#politiche devastanti
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RUMAGNA TEN BÓTA
Qualche settimana fa un amico mi ha detto che la Romagna è la terra del sole, dell'accoglienza, del sorriso, dei servizi efficienti, della gente simpatica. Mi ha infastidito. Perché la Romagna è certamente una terra ruvida, che dalle bastonate si rialza in fretta, ma il collasso climatico esploso in questi giorni è anche il risultato di scelte politiche devastanti. Al mio amico ho detto che la Romagna è anche altro: è la terra del cemento, dei centri commerciali, dei parcheggi, delle fabbriche soffocanti, dei mega supermercati, dello sfruttamento estremo di un terreno che non trova più un modo per respirare. Dopo la siccità, le mareggiate, i terremoti, l'aumento della temperatura e pure la scomparsa di alcuni animali (chi si ricorda le lucciole?), l''alluvione di questi giorni non è più un evento eccezionale, ma quasi una catastrofe annunciata. Ora forza, maniche arrotolate e tutto si sistema, ma sono certo che arriverà il giorno in cui la natura si riprenderà veramente tutto e ancora ci sarà chi penserà a timbrare il cartellino in orario, spaccarsi la schiena per due soldi, gettare cemento fino alla cima delle montagne e, una volta senza casa, lo chiamerà ancora "maltempo". Un abbraccio alla mia meravigliosa terra che, nonostante tutto, tiene botta.
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"Rischio Escalation in Europa: Quali Città Potrebbero Essere Colpite nei Prossimi 3-4 Mesi?" ⚠️🌍
Le tensioni tra Russia e NATO, amplificate dalla guerra in Ucraina, sollevano gravi preoccupazioni riguardo all'uso potenziale di armi nucleari tattiche. La Russia ha minacciato l'Occidente, suggerendo che potrebbe ricorrere a tali misure in risposta a interventi militari, un'ipotesi considerata plausibile da esperti e leader politici, alimentando timori di una guerra nucleare in Europa. ☢️
Le preoccupazioni aumentano con le dichiarazioni del presidente serbo Aleksandar Vučić, il quale ha avvertito che ci si aspetta una "catastrofe" in Europa entro tre o quattro mesi. Altri analisti condividono questa visione inquietante, avvertendo che le attuali tensioni potrebbero sfociare in un conflitto diretto tra potenze globali. La comunità internazionale osserva con apprensione, consapevole che ogni escalation potrebbe avere conseguenze devastanti per l'Europa e il mondo.
In questo contesto, le città europee più vulnerabili emergono come punti critici. In Italia, Roma, capitale e centro politico, è un obiettivo primario. Milano, hub economico e finanziario, e Napoli, sede di basi militari strategiche, sono anch'esse a rischio. Altre città come Torino, Firenze, Catania e Palermo rappresentano punti strategici nel Mediterraneo.
A livello europeo, Berlino, Bruxelles e Parigi sono città chiave potenzialmente coinvolte in un conflitto. Londra, capitale del Regno Unito e centro finanziario globale, insieme ad Amsterdam e Varsavia, è vulnerabile per la sua vicinanza alla Russia. Anche Madrid ha un'importanza politica significativa.
In Svizzera, Zurigo si distingue come centro finanziario internazionale, mentre Berna e Ginevra ospitano istituzioni politiche cruciali. Anche se la Svizzera non fa parte dell'Unione Europea, la sua posizione geografica nel cuore del continente la espone a rischi geopolitici significativi. La situazione geopolitica attuale richiede vigilanza costante; queste città non solo sono centri politici ed economici vitali, ma anche potenziali bersagli in un conflitto internazionale
È essenziale che la comunità internazionale lavori per prevenire l'escalation delle tensioni e garantire stabilità nella regione. 🌐
✍️ Giulia A.
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Le farfalle sono in declino. Nuovi punti di ricerca sugli insetticidi. Un declino preoccupante Recenti studi mostrano un declino significativo delle popolazioni di insetti, ma identificare le cause rimane complesso. La deforestazione, il cambiamento climatico e i pesticidi sono tra i fattori in gioco. Impatto degli insetticidi sulle farfalle Uno studio recente sulle farfalle nel Midwest evidenzia l’impatto negativo degli insetticidi agricoli sulla dimensione e diversità delle popolazioni. In particolare, i neonicotinoidi hanno dimostrato danni significativi. Effetti indesiderati Gli insetticidi, sebbene efficaci nel controllo dei parassiti agricoli, hanno effetti collaterali devastanti sulle farfalle e altre specie non bersaglio, compromettendo la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi. Le politiche internazionali e nazionali L’Europa
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I livelli di anidride carbonica nella nostra atmosfera hanno raggiunto ancora una volta il massimo storico
I livelli record di anidride carbonica sono una seria minaccia per il nostro pianeta e per tutti noi. Cosa sta succedendo e cosa possiamo fare al riguardo? Record storico di CO2 a marzo Lo scorso marzo abbiamo assistito a un nuovo allarmante episodio della storia del clima della Terra: i livelli di CO2 hanno raggiunto le 426 parti per milione (ppm), segnando un aumento di 4,7 ppm rispetto all’anno precedente. Questo nuovo record rappresenta il più grande aumento registrato da quando sono iniziate le misurazioni a metà del secolo scorso. Questo notevole aumento supera tutti i record storici conosciuti, sottolineando ulteriormente la necessità urgente di intraprendere azioni decisive di fronte alla crisi climatica in cui ci troviamo. Dove è stato registrato il nuovo record? Questo luogo non è altro che la stazione di monitoraggio situata sul maestoso vulcano Mauna Loa alle Hawaii. Dal suo lancio, questa stazione è stata testimone del crescente impatto delle nostre azioni sull'ambiente dal 1958. Per quasi 6.000 anni, e prima che gli esseri umani iniziassero a rilasciare enormi volumi di anidride carbonica nell’atmosfera, i livelli di CO2 erano in un tranquillo equilibrio intorno a 280 parti per milione (ppm). Ora la situazione è ben diversa, soprattutto quando nel giugno 2023 la National Oceanic and Atmospheric Administration ha dato una notizia che ci ha fatto strabuzzare gli occhi: la concentrazione globale di CO2 aveva raggiunto le 421 ppm, segnando un aumento del 50% rispetto all’epoca preindustriale. Qual è il motivo di questo aumento? Gli scienziati hanno la risposta: le nostre emissioni incontrollate di gas serra, combinate con l’attuale fenomeno climatico El Niño, sono il principale colpevole. El Niño è un fenomeno climatico che aumenta la temperatura e provoca siccità, che stressa la vegetazione e limita la sua capacità di fotosintesi. Ciò significa che le piante riducono la loro capacità di assorbire carbonio dall’atmosfera, con un conseguente aumento netto del carbonio rilasciato nell’aria. El Niño che si è verificato tra il 2023 e il 2024 ha raggiunto il picco tra novembre e gennaio e ora si sta gradualmente indebolendo. Le previsioni indicano che esiste una probabilità del 60% circa che le condizioni di El Niño persistano fino a marzo-maggio 2024 e una probabilità del 40% circa che durante questo periodo si verifichi una transizione verso condizioni neutre. Quale futuro ci aspetta? Le implicazioni di questo aumento di CO2 sono più gravi di quanto potessimo immaginare. Si prevede infatti che questo accelererà il cambiamento climatico, innescando una valanga di eventi estremi: ondate di caldo torrido, siccità prolungate che lasciano la terra assetata, inondazioni devastanti e tempeste ferocemente distruttive. Sebbene il cambiamento climatico sia già presente, la nostra azione congiunta potrebbe prevenire mali peggiori in futuro. Tutti possiamo fare la nostra parte per affrontare questa sfida. Dal sostegno alle politiche che promuovono le energie rinnovabili all’adozione di pratiche agricole sostenibili, ogni piccola azione conta. Insieme possiamo fare la differenza e lavorare per un futuro più sostenibile per tutti. Read the full article
