#r-esistere
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26 e 27 luglio, roma: "(e)state con gaza"
Due serate dedicate alla cultura palestinese tra lungometraggi, corti e reading letterari all’interno della cornice del Parco Nemorense. Contro il genocidio, per il diritto a r/esistere, (E) STATE CON GAZAPROGRAMMA26 LUGLIO, 21.30“Naila and the Uprising”, di Julia Bacha (2017), 75 min.27 LUGLIO, 21.30NAZRA SHORT FILM FESTIVAL“No Exit”, di Mohanad Yaquibi (2014), 12 min.“Ave Maria”, di Basil…
#Annamaria Bruni#anticolonialismo#Basil Khalil#cinema#contro il genocidio#corti#cultura palestinese#Daniele Di Lazzaro#Farah Nabulsi#film#Gaza#genocidio#Julia Bacha#letteratura#lungometraggi#Mahamoud Abu Ghalwa#Mohanad Yaquibi#Palestina#Parco Nemorense#r/esistere#reading letterari#Resistenza#video
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“La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza.”
Questo era lo slogan contenuto nel capolavoro di George Orwell, titolato “1984” e più attuale che mai. Nel romanzo il protagonista veniva annichilito dal sistema, privato di qualsiasi emozione e forma di libertà, imponendogli un solo sentimento, ovvero la devozione allo stato. Ma lui resisteva, faceva il possibile per rimanere umano e tenere in vita l’unica cosa che lo rendeva tale, il proprio cuore.
Quello narrato da Orwell era un futuro distopico che ai tempi faceva sorridere anche solo a immaginarlo, in quanto frutto della fantasia di un bravo scrittore. Oggi non ci fa più tanto sorridere, perché ci siamo dentro fino al collo. E allora se si vuole continuare ad esistere, come esseri umani e non come automi o cyborg, bisogna anche continuare a r-esistere.
Soprattutto allo sconforto, alla rassegnazione e all’idea che non si possa più fare niente per cambiare le cose.
Oggi viviamo in una società nella quale è normale essere tristi, demoralizzati, preoccupati, succubi e in cui la maggior parte delle persone “tira a campare”. Un mondo in cui i valori più diffusi sono omologazione, competizione e ubbidienza.
Mi dispiace, non ci sto e anche oggi, oggi più mai, insisto nel dire quanto sia importante resistere. A oltranza e possibilmente …col sorriso sulle labbra.
Resisto dunque esisto.
by M.G.
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Non lascio le situazioni a metà,
tantomeno le persone.
Non esistono i "Forse",
non esistono i "Così e così",
non ci sono i "Non lo so",
le cose si sentono e basta,
si ha solo paura di darle certe risposte.
Non esistono gli inizi incerti,
né i finali con l'amaro in bocca
e i dubbi nello stomaco.
Si rischia o si lascia perdere,
si pretende o si molla tutto.
È nero o bianco,
il grigio è solo un colore,
e i rapporti grigi non dovrebbero esistere.
R. Daniels
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Tutto è relativo
Gli ultimi contributi notevoli all'Umanità e al Pianeta delle Russie, Ucraina inclusa, e della Cina: rispettivamente Chernobyl e il Covid19.
O shpietati implacabbili disumani burattinai Usa guerrafondai e imperialisti, sia pure attualmente davvero mal guidati: grazie di (r)esistere.
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L'invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù.e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato. Fortunato colui al quale latrano i cretini, perché la sua anima non apparterrà mai a loro.
C. R. Zafón
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Novembre è stato un mese di baci insapore e tonsille arrossate,
sole e pioggia e pioggia e sole.
È arrivato il freddo e non abbiamo rinunciato a r-esistere in strada.
Chissà quante cose non sappiamo delle nostre città ma ne parliamo come se le sapessimo,
come se fossero le peggiori madri.
‘Maledetto autunno me l’hai detto tu’.
Me l’hai detto tu delle macerie
nelle macerie tra le macerie,
la settimana del dialetto siciliano
cantando Rosa Balistreri e tu non c’eri.
