#punta del piede
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Dal Podologo
Il racconto andrà a fare parte del libro “Racconti e storie briosi”, in corso di pubblicazione. Quaranta racconti e storie briose nei quali le donne sono protagoniste, costruiti mixando fatti reali e immaginari, trasposti in tempi e/o luoghi diversi con personaggi reali e di fantasia. I racconti e le storie hanno una base di verità originale derivata da esperienze personali, di amici e conoscenti…
#accarezzare#alluce valgo#appuntamento#bacio#callo#carezza#centro di podologia#cliente#dita a martello#dottoressa#labbra#paziente#piede#piedi bellissimi#Podologo#poggia-gambe#punta del piede#scovolino
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Un sogno che sembrava troppo reale.
Avvertenza:
Non si tratta di un racconto auto-biografico.
Ogni riferimento a persone o a cose è puramente casuale, perché è un racconto di fantasia.
È un racconto crudo, che va a toccare dei tabù. Alle persone che sono particolarmente sensibili consiglio di fermarsi qui, o alla prima sensazione di disgusto o di imbarazzo.
PRIMA PARTE
Ero appena tornata a casa dal lavoro e avevo lasciato che Dicky, il pastore tedesco di mia cugina, uscisse nel cortile sul retro per fare i suoi bisogni. Si, mi ero prestata alle suppliche di Carla per poterle tenere il suo cane per due settimane perché doveva fare una seconda luna di miele con suo marito. Dicky era un bellissimo pastore tedesco di un anno e mezzo, mia cugina mi rassicurò dicendo che era già addestrato e addomesticato e che non dovevo avere nessuna paura di Lui, anzi le sarei stata grata perché mi avrebbe protetta da qualsiasi minaccia e poi è abbastanza amichevole, cercò di indorare la pillola dicendomi che io già gli piacevo. Nonostante queste raccomandazioni ero pervasa da uno stato d’inquietudine perché non ero abituata a vedere un cane in giro per casa. Appena i due piccioncini varcarono la porta mi assali un senso di disagio dovuto al fatto che d’ora in poi sarei rimasta sola con questo cane. Non riuscivo a spiegarmi il motivo di questo nervosismo. Forse tutto questo era dovuto al fatto che avevo avuto sempre sentimenti contrastanti nei confronti dei cani.
La ragione era dovuta al fatto che quando ero all’università una mia amica mi confessò che si era lasciata leccare la figa dal suo cane e aveva avuto un orgasmo da favola. Rimasi sconvolta dalla sua confessione. La notte successiva sognai che stavo a letto e il cane della mia amica si era intrufolato nel mio letto e ha cominciato a leccarmi la figa, mi sono svegliata di soprassalto e mi sono ritrovata madida di sudore, la mia figa fracida di succo ed era bastato che toccassi con le dita il clitoride per arrivare in un modo pazzesco. Subito dopo mi sentii mortificata. "Come ho potuto lasciare che ciò accadesse?” fu la domanda che mi posi. Rimossi subito tutto e non ebbi più sogni di questo tipo.
Guardando Dicky, tutti quei sensi di colpa, di imbarazzo e di lussuria, provati per quel sogno mi tornarono in mente. Ebbi improvvisamente paura. Paura di ciò che avrei potuto fare, di ciò che avrei potuto voler fare ora che ero sola con quel cane. Ero consapevole del disagio che avevo provato quando mia cugina mi lasciò il cane. Dopo questo smarrimento iniziale, giusto per tranquillizzarmi guardai il cane e gli dissi “Immagino che siamo solo tu ed io, Dicky" per smorzare il nervosismo mi versai un bel bicchiere scotch e sorso dopo sorso lo bevvi tutto. Dicky si avvicinò e si sdraiò a terra accanto a me. Pochi minuti dopo, cominciò a sentirmi molto più rilassata mentre lo scotch si diffondeva nel mio corpo. Sentivo un piacevole calore diffondersi dentro di me. A un certo punto sentì i la zampa di DIcky appoggiarsi sul mio piede. "Adesso non iniziare a farti venire le idee", gli dissi ridacchiando, mi alzai per andare a letto, e guardandolo improvvisamente arrossii guardando il cane e pensai "È decisamente maschio". La punta rosa del suo cazzo sporgeva! Ero totalmente imbarazzata. "Non posso credere che lo sto guardando!" pensai.
Agitata, andai velocemente nella mia camera. Ero confusa e mi sentivo piuttosto calda per il rapido consumo di scotch. "Ho bisogno di una doccia fredda o di un bagno caldo", sorrisi. Mi spogliai completamente e mi sdraiai I sul letto quando fui presa da un’eccitazione inspiegabile. All’improvviso, sentii uno schianto nel soggiorno, a quel punto mi ricordai che non ero sola e un piccolo brivido mi percorse la schiena. Uscii dalla camera e mi diressi in soggiorno. Una delle lampade era rovesciata. Niente di rotto. "Fortuna per te, Dicky", e mentre lo dicevo, un piccolo brivido mi percorse tutto il corpo. Dicky si avvicinò, sbattendo la coda e strofinandosi contro la mia gamba. “Anch'io sono felice di vederti, pazzo. Ora smettila di rompere le cose”, mi voltai per tornare in camera e vidi Dicky che mi seguiva da vicino. "Dove pensi di andare?" Dicky mi guardò con entusiasmo. "No, tu resta qui." si voltò e raggiunsi la porta. In un lampo, Dicky mi fu dietro, lo spinsi via e mentre mi chinai per farlo il cane si spinse in avanti e mi leccò un seno, gli urlai contro.
Dicky perpretò un secondo attacco e con la lingua mi sfiorò l’inguine, lo respinsi ancora una volta ma con meno risolutezza, Dicky ne approfittò per fare un successivo attacco e mi sfiorò il clitoride, sentii una scossa elettrica attraversarmi tutto il corpo. Una volta entrata mi sdraiai sulla schiena con le gambe penzolanti oltre il bordo. Dicky mi segui e spinse il muso in avanti, costringendomi ad aprire le gambe. "Ehi, aspetta ragazzo, comando io qui", dissi con un po’ d’incertezza. Dicky m’infilò la lingua nel mio inguine bagnato. Ben presto cominciò a leccare con gusto. Sentì che mi stavo rapidamente avvicinandomi all'orgasmo. Dicky spinse insistentemente la lingua dentro di me. Sentì di cedere alle sensazioni impetuose mentre un orgasmo mi travolgeva, fui sopraffatta dal senso di colpa. Allontanai il cane e afferrandolo per il collare, feci uscire la sua testa dal mio inguine Dicky opponeva resistenza si avvinghiava a me e intravidi il suo cazzo ,era eccitato, io rabbrividii al solo pensiero, lo sentii scivolare lungo la gamba. "Oh Dio, allontanati da me", urlai, improvvisamente fui presa dal panico. Gli tirai di nuovo il collare, cosa che non fece altro che tirare il cane più in alto sul mio corpo. Lo sentivo, ora premeva contro la mia coscia. Avvertii un'improvvisa ondata di paura, unita a un'incredibile e improvvisa lussuria. Lo sentivo duro... e scivoloso! "Quando la punta mi toccò l'inguine, venni una seconda volta senza preavviso. Abbracciai il cane mentre le onde pulsavano attraverso il mio corpo. All'improvviso, l'orgasmo si calmò e spinsi via Dicky e corsi in bagno, sopraffatta dal rimorso e dal senso di colpa. Tremavo come una foglia. Sbattei la porta del bagno e la chiusi a chiave. Tremavo, sopraffatta dalla vergogna. Mi guardai allo specchio e distolsi lo sguardo. Non potevo credere a quello che era quasi successo e pensare che ero pronta a lasciare che accadesse. Mi sedetti sulla tazza del water stavo ancora tremando. Pensai all'orgasmo che fu improvviso e potente... e sbagliato. “Una cosa era”, pensai, “lasciarmi leccare finché non arrivassi. Ma questo…” sapevo nel mio cuore che tremavo non solo per la vergogna. Era anche lussuria e desiderio. Ma così sbagliato, così vergognosamente sbagliato. Rimasi seduta in bagno per più di un'ora, piangendo e torcendosi le mani, sperando che Dicky tornasse nel suo letto in soggiorno. Alla fine mi decisi a uscire e Dicky non c’era, era davvero nell'altra stanza. Corsi in camera e mi fiondai sul letto, dove immediatamente crollai sopraffatta.
