#domobranci
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Ivan Hribovšek (1923-1945) ::: Stoletnica rojstva
Prelivajo se barve kakor misli, na jabolku se sončna luč razbija. Na vse strani prše stekleni drobci, zabada se mi v kožo melodija.
Nad mizo zrak ko gosta tekočina v velikih valih proti nam se plavi, v presledkih jabolko med njimi niha, ustavlja trudno v luči se krvavi.
V tesnobi in nemiru trepeta tu sredi mize kot izrezano srce, počasi topla kri čez rob curlja.
Z dlanmi zajemam, ustnice si močim, nato se tiho sklonim preko mize in sladko upanje od sile ločim.
[Ivan Hribovšek, Jabolko na mizi]
19. junija 2023 bi pesnik Ivan Hribovšek praznoval sto let. Njegov občutljivi glas je bil za vedno nasilno utišan pozne pomladi 1945, ko še ni bil dopolnil niti 22 let. Kot tisoči drugih nasprotnikov komunizma je tudi on padel kot žrtev maščevalnih besov partizanov nad domobranci, s prevaro poslanih iz Vetrinja v Jugoslavijo. Slikar Marijan Tršar ga je nazadnje videl v koncentracijskem taborišču na Teharjah.
V počastitev stote obletnice rojstva Ivana Hribovška (1923-1945) je Knjižnica A. T. Linharta v njegovi rodni Radovljici pripravila niz dogodkov v spoštljiv spomin na svojega tragičnega Orfeja:
četrtek, 1. junij 2023, ob 19. uri KNJIŽNICA IVANA HRIBOVŠKA predstavitev monografije o zapuščini iz knjižnice pesnika Ivana Hribovška, ki jo hrani domoznanska zbirka v Knjižnici A. T. Linharta
1. junij–15. avgust 2023 »POVEDAT PRIDEM, KO JO BOM OBUDIL« dokumentarna razstava ob stoletnici rojstva avtorja razstave: prof. France Pibernik in dr. Janez Zaletel (KD Sotočje Radovljica); pregled knjižnega gradiva iz Hribovškove knjižnice je pripravil mag. Jure Sinobad.
1. junij–15. avgust 2023 ENA JE PESEM razstava liričnih in refleksivnih pesmi Ivana Hribovška
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Ah yes, the very capitalist conflict of partisan movements vs. četniki, domobranci, and ustaši in various regions of Yugoslavia. Totally not an issue of them being monarchists, fascists, and/or religious fanatics.
Can’t say I’m surprised by them trying to rewrite history, that’s what the Yugoslav Communist Party did after the war to discredit a variety of decentralised movements in favour of a narrative where Tito personally led the rebellion against fascist occupation.
Hell, TIGR, one of the world’s first explicitly anti-fascist rebellions, was erased from Yugoslav history textbooks, and the surviving members were kept under watch by the secret police for decades. Super normal thing to do to an anti-fascist movement.
#An absolute fucking joke#Also like I had family members in TIGR#As well as folks who smuggled contraband to partisans#A family farmhouse was the site of one of the very first meetings of partisans and TIGR fighting against Italian fascist occupation#So don't even try to westsplain how actually I'm wrong#Bloody politics#Tankies fuck off
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“ [I]l profilo nazionale dello stragismo jugoslavo della primavera 1945 nella Venezia Giulia appare decisamente asimmetrico: vale a dire, i morti sono quasi tutti italiani. Non c’è da stupirsi. Quella che spinge la sua onda fino alle rive dell’Isonzo è una rivoluzione nello stesso tempo nazionale e sociale e nella regione il potere da abbattere è tutto e solo italiano. Ci sono anche vittime che italiane non sono, perché la vera discriminante è l’accettazione o meno del potere nuovo, quello creato dal movimento di liberazione a guida comunista: di conseguenza, in Istria vengono colpiti elementi croati ostili alla lotta partigiana e nel Goriziano sacerdoti e laici sospetti di simpatie per i domobranci [corpo di volontari sloveni collaborazionisti degli occupanti nazisti]. Si tratta però di fenomeni tutto sommato marginali, perché la maggior parte della popolazione slovena e croata, anche a prescindere dalle simpatie per il comunismo, nel movimento di liberazione vede il protagonista del riscatto nazionale e quindi non lo ostacola, anzi, lo sostiene anche come interprete di una cruenta volontà di resa dei conti. La forma assunta da tale ostilità diffusa non è però quella del pogrom o della rivolta contadina, come nel settembre istriano dal 1943, quanto piuttosto quella dell’ampia collaborazione con l’Ozna [polizia politica comunista jugoslava] nell’individuazione dei bersagli da colpire; più tardi, per decenni, si trasformerà nella diffusa omertà su luoghi e circostanze delle stragi, anche quando a parlare non si rischierà più altro se non la riprovazione sociale. Tutta diversa è la situazione degli italiani: si identificano storicamente con il potere e, politicamente, per i quadri del Mpl [Movimento