#quadri al contrario
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Punti G
In queste settimane, in quanto maschio, mi sono sentito chiamato ad un senso di responsabilità rispetto al mio rapporto, e a quello degli altri maschi, con le femmine. Lo sento doveroso per me, per le femmine mie amiche e a cui voglio bene, per quelle che non conosco a cui però l'essere femmine dà problemi innaturali da parte dei maschi. Responsabile è aggettivo preciso, perchè vuol dire capacità di rispondere reagendo alla situazione della vita in cui ci si trova (dal latino respondere rispondere, composto di re indietro e spondere promettere, più il suffisso -bile che indica facoltà, possibilità).
Faccio più attenzione al modo di pormi, alle parole che uso (esercizio intenso e intellettualmente meraviglioso), quando ho sicurezza della situazione e del rapporto con le persone in una discussione cerco di far notare che è molto più giusto e convincente osservare che èun'idea, una deduzione, una osservazione in quanto tale che è errata piuttosto che metterla in secondo piano rispetto al sesso di chi l'ha detta, alle sue caratteristiche fisiche o a come si è vestita.
Rispetto ad una questione così importante, come sempre accadde in casi simili, la polarizzazione delle istanze rende il dibattito non solo più sterile e aggressivo, ma del tutto fuorviante: chiamare alla responsabilità vuol dire prendere appunto coscienza del disagio che atteggiamenti prettamente maschili verso le femmine provocano, indipendentemente dal ruolo personale (cioè se li ho fatto o meno io), nella speranza che la presa di coscienza del problema induca a pensarlo importante in primo momento, e a cercare di attenuarlo subito dopo. Quindi non è questione di "tutti gli uomini sono etc etc.." (che aggiungo, come costruzione di idee, copia lo stesso schema di tutte le donne sono etc etc... sostituendone solo i termini) ma di iniziare a capire come agire nel naturale rispetto dovuto alle persone.
L'introduzione era doverosa perchè ieri ho letto quello che è capitato a @lalunaelepolemiche (che taggo con il suo permesso), la quale ha scritto un post su un suo stato d'animo mentre era sul treno. Ed era un pensiero erotico. Da lì, una valanga di commenti, in anonimo, che subito sono arrivati a ipotesi su cosa fare, sulle sue tette, sul sul culo e così via tanto che ad un certo punto ha scritto:
L’eterna guerra tette-culo. Ho aperto il vaso di pandora, anzi l’anon, io mi professo innocente.
Il fatto che nella quasi totalità delle risposte usi sarcasmo o ironia non significa che siano state domande piacevoli a cui rispondere, perchè, e lo sottolineo, il mondo non funziona secondo il principio "se penso una cosa, necessariamente questa sia vera"; eppure, secondo un blog di una mia amica qui, è il principio per cui riceve foto di genitali da sconosciuti per il principio "se metti foto da troia, ti tratto da troia".
Il sillogismo è alquanto interessante perchè funziona solo sul sesso: non funziona con i soldi, non funziona con i lutti, con le opere d'arte, cioè, per rimanere nell'esempio ultimo, non succede quasi mai che uno sconosciuto invii la foto di un quadro in chat su un blog che reblogga quadri. Questo meccanismo è indicativo di come, per parte dei maschi, la questione è solo di che tipo di carne si tratta, non di che persona si ha davanti, è il perpetuare di un potere di rango, e dimostrazione più netta è il fatto che al contrario non succede mai, nessuna si comporta con un maschio così.
Ho scritto a @lalunaelepolemiche: Si può definire la capacità di rispondere agli anonimi di Tumblr con simpatia, ironia e sarcasmo un valore da CV?
Lei mi ha risposto così: se alla domanda rispondiamo con si, corro ad aggiornare il mio cv!
A questo punto è d'obbligo il sondaggio:
Un sorriso, amaro, che spero inviti non a non scrivere mai più ad una ragazza e nemmeno a volerla corteggiare, ma nel cercare di togliere da questo pensiero, soprattutto all'inizio, dei modi francamente deprimenti di definirle, di comportarsi anche solo partendo dal principio che nemmeno un maschio voglia essere considerato solo un pezzo di carne.
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schizografia · 2 years ago
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A Parigi, nei quadri di Bonnard, ho visto che il colore – che è la forma dell’estasi – è anche intelligenza e ragione costruttiva: proprio al contrario di come si pensa di solito, «il disegno è la sensazione, il colore è il ragionamento». L’intelligenza non è soltanto un principio cognitivo: è, nel suo intimo, «beatrice», come la chiamava Dante. E per questo può dar forma – alla tela come alla vita.
Giorgio Agamben, Quel che ho visto, udito, appreso
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maternita-surrogata · 5 months ago
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Maternità surrogata in Europa
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La maternità surrogata è emersa come una questione significativa e spesso controversa nel panorama dei diritti riproduttivi in Europa. Con l'evoluzione delle norme sociali e l'aumento della domanda di opzioni alternative per la creazione di una famiglia, vari paesi europei hanno adottato quadri giuridici e considerazioni etiche differenti in merito agli accordi di maternità surrogata. Questo articolo mira a esplorare la natura multiforme della maternità surrogata in Europa, affrontando i forti contrasti tra le giurisdizioni che la abbracciano e quelle che impongono rigidi divieti.
Mentre alcune nazioni, come il Regno Unito e la Grecia, hanno stabilito quadri normativi sulla maternità surrogata che danno priorità ai diritti e al benessere di tutte le parti coinvolte, altre, come la Francia e la Germania, mantengono rigidi divieti, citando preoccupazioni etiche e il potenziale di sfruttamento. Inoltre, il ruolo della maternità surrogata internazionale, in cui gli individui possono cercare servizi in paesi con leggi più permissive, solleva complessi dilemmi legali e morali che trascendono i confini nazionali. Esaminando queste diverse prospettive, questo articolo cerca di fare luce sull'attuale panorama della maternità surrogata in Europa, offrendo spunti sulle implicazioni per i genitori intenzionali, le madri surrogate e i decisori politici, promuovendo al contempo un dialogo informato su questa urgente questione etica nella società contemporanea.
Le leggi sulla maternità surrogata variano notevolmente in Europa.