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Governo, stretta sul superbonus: «Stop allo sconto in fattura»
Governo, stretta sul superbonus: «Stop allo sconto in fattura». Il governo corre ai ripari sui rischi di nuovi sforamenti dei conti a causa del Superbonus e degli altri bonus fiscali ed energetici. «Norme nate in modo scriteriato e che hanno prodotto risultati devastanti per la finanza pubblica», dichiara senza giri di parole il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Il Consiglio dei ministri ha approvato, a sorpresa, un nuovo decreto sui bonus edilizi in cui scompare lo sconto in fattura, arriva la dichiarazione preventiva e vengono bloccate le compensazioni con l'agevolazione Ace (che riguarda le imprese). Il Cdm ha dato il via libera anche ai test psicoattitudinali per l'accesso alla professione dei magistrati dal 2026. Il decreto legislativo approvato in Consiglio dei ministri ha subito modifiche fino all'ultimo minuto: sarà il Consiglio superiore della magistratura a nominare i docenti universitari in materie psicologiche che - su indicazione del Consiglio universitario nazionale, organo indipendente dell'università - faranno parte della commissione giudicante. Il Cdm ha approvato anche il registro nazionale per l'affido dei minori. Fino ad oggi la legge per i ragazzi in affido prevedeva l'obbligo degli istituti di assistenza pubblici o privati e delle comunità di tipo familiare di trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica, presso il tribunale per i minorenni del luogo, l'elenco di tutti i minori collocati con l'indicazione della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica trasmetteva poi una relazione informativa, ogni sei mesi, e poteva compiere delle ispezioni negli istituti, per accertare l'eventuale stato di abbandono dei minori. Con la nuove disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento, a firma dei ministri per la Famiglia Eugenia Roccella e della Giustizia Carlo Nordio, approvate oggi dal Consiglio dei ministri, verranno istituiti al Dipartimento per le Politiche per la Famiglia un Registro e un Osservatorio nazionali ed inoltre ci sarà un registro in ogni Tribunale, sia dei minorenni sia ordinari.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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La crisi economica del 2008: un decennio di conseguenze
La crisi economica del 2008, conosciuta anche come la "Grande Recessione", ha segnato un punto di svolta nella storia economica globale. Le sue scosse si sono avvertite in tutto il mondo, lasciando un'eredità di disoccupazione, debiti e disuguaglianza che ancora oggi pesa sulle economie e sulle società. Le cause della crisi economica del 2008 Le cause della crisi sono complesse e multifattoriali. Tra i fattori principali si possono identificare: - La bolla immobiliare statunitense: Negli anni 2000, le banche americane hanno erogato mutui a tassi d'interesse bassi a persone che non avrebbero potuto ripagarli. Questi mutui "subprime" sono stati poi trasformati in complessi prodotti finanziari e venduti a investitori in tutto il mondo. - La deregulation del sistema finanziario: Le leggi che avrebbero dovuto limitare i rischi assunti dalle banche sono state allentate, permettendo loro di accumulare enormi quantità di debiti. - La mancanza di trasparenza: I prodotti finanziari derivati dai mutui subprime erano opachi e complessi, rendendo difficile per gli investitori valutare il loro rischio reale. Il crollo Nel 2007, la bolla immobiliare è scoppiata. I prezzi delle case sono crollati, i mutui subprime sono andati in sofferenza e il valore dei prodotti derivati è crollato. Le banche che avevano investito in questi prodotti hanno subito perdite ingenti, alcune fallendo. Le conseguenze La crisi ha avuto un impatto devastante sull'economia globale. La crescita è crollata, i mercati azionari hanno subito un crollo e la disoccupazione è salita alle stelle. I governi di tutto il mondo sono stati costretti a intervenire con massicci salvataggi bancari e stimoli fiscali per evitare una depressione. Un decennio dopo Sono passati più di dieci anni dalla crisi, ma le sue conseguenze si fanno ancora sentire. L'economia globale è cresciuta, ma la disoccupazione rimane alta in molti paesi. Il debito pubblico è salito a livelli record in molte economie avanzate. La disuguaglianza è aumentata, alimentando tensioni sociali e politiche. Lezioni apprese La crisi del 2008 ha insegnato diverse lezioni importanti. La deregulation del sistema finanziario può portare a rischi eccessivi e a crisi devastanti. La trasparenza dei mercati finanziari è fondamentale per la stabilità economica. I governi devono essere pronti a intervenire in caso di crisi, ma è importante che i loro interventi non creino distorsioni nel mercato. La sfida del futuro La sfida del futuro è quella di costruire un sistema economico più resiliente e sostenibile. Le riforme del sistema finanziario sono necessarie per ridurre i rischi e aumentare la trasparenza. È necessario inoltre affrontare le cause profonde della disuguaglianza e della disoccupazione. La crisi del 2008 è stata un evento traumatico, ma può essere un'occasione per costruire un futuro migliore. Foto di Gerd Altmann da Pixabay Read the full article
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12 ott 2023 20:01
“IO STO CON ISRAELE CON I SE E CON I MA. PERCHÉ NON VOGLIO CHE I SUOI SBAGLI E LA SUA CECITÀ POSSANO PORTARLO A MACCHIARE QUELLO DI BUONO CHE HA FINORA RAPPRESENTATO” - L’EX AMBASCIATORE IN IRAQ, MARCO CARNELOS: “IL MANTRA CHE HAMAS È L’AGGRESSORE E ISRAELE È L’AGGREDITO NON REGGE AL VAGLIO DELLA STORIA E CHI SI FERMA AL 7 OTTOBRE 2023, OVVERO QUASI TUTTI MEDIA E GOVERNI OCCIDENTALI, MOSTRA UN’AMNESIA ANTEROGRADA - CHI AFFERMA DI STARE “CON ISRAELE SENZA SE E SENZA MA” IGNORA IL PASSATO E LE RADICI DEL CONFLITTO E FINISCE CON IL LEGITTIMARE L’IMPUNITÀ DI ALCUNE AZIONI SBAGLIATE CHE ALCUNI GOVERNI ISRAELIANI HANNO COMPIUTO IN PASSATO E CONTINUANO A COMPIERE NELLA TOLLERANZA E IMPUNITÀ, COMPLICI, GARANTITE DAI PAESI OCCIDENTALI, STATI UNITI IN PRIMIS…”
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Dago,
per la prima volta accolgo con forte riluttanza la tua sollecitazione ad unire la mia voce al coro di quelle che da sabato 7 ottobre scorso stanno commentando i tragici eventi in Medio Oriente.
