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Come Giorgio Caproni: una poesia inedita dedicata e la sua recensione. Recensione di Alessandria today
Un omaggio al grande poeta del Novecento attraverso un componimento ispirato alla sua poetica.
Un omaggio al grande poeta del Novecento attraverso un componimento ispirato alla sua poetica. Poesia:“Ultimo treno” Nel fruscio del vento, oltre il binario,tra luci fioche e nebbie di sale,un treno sbuffa, lontano, solitario,e io lo attendo, fermo, senza timore. Ombre scivolano, voci spezzate,nell’eco d’un giorno che svanisce.Le rotaie cantano, e io raccolgoquel suono come ultimo dono. Amore…
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Perché stai piangendo ora?
Pensavo, stavo ricordando e immaginando, sentivo la tua voce dentro di me sussurrare dolcezze, senza mentire senza illusioni di alcun genere solo la verità, la vera amicizia che c'è tra noi, un'amicizia rara in cui essere liberi di dirsi davvero tutto e con i ricordi di un periodo magico di infatuazione ancora vivi nella memoria. Li sento materializzarsi come un forte abbraccio in cui lasciarmi andare, poter buttare giù le pareti che mi sono costruita attorno al cuore per non soffrire più, per non innamorarmi più. Ti sto inzuppando la maglietta immaginaria di lacrime come il primo giorno, ma sento come mi stai asciugando le lacrime dagli occhi con dolcezza, quella dolcezza che non riscontro in nessun altro o forse quella dolcezza che la mia immaginazione riconduce sempre a te. Che cos'hai tesoro? Cucciola dimmelo ti puoi fidare di me. Lo sai che ti voglio bene e che potrai sempre contare su di me piccolina, ho sempre cercato di prendermi cura del tuo dolce respiro, ho sempre desiderato vedere splendere i tuoi occhi e il tuo sorriso su quel dolce viso, baby lo sai che terrò sempre la mano stretta alla tua non ti lascerò cadere mai, te l'ho promesso una volta e quella è una promessa eterna, non sono promesse d'amore ma di due persone che si vogliono davvero bene, che hanno sempre sentito una sintonia particolare, le loro anime parlarsi eliminando la distanza, piccola quante volte ti ho preso dal braccio e ti ho rialzata quando eri a terra, tutte le cose che ti ho detto non erano bugie, erano dettate dal cuore perché tu le meriti quelle frasi, meriti amore, meriti affetto e attenzioni. Meriti di sentirti bene con te stessa, con il tuo carattere forte e fragile allo stesso tempo, con il tuo corpo che hai odiato per troppo tempo. Tesoro lo sai che siamo più forti di come saremmo stati da fidanzati, non ci amiamo in quel modo ma l'amicizia che c'è tra noi è una forma di amore dopotutto. Piccola ti ho regalato molto di più di un bacio, ti ho donato tanti piccoli momenti che avevano scaldato il tuo cuoricino freddo e spaventato, piccola abbiamo superato tante difficoltà insieme e continueremo a farlo. Ora non so perché stai pensando a tutto questo ma se queste sono lacrime non tristi bensì nostalgiche e dolci lasciale scivolare lungo le tue guance, non sono graffi sono carezze. È una poesia di ricordi che fluttua intorno a te, è una musica di corde pizzicate improvvisando una sonata, è il sottofondo delle onde del mare, è il fruscio del tuo magico vento. Tesoro la tempesta sta passando, una tempesta di pensieri non brutti ma riversati così prepotentemente su di te all'improvviso sono come grandine che pian piano diventa pioggia leggera. Il sole torna timidamente a splendere e il cuore pian piano si fa più leggero, è stato un tuffo senza paracadute, hai rischiato di farti male ma le nuvole hanno attutito la caduta, stai fluttuando ora ogni cosa si è rallentata, il tuo battito e il tuo respiro, le lacrime stanno sparendo, tranquilla stai uscendo dal buio, grigio, bianco, luce.
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#pensieri#ricordi#lacrime#nostalgia#dolcezza#rallentare#tranquilla#pensavo#amicizia#affetto#tesoro#piccolina#piangere#ricordare#attimi#importante#cuore#leggerezza#carezze#graffi#momento sfogo#sfogo personale#tu#amico#friends#immaginazione#immaginare#cucciola
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ARABOFUTURS (parte I)
Il “Gulf Futurism” è un concetto geografico-artistico elaborato nel 2012 da due belle menti della cultura araba (concetto forse un po’ troppo vasto) ovvero Sophia Al-Maria e Fatima Al-Qadini, delle quali riparleremo in conclusione. La mostra dell’Institut du Monde Arabe di Parigi (la cui chiusura è stata nuovamente posticipata visto il grande successo di pubblico), raccoglie molte delle suggestioni che stanno dietro al concetto appena esposto. Si tratta di opere, creazioni, scritti, video, installazioni e progetti elaborati da giovani artisti di paesi che principalmente gravitano attorno al Golfo Persico, ma non solo, zona che già a partire dagli anni Settanta fu sottoposta ad una modernizzazione veloce, quasi forzata, senza che ci fosse un corrispondente e conseguente sviluppo delle arti visive. Per sgomberare il campo da equivoci o false aspettative, meglio dire subito che l’immaginario fantascientifico e futuristico dei giovani artisti esposti all’IMA, non è poi così diverso da quello degli artisti e dei giovani artisti “occidentali” E’ evidente che questa cultura visiva, prodotta da giovani arabi e magrebini, é stata influenzata dal fatto che molto spesso vivono ed operano stabilmente in Europa, e in particolare in Francia. In un certo senso si tratta di una cultura visiva e di un immaginario un po’ stereotipato e che gli stilemi e le forme non sono quasi mai, né nuove, né originalissime, ma tuttavia la mostra ci permette di andare alla ricerca di giovani talenti spesso, potenzialmente, molto interessanti. Il punto però non è nemmeno questo, bensì che la mostra “Arabofuturs”, sembra voler dire al mondo che anche nei paesi musulmani, si immagina un futuro, anzi “il” futuro e lo si fa né più e né meno che nel resto del mondo con un unico importante distinguo: qui nella riesumazione del passato in mondi futuri ed immaginari, gioca un ruolo forte, il mito come elemento centrale della storia delle identità nazionali. Ma c’è anche dell’altro, infatti molti artisti si cimentano con l’immaginazione e la progettazione di un mondo post-umano, nato dopo la distruzione del nostro mondo attuale scomparso a causa della nostra indifferenza e della nostra incoscienza verso la catastrofe annunciata ed ormai reale del climate change. Gli artisti rendono plausibile una comunione con la natura e infatti la forza creatrice della natura perpetua le forme fantastiche del “vivente”: ibridazioni, nuova umanità, mondi fantastici post-umani, sono i territori di queste creazioni. Venendo agli artisti, proprio su questa vena del mondo post-umano, l’opera di Hichem Berrada, artista marocchino che vive in Francia è, come si suol dire, molto rappresentativa. Con “Terre Futureapres la plutei” del 2022, Berrada ci introduce, con approccio scientifico, che comunque coniuga tra scienza e poesia, al tema delle sorti del pianeta. L’ultima eco della presenza umana sul pianeta, sono schede madri, circuiti stampati, hard disk, lasciati in balia di essenze erbacee, muschi e licheni. Un terrario seducente e orfico allo stesso tempo, che, possiamo dire, è una installazione un po’ prevedibile, ma comunque di una certa suggestione. Ancora natura, questa volta deforme e immaginaria in “Les Hygres”, una serie di piccole forme che riproducono certe simmetrie naturali (foglie, insetti ecc.), ma il cui materiale è la plastica ormai fossile dei rifiuti urbani che ormai invadono il nostro ambiente naturale. Un’estetica dell’orrore se vogliamo, anzi una cosciente estetica dell’orrore. Un discorso molto simile vale anche per il ceramista libanese Soraya Haddad Credoz: forme in un certo senso famigliari, ma strane come certi funghi deformi che hanno subito mutazioni genetiche a causa di qualche sciagura ambientale (e la memoria di Chernobyl o di Fukushima oggi è ancora ben viva)con forme rizomatiche, che sebbene non minacciose, dànno l’idea di qualcosa che è andato storto nella biosfera. (continua)
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La Regione Marche parteciperà al Salone Internazionale del Libro 2024 a Torino.
