#perché non ci si fa mancare niente
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Raga non è una battuta ed è gravissimo, ho appena appreso che su Rai3 a "che sarà" oggi hanno fatto outing a Mahmood e Mengoni, ma stiamo scherzando?
(fonte + video)
#sanremo#sanremo 2024#più un discorso vagamente razzistello alla fine#perché non ci si fa mancare niente
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Tanto per non farci mancare niente, ora ci mettiamo pure le malattie autoimmuni letali. Prima di tutto però voglio dire che è una condizione rara, quindi non andate subito in panico. Detto questo, spieghiamo - per come l'ho capita io - che cacchio hanno trovato. La prendo larga.
Esistono diversi meccanismi di difesa contro i patogeni, il più famoso è il sistema immunitario. Esiste anche un sistema di difesa sviluppato dalle singole cellule e quasi esclusivo della lotta contro i virus: l'interferone. Senza entrare nei dettagli dei vari tipi di interferone e di come agisca, il punto saliente è che viene stimolato dalla presenza di un doppio filamento di RNA nel citoplasma. Non è normale avere un doppio filamento di RNA nel citoplasma, generalmente è un filamento singolo che viene riconosciuto dai ribosomi e viene degradato subito dopo aver fatto da modello per la traduzione delle proteine. Molti virus - tra cui SARS-CoV-2 - nel loro ciclo vitale hanno un momento in cui producono un RNA a doppio filamento, e questo fa da trigger per la sintesi di interferone.
Come lo fa? Nella cellula esiste una famiglia di molecole chiamata RLRs che lega l'RNA estraneo (doppio filamento o singolo con alcune caratteristiche precise). Il legame di queste molecole con l'RNA estraneo scatena una cascata di segnale (una serie di reazioni chimiche) che porta alla sintesi di interferone.
Una delle RLRs è la MDA5, che è la protagonista della nostra storia. Esiste infatti una malattia rara, chiamata dermatomiosite, che è una malattia autoimmune in cui gli anticorpi del corpo se la prendono contro la MDA5. Il risultato è una malattia che può manifestarsi in diversi distretti corporei: spesso è cutanea, ma a volte può portare disturbi anche più fastidiosi come fatica e spossatezza ma senza danneggiamento dei muscoli: ecco perché si chiama anche dermatomiosite amiopatica.
Ecco, il punto è che si è scoperto che l'infezione da SARS-CoV-2 può portare, in rari casi, allo sviluppo di una malattia analoga alla dermatomiosite, ma che colpisce i polmoni e risulta essere quindi spesso fatale. L'hanno chiamata MIP-C: MDA5-autoimmunity and Interstitial Pneumonitis Contemporaneous with COVID-19 ovvero: una malattia autoimmune contro MDA5, la dermatomiosite di prima, localizzata nei polmoni e causata dalla CoViD-19.
SARS-CoV-2 stimola, con il suo RNA, MDA5, ma per qualche motivo stimola anche la creazione di anticorpi contro quella molecola. Non è una cosa nuova in generale, si chiama cross-reazione, e a volte succede di vedere che un patogeno stimola una risposta immunitaria contro di sé ma anche contro molecole simili ai suoi bersagli molecolari ma del tutto innocue, anzi utili all'organismo. È una delle cause dell'artrite reumatoide.
Perché? Nelle discussioni dell'articolo (qui il pdf) si fa riferimento al fatto che nei linfonodi l'attivazione di MDA5 può portare anche all'attivazione di alcuni tipi di linfociti, e questo può portare a reazioni autoimmuni. Dato che questi ricercatori hanno dimostrato che questa cosa è causata dall'RNA del virus, non possono escludere che sia anche un possibile - e finora sconosciuto - effetto collaterale anche dei vaccini.
Our finding incriminate MDA5 protein activation, whether linked to natural infection, or vaccination or potentially both as a trigger for MIP-C and that MDA5-mediated sensing (and mounting of an immunophenotype that is comprised of type 1 interferonopathy and antigen-specific CD8+ T cell responses; elaborated below) is a distinct trigger in MIP-C.
Staremo a vedere come si evolve la situazione. Al momento, non ci sono allarmi riguardanti la MIP-C legati alle vaccinazioni, anche perché - a logica - direi che è molto più facile trovare il virus nei linfonodi piuttosto che il vaccino inoculato per via intramuscolare.
