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adamfall · 6 months
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Forse era meglio aspettare, aspettare, aspettare. Tanto, quell'aria gialla mi sembrava così naturale, e poi c'erano i pensieri, a tenermi compagnia, giacché non di rado mi riaffioravano alla memoria alcuni insegnamenti ricevuti all'epoca in cui anche io avevo dovuto imparare le cose della vita. In particolare, ve ne era uno che mi risuonava in mente di continuo, anche se non ricordavo le fattezze di colui che lo aveva pronunciato, né il suo nome. LE BAMBINE NON RINGHIANO. Tuttavia, conservavo nitido nella memoria il ricordo di una storiella ascoltata chissà quando e chissà da chi, con protagonista una bambina dai poteri prodigiosi. Le genti di un villaggio sulle alpi avevano cercato di rinchiuderla in un recinto, al cospetto di occhi che giudicano, ma lei si era messa a tirar loro calci e pugni, con una foga tale da lasciarli tutti sbigottiti. Le sue labbra sputavano lamenti perversi, sbagliati, osceni. Le bambine non latrano, non sbraitano, non ringhiano a quel modo.
La piccola non comprendeva l'empietà dei suoi versi. Era convinta che i suoi lamenti dovessero suonare come pianti e grida disperate in chi le udiva, e confidando che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a consolarla, continuava a strillare con tutto il fiato che aveva in gola. La paura l'aveva portata a perdere ogni consapevolezza di sé: non si accorgeva di ciò che diceva, degli abiti candidi che le era stato imposto di indossare per addolcire la sua mostruosità. Non si accorgeva neanche più di essere una bambina. Arrivava a negare la sua stessa natura. Rigiratela, voltatela, rendetela presentabile. Costringetela a inchinarsi al cospetto del re. Fate sì che nessuno, dai sudditi all'ultimo del popolo, abbia a vergognarsi di una concittadina così meschina. Raccontatele la storia di quel bambino che, prima di lei, aveva osato sfidare la volontà degli adulti. Per punizione era stato catturato dai gendarmi, che l'avevano condotto in un fienile e lasciato lì da solo.
All'inizio lui era ben contento di giocare per i fatti suoi, e si lanciava sulle balle di fieno da altezze sempre maggiori, illudendosi di aver finalmente trovato un posto dove starsene in pace. Dopo qualche tempo però, guardandosi le braccia, si era visto spuntare dei filamenti gialli come l'oro del sole su tutta la superficie della pelle e allora, spaventato, aveva chiamato i genitori a gran voce, ma non era arrivato nessuno perché i bimbi cattivi non meritano né abbracci, né carezze. Poi, una notte, un manipolo di soldati fece irruzione nel fienile, sollevò di peso il corpicino del malcapitato mentre ancora dormiva e lo portò via. Si risvegliò in mezzo a un campo desolato, solo, immobile. Laggiù non c'era anima viva, fatta eccezione per un pettirosso che rompeva il silenzio di tomba con il suo cinguettio. Fu proprio quel flebile cip cip a inondargli di speranza il cuore. Forse il pettirosso era giunto li per tenergli compagnia, forse le sue preghiere erano state esaudite.
VIENI QUI, UCCELLINO. NON ABBANDONARMI.