La Regione Marche parteciperà al Salone Internazionale del Libro 2024 a Torino. La Regione Marche, Giunta e Consiglio, con la collaborazione di Fondazione Marche Cultura, partecipa anche quest'anno al Salone Internazionale del Libro di Torino, XXXVI edizione che si terrà dal 9 al 13 maggio. Quattro giorni di programmazione per promuovere la creatività degli autori marchigiani, la qualità editoriale locale e le iniziative culturali e turistiche che si svolgono sul territorio regionale. Quest'anno la principale kermesse nazionale per gli operatori del settore editoriale omaggia la 'Vita immaginaria', quella che muove la vita creativa, come scrive Natalia Ginzburg, in tutte le sue forme e a volte anticipa le vicende della vita reale. Riguarda anche l'attesa di un futuro da costruire attraverso la letteratura, il cinema, l'arte. Un tema che rimanda alla forza viva della poesia, patrimonio speciale della regione che ha dato i natali, tra i tanti, a Giacomo Leopardi, da qui il titolo proposto per lo stand: 'Marche. Il dono dell'Infinito'. Le Marche sono un territorio dove da secoli abita la poesia. La presenza di importanti poeti che sono nati o hanno vissuto e operato nel territorio è documentata e viva. Testimoniano una forza peculiare di questa terra che è pure terra di Sibille e di figure sacre che affidano alle parole la lettura degli enigmi della vita. A essa si lega anche una tradizione di presenza di festival e momenti comunitari dedicati alla poesia disseminati in tutto il territorio. Anche l'allestimento dello stand (Padiglione 3) è incentrato sulla visione poetica del paesaggio di alcuni artisti che lo hanno interpretato attraverso le loro opere da Pellini, Bartolini, Bucci, Ciarrocchi e Cantatore così come la selezione di versi di poeti legati alle Marche quali Leopardi, Scipione, Volponi, Cecco d'Ascoli, Vitali ed altri. Nello spazio dedicato alle Marche saranno presenti la tradizione, con un Mastro Cartaio di Fabriano che proporrà le fasi della lavorazione della carta, e l'innovazione con i più seguiti bookinfluencer che invitano alla lettura. E' particolarmente ricco il calendario degli appuntamenti che animeranno lo spazio regionale. Ospiterà 25 editori marchigiani che potranno esporre le proprie produzioni e presentare le novità editoriali, saranno 81 i partecipanti tra autori, case editrici, rassegne e festival, enti pubblici, associazioni per oltre 200 ospiti, circa 86 gli eventi, tra presentazioni e progetti editoriali proposti al grande pubblico del Salone. Numeri significativi che palesano la vitalità di un settore particolarmente importante del panorama culturale marchigiano. Dallo stand della Regione Marche passeranno tante pubblicazioni degli editori marchigiani che valorizzano le numerose e qualificate attività che vengono attuate sull'intero territorio. Verranno illustrati i progetti che caratterizzeranno l'anno in corso, i grandi eventi culturali e i festival in programma, le celebrazioni di personaggi illustri e i volumi della collana 'Quaderni del Consiglio', edita dall'Assemblea legislativa.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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"Lettera agli stronzi”: una poesia di Franco Arminio
Cari stronzi,
siete tanti e questo vi dà coraggio.
Girate col cartellino in tasca:
ammonire è il vostro passatempo.
Non avete faccende importanti
nella vostra vita,
date la caccia alle miserie degli altri
per dimenticare le vostre.
Io vi riconosco appena aprite la bocca,
vi sento anche quando non vi vedo,
siete registi falliti, creativi che non hanno mai creato niente, poeti
della cenere, fotografi dello sbadiglio,
militanti della purezza immaginaria.
Il vostro tempo è scaduto,
la fiamma della vostra candela
si allunga perché è alla fine.
Sta per venire il tempo dei silenziosi
dei gentili. Il rancore è un ferro vecchio,
Dio è tornato a farci compagnia,
e noi porteremo sulla punta delle dita
il suo chiarore.
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oggi, 10 marzo, a roma: presentazione della "mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea"
oggi, 10 marzo, a roma: presentazione della “mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea”
diretta streaming dell’incontro su https://www.facebook.com/librerialaltracitta _
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#Il Saggiatore#L&039;Altracittà#Laura Pugno#Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea#poesia#presentazione#Sabina Minardi#Vincenzo Ostuni
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senza poesia
come si chiama
quando guardi l'orizzonte lontano
e vorresti essere lì
con l'assoluta certezza che una volta lì
vorresti essere ancora
sulla nuova linea lontana
e poi ancora
e ancora
e fare in giro del mondo
con quel senso di vuoto
o di troppo pieno
per ritrovarsi seduti ancora
al punto di partenza
su quella linea di partenza
immaginaria come la vita
e sembra che nulla sia cambiato
e nulla cambierà
e ancora spazi troppo vuoti
e spazi troppo pieni
con quel senso di distacco
o di troppo attaccamento al niente
rumori assordanti
di pensieri silenziosi
navigano in un mare senza acqua
infinito
senza poesia.
m.c.m.
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C’è luce ponente su Aracoeli, l’ultimo romanzo della vita (e della morte, della quale ispirazione e testo sono intrisi) di Elsa Morante. Ponente, occidente, calante, nello specchio di sofferenza reale della scrittrice, e però mai fioca. Critica, certo, avveduta e più o meno distante per palato dalle atmosfere bianco e nere della immensa narratrice nelle quali l’esplosione è calor bianco e la notte pura tenebra, ne ha scritto annusandovi degrado sociale e umano, decostruzione fosca, disperazione. Romanzo fra i più sofferti e oscuri di Elsa Morante, edito da Einaudi, Aracoeli (392 pagine, ) possiede nei geni e nella fioritura, questi e quella. Però depista, in irti infiniti singulti stilistici come in piene vampate di luce lontana – tanto più remota e impalpabile, quanto più violenta e vera – nella ricerca labirintica di causa ed effetto, brace generatrice o cenere residua. Presupposto emotivo o risultato sciolto magari nel pianto, come quello che prelude al finale, del protagonista. Il degrado è ciò che si vede, ciò che è reale. Non tutto.
Un figlio, una madre
Questi, il protagonista monologante, è un uomo che ha scavalcato i quaranta, bambino insoluto; è un omosessuale in forma idolatra febbricitante incurante di sé, anzi assetato del sistematico maltrattamento e abbandono, però non incarna una novella di genere o di pienezza identitaria; è borghese (per le strade dell’Italia della contestazione e degli anni di piombo, dopo essere stato bambino negli anni del fascismo e della guerra) come spesso indulge ad autoflagellarsi, nauseato e alla propria nausea irresolubilmente incollato; è un figlio. E infine maledice la madre, unica, perduta però perenne fonte di amore. Insurrogabile e compulsivamente surrogata.