Il quadro giuridico che regola la maternità surrogata differisce ampiamente tra i paesi europei, riflettendo una vasta gamma di prospettive culturali, etiche e legali. In alcune nazioni, come il Regno Unito e la Grecia, la maternità surrogata è regolamentata e riconosciuta legalmente, consentendo ai genitori intenzionali di ottenere la genitorialità legale dopo la nascita del bambino. Al contrario, paesi come la Francia e la Germania impongono rigidi divieti alla maternità surrogata, considerandola illegale e potenzialmente sfruttatrice. Questa disparità non solo influisce sulla disponibilità e sulla pratica della maternità surrogata, ma solleva anche questioni complesse riguardanti i diritti della madre surrogata, dei genitori intenzionali e del bambino, portando a sfide negli accordi di maternità surrogata transfrontalieri.
Inoltre, i requisiti e le procedure associati alla maternità surrogata possono variare in modo significativo, tra cui differenze nell'accesso all'assistenza sanitaria, compensazione finanziaria e linee guida etiche. In alcune giurisdizioni, le madri surrogate possono ricevere una compensazione oltre alle spese mediche, mentre in altre, qualsiasi forma di pagamento è severamente vietata. Questa incoerenza crea un mosaico di regolamenti che può complicare il processo decisionale per i futuri genitori e le madri surrogate, spingendo molti a cercare consulenza legale per districarsi tra le complessità degli accordi di maternità surrogata all'interno e oltre i confini nazionali. I dibattiti in corso sulle implicazioni etiche della maternità surrogata evidenziano ulteriormente la necessità di regolamenti armonizzati che affrontino i diritti e le responsabilità di tutte le parti coinvolte.
I futuri genitori devono informarsi sulle normative locali.
Una ricerca approfondita delle normative locali è essenziale per i futuri genitori che si muovono nel panorama della maternità surrogata. Ogni giurisdizione ha il suo insieme di leggi che dettano l'idoneità, i diritti e le responsabilità di tutte le parti coinvolte, il che può avere un impatto diretto sul processo e sull'esito degli accordi di maternità surrogata. La comprensione di queste normative aiuta i futuri genitori a identificare la loro posizione legale, le potenziali tempistiche e i passaggi necessari per garantire i diritti genitoriali, assicurando in definitiva un percorso più agevole verso la costruzione della loro famiglia.
Inoltre, la familiarità con le leggi locali può aiutare a mitigare i rischi associati alla maternità surrogata, come controversie legali e complicazioni riguardanti i diritti della madre surrogata. I futuri genitori devono anche essere a conoscenza di tutti i servizi di supporto medico, psicologico e sociale imposti dalla legislazione locale, poiché possono influenzare in modo significativo sia il benessere della madre surrogata sia l'esperienza della famiglia intenzionale. Essendo informati sul quadro giuridico, i futuri genitori possono prendere decisioni consapevoli che si allineano con i loro obiettivi e valori, proteggendo al contempo il futuro della loro famiglia.
Ogni Paese offre opzioni di maternità surrogata uniche.
Ogni paese fornisce quadri distinti per la maternità surrogata che soddisfano una varietà di esigenze e preferenze tra i genitori intenzionali. Ad esempio, alcune nazioni hanno linee guida ben consolidate che garantiscono un supporto completo per le madri surrogate, tra cui assistenza sanitaria e compenso, mentre altre possono offrire ambienti più restrittivi in cui la maternità surrogata è fortemente regolamentata o addirittura proibita. Questa variazione può influenzare non solo le considerazioni etiche che circondano la maternità surrogata, ma anche le implicazioni finanziarie e gli accordi logistici che i genitori intenzionali devono gestire.
Inoltre, gli atteggiamenti culturali nei confronti della maternità surrogata possono plasmare notevolmente l'esperienza per tutte le parti coinvolte. In alcuni paesi, la maternità surrogata è abbracciata e supportata dal sistema legale, il che facilita processi più fluidi per stabilire i diritti e il riconoscimento dei genitori. Al contrario, nelle giurisdizioni in cui la maternità surrogata è stigmatizzata o incontra ostacoli legali, i genitori intenzionali possono affrontare sfide significative nell'ottenere le necessarie approvazioni e nell'orientarsi in complessi quadri giuridici. Comprendere questi diversi scenari di maternità surrogata è fondamentale per i genitori intenzionali che cercano di prendere decisioni informate che siano in linea con le loro circostanze e i loro valori personali.
Per i contratti è essenziale una consulenza legale.
Per orientarsi tra le complessità della maternità surrogata è necessaria una conoscenza approfondita dei quadri giuridici e degli obblighi contrattuali. Ogni accordo deve essere meticolosamente elaborato per proteggere gli interessi di tutte le parti coinvolte, assicurando che i diritti e le responsabilità dei genitori intenzionali, delle madri surrogate e di qualsiasi altro soggetto interessato siano chiaramente definiti. L'orientamento legale consente ai genitori intenzionali di comprendere le implicazioni dei loro contratti, comprese le questioni relative ai diritti genitoriali, alla compensazione e alle responsabilità mediche, che possono variare in modo significativo in base alle leggi regionali.
Inoltre, la presenza di professionisti legali può aiutare a mitigare potenziali controversie fornendo chiarezza e trasparenza durante tutto il processo di maternità surrogata. Tale competenza è fondamentale per redigere contratti esecutivi che rispettino le normative locali, affrontando al contempo le circostanze uniche di ogni situazione. Con un adeguato supporto legale, i futuri genitori possono navigare tra le complessità della maternità surrogata con maggiore sicurezza, facilitando un'esperienza più sicura e armoniosa per tutti i partecipanti.
Nella maternità surrogata le considerazioni etiche sono fondamentali.
Il panorama etico della maternità surrogata comporta una miriade di considerazioni, tra cui l'autonomia e i diritti della madre surrogata, il benessere del bambino e le motivazioni degli aspiranti genitori. È essenziale garantire che le madri surrogate siano pienamente informate e consenzienti, nonché che non siano sfruttate o costrette a stipulare l'accordo. Ciò richiede una valutazione attenta delle loro circostanze sociali ed economiche, poiché la vulnerabilità può complicare i processi decisionali. La maternità surrogata etica richiede che le agenzie e gli aspiranti genitori diano priorità al benessere della madre surrogata, trattandola non semplicemente come un mezzo per raggiungere un fine, ma come individui meritevoli di rispetto e cura.