Rimaniamo con le antenne dritte.
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“ Educare vuol dire togliere”
Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia.
Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima.
Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”.
Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare.
Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
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Non voglio riprendermelo, perche probabilmente il nostro tempo é finito e sarebbe sbagliato forzarlo a ricominciare, perché non sarebbe mai bello come la prima volta, sono qui per chiedere una cosa alla prossima che ci sarà, per favore trattalo bene, lo so che certe volte e insopportabile e esagerato, ma accettalo cosi, non cambierà mai e poi alla fine ti innamorerai anche di questo lato di lui.
Non fargli la guerra, é orgoglioso, la vincerà lui.
Ripetigli sempre quanto lo ami, a lui fa piacere e ogni tanto faglieli quei messaggi improvvisi, lui aspetta solo quelli. Ti sei andata a prendere una delle persone piu complicata sulla faccia della terra..
però fidati che se poi lo capisci, non lo lasci piú!
Impara ad ascoltarlo e a farlo stogare, molte volte ti tratterà male ma non perché c'è l'ha con te, ma perché c'è l'ha con il mondo. Si in grado di strappargli un sorriso nei momenti no, dirgli ti amo, solo di questo ha bisogno. Sembra un duro ma in realtà é fragillissimo, é un bambino e anche se sembra sicuro di se stesso fidati non lo è. È tutta una maschera per proteggersi da quello che il mondo può fargli, tu amalo, amalo tanto.
Amalo sempre e non rimproverarlo perché tanto non ti ascolterà, ha la testa dura come il marmo.
Non parlargli del suo passato, non ti dirà niente, ama il presente e se lo vive sempre a mille. Potrei scriverti milioni di cose da fare, ma concludo con una semplicissima..vivetelo fino all'ultimo e rendilo felice, vedrai che poi la mattina ti sveglierai con il cuore pieno d’amore ..io “te lo lascio” e “te lo affido", é una frase che si sente nei film ma sappi che ti prendi una grande responsabilità..devi accogliere la sua pazzia, le battute, la sua voglia di fuggire dagli impegni, i suoi ragionamenti che non hanno ne capo ne coda, i suoi messaggi acidi e freddi. Fai tutto questo e avrai lui, io te lo posso giurare, posso dirti con certezza che anche se il peso da sopportare sia a volte insostenibile, con lui avrai un modo che nessun'altro ti ha mai dato in tutta la tua vita.
Ogni volta che lui ti sorriderà senza un motivo, o riderà di una tua battuta, o ti metterà quegli occhi addosso in una conversazione, sentirai di essere in un altro universo. Combatterai e sopporterai quelle dannate lacrime pur di conquistare uno soltanto dei suoi sorrisi, ti assicuro se terrai acceso il suo sorriso niente potrà fermarvi, sarete imbattibili, indistruttibili.
Niente al mondo vi separerà, sopporta tutto di lui e sopratutto fatti rispettare, non mancare di sgridarlo quando lo merita e poi dirgli "facciamo pace" insegnagli ad amare, lasciagli qualcosa di te. lo ci ho provato, ma ho fallito, e credevo di essere diversa dalle altre e lo ero ma "... Non ero ciò che voleva lui e lui non era ciò che faceva per me" Ho sempre sopportato le critiche e sulla maggior parte delle cose avevano ragione ma amo rischiare e allora rischiai...
sei tu quella che gli farà cambiare idea, che lo farà smettere di pensare che l'amore é inutile e fa male, abbraccialo mentre camminate, confidati con lui, non tenerti dentro neanche mezza parola di quello che pensi, stringilo, bacialo, non sarà facile ma sarà meraviglioso ,e poi chissà magari un giorno vi incrocerò in qualche strada di città e sorriderò pensando che forse mi ringrazierai per averti lasciato ciò che ho sempre voluto, ma che ho perso.
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Il mio compleanno è passato da poco, e come ogni anno, mi ha lasciato addosso un senso di vuoto che non riesco a spiegare. So già che non è mai stato un giorno che ho amato, forse perché mette in evidenza tutto ciò che nella mia vita sembra mancare, tutte le persone che avrei voluto accanto e che in realtà non ci sono.