popolare di liberazione] non è agevole distinguerli dai fascisti: un po’ perché fa comodo; un po’ per l’impegno che nei decenni precedenti il regime di Mussolini ha sciaguratamente profuso nel saldare i due concetti, Italia e fascismo; ed un po’ anche perché, alle orecchie slovene e croate, sembrano dire in fondo tutti le stesse cose: e cioè, che la Venezia Giulia deve rimanere in Italia e che gli italiani devono continuare a comandare. Nell’ottica dunque delle nuove autorità, sia che si guardi al passato – il fascismo – o al presente – la diffidenza generale verso i poteri popolari, con l’unica eccezione della classe operaia – ovvero ancora al futuro – la permanenza, data per scontata, dell’Italia nel mondo capitalista – ce n’è d’avanzo perché il gruppo nazionale italiano venga guardato con pregiudiziale sospetto. Qui la “pulizia” dev’essere quindi larga e, semmai, sovrabbondante, perché è meglio non correre inutili rischi. Ma allora, è vero quel che spesso si dice e si legge e cioè che, a parte le responsabilità personali conclamate, obiettivo della repressione sono stati “gli italiani soltanto in quanto italiani”? Come abbiamo visto esser usuale quando si ragiona di storia di frontiera, la risposta non è lineare. La formula infatti è vera e falsa nello stesso tempo. È certamente falsa se il termine “italiano” viene utilizzato nel suo significato etnico, perché una prospettiva del genere è manifestamente estranea alle linee-guida della repressione, che dicono esattamente il contrario; è invece vera se “italiano” viene inteso come una categoria politica, cioè come espressione della volontà di appartenenza allo Stato italiano a prescindere dall’origine etnica di chi la esprime, perché – questa sì – viene considerata colpa grave, reato che può di per sé condurre alla morte. Non possiamo però nemmeno scordare che sul campo, al di là degli ordini e nel tumulto delle passioni e dei rancori, i piani si possono confondere e le percezioni delle vittime, che poco sanno delle strategie concepite a tavolino, possono talvolta ben corrispondere alle intenzioni di alcuni dei loro persecutori, che quelle strategie interpretano a proprio modo. “
Raoul Pupo, Adriatico amarissimo: una lunga storia di violenza, Laterza (Collana Cultura storica), settembre 2021. [Libro elettronico]
#Raoul Pupo#Adriatico amarissimo: una lunga storia di violenza#Storia del XX secolo#nazionalismo#nazionalismi#fascismo#questione del confine orientale#antifascismo#Venezia Giulia#Storia d'Europa del '900#Isonzo#lotta partigiana#Croazia#seconda guerra mondiale#Istria#Trieste#Fiume#Ozna#partito comunista jugoslavo#domobranci#Mussolini#Gorizia#movimento di liberazione#citazioni#saggistica#saggi storici#storia di frontiera#secondo dopoguerra#partigiani jugoslavi#Dalmazia
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U šupak kosmosa smo upali.
Mnogi su domobranci zauvek prolupali.
Caruje virus apatije.
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Rođen pod sretnom zvezdom magičnom
Ali nad ovom zemljom generalno tragičnom
Čemu sam bliži - triput pogađaj
Neko nad nama vrši oglede
Hajde, usudi se i pogledaj u poglede
Ovde je osmeh - događaj
U šupak kosmosa smo upali
Mnogi su domobranci zauvek prolupali
Caruje virus apatije
Al ti na mene stavi upitnik
Pa rekni: dal ti bata deluje k o gubitnik?
Ma nema šanse, šta ti je?
Ja nisam luzer, o naprotiv
Meni je osmeh lajt-motiv
Ja nisam luzer, ja imam nas
Ma za svet - ko te pita?
Ja nisam čedo proseka
Mene ne vuče oseka
S tobom je tretman poseban
I svud je Hollywood.
Svaki je dan dolče vita
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Kip Stanovnika postaviti ob Kidriča, na Orlov vrh ali nikamor?
Kip Stanovnika postaviti ob Kidriča, na Orlov vrh ali nikamor?
Neuspešni kandidat SD na zadnjih volitvah v DZ Marijan Križman, ki danes vodi Zvezo borcev, je podpisal predlog, da bi postavili kip Janezu Stanovniku. Tak predlog pomeni, čeprav to ne piše, da bi Križman rad, da država plača izdelavo in postavitev kipa.
Njegova organizacija ali stranka bi lahko, če namen ne bi bil prevaliti stroške na davkoplačevalce, kip plačala in postavila sam v svojih…
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#domobranci#Janez Stanovnik#Josip Broz Tito#kip#Orlov vrh#pieteta#SD#vojaško pokopališče#Zoran Janković
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Scoperta nuova Foiba in Slovenia. I comunisti vi gettarono 1500 persone
Le ricerche condotte da una commissione speciale governativa slovena, hanno consentito l’individuazione di una nuova foiba a Kocevski Rog, nei pressi di Novo Mesto. Si presume che circa 1500 anti-titini siano stati massacrati dai partigiani comunisti a guerra terminata.