Lo faccio ammonendo che la mia sarà una lunga requisitoria poco adatta a quest’epoca contraddistinta da menti deboli, riflessi pavloviani, devastanti ipersemplificazioni, e letture brevi, anzi brevissime, e dove le emozioni hanno ormai definitivamente preso il sopravvento sulla razionalità.
Una requisitoria che è e vuole essere un vero e proprio pugno nello stomaco per destarci da una sorta di condizione catatonica dove stiamo tutti precipitando. Dal momento che me l’hai chiesta, se mi pubblicherai integralmente te ne sarò grato, l’auspicio, o forse l’illusione, è che qualcuno che fa politica ed informazione nel nostro Paese possa farne almeno tesoro.
Il motivo della mia riluttanza è dovuto al fatto che sfortunatamente (o fortunatamente, dipende dai punti di vista!) non mi trovo in Israele, sono Italia. Se fossi stato in Israele mi sarei trovato molto più libero e sereno, pur nell’estrema tragicità del momento, di esprimere la mia opinione senza correre il rischio di essere iscritto in qualche lista di proscrizione.
Aggiungo, doverosamente, che di una simile libertà non avrei potuto godere a Gaza, e non solo perché quest’ultima – di fatto – è la più grande prigione a cielo aperto presente nel nostro pianeta, ma anche perché i detenuti di questa stessa prigione non me lo avrebbero permesso.
Israele è una democrazia, con pregi e i difetti di tutte le democrazie, quest’ultimi, in verità, si sono piuttosto accentuati da diversi anni a questa parte, stanno purtroppo minando le fondamenta democratiche di Israele, che sono un’eccezione meravigliosa in una regione afflitta dall’autoritarismo.
Gaza è una prigione sotto un regime autoritario ispirato da alcuni precetti islamici e dalla distorsione di alcuni di questi a fini politici. Ma è una prigione in cui guardie (Israele) e detenuti (Hamas e chi li circonda) sono avviluppati in un gioco macabro di cui fanno le spese le rispettive popolazioni civili, in una contabilità tradizionalmente ben diversa tra loro, ma che questa volta sta riservando delle dolorosissime sorprese a quella israeliana, credo si sia ormai superata la soglia dei 1300 morti. Non ho idea di quella palestinese sepolta sotto le macerie.
La riluttanza è dovuta perché – nella migliore delle ipotesi – quello che dirò mi esporrà all’accusa di antisemitismo da una parte, e a quella di essere un sostenitore di politiche neocoloniali e di apartheid dall’altra; e questo rischio già di per sé sintetizza tutta l’assurdità della situazione per chiunque si occupi – come ho fatto per anni in una mia precedente vita – del conflitto israelo-palestinese.
Come è possibile, infatti, che una persona possa essere accusata di razzismo da coloro che lo praticano e lo subiscono allo stesso tempo, e a parti invertite? Ebbene, in Medio Oriente, e soprattutto con il pluriennale conflitto israelo-palestinese, è possibile!
Aggiungo un’altra premessa, nella mia adolescenza, negli anni 70’ del secolo scorso, quando il conflitto era già deflagrato con il terrorismo anche nelle strade europee, grazie alle esortazioni di mia madre che intratteneva rapporti di lavoro con lui, ho trascorso molti pomeriggi ad ascoltare i racconti raccapriccianti di un sopravvissuto di Mauthausen. Si chiamava Daniele Disegni e faceva il rappresentante di commercio.
Assistevo anche ad accalorate, ma all’epoca civili, discussioni tra lui ed un socio di mia madre sul conflitto israelo-palestinese, in sintesi, il sacrosanto diritto di Israele ad esistere in pace e sicurezza, e l’altrettanto sacrosanto diritto palestinese all’autodeterminazione, ovvero avere un proprio Stato sovrano ed indipendente nei territori della Cisgiordania e di Gaza con Gerusalemme Est come capitale.
Successivamente ho provato rammarico per averlo perso di vista. Da adulto sono finito a fare il diplomatico e ad occuparmi in larga parte della mia esperienza professionale anche del conflitto israelo-palestinese come Inviato Speciale e, naturalmente, la mia visione e comprensione del problema ha inevitabilmente subito dei cambiamenti che possono derivare solo dalla conoscenza dei fatti, quella vera, e dall’esperienza sul campo.