Inoltre, le implicazioni per il bambino nato tramite maternità surrogata non possono essere trascurate. Le pratiche etiche devono considerare il miglior interesse del bambino, incluso il suo diritto a conoscere le proprie origini e le potenziali complessità derivanti dal suo concepimento. Questa prospettiva sottolinea la necessità di trasparenza e comunicazione aperta durante tutto il percorso della maternità surrogata, assicurando che tutte le parti siano preparate ad affrontare queste questioni delicate. Impegnarsi in una riflessione etica ponderata aiuta a coltivare un ambiente di maternità surrogata che rispetti tutti gli individui coinvolti e favorisca risultati positivi per le famiglie formate attraverso questo processo.
In conclusione, la maternità surrogata in Europa presenta un panorama complesso plasmato da quadri giuridici diversi, considerazioni etiche e atteggiamenti culturali nei diversi paesi. Mentre alcune nazioni hanno abbracciato la maternità surrogata come un percorso praticabile per costruire famiglie, altre impongono rigide normative o divieti assoluti, creando un mosaico di accessibilità e diritti per i futuri genitori e le madri surrogate. Mentre il dialogo sulla maternità surrogata continua a evolversi, è fondamentale che le parti interessate, tra cui decisori politici, operatori sanitari e futuri genitori, si impegnino in discussioni informate che diano priorità ai diritti e al benessere di tutte le parti coinvolte. Andando avanti, una maggiore armonizzazione delle normative e degli standard etici in tutta Europa potrebbe aprire la strada a un accesso più equo alle opzioni di maternità surrogata, supportando in ultima analisi le famiglie nel loro percorso verso la genitorialità.
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enkeynetwork · 9 months ago
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adamfall · 1 year ago
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Mi voltai e incrociai lo sguardo spaesato di un signore, che mi fece cenno di avvicinarmi. Aprii le labbra per domandargli spiegazioni, ma lui mi bloccò, inondandomi con un fiume di parole: "Lei è la mia amica, vengo qui a trovarla ogni giorno, da anni ormai. Sai, una volta era una fanciulla allegra e felice, che scherzava, correva e giocava come è normale a quell'età, ma poi scelse di trasformarsi in un busto, e da allora non l'ho mai più vista ridere. Non lo decise tutto insieme, lo sapeva sin da bambina. La sua mamma e il suo papà piangevano, le dicevano che avrebbe sofferto e che c'erano tante altre cose belle che poteva fare. Sognavano una figlia ballerina, farfalla o rondinella. Ma lei no, preferiva diventare un busto. Quella sera si rintanò sotto le coperte, spense la luce e smise per sempre di parlare. I busti non parlano, ripeteva, e lei non aveva alcuna intenzione di sembrare diversa dagli altri, di venire additata come quella stramba o accusata di voler primeggiare. Al contrario, si accontentava di essere un busto qualunque, esposto in una qualunque galleria d'arte, o addirittura negli scantinati. Ero rimasto soltanto io, a farle visita. Mi sedevo accanto al suo letto e, mentre i suoi genitori si disperavano e lei si pietrificava, le offrivo la mia compagnia. I primi tempi faticavo a tenere a freno la lingua e mi sfuggiva sempre qualche domanda, anche se imparai in fretta a starmene zitto. Quel volto fisso, lucido, era un monito sufficiente. I busti non parlano. Pian piano la pelle della mia amica si fece bianca e le labbra, ancora rossicce come sangue sulla neve, risplendevano dell'ultimo barlume di vita che si condensava in quei lembi di carne. Finché si fecero bianche pure quelle. Non sbavava più, non pativa più né fame, né sete, il suo naso non colava più. La portarono al museo e la misero in una stanza con la tappezzeria verde fino a metà del muro, ricamata con intrecci di fili che formavano fiori strani, molto meno belli di quelli veri.
Perché bisogna inventare fiori nuovi, artificiali, se quelli veri sono più belli?
La piazzarono in mezzo a questi due quadri, uno con un viale di alberi e una panchina, l'altro con un lampione pieno di farfalle marroni. Il guardiano mi disse che nel momento in cui avevano appeso quello con il lampione, il processo non si era concluso e il ragazzo non era ancora diventato quadro, anche se andava in giro a raccontare a tutti che era riuscito a creare un lampione così come l'aveva sempre desiderato. Lui però non era forte come la mia amica, che non ebbe mai il minimo tentennamento. Lui, proprio all'ultimo istante, quando la trasmutazione stava giungendo a termine, ci aveva ripensato e la voglia di tornare indietro aveva attraversato la sua mente. All'ultimo istante, quando ormai non ci si poteva fare più niente! E proprio per quel maledetto pensiero il lampione si era riempito di orrende farfalle marroni, più brutte di quelle vere. Lui aveva cercato disperatamente di scacciarle e invece erano rimaste là, incastonate nel tempo. E adesso se ne sta appeso, con tutti che passano, e dicono:
Ma che brutte farfalle, a che pensava?
Lei invece è perfetta, una statua perfetta. Aveva detto di voler diventare un busto, perché così non avrebbe avuto finte gambe per finte speranze. Il primo giorno sono andato a vederla, fiero come non mai. Lei è la mia amica, dicevo ai passanti, con l'ugola come una tromba". L'uomo si asciugò una lacrima con la manica del maglione, poi proseguì: "E la contemplavo: il nasino alla francese, le orecchie splendidamente proporzionate, la pelle liscia. Sulla fronte, però, notai una linea sottile, appena appena percettibile. Se aguzzi la vista, si nota anche adesso. Sarà una venatura del marmo? O forse ci saranno andati a sbattere mentre la trasportavano? E se invece ci avesse ripensato anche lei, all'ultimo istante, e quella rughetta sulla fronte rappresentasse l'ultimo no della sua vita? Se si è pietrificata con la ruga, adesso la ruga la corrode dentro e scava e penetra a ogni minuto che passa, mentre lei guarda tutta quella gente, immobile, e non può chiedere aiuto. E se qualcuno la tocca, la scheggia, la graffia? Mi capisci, vero?… Come potrei abbandonarla, come potrei lasciarla qui da sola? In vent'anni non sono mai mancato al nostro appuntamento, perché ho giurato di starle vicino fino al giorno in cui smetterò di respirare. E quando quel giorno arriverà, farò in modo che lei venga distrutta. Moriremo insieme, come insieme abbiamo trascorso la maggior parte delle nostre esistenze in questo museo". 🦋🦋🦋🦋🦋🦋
Quanti anni ci vogliono perché le gambe ti si logorino e ti ritrovi come un busto romano, forte e bello sopra e monco sotto? E ti sforzi di assumere un’aria fiera, riuscendoci anche, per farti ammirare dagli altri, che ti passano intorno attoniti e poi vanno via. E quando sono alle tue spalle non sai cosa dicono, come si muovono, come respirano, se ridono o sono seri. E anche quando ti stanno di fianco, i tuoi occhi di marmo non riescono a girarsi. Ne puoi intravedere solo l’ombra ed è peggio, perché loro guardano te e tu ti accorgi di loro ma non li vedi.  Maledetti gli occhi, maledetti. - tratto da "La bambina che ringhia", il mio romanzo d'esordio in uscita tra pochi giorni. Un horror psicologico un po' disturbante, ma anche una storia d'amore, di simbiosi...e un gioco, una presa in giro. Nient'altro che un gioco. 🦋🦋🦋🦋🦋🦋
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sognosacro · 1 year ago
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Comunque niente, siccome ora avete letto brutte cose facciamo una pulizia energetica insieme.