C’è molto, troppo, in questa opera che viaggia da labirinti incurvati dentro, da un periodare a tratti oscuro e sofferto, oppure spicca voli di autenticità affettiva che il fiato lo mozzano fino alla commozione, tirato e risparmiato per il prossimo, imminente, allungo di quel monologo interiore che s’inganna senza mai credere pienamente al tranello. Ai mille tranelli ai quali Kafka dava i sembianti di bivi inforcati i quali solo un punto d’arrivo è certo: il non ritorno. Che Elsa Morante amasse e conoscesse gli stretti passaggi alla luce tagliente – e possibilmente mai visibile – del genio boemo, era noto. Dagli esercizi di stile nel racconto L’uomo dagli occhiali, fino a certe estenuanti cacce d’Arianna appresso al filo spezzato della ragione e della topografia in Menzogna e sortilegio. Qui, a rendere tributo naturale, antimitica e sgorgante, è la visione del castelluccio andaluso ai piedi del quale Manuele-Manuelito, sulle piste dell’infanzia della madre due volte abbandonatrice – la prima, con la fuga dalla casa di famiglia, la seconda con la morte addenda del disfacimento del sepolcro bombardato del Verano – frena il passo già strascicato, per concludere presto che quella pietra non ha più valore ed è come un pozzo secco senza soffitto. Passa oltre, senza tuttavia riuscire a districarsi per davvero dalla lanugine di memoria falsa e trucemente emotiva che lo guida e tradisce e infine determina: nessuna storia, neppure la più vera, è reale, ma immaginaria.
L’originale narrativa del doppio
È qui che si innesta l’originale narrativa del doppio apparentata con i più grandi del secolo passato e di quello ancora prima, che rende Manuele-Manuelito sosia dostoevskijano e anacronistico di un altro Manuel, il fratello della madre andalusa morto giovanissimo nella guerra civile spagnola, combattendo Franco “dalla parte sbagliata” rispetto alle credenze e alle icone valoriali di famiglia. Rispetto al Sosia del russo, qui l’incarnazione non si concreta nella parodia cattiva e moralmente sghemba del proprio uguale, ma nello specchio bello dell’idealizzazione infantile, immutabile. Resta cenere, cartoline postume e, soprattutto, i piedi incatenati alla “parte sbagliata”: fuori della politica e della storia, nell’esistenza. Manuele, pure agli occhi dei suoi idolatrati-odiati maschi rivoluzionari che in quegli anni in Italia profetizzano la fine del capitalismo borghese, che di lui usano e fanno trascurabile pattume (salvo poi incravattarsi e smaltire gli eccessi antagonisti in formazioni moderate e dimostrare che poi cotanti maschi integerrimi non sarebbero mai potuti essere) è dalla “parte sbagliata”: è un borghese, uno stigma più che un male. Così arriva la confessione trasognata di possedere un’intelligenza e non essere in grado di usarla, la castrazione quotidiana dietro la siccità dall’altra parte di una diga che, a monte, trabocca di bisogno e capacità di affetto annegata. La tematica psicanalitica è talmente rimbombante da impallidire nel proprio verbo davanti alla sua stessa, agnostica, drammatica stesura esistenziale, che la precede e le sopravvive. E finisce essa stessa in platea, da stipite a chiave confusa dentro un mazzo d’altre cento.
Il doppio fallito, doppio anche nel sembiante, come esplicazione sana ma naufragata del passaggio dall’infanzia gelosa alla maturità consapevole: incarnazione impossibile. Encarnación si chiama la sorellina morta prematuramente, che costa all’andalusa Aracoeli, la Madre, una spossata depressione fatale. Poi sarà un cancro alla testa – ma qui Manuele non assentirà mai, asseverando sapendo di mentire la versione odiosa che gli salva la sopravvivenza ma non la vita, della bestialità materna – ne minerà e stravolgerà la condotta e le vibrazioni fino a farla diventare preda ninfomane del primo venuto prima, prostituta poi.
Non finisce nel turbine folle del monologo interiore schnitzleriano, Manuel: non usa l’intelligenza oppure, quando ciò accade, lo fa volontariamente in modo stolto. Autoinfliggendosi sonno e dolore plastico, attraverso alcol, narcotici che sostituiscono, con l’età, le piccole mutilazioni corporali: è quel che resta del doppio, la cui caratteristica fondamentale è travolgere anche l’uno quando esso, di per sé, arriva alla disintegrazione. Ed ecco, allora, aggirarsi per le strade di notte in caccia compulsiva di fugaci schiavitù sessuali o nella Sierra andalusa polverosa, l’uno frantumato, orfano della propria integrità paradisiaca, doppia. Lo zio è la stessa madre, ne ha il viso irripetibile e uguale, maschio tecnico di una femmina di acciaio lucente, come la vite dentro il dado.
Senza meta e senza metà
Si aggira senza meta e senza metà, questo Pasolini parziale privato senza qualità, che in questo caso è invece tutto se stesso: incapace di essere di più, di vedersi meglio, di fare poesia e trasudare sofferenza per provare a cambiare, se non se stesso, la realtà circostante. Ma come fare, se è immaginario tutto, pure il vero? Se nulla ha davvero valore, neppure la stessa vita? Ecco allora che l’uomo, il ragazzo di vita diventa straniero camusiano, disinteressato alla propria sorte non scorgendone neanche il più remoto orizzonte; però, a differenza di quello, sente dolore, quella fitta che scava invisibilmente la faringe, quel giorno a San Lorenzo, a trovare, per l’ultima volta il padre a propria volta azzerato, per bucare il palloncino molle del pianto dirotto. Degrado sociale, effetto e successione temporale della stessa idra, la realtà-illusione. Senza qualità… Manuelito attraverso Morante sovverte Musil e il suo “centro inesistente” della sua prammatica e filosofia narrativa. Dimostra che essere inesistenti bacia senza vergogna l’essere reali. La carne neonata vagheggiata ridiventa senza passaggi gloriosi legno di burattino pensante. Uno sberleffo alla dialettica conosciuta, al doppio rassicurato dalla rivelazione sacra o dalla realizzazione positiva: blocchi di partenza ritardata, piantati lì da sempre. Il centro fiacco è un turbine arrugginito, è l’uomo stesso che sembra sillabare Gino Paoli, e dire che lui è ancora lì, nelle sue mutande: non roccia resistente ma morena stanca. Ironia del tempo contro il tempo.
Sdoppiato smezzato straziato
La società italiana durante e subito dopo le acri lotte politiche degli anni Settanta: c’è l’Odore di Parise e la sua signora vittima del vuoto questuante e della violenza che genera, nelle nubi grevi di temporale; c’è Morante e il suo uomo sdoppiato smezzato straziato, sulla punta del parafulmine di quella scarica estrema che dà fuoco al sangue con benzine avvelenate di colpa e di elemosina, e di violenza brutale che schernisce, quasi invocata, nell’entropia mortale fra testo e contenuto delle vite, delle relazioni, delle chimiche fra vittime e carnefici. Di tale sacrificalità, Manuele-Manuelito è agglutinato e catalizzatore: a Girard non sarebbe sfuggito neppure uno di quelli che egli chiamò “segni vittimari” che recano all’accerchiamento, reale in antropologia ma qui immaginato e dunque non meno reale, e al sacrificio. Figlio della colpa sanata poi legittimo figlio di uno stimato e poi rovinato comandante della regia Marina; miope, inadatto a giudicare il proprio specchio frantumato dal proprio meaculpa interiore e dal bisogno di amore e, all’infinito, di madre. O forse di padre, come rivelano le righe finali. Si cerca il superfluo quando manca il necessario. Soprattutto, lui è “borghese”. Fuori posto.
C’è Collodi nello straziante giuoco che si fanno di lui i due vagabondi che bendano il piccolo Manuele convinto di essere davanti a un tribunale partigiano. E lo condannano, salvo poi lasciarlo senza colpa e senza espiazione. Senza niente. Lì la nube di violenza brutale si addensa senza prorompere, il patetico trasmuta in lirico, il limbo in tela di ragno perenne dei pensieri e degli aneliti. Ma Gatto e Volpe hanno scopo, i due renitenti vagabondi no. Sono due facce del vuoto, del ponte saltato che separa, ormai d’aria vuota, il bisogno dalla possibilità di ottenere, il diritto naturale all’affetto dalla stessa vita. Alla prosa di Elsa Morante il lettore è abilitato a spaccare, da automa fascinato, il capello senza sforzo, è anzi quel capello che da sé si apre in mille significati e riempie l’intelletto e l’animo di un’immensità letteraria che è ogni volta bocciolo. Disperazione senza fine. Da leggersi, con l’ironia dell’intelligenza morantiana: la disperazione è dipinta, la fine mai. Fosca, abbacinante: c’è Morante.