Ma la bestiola, dopo essersi avvicinata, era subito fuggita via, tornando dai compari pennuti. Intanto, la gente del villaggio aveva iniziato a mormorare. Misericordia, ripetevano. Dove andremo a finire. Oggigiorno il mondo funziona al contrario. E questa, poi! Uno spaventapasseri che si mette in testa di farsi amici gli uccellini! Che pensi al suo dovere, o bruci sul rogo insieme ai sogni sciocchi e insensati che si ostina a inseguire. ~ tratto dal mio romanzo "La bambina che ringhia", un viaggio negli incubi di un uomo che tenta di rimettere insieme i pezzi della sua storia familiare andata tragicamente in frantumi 🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋
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adamfall · 6 months
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🦋 11/04/24 il mio romanzo di esordio "La bambina che ringhia" è fuori ovunque!!! Un viaggio negli incubi di un uomo che tenta di rimettere insieme i pezzi della sua storia familiare andata tragicamente in frantumi 🦋
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adamfall · 8 months
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Mio padre aveva molti amici e, spesso e volentieri, all’ora di cena ne portava a casa qualcuno, senza avvisare. Lì per lì, mamma era sempre un po’ a disagio, temeva di fare brutta figura, che l’ospite non gradisse la sua cucina, ma poi trovava sempre il modo di improvvisare una ricettina delle sue con quel che trovava in frigo. Noi bambini venivamo mandati a letto presto, tra mille lamentele, perché avremmo voluto rimanere alzati anche noi e unirci alla combriccola. E così fece mio fratello, non appena fu abbastanza grande per tenere in mano le carte come un vero adulto. Papà andava talmente fiero della precoce abilità per il Poker mostrata dal figlio maggiore, che nel giro di un paio di settimane lo ammise ufficialmente al tavolo da gioco. Facevano coppia fissa, ed erano imbattibili. Io me ne stavo accovacciato sul letto, dividendo la mia attenzione tra le grida festose provenienti dal piano di sotto e interminabili solitari in cui sprofondavo per ore, fino a che gli occhi diventavano troppo pesanti e dovevo infilarmi sotto le coperte. Quando mio fratello tornava su fingevo sempre di dormire, ma lui sapeva che l’ascoltavo e, con voce eccitata, iniziava a parlarmi della serata trascorsa. “Anche stasera abbiamo vinto”. Con quel plurale di appartenenza e complicità che era come una pugnalata. Poi era il silenzio. E anche nel silenzio eravamo diversi. Il suo era riposo. Il mio, oblio. - da "La bambina che ringhia", il mio romanzo d'esordio in uscita questo mese. Sono cresciuto in una famiglia problematica (anche se non quanto quella di Tancredi nel libro) e attraverso i miei personaggi cerco di esorcizzare il dolore. Scrivere è meglio che andare dallo psicologo, fidatevi.
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adamfall · 8 months
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Mi voltai e incrociai lo sguardo spaesato di un signore, che mi fece cenno di avvicinarmi. Aprii le labbra per domandargli spiegazioni, ma lui mi bloccò, inondandomi con un fiume di parole: "Lei è la mia amica, vengo qui a trovarla ogni giorno, da anni ormai. Sai, una volta era una fanciulla allegra e felice, che scherzava, correva e giocava come è normale a quell'età, ma poi scelse di trasformarsi in un busto, e da allora non l'ho mai più vista ridere. Non lo decise tutto insieme, lo sapeva sin da bambina. La sua mamma e il suo papà piangevano, le dicevano che avrebbe sofferto e che c'erano tante altre cose belle che poteva fare. Sognavano una figlia ballerina, farfalla o rondinella. Ma lei no, preferiva diventare un busto. Quella sera si rintanò sotto le coperte, spense la luce e smise per sempre di parlare. I busti non parlano, ripeteva, e lei non aveva alcuna intenzione di sembrare diversa dagli altri, di venire additata come quella stramba o accusata di voler primeggiare. Al contrario, si accontentava di essere un busto qualunque, esposto in una qualunque galleria d'arte, o addirittura negli scantinati. Ero rimasto soltanto io, a farle visita. Mi sedevo accanto al suo letto e, mentre i suoi genitori si disperavano e lei si pietrificava, le offrivo la mia compagnia. I primi tempi faticavo a tenere a freno la lingua e mi sfuggiva sempre qualche domanda, anche se imparai in fretta a starmene zitto. Quel volto fisso, lucido, era un monito sufficiente. I busti non parlano. Pian piano la pelle della mia amica si fece bianca e le labbra, ancora rossicce come sangue sulla neve, risplendevano dell'ultimo barlume di vita che si condensava in quei lembi di carne. Finché si fecero bianche pure quelle. Non sbavava più, non pativa più né fame, né sete, il suo naso non colava più. La portarono al museo e la misero in una stanza con la tappezzeria verde fino a metà del muro, ricamata con intrecci di fili che formavano fiori strani, molto meno belli di quelli veri.