I palazzi che tagliano il cielo
e le pergamene negli specchietti dei motorini
su cui ti lascio dolcezze non caloriche.
È arrivato il freddo e non ci fa più sudare.
È arrivato il freddo e non ci fa più andare al mare.
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Cosa riesce a farti innamorare di una persona?
Bella domanda anon.
Ritengo ogni persona sia un soggetto a sé stante ed in quanto tale essa sia unica e speciale, non potranno mai esistere due individui uguali in tutto e per tutto, nemmeno i gemelli lo sono, eppure a livello estetico spesso possono apparire tali ai molti, ma ad un occhi attento o a quello dei loro cari nemmeno in questo caso lo sono e ciò poiché vi sarà sempre quel particolare che contraddistinguerà uno piuttosto che l'altro: una pagliuzza in più o in meno nell'occhio, una voglia in un punto particolare del corpo e così via e così anche chi dovrebbe essere identificato non lo è mai realmente.
È proprio questa unicità che contraddistingue una persona la prima caratteristica che mi affascina e che mi può portare a voler conoscere una persona in maniera più approfondita e non superficialmente. Non vi sono infatti caratteristiche che possiede solo una persona nello specifico, ma al contempo una caratteristica che in 100 possiedono può venire sviluppata in altrettanti modi di essere ed esprimersi, proprio per questo risultare insipida in alcuni soggetti ed invece sapida al punto giusto in altro casi e perciò suscitare la mia curiosità.
Non ritengo di essere una persona difficile in ambito amoroso quindi per farmi innamorare non occorre ricoprirmi di doni, che ritengo anche divenire superflui se continui e non necessari, oppure di parole e lusinghe cuore di sentimento e di dimostrazioni volte più ad esibire sé stessi che l'amore che si può provare per l'altro.
La prima "regola" che tutti dovremmo ricordarci per far innamorare una persona di noi, e non di una maschera oppure di un personaggio che ci siamo creati per conformarci alla convenzione sociale, è quella di essere noi stessi: belli, brutti, emotivi, riservati, studiosi, sportivi, eccentrici, timidi e così via. Se una persona riesce ad essere sé stessa e mi mostra il suo vero io già questa qualità può farmi innamorare, ciò dal momento in cui noto i suoi particolari, i cosiddetti pregi e difetti che plasmano quella persona e non un'altra.
Trovo i difetti particolarmente interessanti. Tutti siamo capaci di bearci dei pregi di una persona per la quale proviamo interesse e altresì siamo tutti soddisfatti quando in noi vengono notati e poi riconosciuti dei pregi, infatti facciamo di tutti perché siano ben visibili o pronti all'occorrenza; tuttavia, tutti, nessuno escluso, possediamo dei difetti che vogliamo sia nascondere, per paura del giudizio altrui,( sebbene io ritenga che il giudizio che temiamo di più e ci porti a nasconderli sia proprio il nostro) sia far amare all'altro in quanto ciò equivarrebbe per noi al riconoscimento del fatto di essere giusti. Osservando i difetti di una persona io posso innamorarmi di lei, sì perché in primis ciò che può risultare un difetto o una caratteristica negativa per l'altro può invece essere un particolare interessante o una caratteristica positiva per me; ad esempio: se una persona ritiene essere un difetto la timidezza, per me invece può risultare un pregio se mi piace che la persona con la quale interagisco arrossisca a un complimento. Al tempo stesso, come detto, anche una persona che riesce ad accettare i miei difetti, valorizzandoli e rendendoli belli può farmi cambiare idea su me stessa, farmi innamorare iniziando da farmi amare da me.
Stabilità,presenza,rispetto,lealtà,fedeltà, complicità, sincerità e fiducia sono caratteristiche che se combinate, equilibrate tra loro nel giusto mix mi fanno innamorare di una persona la quale dimostra di essere in qualche modo solida e matura abbastanza per poter far battere il mio cuore ad un ritmo maggiore e farmi pensare di poter costruire qualcosa di solido e duraturo,non sono fatta per lo stare insieme un giorno e lasciarsi il successivo.