Quest’anno, come sempre, loro c’erano. Sono venuti, hanno fatto gli auguri, hanno portato qualche regalo e dei sorrisi, ma io mi sono sentita come spettatrice della mia stessa festa, un’estranea in mezzo a persone che chiamavo amici. È strano perché, in teoria, avrei dovuto sentirmi bene, felice della loro presenza. Ma la verità è che ero lì, in mezzo a loro, e mi sentivo invisibile. Guardavo i loro volti, ascoltavo le loro risate, ma niente di tutto questo mi faceva sentire speciale, non mi faceva sentire davvero importante per loro. Tutto sembrava una formalità, un rituale che abbiamo ripetuto più per abitudine che per desiderio.
E io, mentre ascoltavo gli auguri che suonavano vuoti, mi chiedevo: “Sono qui per me, o sono qui solo perché è quello che si fa?” Non riesco a togliermi di dosso la sensazione che, in fondo, per loro non faccia differenza. È come se ci fosse una distanza che si allarga ogni mese, come se fossi un volto tra tanti, una presenza che non si nota davvero. Mi hanno detto “Buon compleanno” con il sorriso, ma nessuno si è fermato a chiedermi come stavo veramente, a capire cosa ci fosse dietro quel mio sorriso forzato, quel mio sguardo perso. Nessuno si è chiesto cosa significasse per me quel giorno, quanto potesse essere difficile affrontarlo senza sentire che qualcuno ci tiene davvero. Ho guardato quegli amici, quelli che fino a qualche mese pensavo mi conoscessero davvero, e ho realizzato che per loro era solo una giornata come un’altra, un’occasione per fare gli auguri, scambiare due parole, ma nulla di più.
Forse il problema è mio, forse è la mia solita paura del vuoto che questo giorno porta con sé, come un promemoria di quello che manca. Vorrei solo che qualcuno mi guardasse negli occhi e capisse cosa provo, che qualcuno ci fosse per davvero, senza doverlo chiedere, senza bisogno di spiegare. E invece, anche quest’anno, mi sono sentita come se fossi solo di passaggio, come se questo “compleanno” fosse una scena in cui tutti recitano la propria parte, senza andare oltre. È triste, perché so che dovrei essere grata della loro presenza, so che molti direbbero che è già qualcosa, che avere amici accanto sia sufficiente. Ma come si fa a sentirsi grati, quando la loro presenza è vuota, quando il loro affetto è così superficiale, quando senti che, in fondo, a nessuno importa davvero?
Ogni anno è la stessa storia, e ogni volta che il mio compleanno finisce, mi lascio dietro una sensazione di stanchezza, di amarezza, come se un altro pezzo di fiducia si staccasse, come se diventassi un po’ più distante. Mi dico che non dovrei aspettarmi nulla, che la colpa è mia, che magari sono io che vedo il mondo con troppa intensità, con troppa vulnerabilità. Ma non riesco a ignorare la delusione che provo, quella fitta al cuore ogni volta che li guardo e mi accorgo che, per loro, sono solo un volto tra tanti.
E forse è proprio questo che fa più male: capire che, in fondo, non importa quanto io ci tenga, quanto mi sforzi di essere presente, di essere importante per loro. Per loro sono solo una presenza superficiale, qualcuno con cui condividere qualche serata, qualche risata, ma nulla di più. Anche il mio compleanno è diventato solo un’ombra di ciò che dovrebbe essere, una giornata che passa senza lasciare traccia, un momento che tutti dimenticheranno, mentre io rimango qui, a sentire ancora il peso di quella solitudine.
Avrei voluto che fosse diverso. Avrei voluto che qualcuno si accorgesse della mia fatica, che qualcuno dicesse davvero “Sono qui per te”. Ma so che per loro non è così, che per loro io sono solo una formalità, un contatto in più nella lista, una presenza che può andare e venire senza lasciare segno. E così rimango qui, con la consapevolezza amara che il mio compleanno non sarà mai il giorno in cui mi sentirò speciale, amata, importante. Forse è per questo che lo odio: perché mi mette davanti agli occhi la distanza che ci separa, la fragilità di quei legami che chiamavamo amicizia.
E così, un altro anno passa, un altro compleanno svanisce, e io rimango con questa sensazione di vuoto, con la tristezza di sapere che, anche se loro erano lì, è come se non ci fossero stati.
