banchi di chiesa per gli sbarramenti. I giovani popolari sono capeggiati da un noto avvocato della città. Frazioni di partiti borghesi, legati alla democrazia nittiana […]
In effetti lo schieramento politico che appoggia i rivoltosi è assai ampio. Ma una tale ampiezza gli deriva dall’essere uno schieramento sociale di po­polo, non certo un blocco di sigle, molte delle quali contrarie a qualsiasi ten­tativo di risposta violenta al fascismo. I socialisti, i comunisti e ancor più i popolari, che appoggiano attivamente la rivolta, lo fanno in dissenso, o quan­tomeno discostandosi, dall’indirizzo delle rispettive direzioni politiche. (Come sottolinea Dianella Gagliani (che ha raccolto alcune testimonianze, tra le quali quel­la di Dante Gorreri), la mediazione raggiunta dai comunisti parmensi con la “Centrale” fu quella di partecipare alla difesa unitaria con proprie squadre, subordinate al Comando degli Arditi del popolo. “Gruppi comunisti avevano il controllo militare di alcune vie, sostanzial­mente all’interno dell’organizzazione degli arditi del popolo” (cfr. D. Gagliani, Arditi del popolo, in AA.VV., Dietro le barricate, cit., p. 166). La partecipazione come combattenti di operai e, in generale, di cittadini che facevano riferimento al PPI ci viene confermata, oltre­ché dallo stesso Picelli (in tempi non sospetti, cioè prima del VII congresso dell’IC), dalla morte del consigliere popolare del PPI Ulisse Corazza (colpito al capo da una fucilata dopo essersi presentato – come scrisse Picelli – qualche ora prima, “col proprio moschetto a un ca­posquadra, per chiedere di partecipare al combattimento a fianco degli «Arditi del Popo­lo»”). Anche la partecipazione dei sacerdoti è confermata da più parti: il parroco di San Giu­seppe, ad esempio, mise a disposizione i banchi della sua chiesa per costruire una barricata, ma si oppose fermamente a Picelli quando questi gli chiese di issare la bandiera rossa sul campanile (cfr. Pietro Bonardi Cattolici e chiesa nella lotta politica, in AA.VV., Dietro le barricate, cit., pp. 271-72). Anche Balbo nel suo diario, dopo aver annotato la morte di Ulis­se Corazza, scrive: “I fascisti hanno visto un grosso prete rubicondo agitarsi dietro le barri­cate dei sovversivi a portare panche e sedie di chiesa. Momento di aberrazione. Contrasto con le parole cristiane di Monsignor Conforti [l’arcivescovo di Parma che la sera prima era andato a trovare Balbo con l’intento di pacificare le parti]” (I. Balbo, cit., p. 131).)
Le uniche forze politico-sindacali che sostengono apertamente la rivolta (oltre al nucleo “picelliano” della Camera confederale del lavoro di via Imbriani) so­no quelle dei sindacalisti rivoluzionari dell’UldL (con sede presso la Camera del lavoro di Borgo alle Grazie, guidata da Vittorio Picelli, fratello di Guido), dell’Unione sindacale parmense (aderente all’USI) e dei libertari (UAI).
La difesa di Oltretorrente è una lotta di popolo vera e propria. La divi­sione tra combattenti e ausiliari non-combattenti, usuale per qualsiasi con­flitto civile (si pensi alla Resistenza), non è in questo caso ben determina­bile. Accanto ai circa trecento arditi del popolo c’è infatti la quasi totalità della popolazione. Come annota Picelli, dopo aver descritto la situazione nel borgo del Naviglio:
Anche nell’Oltretorrente i servizi andarono man mano migliorando: requisizione e distribu­zione di viveri, posti di medicamento, cucine, vigilanza, informazione, rafforzamento delle co­struzioni difensive. Grande fu la partecipazione delle donne, le quali accorsero ovunque a pre­stare l’opera loro preziosissima e ad incitare. […] Un elemento molto importante del successo nella lotta armata è la certezza di vincere. È interessante osservare come questa «certezza» fosse in ognuno assoluta; nessuno ebbe il più piccolo dubbio. Nelle case si attese alla fabbricazione di ordigni esplodenti, di pugnali fatti con lime, pezzi di ferro, coltelli, e alla preparazione di acidi Dalle finestre di una delle casupole di Borgo Minelli, una ragazza di diciassette anni, tenendo le­vata in alto la scure ed agitandola, gridò ai compagni sulla via: «se vengono io sono pronta!». Alle donne vennero distribuiti recipienti pieni di petrolio e di benzina, poiché in base al piano di­fensivo, nel caso in cui i fascisti fossero riusciti ad entrare in Oltretorrente, il combattimento si sarebbe svolto strada per strada, vicolo per vicolo, casa per casa, senza risparmio di sangue, con lancio di liquidi infiammabili, contro le camicie nere e sino all’incendio e alla distruzione com­pleta delle posizioni.
Notizie, queste, confermate da Balbo che così descrive, lasciando an­che trasparire una certa dose di ammirazione, l’organizzazione della dife­sa in Oltretorrente:
Partecipano alle azioni le donne e i ragazzi. Ora per ora le trincee vengono approfondite e perfezionate. Servizio di sentinella. Operai che si danno il turno. Disciplina militare. Picelli ha il suo quartier generale al centro dell’oltretorrente. Arditi del popolo militarizzati. Stato mag­giore. Disciplina di guerra. […] Molti operai sono in divisa di ex soldati col relativo elmetto. I ragazzi sono in gran parte adibiti a spari a tradimento che colpiscono i fascisti persino nella piazza maggiore della città. Mentre i difensori sono di guardia alle trincee, le donne, mobilitate anch’esse, preparano il rancio. Sono coadiuvate da gruppi di cucinieri. Le popolane portano al­le cucine antifasciste pane, vino, frutta, lardo, patate. Il rancio viene distribuito due volte al giorno. L’ora del rancio è fissata con uno squillo di tromba. Altri squilli regolano l’ora della ri­tirata e l’ora della sveglia, nonché gli allarmi.