Caro Dago,
per provare a far capire meglio il dilemma in cui mi ritrovo, e soprattutto la “gabbia mentale” in cui chi in Occidente tenta di spiegare la complessità dei nostri tempi si va ad infrangere, mi avvalgo di una dichiarazione attribuita al Prof. Andrea Zhok professore di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Milano che cito testualmente:
“Il dibattito pubblico italiano (ok, diciamo pure occidentale) mi ricorda il protagonista del film "Memento" di Nolan. È costitutivamente affetto da amnesia anterograda, dunque, a ciclo continuo, quanto è accaduto ieri svanisce dalla propria memoria senza lasciare traccia. Si ritrova perciò in un eterno presente scervellato, vittima di emozioni violente, sconcerti, indignazioni, desideri di vendetta per i lutti di cui è stato vittima. Passa così da un'azione spregiudicata all'altra, travolto dal desiderio di pacificare gli sdegni da cui è travolto. Fino al giorno in cui scoprirà di essere stato già sempre lui stesso l'assassino.”
Mi rendo conto che quella di Zhok è un’espressione forte ma fotografa alla perfezione il periodo che stiamo vivendo; a differenza di Zhok, tuttavia, io non direi che l’Occidente è stato sempre l’assassino ma, più prudentemente, che lo è stato spesso. La dichiarazione di Zhok offre l’assist per introdurre alcune puntualizzazioni essenziali nell’animato dibattitto di questi giorni.
Il primo è che il conflitto israelo-palestinese non (dico non) è iniziato il 7 ottobre 2023, come quello russo-ucraino non (dico non) è iniziato il 22 febbraio 2022. Mentre per il secondo dobbiamo andare indietro almeno al 2004 per il primo dobbiamo ritornare al secolo scorso, 1967.
Il secondo è un ammonimento sul tentativo di far passare quanto sta accadendo tra Israele e Gaza come una ripetizione del mantra che ci accompagna dall’inizio del conflitto in Ucraina, ovvero c’è un aggressore ed un aggredito. Hamas è l’aggressore e Israele è l’aggredito. Ebbene questa equazione non regge al vaglio della storia e chi si ferma al 7 ottobre 2023, ovvero quasi tutti media e Governi occidentali, conferma in pieno la diagnosi circa l’amnesia anterograda evocata dal Prof. Zhok.
Il terzo punto concerne il ben più complesso tema esemplificato dal ricorrente slogan “Con Israele senza se e senza ma”. Dietro questo slogan, altamente comprensibile in un momento in cui intere famiglie di civili israeliani sono state massacrate senza pietà in quelli che non sono altro che atti efferati di terrorismo che, oltre ad essere inaccettabili finiscono anche con il danneggiare una causa legittima come quella palestinese, vi è tuttavia una rimozione; e questa, a sua volta, danneggia Israele.
Chi afferma di stare “con Israele senza se e senza ma” ignora il passato e le radici del conflitto e finisce con il legittimare l’impunità di alcune azioni sbagliate che Israele (alcuni suoi Governi beninteso) hanno compiuto in passato e continuano a compiere nella tolleranza e impunità, complici, garantite dai Paesi occidentali, Stati Uniti in primis.
Sottoporre un popolo per quasi 60 anni ad un’Occupazione vessatoria caratterizzata da umiliazioni quotidiane alle quali si aggiungono distruzioni e sottrazioni arbitrarie di terreni agricoli, confisca o demolizioni di case, posti di blocco a singhiozzo e il letale grilletto facile di alcuni soldati e coloni che resta sempre impunito, non è altro che una forma di sistematico incitamento all’odio verso generazioni di palestinesi già cresciuti in cattività.
Paradossalmente, gli ideologi fanatici di Hamas potrebbero tranquillamente smettere di fare il loro lavoro di indottrinamento all’odio verso le nuove generazioni palestinesi, il trattamento che queste subiscono e a cui assistono a Gaza e nella Cisgiordania è già più sufficiente per forgiare nuove generazioni di terroristi.
Il clima di intimidazione che regna nei Paesi occidentali verso coloro che tentano di spiegare le cause di questo conflitto ponendo l’attenzione anche sui danni causati dall’Occupazione è tale che immediatamente scatta l’ignobile accusa di antisemitismo. L’intento è quello di tacitare le ragioni profonde del conflitto perché non le si vuole affrontare, né a Gerusalemme né a Washington e nemmeno, ormai, a Bruxelles e nelle principali capitali europee.
Per risolvere un problema, occorre capirlo, approfondendone anche le cause di fondo per trovare le opportune soluzioni. Rimuoverne le cause implica l’assenza di soluzioni e/o l’adozione di soluzioni sbagliate, entrambe finiscono con il perpetuare ed esacerbare il problema…e gli animi.
Inoltre, spiegare le cause, sovente complesse, di un problema non equivale a giustificare le efferatezze di cui le parti in causa in quello stesso problema possono macchiarsi.
Nelle mie pluriennali interazioni con i miei colleghi israeliani vi è stata sempre una costante. Si lamentavano - correttamente direi - dell’infausta circostanza in cui Israele era sempre additata da anni nei consessi ONU per i crimini commessi ai danni dei Palestinesi, mentre veniva mantenuto un ipocrita silenzio verso altri ben più gravi crimini compiuti da altri Paesi.
La mia risposta è stata sempre quella che a Israele per anni all’ONU era tuttavia sempre stata concessa, e lo è tuttora, anche una sorta di impunità verso diversi crimini e violazioni delle norme internazionali di cui si era macchiata con il sistematico ricorso al veto in Consiglio di Sicurezza da parte degli Stati Uniti.
Questa impunità – sulla quale i governi e i media occidentali mantengono un silenzio assordante – provoca danni e risentimenti, suscita rancore nei Palestinesi che spesso, purtroppo, sfocia in efferatezza terroristica dovuta all’esasperazione.
Se Ursula von der Leyen denuncia giustamente come crimine di guerra la decisione russa di aver interrotto le forniture elettriche, idriche ed energetiche all’Ucraina, perché se ne resta in silenzio quando Israele fa la stessa cosa a Gaza, che peraltro non può reperirle altrove perché è sigillata a causa del blocco israeliano e dove vivono 2 milioni di persone di cui la metà minori?
Perché in ogni intervista effettuata in questi giorni a esponenti palestinesi dai grandi networks televisivi internazionali (CNN, BBC, etc.) viene chiesto loro di condannare subito le efferatezze terroristiche di Hamas ma ad esponenti israeliani non viene mai chiesto di rendere conto delle loro politiche che hanno contribuito ad incendiare nuovamente la regione e di condannarle?
Quando nel 2018 si svolsero una serie di manifestazioni pacifiche palestinesi lungo la barriera che separava Gaza da Israele, i soldati israeliani appostati dietro una serie di collinette si divertirono a cecchinare a sangue freddo i manifestanti inclusi gli operatori sanitari. Ne uccisero almeno 60, per caso qualcuno all’epoca ha visto la bandiera palestinese proiettata sulla facciata di Palazzo Berlaymont a Bruxelles o di Palazzo Chigi a Roma?