P.S.
Le parti che seguono le posterò solo su richiesta e in privato, a meno che ci siano un numero importante di likes (almeno 10). In questo caso proseguirei a postarli in pubblico.
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Quando Zavattini definisce il neorealismo come un’arte dell’incontro, incontri frammentari, effimeri, spezzati, mancati, cosa intende? Questo è vero per gli incontri di Paisà di Rossellini, o di Ladri di biciclette di De Sica. E in Umberto D. De Sica costruisce la celebre sequenza che Bazin citava come esempio, la giovane servetta che al mattino entra in cucina, compie una serie di gesti meccanici e stanchi, pulisce un po’, caccia le formiche con un getto d’acqua, prende il macinino da caffè, chiude la porta allungando la punta del piede. E i suoi occhi incrociano il proprio ventre di donna incinta: è come se nascesse tutta la miseria del mondo. Ed ecco che in una situazione comune o quotidiana, durante una serie di gesti insignificanti ma tanto piú obbedienti a schemi senso-motori semplici, ciò che di colpo sorge è una situazione ottica pura, per la quale la servetta non ha né risposta né reazione. Gli occhi, il ventre, ecco un incontro…
Gilles Deleuze
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SE TRENTA MI DÀ TANTO
Ieri sera in privato ho avuto un bel scambio di punti di vista con @nusta (che taggo non per questo ma perché geograficamente interessata dall'argomento di questo post... quando ci arrivo!) fondamentalmente vertenti sulla mia frase 'una ragazza che ha terminato la transizione FtM' (N.d.A - Female To Male, da femmina a maschio).
Giustamente, lei mi ha fatto notare (in modo non polemico ma riflessivo) che la mia frase - sintetica per necessità di 'colpo di scena' - era scorretta perché la persona 'era ragazza già prima a prescindere dalla transizione che ha solo "esplicitato" la sostanza' e che purtroppo in alcuni ambiti digitali non cis questo errore mi avrebbe potuto valere un'aspra reprimenda se non addirittura un attacco diretto.
Non conosco tutte le sfumature espressive del movimento trans e per le mie limitate esperienze devo dire che ho trovato persone molto accondiscendenti verso gli inevitabili errori da parte del sottoscritto ma non dubito che come in ogni ambito si sviluppi una frangia molto agguerrita che per inclinazione o principio si possa triggerare a prescindere (gradito spiegone dalle persone trans che mi leggono).
Il punto del post è che adesso tratterò in modo leggero e simpatico un argomento molto importante che per il suo impatto sulla vita di tutti noi credo sarà inevitabile scateni una polarizzazione tra i vari diversi attori della questione...
LE CAZZO DI ZONE URBANE CON IL LIMITE DEI 30 KM ALL'ORA PER I VEICOLI A MOTORE
Bologna li ha già resi operativi (da cui il tag per Nusta)
e qua comincia la polarizzazione con schieramento in trincea tra:
AUTOMOBILISTI
MOTICICLISTI
CICLISTI
PEDONI
Io per natura animale e istintiva appartengo al primo gruppo perché per il secondo conosco la traumatologia clinica ortopedica, per il terzo non ho sufficiente energia e per il quarto mi pesa il culo e/o odio aspettare i mezzi.
In un mondo ideale fatto di amore per il prossimo e di oculata scelta dei propri ritmi di vita, questo post non avrebbe ragione di esistere perché un ambiente urbano dove i mezzi non superano i 30 km/h è salutare per le ossa di chi non sta dentro la macchina e per la salvaguardia mentale e polmonare di tutti
MA
qualche mese fa sono andato alla discarica di paesello a portare alcune cose e mi sono accorto che la polizia municipale stava allestendo il telelaser sulla curva di una strada dove c'era il limite di 30 km/h... ovviamente sapevo che al ritorno li avrei trovati lì, tutti frementi e puntanti, quindi prima del cartello di divieto ho frenato e ho cominciato a tenere quella velocità.
Li vedevo piccoli laggiù in fondo al rettiline prima della curva...
Li vedevo piccoli...
Li vedevo piccoli e non si ingrandivano...
Piccoli ma mi puntavano addosso il cannone laser della Morte Nera...
Piccoli ma quasi vedevo i loro occhi cattivi e desiderosi che mi scappasse il piede sull'acceleratore... accelleratore che stavo premendo con la punta dell'alluce, delicato come se stessi disattivando 50 chili di plastico su un biplano senza carburante in picchiata dentro a un vulcano in eruzione.
A un certo punto ho pensato 'Vabbe'... adesso metto in folle, scendo e la spingo!'
Dopo un intervallo di tempo pari a quello di una vecchia che cerca gli spiccioli alla cassa del supermercato, finalmente li supero e penso 'Credo che oggi i conti del mio comune non solo andranno in pari ma si compreranno pure il Manchester City dagli arabi...' perché qua ve lo dico con il succitato amore di prima
A LIVELLO NEUROANATOMICO È FISICAMENTE IMPOSSIBILE RIUSCIRE A TENERE UNA VELOCITÀ SIMILE SENZA FARSI VENIRE UNA NECROSI AL TIBIALE ANTERIORE, SENZA STACCARE GLI OCCHI DAL TACHIMETRO O - E QUA PARLO PER ME - BESTEMMIARE TUTTO IL CALENDARIO FACENDO IL GIRO DELL'ANNO IN 10 SECONDI.
Ora lascio la parola a tutti i pedoni e i biruote, che amo in modo indistinto e che vorrei sempre protetti dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontreranno per la loro via, dalle ingiustizie e dagli inganni del loro tempo e dai fallimenti che per loro natura normalmente attireranno...
Però nessuno mi toglierà l'impressione che i 30 km/h vengano usati per far abbassare la velocità media dai 90 perlomeno ai 50, visto che qua in Italia i numeri dentro ai cartelli tondi col bordo rosso sono solo un suggerimento. E sempre per gli altri.
P.S.
Prevengo chi mi dir�� che nell'impatto a 30 km/h con un autoveicolo il pedone avrà il 90% di probabilità di non avere lesioni mortali, contro il 60% dei 50 km/h e il 20% dei 70 km/h. Lo so bene perché ne ho curati parecchi.
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Il gioco del mondo si fa con una pietruzza che si deve spingere con la punta del piede. Ingredienti: un marciapiedi, una pietruzza, una scarpa, e un bel disegno col gesso, preferibilmente colorato.