In realtà, contrariamente a quanto afferma Balbo, i giovanissimi (come il quattordicenne Gino Gazzola, ucciso inerme da un cecchino fascista) sono impiegati sui tetti e sui campanili in servizio di pattugliamento, men­tre le armi e le munizioni in possesso degli insorti non sono poi molte. An­zi, alcuni di loro, utilizzando un espediente di rimembranza garibaldina, durante la notte salgono sui tetti armati di tubi e bastoni impugnati a mo’ di fucile.
Il rapporto con i soldati di truppa è un altro aspetto saliente della condotta dei resistenti. Il tentativo di occupare il quartiere popolare da parte del generale Lodomez – al quale nel frattempo erano passati i poteri – fallisce per due moti­vi: per la netta opposizione del Comando degli Arditi del popolo al tentativo mediatorio del comitato cittadino dell’AdL e a qualsiasi richiesta di smobilita­zione avanzata dagli ufficiali (con la promessa che i fascisti si sarebbero poi al­lontanati dalla città), ma soprattutto perché i difensori accolgono i soldati del generale letteralmente a braccia aperte. (Come nota Picelli: “Gli ufficiali protestarono dicendo che avevano l’ordine; ma gli operai non cedettero. Anch’essi avevano un ordine! Il contegno dei soldati fu tale da non incoraggiare gli ufficiali ad insistere troppo. Due ore dopo il battaglione venne ritirato. Le manovre di com­promesso furono sventate e il tentativo di disarmare gli operai fallì” )
Un Balbo indignato scrive infatti:
Alle 14 le truppe del generale Lodomez entravano nei quartieri occupati dai sovversivi con mitragliatrici e con due cannoni. L’apparato di forze era grande. Si riteneva accanita la resistenza degli avversari. Invece non è stato sparato un colpo di fucile. Gli operai stessi han­no aiutato i soldati a sgombrare le barricate e a disfare le trincee. Da tutte le viuzze dell’oltre-torrente le masse sovversive accorrevano incontro ai soldati gridando «viva l’esercito prole­tario». Applausi senza fine agli ufficiali. Molti soldati abbracciati dalle donne che offrivano vino. Segni di vittoria in tutti i quartieri che fino a pochi momenti prima erano in stato di guerra. Le truppe, i carabinieri e le guardie regie non hanno sequestrato che tre o quattro mo­schetti. […] In una piazzetta dell’oltretorrente è stata scodellata ai soldati una polenta di 15 chili. Non sono mancate le musiche e i balli popolari.
Il mistero di questa manifestazione di giubilo e di solidarietà con l’Esercito è stato subito svelato. Il prefetto Fusco è sceso a patti con gli arditi rossi di Picelli. […] Si è presentata a Picelli la soluzione prefettizia come una clamorosa vittoria delle organizzazioni rosse […]. In­somma era tutto un equivoco. Inoltre le dimostrazioni fatte all’Esercito suonavano oltraggio all’Esercito stesso, che si tendeva a far apparire come bolscevizzante. (Se non corrisponde a verità il fatto che il prefetto Federico Fu­sco, uomo di Facta, simpatizzasse con gli insorti, è però vero che la sua condotta (ispirata dall’esclusiva volontà di non far giungere le parti a un sanguinoso scontro fisico) fu diversa da quella della maggioranza degli altri prefetti del regno, quasi tutti filofascisti. Come ha do­cumentato Palazzolo il prefetto di Parma inviò, il 6 agosto del ’22, un telegramma in cui si dice tra l’altro che “neanche il minimo atto di ostilità è stato compiuto dai socialisti contro la truppa e i Funzionari ed Agenti della forza pubblica […]. I socialisti hanno sparato e costrui­to barricate solo per difendersi dai fascisti, né occorre che io smentisca di avere, anche con un tacito consenso, incoraggiato tali barricate.” ).
In sintesi, dopo tre giorni di combattimenti che impegnano più che l’Ol­tretorrente il quartiere Naviglio (la cui difesa viene organizzata dall’anarchi­co Antonio Cieri), le truppe di Balbo devono battere in ritirata.
CRONACA (da la Gazzetta di Parma del 3 agosto 1922)
Lo sciopero iniquo
Se non fosse il movimento dj truppe, ed il girare attorno, sempre a tutte le ore compiendo miracoli di resistenza dei pochi funzionari e agenti della forza pubblica, non si avrebbe affatto l’im­pressione che lo sciopero… prosegue.
Mancano i treni cittadini? Ma se forse, è meglio.
Tutti i servizi procedono regolarmente. Gli spazzini stessi, ora che si sono messi a ragionare con la toro testa e non più con quella dei mestatori e dei politicanti, sono fermi al loro posto.
Mentre prima, facevan forse peggio dei tramvieri.
I ferrovieri (personale di fatica) si so­no messi quasi tutti in sciopero. Ilt de­posito di Parma con circa quattrocen­to agenti, hà più di trecentocinquanta scioperanti.