Alcuni dei responsabili di quelle stragi, che, come in Italia, servivano ad eliminare tutti gli oppositori al regime comunista titino (in Slovenia gli anticomunisti si chiamavano domobranci) sono ancora in vita. Tra i resti trovati, 185 croci, 146 medagliette con l’effiigie di santi. Le ricerche proseguono per individuare altre foibe e rendere finalmente giustizia alle vittime del comunismo.
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Anti- fasisti (Revizija istorije uzima maha!) "Ustašama isplaćujemo penzije, imaju spomendan, vlast im je izmislila novi naziv, a stižu im i milioni…“ Zahvaljujući zakonodavcima iz redova HDZ-a svi zaposleni hrvatski građani već trideset godina izdvajaju za penzije pripadnika tzv. Hrvatske domovinske vojske što je, nota bene, jedna u nizu lingvističkih umotvorina iz 1990-ih, jer vojska pod tim imenom nikada u historiji nije postojala. Hrvatska još nije raščistila sa svojom prošlošću, pa se tako ustaška vojska naziva 'Hrvatskom domovinskom vojskom', a sada im stižu milioni za uređenje ustaškog groblja, komentira za "Net.hr." profesor Hrvoje Klasić. "Važna je i dobra vijest da austrijska vlada predlaže zabranu okupljanja na Bleiburgu. Još je važnije da će ista ta vlada, predvođena konzervativnom demokršćanskom strankom, predložiti proširivanje liste zabranjenih ustaških simbola čije će se isticanje u Austriji kažnjavati." Odluke su donesene na temelju ekspertize koju je izradila skupina stručnjaka, a čiju je izradu iniciralo tamošnje ministarstvo unutrašnjih poslova. Iako je ekspertiza opširno elaborirana na 110 stranica ugledni njemački list Süddeutsche Zeitung sažeo je preporuku skupine: "da se očito najveći skup fašista u Evropi, koji se (uz dvije iznimke zbog korone) održava svake godine u maju u Koruškoj, više ne održava – barem ne u dosadašnjem obliku". Tako su, nakon nekoliko desetljeća toleriranja, austrijske vlasti ipak odlučile stati na kraj masovnim manifestacijama desnog ekstremizma i historijskog revizionizma, koje su hiljade Hrvata pokušavale prikazati kao komemoriranje (nevinih) žrtava. Predugo im je to prolazilo, ali više neće. Bar ne u Austriji. U Hrvatskoj druga priča Bile su to dobre vijesti. A sad one loše. Ustvari, prije vijesti, samo podsjetnik na hrvatsku realnost. I hrvatske su vlasti svojevremeno osnovale komisiju sastavljenu od historičara i ostalih stručnjaka koja je dala preporuku kako se odnositi prema manifestacijama ustaštva u društvu. Međutim, za razliku od austrijskog primjera u Hrvatskoj takvi postupci služe tek kako bi se u javnosti stvorio dojam da se nešto radi, ne da bi na temelju preporuka bila donesena i konkretna zakonska rješenja. Nažalost praksa zbunjivanja javnosti koja se najbolje očituje u službenom isticanju antifašističkih vrijednosti uz istovremeni službeni obračun s antifašizmom i konstantnu relativizaciju hrvatskog fašizma, traje već trideset godina. Za tu praksu mnogi snose odgovornost, ali daleko najviše članovi stranke koja je od 1990. do danas na vlasti ukupno 23 godine. Da, najveća odgovornost je na hadezeovcima sa svih upravljačkih razina, od prvog hrvatskog predsjednika, nekoliko premijera, brojnih ministara i još brojnijih gradonačelnika i načelnika općina. Zahvaljujući njima danas imamo ulice po hrvatskim gradovima nazvane po ministrima ustaške vlade Mili Budaku i Juliju Makancu, zapovjedniku zrakoplovstva NDH Vladimiru Krenu, poginulom ustaškom dobrovoljcu u bitci kod Staljingrada Petru Kojakoviću, katoličkim svećenicima koji su otvoreno podržavali ustaški režim, nadbiskupu Josipu Šariću i župniku Vilimu Cecelji, svećeniku koji je sudjelovao u progonima Srba Josipu Astalošu, te drugim istaknutim pojedincima ustaškog pokreta i režima uspostavljenog u NDH. Ustaške penzije Zahvaljujući zakonodavcima iz redova HDZ-a