Mi fanno innamorare le dimostrazioni d'affetto, di interesse e la voglia di farmi sentire apprezzata, voluta e cercata. Mi piace se mi si chiede come sto e si ascolta con vero interesse la risposta, ed ancora di più se coglie che magari dietro alle parole sto bene in realtà c'è della tristezza; se ricevo il messaggio del buongiorno o della buonanotte perché la persona fa caso ai miei orari e decide di mandarmeli per farmi svegliare col sorriso o se ha deciso di ricordarmi che mi pensa anche se occupata; mi strappa un sorriso sentire la voce di una persona che mi chiama o mi manda un vocale senza un motivo preciso, ma solo per farmi sapere che mi pensa.
Mi fanno innamorare i "mi manchi", i "ho visto questa o quella cosa ed ho pensato a te", i "ti penso", i "appena torno voglio stare con te", i "sei importante" e così via; mi fanno innamorare i gesti spontanei, farti senza bisogno che vengano chiesto: gli abbracci, stringere una mano, offrire ascolto se mi si vede triste, una coperta o una giacca se sento freddo, compagnia per la solitudine, un fiore colto da un prato, una lettera ecc.
Il modo di parlare o quello di camminare di una persona mi intrigano e possono suscitare in me curiosità, possono farmi innamorare se particolari,se noto una cadenza o un avvento particolare, se si aprono o chiudono le vocali, se mentre cammina prima muove il piede destro o il sinistro se sta scritto oppure no e tutti altri dettagli che possono diventare speciali per me e farmi riconoscere una persona tra le altre come unica al mondo.
Mi fanno innamorare due occhi che cercano i miei, che non hanno paura di sostenere il mio sguardo, che come io scruto il loro colore, la loro luce, la loro storia abbiano voglia di fare altrettanto con i miei; due mani calde o fredde, più o meno grande oppure più o meno morbide che però sanno stringere al momento giusto e mai per forza; un profumo scelto apposta per essere quello con il quale potrei identificare il suo arrivo o riconoscerlo in mezzo ad altri.
Le sorprese sono gesti che mi regalano ricordi ed esperienze che posso continuare a riportare alla mente e rivivere sempre con gioia, non serve esse siano di grande portata, perché quelle che apprezzo di più sono quelle semplici, creative e fantasiose, quelle che vengono dal cuore e dalla voglia del momento di vedermi sorridere non dettate dal fatto di dovermi stupire ad ogni costo o da convenzioni sociali per le quali per sorprendere il gesto deve essere estremo o ina qualche modo eclatante.
La premura mi fa innamorare, la complicità mi fa innamorare, la simpatia mi fa innamorare se non estremizzata al ridicolo, la cura, ma soprattutto la bellezza interiore, la sua essenza, il suo colore, la sua luce.
Per questo motivo ci sono caratteristiche che mi fanno innamorare di una persona, ma ogni persona in quanto unica potrebbe averne che non conosco e che potrebbero farmi innamorare e farmi dire in seguito che è stato merito loro se ho sviluppato questo sentimento.
Grazie della domanda.
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Il quadrato magico di Subirachs
Barcellona (Spagna), all'ingresso della Sagrada Familia, la cattedrale ancora incompiuta di Antoni Gaudi(1852 - 1926). Le sculture e la misteriosa tabella numerica sono opera dell'architetto Joseph Maria Subirachs.
La tabella numerica di Subirachs ha una caratteristica subito evidente: la somma dei numeri di ciascuna riga, di ciascuna colonna e di ciascuna diagonale è sempre 33, l'età di Gesù Cristo quando fu crocifisso.
Questa tabella non è propriamente un quadrato magico perché non contiene tutti i numeri da 1 a 16. Mancano il 12 e il 16 mentre il 10 e il 14 sono ripetuti due volte.
Definizione di quadrato magico. In generale un quadrato magico si costruisce disponendo tutti i numeri interi da 1 a n2 in una griglia di n*n caselle in modo tale che la somma dei numeri di ogni riga, di ogni colonna e di ogni diagonale sia sempre la stessa. Il numero di righe (e di colonne) si chiama ordine del quadrato, mentre la somma di una riga (o colonna o diagonale) si chiama costante magica.