E ciò — ci diceva l’Ispettore della circoscrizione Ing. Carini — mentre a Piacenza. Reggio Emila e Modena, non uno ha scioperato, tutti sono rimasti fermi, comprendendo a pieno, quanto sia pazeesco e iniquo questo sciopero.
Eppure, a Parma, sono passati par­titi, arrivati, tutti i treni viaggiatori ed anche qualche treno merci a grande velocità.
In stazione fanno servizio squadre di fasciati; sui treni viaggiano dei fascisti; il personale di macchina è di ferrovieri fascisti.
Ed i treni passano recando le ban­diere dai sacri colori della patria sulle locomotive.
E tutto questo ieri ha dato molto fastidio agli scioperanti ma più che a loro alla teppa che s’affaccia sempre ovunque, che viene sempre a galla quando c’è un po’ di movimento in giro. Tanto che nel pomeriggio, ad un treno che passava, ornato di bandiere è stato sparato contro, da sotto il cavalcavia di via Trento.
Dal treno è stato risposto.
E poi essendo accorsa una squadra di fascisti in perlustrazione, questa nel piazzale interno della Barriera Gari­baldi, venne accolta, da motteggi e fischi.
I fascisti fermatisi, avendo ricevuta una nuova ed eguale dimostrazione ostiìle si slanciarono contro i malintenzionati. Ma questi fuggendo verso viale Mentana e riparando nelle case di borgo del Naviglio, spararono sui fascisti, numerosi colpi di rivoltella.
I fascisti tentarono di retrocedere per entrare in via XX Settembre per pren­dere alle spalle gli sparatori, ma anche in questa strada, malgrado la si vedesse vuota sino in fondo si sparava.
I fascisti erano tutti disarmati, ma nelle case di questo quartiere si usa­vano contro di loro le armi d’ogni sor­ta; che son sempre pronte a portata di mano, e che alla Questura son venne, mai fatto di rinvenire.
Intervenuti i carabinieri, col vice-questore ed il Comandate la Squadra Mobile, i i fascisti si ritirarono.
Ma il dott. Di Sero che aveva affron­tato da solo, con la rivoltella spiana­te, i fascisti non della città e non aven­do segni esteriori di riconoscimento, si ebbe una bastonata che gli ruppe il cap­pello di paglia.
Infatti di fascisti ne sono convenuti in città in numero grandissimo, e hanno continuato ad arrivare per tutta la notte.
Essi sono acquartierati nelle scuo­le di S. Marcellino, delle quali si sono impossessati di sorpresa e vi bivaccano attendendo ordini.
Il Comitato locate dell’ «Alleanza del lavoro» ( ?) ha lanciato un manifestino per inneggiare alla riuscita dello scio­pero che «deve proseguire con rinno­vato fervore» e si compiace perchè — esso dice — «l’ordine di effettuare lo sciopero generale è stato accolto ovun­que con entusiasmo vivissimo.».
Si vede che non vuol sentile «l’Alleanza del lavoro » ( ?) le bestemmie che tirano al suo indirizzo gli operai che sono obbligati dalla prepotenza di pochi politicanti, ben stipendiati, a perdere numerose giornate di lavoro.
La Federazione Commerciale Indu­striale Parmense, ha lanciato anch’essa un manifesto agli Industriali e Commercianti, avvertendo che «se nella dannata ipotesi che il movimento di rivolta sovversiva tendesse a prolungarsi oltre le 48 ore, la Federazione, d’accordo con tutte le organizzazioni consorelle d’I­talia agirà inesorabilmente con estrema energia perché esso movimento, venga inesorabilmente stroncato per il bene della Patria e di tutte le classi di cit­tadini».
In città tutti i negozi sono aperti, e la bandiera italiana sventola ovunque per le vie principali. E’ questo forse, il primo sciopero che si svolge con tutti i negozi aperti.
I portalettere, quelli che sono sem­pre, pronti per le feste di Ferragosto, Natale e Pasqua ad essere complimentosi, a salire fino ai quarti piani, a fare inchini e salamelecchi, si sono astenuti dal lavoro. Gli altri, i benpen­santi, sono in afficio e fanno la distribuzione delle corrispondenze dall’ufficio stesso, coadiuvati all’esterno da portalettere militari. Il Direttore e l’Ispettore delle Poste, i capi d’Ufficio per facilitare al pubblico il ritiro del­le corrispondenze, vigilano a che que­ste siano ripartite per quartieri e per strade, a mano a mano che giungano. Poiché gli arrivi e le partenze si suc­cedono con ogni regolarità. Da certi paesi, come ad esempio, Langhirano, la posta è stata portata in città dai fa­scisti in automobile.
Fonti:
http://www.barricateaparma.it
Eros Francescangeli – Arditi del Popolo – Ed. OdradeK
Gazzetta di Parma del 3 Agosto 1922
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storie dimenticate
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kritere · 2 years ago
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Nuova accisa mobile, tornano i bonus benzina e bus
Nuova accisa mobile, tornano i bonus benzina e bus
GUARDARE TV Ritorno dell’accisa mobile, rivista e corretta, rafforzamento dei poteri di Mr Prezzi, sforzo sulla trasparenza con l’obbligo per i benzinai, altrimenti a rischio sanzione, di esporre accanto al prezzo praticato anche quello medio misurato dal ministero delle Imprese. Sono alcune delle principali misure contenute nel decreto di 5 articoli per contenere i prezzi dei carburanti. Il…
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valhallarealm · 2 years ago
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Quello che non vedrete mai sui libri - Il 'fallo donna'
Quello che non vedrete mai sui libri – Il ‘fallo donna’
Nel Paleolitico e nel Neolitico il corpo di donna ritratto in modo naturalistico con il collo a forma di fallo era il modo accettato di raffigurare lo sviluppo della vita o il rafforzamento dei poteri di vita. Questo simbolismo ha un senso filosofico e non sessuale o pornografico. La ‘Venere’ Mostruosa della Preistoria di Marija Gimbutas I Nomi della Dea edito da Ubaldini Editore è una raccolta…
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milesmoralesrp · 6 months ago
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Marcus Morales (27 luglio 2024) è figlio del Spiderman nero di origini afroamericane e spagnole Miles Morales e di Amal Haniyeh.