In alto è il Cielo, sotto la Terra, è molto difficile arrivare con la pietruzza al Cielo, quasi sempre si calcola male e la pietruzza esce dal tracciato. A poco a poco però, si acquista la abilità necessaria per conquistare ciascuna delle caselle e un bel giorno s’ impara ad uscire dalla Terra e a far risalire la pietruzza fino al Cielo, fino ad entrare nel Cielo, il guaio è che proprio a questo punto, quando quasi nessuno si è mostrato capace di far risalire la pietruzza fino al Cielo, termina d’un tratto l’infanzia e si cade nei romanzi, nell’angoscia per il razzo divino, nella speculazione a proposito di un altro Cielo al quale bisogna imparare ad arrivare. E perché si è usciti dall’infanzia si dimentica che per arrivare al Cielo occorrono, come ingredienti, una pietruzza e la punta di una scarpa.
- Julio Cortázar, da Rayuela. Il gioco del mondo
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"Quando ho messo un piede nello spiraglio della tua dimensione ho visto da subito i colori che tingevano il tuo universo. Catturato dalla luce che emanavi ho vagato scalzo tra le tue emozioni, in punta di piedi per osservare senza disturbare. Così ho imparato a conoscere, non solo te, ma anche me stesso perché attraverso le più comuni reazioni alle cose ho potuto discernere la natura stessa dell'uomo. Sono stato spettatore e partecipe della creazione di un capolavoro... che erano le tue mani che mi accarezzavano il volto, i tuoi occhi che osservandomi mi spogliavano della maschera del consueto ed innalzavano la mia anima oltre il concetto dell'astratto. Eri di una perfezione liscia ed attraverso quei piccoli difetti, che ti rendevano umanamente fragile, ho potuto viaggiare attraverso mondi a me sconosciuti..."
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Giovanni Battista Lombardi scolpisce allora una Ninfa
È seminuda e sostiene il drappo che le sfiora la gamba nell'atto di saggiare la temperatura dell'acqua con la punta del piede.
Un effetto ottico meraviglioso
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Mi dicesti:
"È bello".
"Che cosa?".
"I capelli, son vivi, non te li tagliare" .
Ruppi allora le forbici, li lasciai allungare, arrivarono al collo e alle spalle e dalla spalle alla vita, dalla vita ai polpacci, ai talloni, alla terra, dalla terra ai torrenti, ai fiumi in cascata fin verso la foce, dove l’acqua da dolce si tuffa nel sale e lì, che onda nell’onda, i ricci divennero ricci di mare.
E QUESTO L'HO FATTO PER FARTI RESTARE.
Mi dicesti:
"È bello".
"Che cosa?"
"Le mani, son farfalle allo sbando,
svolazzano al ritmo con cui stai parlando".
Fu quel giorno che imparai il linguaggio dei sogni, traducevo in diretta per i non dormienti. Entrai in un’air band e accordai i miei strumenti. Mi misi a dirigere orchestre inventate e poi il traffico urbano in punta di dita. Formai code ed ingorghi, non si poteva più uscire né entrare.
E QUESTO L'HO FATTO PER FARTI RESTARE.
Mi dicesti:
"È bello".
"Che cosa?"
"Il tuo sguardo, ogni tanto si perde
e quando si perde mi viene a cercare".
Lo allenai a guardare di notte come le civette, come le mie gatte. Si fece più forte, sbattendo le ciglia sbattevo le porte, con gli occhi spostavo gli oggetti, una piuma, una foglia, poi una bottiglia. Vedevo attraverso i vestiti, i muri, le case, ti spogliavo con gli occhi, imparai a distanza ad ipnotizzare.
E QUESTO L'HO FATTO PER FARTI RESTARE.
Mi dicesti:
"È bello".
"Che cosa?"
"Dal bagno, sentirti cantare".
Imparai ninne nanne da ogni parte del mondo. Conoscevo canzoni per ogni tipo di fame, che toglievano l’ansia, che saziavano il cuore, che ti veniva anche voglia di fare l’amore. Ebbi grandi maestre, le sirene del mare.
E ANCHE QUESTO L'HO FATTO PER FARTI RESTARE.
Mi dicesti:
"È bello" .
"Che cosa?"
"Le spalle, il sedere, quando vai, ti allontani" .
Un piede e poi un altro, impettita, mi misi in cammino, divenni un miraggio, un’ombra, un puntino. E alla fine più niente, una stella cadente. Poi persi la strada per ritornare.
E ANCHE QUESTO L'HO FATTO PER FARTI RESTARE.
- E. Tesio
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Ragazzi di Vita. Descrizione fisica dei personaggi
Le descrizioni dei personaggi in sto dannato libro ci sono, solo che bisogna trovarle. E se non avete voglia di rileggervi quattro volte tutto il libro per trovarle, come invece faccio io e mi ci diverto pure, ecco qua.
(Il numero della pagina è dalla versione cartacea del libro Ragazzi di vita di Garzanti, sedicesima ristampa del maggio 2022)
RICCETTO
“il venticello [...] gli scapigliava i riccetti in ciuffo sulla fronte e appiccicati intorno agli orecchi, e gli faceva sbattere la camicetta tirata fuori dai calzoni.” (2. Il Riccetto, p.61)
“...vi si distese quanto era lungo, con le gambe larghe e la testa tutta ricciolini appoggiata sulla spalliera. “Così si mise ad inspirare beatamente quei due centimetri di nazionale che teneva tra le dita” (3.Nottata a Villa Borghese, p.71)
“…se ne veniva già dal ponte in fondo al sentiero, eretto, col petto gonfio dentro la canottiera bianca, facendo la camminata.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.166)
“…s’alzò in piedi e un passo dopo l’altro, muovendosi pigramente sulle spalle, passò davanti ai tre maschietti di Ponte Mammolo che lo stavano ad aspettare, e facendo un cenno da burlo con la testa disse: “Namo.” [...] Il Riccetto camminava in avanti, in canottiera, grassoccio, e tutto lucido per il bagno, facendo sempre la camminata malandrina. Era allegro, e cantava con gli occhi pieni d’ironia e le mutandine bagnate penzoloni in mano.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.171)
“…tutto tranquillo e ben disposto, si tolse il pettinino dalla tasca di dietro dei calzoni, lo bagnò sotto la fontanella e cominciò a pettinarsi, bello come Cleopatra. (6. Il bagno sull'Aniene, p.163)
“Da quando era stato a Porta Portese era ingrassato e non c’aveva più il pallino di fare sempre il dritto. (7. Dentro Roma, p.209)
“…il Riccetto che veniva avanti, evidentemente pieno di buon umore, tutto acchittato e camminando con attenzione per non sporcarsi di polvere gli scarpini bianchi a buchi: in mano teneva gli slippi nuovi ben ripiegati, la camicetta azzurra gli sventolava sopra le chiappe. (8. La Comare Secca, p242)
“..l’allegria che gli aveva rischiarato la faccia già allegra sotto i ricci tosati” (8. La Comare Secca, p.244)
AGNOLO
“Agnolo il roscetto…” (1. Il Ferrobedò, p.20)
“Era un roscetto, tutto lentigginoso, con due cespuglietti rossi al posto degli occhi, e coi capelli ben pettinati con la scrima da una parte.” (7. Dentro Roma, p.211)
CACIOTTA
“quer roscio llà…” (p.105)
“...che in quei tre annetti s’era ingrassato,” (6. Il bagno sull'Aniene, p.160)