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𝐟𝐮𝐥𝐦𝐢𝐧𝐞 𝐚 𝐜𝐢𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐫𝐞𝐧𝐨
“Sono così colma d’amore stasera, che potrei accogliere ogni scintilla del cosmo, farla mia e trasformarla in fiamme. Il suo sguardo mi brucia ancora addosso alimentando un incendio immenso da far invidia alle stelle.” Così scrissi quella sera: volevo dimostrarla questa superiorità, per una volta. Il letto era diventato troppo stretto, avevo bisogno di uscire e districare le ali.
Uscii, attraversai il campo e mi distesi al confine con il boschetto dietro la casa. Chiusi gli occhi, cercando di sentire il suo cosmo, la sua potenza, la sua presenza. I grilli mi fecero rumorosa compagnia durante questa mia prima meditazione; il vento s’insinuava cauto ma deciso tra le balze del mio vestito rosso, ardente.
Le gambe mi tremavano, sopraffatte dall’impetuosità dei miei sentimenti e inconsapevoli delle sorridenti sciagure.
All’improvviso, un battito, un accordo: sentivo il calore avvicinarsi, come una meravigliosa fantasia partorisce la mia insana follia. Aprii gli occhi e mi alzai sulle braccia: lo avevo avvertito e ora potevo vederlo, quella lucente creatura avvicinarsi con passo morbido e silenzioso, non curante delle fiamme. Guardandolo più da vicino, non assomigliava a nulla che la mia mente avesse mai concepito: superava ogni umana soglia immaginaria di piacere e virtù, ogni prematura immagine di perfezione angelica e fanciullesca fragilità. Le sue cosce dorate, slanciate sorreggevano un petto indurito, scalfito e sempre rimarginato, che aveva molte cose da raccontare. Le sue dita delicate accompagnavano la danza di un sottile foglio di carta, stretto per non farlo catturare dal vento.
Quel vento che tanto ammaestrava i suoi capelli ribelli, lunghi e corvini come la pece, dovette piegare il capo nel confronto con due pupille penetranti, fari vividi perfino nella nebbia più fitta, due pure ardenti scintille, calamite fatali avviluppate al nostro dio Amore. Era nostro già?
Assorta nella contemplazione spirituale di quei movimenti, fui destata da un tenero contatto di polpastrelli sulle mie gote dionisiache, pungente quanto piacevole.
Non poteva la mia timidezza reggere l’abbaglio di tale potenza, abbassai inesorabilmente lo sguardo, in cerca del più insignificante filo d’erba che potesse salvarmi da soccombenza certa.
un dolce semicerchio venne disegnato sulle mie guance avvampate, sollevandomi con delicatezza il mento e obbligandomi ad affrontare la mia Medusa: ancora oggi, sigillata nella custodia del ricordo, rimane la pietrificazione più edenica della (mia) Storia.
“Voglio condividere con te tutte le stelle del cielo, fondere le costellazioni, diventare uno l’equilibrio dell’altra” – si accovacciò davanti al mio viso, il suo sguardo direttamente tuffato senza sforzo alcuno nella mia anima – “ti ho scritto una poesia, la vuoi leggere?”
- ‧₊˚✩ martina ✩‧₊˚
#poesia#lingua italiana#original#poetry#poesie#poetrylovers#poets on tumblr#poeti su tumblr#poetizzando#scrivere
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RETROSPETTIVA di MAURO MOLINARI “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Comunicato stampa
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
RETROSPETTIVA di MAURO MOLINARI
“TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007
a cura di Sandro Bongiani
Preview: 4 dicembre 2020
dal 5 dicembre 2020 al 14 marzo 2021
L’evento partecipa alla giornata del contemporaneo
promossa da AMACI
Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani
#GiornataDelContemporaneo
S’inaugura sabato 5 dicembre 2020, alle ore 18.00, la mostra Retrospettiva “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, che cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.
Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.
A partire dagli anni 90, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete.
Sandro Bongiani nella presentazione in catalogo scrive: “Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione.
Libri teatro di carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà tutta contemporanea.
Una lunga e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità e soprattutto essenza concreta di assoluto”.
BIOGRAFIA
Mauro Molinari Nato a Roma, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle geometrie modulari del ventennio successivo. Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S. Giannattasio. Nel 1975 le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Dal 1974 all’81 partecipa alle rassegne internazionali sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla galleria Il Grifo di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma, pres. M. Lunetta e C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di Cleveland. Nel 1987 personale alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica alla rielaborazione pittorica dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la collana di Orditi & Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante promossa dalla Tessitura di Rovezzano e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998 personale allo Spazio de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al 2014 partecipa ai Rencontres Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna internazionale Miniartextil che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes sculture dipinte ispirate ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione del Giubileo. Nel 2001 personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di Como, pres. M. De Stasio. Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002 personale al Museo S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003 sala personale al Musèe de l’Impression sur Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como, pres. L. Caramel. Nel 2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di Montrouge, pres. L. Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala personale al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti di Roma, pres. C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale Internazionale di Tournai, e personale alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo pittorico dove è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo percorso creativo. Nel 2009 personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010 personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Dal 2011 al 2016 e 2019 partecipa al Festival del Libro d’Artista di Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2012 e 2015 Galleria Gallerati Roma primo e secondo progetto mixed media. Nel 2013 due personali alla galleria Baccina Techne di Roma, pres. G. Evangelista e personale allo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno, pres. G. Bonanno. Nel 2014 personale allo Spazio COMEL di Latina, pres. M. Cozzuto e a Roma presso il Municipio Roma III, Aula Consiliare, pres. G. Evangelista. Nel 2016 Dante e i Papi nella Divina Commedia Fondazione Pescabruzzo a cura di Giorgio Di Genova, donazione delle opere. Dal 2014 al 2019 Artisti per Nuvolari Casa Museo Sartori Castel d’Ario (MN). Nel 2017 Museo Jean Lurçat Angers Francia, donazione bozzetto originale. Personale Spazio Medina e AF CasaDesign pres. F. Farachi. Antologica 1990/2006 Museo Diocesano e Sala Angelucci Velletri, pres. Sara Bruno e Claudia Zaccagnini, donazione di sei sculture. Nel 2018 donazione di un’opera al costituendo museo di arte contemporanea SAmac di Benevento, Antologica 2007/2017 Tibaldi Arte Contemporanea Roma a cura di Carlo Fabrizio Carli. Nel 2019 il Museo Comunale di Praia a Mare ha acquisito l’opera “White and Brown. Nel 2020 Retrospettiva “Textures - Racconti e trame per un immaginario gentile” , Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007 - Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno a cura di Sandro Bongiani
Studio: Interno 5, via Paolina 25, 00049 Velletri (RM) Italia, info: cell. 328 6947561 www.facebook.com/mauro.molinari.73 e-mail: [email protected] web: www.mauromolinari.it sito web storico: www.caldarelli.it/molinari.htm
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY - SALERNO
COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM
http://www.collezionebongianiartmuseum.it
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=14
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=89
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26 ott 2020 19:41
LUCHERINISSIMO! ''CLAUDIA CARDINALE UN PO' MALMENATA (SI DICEVA) DA PASQUALE SQUITIERI LA CHIAMAVAMO 'BELLA DI BOTTE'. I DUE DE LAURENTIIS: MOMENTI DI BORIA. GIULIANA DE SIO: LA MELATO IMMAGINARIA. ELEONORA GIORGI: BIONDA FRÉGALO. SERENA GRANDI: SOTTO IL VESTITO GENTE'' - RICORDI E SUCCESSI DEL PRIMO PRESS AGENT ITALIANO: LA PARRUCCA A FUOCO DELLA MILO, LA GUERRITORE CON LA TELECAMERA IN POSTI PROIBITI. E LO SPETTACOLO TEATRALE CHE ORA DOVRÀ RIMANDARE…
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Rodolfo di Giammarco per “la Repubblica - Edizione Roma”
«Tutti i palcoscenici, i set e le opportunità della mia vita hanno a che fare con Roma. Dopo due anni di Medicina all' università per far contento mio padre, a piazzale della Croce Rossa incontro ragazze e ragazzi che m' invogliano a fare un provino all' Accademia Nazionale d' Arte Drammatica, entro, e studio recitazione» ricorda parlando a raffica Enrico Lucherini.