Biografia
Marcus Morales nasce il 27 luglio 2024 a Brooklyn a New York alle ore 19:14 dall'unione tra Miles Morales e Amal Haniyeh.
Miles era andato a lavorare e ha trovato in qualche modo una ricetta segreta ed esperimento segreto per ottenere di nuovo gli arti mancanti persi per tante cause e occasioni terribili quando poi nello stesso giorno questo esperimento cade adosso a suo figlio Marcus che è senza poteri dell'uomo ragno e finisce per trasformarsi in uomo lucertola nonostante è un neonato e lo fa ritornare in sembianze umane quindi il neonato subisce nuovi poteri da uomo lucertola.
Poteri e abilità
Marcus si è dato poteri sovrumani come risultato dell'esposizione al siero con il DNA di una lucertola, che gli ha permesso di trasformarsi in Lizard. In forma umana, non ha nessuno dei suoi poteri sovrumani, ma è molto intelligente e uno scienziato ben noto nei campi della genetica, della fisica, della biochimica e dell'erpetologia. Ha un intelletto a livello di genio.
Quando Marcus è trasformato in Lizard, ha forza, velocità, resistenza, agilità e riflessi a livelli sovrumani, che possono eguagliare quelle di Spider-Man. La sua forza sovrumana è sufficiente per sollevare circa 12 tonnellate. Può anche scalare i muri usando una combinazione dei suoi artigli affilati e delle micro squame sulle mani e sui piedi che creano un attrito molecolare come quello di un geco. È altamente resistente alle lesioni grazie alla sua spessa pelle squamosa, che gli consente di resistere a forature e lacerazioni da armi ordinarie e armi da fuoco di basso calibro. Inoltre, la lucertola ha capacità di guarigione altamente migliorate che gli consentono di riprendersi rapidamente da ferite gravi, inclusa la rigenerazione degli arti perduti. Ha anche una lunga coda che può usare per bilanciarsi o come arma offensiva, capace di frustare e frantumare il cemento. Come alcuni gechi, può staccare la coda e farne crescere una nuova. La lucertola ha denti affilati come rasoi incastonati in mascelle muscolose che possono infliggere un morso letale. Come un rettile, ha caratteristiche di sangue freddo ed è quindi sensibile agli sbalzi di temperatura; un ambiente sufficientemente freddo farà rallentare drasticamente il suo metabolismo e diventerà dormiente se è esposto a temperature fredde per troppo tempo.
La lucertola può comunicare mentalmente e comandare tutti i rettili entro un miglio da sé stesso tramite telepatia limitata. Ha anche in almeno un'occasione secreto potenti feromoni che hanno indotto gli esseri umani vicini a comportarsi violentemente. In seguito, un ulteriore potenziamento della sua telepatia gli ha conferito il potere di costringere telepaticamente gli umani a mettere in atto i loro impulsi primordiali, sopprimendo il controllo emotivo nella loro amigdala (il "cervello di lucertola").
Sulla base di vari fattori fisiologici e ambientali, l'intelligenza della lucertola può variare da quella bestiale e animalesca alla normale intelligenza umana. La personalità di Lizard si è manifestata più spesso con l'intelligenza umana, capace di parlare e ragionare più in alto, sebbene alcune versioni siano state più selvagge di altre.
Età: 15 anni
Personalità
Leone ascendete Capricorno è una combinazione astrologica che va a rafforzare quelle che sono le qualità comuni a entrambi i segni, come la solarità e passionalità, l’ambizione, la tenacia e la forza. Il rafforzamento di queste qualità, unite alla notevole intelligenza, all’ambizione, alla razionalità e all’impetuosità ne fanno una personalità estremamente carismatica, in ogni ambito eserciti il suo fascino, che riguardi la sfera privata o pubblica.