“...col suo solito buon umore.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.177)
ALDUCCIO
“Uno era un giovinottello bruno e snello, bello anche conciato a quel modo, con gli occhi neri come il carbone e le guance belle rotonde di una tintarella tra l’ulivo e il rosa” (3.Nottata a Villa Borghese, p.71)
“Il bel viso d’Alduccio ebbe un’espressione allegra.” (4. Ragazzi di vita, p.111)
“Se ne stava lì, con una mano sprofondata in saccoccia, che pareva il figlio dello sceriffo, con le grosse labbra ombreggiate dalla peluria nera, e gli occhi lucidi e cupi come due cozze strillanti di limone.” (5. Le notti calde, p.124)
“...fece per scavalcarlo [il cancello] ma nella fretta scivolò con un piede sul ferro bagnato, e rimase infilato con una coscia s’una sbarra a punta come una lancia, che gli si conficcò tutta dentro.” (5. Le notti calde, p.153)
“S’ha da vede un fijo che tiè quasi vent’anni e mo va sordato..” (7. Dentro Roma, p.187)
“Alduccio era ormai pronto, coi calzoni a tubbo e la maglietta a righine col collo aperto e le falde fuori dai calzoni. Ancora si doveva pettinare.. Andò davanti allo specchio in cucina e, col pettine bagnato al rubinetto, cominciò ad aggiustarsi i capelli, stando con le gambe larghe, perchè lo specchio era troppo basso per lui.” (7. Dentro Roma, p.190)
“...con la sua bella faccia sformata da un ghigno di ironia rassegnata.” (7. Dentro Roma, p.193)
“...con quelle chiome alla ghigo che parevano Sansone e Assalonne…" (7. Dentro Roma, p.200)
“...che camminava sempre come se gli dolessero le fette.” (7. Dentro Roma, p.203)
“...gli occhi rappresi da uno sguardo assonnato e astuto” (7. Dentro Roma, p.204)
BEGALONE
“...un mezzo roscio con la faccia bolsa piena di cigolini” (3.Nottata a Villa Borghese, p.71)
“...col suo testone di saraceno scolorito…” (3.Nottata a Villa Borghese, p.72)
“Era impossibile dare un’idea della differenza che c’era tra il Piattoletta e il Begalone. Con quell’occhi storti che c’aveva, lenticchioso e roscio, il Begalone si poteva senza meno considerare lì il più dritto di tutta la cricca” (6. Il bagno sull'Aniene, p.168)
“Pure il Begalone s’era cambiato; s’era messo intorno al collo un fazzoletto annodato alla malandrina, e s’era pettinato i capelli color stoppa lisci lisci, come una crosta, con la scrima da una parte e lunghi sul collo.” (7. Dentro Roma, p.191)
“Pure il Begalone stava a digiuno. E sotto i capelli gialli la sua faccia era gialla d’un bel giallo che dava sul verde su cui risaltavano bene i cigolini rossicci. Era così debole che nemmeno la febbre riusciva a dargli un po’ di colorito: e sì che ce ne aveva almeno sei sette linee, come tutte le sere, da quando era stato rilasciato dal Forlanini; era tubercoloso da due o tre anni, e ormai non c’era più niente da fare gli restava sì e no ancora un anno di vita… (7. Dentro Roma, p.191)
“...ghignando cogli occhi strabici e la bocca gonfia. (“Ai cerchi”)
“...con quelle chiome alla ghigo che parevano Sansone e Assalonne…" (7. Dentro Roma, p.200)
“ «Guarda che fusto che so’», fece il Begalone gonfiando il petto.
«Hu, sei lo sciassì de na macchina», fece l’altro.” (7. Dentro Roma, p.201)
“...asciugandosi come un disperato la faccia, coi capelli che gliela ricoprivano duri come spinaci e più lunghi di quelli della Maddalena.” (7. Dentro Roma, p.201)
“...con una luce minacciosa nella sua faccia da maomettano” (8. La Comare Secca, p.233)
“Tirò su la sua carcassa da terra, si legò bene il pezzo di spago che, girandogli intorno alla testa come una specie di nastro sfilacciato, gli teneva a posto lo strato di capelli gialli e sbiaditi che gli piovevano lunghi alla malandrina fino ai primi ossicini delle vertebre” (8. La Comare Secca, p.240)
“...l’acqua gli arrivò ai caporelli che spuntavano rossi come due pezzetti di ceralacca sul costolame.” (8. La Comare Secca, p.240)
AMERIGO
“Uno di Pietralata, nero di faccia e di chima come una serpe, un cristone che gli altri gli arrivavano tutti sotto le ascelle” (3.Nottata a Villa Borghese, p.91)
“Teneva il bavero della giacca rialzato, la faccia era verde sotto i ricci impiastricciati di polvere, e i grossi occhi marroni che fissavano invetriti.” (4. Ragazzi di vita, p. 92)
Camminava mettendo un piede davanti all’altro con una faccia così cattiva che in qualsiasi parte del corpo uno lo toccava, pareva che dovesse farsi male. Strascicava i passi, come un bocchissiere un po’ groncio e invece, in quella camminata cascante, si vedeva ch’era pronto e svelto peggio d’una bestia. (4. Ragazzi di vita, p.93)
“Amerigo li guardò venire in avanti, coi suoi occhi malati [...] “guardò gli altri due col suo sguardo di cadavere.” (4. Ragazzi di vita, p.97)
“La sua voce era sempre più spenta, in contrasto col suo corpo che lì, sullo stipite della porta, pareva quello enorme dei maiali appesi quanto son lunghi a un uncino davanti alle macellerie. Pure gli occhi gli s’erano fatti piccoli e appannati come quelli dei maiali appesi; e nella smorfia della sua bella faccia si vedeva che la pazienza stava per finire.” (4. Ragazzi di vita, p.100)
“La schiena era rimasta nuda, larga come un lastrone d’acciaio, coi riflessi azzurrini, sotto la luna. Segni non se ne vedevano per niente, su quel carname liscio e abbronzato.” (4. Ragazzi di vita, p.100-101)
“...il volto che era stato da morto anche quand’era vivo.” (4. Ragazzi di vita, p.113)
LENZETTA
“...un altro riccio, piccolo, con la faccetta gonfia da delinquente e due occhi di porcellana” (3. Nottata a Villa Borghese, p.82)
“Era uno con le labbra carnose e screpolate, e una faccetta da delinquente, sotto la nuca piccola piena di ricci come un cavolo.” (4. Ragazzi di vita, p.105)
“...tutto acchittato, coi calzoni di velluto e con l’americana rossa e nera che, secondo lui, spaccava il culo a tutta la Maranella.” (5. Le notti calde, p.118)
“...con tutto che pareva ancora un pischelletto era già entrato in diciott’anni - grattandosi la capoccia tutta riccia, fece: «Mo qua so’ cazzi mia!» [...] e per rispetto del fratello fu rispettato pure lui, carinello com’era.” (5. Le notti calde, p.120)
“...sempre più astuto e con la faccia rossiccia.” (5. Le notti calde, p.125)
“ «De Marzi Arfredo» disse il Lenzetta, [...] con la faccia rossastra e liquefatta che aveva nei momenti d’emozione” (5. Le notti calde, p.141)
GENESIO
“...il più grande allumava in silenzio…” (6. Il bagno sull'Aniene, p.162)
“Genesio aveva levato dalla saccoccia dei calzoncini una mezza sigaretta e se la stava a fumare guardando la caciara. (6. Il bagno sull'Aniene, p.165)
“Genesio, con la pelle di liquerizia e gli occhi di carbone, in disparte, sornione” (6. Il bagno sull'Aniene, p.171)