svi zaposleni hrvatski građani već trideset godina izdvajaju za penzije pripadnika tzv. Hrvatske domovinske vojske što je, nota bene, jedna u nizu lingvističkih umotvorina iz 1990-ih, jer vojska pod tim imenom nikada u historiji nije postojala. S obzirom na to da bi u javnosti, prije svega međunarodnoj, dodjeljivanje penzija vojnicima NDH, ustašama i domobranima, izazvalo čitav niz pitanja i problema, odlučilo se za tu svrhu izmisliti i poseban termin. Pa su tako pravo na penziju dobili i npr. pripadnici Crne legije ili čuvari ustaških koncentracijskih logora. I ne samo na penziju. Pripadnicima (nepostojeće) Hrvatske domovinske vojske, tačnije ustašama i domobranima, zakonom je omogućen i status ratnih vojnih invalida s pripadajućim beneficijama. Da stvar bude tragičnija zakon izrijekom, bez insistiranja na ikakvoj istrazi, odbacuje i sudske presude pripadnicima oružanih snaga NDH za njihovo postupanje tokom Drugog svjetskog rata, pa kaže: "ratni vojni invalid je osoba kojoj je organizam oštećen za najmanje 20% zbog rane ili ozljede koju je dobila u sastavu Hrvatske domovinske vojske mobilizirane od 17. travnja 1941. do 15. svibnja 1945., odnosno do otpuštanja iz zarobljeništva, iako je s tim u vezi bila pravomoćno osuđivana nakon 15. svibnja 1945". Zahvaljujući predsjedniku Franji Tuđmanu i Saboru RH dobili smo 1996. i Zakon o blagdanima, spomendanu i neradnima danima koji u svom članku 2. kaže: "Spomendan u Republici Hrvatskoj je nedjelja najbliža 15. svibnju – danu spomena na hrvatske žrtve u borbi za slobodu i nezavisnost". Dakle, vojnici NDH, većinom ustaše, koje su pripadnici Jugoslavenske armije nakon zarobljavanja poubijali, proglašeni su borcima za slobodu i nezavisnost. Svi, bez iznimki. Uređenje groblja za ustaše Bilo bi predugo nabrajati sve primjere relativizacije pa i otvorenog podržavanja onoga što se za vrijeme Drugog svjetskog rata događalo na prostoru NDH, a u čemu su sudjelovali ugledni i utjecajni pojedinci i državne institucije. Zato ću se još osvrnuti samo na onaj najnoviji. Nekako u isto vrijeme kada je iz Austrije došla vijest o zabrani okupljanja na Bleiburgu, iz Hrvatskog sabora, tačnije saborskog odbora za ratne veterane kojim predsjeda član HDZ-a, došla je vijest o nekoliko miliona kuna vrijednoj inicijativi obnove "Groblja hrvatskih vojnika" na zagrebačkom Mirogoju. U ovom slučaju čak se i ne radi o žrtvama poslijeratne osvete nego o pripadnicima Oružanih snaga NDH koji su poginuli boreći se rame uz rame s njemačkim i italijanskim vojnicima u periodu od 10. aprila 1941. do 8. maja 1945. godine. Na istom mjestu nalazi se i grob predsjednika Hrvatskog državnog sabora iz vremena NDH Marka Došena, jednog od najuglednijih pripadnika ustaškog pokreta. S obzirom na to da je nakon rata više od 500 nadgrobnih spomenika porušeno inicijativa da se grobišta obnove sama po sebi niti je sporna niti protivna demokratskim i humanističkim standardima. Ali je sporno, te po društvo opasno i štetno, poginule nazivati hrvatskim vojnicima, odnosno kako piše na tabli koja na najvećem zagrebačkom groblju već godinama postoji: "Vječni spomen i slava poginulim i umrlim ovdje sahranjenim pripadnicima Hrvatske vojske 1941-1945. Uz nezaboravno sjećanje, jer s nama su!", piše u komentaru za "Net.hr" profesor Hrvoje Klasić. Nazivanje ustaša hrvatskom vojskom, zazivanje njihove vječne slave, i sve to na uskoro lijepo uređenom groblju nije ništa drugo nego još jedna u nizu pobjeda hrvatskog historijskog revizionizma. Vrijeme će pokazati hoće li biti i poziv svima onima koji NDH i ustaše više ne smiju žaliti i slaviti u malom austrijskom gradiću, da to sada počnu činiti u glavnom gradu Hrvatske.
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Partizani? Domobranci? Nč tega šita na mojem blogu, samo slavni TIGR.