Parenti
Miles Morales (padre)
Amal Haniyeh (madre)
Moath Haniyeh (fratellastro da parte della madre)
Hazem Haniyeh (fratellastro da parte della madre)
Timur Haniyeh (nipote)
Ibrahim Haniyeh Gonzalez (nipote)
Sarah Haniyeh Gonzalez (nipote)
Belal Haniyeh Gonzalez (nipote)
Marwan Haniyeh Gonzalez (nipote)
Osman Haniyeh (nipote)
Hamza al-Badri (fratellastro da parte della madre)
Yunis al-Badri (nipote)
Tristan Spencer (nipote)
Prestavolto
-Arya and Wynter Wells
-Isai Devine
-Keivonn Woodard
-Myles Truitt (pv attuale)
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forzaitaliatoscana · 4 years ago
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DL Semplificazioni, Mazzetti: Percorso di liberalizzazione
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DL Semplificazioni, la deputata di Forza Italia Erica Mazzetti: "Avvia percorso di liberalizzazione e collaborazione tra pubblico e privato" “Il decreto semplificazioni è il primo provvedimento che crea le condizioni normative per l'attuazione del PNRR e per garantire la sua piena esecuzione. La sfida è spendere i 235 miliardi complessivi nei tempi stretti che ci impone l'Europa, pertanto, era fondamentale cominciare ad occuparsi del nostro punto debole, ossia la burocrazia e la lentezza della macchina pubblica che in Italia ha fatto diventare tutto più difficile”. Lo ha detto Erica Mazzetti, deputata di Forza Italia intervenendo in Aula a Montecitorio nel corso della discussione generale del DL Semplificazioni. “Alcune misure sono state fortemente volute da Forza Italia”, ha continuato. Ad esempio, “la riduzione dei tempi per la valutazione di impatto ambientale dei progetti che rientrano nel PNRR e di quelli attuativi del Piano nazionale integrato per il clima e l'energia, nonché le misure di semplificazione per il contrasto al dissesto idrogeologico del nostro territorio”, “misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici e rafforzare la capacità amministrativa delle stazioni appaltanti”; “il rafforzamento del silenzio assenso e dei poteri sostitutivi in caso di inerzia per accelerare le procedure per imprese e cittadini e la classificazione di interventi di pubblica utilità indifferibili ed urgenti per quelle opere infrastrutturali necessarie alla realizzazione di progetti per la transizione energetica del Paese”. Ancora, ha proseguito la deputata azzurra, “semplificazioni delle autorizzazioni per i piccoli impianti, tra cui quelli idroelettrici, fotovoltaici, eolici e a biomasse di piccole e medie dimensioni” oltre a quelle per gli impianti di smaltimento rifiuti non pericolosi direttamente in cantiere, per una vera economia circolare dei materiali edili. “Credo che con questo provvedimento la strada sia stata istruita ed è quella giusta per ulteriori provvedimenti. Devo tuttavia essere sincera: mancano molte delle cose su cui da sempre Forza Italia ha puntato per lo sviluppo di questo Paese”, come “la semplificazione per la realizzazione del ponte di Messina. Un punto che, come Forza Italia, porteremo avanti. Anche il superbonus 110% in parte reso più accessibile, soprattutto nei nodi inerenti alla legittimità urbanistica, dovrà trovare spazio in provvedimenti in discussione attualmente e nell'imminenza futuro per ampliarlo e semplificato ancora di più e diluirlo nel tempo per permettere a tutti di non soffocarsi nella reperibilità delle materie da costruzione e degli operatori di settore che ad oggi scarseggiano. Necessariamente dovevamo iniziare questo percorso; lo abbiamo fatto. Un percorso flessibile, come deve essere, di liberalizzazione e di collaborazione fra pubblico e privato per una valutazione più competitiva, in Europa e nel mondo, con un cambio culturale e strutturale del sistema Paese che necessariamente deve avvenire”, ha concluso. Erica Mazzetti, Deputata Forza Italia  Follow @FI_Toscana
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Riforme: Conte, non c'è condivisione con il governo
(ANSA) – ROMA, 09 MAG – “Il tema è che almeno da questo primo incontro non è arrivata una condivisione: siamo per soluzioni sensate e anche a un rafforzamento dei poteri del premier ma in un quadro equilibrato, che non mortifichi il modello parlamentare che è molto utile per l’inclusività e favorisce la soluzione dei conflitti. E ci sta molto a cuore la funzione del Presidente della Repubblica…
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abr · 5 years ago
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"A me della lotta politica interessa nulla - scrive Capuozzo sulla sua pagina Facebook - Mi interessa un giornalismo che non sia guardia del corpo del potere. Ieri sera in tv  sostengono che il record negativo dei contagi in Italia (terzo paese al mondo) è dovuto al fatto che noi i controlli li facciamo, gli altri no (...). Dunque siamo i migliori, in Europa ? Non lo so, magari hanno ragione. Però mai un dubbio, mai un po' di umiltà, sempre tutto ben madama la marchesa, e in nome della politica". (...) Capuozzo condivide la fotografia di un articolo di Repubblica che riportava il "viaggio" di Sala alla Chinatown meneghina contro la psicosi Coronavirus. Il primo cittadino era andato a "portare solidarietà" ai cinesi, (...) auspicando una ripresa rapida dei voli dalla Cina dopo il blocco disposto dal governo. "Il sindaco di Milano 15 giorni fa riteneva il razzismo il nemico da battere", ricorda Capuozzo. Che poi mette a confronto la scelta di Sala con le "normative sulla prevenzione della salute" prese dalle autorità inglesi "quaranta giorni fa". "Il 10 febbraio - si legge - il Segretario di Stato per la salute e l'assistenza sociale, Matt Hancock, ha annunciato il rafforzamento dei poteri legali per proteggere la salute pubblica. (...)  Il commento di Capuozzo è duro: "Poi ci lamentiamo della psicosi. Fortuna che gli inglesi se ne sono andati dall'Europa. Sorrido amaramente". Il senso è: "Dove gli uni organizzavano prevenzione, gli altri predicavano contro un razzismo che in genere si esplicava nel disertare i ristoranti cinesi".