«E quando lì il maestro Orazio Costa mi dice di fare "Edipo Re", e qualcuno commenta 'Ecco Edipo ai Parioli', capisco che sono un cane, me ne vado, ma una collega, Rossella Falk, mi convince a lavorare con la Compagnia dei Giovani insieme a Romolo Valli e Giorgio De Lullo, e giriamo l' Italia, andiamo in tournée in Sud America con sette commedie dove dico solo tre parole, e intanto assisto ai lanci dei nostri spettacoli a Montevideo, Lima, Caracas e Santiago, e quando torniamo in Italia m' invento la professione di press-agent».
Oggi Enrico Lucherini, energico 88enne, ha all' attivo, come testimoniano mostre antologiche e docufilm, la bellezza di 582 eventi da lui curati, valorizzati, resi clamorosi.
I primi spettacoli dal vivo da lei lanciati in che sale della Capitale figuravano in programma?
«Feci un' esperienza non facile all' Eliseo nel 1960 con un allestimento coraggioso di Visconti come "L' Arialda" di Testori che suscitò polemiche, censure e dissensi, con Luchino che rispose al pubblico col gesto dell' ombrello, e con Morelli-Stoppa, e Orsini, che manifestarono per protesta davanti al Quirinale. Poi al Valle nel 1965 mi sono occupato de "Il giardino dei ciliegi" sempre con regia di Visconti, ancora con Morelli-Stoppa, nel cartellone del Teatro Stabile della Città di Roma. Al contrario di allestimenti dolorosi e di routine, era un Cechov tutto fiorito e di color rosa, e ce l' ho nel cuore. Ma ricordo con uguale entusiasmo anche il battage per l'"Adelchi" di Vittorio Gassman nella tenda-circo piazzata nei pressi dell' Hotel Parco dei Principi. Che avventura nuova!».
All' inizio degli anni Sessanta lei è stato parte integrante della comunità notturna di via Veneto...
«Si andava al cinema, c' erano solo due locali importanti allora, e poi senza dircelo ci ritrovavamo tutti lì, in fazioni separate. Da Doney c' era il clan Visconti con Patroni Griffi, La Capria, Rosi. Di fronte, al Cafè de Paris, c' erano Flaiano, Fellini, Gassman e la Ferrero, De Feo, Talarico. Più su da Rosati c' erano i più seri e composti, tipo Antonioni e la Vitti, il regista Franco Indovina con Soraya, magari il Re Faruk con la cantante lirica Irma Capece Minutolo (che ribattezzammo Irma-capace-di-tutto).
Fioccavano i soprannomi.
Claudia Cardinale un po' malmenata (si diceva) da Pasquale Squitieri: Bella di botte. I due De Laurentiis: Momenti di Boria. Giuliana De Sio: la Melato immaginaria. Eleonora Giorgi: Bionda frégalo. Serena Grandi: Sotto il vestito gente. L' agente Carol Levi: L' onore dei prezzi...».
Intanto lei sfornava dovunque promozioni clamorose e s' era alleato con bravi paparazzi...
«Operavo anche in società. Dopo gli incarichi ricevuti per "La notte brava", "La ciociara" e "Il Gattopardo" chiesi aiuto a Matteo Spinola. Ed ebbi una fortuna sfacciata, che un po' m' andavo a cercare. Tra le prime cose che mi aiutarono a far rumore ci fu la richiesta dello sceneggiatore Gualtiero Jacopetti di dargli una mano per promuovere il film " Il mondo di notte" a base di spogliarelli: coinvolsi una regina dello strip- tease, Dodo D' Hambourg, la introdussi nell' inaugurazione di sei vetrine del sarto Emilio Schuberth a via Condotti, le chiesi di mostrarsi completamente nuda buttando via di colpo la pelliccia di zibellino, e ottenni che i fotografi urlassero, e che Schuberth ci cacciò furente dal suo atelier. Ma il giorno dopo eravamo su tutti i giornali».
Lei in quest' ambiente vanitoso, interessato, e pronto a qualsiasi colpo di scena, ha mai avuto amicizie serie, legami umani?
«Ho voluto bene a Luchino Visconti, Peppino Patroni Griffi, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni».
Può confessare una sua gaffe, un suo pauroso incidente professionale?
«Un giorno mi telefona Antonioni, mi prega di andare da lui alla Collina Fleming. Trovo in casa Monica Vitti, piuttosto cambiata da come l' avevo conosciuta in Accademia. Lui ha in mano la sceneggiatura di "Deserto rosso". Lei tocca la coda d' un pianoforte e dice 'Michele, viene, mi parla', a me lì per lì sfugge un 'Che dice?', e tutti e due mi guardano come se avessi rotto la poesia. Penso d' averla fatta grossa, ci salutiamo, vado via, e poi però vengo incaricato del film, e in seguito ho assistito Monica per i suoi film comici».
Tra circostanze a rischio e geniali trovate innocue, quali momenti del suo mestiere l' hanno divertita di più?
«Nella bolgia per la ballerina attrice turca Aiché Nana spogliatasi al Rugantino io c' ero, e il fotoreporter Secchiaroli mise in tasca a me i rullini quando fu perquisito dalla polizia, e l' ultima pagina dell' Espresso uscì inondata da quelle immagini. Con un' ambulanza salvai Agostina Belli che stava morendo in cella in un film agli Studios sulla Tiburtina. Calcolai bene come lanciare Sandra Milo sul set di "Vanina Vanini" facendole andare a fuoco la parrucca che io, Rossellini e Terzieff le strappammo un po' a fatica. In una conferenza organizzai un feroce litigio tra Monica Guerritore e un produttore accusato di aver messo una cinepresa non autorizzata che la riprendeva in certi punti chiave del corpo: un bluff.
Terrorizzai la Cardinale facendole accarezzare un ghepardo per il film "Il Gattopardo". Ma mi vanto d' aver fatto accettare a Sofia Loren la foto-manifesto disperata e violenta per "La ciociara". Mi piacque sorprendere i giornalisti a casa mia facendo loro scoprire dietro una porta Pieraccioni che leggeva un brano de "I laureati", o portare la stampa dietro le quinte del debutto di "D' amore si muore" di Patroni Griffi per svelare che il rumore del mare si doveva al rullio di sfere dentro un tamburo. Adesso a dare il buon esempio ci pensa il mio socio Gianluca Pignatelli».
Quando non deve sostenere un' impresa artistica, che Roma cerca e riconosce sua?
«Mio padre mi cacciò di casa e mi comprò un ufficio ai Parioli, in una traversa di Viale Parioli. Fuori dal lavoro andavo al Bar della Pace, ma ordinariamente vado con giornali e riviste al bar Cigno. Se capita, sono uno spettatore teatrale. Dopo le direttive di ieri, aspetterò che le sale riaprano. Io la stavo per far grossa: il 6 novembre avrei inaugurato, da attore, la stagione dell' Off/Off, con "C' era questo, c' era quello", raccontando memorie di tanto lavoro, accanto a un amico ingegnere, Nunzio Bertolami».
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Sotto le stelle del silenzio - Una poesia immaginata in tributo a Hermann Hesse. Recensione di Alessanfdria today
Un omaggio ad Hermann Hesse, il poeta dell’anima e della ricerca interiore, Premio Nobel per la Letteratura nel 1946.