Luce e positività nelle nostre vite.
Amore, bellezza gioia e divertimento è ciò che siamo.
Perchè ce lo meritiamo di essere felici.
Le persone hanno paura della nostra luce e dove noi la portiamo loro reagiscono in questa brutta maniera, perchè non vogliono vedere. Non vogliono essere perdonati da se stessi, perchè credono di non meritarlo.
Noi siamo destinati a portare luce all'interno delle persone e a portare loro amore e compassione. Non importa se le perdi, a loro avrai annaffiato un seme d'amore.
Se ne accorgeranno, anche a distanza di anni.
Quindi continua a essere quella gioia, quell'amore, quella benedizione per il mondo intero e ama! Ama incondizionatamente.
Amare non significa mai immischiarsi in situazioni pericolose per il bene degli altri, ma amare è scegliere di amare se stessi, piuttosto che sacrificarsi.
Non dico che non bisogna mai proteggere chi si ama, ma affidarsi a quella sensazione dovina interiore ed esercitare l'onnipotenza. Il potere superiore di saper equilibrare ogni situazione.
Ovviamente siamo anche umani e tante volte non possiamo reagire all'inevitabile, ma è amore anche accettare e trasformare in positivo una qualsiasi esperienza.
"ti alzi al mattino e pulisci"
"si come se io non ho altro da fare e figurati se io mi metto a pulire più di 40 m quadri da sola"
Mi ha dato la spinta in più per alzare le mie frequenze e superare quell'ego che crea bruttezza nella mia vita e imparare ad amare e apprezzare la mia creatività e appunto, a valorizzare ed esprimere la bellezza.
Io mi sono sempre reclusa in clausura perchè i ragazzi sono assatanati di fronte alle donne, secondo la mia esperienza e quindi ho sabotsto la mia bellezza per paura di essere graffiata dalla loro avidità nel possedere una donna così bella.
Così io mi sono rinchiusa e mio padre ha fatto da specchio a questo meccanismo, di essere rinchiusa e sottomessa, posseduta e manipolata ad essere in un modo per "funzionare" nel suo meccanismo.
Però so chi sono, so esattamente cosa faccio e dove sto andando. Quindi vedendo questo mi sono posta in un doverso schema di autorevolezza e nonostante non riesco letteralmente a tenere da sola una casa pulita per intero, anche perchè mi rifiuto di pulirgli il culo, perchè io non sono sua madre, posso essere sicura di aver usato la cosa a mio vantaggio.
Quindi detto questo, non credo di aver pulito bene le energie in questione, ma di avervi dato il cleanex per pulirvele da soli 🌼 ma soprattuto, per non averle mai più sporche anche se qualcuno entra con le scarpe oleate in casa vostra. Ora saprete che quell'oleosità, non si attacherà mai alle pareti della vostra casa, siccome vedrete le cose diversamente e metterete un bel tappeto fuori o chiederete di togliere le scarpe o quelle persone non le farete più entrare. Perchè saprete di meritare qualcuno che, le toglie senza che voi lo diciate, che vi dà una mano e collabora veramente nella vostra crescita e se abita con voi, collabora anche nelle pulizie, in cucina, vi considera e parla con voi conversando normalmente, si interessa e dona consigli sensati.
Ahaha scusate ma c'è dell'aggressività in me ora. Ma ora possiamo usare l'aggressività per pulire le macchie ostinate 😂
Cleaning
Oddio mi sono appena ricordata di una cosa flasco. Non so se vi siete mai accorti che esistono due facce della stessa medaglia e che certe persone sono "al contrario".
Una volta sono entrata nella casa di una coppia che avevano pitturato il plafone in nero e decorato con le impronte degli scarponi in bianco, quando l'ho visto inizialmente mi è sembrato figo, ma era inquietante e strano pensare dinmettere sul soffitto delle scarpe.