Povera Milan,  al sindaco si applica il proverbio “tutti grandi skipper fin che non c’è vento”: fin che si trattava di chiacchiere e distintivo scappellato a sinistra, briciole e incuria finalizzate a proteggere i palazzinari, tutto bene; adesso che la crisi è seria, soccaxxi.  
via  https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/metodo-capuozzo-toni-ndash-giornalista-parla-coronavirus-mette-227823.htm
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iltrombadore · 5 years ago
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Forcaioli bolscevichi: come finì Pasukanis, vittima del suo “principio di corrispondenza dei fini”
Un bell’esempio di ideologo forcaiolo, vittima dei suoi stessi principi di legge classisti e antiliberali, fu il giurista bolscevico Evgenij Pašukanis (Starica, 23 febbraio 1891 – 4 settembre 1937)  che tentò di fondare teoricamente una teoria ‘classista’ del diritto invocando il pensiero di Marx come fonte  di una visione organica secondo cui il diritto non è una ‘sovrastruttura ideologica’ ma è una ‘struttura costitutiva’ della società capitalista. 
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Pašukanis era di origine lituana e si formò in Russia e in Germania. Aderì al bolscevismo fin dal 1912. Per alcuni anni, a partire dal 1918, operò come giudice nella regione di Mosca, poi come consulente giuridico per il commissariato del popolo per gli affari esteri. Contemporaneamente intraprese la carriera accademica. Nel 1924 pubblicò la sua più importante opera, intitolata "La teoria generale del diritto e il marxismo" , che lo fece emergere come uno dei principali filosofi del diritto marxisti e gli valse una vasta notorietà anche fuori dall'URSS. Nell'opera di Pašukanis venne elaborato per la prima volta il principio di corrispondenza dei fini, elemento fondante del diritto sovietico, in base al quale la valutazione del reato non doveva più essere secondo la gravità retributiva, ma secondo il suo grado di pericolosità verso il fine ultimo della società, e cioè la società comunista: maggiore è la pericolosità per la sopravvivenza della rivoluzione e maggiore sarà la pena.Il diritto politicizzato, serviva, nella nuova ottica, solo a reprimere comportamenti non consoni alla nuova ideologia in modo totalmente discrezionale. 
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Negli anni successivi Pasukanis prese parte ai lavori preparatori della Costituzione sovietica del 1936.Nell'Unione Sovietica ricopr�� incarichi di grande prestigio: membro dell'Accademia socialista, fu direttore dell'Istituto per il diritto sovietico dal 1931, e nel 1936 divenne Commissario del popolo per la giustizia. In base alla sua dottrina radical-marxista ‘di sinistra’ che concepiva il diritto quale espressione organica della società borghese, Pasukanis negava in radice l’esistenza di un diritto ‘proletario’ ed affermava la necessità dello smantellamento del vecchio sistema giuridico nella transizione alla società comunista. Questa prospettiva teorica entrava di fatto in contrasto con Stalin e con Andreij Vysinskij, che prevedeva il rafforzamento dei poteri dello Stato sovietico. Così nel 1937 Pasukanis scomparve, inghiottito dalle purghe staliniane, e dalla sua stessa idea del ‘principio di corrispondenza dei fini’, senza lasciare traccia. Dopo la sua scomparsa fu indicato come "nemico del popolo", e il suo successore Vyšinskij si prodigò per ridurre l'influenza delle sue teorie nel mondo accademico, e per dare al sistema giuridico sovietico basi dottrinali più conformi ai dettami staliniani.
Pašukanis fu riabilitato ufficialmente nel 1956, in seguito alla ‘destalinizzazione’ inaugurata da Nikita Chruščёv.
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paoloxl · 6 years ago
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L’esordio del “governo del cambiamento” sta dimostrando che, in realtà, non siamo di fronte a nessun cambiamento, tranne un aumento del tasso di autoritarismo, di misure e provvedimenti contro i soggetti più deboli, nello stile classico degli apparati di potere neo-liberali. Non la “lotta alla povertà”, ma quella contro i “poveri”, in una vera e propria lotta di classe rovesciata.
Anche il cosiddetto “sovranismo” si squaglia come neve al sole rispetto ai poteri forti transnazionali e ai dispositivi del comando imperiale: l'ordoliberismo tedesco ed europeo trionfa sulle velleità sovraniste e sul patetico tentativo di riesumare gli stati nazionali e una loro presunta autonomia politico-economica.
L’unica novità, se vogliamo metterla così, è non solo e non tanto lo sdoganamento dei gruppetti di fascistelli che si richiamano alla repubblica sociale di Salò, o al peggior integralismo cattolico, ma la penetrazione del linguaggio fascista e apertamente reazionario nei gangli del potere istituzionale. Il linguaggio e le posture di Matteo Salvini, l’uso del corpo e la comunicazione sui social, le dichiarazioni del ministro Lorenzo Fontana sulla fantomatica “famiglia naturale” e di altri deputati leghisti sull’obbligo per le donne di fare figli. L’omofobia va di pari passo con la xenofobia e il razzismo, la reintroduzione della leva obbligatoria, il proibizionismo; il tutto disegna un orizzonte compiuto di controrivoluzione in atto. Questa si dispiega contro ogni forma di autonomia e libertà dei soggetti sociali, contro i diritti conquistati con le lotte fatte da una moltitudine di uomini e donne, al fine di ripristinare un ancien régime e spezzare definitivamente il vento rivoluzionario che ha attraversato in particolare il decennio 1968-77 e che ancora produce i suoi effetti.
I due campi semantici del fascismo e la lezione di Gramsci.
Possiamo definire tutto ciò fascismo? C’è nel nostro Paese un governo fascista?