Può esistere un quadrato magico di ordine 33?
Quali sono le proprietà matematiche di questo quadrato numerico?
Ha un significato religioso o occulto?
Note (tratte da: http://it.wikipedia.org/wiki/Sagrada_Familia). La Sagrada Família, nome completo in lingua catalana Temple Expiatori de la Sagrada Família (Tempio espiatorio della Sacra Famiglia) di Barcellona, Catalogna (Spagna) è il capolavoro di Antoni Gaudí, architetto catalano, definito l'architetto di Dio.
Nel 1866 nacque l'Associació Espiritual de Devots de Sant Josep (Associazione spirituale dei devoti di San Giuseppe), con l'intento di promuovere la fabbricazione di un tempio dedicato alla Sacra Famiglia. Tramite le donazioni che riceveva, l'associazione comprò il terreno su cui ora sorge la chiesa nel 1881 e in seguito si apprestò alla costruzione.
L'incarico fu affidato ad Antoni Gaudí nel 1884. Egli lavorò al progetto e seguì i lavori di costruzione per oltre 40 anni, dedicando completamente a questa impresa gli ultimi 15 della sua vita.
La Sagrada Familia non è stata ancora finita: è completa per il 55%, ma si prevede che al suo completamento possa essere la più grande basilica del mondo.
Dal 1940 gli architetti Francesc Quintana, Puig Boada, e Lluis Gari hanno portato avanti i lavori. Le sculture di J. Busquets e del controverso ma possente Josep Subirachs decorano le fantastiche facciate.
La costruzione della chiesa è tutt'oggi finanziata dalle donazioni all'associazione e i lavori procedono lentamente, anche a causa delle difficoltà del progetto. Numerosi edifici circostanti dovranno essere abbattuti per far posto alla scalinata principale.
Risposte & riflessioni
Non può esistere un quadrato magico di ordine 4 e di costante 33. Infatti, la costante di un qualunque quadrato magico di ordine 4 è:
costante = (somma dei numeri interi da 1 a 16) / 4 = (16*17/2)/4 = 136/4 = 34
La tavola di Subirachs ricorda il quadrato magico di Durer.
163213
510118
96712
415141
Quadrato magico di Durer (Melencholia)
Ruotiamo il quadrato di 180°.
114154
12769
811105
132316
Quadrato magico di Durer ruotato di 180°
Sottraiamo 1 a quattro numeri opportuni.
114144
11769
810105
132315
Quadrato numerico di Subirachs.
Ma si può fare anche così, ad esempio.
114153
12669
711105
132216
Perché Subirachs ha scelto proprio quei numeri? Ecco una possibile spiegazione. I numeri che compaiono due volte sono 10 e 14. La loro somma è 10+10+14+14 = 48. Ma 48 è anche la somma delle lettere della parola INRI (nell'alfabeto latino). INRI = 9+13+17+9 = 48.
ABCDEFGHIKLMNOPQRSTVXYZ
1234567891011121314151617181920212223
Le lettere I N R I furono scritte sopra la croce di Gesù e sono l'abbreviazione di Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum (Gesù Nazareno Re dei Giudei).
Una interessante interpretazione di George Zimmerman del quadrato numerico si trova in questa pagina: http://www.markfarrar.co.uk/gzimmerman01.htm (Article About The Subirachs Magic Square).
(via Il quadrato magico di Subirachs)
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Prendimi con te, quando ogni attesa sembra inutile, e insegnami a sognare al di sopra del tempo. Prendimi quando nessun luogo può salvarmi, insegnami a restare in volo oltre lo spazio.
Tienimi con te, mia sola salvezza, quando la vita non ne vale più il dolore, e mostrami la bellezza di tornare a esistere.
– R.