Ora mi è venuto in mente che forse era tutto al contrario 🤔 sai il soffitto nero e lì i piedi.. Il pavimento bianco.. Io ero nella casa con la piramide rovescista. 🔺🔻
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gabrielesalvaterra · 1 year ago
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James Scott Brooks / Rolando Tessadri Dialogues #2 Beyond Abstraction curated by Gabriele Salvaterra Trento, Paolo Maria Deanesi Gallery June 16th – September 29th 2023
Cosa si trova oltre l’astrazione? Si torna nuovamente alla figurazione oppure si raggiunge un vuoto di purificazione dove le cose sono assolute ma anche indistinte? Se la parola astrarre deriva dalla doppia radice “trarre” e “via da”, spingersi al di là delle soglie possibili di questa modalità formale – affermatasi in Occidente nel secolo scorso ma esistente dagli albori dell’umanità – potrebbe significare scarnificare gli oggetti tangibili alla seconda potenza, abbandonare doppiamente i legami con i dati visibili della realtà. Per questo va chiarito il senso del titolo sotto cui si incontrano le ricerche recenti di James Scott Brooks e di Rolando Tessadri, per comprendere quale sia la portata per ciascuno dei due artisti nel lanciarsi oltre i confini dell’astrazione e trovare eventuali contatti all’interno di questo confronto dialogico. James Scott Brooks (Exeter, 1974) è un astrattista paradossale, le sue forme geometriche sono quanto di più lontano possa esistere da un annullamento del discorso e del collegamento referenziale, elementi tradizionalmente banditi da ogni linguaggio astraente. Esse, al contrario, rimandano costantemente a parole, nomi di persone, luoghi, spazi e paesi, distanze, viaggi, tragitti, itinerari, dati climatici e forme musicali, costruendo un idioma aniconico (=che non ammette immagini) che, per assurdo, pullula proprio di immagini, benché mentali. Alla base della costruzione formale esiste sempre un codice o una matrice di partenza, senza la quale può essere anche complesso decodificare l’itinerario concettuale che ha portato alla realizzazione dell’opera. In questa maniera, l’artista aggira completamente le scelte compositive per installarsi in between, nel mezzo di processi di traslazione che, grazie a geometria e matematica, conducono dalla parola alla figura non-oggettiva. Anche Rolando Tessadri (Mezzolombardo, 1968) imposta le sue composizioni in maniera complessa, ponendosi, allo stesso tempo, dentro e fuori la tradizione storica dell’astrazione. Da una parte i suoi quadri reclamano grande attenzione e autonomia, sono completamente auto-referenziali e chiusi in se stessi, dall’altra, operano come dispositivi architettonici che si installano nello spazio, sottolineandone strutture e andamenti, mostrando insomma tutto quanto è esterno da sé. Anche l’impiego costante e riconoscibile di una griglia pittorica fatta di linee che si incrociano perpendicolarmente deve essere letta in maniera stratificata, come immagine che non rappresenta nulla, pur sembrando una fotografia molto realistica dell’intreccio tessile della tela che funge da supporto. Oltre a queste caratteristiche la volontà di Tessadri di lavorare sempre sui limiti del quadro, andando a sperimentare quel sottile confine tra presenza e sparizione della pittura, tra asserzione e vibrazione quasi intangibile, fa sì che la sua posizione sia ambigua rispetto alle tradizionali categorie dell’astrazione. Ma questo è vero per entrambi gli artisti. Sia Brooks che Tessadri hanno cercato di tenersi sempre al di fuori dei codici dell’astrazione concepiti in modo limitante, hanno preferito utilizzarne le modalità per fare crescere liberamente un discorso personale. In questo senso sono partiti dai margini di un linguaggio per potersi spingere al di là dello stesso, equilibrando discorsi spesso considerati freddi con il calore e la colloquialità dell’ironia, della sensibilità, della concettualità, della referenzialità e – perché no? – della piacevolezza.
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darsi-pace · 2 years ago
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Dopo Sanremo
Trasgressivo e anticonformista è ciò o chi in una determinata società viene considerato male, non conforme cioè al bene, e alle regole che lo organizzano socialmente, e che di conseguenza viene perseguitato, escluso, e messo da parte.
Per cui oggi, come è a tutti più che evidente, non è per niente trasgressivo vestirsi da donna se sei un uomo, o organizzare video apertamente satanici, simulando orge o sacrifici umani; non è assolutamente trasgressivo parlare male della fede o della fedeltà, vituperare ogni forma di pudore o di decenza, o dirsi a favore del poliamore, o commissionarsi un figlio affittando per quattro soldi una povera donna magari indiana, perché ognuno deve esprimere i propri (?) sentimenti e i propri (?) desideri come gli pare e gli piace.
Oggi se mostri un vibratore in prima serata davanti a 10 milioni di spettatori avrai come minimo la prima pagina del Corriere, il plauso all’audacia trasgressiva di qualche scribacchino di Repubblica, e la seriosa comprensione della Dirigenza RAI: l’arte (?) infatti non può mai essere censurata, non è vero?
Non è poi certamente trasgressivo, anzi direi che è la vera normalità approvata universalmente dal potere mediatico, sposarsi due o tre o quattro o sette volte, come la Taylor, e magari prima con un maschio, poi con una femmina, e poi, perché no? con tutte e due, mostrando in pubblico le proprie parti (psichiche) più invereconde, che andrebbero soltanto curate e magari confessate in segreto…... Non è di certo trasgressivo organizzare festival ricolmi di retorica melensa, di "scandali" ben programmati, e specialmente di ore e ore e ore e ore di pubblicità, parlando male dei cattivi, ma solo di quelli che è permesso vituperare, mentre quelli veri, quelli veramente pericolosi, restano ben saldi alla direzione di tutti i programmi.
E ancora non è affatto trasgressivo declamare pippettoni moralistici e stucchevoli sulla Costituzione e la pace, mentre la prima viene costantemente violata in quasi tutti i suoi articoli, e mentre si continua a fomentare la guerra e la produzione e la vendita di armi in ogni modo possibile e immaginabile: perché il PIL, quello sì, è l'unico Dio incontestabile. E per carità di Dio non è per nulla trasgressivo imbrattare quadri di van Gogh (ma come si fa, dico io, ma a quale livello di stupidità e di ignoranza vivono questi "giovani ecologisti"?) o imbastire sceneggiature infantili di protesta su qualche raccordo autostradale, nuocendo solo a quei poveracci che devono andare al lavoro, sotto i riflettori benevoli e attenti delle TV di tutto il mondo....
Tutto ciò è puro e semplice conformismo, è anzi pedissequo collaborazionismo col sistema della guerra, dell’omicidio, e della menzogna.
Sia detto finalmente senza mezzi termini, e con assoluta chiarezza.
Ma allora che cosa è oggi trasgressivo? cosa va veramente contro questo insopportabile conformismo tardo-occidentale, contro il piattume osceno di questa società che ormai oscilla linguisticamente, esteticamente, e moralmente, tra Babele e Sodoma e Gomorra, travestite però da Madre Teresa di Calcutta?
E' semplice rilevarlo, cari amici, basta chiederci: ma chi o cosa non è certamente invitato a Sanremo? quali idee e quali autori non trovano mai spazio sul Corriere della Sera o di Repubblica? quali punti di vista non vengono nemmeno presi in considerazione e vengono invece censurati con meticolosa precisione? Forse questa potrebbe essere una chiave molto concreta per capire che cosa e chi oggi sia per davvero anticonformista, e cioè contrario a questo conformismo pietoso mascherato per giunta di originalità e "coraggio" trasgressivo, sempre coccolato però da tutti i poteri del mondo.
Noi lavoriamo da decenni per raccogliere i veri spiriti innovativi, quelle persone che oggi sanno ancora vedere con chiarezza l'inganno di una comunicazione divenuta totalitaria nella sua pazzia schizofrenica, nel suo delirio senza tregua. Noi lavoriamo per aggregare quegli spiriti che stanno già maturando dentro di sé la forza di una Rivoluzione Culturale, che saprà almeno denunciare la menzogna come tale, e ridere di tutti questi burattini e fantocci e servi e pagliacci al soldo di questo mondo, vestiti orrendamente e pacchianamente da patetici contestatori.