Dobbiamo analizzare la problematica sotto due aspetti, due campi semantici diversi, anche se dialetticamente intrecciati. Nel primo campo, si tratta di cogliere il significato simbolico del termine “fascismo”, così come si determina nel linguaggio comune di movimento. Esso esprime un concetto sintetico, che riunisce al suo interno tutto ciò che la soggettività antagonista e rivoluzionaria combatte quotidianamente: il razzismo, sessismo, lo sfruttamento, la rapina dei beni comuni, la devastazione del mondo-ambiente, l’autoritarismo, le forme di dominio e comando sulle nostre vite. Delimita il campo della nemicità assoluta e ha un’indubbia efficacia pratica: produce conflitto radicale, condivisione e unità tra le varie espressioni dell’antagonismo sociale, rafforzamento dell’organizzazione soggettiva, momenti significativi di controllo territoriale dal basso, come abbiamo concretamente vissuto da Macerata in poi.
Ben venga dunque questo uso simbolico-linguistico del termine fascismo, riattualizzato e strappato al “significante vuoto” del rito e della retorica resistenziale, peggio ancora all’uso opportunistico da parte della sinistra post-socialdemocratica, neo-laburista e neo-liberista che ne fa un mantra per la costruzione del “fronte democratico”, la grande alleanza europea tra tutte le forze liberal-democratiche contro sovranismo e populismo. Forze che – tra l’altro - sono tra le principali cause di questa situazione e responsabili dello sdoganamento dei peggiori fantasmi della storia europea.
Detto questo, è indispensabile affrontare la questione anche sotto un altro punto di vista, quello dell’analisi storico- materialista: cos’è il fascismo oggi? Possiamo ancora parlare di “fascismo” attraverso le figure storiche attraverso le quali si è manifestato come regime politico? Antonio Gramsci, nella sua analisi del problema, offre un mirabile esempio di materialismo storico, al di là delle semplificazioni schematiche del marxismo deterministico e meccanicistico, di cui fu sempre strenuo avversario.
Il capitolo Americanismo e Fordismo nei Quaderni[1] rivela tutta la potenza e fecondità del metodo storico-materialista, quando esso si applica sul corpo vivo della situazione storico-concreta, mettendone in luce la concatenazione di elementi economici, politici, sociali, culturali, ideologici, le intime contraddizioni che la attraversano, il rapporto tra le forze in campo, le loro oscillazioni, la varietà delle combinazioni, le scomposizioni e ricomposizioni. Insomma, si tratta di cogliere i fenomeni storici come fenomeni “viventi”, nel loro divenire e nelle trasformazioni molecolari e molari: tutto l’opposto di un quadro statico e rigido, codificato una volta per tutte. Dal punto di vista profondamente marxiano, Gramsci innerva la sua analisi sul fascismo nelle trasformazioni del modo di produzione capitalistico e dell’organizzazione del lavoro fordista-taylorista avvenute nei primi decenni del XX secolo. E, con esse, anche le trasformazioni della stessa forma-Stato in base al nuovo paradigma produttivo.
La ridefinizione dei dispositivi di comando avviene su questa base. Lo sguardo si sposta sul piano complessivo di tutta la formazione sociale capitalistica, dalla guida americana all’Europa. In particolare sulla radicale svolta relativa alla funzione dello Stato in economia rispetto alle concezioni liberali classiche, il passaggio da «Stato-guardiano notturno», garante esterno delle regole che permettono il libero svilupparsi della spontaneità del mercato e della riproduzione del capitale, allo «Stato-interventista», che entra direttamente come attore nel processo economico, facendosi esso stesso motore dell’accumulazione e valorizzazione di capitale.
Si apre l’epoca della statalizzazione-nazionalizzazione dell’economia, lo Stato-piano, emerge il concetto a due facce, di “pubblico-statale” da una parte e “privato” dall’altra. Due facce della stessa medaglia, in quanto il principio della proprietà privata dei mezzi di produzione e riproduzione sociale non viene mai messa in discussione. Il pubblico ha il compito fondamentale di mediare il conflitto di classe, come ha insegnato il Keynesismo.
Il fascismo italiano analizzato da Gramsci si inserisce in questo quadro strutturale, che non è puramente economico, organizzativo, tecnico-scientifico, ma che mira a creare un uomo nuovo, il popolo delle «scimmie ammaestrate», sottomesse al capitale e alla nuova ideologia statalista. Il fascismo fu il prodotto della crisi e della trasformazione dello Stato liberale e del modo di produzione fordista declinato all’italiana. Non è un caso che il fascismo storico renda ipertrofica e totalitaria questa idea di Stato sulla base stessa della crisi della democrazia rappresentativa così come si presentava in quel tempo, trasformando le scimmie ammaestrate della catena di montaggio in un «popolo delle scimmie», a sostegno di un regime totalitario voluto e concepito in funzione controrivoluzionaria.
Le differenze dovevano essere annullate in una grigia uniformità, l’idea militaresca delle uniformi e delle marce soldatesche, l’eliminazione delle contraddizioni di classe attraverso lo Stato corporativo, l’obbedienza all’ideologia statale fuori e contro ogni libertà singola e collettiva. Tutto questo ha creato l’immagine di una totalità sociale completamente uniformata, una massa grigia e indistinta su cui sovrastava il corpo del sovrano assoluto, il quale, fuori dal contesto, è stato solo una macchietta da avanspettacolo di secondo ordine. Vengono in mente film capolavoro quali Metropolis e Tempi Moderni, che ritraggono l’alienazione della catena montaggio sommata all’alienazione delle moltitudini metropolitane, la dittatura “astratta” della merce e del denaro e la dittatura concreta, proiettata nel corpo del sovrano.