#quotes#pensieri#realtà#vita#tristezza#frasi vita#citazioni#citazione#nostalgia#frasi#mente solitaria#mente depresiva#cosas de la mente#persone#parole#frasi e citazioni
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Mi sono svegliata infelice. Sì, hai capito bene: infelice, mica stanca, mica stressata, mica insoddisfatta. Infelice. Sto cercando la strada per trovarti, non so quanto attivamente, ma nel dubbio alleno le mani a toccarti senza ferirti, ad afferrarti senza catturarti e a toglierti il respiro senza soffocarti. Questa mattina mi hai detto che posso farcela, che non sono mio padre e che negli occhi non ho neanche un accenno della sua ombra.
Mi sento sola. Anche se canto in macchina, anche se rido forte, anche se ho foto di qualcuno nudo sparse nei messaggi.
Mi sento sola e a te avrei potuto dirlo. Avrei dovuto dirti quanto ero sola mentre eravamo in due. Forse avrei dovuto dirti che ero ancora più sola quando eravamo in tre. Invece quando ti ho incontrato qualche sera fa sono rimasta frastornata dal fatto che parliamo della pioggia battente di un giugno insolito come se non avessimo mai condiviso lo stesso zaino molto prima che lo stesso letto.
Chissà che amore pensava di meritare. Vorrei metterlo seduto qui, davanti a me, e chiedergli se un elenco esaustivo di tutte le volte che ha sentito di meritare di più, esista davvero. Vorrei sapere se un amore migliore è stato il motivo che l’ha spinto fuori da quella porta. Chissà invece se, sentendosi vittima, non si è mai riconosciuto colpevole dei suoi tentativi falliti. Chissà se ci legano più gli occhi o questa incapacità di legarci.
Mi ferisce non essere stata la tua ancora di salvezza molto più di quanto mi dispiaccia che tu te ne vada. Mi ferisce non aver saputo tenerti in piedi quando ti sentivi scivolare, mi ferisce non aver saputo ricucire gli strappi causati da questo continuo andare, mi ferisce che tu non abbia sentito le mie mani sufficientemente salde per conservare i tuoi malumori. In realtà mi ferisce essere stata niente, quel niente gigante ci ha diviso senza che ci muovessimo da queste due stanze attigue.
Perché non mi basta? Mi manca andare a casa con te molto più di quanto possa mancarmi l’alba. Siamo già stati qui, dove niente mi scalfisce e mi riempio la bocca di frasi distratte. Con gli occhi disfatti non distinguo la pioggia dallo sporco che incrosta i vetri.
Ho paura di svegliarmi una mattina e di realizzare di essere stata lui tutto questo tempo. Mi dici “se qui non puoi amare, allora non restare”, ma io credo di non potermi amare né qui né altrove. Sono un paio di anni che macero nella convinzione che devo solo imparare a riposare quando sento l’aria mancare. A riposare, mica ad andare via. In questo momento, però, non riesco ad affermare con totale sicurezza che la mia voglia di mollare dipenda dalla stanchezza e non già da quell’infelicità che mi attanaglia. Pensa quante parole complicate ho dovuto scomodare per dirti che non so che cazzo fare. Guardo lo stesso cielo, dalla stessa finestra, con gli occhi brutti di chi cerca la fine. I problemi, quindi, sono veri o sfilano davanti ai miei occhi intenti solo a scovarli? Vorrei un bugiardino per queste quattro mura e un bicchiere di speranze per placare l’arsura di questa insoddisfazione.
Mi circonda un grande mal di testa, mi domando se la sua indifferenza è la risposta alla teoria dell’universo o se forse merito il silenzio per non aver saputo dare altro. Mi torturo le unghie pensando che forse dovrei scriverle, senza cadere nel balletto del disturbo. La sento lontana, mi sento stretta. Consumo quattro metri quadri di ufficio chiedendomi quale risposta dare ad una domanda scontata. Mi sento lontana, vorrei averla stretta.
Onnisciente, vorrei dirgli che mi hanno chiamato in modi peggiori. È quello che penso di meritare? Un paio di risposte vuote e qualche frammento di oggi è l’unica cosa che ho da offrire. Ho gli occhi stanchi e un’incapacità di amare che mi imbavaglia. Sento di non arrivare mai, di muovermi in modo frenetico, questo sì, ma di arrivare mai. Niente funziona, né dentro né fuori. Hai lasciato un mezzo disegno su una colonna bianca, mica hai lasciato me. Non è che non piaci, tu non esisti proprio. A volte mi sorride, anche quando mi giudica, mica mi ferisce.