Un omaggio ad Hermann Hesse, il poeta dell’anima e della ricerca interiore, Premio Nobel per la Letteratura nel 1946. Poesia: Sotto le stelle del silenzio Cammino solo, sotto le stelle del silenzio,dove l’eterno sussurra ai cuori attenti.Ogni passo è un frammento d’infinito,un segreto che il vento porta lontano. Le montagne mi guardano, mute,come custodi di una verità antica,mentre il ruscello…
#Alessandria today#Alessandria today tributo#armonia con la natura#connessione con l’universo#Google News#Hermann Hesse#Hermann Hesse biografia#Hermann Hesse opere#Hermann Hesse recensione#Il lupo della steppa#introspezione#italianewsmedia.com#LETTERATURA CONTEMPORANEA#letteratura mondiale#Narciso e Boccadoro#Pier Carlo Lava#Poesia#Poesia del Novecento#poesia del silenzio#poesia dell’anima#poesia e filosofia#poesia e saggezza#poesia e spiritualità#poesia evocativa#poesia immaginaria#poesia immaginaria Hesse.#poesia ispirata#poesia per Hesse#poesia simbolica#poesia sulla natura
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Ritorno ad Atlantide
Di Serafino Maria Stagno
A Medika la nostra stanza è un rettangolo bianco, con grandi finestre a guardare un vecchio muro di mattoni. Appeso in una nicchia c’è un planisfero consunto, rosicchiato dal tempo. La carta lisa, scolorita in alcuni punti, fa affiorare dagli oceani isole inesistenti. Là, in mezzo all’Atlantico, alcuni graffi arrotondati sembrano disegnare la forma di un arcipelago grandioso: osservo quella terra immaginaria, e non posso che pensare ad Atlantide, seppellita dalla acque e riemersa su quella carta.
Forse, Atlantide è sotto i nostri piedi, intorno a noi, e sopra le nostre teste. Perchè Medika è come un continente a parte, staccato dal mondo, circondato da un mare di graffiti e colori, dentro e oltre Zagabria. Per il secondo anno consecutivo siamo qui: nel 2015 abbiamo portato il nostro spettacolo Kaninchen, e quest’anno proponiamo un progetto nuovo, avventuroso e tutto da sperimentare: una live performance ambientata tra le rovine, da realizzare con la gente del luogo, attraverso un workshop di 4 giorni. Tornare ad Atlantide, dopo un anno, significa per me riscoprire il sapore selvaggio di un luogo capace di essere utero, rampa di lancio e rifugio creativo. Tornare ad Atlantide significa ritrovare divani semoventi, luci rosse, porte di metallo, fiori sui tetti, saluti latini, frasi slave, vapore di zucchine in padella e fruscio di scarpe appese al cielo. E’ come se qui si proiettasse 24 ore su 24 il film di un rave party al rallentatore, dove la musica è fatta con il suono delle idee e le bottiglie di birra contengono petali. C’è un uomo dietro l’angolo, con scarpe antiche, che suona un clarinetto aspettando la luna, e il suo nome è Josip Viskovic, ma tutti lo chiamano “Whiskey”. E c’è un gigante circense, dalla barba rossa, che usa i fari delle automobili per illuminare gli spettacoli, e il suo nome è Domagoj Šoić, ma tutti lo chiamano “Kuga”. E poi c’è una donna, con un impermeabile di pelle, che crede nel nostro modo di fare teatro e che ci ha voluti qui, e il suo nome è Irena Curik ma tutti la chiamano, semplicemente, “Irena”. In parte umani, in parte pesci, e in parte uccelli, gli abitanti di Medika ci offrono ancora una volta le chiavi del loro regno, e ci guidano alla scoperta della “Zona”. Schegge di cemento, terra e vetri infranti. Nella “Zona” di Zagabria il cielo è una promessa distesa tra i vertici di un triangolo. Davanti alla ferrovia, ecco i detriti di una fabbrica di bilance, distrutta dal vento. Di fianco un supermercato abbandonato, a pochi passi da un Mc Donald luccicante. E poco più in là un palazzo abitato dalla notte, con le finestre spalancate su un parcheggio. Il cammino per arrivare nella “Zona” è un sentiero che segue e attraversa i binari, costeggiando gli alberi secolari dell’orto botanico, mescolando le nostre ombre con i fili d’erba. Un uomo elegante attraversa la ferrovia con la sua valigetta, mentre una lucertola si infila nel buio di una ferita che taglia il muro. Camminiamo in fila indiana, spingendo un carrello da supermercato carico di bottiglie vuote, di plastica sgonfia, di impermeabili che sembrano ali ripiegate. Siamo bambini senza età e cercatori d’oro, e il nostro setaccio è un cuore che batte sul ferro.
Siamo donne e uomini, croati e italiani, slavi e latini. Occhi di nocciola ardente, di salvia marina e di cielo stropicciato. Per quattro giorni abbiamo camminato lungo quel binario, avanti e indietro, di mattina, di giorno e di notte, e per quattro giorni abbiamo vissuto abitando l’inabitabile. Portare il sogno dove restano le macerie. Portare l’azione dove il tempo è bloccato. Portare la vita dove abitano solo più echi. E portare il teatro oltre il teatro, calandolo nei luoghi dimenticati della città. Un teatro che è irruzione nel silenzio, grido e abbraccio, amore e coraggio. Perché ci vuole coraggio per decidere di lanciarci dentro un’avventura, senza conoscere prima gli altri compagni di viaggio. Perché ci vuole coraggio a ritrovarci nel ventre oscuro di un palazzo abbandonato, a correre su e giù per le scale, seguendo la luce vibrante di una candela. E perché ci vuole coraggio a danzare sui vetri che si infrangono. Eppure, senza quel coraggio, la poesia non avrebbe la potenza necessaria per vincere la forza di gravità, e gli angeli non salterebbero nell’abisso ad occhi chiusi. Sì, lo ammetto. Io penso che in quei giorni, in quegli istanti, noi tutti siamo stati molto simili agli angeli. Leggeri, quasi senza peso, e capaci di attraversare i muri del silenzio, i muri della rovina, i muri del tempo, per vivere la magia di una sfida artistica, profondamente connessa con l’idea di rinascita.
Creare una live performance corale, costruita su un percorso itinerante che tocca tre luoghi diversi, assemblando le qualità espressive di persone che non si conoscono e adattando il progetto alle innumerevoli problematiche logistiche che possono emergere in contesti estremi, è una sfida artistica ambiziosa. Ma pensare di realizzare tutto questo in soli 4 giorni, e avendo tra i partecipanti due persone alla loro prima esperienza teatrale, è qualcosa che sconfina, apparentemente, nella follia. Per riuscire in una simile impresa non vi può essere metodo, né scienza esatta, né pianificazione attendibile. E’ allora necessario essere capaci di ascoltare: noi stessi e i luoghi che incontriamo. Ed è fondamentale pensare e agire in modo plastico, senza perdere la direzione, ma di volta in volta essendo pronti a inventare percorsi alternativi, un attimo prima impensabili. Da questo punto di vista, “Angelus Novus” è una straordinaria vittoria della creatività, una dimostrazione di come sia possibile realizzare grandi imprese artistiche con un budget estremamente ridotto, ponendo il fattore umano come motore centrale di un progetto. In un’epoca come la nostra, nella quale la tecnologia è una sorta di divinità imprescindibile, e molte opere artistiche non sarebbero possibili senza apparecchiature tecnologicamente avanzate, noi abbiamo deciso di battere strade polverose. Illuminando per esempio la prima scena della performance utilizzando i fari di due automobili, o utilizzando un impianto audio auto-fabbricato, alimentato dalla presa-accendino del cruscotto, o spezzando le tenebre di un palazzo con una decina di faretti cinesi e alcune candele. Anche per queste ragioni, “Angelus Novus”, oltre che essere una performance teatrale, è innanzitutto una dichiarazione poetica. Poesia che nasce a contatto con la ruggine, e che riempie la bocca vuota delle finestre senza vetri, o le corsie desolate di un supermercato schiacciato dal fallimento. E così, poeticamente, noi abbiamo evocato gli operai, senza nome e senza volto, che lavorarono in quella fabbrica distrutta dal vento. Così siamo tornati a fare la spesa tra gli scaffali immaginari, mettendo in sacchetti senza fondo lattine di bibite bevute da altri. E così abbiamo evocato le voci, la quotidianità e i sogni di chi abitò in quel palazzo, prima che le tappezzerie si scollassero dalle pareti. C’è una donna che ancora si pettina, guardando da quella finestra. Ci sono due innamorati che ancora si baciano, dietro quelle tende invisibili. E c’è un musicista che ancora suona il suo clarinetto, mentre la notte dolce si prende i respiri di tutti, per farli evaporare alla luce dei lampioni. Il passato, forse, non è mai passato, ma continua a vivere nel presente, mentre la sua ombra disegna il futuro.