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Bruno Mangiaterra Purchè si parli di esistenza a cura di Gabriele Perretta (...) L’esortazione è chiara, l’incoraggiamento, lo stimolo, il suggerimento è trasparente come il bianco dell’uovo: vi prego non parliamo d’altro, parliamo solo di esistenza. L’esistenza ha bisogno di essere seguita, essa si può trasformare in un segno o può mostrarsi al di là del segno come forma di vita. Chiedere il perché dell’esistenza significa chiedersi in qualche modo la ragione dell’arte. È un’esultanza tacita, dal significato sottile che traspare nella settima Elegia Duinese di R. M. Rilke: Hiersein ist herrlich (Esistere in terra è divino). Terra qui potrebbe stare anche per una parte del cognome di Bruno, dunque potremmo sgarrare dicendo Esistere in mangiaterra è divino. Del resto, dopo la scorpacciata heideggeriana che ci siamo fatti negli ultimi due decenni, non ci rimane che rispolverare le difficili parole di chi è stato da tempo dimenticato. Sartre nel 1938 scrive: “L’essenziale è la contingenza. Voglio dire che per definizione, l’esistenza non è la necessità. Esistere è esserci, semplicemente; gli esistenti si vedono, si lasciano incontrare, ma non si possono mai dedurre” (La nausea). E se volessimo affondare ancora di più la lama nello sberleffo dell’esistenza basta ricordare una frase famosa de L’age de la raison del 1945: “Che cos’è esistere? Bersi senza sete!”. Alla luce di tutti i nichilismi presenti, e già acquisibili nello stato di realtà, presupponendo che l’arte non ha più niente da dire e l’espressione si presenta assolutamente vuota all’esistenza, veramente resta solo la possibilità di “bersi senza sete”. Oppure, nell’età della ragione globalizzata l’esistenza può essere capace di un atto di resistenza? La parola è affidata alle nuove esistenze sociali, ai nuovi atti di esistenza, all’essere comunitario e new-global! Gabriele Perretta
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Non lascio le situazioni a metà,
tantomeno le persone.
Non esistono i "Forse",
non esistono i "Così e così",
non ci sono i "Non lo so",
le cose si sentono e basta,
si ha solo paura di darle certe risposte.
Non esistono gli inizi incerti,
né i finali con l'amaro in bocca
e i dubbi nello stomaco.
Si rischia o si lascia perdere,
si pretende o si molla tutto.
È nero o bianco,
il grigio è solo un colore,
e i rapporti grigi non dovrebbero esistere.
R. Daniels
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(r)Esistere, voci e volti dalle aree interne a cura di Miriam Iacovantuono - Termoli Wild
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«Tu chiamale se vuoi…Emozioni»
Sabato 9 Dicembre è stata portata in scena la performance Un Poyo Rojo di Luciano Rosso, Alfonso Barón e Hermes Gaido, Compañia Poyo Rojo, proposta all’interno della stagione Sp*rt! di Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza.
Questo spettacolo non nasce in un qualsiasi anno di un qualunque periodo. In una periferia di Buenos Aires, la creazione inizia a strutturarsi nel 2008, un momento storico connotato da un progetto di legge che proponeva la legalizzazione del matrimonio omosessuale in Argentina.
Questo aspetto è fortemente presente nella performance dove, per l’appunto, «non è lo sport in sé il focus», bensì la relazione tra due esseri umani, in questo caso due uomini.
Il rapporto dei due performer passa dallo scrutamento sfidante, alla provocazione sensuale. È chiaro, dunque, il richiamo al periodo di creazione dello spettacolo che “grida” con forza per combattere le resistenze che ingabbiano la società.
Possiamo dire che Un Poyo Rojo è uno spettacolo che spiega l’AMORE.
Non tutti però, come ben sappiamo, riescono ad andare oltre quei pregiudizi stereotipati e empatizzare con quello che lo spettacolo vuole comunicare. Questo perché, come ci suggeriscono gli psicologi Robert R. McCrae e Paul T. Costa, vi sono alcune dimensioni di personalità, denominati Big Five, che influenzano i nostri modi di agire e pensare.