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LA VERITA' CHE SICURAMENTE NON PIACERA' A TANTI GENITORI:
“ Educare vuol dire togliere”
Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia.
Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima.
Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”.
Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare.
Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
#paolocrepet.
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“ Educare vuol dire togliere” Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia. Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima. Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”. Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare. Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno. Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
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perché la gente muore? non ho paura della morte ma.. non ho paura della morte, ma non riesco a capire che senso ha morire. perché invece non vivere per sempre? sapere che non c'è un limite di tempo e si può stare tranquilli che si potrà sempre rimediare ai propri sbagli. se non dici ciao ad una persona e poi non la vedi più? perché dobbiamo morire.. perché dobbiamo vivere con la paura di non averlo stretto un secondo in più a te? di non aver saputo evitare quacosa. perché dobbiamo vivere la mancanza di una persona che ci è venuta a mancare. come si fa? chi è che ha scritto questo mondo così.. non è giusto. non è neanche giusto che certe persone se ne vanno e non se le ricorda nessuno.
stamattina mi sono svegliata con una telefonata. hanno chiamato mia madre. ero mezza addormentata e avevo captato qualche parola. avevo capito fosse morto qualcuno ma non pensavo un mio parente, non avevo capito niente.
mi sveglio completamente e mia madre mi fa "la zia Lina è morta". non sapevo cosa dire. la zia Lina è morta in ospizio. non ho detto nulla. mamma neanche. mi sono preparata per andare a scuola ed era come se tutto fosse come ieri. andando a scuola mi sono scordata della zia Lina.
torno a casa, tutto normale. mio fratello al telefono con un amico "no quel giorno c'è il funerale di mia zia" "manuela hai sentito della zia?" "mi dispiace" e si ristende sul divano.
mia zia non aveva nessuno. nubile, niente figli. prima di andare in ospizio viveva da sola, ma era a casa sua.. avrebbe potuto morire a casa sua e sarebbe forse stato meglio per lei. invece di stare a Trani lontano da tutti. e così ora piango per la zia che non se lo meritava mica di morire. di morire così, e manco di essere dimenticata. casa sua l'hanno venduta appena ha messo piede in quell'ospizio. non è giusto.
forse non se lo merita nessuno di morire. ma perché la gente se ne deve andare così? non poteva essere un pochino più.. boh?
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Dovrei studiare. Dovrei davvero studiare oggi. Ma la luce del sole entra dalle finestre e illumina tutta la casa. Non troppo però, il giusto.
Dovrei imparare come si deve le definizioni di monarchia assoluta e repubblica parlamentare, ma oggi sono decisamente prive di fascino per me. Vorrei esprimermi e liberarmi. Sento un certo grado di insoddisfazione come se avessi costantemente un sassolino nella scarpa e non riuscissi a toglierlo. Forse mi sento sola? Ma in compagnia di chi potrei effettivamente sentirmi condivisa?
Non riesco nemmeno a esprimere quello che provo figuriamoci spiegarlo a qualcuno.
Rosico, di base. Ipotizzo cose da fare che però in un certo qual modo, nel qui e ora, sono irrealizzabili. Vorrei camminare nei boschi, come facevo quando ero ragazza, e passare il pomeriggio seduta su un sasso a pensare, disegnare e respirare. Guardare la natura e immaginare molto forte tutto quanto. Però sono qui, in questa casa di periferia a tediarmi su come memorizzare alcune nozioni di diritto.
Vorrei dipingere su una tela per sentirmi capace di leggerezza e di spontaneità sentimentale veicolando i miei pensieri su un foglio bianco. Ironicamente, però, l'unica cosa che non ho e che non so come usare sono le tempere o i colori a olio; quindi rosico.
Vorrei, in sostanza, sentirmi leggera e non pesante. Ironico che lo stia scrivendo in questo modo perché per l'ennesima volta sono pesante. Come si fa a essere leggeri?
Questa giornata sembra proprio mancare di senso, di significato. Io mi sento senza senso o significato. Vivo questa crisi esistenziale piccola come me ma grande nella misura del mio mondo. Il mio male quotidiano è come un terremoto in una casa delle bambole. Per il mondo insistente, per le bambole un casino.