Quando la vera contestazione emergerà di nuovo con forza, e ciò avverrà sicuramente e penso anche a breve, allora sarà evidente cosa e chi stia veramente andando oltre, e cioè appunto stia trans-gredendo i confini spinati di questo sistema putrescente governato da classi dirigenti spiritualmente rinsecchite fino all’osso.
Marco Guzzi
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b0ringasfuck · 6 years ago
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Non sono Van Gogh e non voglio fare la sua fine
Nina Moric
per la serie: quadri che stanno meglio appesi al contrario
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canesenzafissadimora · 2 years ago
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Per molti la noia è il contrario del divertimento; e divertimento è distrazione, dimenticanza. Per me, invece, la noia non è il contrario del divertimento; potrei dire, anzi, addirittura, che per certi aspetti essa rassomiglia al divertimento in quanto, appunto, provoca distrazione e dimenticanza, sia pure di un genere molto particolare. La noia, per me, è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà.La realtà, quando mi annoio, mi ha sempre fatto l’effetto sconcertante che fa una coperta troppo corta, ad un dormiente, in una notte d’inverno: la tira sui piedi e ha freddo al petto, la tira sul petto e ha freddo ai piedi; e così non riesce mai a prender sonno veramente.
Oppure, altro paragone, la mia noia rassomiglia all’interruzione frequente e misteriosa della corrente elettrica in una casa: un momento tutto è chiaro ed evidente, qui sono le poltrone, li i divani, più in là gli armadi, le consolle, i quadri, i tendaggi, i tappeti, le finestre, le porte; un momento dopo non c’è più che buio e vuoto.
Oppure, terzo paragone, la mia noia potrebbe essere definita una malattia degli oggetti, consistente in un avvizzimento o perdita di vitalità quasi repentina; come a vedere in pochi secondi, per trasformazioni successive e rapidissime, un fiore passare dal boccio all’appassimento e alla polvere. Il sentimento della noia nasce in me da quello dell’assurdità di una realtà, come ho detto, insufficiente ossia incapace di persuadermi della propria effettiva esistenza.
Alberto Moravia, da La noia
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gregor-samsung · 3 years ago
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“ [I]l profilo nazionale dello stragismo jugoslavo della primavera 1945 nella Venezia Giulia appare decisamente asimmetrico: vale a dire, i morti sono quasi tutti italiani. Non c’è da stupirsi. Quella che spinge la sua onda fino alle rive dell’Isonzo è una rivoluzione nello stesso tempo nazionale e sociale e nella regione il potere da abbattere è tutto e solo italiano. Ci sono anche vittime che italiane non sono, perché la vera discriminante è l’accettazione o meno del potere nuovo, quello creato dal movimento di liberazione a guida comunista: di conseguenza, in Istria vengono colpiti elementi croati ostili alla lotta partigiana e nel Goriziano sacerdoti e laici sospetti di simpatie per i domobranci [corpo di volontari sloveni collaborazionisti degli occupanti nazisti]. Si tratta però di fenomeni tutto sommato marginali, perché la maggior parte della popolazione slovena e croata, anche a prescindere dalle simpatie per il comunismo, nel movimento di liberazione vede il protagonista del riscatto nazionale e quindi non lo ostacola, anzi, lo sostiene anche come interprete di una cruenta volontà di resa dei conti. La forma assunta da tale ostilità diffusa non è però quella del pogrom o della rivolta contadina, come nel settembre istriano dal 1943, quanto piuttosto quella dell’ampia collaborazione con l’Ozna [polizia politica comunista jugoslava] nell’individuazione dei bersagli da colpire; più tardi, per decenni, si trasformerà nella diffusa omertà su luoghi e circostanze delle stragi, anche quando a parlare non si rischierà più altro se non la riprovazione sociale. Tutta diversa è la situazione degli italiani: si identificano storicamente con il potere e, politicamente, per i quadri del Mpl [Movimento popolare di liberazione] non è agevole distinguerli dai fascisti: un po’ perché fa comodo; un po’ per l’impegno che nei decenni precedenti il regime di Mussolini ha sciaguratamente profuso nel saldare i due concetti, Italia e fascismo; ed un po’ anche perché, alle orecchie slovene e croate, sembrano dire in fondo tutti le stesse cose: e cioè, che la Venezia Giulia deve rimanere in Italia e che gli italiani devono continuare a comandare. Nell’ottica dunque delle nuove autorità, sia che si guardi al passato – il fascismo – o al presente – la diffidenza generale verso i poteri popolari, con l’unica eccezione della classe operaia – ovvero ancora al futuro – la permanenza, data per scontata, dell’Italia nel mondo capitalista – ce n’è d’avanzo perché il gruppo nazionale italiano venga guardato con pregiudiziale sospetto. Qui la “pulizia” dev’essere quindi larga e, semmai, sovrabbondante, perché è meglio non correre inutili rischi. Ma allora, è vero quel che spesso si dice e si legge e cioè che, a parte le responsabilità personali conclamate, obiettivo della repressione sono stati “gli italiani soltanto in quanto italiani”? Come abbiamo visto esser usuale quando si ragiona di storia di frontiera, la risposta non è lineare. La formula infatti è vera e falsa nello stesso tempo. È certamente falsa se il termine “italiano” viene utilizzato nel suo significato etnico, perché una prospettiva del genere è manifestamente estranea alle linee-guida della repressione, che dicono esattamente il contrario; è invece vera se “italiano” viene inteso come una categoria politica, cioè come espressione della volontà di appartenenza allo Stato italiano a prescindere dall’origine etnica di chi la esprime, perché – questa sì – viene considerata colpa grave, reato che può di per sé condurre alla morte. Non possiamo però nemmeno scordare che sul campo, al di là degli ordini e nel tumulto delle passioni e dei rancori, i piani si possono confondere e le percezioni delle vittime, che poco sanno delle strategie concepite a tavolino, possono talvolta ben corrispondere alle intenzioni di alcuni dei loro persecutori, che quelle strategie interpretano a proprio modo. “
Raoul Pupo, Adriatico amarissimo: una lunga storia di violenza, Laterza (Collana Cultura storica), settembre 2021. [Libro elettronico]
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acciaiochirurgico · 3 years ago
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fatto curioso:
sono stata fuori città due giorni per andare a Verona al concerto dei Gorillaz -aperta e chiusa parentesi: lui veramente una cosa fuori di testa, voglio prendere la vita con la sua filosofia grazie- e prima, mentre tronavo dalla stazione trotterellando con la valigia verso la strada di casa vedo appoggiato su un muretto un "quadernino". mi è saltato all'occhio perché sulla coperta e sul retro ha raffigurato un disegno che richiama tantissimo i quadri futuristi così mi sono avvicinata e ho detto "ok rebs, se è un quaderno scritto e/o disegnato lo lasci li perché sicuramente lo staranno cercando, ma se è vuoto lo porti con te" e con mia sorpresa ho scoperto fosse un libro. ho aspettato un po', onestamente mi sentivo in colpa a mettermi nella shopper una cosa non mia però obbiettivamente.. chi lo sarebbe venuto a riprendere? se era nei pressi della stazione probabilmente il suo proprietario ora è salito su un treno e partito. allora chiamo mio migliore amico, perché nella metà dei casi quello che farebbe lui è esattamente quello che farei io ma: lui non risponde. e io prontamente lo interpreto come "chi tace acconsente" e me lo sono infilata nella borsa.