“«Qua, Fido» fece Genesio, ma senza un’ombra di sorriso” (8. La Comare Secca, p.230)
“Genesio, ch’era buono di cuore e sempre combattuto, povero ragazzino, dalle emozioni e dagli affetti, nascondeva tutto dentro di sé, e parlava meno che poteva per non scoprirsi.” (8. La Comare Secca, p. 230)
“Genesio gli lanciò una delle sue occhiate inespressive” (8. La Comare Secca, p.232)
“...restò, snello e un po’ secchetto, con le scapole che un po’ gli sporgevano, quasi del tutto ignudo; non del tutto, perchè mica era uno spudorato come quelli di Tiburtino dell’età sua. s’era tenuto le mutandine a sacco, che lo coprivano tutto, davanti e di dietro.” (8. La Comare Secca, p.234)
“Fumando si pettinò con molta attenzione, chiedendo a Mariuccio se la scrima era dritta o storta, e poi facendosi una specie di onda sulla fronte, nera, lucida, e senza un capello fuori posto. (8. La Comare Secca, p.234)
“Sputò la cicca in acqua, col suo sguardo serio e dritto che luccicava un po’ umido.” (8. La Comare Secca, p.235)
“...la sua solita voce sorda e inespressiva” (8. La Comare Secca, p.235)
“...gli occhi che gli ardevano sotto il ciuffetto nero. (8. La Comare Secca, p.246)
BORGO ANTICO
“Borgo Antico, non l’aveva filato per niente, e come se non l’avesse sentito, si era rannicchiato contro la terra sporca della riva, col viso accigliato voltato giù verso l’acqua.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.166)
“Borgo Antico però non si voltò nemmeno, fermo della sua posizione, con la faccia di cioccolata, lucida e nera.” (6. Il bagno sull'Aniene, p.166)
“Borgo Antico alzò le spalle magre e nere e affilò ancora di più contro il petto la sua faccia d’uccello. [...] «E che devo da cantà?» disse Borgo Antico con voce rotta. [...] si mise a sedere stringendo contro il torace i ginocchi, e cominciò a cantare in napoletano, tirando fuori una voce dieci volte più grossa di lui, tutto pieno di passione che pareva uno di trent’anni. (6. Il bagno sull'Aniene, p.167)
MARIUCCIO
«An vedi!» gridò Mariuccio col suo vocino d’uccelletto” (6. Il bagno sull'Aniene, p.172)
“Mariuccio ch’era ancora così piccoletto che nemmeno aveva cominciato ad andare a scuola” (8. La Comare Secca, p.229)
#ragazzi di vita#AHHH CI HO IMPIEGATO UN SACCO DI ORE#ma ne vale la pena (non è vero sono solo autistica)
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“ «Ben altro è il cantare la Luna, che il mettervi il piede sopra come si è fatto il 20 luglio del 1969» scriveva un illustre fisico, Giorgio Salvini, inteso a mostrare la supremazia del fare e della tecnica sul sognare della poesia. Gli rispondeva un poeta, Giorgio Caproni: «altro è il cantare Laura, regalandoci per tutto frutto il Canzoniere, e ben altro è l’essere riusciti a conquistarla e ad andarci a letto»*, e sottolineava come i tecnici abbiano spesso una concezione distorta della poesia. Come se il poeta fosse il distratto perdigiorno che di notte canta la luna e le stelle... Ma anche se cosí fosse, che male c’è? Anzi, non c’è che bene, perché occorre con Caproni continuare a chiederci se conta di piú la luna sulla quale l’uomo ha messo piede con una navicella metallica, o conta la luna nella mente e nel cuore dell’uomo. Osservava George Steiner (seppur con qualche punta di estremismo) che [...] pur possedendo un fascino inesauribile e una bellezza frequente, soltanto di rado le scienze naturali e matematiche hanno un interesse definitivo. Esse cioè hanno aggiunto poco alla nostra conoscenza o al dominio delle possibilità umane; c’è maggior penetrazione del problema dell’uomo (e lo si può dimostrare) in Omero, in Shakespeare o in Dostoevskij, che in tutta quanta la neurologia o la statistica. Nessuna scoperta della genetica eguaglia o supera ciò che Proust sapeva del fascino o del fardello della discendenza; ogni volta che Otello ci ricorda la ruggine di rugiada sullo stelo lucente abbiamo un’esperienza maggiore della realtà sensuale e transeunte in cui deve trascorrere la nostra vita di quella che la fisica ha il compito o l’ambizione di comunicare. Nessuna sociometria dei moventi o delle tattiche politiche è piú importante di Stendhal**. “
* G. CAPRONI, Poesia e scienza: si può ancora cantare la Luna, in «Tuttolibri», 6 giugno 1987.
**G. STEINER, Linguaggio e silenzio. Saggi sul linguaggio, la letteratura e l’inumano [1958], Garzanti, Milano 2001, pp. 18-19.
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Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi (collana Vele), 2022. [Libro elettronico]
#letture#leggere#citazioni#saggistica#scritti saggistici#libri#Gian Luigi Beccaria#In contrattempo.#George Steiner#fisica#elogio della lentezza#tecnica#poesia#Canzoniere#umanità#sbarco sulla luna#Giorgio Caproni#scienze naturali#Stendhal#Giorgio Salvini#Omero#Otello#Marcel Proust#conoscenza#intellettuali del XX secolo#William Shakespeare#arte#artisti#Fëdor Dostoevskij#questione delle due culture
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Alla campana si gioca con un sassolino, che bisogna spingere con la punta del piede. Ingredienti: un marciapiedi, un sassolino, una scarpa e un bel disegno fatto col gesso, preferibilmente colorato. In alto c’è il Cielo, in basso c’è la Terra, è molto difficile far arrivare il sassolino al Cielo, quasi sempre si calcola male e il sassolino esce dal disegno. Poco a poco, però, si acquisisce l’abilità necessaria per saltare sui vari tipi di caselle (c’è la campana lumaca, la campana rettangolare, la campana fantasiosa, poco usata) e un giorno si impara a lasciare la Terra per rilanciare il sassolino verso il Cielo, riuscendo ad arrivare al Cielo, la cosa brutta è, che giusto in quel momento, quando ancora quasi nessuno ha imparato a rilanciare il sassolino verso Cielo, finisce di colpo l’infanzia e si cade nei romanzi, nel angoscia del razzo divino, nella speculazione dell’altro Cielo a cui si vuole arrivare. E solo a causa della fine dell’infanzia, si dimentica che per arrivare al Cielo, gli ingredienti sono, un sassolino e la punta di una scarpa”.
Julio Cortazàr
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Come sei arrivata fin qui?
Una domanda tanto scomoda quanto dolorosa. Hai camminato sempre in punta di piedi tra cocci di vetro , guardando attentamente di non pestarli, e non ti bastava fermarti a raccoglierli, non andavi ne avanti né indietro, ti fermavi con le tue mani , inginocchiata dentro tutto quel vetro, di rimettere insieme i pezzi, con le dita scoperte, insanguinate. Il più delle volte il vetro ha vinto, spaccandosi in mille pezzi tra le mani o ancora prima di inginocchiarsi, eri così sicura di aver guardato bene prima di mettere il piede, eppure hai iniziato a pestare cocci fino a non sentirne più il dolore.