I gatti hanno lo sguardo fisso fuori dalla finestra, sul balcone, dove Nerino il randagio ormai si rifocilla periodicamente da quando ha scoperto come arrivare qui passeggiando sulle impalcature. Loro la vedono come una questione di stato e quindi devono sempre tenerlo d'occhio. Probabilmente nella loro casa delle bambole questo è un terremoto, per me invece un dettaglio di fondo nella mia.
I treni fischiano quando passano vicino a casa mia, fischiano come matti. Fanno parte dello sfondo anche loro come le voci dei vicini, i cani che abbaiano nel palazzo, la lavatrice in funzione e questa casa stessa con la luce del sole forte, ma non troppo. Ed io mi sento spettatrice immobile di tutto questo, lo sento quasi eterno ma tra qualche minuto o forse ora mi sembrerà sia stato un attimo. Il tempo è interessante se lo si analizza in attimi perché può essere eterno ma anche fugace. Somma di tutte le nostre decisioni può cambiare e stravolgersi, tutto in un niente. Batti le palpebre e tutto è successo, in un attimo, ma a te non sembra sia successo niente.
Io in un attimo penso. I miei pensieri sono radici che prendono una piega diversa ogni attimo e crescono fino a fare il giro del mondo. Io in un attimo decido cosa pensare e come. Io in un attimo cambio, seguendo il flusso di questi pensieri. Chissà cosa invece gli attimi rappresentano per gli altri.
Quando ho pensato come descrivere un attimo la mia mente è automaticamente virata a Marika, neo eletta regina dei suddetti. Ma non volevo addentrarmi in quelle che sono le decisioni prese in un attimo, e tutt' ora la reputo la scelta migliore. Ma lei per me ora è tante cose, anche un attimo nei miei pensieri e quindi fa parte anche della mia casa delle bambole.
Dammi un attimo, aspetta un attimo, faccio in un attimo. Una parola di uso così comune che ha una potenza così travolgente, come un terremoto. L'attimo è il mio fato e la mia opera. L'attimo è tutto quello che ci circonda ma noi non ci accorgiamo mai di niente.
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LA VERITA' CHE SICURAMENTE NON PIACERA' A TANTI GENITORI:
“ Educare vuol dire togliere”
Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia.
Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima.
Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”.
Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare.
Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
#paolocrepet.
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Mi sento intrappolata nel mio malessere, mi sento così stanca, mi sento così immeritevole di troppe cose, non perchè credo di non valere, ma pure se ci credo, le cose continuano a mancare.
A volte sto sul letto e mi viene solo da piangere perchè vorrei sentire una carezza, una coccola, una parola dolce per me, solo per me. Ma niente, il vuoto.. mia mamma si siede a volte accanto a me quando mi vede in quel modo e (senza malizia lo so) mi dice “ti prego smettila, tu sei forte non fare così non ce la faccio a vederti così” e quando lo dice mi devo sentire pure in colpa, quando vorrei solo rispondere che sono stanca di essere forte, vorrei solo che questo dolore che mi prende ogni parte del mio corpo dentro e fuori svanisca, mi dia tregua. E l’unica soluzione possibile che riesco a vedere è solo quella di morire. Perchè mi scoppia la testa, perché non dormo più la notte, perché ogni volta che chiudo gli occhi faccio solo incubi e quando sono sveglia è solo sopravvivere cercando di spingermi a fare qualcosa che potrebbe farmi stare bene ma bene veramente non mi ci sento mai, non ci riesco e accorgermene mi fa sentire ancora più sconfitta. È solo un tormento, un dolore che invalida tutto quanto. Per quanto cerchi di controllare un pensiero, di sforzarmi a fare le cose giuste, io mi sento sempre morta dentro. E nessuno, nessuno può capire quanto sia doloroso, quanto sia insopportabile e invalidante veramente.