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tra l'altro mega in sintonia con la mia palette quindi direi che questa volta è stato il libro a scegliere me e non il contrario? voglio prenderlo come un messaggio positivo e perché no, magari si rivelerà essere una bella scoperta o una risposta a questo periodo un po' di transito visto che il suo nome è
cuore nuovo.
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lettere-dalla-kirghisia · 4 years ago
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Benché libri e quadri dicano il contrario, nessuno può amarti al posto tuo.
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enkeynetwork · 1 year ago
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corallorosso · 5 years ago
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Coronavirus, a tutti i delatori incalliti faccio una proposta: denunciate anche gli evasori di Cristina Sivieri Tagliabue Ho una proposta. Seria. Dedicata alle persone che in questo mese, e nel prossimo futuro, si sono fatte delatrici e delatori di altre persone che corrono, che accompagnano i bambini in cortile o a fare il giro fuori dal palazzo, che sono in una piazzetta e si sono appoggiate a una panchina dove si è appoggiato, dall’altro lato, qualcun altro o di persone che sono in coda in auto per un valido motivo e che vengono fotografati come fossero la causa della diffusione del coronavirus nelle nostre vite. Persone giudicate come incapaci di intendere e di volere senza conoscerne le storie, persone buttate in pasto ai media e ai social media, oltre che nei gruppi Whatsapp, persone diffamate che non hanno avuto diritto di replica, ma che farebbero peraltro bene a fare una bella causa legale a chi – se beccato – le ha buttate nella piazza del pubblico ludibrio. La proposta è la seguente. Con la stessa solerzia con cui avete urlato dalle finestre e avete aggredito sui social media e nei messaggi personali (sì, ne ho ricevuti anche io perché corro) vi invito a denunciare gli evasori fiscali che da cui siete circondati (se non lo siete voi stessi) fotografando le loro case e le loro barche di cui certo sarete stati ospiti, i loro quadri che avete ammirato (ma quasi certamente comprati in nero) e le loro spese, a cui certamente avete assistito. Non parlo solo di persone che potrebbero giustamente arrabbiarsi per il luogo comune tipo l’idraulico che non fa la ricevuta ma ha la Porsche oppure con il titolare dell’impresa edile che ristruttura case e che ha dipendenti non in regola, o ancora, con la gioielliera di fiducia che denuncia 17.300 euro (dato nel 2012, corretto) ma ha due borse Prada, oppure l’estetista cinese proprietaria del centro di bellezza che dichiara 7.200 euro anno e ha un bracciale di brillanti e un paio di scarpe che vale più, di quella cifra intera. No, io non parlo “solo” di queste categorie che in questi giorni hanno dichiarato perdite per 20mila euro a settimana quando ne denunciano la metà ogni anno. Parlo anche del fatto che quando vai a una mostra, tu sciura milanese, chiederai al gallerista quanto ha denunciato lo scorso anno, e se ti propone lo sconto senza fattura, lo denuncerai. Propongo che se andrai a casa di un’amica che ha un cane di razza molto rara chiederai la sua provenienza, il canile, qual è stato il suo costo e se il cucciolo è stato fatturato, così come quando andrai dal chirurgo plastico lo denuncerai, se dopo aver pagato il dovuto non riceverai fattura. Parlo delle vacanze estive, quando tu solerte delatrice o solerte delatore, al titolare del ristorante fronte mare chiederai i documenti di assunzione o i contratti dei camerieri che ti stanno servendo, nonché ovviamente la regolare ricevuta a pranzo finito. Chiederai allo stabilimento balnerare regolare ricevuta per ogni pagamento e giorno di permanenza, e se un privato ti affitta un’abitazione, magari per un mese o due, o anche per una settimana, domanderai regolare contratto e regolarizzazione con l’ufficio delle entrate. E in caso contrario, denuncerai, denuncerai, denuncerai. Parlo del fatto che quando una persona lavorerà per te a vario titolo, emetterai regolare contratto di lavoro. E se le tue amiche con le colf non lo faranno, le denuncerai. Anche per un’ora di pulizia alla settimana. E tu, cantante o attore che hai postato i video delle code in autostrada, quando il tuo produttore di proporrà la serata in un festival o un piccolo lavoro, o un favore, “in nero”, tu lo denuncerai. Denuncerai, denuncerai, denuncerai....
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pedrop61 · 5 years ago
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IL GATTOPARDO
Giuseppe Tomasi di Lampedusa nasce a Palermo il 23 dicembre 1896. Una Palermo dove si incontravano i Florio, i Bordonaro, gli imprenditori inglesi del marsala Whitaker, gli ultimi baroni che avevano acquistato i feudi ecclesiastici dopo la secolarizzzazione del 1866 e realizzavano l’espansione edilizia lungo l’asse della via Libertà. La Palermo dei Lanza di Trabia, degli Alliata di Villafranca, dei Ventimiglia di Belmonte, tutti nobili proprietari di meravigliosi palazzi simili ai castelli della bella addormentata, un mondo incantato dal quale Giuseppe Tomasi non si sarebbe più staccato, un mondo condannato ad essere superato dalla volgarità dei tempi nuovi.