Lasciavi tracce di te, impronte di sangue così che tutti potessero vedere i tuoi passi , il tuo dolore. Assaporarlo, godendo nelle tue ferite ma allo stesso tempo incitandoti ad uscirne, man mano che andavi avanti, non potendo più andare avanti con i piedi in quello stato. Ti affidi alle ginocchia e hai gomiti. Gattonando in quel mucchio brillante che da lontano sembravano diamanti. Ti avvicini e sono sempre più taglienti.
Ti aspettavi che qualcuno ogni tanto ti portasse una coperta per avvolgerti e portarti via.
Ma chi passava,si vantava di poterti portare via nei migliori dei modi, ma il vetro aumentava e nonostante tu abbia aspettato, sei dovuta andare avanti.
Andavo avanti e sì ripresentavano sempre più con queste coperte, coperte che avvolgevano pieni ricordi e le vedevo li di fronte a me. Come una preda al macello. Inerme senza propendere le mani come una madre fa con il proprio figlio. Trovavo compassione nella mia desolazione . Ritrovandomi con mille persone a fianco . Ma che allo specchio vedevo soltanto me stessa.
Avrei voluto una vita senza cuore e senza anima. Da poter comprendere tutti quelli che ti hanno fatto soffrire e vedere da quell inquadratura se sei così biasimabile come sembri.
Ti chiedi se ne vale la pena. Di continuare con le tue domande devastanti e le tua ossa rotte. Ti ripari in quella piccola desolazione che hai perché ormai quella è la tua casa.
“Ha senso?” Ti chiedi continuamente. Nella tua testa cigolante.
Se potessi solamente alzarmi in piedi senza usare le mani. Se riuscissi ad andare avanti senza voltarmi indietro.
Se potessi non piangere nel cuore della notte senza chiedere a dio perdono.
Se riuscissi a ricucirmi da sola, senza più aspettarmi una coperta che mi salvi e mi porti in salvo. Come una principessa nel castello che attende il suo principe. Ma se la mia storia non fosse come se io fossi il sole? Ma che sono un sole nero, che risucchia il mondo e lo vomita? Come vomito delusioni?
E ad ogni ferita non piangere. Trattieni il fiato ,non farti vedere vulnerabile. Ma la domanda è da chi?
Mi inchino nell angolino al buio della stanza.
Seduta al freddo, sperando che l’oscurità venisse e prendesse il sopravvento. Che la mia pelle d’oca si scaldasse e facesse da scudo. Nell’oscurità i mostri fanno visita credendosi di potermi terrorizzare. Loro stessi ora mi cullano , capendo che non sono loro i veri mostri di cui io debba affrontare. Se ne stanno li , lieti osservatori delle mie cadute e dolorose camminate sui vetri, in silenzio. “Perdonami”. Rimbomba nella testa con lacrime ambigue, senza un significato deciso o preciso, ti chiedi il motivo del perdono che chiedi. Eppure non riesci a chiedere altro che questo.
Potrei lasciarti andare e amarti lo stesso. Ma continui a sbattere contro le cose come se avessi perso le capacità motorie e razionali. Ti senti che non sarà mai più come prima,fino al punto di chiederti. Come era prima?
Ti sciogli i capelli, gettandoteli indietro. Mento alto sempre anche con il collo sporco.potrei? Potrei essere quel corpo con qui fai l’amore? Quel desiderio che nasce da un profumo di sangue. Di sete o di fame. Un calore forte di quelli che ti soffocano l anima. Riesci a dare il tuo corpo per un atto così grande? Ma in tutto questo sguazzi nel vetro. Pensi di essere speciale o diversa, ma ti rendi conto di essere solo di passaggio, il ricordo o il disagio di qualcuno, una novità per altri, e ciò che ti rimane in mano e un mucchio di pezzi di vetro insanguinanti tra le mani. Ti rendi conto di stare soffrendo, ma non riesci a distogliere lo sguardo dal tuo sangue pieno di brillanti del vetro che quasi ti ipnotizza. Come a scuola, durante l ora di matematica rimanevo ipnotizzata nei ricordi delle mie giornate tralasciando i compiti e le tabelline. Guardavo il soffitto e le sfuriate di mia madre, il sangue che colava e le bendature per le braccia.
Ti dicono che non vogliono ferirti, che non possono darti quello che per te sarebbe meglio.
Preghi e supplichi l’amore è l’attrazione prende il sopravvento. Ma torni a casa e non ti lavi. Hai il suo odore nelle mani e nella pelle. Non vuoi lavarti perché sarebbe un ulteriore abbandono. Abbandoni le tracce che ti hanno lasciato e rimanere vuota di quello che pretendi ,che credi che non sia una pretesa ma quello che è giusto. Ti innamori a secondo. Millesimo, senza una conoscenza professi amore e sofferenza innata. E ti senti di non voler essere cosi.
Ti infili nelle coperte e hai addosso questo odore. Ti guardi allo specchio e il tuo trucco
Cola, ti fai una foto per ricordarti questa sofferenza come promemoria.
Non è quanto, ma è quando alcuni attimi di felicità diventano veri ed estasianti. Ti credi migliore,addirittura la persona più felice. Ti credi di poter finalmente vivere con una persona al tuo fianco dove ogni volta che ne guardi le mani, cambia la mano .
Ti dimentichi di imbottigliare i primi momenti. Perché se potessi, li tirerei fuori di nuovo per quando il tutto diventa aperto o smascherato come le carte sul tavolo.
Ti dici che la vita prima aveva un senso senza di lui. E poi ti chiedi come farai senza. Ti chiedi perché non poteva rimanere sconosciuto o in quel limbo piacevole di cui nessuno vorrebbe uscire.
In quel momento dove vorresti che tutto fosse eterno e felice , credi che tu sia perfetta e che lo sia anche lui.
Ci messaggi tranquillamente senza alcun problema. Mentre invece dopo hai il terrore di toccare il testo o il tasto giusto o sbagliato. Credi che siete legati e preferisci essere infelice, che perdere quell idea
#hannah baker#tangled the series#webcomics#nut free#notebooks#novel#nutrition#nikon#italia#poesie#charles bukowski
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BLITZWING ( Leader) Generations LEGACY EVOLUTION
E con un annetto di ritardo ho infine recuperato pure il famigerato Leader BLITZWING, grazie alla sua reiterazione in Evolution dopo il suo esordio in Legacy, preso appunto senza tanta fretta dato che non sono affatto un fan dei cosiddetti Voyager pompati a Leader, ma il qui presente Triplex 2 è pur sempre uno dei miei Transformers preferiti sin dall'infanzia, e quindi ho approfittato della prima offerta disponibile per accappararmelo senza pentirmene troppo.
Che uno poi, magari, si aspetta appunto parecchia qualità da un Voyager pagato ( quasi ) quanto un Leader, e ari magari spera che i passi falsi fatti con il collega Astrotrain in Siege siano stati di lezione, e invece si parte subito con un meh! guardando il CARRARMATO sfigurato frontalmente dalla cabina di pilotaggio mozzata della modalità jet.
E no, onestamente il fatto che "sia così pure nel cartone" non lo giustifica per nulla, che se proprio dobbiamo fare i precisini, almeno in tv quel particolare lì era appena accennato e coperto da un pannello, nonostante fosse un cavolo di errore mostrare quella come la parte anteriore del tank laddove nel giocattolo era quella posteriore.