#Civil war: broke#Some guys from primorska set out to free themselves from the fascist yoke: very woke
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. Xª FLOTTIGLIA MAS La situazione a Gorizia – prima e dopo la Battaglia di Tarnova La Decima arrivando a Gorizia trovo’ una citta’ prostrata. L’ azione dei politici del Litorale Adriatico e quella dei militari locali pareva aver cancellato i segni di Gorizia italiana. Se nelle valli e nei capisaldi i reparti italiani erano ben presenti, nella citta’ si notavano quasi solamente soldati tedeschi e gli slavi delle varie fazioni favorevoli ai tedeschi: domobranci sloveni, ustascia croati, cetnici serbi… Non una sola bandiera italiana, nelle vetrine e nei negozi molte insegne e scritte in tedesco e sloveno, i circoli culturali italiani chiusi, le iniziative economiche ostacolate. Il monumento ai caduti della Grande Guerra era stato fatto saltare dai belogardisti La Decima, che aveva compiti militari, in effetti si fece carico di un piu’ ampio impegno: riportare a Gorizia una visibile presenza italiana. Gli ufficiali ed i maro’ non attesero ordini per entrare nei negozi e chiedere che venissero tolti i cartelli in lingua straniera. Il comando divisionale volle mettere rimedio anche all’ isolamento delle province orientali e istitui’ un servizio di pulman tra Gorizia e Milano. Uno degli obiettivi di questa iniziativa era anche di consentire ai giovani che volevano abbandonare la Todt, spesso arruolati forzatamente, di raggiungere Milano per entrare nei ranghi della “Decima”. Il servizio di pulman consenti’ anche di distribuire a Trieste e a Gorizia i giornali che si stampavano a Milano e a Torino, dei quali – dalla data dell’ armistizio – era stata vietata la diffusione. Per gli italiani di Gorizia – almeno per la grande maggioranza che non intendeva passare sotto la Yugoslavia o sotto il dominio della Germania – l’ arrivo e l’ impegno della “Decima” assumeva un aspetto chiaramente nazionale e sollevava grandi speranze. Per la prima volta dopo l’ 8 settembre in quelle terre era presente una forza militare italiana libera da compiti di presidio e in grado di modificare in prospettiva la situazione politica. I battaglioni si erano appena messi in movimento che a Gorizia si prospetto’ un nuovo incidente con i tedeschi. Per una esposizione di quadri di artisti italiani e tedeschi nella sala era esposta la bandiera tedesca, alcuni maro’ chiesero al gestore di esporre anche quella italiana, ma questi rispose che aveva paura a farlo. Il Comandante Carallo, informato del fatto, ordino’ ai suoi uomini di esporre la bandiera italiana nella sala, ne scaturi’ un contrasto con le autorita’ civili tedesche e intervennero anche quelle militari. Incluso il comandante della piazza di Gorizia. Insistettero nell’ affermare che le disposizioni da loro ricevute vietavano l’ esposizione delle bandiere italiane e slovene. Carallo, per non pregiudicare ulteriormente i difficili rapporti con i comandi germanici e non compromettere le operazioni militari appena iniziate, in cui i suoi uomini erano pesantemente impegnati, accetto di togliere la bandiera italiana, ma immediatamente dopo invio’ una nota al comando “Adler” con richiesta di riparazioni per “l’ offesa all’ onore della nostra bandiera” informando contestualmente della situazione il Comandante Borghese. --------- Z.O. 21.12.1944 XXIII MARINA DA GUERRA NAZIONALE REPUBBLICANA COMANDO DIVISIONE “DECIMA” Ufficio del Capo di S.M. Al COMANDO X MAS – Lonato ARGOMENTO: Situazione politico-militare a Gorizia RISERVATA PERSONALE Riservata al Comandante BORGHESE Ti rimetto con conoscenza copia della mia richiesta al comando “Adler” (Comando superiore SS Globocnik) Comunque, in risposta alla proibizione, una immensa bandiera italiana sventola dal balcone del mio comando, molte vetrine hanno gia’ esposto bandiere italiane e questa notte inondero’ Gorizia di manifestini tricolori con un saluto della Decima alla popolazione della citta’ santa. Avevi perfettamente ragione: la nostra presenza qui non e’ solo necessaria, ma indispensabile per non far perdere il sentimento di italianita’ a quei pochi restati immuni dalla passiva rassegnazione della politica austriacante, poggiata sul dissidio italo-slavo e degli intrighi che vogliono creare tra noi e i tedeschi. In tutta la mia azione mi sorreggono gli ufficiali di collegamento delle SS. DECIMA! DECIMA! DECIMA! Il Comandante in 2^ Capitano di Fregata Luigi Carallo A Gorizia i rapporti con i tedeschi ricominciarono ad essere tesi… In un settore tanto movimentato militarmente si sovrapponevano contrasti etnici e piani a lunga scadenza. La presenza della “Decima” aveva un peso decisamente politico! Cio’ non piaceva assolutamente a chi pretendeva di avere una posizione preminente. Ci fu un ennesimo incidente, ancora per la bandiera italiana: il TV Montanari, Capo Ufficio Operazioni, fece intervenire da Salcano una compagnia del “Barbarigo” per bloccare il solito tentativo dei tedeschi di far ammainare la bandiera italiana che sventolava sulle caserme e sui comandi della “Decima”. Peggiori ancora erano i rapporti con gli slavi alleati dei tedeschi che, forti della protezione di questi ultimi, ostentavano apertamente disprezzo per i militari italiani. La reazione della “Decima” in questi casi fu sempre decisa e immediata, si arrivo’ a violente zuffe e si sfiorarono scontri a fuoco. All’ ospedale militare i feriti delle due etnie dovevano essere rigorosamente tenuti separati. L’ atteggiamento dei domobranci non differiva sostanzialmente da quello dei comunisti del IX Korpus: le loro mire espansionistiche coincidevano, la - Slavia Veneta secondo loro - aveva per confine il Tagliamento e questo doveva essere l’ assetto politico a fine guerra. Il C.te Borgese nel 1947 in un suo manoscritto ricorda la situazione in questi termini: “Le autorita’ politiche austriacanti, non riuscendo a spuntarla per altra via e decise a sbarazzarsi di questi “pericolosi italiani”, ricorsero allora ad un altro sistema, gia’ in uso da parte della polizia del vecchio impero absburgico, di servirsi di agenti provocatori per far affluire decine di denunce contro gli uomini della Decima, accusandoli di ogni specie di crimini, dal saccheggio allo stupro, dall’ omicidio all’ incendio doloso; si arrivo’ all’ assurdo di denunciare un marinaio della Decima di essersi pubblicamente fatto vanto di aver gia’ ucciso sei ufficiali tedeschi e di essere in agguato per raggiungere al piu’ presto il record di dieci! Questa campagna porto’ a maturazione i piani della cricca politica austriacante. Verso la fine del gennaio ’45 il Gauleiter Rainer chiedeva ufficialmente, mediante telegramma al plenipotenziario militare germanico, generale Wolff, il ritiro della Divisione Decima dalla Venezia Giulia e il suo trasporto a ponente del Tagliamento.”
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Spominska slovesnost v Kočevskem Rogu
Pod Krenom v Kočevskem Rogu je dopoldne potekala spominska slovesnost za pobitimi domobranci. Položili so vence predsednika RS, NSZ, SDS in NSi, somaševanje pa je ob spremljavi MePZ Župnije Zagradec vodil novomeški škof Andrej Glavan. Helena Jaklitsh je nato spregovorila o slovenskih fantih, "ki so v srcu nosili domovino in skrb za dom".
e-Družina /5. jun.
splet novomeške škofije
e-Večer
e-Dnevnik
rtv Slovenija
Radio Ognjišče
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A modern Romeo and Juliette
So I’m Slovenian
After ww2 we had a bunch of people occupying us (Italy, Germany)
To get rid of the occupants, something called the Liberation front was formed. (Aka Partizani)
So, Partizani did free Slovenia, but also like killed a bunch of people cause war ya kno what can ya do.
To protect themselves (the ppl that Partizani were killing), , others founded their own thing, collaborating with Germans for weapons (look they didn’t have any other choice, war ya kno what can ya do, not gonna get into rn) called Domobranci
So
It’s important to note
Where i live (in the country), the memberships to these to are still kinda rly important to a shit tone of people
So
My family was part of Domobranci
So
Guess who i fall in love with
The fucking great-grandchild of the former of the fucking Liberation front
I could not make this shit up
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Neslavni Kardeljev ukaz partijskemu vodstvu
Neslavni Kardeljev ukaz partijskemu vodstvu
Gre seveda za grozljiv Kardeljev ukaz vodstvu KP iz leta 1942: »Likvidirajte ’v rundah’, to je niz likvidacij druga za drugo, … ’tolci in sej preplah’, … le tako se začetek državljanske vojne razvije v našo korist.«. In že takoj razrešimo nekaj, da ne bo kakšnih očitkov… Kot sem že večkrat povedal, sem glede teh reči “neobremenjen” (familiarno in drugače), nimam nekih ekstremnih stališč ne v…
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Dežman o skrunjenju grobov domobrancev na Orlovem vrhu
Dežman o skrunjenju grobov domobrancev na Orlovem vrhu
Predsednik vladne komisija za reševanje vprašanj prikritih grobišč Jože Dežman je javnosti poslal posebno izjavo o vojaškem pokopališču slovenskih domobrancev na Orlovem vrhu, ki ga začenjajo urejati. V izjavi opozarja na povsem nedostojnega ravnanje po drugi svetovni vojni, ko so umrlim in njihovim svojcem odrekali pravico do groba.