In particolare, la dimensione che qui viene presa in considerazione è l’APERTURA MENTALE.
Essa, come le altre dimensioni, è presente in ognuno di noi senza eccezioni. L’unico rimedio per abbattere le barriere della mente e inglobare la dimensione opposta è l’utilizzo di eccessi che aiutano a prendere con più leggerezza aspetti talvolta molto importanti della vita.
Questi eccessi vengono messi in risalto nell’incontro tra i due performer che attraverso i loro movimenti e sguardi buffi, hanno centrato l’obiettivo.
«L’incontro è la magia che trasforma il dettaglio, ciò che ha acceso l’evento in una totalità».
Così Massimo Recalcati parlava dell’incontro, evento mistico che infiamma le situazioni, anche quando sono inizialmente poco stimolanti.
L’esibizione portata in scena da Rosso, Baròn e Gaido fonda le sue origini sull’incontro-scontro di due «galli in un pollaio». Sembra di vivere una giostra d’emozioni, dove centrale è il sentimento amoroso, dicotomico tra incertezza e passione. Questo incontro, sempre mediato dal corpo in una dimensione misteriosa, mette in luce un linguaggio scenico molto fisico, in cui i due performer si provocano a colpi di stereotipi di genere, come gli sputi e le acrobazie, da cui affiora una connotazione fortemente virile.
Di per sé, esistere, pone l’uomo in una condizione di relazione con il mondo esterno. «Essere significa essere in relazione».
Il legame più forte che possa esistere viene analizzato dal mondo della fisica, l’Entanglement. Fenomeno in cui due cellule incontrandosi, generano un legame indissolubile, avulso da spazio e tempo. Si instaura così una relazione in cui al cambiare dell’uno cambia anche l’altro, modificando la diade.
Il progressivo avvicinarsi dei protagonisti può essere analizzato come una «profezia che si autoavvera», in cui sin dal principio vi era una attrazione misteriosa che culmina in un bacio intenso, privo di orgoglio.
Gli sguardi scambiatisi dai due protagonisti non vengono riservati solo all’interno della coppia.
Lo specchio, utilizzato più volte in scena, potrebbe servire ad indagare se stessi, prima ancora di chi si ha davanti. Prima di potersi dire capaci d’amare qualcuno, bisognerebbe essere capaci d’amare se stessi.
Una delle sette emozioni primarie descritte da Paul Ekman che prevale ed è centrale nella performance è la paura. Essa, come afferma lo psicologo statunitense, viene innescata da una minaccia, da un danno di tipo psicologico o fisico che potrebbe provocare dolore. La psicologia ci suggerisce che non esiste uno stimolo innato diretto a quest’emozione, ma attraverso condizionamenti, possiamo imparare ad aver paura di qualsiasi cosa.
Ricollegandoci a quanto detto e dirigendoci verso la storia raccontata dai due performer, notiamo l’evitare di un sentimento per la paura di essere giudicati, stigmatizzati e considerati magari diversi agli occhi della società. Da quest’ultima abbiamo appreso cosa significa «normalità», il dover uniformarsi a ciò che è ritenuto giusto fino a farci credere, in questo caso, che i sentimenti puri e veri siano sbagliati solo perché non conformi alla «norma».
Lo spettacolo cerca di far capire quanto sia importante potersi esprimere liberamente per vivere bene e senza angosce. Questo viene evidenziato soprattutto nell’ultima scena in cui tutti i sentimenti negletti esplodono rendendo i due uomini finalmente liberi e sinceri, prima ancora che con gli altri, con sé stessi.
Quello che tutti dovremmo imparare è che possiamo anche provare sgomento verso qualcosa, ma ciò che è imprescindibile è non avere mai paura di «guardarsi dentro», in quanto è l’unica cosa che può salvarci dal «buio» provocato dalla «giustezza» della società.