È mai possibile che la coscienza selettiva dell’Europa, così orgogliosa dei propri valori, sia scesa così in basso. È mai possibile che la politica estera dell’Unione e dei suoi principali stati membri in Medio Oriente si sia ridotta alla mera proiezione della bandiera di Israele sulle facciate dei palazzi governativi senza poi essere più in grado di proporre alcuna soluzione politica? E se dovesse trovare il coraggio di farla la sottoporrebbe comunque al vaglio preventivo degli Stati Uniti?
Caro Dago,
io sto con Israele, con i se e con i ma! È così deve essere per ammonire Israele quando sbaglia nel suo stesso interesse. Con l’impunità il paese rischia di diventare il principale nemico di sé stesso, rischia di perdere lucidità, di coltivare un eccesso di arroganza e sicurezza che può rivelarsi pericoloso, come drammaticamente testimoniato il 7 ottobre scorso.
Israele sta devastando Gaza con il dichiarato intento di demolire le infrastrutture terroristiche di Hamas. Quella che appare invece sembra una vendetta scatenata dall’orrore che ha subito. Ovvero far pagare ai Palestinesi quello che hanno fatto ed esercitare una fortissima azione deterrente affinché non si azzardino a farlo di nuovo.
Purtroppo, non è la prima volta che accade, episodi simili si sono verificati e metodi simili sono stati adottati nei conflitti di Gaza ni conflitti del 2008 e del 2014 e non sono serviti a nulla. Nel 2023, Hamas, in una striscia di Gaza sigillata, ha dimostrato una ferocia e una capacità militare addirittura superiore rispetto al passato. La deterrenza di Israele nei suoi confronti non ha funzionato. Temo che continuerà a non funzionare.
Io sto con Israele con i se e con i ma perché mi ritengo un vero amico di Israele, che lo esorta e lo critica quando sbaglia perché merita di essere criticato affinché non faccia ulteriori sbagli che finiscono con il danneggiarlo.
Io sto con Israele e gli riconosco il diritto all’esistenza in pace e sicurezza, anzi gli riconosco addirittura il diritto all’esistenza come Stato ebraico se questo può lenire il suo senso di insicurezza. Nel 2006 convinsi l’allora Presidente del Consiglio, Romano Prodi a fare una dichiarazione formale in tale senso, all’epoca fu il primo Paese occidentale a farlo.
Io sto con Israele con i se e con i ma perché non voglio che i suoi sbagli e la sua cecità possano portarlo a macchiare tutto quello di buono che ha finora rappresentato e che un branco di fanatici religiosi di estrema destra sta sistematicamente tentando distruggere nel vergognoso, omertoso, assordante, silenzio delle democrazie occidentali.
Roma, 12 Ottobre 2023
Marco Carnelos
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Clima: le nuove previsioni degli scienziati sul riscaldamento globale
Il riscaldamento globale è una delle più grandi sfide che l'umanità deve affrontare oggi. Gli scienziati sono concordi sul fatto che il pianeta sta riscaldandosi a un ritmo senza precedenti, e che questo riscaldamento è dovuto alle attività umane, come la combustione di combustibili fossili. Nel 2022, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) ha pubblicato il suo sesto rapporto di valutazione, che fornisce un aggiornamento sullo stato della conoscenza scientifica sul cambiamento climatico. Il rapporto ha rilevato che la temperatura media globale è aumentata di circa 1,1 gradi Celsius rispetto all'era preindustriale, e che questo aumento è già responsabile di una serie di cambiamenti climatici, come l'innalzamento del livello del mare, l'intensificazione degli eventi meteorologici estremi e la perdita di biodiversità. Il rapporto dell'IPCC ha anche rilevato che il riscaldamento globale continuerà a verificarsi se non si attuano misure significative per ridurre le emissioni di gas serra. Se le emissioni continueranno a crescere al ritmo attuale, la temperatura media globale potrebbe aumentare di 2,7 gradi Celsius entro la fine del secolo. Questo livello di riscaldamento avrebbe conseguenze catastrofiche per il pianeta, con conseguenze devastanti per l'ambiente e per l'umanità. Alcune delle nuove previsioni degli scienziati sul riscaldamento globale includono: Il livello del mare continuerà a salire, causando inondazioni costiere e la perdita di terre coltivabili. Gli eventi meteorologici estremi, come ondate di calore, siccità, inondazioni e tempeste, diventeranno più frequenti e intensi. I ghiacciai e le calotte polari continueranno a sciogliersi, causando un innalzamento del livello del mare e cambiamenti nel ciclo idrologico. Gli ecosistemi marini e terrestri saranno sempre più stressati, con conseguenze per la biodiversità e per la produzione alimentare. Le nuove previsioni degli scienziati sul riscaldamento globale sono allarmanti, ma non è troppo tardi per agire. È necessario ridurre drasticamente le emissioni di gas serra per limitare l'aumento della temperatura globale e le sue conseguenze. Ecco alcuni suggerimenti su come ridurre le emissioni di gas serra: Usare meno energia, ad esempio spegnendo le luci e i dispositivi elettronici quando non vengono utilizzati. Ridurre il consumo di carne, che richiede un'enorme quantità di risorse per essere prodotta. Investire in fonti di energia rinnovabili, come l'energia solare ed eolica. Sostenere le politiche che promuovono la sostenibilità. Tutti possono fare la propria parte per combattere il cambiamento climatico. Agendo ora, possiamo costruire un futuro più sostenibile per il pianeta. Foto di WikiImages Read the full article
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Zanele Muholi
https://www.unadonnalgiorno.it/zanele-muholi/
Le persone nere in Sud Africa non hanno neppure il lusso di avere delle immagini che attestino le loro conquiste, figuriamoci la possibilità di visitare musei e gallerie. Parlando di noi insegneremo che esiste ben altro al di là degli stereotipi che ci vogliono promiscui e malati di AIDS. Ho anche voluto educare quanti, nella comunità LGBTI, hanno interiorizzato stereotipi e traumi a causa di ciò che è stato detto o taciuto durante la loro crescita. Lavoro, creo con consapevolezza e responsabilità, per onorarci.