“D’ora in poi, quando passerò davanti a queste rovine, io non vedrò più le rovine, ma la magia che voi avete lasciato”. Questa frase, detta da un uomo del pubblico al termine della performance, è potentemente rivelatrice. La città in cui viviamo, ciecamente presi dalla nostra vita, può nascondere infiniti volti. Le storie che furono non cessano mai di parlare. E la vita andata lascia sempre una scia, un fluttuare di falene che continua a far vibrare l’aria della notte.
Un primo ringraziamento è per Petra Kovačić, Helvetia Tomić, Mladen Papić and Esteban Puzzuoliche hanno dato il loro corpo e la loro anima durante il workshop e la performance, accettando di danzare, di camminare, di correre e di osare, imparando a conoscersi tra i vetri rotti e la polvere, o camminando lungo i binari del treno, o sperimentandosi nello spazio protetto del workshop. Un altro ringraziamento speciale va allo staff di Subscena /AKC Medika, che ha lavorato a stretto contatto con noi, mettendoci a disposizione lo spazio per lavorare, l’attrezzatura necessaria, il sostegno tecnico-logistico e l’alloggio, sempre credendo ciecamente in questo progetto. Difficile non pensare con dolcezza a quella stanza in cui abbiamo dormito, mangiato, scritto e scaricato fotografie, avendo come panorama un vecchio muro di mattoni. Difficile non ricordare, adesso, il labirinto di corridoi dove tutto può accadere, ad ogni ora del giorno, perché Medika è un’incubatrice che genera stupore, senza soste. E per finire, in qualità di attore, vorrei ringraziare Lucia Falco, regista e direttrice artistica di questo progetto, che ci ha fornito le chiavi per vivere il magico gioco della creazione, guidandoci sulle note di un waltzer lontano. Senza la sue mani, a tenere e a guidare le redini dei cavalli, questo viaggio non sarebbe stato possibile. Senza la sua visione, quelle rovine non avrebbero mai rivisto la luce. E senza la sua capacità di infondere poesia, i nostri gesti sarebbero rimasti vuoti, e la storia che abbiamo raccontato non sarebbe mai esistita.
(Foto di Stefano Pozzuoli)
#performing art#site specific performance#Zagreb#Medika#Serafino Maria Stagno#Lucia Falco#Skaraventer#Stefano Puzzuoli
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ROBERTO BONATI E PARMA FRONTIERE ORCHESTRA: “LA FÒLA DE L’OCA” (parte I)
Il tempo è un’antica ossessione delle arti, di tutte le arti, dalla letteratura alla poesia, al teatro. Ma è nella musica che il tempo gioca davvero un ruolo fondamentale. Musica e tempo sono assai più simbiotici, almeno quando si tratta del tempo con la “t” minuscola. Quando si tratta del Tempo con la maiuscola, la questione si complica ulteriormente. Qui la letteratura ha prodotto capolavori assoluti, come ne ha prodotti il cinema. E la musica? Ci sono molti musicisti che hanno posto il tema, ma non tantissimi. Saluto quindi con grande gioia ed altrettanta curiosità, l’uscita “La Fòla de l’oca”, magnifico cd di Roberto Bonati, riflessione musicale sul Tempo, prodotto da “Parma frontiere” e al quale hanno collaborato prestigiose accademie musicali, quali quelle di Oslo, Nürnberg, Hamburg, Göteborg, Stavanger e Glasgow. Il progetto, partito nel 2018, vede finalmente la luce dopo i tempi travagliati della pandemia. Il raffinato cd (anche da un punto di vista grafico) contiene sette intensissimi brani con i testi di Sant’Agostino, Eraclito, Marco Aurelio, Walt Whitman con loro riflessioni sul Tempo. Stranamente le prima parole che si incontrano in apertura non sono di nessuno di questi autori, ma vengono dalla saggezza popolare e sono sotto forma di filastrocca, “La fòla de l’oca” appunto, un “nonsense”, degno di Edward Lear, che viene dalla tradizione orale padana e che, come ricorda lo stesso Roberto Bonati, “ha l’odore della terra” e un ritmo verbale ancestrale che, oltre che costituire le radici dell’autore, rimanda alla circolarità del Tempo. E allora, silenzio e ascoltiamo, come si ascolta in questi casi, senza distrazioni, dedichiamoci solo al suono cominciando da “Quid est ergo tempus?” come si chiede Sant’Agostino. Brano molto particolare che inizia col frinire dei grilli di una immaginaria e immaginifica notte in campagna, dove la voce di un’anziana donna recita ad un bambino la filastrocca al cui termine si materializza un ambiente sonoro rarefatto e sospeso, dal quale scaturisce la voce di Giulia Zaniboni che intona l’essenziale domanda agostiniana. Lo sviluppo musicale delle premesse è del tutto sorprendente poiché dalla pacata, ma solenne atmosfera iniziale, prende corpo un’orchestrazione leggiadra ed amabile molto in consonanza con le tematiche agostiniane e il suo cristallino argomentare. “Achanés tu aiónos” ci invita, con Marco Aurelio (nei “Pensieri”), a guardare alla “voragine” del tempo, sia quello che ci ha preceduto, sia quella che ci sta dinnanzi. (continua)
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Salone del libro: Regione Liguria protagonista a Torino con oltre 500 titoli, 37 editori, 60 presentazioni e tre grandi eventi
Salone del libro: Regione Liguria protagonista a Torino con oltre 500 titoli, 37 editori, 60 presentazioni e tre grandi eventi È attorno al tema "Liguria, un mare di libri" che Regione Liguria sarà protagonista al Salone del Libro di Torino con un ricco programma di incontri, presentazioni e dibattiti. Per la XXXVI edizione della kermesse internazionale, gli oltre 500 titoli - per lo più novità - proposti dai 37 editori liguri troveranno spazio nella "Sala Liguria" (Padiglione Oval, X53 W54) suddivisi in vari argomenti: dai classici della narrativa e della poesia fino a musica, arte, saggistica e cucina. Cinque giorni di eventi coordinati dalla Fondazione De Ferrari ETS, per un totale di 60 presentazioni all'interno di 36 panel, tra cui i tre grandi incontri dedicati a Cantautorato, Poesia e Comicità. "Questo evento sarà una ulteriore vetrina per la nostra cultura e per tutto il nostro territorio: al Salone del Libro di Torino, dove per la prima volta nella storia la Liguria partecipa come Regione ospite, porteremo un autentico borgo che farà da sfondo a tutte le nostre risorse culturali, dall'editoria al cantautorato ligure, senza trascurare ovviamente il ricordo di grandi nomi della letteratura e della poesia come Montale e Calvino – dichiara il presidente della Regione Liguria - In questa piazzetta ligure 'in trasferta' a Torino offriremo anche un assaggio dell'enogastronomia, dell'arte e dell'architettura liguri. Un evento, insomma, che si inserisce perfettamente nelle tante iniziative di promozione del nostro territorio che, come mostra il numero crescente di visitatori, stanno avendo ottimi risultati". "Abbiamo ricevuto solo pochi mesi fa l'invito a diventare Regione ospite al Salone del Libro ed è stato un onore e una gioia riempire del meglio della Liguria i cinque giorni della manifestazione – dice la coordinatrice delle Politiche culturali di Regione Liguria Jessica Nicolini – La nostra vita è piena di libri, film, musica, arte ma soprattutto autrici e autori da tutti i mondi, che ampliano la nostra vita immaginaria e ci fanno vivere mille vite. Intendiamo creare altri mondi e farli incontrare, sperando che qualcuno possa diventare