Perché bisogna inventare fiori nuovi, artificiali, se quelli veri sono più belli?
La piazzarono in mezzo a questi due quadri, uno con un viale di alberi e una panchina, l'altro con un lampione pieno di farfalle marroni. Il guardiano mi disse che nel momento in cui avevano appeso quello con il lampione, il processo non si era concluso e il ragazzo non era ancora diventato quadro, anche se andava in giro a raccontare a tutti che era riuscito a creare un lampione così come l'aveva sempre desiderato. Lui però non era forte come la mia amica, che non ebbe mai il minimo tentennamento. Lui, proprio all'ultimo istante, quando la trasmutazione stava giungendo a termine, ci aveva ripensato e la voglia di tornare indietro aveva attraversato la sua mente. All'ultimo istante, quando ormai non ci si poteva fare più niente! E proprio per quel maledetto pensiero il lampione si era riempito di orrende farfalle marroni, più brutte di quelle vere. Lui aveva cercato disperatamente di scacciarle e invece erano rimaste là, incastonate nel tempo. E adesso se ne sta appeso, con tutti che passano, e dicono:
Ma che brutte farfalle, a che pensava?
Lei invece è perfetta, una statua perfetta. Aveva detto di voler diventare un busto, perché così non avrebbe avuto finte gambe per finte speranze. Il primo giorno sono andato a vederla, fiero come non mai. Lei è la mia amica, dicevo ai passanti, con l'ugola come una tromba". L'uomo si asciugò una lacrima con la manica del maglione, poi proseguì: "E la contemplavo: il nasino alla francese, le orecchie splendidamente proporzionate, la pelle liscia. Sulla fronte, però, notai una linea sottile, appena appena percettibile. Se aguzzi la vista, si nota anche adesso. Sarà una venatura del marmo? O forse ci saranno andati a sbattere mentre la trasportavano? E se invece ci avesse ripensato anche lei, all'ultimo istante, e quella rughetta sulla fronte rappresentasse l'ultimo no della sua vita? Se si è pietrificata con la ruga, adesso la ruga la corrode dentro e scava e penetra a ogni minuto che passa, mentre lei guarda tutta quella gente, immobile, e non può chiedere aiuto. E se qualcuno la tocca, la scheggia, la graffia? Mi capisci, vero?… Come potrei abbandonarla, come potrei lasciarla qui da sola? In vent'anni non sono mai mancato al nostro appuntamento, perché ho giurato di starle vicino fino al giorno in cui smetterò di respirare. E quando quel giorno arriverà, farò in modo che lei venga distrutta. Moriremo insieme, come insieme abbiamo trascorso la maggior parte delle nostre esistenze in questo museo". 🦋🦋🦋🦋🦋🦋
Quanti anni ci vogliono perché le gambe ti si logorino e ti ritrovi come un busto romano, forte e bello sopra e monco sotto? E ti sforzi di assumere un’aria fiera, riuscendoci anche, per farti ammirare dagli altri, che ti passano intorno attoniti e poi vanno via. E quando sono alle tue spalle non sai cosa dicono, come si muovono, come respirano, se ridono o sono seri. E anche quando ti stanno di fianco, i tuoi occhi di marmo non riescono a girarsi. Ne puoi intravedere solo l’ombra ed è peggio, perché loro guardano te e tu ti accorgi di loro ma non li vedi.  Maledetti gli occhi, maledetti. - tratto da "La bambina che ringhia", il mio romanzo d'esordio in uscita tra pochi giorni. Un horror psicologico un po' disturbante, ma anche una storia d'amore, di simbiosi...e un gioco, una presa in giro. Nient'altro che un gioco. 🦋🦋🦋🦋🦋🦋
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