Zanele Muholi si definisce un’attivista visiva che esercita l’arte, la sua macchina fotografica è uno strumento di denuncia contro i soprusi e la marginalizzazione della comunità LGBTQIA+ nera sudafricana.
Indaga instancabilmente temi come razzismo, eurocentrismo, femminismo e politiche sessuali.
Gli scatti, sempre in bianco e nero e spesso autoritratti, ormai esposti in tutto il mondo, rappresentano un mezzo per affermare la necessità di esistere, la dignità e il rispetto a cui ogni essere umano ha diritto.
Nata a Umlazi, in Sudafrica, il 19 luglio 1972, sin da giovanissima si è sentita differente, notando che non c’erano immagini di corpi neri nei mainstream, ha avvertito la necessità di utilizzare la fotografia per sfidare l’approccio ai racconti spesso fraintesi da chi si trova al potere.
Ha seguito uncorso di fotografia al Market Photo Workshop di Johannesburg e iniziato come fotoreporter per Behind the Mask, fanzine online con cui ha documentato crimini e aggressioni contro la comunità lgbtq+, subendo anche devastanti conseguenze personali.
Ha voluto sopperire alla negazione di visibilità e rappresentazione attraverso una documentazione appropriata e testimonianze visive, in luoghi dedicati alla cultura e nei media.
Nel 2002, ha contribuito a fondare il Forum for the Empowerment of Women, organizzazione lesbica nera dedicata a fornire uno spazio sicuro dove incontrarsi e organizzarsi.
Ha conseguito un Master of Fine Arts alla Ryerson University di Toronto con una tesi sulle rappresentazioni visive del lesbismo nero nel Sud Africa post-apartheid.
Fa parte del collettivo Inkanyiso che ha prodotto un poderoso archivio LGBTI il cui motto è Produrre, educare, diffondere.
Nel 2010 ha co-diretto il documentario Difficult Love, presentato in vari festival internazionali, il suo primo approccio alla filmografia era stato quattro anni prima col corto, Enraged by a Picture.
Nel 2013 è stata nominata professoressa onoraria di cinema e fotografia presso l’Accademia di Brema, in Germania.
Negli ultimi anni è diventata una delle artiste più rappresentate. Dopo aver esposto allo Stedelijk Museum di Amsterdam (2017), al Museo de Arte Moderna di Buenos Aires (2018), alla Biennale di Venezia (2019) e al Gropius Bau di Berlino (2021), nel 2023 è toccato a Parigi, alla Maison Européenne de la Photographie e al Mudec di Milano.
Zanele Muholi è una figura unica nel mondo dell’arte contemporanea internazionale, le sue fotografie hanno innescato un’importante discussione su questioni come identità e attivismo politico che, da tempo, non si vedeva nel mondo dell’arte.
I suoi lavori documentano, fanno sorgere domande, hanno il potere di cambiare la prospettiva sul mondo, ci costringono a ripensare al concetto stesso di rappresentazione.
Racconta storie individuali e collettive andando oltre le rappresentazioni convenzionali. Dona la possibilità di auto rappresentarsi rendendo le persone protagoniste attive anche nella costruzione dell’immagine, definendo insieme location, abbigliamento e pose.
I suoi splendidi autoritratti in bianco e nero rappresentano narrazioni della segregazione della donna nera, degli stereotipi, arrivano a raccontare la sua vita personale, la storia di sua madre, i suoi amori, creando un potente corto circuito visivo.
Sono anni che si dedica a creare tantissimi ritratti per costruire il puzzle della comunità black e queer sudafricana, compresi quelli delle persone sopravvissute ai crimini d’odio.
Alla base dell’intolleranza, del razzismo e della violenza c’è l’ignoranza, alla quale si può porre un limite solo attraverso l’istruzione. Questo messaggio è per le generazioni future e per quanti avranno il desiderio di imparare. Non tutti sono liberi, le ramificazioni del colonialismo e dell’Apartheid si continuano a percepire ovunque e si manifestano sotto forma di disoccupazione, black out, inefficienza del sistema di istruzione. Se non lavoriamo per cambiare la schiavitù mentale che tiene ancora molti in ostaggio, continueremo a vedere razzismo, povertà e guerra prendere sempre più slancio. Questo lavoro va oltre me stessa, riguarda noi. Il mio è un invito a combattere in nome di coloro che non possono farlo, in patria e oltre i nostri confini.
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lavoro e politiche che mancano: La lezione di Visco e gli effetti devastanti dell'inverno demografico, articolo di Francesco Seghezzi in Domani 2 giugno 2022
letto in edizione cartacea cerca in https://www.editorialedomani.it/autore/francesco-seghezzi-wq87eypo Le forze lavoro in Italia stanno invecchiando sempre di più. È questo uno degli spunti più interessanti che emergono dalla relazione annuale della Banca d’Italia diffusa negli scorsi giorni. Complessivamente la variazione positiva del numero delle forze lavoro è determinata unicamente dalla…
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Disprezzo per la stampa, repulisti in Rai, apologia del merito: così il Governo Meloni ci porta alla regressione culturale
Oltre ai danni economici e politici che questo governo sta producendo, all’orizzonte si stagliano sempre più chiari anche quelli culturali. Con effetti devastanti (Giulio Gambino – tpi.it) – A oltre otto mesi dalla vittoria alle elezioni politiche del centrodestra con il trionfo di Fratelli d’Italia, si inizia a vedere davvero di che pasta è fatta la Giorgia-Meloni-premier. Dismesse le…
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Mattarella alla conferenza The State of the Union: "Le sfide globali richiedono l'unità dell'Ue"
“L’Unione sta affrontando di nuovo emergenze globali di portata epocale, pandemia, conseguenze drammatiche del cambiamento climatico, flussi migratori incontrollati, l’ingiustificabile aggressione della Federazione Russa all’Ucraina e le sue devastanti conseguenze umanitarie, geo-politiche ed economiche. Prove che hanno offerto e richiedono ancora unità, solidarietà e uno sforzo congiunto nel…
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Accordi per l'ambiente o prese in giro?
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Accordi per l'ambiente o prese in giro?
Paesi “ambientalisti”: il trucco c’è …e si vede
Nelle scorse settimane, gli USA sono saliti alla ribalta delle cronache ambientaliste. Prima la ratifica della COP21 mano nella mano con la Cina. Poi la sottoscrizione dell’accordo in Ruanda per la riduzione dei gas serra. Tutte iniziative che, al lettore o ascoltatore disattento, potrebbero far pensare ad un cambio di rotta delle politiche devastanti per l’ambiente che hanno caratterizzato i paesi nordamericani.