reale, come reale è diventata la collaborazione messa in atto con gli editori che hanno saputo fare squadra e lavorare al meglio per un programma particolarmente vario che si rivolge a ogni tipo di pubblico. Un interesse che trova conferma per esempio con il sold-out, a diversi giorni dall'inaugurazione, dell'evento con Gino Paoli. Al Salone porteremo il meglio dell'editoria ligure insieme a tutta la sua creatività per un continuo confronto tra editori, istituzioni e cittadini, in grado di arricchirci. Perché l'editoria non solo promuove la conoscenza e l'immaginazione, ma anche la crescita economica e sociale di un territorio, in un dialogo continuo che va oltre i confini nazionali". "Genova è stata Capitale italiana del Libro portando in città autori, eventi e incontri di interesse nazionale - commenta il consigliere delegato del Comune di Genova - Poter essere rappresentati al Salone del Libro, in un progetto così ambizioso, è quindi sia il coronamento conclusivo di questo percorso, sia un nuovo inizio per il futuro della cultura a Genova. La rete editoriale che si è espressa negli ultimi mesi si è ora ampliata coinvolgendo tantissimi interlocutori da tutta la regione. Questo è sicuramente un ottimo segnale di sviluppo e siamo onorati che il Comune di Genova possa farne parte". L'ORGANIZZAZIONE DELLA "SALA LIGURIA" Si parlerà di narrativa ligure e saggistica, di arte, musica, cucina, sport e, naturalmente, delle prospettive librarie della Regione. Ci saranno il Premio Strega 2005 Maurizio Maggiani, per esempio, e l'ex pallanuotista Eraldo Pizzo, oltre al tenore internazionale Fabio Armiliato e alla direttrice di Palazzo Ducale Ilaria Bonacossa. Il pubblico potrà inoltre immergersi nelle attività della "Sala Liguria" grazie alle esibizioni di musica rinascimentale del Ponente ligure, al pop di Sandro Giacobbe e dei Trilli, fino al laboratorio per creare un libro d'artista a cura dell'Accademia Ligustica di Belle Arti. Tutti eventi che si svolgeranno nella cornice di una pittoresca piazzetta ligure sul mare, su cui si affacceranno case fatte di libri. Sulle pareti esterne sfileranno i volti di cento personaggi della storia ligure realizzati dall'artista Jean Blanchaert. Regione Liguria si presenterà al pubblico del Salone come un borgo in cui passeggiare alla scoperta di storie e luoghi in cui sarà anche possibile assaggiare, attraverso momenti di degustazione, alcuni dei più autentici prodotti come il pesto al mortaio, la focaccia e i canestrelli. "Il Salone di Torino è la più importante fiera di settore italiana, e la seconda europea - aggiunge Fabrizio De Ferrari, editore e coordinatore della Sala -. Questa partecipazione è quindi una grande opportunità, anche in termini promozionali, che l'editoria ligure ha raccolto nel migliore dei modi dando vita a un programma ricco e variegato con oltre sessanta presentazioni non-stop suddivise in più di trenta eventi tematici. Grazie alla sinergia con Regione Liguria, sarà quindi possibile consolidare questo progetto culturale". "Palazzo Ducale ha ospitato moltissime delle iniziative collegate all'anno in cui Genova è stata Capitale del Libro – sottolinea la direttrice di Fondazione per la Cultura Ilaria Bonacossa –. Alcune di queste sono ancora in corso, come le mostre su Franco Maria Ricci, il grande editore e intellettuale, creatore di libri e di immagini e 'Nostalgia', un'esposizione autoprodotta da Palazzo Ducale cui si collega l'installazione 'Orlando's Library' dell'artista Daniela Comani. Io, come neodirettrice, ho ereditato il lavoro portato avanti da Palazzo Ducale con professionalità ed entusiasmo, tra cui il ciclo di incontri degli editori liguri da cui è scaturita una collaborazione che sfocerà anche nella presenza presso lo stand organizzato da Regione Liguria in occasione del Salone del Libro. Un appuntamento prestigioso al quale sono onorata di partecipare e durante il quale parlerò non soltanto delle mostre in corso, ma anche della grande esposizione dedicata alla pittrice impressionista Berthe Morisot, che ospiteremo in autunno a Palazzo Ducale". I GRANDI EVENTI In occasione della presentazione del libro 'Cosa farò da grande' (Bompiani), Regione Liguria presenterà giovedì 9 maggio alle 18.15, nella Sala Rossa, un incontro con il padre della canzone d'autore, Gino Paoli, un musicista sorprendente e immaginifico che al Salone si racconterà a tutto tondo intervistato dal giornalista Claudio Cabona. La seconda giornata, venerdì 10 alle 18.15, sarà dedicata, nella Sala Viola, a un reading delle più belle poesie di Giorgio Caproni, Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro, Edoardo Sanguineti. Molti dei più amati, prestigiosi e innovatori poeti del Novecento sono infatti liguri. Il giorno seguente, sabato 11 maggio, alla stessa ora nella Sala Ambra, l'ultimo dei grandi incontri sarà un omaggio a 'Fantozzi. Una tragedia', per il Teatro Nazionale di Genova, con Gianni Fantoni e la regia di Davide Livermore, con l'obiettivo di celebrare Paolo Villaggio attraverso il suo personaggio più celebre, protagonista anche di 'Operazione Fantozzi' (Sagoma) di Gianni Fantoni. Salirà sul palco anche la figlia di Paolo Villaggio, Elisabetta. Le sale del Lingotto ospiteranno inoltre, venerdì 9 maggio alle 11.30, la settantesima edizione del Premio Internazionale di Poesia LericiPea Golfo dei Poeti (Sala Avorio). Con la partecipazione al Salone del Libro di Torino 2024 Regione Liguria prosegue e amplia il successo delle esperienze di Genova Capitale italiana del Libro, che ha visto 150 presentazioni in un anno, più di una ogni tre giorni, e del centenario di Italo Calvino, celebrato tra Palazzo Ducale a Genova e le Scuderie del Quirinale a Roma. Nel 2024 la programmazione editoriale ligure ha annoverato anche la prima tappa degli Stati Generali dell'Editoria. La sinergia con Torino intende arricchire l'offerta culturale di una Liguria che ha fatto delle sue parole un grande motore di crescita. Dalla nuova programmazione e nuova direzione di Palazzo Ducale, al Teatro Nazionale guidato da Davide Livermore fino al Teatro Carlo Felice diventato 'monumento nazionale'. I libri sono di tutti e per tutti: la partecipazione degli editori sintetizza al meglio l'efficacia delle politiche culturali introdotte per questo progetto mai percorso prima d'ora. Il prossimo obiettivo di Regione Liguria sarà quello di uscire dai confini nazionali per partecipare alla Buchmesse di Francoforte. I tre grandi eventi di Regione Liguria, con relativa possibilità di prenotazione, sono disponibili a questo link. A questo link, l'iscrizione al portale per poter richiedere l'accredito. Qui le istruzioni. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Sabato sera . Domenica mattina . 9 Febbraio 2020.ore 00:46 In questa notte ho pensato di scrivere una mia poesia, dedicata alla Luce, quella che ci permette di vivere, quella che ci rende possibile scattare una fotografia.... Luce. Oh Luce. Mia immaginaria realtà. Mia vera visione. Ti catturo adulandoti come dolci creauture scovate per caso a danzare tra le onde dove il loro brillare mi compiace che più non vedonè te nè loro. Jatanina.
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