Izjavo objavljam v celoti, vse fotografije je prispeval…
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. Xª FLOTTIGLIA MAS . LA BATTAGLIA DELLA SELVA DI TARNOVA . L'ULTIMA DIFESA DI GORIZIA . Seconda parte Alla fine del 1944 il comando tedesco delle SS e della Polizia dell'OZAK (Operationszone Adriatisches Küstenland – Zona d'operazioni del Litorale adriatico) agli ordini di Odilo Globocnik - di fronte al rafforzarsi del IX Korpus partigiano iugoslavo a est e a nord di Gorizia - intraprese un'operazione offensiva, nome in codice Adler Aktion (operazione Aquila), con lo scopo di annientarlo. L'operazione venne condotta da truppe tedesche e reparti jugoslavi collaborazionisti, principalmente Cetnici e Domobranci, ma un ruolo di primo piano fu assegnato alla Divisione "Decima" (Xª MAS), appena spostata sul fronte orientale italiano, i cui battaglioni erano stati da poco impiegati nelle operazioni contro la Repubblica libera della Carnia (8-15 dicembre 1944). I reparti, tuttavia, furono impiegati singolarmente e non nell'ambito della Grande Unità, come erano soliti fare i tedeschi con le truppe dei loro alleati. All'operazione parteciparono i battaglioni Decima "Sagittario", "Barbarigo", "Lupo", aliquote dei battaglioni "Nuotatori Paracadutisti", guastatori "Valanga", genio "Freccia", ed i gruppi d'artiglieria "San Giorgio" ed "Alberico da Giussano". L'operazione Adler si concluse il 21 dicembre 1944 con scarsi risultat e comunque effimeri, poiché le truppe partigiane riuscirono a sganciarsi in massima parte, subendo perdite non gravi. La costituzione dei presidi nel Carso Modifica Il comando SS e Polizia dell'OZAK - responsabile dell'operazione - decise di disporre le forze italiane in una serie di presidi sul Carso e l'Altopiano della Bainsizza, per controllare le vie d'accesso a Gorizia, una strategia che tuttavia esponeva i reparti all'accerchiamento da parte di forze preponderanti, come accadde al battaglione "Sagittario" a Chiapovano, salvato dall'intervento del battaglione "NP" . I battaglioni della "Decima" si vedevano quindi coinvolti in una strategia suicida, per la quale non erano addestrati né equipaggiati in maniera adeguata. L'abitato di Tarnova - pressoché spopolato - si trovava in posizione strategica nella Selva, poiché dominava la strada statale 307 Gorizia-Aidussina, che era una delle dirette arterie di traffico verso il capoluogo carsico. Dopo pochi giorni, il battaglione "Sagittario" della Xª Flottiglia MAS - che si era installato a Tarnova - fu rilevato da aliquote del "Valanga" e una batteria del "San Giorgio", alle quali s'aggiunse per breve periodo il "Barbarigo": durante i cicli operativi di questi reparti furono colti i primi indizi di una possibile controffensiva partigiana[3]. Il 9 gennaio successivo anche queste guarnigioni furono rilevate dal battaglione "Fulmine", che prese posizione a presidio dell'abitato di Tarnova, con una forza di 214 uomini, articolato su tre compagnie, delle quali la 3ª "Volontari di Francia", distaccata dal battaglione "Primo Longobardo" e formata da figli di italiani residenti appunto in Francia e reclutati presso la base di Bordeaux, Betasom. Tarnova era l'unica località della zona investita da Adler a essere ancora presidiata da truppe italo-tedesche. L'abitato di Tarnova della Selva fu fortificato dai fanti di marina con la realizzazione di alcuni fortini con muretti a secco, tetti di lamiera, buche e filo spinato. Una cerchia più interna di difesa prevedeva alcune abitazioni civili riadattate alla bisogna in maniera non dissimile. Alcune mine antiuomo furono utilizzate per realizzare radi campi minati. L'equipaggiamento del "Fulmine" comprendeva diciassette fucili mitragliatori Breda 30, quattro mitragliatrici Breda 37, una mitragliera da 20 mm Oerlikon, nonché due lanciabombe Brixia da 45 e quattro mortai Breda da 81 mm. Il "Fulmine" aveva così disposto le sue compagnie: la 1ª compagnia difendeva il settore nord dell'abitato, la 2ª quello sud, e la 3ª "Volontari di Francia" quello occidentali. Il comando della guarnigione era affidato al tenente di vascello Elio Bini, in assenza del comandante Orru, feriti. La difesa di Tarnova è stata definita dal generale Farotti«una vera trappola per coloro che avrebbero dovuto presidiarle, anziché un'efficiente posizione di resistenza. « A presidiare Tarnova restò il più debole dei nostri reparti, il battaglione "Fulmine", con gli organici ridotti ad un paio di striminzite compagnie fucilieri, con pochissime armi automatiche di reparto e senza mortai da 81. Non so da chi sia stato commesso questo grave errore di valutazione, certo è che fu pagato poi duramente, proprio dall'incolpevole "Fulmine". Se il dispositivo iniziale fosse rimasto in posto ancora qualche giorno (due battaglioni ed una batteria da 75/13) l'attacco slavo avrebbe trovato ad accoglierlo forze adeguate e con