Ma se si guarda bene, ci si rende conto che niente è cambiato. Gli accordi di Parigi prevedono azioni per arginare l’innalzamento delle temperature a partire dal 2030. quelli sottoscritti in Ruanda, prevedono che gli USA scendano in campo non prima del 2019 (altri potranno farlo addirittura nel 2029, quando le misure promesse non serviranno più a molto). Ma anche se decideranno di agire per ridurre le emissioni di CO2, le politiche degli USA restano (per usare un eufemismo) poco chiare e trasparenti.
Il Clean Power Plan (CPP), che è alla base della strategia di lotta ai cambiamenti climatici avanzata dal presidente (uscente) Barack Obama, potrebbe non servire a molto. La legalità del CPP è stata contestata una coalizione di 28 Stati e decine di aziende e gruppi industriali e la vicenda è entrata nelle aule dei tribunali. Come se questo non bastasse, un folto gruppo di senatori di entrambi gli schieramenti ha avanzato la proposta bislacca (oltre che difficile da giustificare scientificamente), di escludere dal computo delle emissioni di gas serra prodotto dal Paese la CO2 emessa dalla combustione di biomasse per produrre finalizzata alla produzione di elettricità. La giustificazione addotta è che queste emissioni sarebbero riassorbite nel giro di 40 o 50 anni da nuovi alberi e nuove foreste piantate per sostituire quelle bruciate.
A promuovere questo stratagemma (che serve solo a ritardare le azioni sul rispetto degli accordi appena sottoscritti e ratificati) due senatori del Maine – Susan Collins, repubblicana, e Angus King, indipendente. Un simile stratagemma consentirebbe di ridurre “d’ufficio” le emissioni prodotte dal settore energetico e di innalzando di conseguenza il margine di emissioni consentite dagli altri settori.
Gli oppositori di questa misura sostengono che adottare questa politica ridurrebbe la spinta verso l’introduzione delle vere energie rinnovabili. Secondo le analisi del Partnership for Public Integrity basate sui dati della Public Enviromental Agency, l’Agenzia pubblica per l’ambiente, la generazione elettrica da biomassa sostituirebbe quella prodotta con il solare fotovoltaico di un 20 per cento.
I proponenti l’iniziativa non hanno pensato anche ai danni causati sulla gestione combinata del sistema idrico nazionale ed internazionale: le foreste svolgono un ruolo primario sulle riserve di acqua potabile (filtrando l’acqua, proteggendo il suolo e molto altro ancora). Disboscare tra 6 e 8 milioni di acri (cioè tra 2,43 e 3,23 milioni di ettari) di foresta potrebbe causare una accelerazione spaventosa dei danni alle riserve idriche del paese che in molti stati (come California e Colorado) già presentato criticità al limite della sopravvivenza.
C.Alessandro Mauceri
#Agenzia pubblica per l’ambiente#ambiente#Clean Power Plan#combustione biomasse#CPP#emissioni co2#Partnership for Public Integrity#politiche devastanti#Public Enviromental Agency#solare fotovoltaico
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L'Italia adotta un Piano di prevenzione contro la diffusione del Fentanyl
L'Italia adotta un Piano di prevenzione contro la diffusione del Fentanyl. «Siamo fieri che l'Italia sia una delle primissime nazioni in Europa ad adottare un piano molto articolato di prevenzione contro l'uso improprio del fentanyl e degli altri oppioidi sintetici». Lo dichiara la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il fentanyl, nota come "droga degli zombie", la cui diffusione ha provocato negli Stati Uniti una vera e propria emergenza, è un analgesico molto potente che può avere effetti devastanti su chi lo assume per scopi diversi da quelli sanitari. Sono sufficienti, infatti, appena 3 milligrammi della sostanza per uccidere una persona. «Ringrazio il Sottosegretario Mantovano, il Dipartimento Politiche Antidroga e tutti i Ministeri che hanno elaborato il Piano e che hanno predisposto azioni concrete e interventi mirati», ha concluso la premier.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Disuguaglianza nell'inquinamento: il punto nello studio di Oxfam
Un nuovo studio di Oxfam, pubblicato il 15 novembre 2023, ha rivelato una situazione allarmante sull'inquinamento nel mondo. Secondo il rapporto, l'1% più ricco della popolazione mondiale è responsabile di una quota di emissioni di CO2 pari a quella prodotta da 5 miliardi di persone, ossia due terzi dell'umanità. Il rapporto ha anche rilevato che la disuguaglianza nell'inquinamento è in aumento Disuguaglianza nell'inquinamento: cosa vuol dire? Nel 2019, il 10% più ricco della popolazione mondiale è stato responsabile della metà delle emissioni globali dovute ai consumi. Questa situazione ha un impatto negativo sulla salute e sul benessere delle persone. Le emissioni di CO2 e altri inquinanti atmosferici sono responsabili di milioni di morti premature ogni anno. L'inquinamento dell'aria è anche un importante fattore di rischio per malattie respiratorie, cardiovascolari e altri problemi di salute. Inoltre, l'inquinamento sta causando danni significativi all'ambiente. Il cambiamento climatico, causato dalle emissioni di gas serra, sta provocando eventi meteorologici estremi, innalzando il livello del mare e provocando la perdita di biodiversità. Le conseguenze dell'inquinamento L'inquinamento ha conseguenze devastanti per la salute umana. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (AIRC) ha classificato l'inquinamento atmosferico come cancerogeno per l'uomo. Si stima che l'inquinamento dell'aria sia responsabile di circa 7 milioni di morti premature ogni anno. L'inquinamento dell'aria può causare una serie di problemi di salute, tra cui: - Malattie respiratorie, come asma, bronchite e polmonite - Malattie cardiovascolari, come infarto e ictus - Cancro ai polmoni - Malattie neurodegenerative, come la demenza I bambini sono particolarmente vulnerabili agli effetti dell'inquinamento dell'aria. L'esposizione all'inquinamento dell'aria durante l'infanzia può aumentare il rischio di malattie respiratorie, problemi di sviluppo cognitivo e ritardo mentale. L'inquinamento e il cambiamento climatico L'inquinamento è anche un importante fattore che contribuisce al cambiamento climatico. Le emissioni di gas serra, come la CO2, trattengono il calore nell'atmosfera, provocando il riscaldamento globale. Il cambiamento climatico sta già avendo un impatto significativo sul pianeta. Si sta verificando un