Ma appunto qui pare quasi che ci prendano in giro, con le parti laterali del carrarmato scolpite come se fossero quelle del reale muso del giocattolo, con tanto di sagoma degli alettoni laterali ripiegati, ma poi in mezzo hanno messo la cabina mozza PER FEDELTA' AI CARTONI, con questa pure bella pronunciata in avanti di quasi più di mezzo centrimetro! ^^''
E manco, volendo, avrebbe senso ruotarlo, dato che dall'altra parte ci sono i due reattori del jet in bella vista e sempre anch'essi ben pronunciati all'infuori!!
Davvero un peccato, insomma, che sennò il tank non sarebbe così male, nel suo essere però con design generico e con un paio di pannelli viola ai lati e uno sotto la torretta, questi anche tollerabili, dai.
Oh certo, per carità, manco il tank della precedente versione Generations, il Titans Return, era perfetto, con lo spazio sempre nel muso e le ali adagiate nella parte posteriore, ma, EHM EHM, quello era "solo" un Voyager, appunto, e questo sarebbe un LEADER, ed ad essere buoni magari bastava che quella cacchio di cabina mozzata ALMENO non fosse così pronunciata e la si potesse far arretrare all'interno!! ^^''
Per il resto, il carrarmato ha tre fori per armi per lato, uno sulla torretta, che ruota, e la canna di questa si può alzare, anche se a scatti di 45°. Nei fori ai lati possono sistermarsi i fucili gemelli, così come la spada del robot, anche se sarebbe stato interessante invece nasconderla nel tank, mentre ai lati delle torretta si possono aggiungere le due batterie di missili che sarebbero la "marcia in più" per aggiungere un po' di massa ed arrivare alla quota Leader, ma a guardarli si sente davvero la mancanza del vagone / rampa di lancio che invece avevano appioppato al Triplex 1 Siege! ^^'
Seguiamo le istruzioni e andiamo quindi alla TRASFORMAZIONE in robot, che si ispira al G1 ovviamente ma prende spunto più dal precedente TR, con i cingoli che si ripiegano verso avanti / il torso, esibendo delle ali farlocche con quelle vere che sono parte delle gambe - che anche qui si allungano - ed i due reattori si aprono in due a diventare piede e tallone, le braccia sono quasi belle che pronte e quella cavolo di punta mozza si ribalta rivelando la testa, mentre un ulteriore pannello, che era prima sotto la torretta, va a coprire e diventa l'effettivo petto.
Ed a vedere il ROBOT un po' ci si dimentica delle magagne del carrarmato di più sopra, dato che è davvero un bel colpo al cuore nella sua somiglianza all'inconografia G1 classica, dopo tutte le numerose precedenti varianti che un po' reiventavano il look del nostro Triplex 2.
Di sicuro però manco lui è sputato a come appariva in tv, conveniendo prendere ispirazione anche dal giocattolo originale, dato che nel settei quella volta si presero delle libertà niente male, dovendo disegnarlo dal modellino senza foto di riferimento del retro, col risultato di avere un jetpack al posto della torretta del tank sulla schiena e la canna di questa attaccata alla nuca!
Il Legacy quindi non si risparmia a citare il giocattolo G1 che non il settei dei cartoni, come nei dettagli sul petto e bacino, o anche nella canna del cannone accorciata ( ribaltata all'interno della torreta ), piuttosto che non lasciata allungata, ma anche in piccolezze come il simbolo di fazione nella parte alta del petto piuttosto che non più verso lo stomaco, per dire.
Nonostante sia "solo" alto quanto un Seeker Generations, come da giusta scala, è assai massiccio, grazie anche alla zainata sulle spalle, ed appare più robusto del collega Astrotrain, anche se pure lui è alto uguale. Infatti Blitzy nudo pesa quei 20 grammi in più dei 185 di 'Train, ma questo grazie agli accessori in più arriva quasi al peso di un altro bel Leader bello corposo come Megatron Tm2 BW sui 300, ma T-2 invece si ferma a soli 250 con quello che gli hanno appioppato.
E vediamo quindi meglio la robba in più che si ritrova per cercare di arrivare invano alla massa di un degno Leader, ovvero la summenzionata SPADA col particolarissimo design ma con la lama argentata invece che viola o sfumature di questo, e come detto ben due versioni uguali del classico FUCILE, non male grazie alle doppie spine laterali.
Infine abbiamo le due batterie di missili cubiche che si scompongono diventando delle MANI a 6 dita con avambraccioni da far indossare al robot: l'idea, per quanto inedita e senza riferimenti a citazioni o che, non sarebbe neanche così male, ma le batterie nel tank sono enormi e posticce, e le manone POTREBBERO essere interessanti, se non fossero con 6 dita anonime che possono alzare sole le 4 dita unite.
Se invece di sta poracciata facevano delle bocche di fuoco che diventavano CINQUE dita tutte abbastanza snodate, il risultato sarebbe stato più accattivante, piuttosto che questa roba approssimativa ed incompiuta, visto che anche per Astrotrain si sono sforzati a fare qualcosa di assai più giocabile e soddisfacente.
Chiudiamo sul robot dicendo che almeno lui ha i polsi che ruotano, oltre alla solita media di articolazioni post WfC, pure la testa ha parecchio snodo per guardare verso l'alto, e ci sono ovviamente i soliti fori per armi sparsi nei soliti posti, idem i due braccioni che hanno un foro su mano e avambraccio, ma ironicamente fanno pure fatica a stare attaccati alle mani del nostro. ^^''
La TRASFORMAZIONE in jet del nostro è anche qui interessante, con il pannello del petto che si solleva e torna dietro la schiena, la testa che rientra facendo riemergere il cockpit ( fra l'altro, ci sono DUE cabine di pilotaggio, una per il jet e una sotto per il tank!! ^^'' ) da cui si estrae anche la punta effettiva del muso. Come accenato sopra, interessante è vedere le effettive ali del velivolo dispiegarsi dalle gambe che si accorciano, così le braccia che slittano verso queste.
Il problema però che rovina la seconda modalità di CACCIA DA COMBATTIMENTO, aggiungendosi al tank già non perfetto, è tutto il modulo dei cingoli ripiegati sotto i già presenti moduli delle braccia sotto le ali, che appesantiscono parecchio un jet che non risulta manco così longilineo.
E va bene che, ok, RISULTA FEDELE sia al giocattolo originale che al conseguente settei del cartone, ma ribadiamo che questo sarebbe pur sempre un Leader, quindi davvero non sono riusciti a ridigere meglio la massa dei cingoli per rendere il jet più grande e meno goffo? Un po' come hanno fatto nel Titans Return, insomma. ^^'
Sempre con la scusa della somiglianza vengono traquillamente saltati pure gli alettoni posteriori orizzontali, che nella trasposizione nel settei se ne erano dimenticati ed appariva così anche in tv, e quindi non sia mai che correggano la cosa, magari! :D
Ribadendo che sì, sarebbe perdonabile un jet un po' goffo, viste le premesse del triple changer e volendo somigliare al settei, ma sempre tenendo conto che è pur sempre un Leader da 60 euro con solo un paio di manone in più, il risultato è davvero scarso, ed a paragone si rimpiange decisamente il lavoro criticato a suo tempo su Astrotrain.
A proposito delle manone, qui per il jet diventano due ingombranti propulsoroni da mettere dietro i razzi effettivi, parecchio pacchiani così come erano le batterie del tank, quindi sorvoliamo, e parliamo dei due fucili che sotto le ali simulano i missili del giocattolo originale, almeno, mentre anche qui per la spada non c'è una posizione ufficiale o decente dove sistemarla, nascondendola giocoforza sotto al mezzo tramite uno dei fori inferiori.