Consegue la maturità classica nel 1914 e l’anno dopo viene chiamato alle armi. Nel settembre 1917 viene inviato sull’altopiano di Asiago. Due mesi dopo viene fatto prigioniero. Nel 1918 evade, dopo un tentativo fallito, dal campo di prigionia Szombathely in Ungheria e nel novembre ritorna a Palermo.
Iscritto alla facoltà di legge prima a Palermo, poi a Genova, darà soltanto l’esame di diritto costituzionale. Tra il 1920 e il 30 viaggia per mezza Europa e nel 1932 si sposa con Licy Wolff Stomersee a Riga, in una chiesa ortodossa. La coppia si stabilisce a Palermo a palazzo Lampedusa. Nel 1934 muore suo padre e lui diviene principe di Lampedusa. Nel 1942, a causa dei bombardamenti su Palermo, si trasferisce nella villa dei suoi parenti Piccolo a Capo d’Orlando.
Nel 1957, tramite il libraio editore Flaccovio, “Il Gattopardo” viene inviato a Vittorini, direttore della collana I Gettoni della Einaudi. Una copia del romanzo viene consegnata ad Elena Croce. Il 23 luglio 1957 lo scrittore muore a causa di un carcinoma. La salma viene inumata a Palermo al cimitero dei Cappuccini. L’11 novembre 1958 il romanzo viene pubblicato da Feltrinelli a cura di Giorgio Bassani. Nel 1959 vince il Premio Strega.
Romanzo di rara bellezza, un autentico gioiello di cultura, saggezza, tristezza, consapevolezza, nostalgia di un mondo perduto. Come tutto ciò che è grande, sommo, alto, non viene compreso da molti e ancora oggi viene citato a sproposito da pessimi giornalisti e da pseudo politici da strapazzo.
“il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di “fare”. […] il sonno è ciò che i Siciliani vogliono… da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento […] ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio… questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata; […] questo clima che ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; […] questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo…”
Non è un semplice romanzo storico ma casomai antistorico dove non si respira l’ottimismo di una concezione storicista e teleologica ma, al contrario, spicca la dolorosa consapevolezza che la storia degli uomini non procede verso il compimento delle magnifiche sorti e progressive. Si dice in modo chiaro e netto che il diritto alla felicità è una solenne sciocchezza. L’esistenza è durissima e la natura umana e gli uomini sono gettati in un mondo di inaudita violenza. Soltanto le arti e la conoscenza possono mitigare il dolore ma l’esito è comunque terribile: più comprendi e più resti isolato. L’influenza di Stendhal è molto forte, la delusione esistenziale e la consapevolezza del fallimento e dello scacco permeano tutto il romanzo.
In questa visione il Risorgimento diventa una rumorosa e romantica commedia e la Sicilia, resta una categoria astratta, immutabile metafisica. Il fluire del tempo, la decadenza e la morte (Marcel Proust e Thomas Mann) vengono esemplificati nella morte di una classe, quella nobiliare dei Gattopardi che viene sostituita dalla scaltra borghesia senza scrupoli dei Sedara, ma che permea di sé tutta l’opera: la descrizione del ballo, la morte di don Fabrizio, la polvere del tempo che si accumula sulle sue tre figlie e sui loro beni.
Un romanzo sicuramente decadente e struggente dove il vero protagonista è la nostalgia. Non mi stupisce che Vittorini non lo abbia compreso. Ancora oggi non viene compreso da quanti, assecondando logori luoghi comuni, lo interpretano esclusivamente in chiave politica.
Non è un caso che un grande intellettuale fin de race come Luchino Visconti ne abbia afferrato lo spirito traducendolo, caso raro di grande film tratto da grande libro, in un film sontuoso e affascinante.
Scandito dalla musica di Nino Rota il lavoro di Visconti offre quadri e dialoghi di rara suggestione. Don Fabrizio, il principe Salina, è un Bart Lancaster strepitoso affiancato dal nipote Tancredi (un giovanissimo e stupendo Alain Delon), da Angelica, di nome e di fatto (meravigliosa Claudia Cardinale) e da attori di consumata esperienza e bravura quali Paolo Stoppa (Calogero Sedara), Rina Morelli e Serge Reggiani.
Alcune citazioni da Tomasi di Lampedusa:
Io penso spesso alla morte. Vedi, l’idea non mi spaventa certo. Voi giovani queste cose non le potete capire, perché per voi la morte non esiste, è qualcosa ad uso degli altri.”[… ] In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui noi abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemilacinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è colpa nostra. Ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”
“Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio. Tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche, anche le più violente la nostra sensualità è desiderio di oblio, le schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte, la nostra pigrizia, i nostri sorbetti di scorsonera o di cannella; il nostro aspetto meditativo è quello del nulla che volesse scrutare gli enigmi del nirvana. Da ciò proviene il prepotere da noi di certe persone, di coloro che sono semidesti; da questo il famoso ritardo di un secolo delle manifestazioni artistiche ed intellettuali siciliane le novità ci attraggono soltanto quando sono defunte, incapaci di dar luogo a correnti vitali; da ciò l’incredibile fenomeno della formazione attuale di miti che sarebbero venerabili se fossero antichi sul serio, ma che non sono altro che sinistri tentativi di rituffarsi in un passato che ci attrae soltanto perché è morto.”
Ho letto il romanzo la prima volta a 18 anni e ne sono rimasto affascinato al punto che esso ha permeato la mia vita nel bene e nel male. Ogni tanto lo rileggo e ne cavo fuori insegnamenti e riflessioni. Il Principe Salina, inconsapevolmente, è stato il mio modello (alla sua aristocrazia per nascita che mi interessa ben poco, ho tentato di sostituire l’unica forma di aristocrazia che mi convince, quella culturale ed educativa) e sino a quando mi sono attenuto ai suoi insegnamenti stoici e sensati ho vissuto con dignità, onore e, perché no, momenti di felicità. Posso essere accusato di non aver fiducia nelle umane sorti e progressive ma questo non mi ha impedito di aiutare chiunque abbia incontrato nella mia vita. Anche io ho pensato per lunghi anni di poter migliorare il mondo aiutando gli altri e l’ho fatto insegnando e col mestiere di professore e preside. Malgrado tutto continuo a pensare che l’insegnamento, la scuola seria e per tutti siano l’unica forma di crescita per un popolo. La cultura non elimina la sofferenza esistenziale ma ci consente di soffrire ad un livello più alto e di provare solidarietà leopardiana per il dolore altrui.
“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.”
J.V.
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