Di: Donato Gabriele Cassone Giulia Concetta Celeste Laura Raneri
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X R
Tutto quello che ho fatto e come sono stato all’interno del nostro rapporto è per amore. Mi sono sempre dedicato a te al 100% per far sì che tu potessi stare bene. La verità è che probabilmente tengo più a te che a me stesso, perché per me è questo il senso della vita, trovare una persona a cui dedicarsi e quella persona non potevi che essere tu. La questione risiede nella diversa concezione che probabilmente abbiamo di amore e anche di vita. Ho voluto essere per te un porto sicuro, un posto dove rifugiarti quando avevi bisogno di scappare dal mondo e dalle tue ansie, perché pensavo potesse essere quello di cui avevi bisogno. Sono cosciente del fatto che a volte ho ingoiato il rospo, soffocando qualche mio malessere, annullando anche qualche aspetto della mia personalità, proprio per questo mio modo di vivere la vita e le relazioni. Devo dirti però che non ho rimpianti, ne rimorsi per come mi sono comportato e ritengo che per te aver incrociato una persona come me sia stata una fortuna non indifferente. Pensavo di aver imparato a conoscerti e di capire cosa volessi tu realmente, anche in base alle cose che ci siamo detti, alle giornate passate insieme, ma probabilmente non ho saputo leggere fra le righe e capirti fino in fondo e questo mi fa molto male. Allo stesso modo, mi fa male non averti mostrato tutta una parte di me che non sono riuscito a fare emergere e che vive sopita in me perché non ho ancora superato problemi che mi porto dietro da qualche anno. Ora che sono qui nei miei pensieri mi è impossibile non pensare alla possibilità che le cose che mi hai detto potessero essere un modo per indorare la pillola e non dirmi la verità in maniera cruda. Ma se il tuo amore, come mi è sembrato di capire dalle tue parole, non ha cessato di esistere, non penso che queste difficoltà potessero realmente essere motivazione di chiusura definitiva. Spero che il tempo ci possa aiutare a trovare una strada per tornare dall’altro.
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Miliardi di pianeti nella Via Lattea possono ospitare la vita
Ci sono oltre 6 miliardi di esopianeti come la Terra nella nostra galassia, la ricerca degli scienziati. Uno studio del 2020 calcola in oltre 6 miliardi di esopianeti simili alla nostra Terra presenti nella sola Via Lattea, la nostra galassia: i dettagli. Possono esistere fino a un pianeta simile alla Terra per ogni cinque stelle simili al Sole nella Via Lattea, secondo le stime del 2020 degli astronomi dell’Università della Columbia Britannica che utilizzano i dati della missione Kepler della NASA (missione terminata). Per essere considerato simile alla Terra, un pianeta deve essere roccioso con un diametro simile a quello terrestre e in orbita attorno a stelle come il Sole (tipo G).
Rappresentazione artistica di esopianeti. Credit: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC-Caltech) Inoltre gli esopianeti devono orbitare nelle zone abitabili delle proprie stelle, la giusta distanza affinché ci sia una temperatura atta a poter “ospitare” acqua liquida, e potenzialmente vita, sulla sua superficie. Un numero enorme di pianeti extrasolari Le stime precedenti della frequenza dei pianeti simili alla Terra andavano da circa 0,02 pianeti potenzialmente abitabili (per stella simile al Sole) ad uno. In genere, i pianeti come la Terra sono più difficili da individuare rispetto agli altri tipi, poiché sono piccoli e orbitano lontani dalle loro stelle. Ciò significa che un catalogo planetario rappresenta solo un piccolo sottoinsieme dei pianeti che sono effettivamente in orbita attorno alle stelle. Gli scienziati hanno usato una tecnica nota come “modellazione in avanti” per superare questi limiti. Il radius gap La ricerca ha anche fatto luce su una delle questioni più importanti della scienza degli esopianeti: il “radius gap” dei pianeti. Il divario di raggio dimostra che non è comune per i pianeti, con periodi orbitali inferiori a 100 giorni, avere una dimensione compresa tra 1,5 e 2 volte quella della Terra. I ricercatori hanno scoperto che il divario del raggio esiste in un intervallo molto più ristretto di periodi orbitali di quanto si pensasse in precedenza. La ricerca continua! Fonte: UBC science Read the full article
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