Certo, c'è il carrello anteriore retrattile, anche se è praticamente piazzato a metà del jet che non sotto il muso, ed il jet è parecchio viola in proporzione, ma pare davvero tozzo e piccolo, e poco imponente insomma: a sto punto era meglio se lo facevano più grande complessivamente,scazzando un po' le scale del robot forse, ma almeno forse la massa si sarebbe ridistribuita meglio.
Infine, un bel robot con belle trasformazioni ma con alt mode con pugni sugli occhi un po' troppo in vista per la classe per cui è venduto, quasi un passo indietro rispetto al Voyager TR precedente: chi ha questo se lo tenga stretto, direi, che quest'ultimo Blitzwing ha senso solo se esposto come robot, ma è davvero svilente per un triplechanger, per nulla addolcita dalla scarsa giocabilità degli accessori aggiuntivi. Visto l'andazzo, mi tremano le gambe al pensiero della sorte che potrebbe capitare agli annunciati Springer e Sandstorm, sempre Leader e forse pure loro sprecati come questo Triplex 2.
-Bio ufficiale codice QR: https://legacy.transformers.com/code/K3CHKM
#transformers#generations#decepticon#hasbro#blitzwing#triplechanger#triplex 2#leader#legacy#evolution#distructor#review#recensione
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La tua adorazione aveva bisogno di un dio.
Se non c’era, ne trovava uno.
Comuni ragazzoni sportivi diventarono dèi –
divinizzati dalla tua infatuazione
che sembrava progettata fin dalla nascita per un dio.
Era un cerca-dio. Un trova-dio.
Papà ti aveva puntata su Dio
quando la sua morte fece scattare il grilletto.
In quel lampo
vedesti la tua vita. Il rimbalzo ti proiettò
lungo tutta la carriera di prima della classe
con la furia
di un proiettile ad alta velocità
che non può perdere una sola libbra-piede
di energia cinetica. Gli eletti
praticamente morivano all’impatto –
troppo mortali per incassare il colpo. Erano sostanza mentale,
provvisoria, speculativa, mera aura.
Eventi alla barriera del suono lungo la tua traiettoria.
Ma dentro il tuo Kleenex zuppo di singhiozzi
e i tuoi attacchi di panico il sabato sera,
sotto i capelli pettinati ora in questo ora in quel modo,
dietro quelli che sembravano rimbalzi
e la cascata di grida in diminuendo,
non deflettevi.
Eri argento massiccio rivestito d’oro
con la punta di nichel. Traiettoria perfetta
come attraverso l’etere. Persino la cicatrice della guancia,
dove sembrava che tu avessi sfregato sul cemento,
era la riga della canna
che ti manteneva dritta sull’obiettivo.
Finché il tuo vero bersaglio
non si nascose dietro di me. Il tuo Papà,
il dio con la pistola fumante. A lungo
vago come nebbia, non seppi nemmeno
di essere stato colpito,
né che mi avevi trapassato da parte a parte –
per seppellirti finalmente nel cuore del dio.
Al mio posto, il giusto medico-stregone
forse ti avrebbe afferrata al volo a mani nude,
ti avrebbe palleggiata, per raffreddarti,
senza dio, felice, pacificata.
Io riuscii solo ad afferrare
una ciocca di capelli, il tuo anello, l’orologio, la vestaglia.
Ted Hughes, Lo sparo - da Lettere di Compleanno
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Mente delirava ferita dall’eccitazione di quell’indicibile piacere, la lucerna, o per malvagia perfidia o per odiosa gelosia o perché desiderosa anch’essa di toccare è quasi di baciare un corpo così bello, fece schizzare fuori dalla punta della sua fiamma una goccia di olio sulla spalla destra del Dio.
Oh audace e temeraria lucerna, vile strumento d’amore, tu hai osato bruciare il Dio di ogni fuoco, tu che sei stata certamente inventata da un innamorato che voleva godere più a lungo, anche di notte, le dolcezze tanto desiderate!
Così il Dio, sentendosi scottare, balzò su dal letto e vide l’oltraggio è il tradimento di ogni promessa di fedeltà. Senza dire una parola volò via, sfuggendo ai baci e alle mani dell’infelicissima sposa.
Ma Psiche, mentre egli si alzava in volo, si aggrappò al piede destro del Dio con tutta la sua forza, come una miserabile appendice di quel sublime innalzamento, e continuò così a seguirli ancora per le regioni nuvolose del cielo, finché esausta so abbatté al suolo.
Il divino amante non la abbandonò così buttata per terra, ma volò su un cipresso lì vicino è profondamente commosso le parlò in questo modo:
“Proprio io, mia ingenua Psiche, proprio io disobbedendo ai comandi di mia madre Venere che ti voleva innamorata di un uomo miserabile e abbietto, condannata a sposarlo, sono volato da te e sono divenuto il tuo sposo. Ho agito con troppa leggerezza, lo so; io, il famosissimo arciere, mi sono ferito con le mie stesse armi perché tu poi mi credessi una bestia e volessi con un’arma tagliarmi la testa, quella testa che porta gli occhi innamorato di te! Eppure in ogni momento io ti mettevo in guardia contro un tale pericolo è più di una volta ti ho amorosamente avvertito! Ma quelle tue consigliere avranno il classico che si meritano per i loro malvagi insegnamenti; tu invece sarai punita soltanto con la mia fuga”.
E, dopo aver parlato in questo modo, si levò rapidamente in alto sulle ali.
#apuleio#amore e psiche#la favola di amore e psiche#Giambattista Marino#Adobe#barocco#letteratura#amore#mitologia#mitología#mito tempo
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Sento di essere come un ago magnetizzato che anziché al nord punta sempre al mare. Per un marinaio un'abilità come la mia è molto meno utile di una bussola raffazzonata fatta con un tappo di sughero che galleggia sull'acqua, non lo aiuta granché ad orientarsi nella navigazione. Neanche io in effetti so bene da che parte remare.
Eppure, durante un viaggio in pullman di dodici ore e passa, mi sono svegliata giusto in tempo perché il bestione a benzina svoltasse l'angolo e si vedesse il mare.
Il mare era lì per la prima volta da quando avevo gettato la valigia nella pancia del Flixbus. A voler essere pignoli era notte inoltrata ed il mare che indovinavo nel buio avrebbe potuto benissimo essere un tratto di campagna male illuminato, eppure io sapevo che c'era. La luce intermittente del faro ed il riflesso dei lumi delle case sull'acqua sono arrivate soltanto poi. Solo allora ho avuto la certezza di avere ragione.
Non è meraviglioso fare il bagno di notte? È meraviglioso fare il bagno in un tratto di spiaggia senza lampioni e senza le insegne luminose dei lidi, con le dune che coprono la strada ed impediscono ai fari delle auto di illuminare alcunché. Avanzi nel nero dell'acqua senza avere bene idea di dove tu stia mettendo il piede, fidandoti di una mappa del tutto immaginaria che è costruita nella testa come fosse un ricordo ancestrale. L'acqua non può farti male, non può farti male la sabbia, è una strada che non puoi sbagliare: La direzione è dentro.
Vedere il mare mi rassicura come quando infili una mano nella tasca e senza darti pena di guardare ci ritrovi gli spigoli metallici delle chiavi di casa, l'ansia di averle dimenticate e la paura di non poter rientrare spariscono. Il mare mi insegue, mi attende, tutto il tempo è una tensione che si accumula finché non mi ci bagno prima i piedi, poi la vita, poi un tuffo giù.
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