aumento della temperatura media globale, che sta causando eventi meteorologici estremi, come inondazioni, siccità e ondate di calore. Il cambiamento climatico sta anche provocando l'innalzamento del livello del mare, che minaccia le comunità costiere. Si stima che entro il 2100, il livello del mare potrebbe aumentare di 1,2 metri, a meno che non si agiscano per ridurre le emissioni di gas serra. Le soluzioni Il rapporto di Oxfam conclude che è necessario intraprendere azioni urgenti per affrontare la disuguaglianza nell'inquinamento e le sue conseguenze. Le misure necessarie includono: - Tasse e sussidi per ridurre le emissioni dei settori più inquinanti, come l'energia e i trasporti; - Investimenti in energie rinnovabili e tecnologie pulite; - Politiche per promuovere la sostenibilità e l'equità sociale. Oxfam ha lanciato un appello ai governi e alle imprese affinché adottino queste misure. L'organizzazione ha anche invitato i cittadini a chiedere ai propri governi di agire per affrontare la crisi dell'inquinamento. Un futuro più sostenibile e giusto Il rapporto di Oxfam è un'importante chiamata all'azione. È chiaro che è necessario affrontare la disuguaglianza nell'inquinamento e le sue conseguenze. Le azioni necessarie sono possibili e necessarie per costruire un futuro più sostenibile e giusto per tutti. Foto di Ralf Vetterle da Pixabay Read the full article
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Israele: l’Europa si volta dall’altra parte. Ancora Come afferma il leader kurdo Abdullah Ocalan nel suo libro Civiltà e verità, “il sistema che abbiamo di fronte si dice fondato sulla promozione dei diritti umani; in realtà non è altro che un gruppo di persone che impone guerre e sfruttamento al resto dell’umanità: una cosa inconcepibile in qualsiasi sistema vivente. E c’è di più: non soddisfatto questo sistema avvelena l’ambiente distruggendo la natura”. Affermazione che smaschera senza troppi complimenti l’estrema ipocrisia dell’Occidente, e in particolare dell’Europa, e sulla quale non si può che tristemente concordare, a meno di non volersi a nostra volta rifugiare nell’ipocrisia. Ogni giorno la realtà si incarica del resto di confermare la validità di questa diagnosi. Che si tratti di Colombia, di Turchia, di Palestina, o di numerose altre situazioni, la guerra e lo sfruttamento, violazione di diritti umani essenziali, sono il pane quotidiano della maggior parte dell’umanità, anche all’interno dei confini di quella che un tempo si chiamava la civiltà del benessere e che sempre meno pare meritare di essere definita in tal modo. Il caso della Palestina è forse ancora più emblematico di altri. Si tratta infatti della questione irrisolta che è il cuore da oramai oltre 70 anni delle tensioni permanenti che coinvolgono tutta l’area mediterranea e mediorientale. Le tremende violazioni dei diritti umani della popolazione palestinese che si consumano ogni giorno preparano il terreno a nuove guerre sempre più devastanti. Un ulteriore fattore di aggravamento è dato dal fatto che la leadership israeliana di Benjamin Netanyahu è da tempo del tutto delegittimata agli occhi del suo stesso popolo e si affanna a mantenere uno spazio di manovra che valga ad allontanare il personaggio in questione dalla galera che incombe sempre più da vicino su di lui per i noti fatti di corruzione, dando spazio alle peggiori canaglie razziste. Da ultimo le bande in questione, protette ed appoggiate in ogni modo dalla polizia e dall’esercito israeliani, hanno preso di mira Gerusalemme, coll’obiettivo di espellerne completamente la popolazione palestinese. Si tratta di una città di importanza simbolica ineguagliabile, sacra a tutte e tre le religioni monoteistiche (cristianesimo, islamismo, ebraismo), ma nella sua folle ideologia di stampo apertamente nazionalista e razzista Netanyahu non ha scrupoli nel fomentare la violenza nella speranza che in qualche modo gli giovi, mentre Israele si dirige verso il quinto appuntamento elettorale in un lasso di tempo abbastanza breve. L’attacco dei coloni si è diretto soprattutto verso il quartiere di Sheikh el Jarrah. Per giorni orde di teppisti fanatizzati e pesantemente armati lo hanno assaltato urlando “morte agli arabi” sotto gli occhi benevoli delle forze di polizia israeliana. La reazione certamente inconsulta di alcune forze palestinesi che hanno lanciato, facendo delle vittime civili, alcuni razzi da Gaza sul territorio israeliano, ha provocato gli ennesimi bombardamenti indiscriminati, una risposta che ha fatto per il momento almeno 28 vittime tra la popolazione civile. Ovviamente gli attacchi alla popolazione civile vanno condannati da qualunque parte essi provengano, ma è evidente la sproporzione fra attacchi palestinesi e reazione israeliana, così come va denunciata quella che il manifesto non esita a definire pulizia etnica, che ha costituito il casus belli e che è vietata dal diritto internazionale umanitario – consistendo in una sostituzione di popolazione da parte della potenza occupante. Nuovo materiale per il giudizio della Corte penale internazionale che continua a lavorare sui crimini commessi in Palestina, in grandissima parte di stampo israeliano. E’ del tutto evidente che l’attuale situazione ha le sue radici nell’illegittima occupazione dei territori palestinesi che Israele porta avanti ormai da oltre 55 anni. Come affermato di fronte al tribunale penale israeliano – che lo avrebbe condannato all’ergastolo – dal leader palestinese Marwan Barghouti, che si è candidato alle prossime elezioni, l’occupazione è il crimine principale da cui hanno origine tutti gli altri crimini. Per porre fine ai crimini occorre quindi porre fine all’occupazione ed opporsi in modo frontale e coerente alle politiche razziste e colonialiste di cui Israele si rende protagonista. Fra l’altro Israele e i suoi reggicoda strumentalizzano biecamente la Shoah, tacciando indegnamente di “antisemitismo” chiunque – e sempre più numerosi fra di essi gli ebrei – si indigni di fronte alle politiche disumane. Ma l’Europa che si volta dall’altra parte di fronte alle violazioni dei diritti dei Palestinesi è la stessa che permise ad Hitler, un’ottantina d’anni fa, l’effettuazione dello sterminio degli ebrei, avallato e coadiuvato dai fascisti di vario tipo, oggi in genere schierati al fianco di Netanyahu. Fabio Marcelli
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