Il fascismo è la proiezione simbolico-linguistica di superficie di un ordine sottostante, la riproduzione del capitale e del “libero mercato”. Tra liberismo e fascismo non c’è differenza di natura, semmai differenza di grado, per usare una terminologia propria delle scienze biologiche ed evoluzioniste.
Fascismo post-moderno e neoliberismo.
Ma oggi l’immagine del mondo è completamente cambiata: la disarticolazione della fabbrica fordista e dell’operaio massa, la precarizzazione della forza-lavoro, la messa in valore della vita stessa, la dissoluzione dello Stato-piano e dello Stato nazione sono tutti aspetti dell’egemonia neoliberista e dei suoi dispositivi di potere. È proprio su questo mutamento di paradigma che va innervata l’analisi del fascismo post-moderno e i continui cambiamenti dei governi non sono altro che effetti di superficie, simulacri di questa struttura più profonda, un pò come nel mito della caverna di Platone, in cui i prigionieri scambiano come unica realtà le ombre sulla parete proiettate dalla luce esterna.
Ciò non significa che non dobbiamo combattere anche contro i simulacri per liberare i prigionieri. Come insegna la lezione gramsciana di analisi storica e materialista di quel tipo di fascismo “totalitario”, così dobbiamo fare noi, rispetto alle trasformazioni post fordiste. Il fascismo attuale si annida nelle pieghe della “governance” neoliberista, non tanto nella versione anglosassone - meno Stato e più mercato -, ma nell’ordoliberismo di origine germanica, nato proprio negli anni ’30, in pieno regime nazista, e diventato egemone nel tempo, fino a influenzare in maniera determinante l’Europa di Maastricht e dell’austerity.
L’ordoliberismo rappresenta la matrice del nuovo autoritarismo postdemocratico, il dispositivo principale del comando imperiale transnazionale e dello stato di eccezione permanente. Si definisce come «economia sociale di mercato ad alta competizione», si connota con caratteri cristiani e religiosi, sviluppa e realizza ciò che le analisi di Faucault avevano lucidamente anticipato, ovvero che l’ordine capitalistico neo-liberista pone come obiettivo strategico «il governo dell’economia in quanto governo del vivente», al di là del rapporto classico capitale-lavoro. Non meno Stato, bensì una sua completa ridefinizione che presuppone lo smantellamento del Welfare, la fine di ogni mediazione tra lavoro vivo e capitale, che interviene nell’economia non per attenuare le diseguaglianze e le contraddizioni della spontaneità del mercato, ma per eliminare tutti gli ostacoli che si frappongono al suo libero sviluppo, attraverso una continua produzione giuridico-normativa.
Per governare la vita e la sua totale aderenza al mercato è necessaria una radicale flessibilità della norma, una normalizzazione dello stato di eccezione permanente, al di fuori della concezione universalistica del diritto. Così “il politico” è completamente riassorbito dalla bioeconomia e dal biopotere e perde completamente qualsiasi autonomia, seppur relativa, che ha accompagnato la formazione dello Stato social-nazionale.  
Questi processi producono una vera e propria trasformazione antropologica; ogni individuo è considerato un atomo sociale isolato, imprenditore di se stesso, a prescindere che sia un lavoratore salariato, un precario, un disoccupato. E’ «capitale umano» e tutte le sue qualità, conoscenze, competenze, capacità relazionali devono essere mobilitate in permanenza, a disposizione della gigantesca macchina della valorizzazione biopolitica.
Non è la negazione della libertà, ma la sua cattura continua da parte degli apparati di dominio, la cattura del desiderio di autorealizzazione, di successo, di felicità, in una competizione senza liniti di tutti contro tutti. Certamente un mondo di fantasmi, di illusioni, di mistificazioni, ma non per questo meno potenti e produttrici di soggettività sociale: la potenza del desiderio è una potenza vitale.
Su questa base il nuovo ordine liberista produce i suoi meccanismi di inclusione ed esclusione: chi non ce la fa è fuori, abbandonato a se stesso. Sopravvivono solo i più forti, coloro che si adattano e che riescono nell’impresa, secondo i dettami del darwinismo sociale che ben si innervano nelle teorie neoliberiste, come anche i gironi danteschi della teologia cristiana, con il suo sistema di premi e punizioni. L’obiettivo strategico del comando neoliberista è quello di limitare l’eccedenza del capitale umano, l’insieme delle capacità cognitive e produttive che nel postfordismo ogni singolo acquisisce nella cooperazione sociale e che potenzialmente potrebbero costruire altre forma di vita, fuori dal rapporto di capitale Questa eccedenza va ricondotta alla norma affinchè non trasbordi, in tutta la sua creatività, in un nuovo potere costituente. Più che una reazione alle lotte e alla resistenza di classe, come in parte fu per il vecchio fascismo, il neoliberismo rappresenta una controrivoluzione preventiva, il rovescio del “comune” e la sua orribile controfigura: tra i due campi esiste un antagonismo radicale e irriducibile, la stessa possibilità della rivoluzione sociale all’altezza del nostro tempo.
Il fascismo post-moderno si basa su questo nuovo ordine politico-economico-antropologico-psicologico, nelle mille pieghe del controllo sociale diffuso e capillare, nei micro-fascismi quotidiani, negli atomi isolati in competizione tra di loro, nell’assoggettamento volontario: questo terribile intreccio va spezzato in ogni suo punto e ogni punto deve aprire nuovi sentieri di liberazione.
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