un armamento tale da stroncarlo in sul nascere e soprattutto, mantenendo il possesso della rotabile, si sarebbe potuto far affluire rinforzi ed impedito l'accerchiamento e l'annientamento della guarnigione. » (G. Farotti, Sotto tre bandiere, Effepi, 2007) Il dispiegamento iugoslavo Modifica Il IX Korpus jugoslavo decise di eliminare il presidio[32], posto in posizione strategica a dominare la piana goriziana e la Valle del Vipacco[33], e pertanto pose due unità a chiudere gli accessi all'altopiano, con sbarramenti, dispiegamento di truppe e campi minati[22]; l'unità incaricata dell'attacco era la 19ª brigata slovena di liberazione nazionale "Srečko Kosovel", supportata da[3][32]: 30ª divisione jugoslava, basata sulla 17ª SNOB (brigata slovena di liberazione nazionale) "Simon Gregorčič" e sulla 18ª SNOUB (brigata d'assalto slovena di liberazione nazionale) "Bazoviška" Divisione Garibaldi "Natisone", composta dalla 156ª brigata partigiana "Bruno Buozzi" e dalla 157ª brigata "Guido Picelli", formate con personale italiano 20ª brigata "Garibaldi Triestina", formata con personale italiano 31ª divisione jugoslava, composta dalla 3ª SNOUB "Ivan Gradnik", dal 20º battaglione e dalla 7ª SNOUB "France Prešeren". La 31ª divisione aveva il compito di sbarrare la strada fra Gorizia e Tarnova attestandosi sui monti San Gabriele, San Daniele, Gargaro[Gargaro è un villaggio, non un monte] e Monte Santo, già teatro di aspre battaglie durante la Grande Guerra e ricchi di trincee e ricoveri abbandonati. La 30ª divisione avrebbe chiuso la Valle del Vipacco con la brigata "Gregorčič" e occupato l'Altopiano della Bainsizza con la brigata "Bazoviška"[25][32]. La 19ª brigata ebbe in rinforzo una compagnia d'assalto e un'ulteriore dotazione d'armi d'accompagnamento, che portarono al parco armi altri quattro cannoni, due fucili anticarro, due mortai pesanti e tre lanciamine Partop (rectius partizanski top, cioè "cannone (top) partigiano", arma autoprodotta delle formazioni partigiane iugoslave)[3][34]. La brigata "Kosovel" iniziò la manovra d'approccio a Tarnova nel tardo pomeriggio del 18 gennaio, con una temperatura di dieci gradi sotto lo zero. Dalla sua base di Ottelza (oggi Otlica, frazione di Aidussina) ed attraverso Mala Strana[Mala Lazna?], a notte fonda essa giunse attorno a Tarnova. Alla mezzanotte le operazioni di posizionamento del dispositivo erano completate.[35] Secondo il piano del comandante Tone Bavec-Cene, il I battaglione avrebbe attaccato in due colonne, da nord-est dell'abitato, approfittando della miglior copertura offerta dai boschi che si spingevano fino a ridosso delle prime costruzioni di Tarnova. La prima colonna avrebbe attaccato seguendo la strada proveniente da Casali Nenzi (Nemci), una frazione dell'attuale Nova Gorica, la seconda quella che scendeva da Rialzo (Rijavci), altra frazione di Tarnova. Il battaglione avrebbe dovuto conquistare i bunker 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8: per questo scopo sarebbe stato appoggiato da due cannoni da 47/32 e due da 20 mm, mortai da 81, due "Partop" ed un PIAT, che poterono essere spinte fino a circa 300 metri dalla linea difensiva italiana, grazie alla copertura data dalla vegetazione[3]. Le armi d'accompagnamento e il posto d'osservazione avanzato della brigata - assieme al comandante di Divisione - si posizionarono nella frazione di Volčič, a est del centro abitato di Tarnova. Le postazioni per i mortai da 81 mm furono approntate duecento metri a sudest di Volčič[36]. Il II battaglione avrebbe attaccato da sud, per conquistare i bunker 9, 10 ed 11. Avrebbe così anche dovuto impedire eventuali tentativi di sganciamento italiani verso Gorizia. Il III battaglione sarebbe rimasto di riserva nei boschi a nord ovest del paese; solo un suo plotone sarebbe entrato subito in azione eliminando il bunker n. 1, costruito in posizione isolata[3]. Compito del III battaglione sarebbe stato impedire la ritirata della guarnigione italiana lungo la strada Tarnova-Raunizza. Il IX Korpus era stato rinforzato grazie ad armi, munizioni, coperte, carburante, viveri, esplosivo, divise, medicinali, stazioni R.T paracadutati dagli Alleati nel corso dei giorni precedenti. Gli attaccanti potevano anche contare sulle informazioni passate occultamente da almeno un abitante di Tarnova. Secondo G. Farotti, l'operazione di dispiegamento delle forze jugoslave venne condotta con grande abilità: « Brillante invece l'operazione condotta dal Comando partigiano che in brevissimo tempo riuscì a concentrare su Tarnova più di 2.000 uomini, con armi pesanti, senza far nulla trapelare e a minare la rotabile di accesso, dominandola con centri di fuoco disposti perfino sul San Gabriele, pilastro incombente su Gorizia e chiave di volta della sua difesa. » (G. Farotti, Sotto tre bandiere, Effepi, 2007)
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