Io sto vivendo solo per loro due.. ma io non ce la faccio più veramente. Non ce la faccio più e non so come fare
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16 set 2023 12:20
“ALLEGRI? VALE GUARDIOLA” – DANILO, IL PRIMO CAPITANO (FISSO) BRASILIANO DELLA STORIA DELLA JUVENTUS ESALTA "ACCIUGA": "GUARDIOLA È PER UN CALCIO PIÙ POSIZIONALE, ALLEGRI TI DICE: SE CON TRE PASSAGGI RIESCO AD ARRIVARE IN PORTA, PERCHÉ DEVO IMPIEGARNE 50? LUI VUOLE SOPRATTUTTO VINCERE. È PRATICO, CONCRETO. SE SONO ARRIVATO A QUESTI LIVELLI LO DEVO AGLI ULTIMI DUE ANNI CON LUI” – E POI PIRLO, POGBA, L’ADDIO DI BONUCCI E CHIESA... -
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
Danilo risponde su tutto, non evita un solo tema, un solo argomento. Si esprime su tattica, allenatori, compagni, psicologia (la sua passione), razzismo, Bonucci, Pogba, Ancelotti, Ronaldo. Lo fa in un ottimo italiano: possiede un vocabolario ricco, di molte letture.
Ha i caratteri del leader naturale, peraltro immediatamente individuati: a 22 anni era già il capitano del Porto. «Abbiamo l’obbligo morale di essere responsabili delle nostre azioni e anche delle nostre parole e persino dei nostri silenzi»: se non l’avesse preceduto lo scrittore e saggista cileno Roberto Bolaño , lo stesso concetto l’avrebbe certamente sviluppato lui, che è anche il primo capitano (fisso) brasiliano della storia juventina: Alex Sandro lo fu occasionalmente in coppa, a Vila-real
Danilo, sei stato allenato, in ordine d’importanza - graduatoria strettamente personale -, d a Guardiola, Allegri, Zidane, Sarri, Benitez, Lopetegui, Fonseca, Muricy Ramalho, un’istituzione in Brasile, Vitor Pereira e Pirlo. Andrea lo metto per ultimo soltanto perché ha appena cominciato.
«Ad Andrea farei scalare qualche posizione. Con lui ho vissuto una stagione formativa, per me è stato molto importante. Mi ha fatto crescere dandomi un ruolo che era tanti ruoli e insegnandomi a trovare sempre la posizione giusta in rapporto ai vari momenti della partita. Guardiola e Max, per me, sono primi a pari punti».
Pur se molto diversi.
«Guardiola è per un calcio più posizionale, anche con lui ho giocato in più ruoli. A destra, al centro, a sinistra, in mezzo al campo. Dalla squadra pretende il controllo della partita in ogni momento, dà indicazioni precise, concede qualche libertà esclusivamente agli attaccanti».
Tanti ruoli li ricopri anche con Allegri.
«Sono un centrocampista prestato alla difesa, in origine lo ero a tutti gli effetti. Con Max condivido moltissime cose, è leale, diretto, pochi giri di parole, e sa anche tornare sui suoi passi. Il nostro è un rapporto talmente franco da sfiorare la complicità».
È un semplificatore dichiarato.
«Ti dice: se con tre passaggi riesco ad arrivare in porta, perché devo impiegarne cinquanta? Max vuole soprattutto vincere. Se nel calcio non vinci non ti diverti e non diverti. È pratico, concreto. Se sono arrivato a questi livelli lo devo agli ultimi due anni con lui. Insiste molto sull’aspetto mentale, sulla libertà di espressione nel rispetto di certi codici tattici, e punta sui movimenti... Anch’io cerco ogni giorno di trasferire ai compagni quelle che sono le basi della mentalità vincente».
Porto, Real, City, Juventus: non ti sei fatto mancare niente, sul piano delle pressioni e degli obblighi. Giorni fa Ettore Messina, 33 titoli nel basket, mi ha ricordato una frase di Jorge Valdano relativa proprio all’esperienza al Real: «Al Madrid ganar es un alivio, vincere è un sollievo».
(Sorride) «È così. Considero un privilegio il fatto di essere sempre stato sottoposto a quest o genere di pressioni».
Messina ha anche smontato un luogo comune, quello che vuole gli allenamenti più importanti della partita.
«Ci sono giorni in cui in allenamento non vinco un contrasto. Posso essere stanco di testa, o di gambe, non so. Ma quando vedo quella maglia qualcosa dentro di me succede. Provo sensazioni fortissime. Il motore si accende all’istante. È una questione di responsabilità individuali e collettive. Ci sono momenti in cui guardo la fascia al mio braccio e avverto uno stimolo in più. La partita è il mio vizio».
Nelle prime tre giornate hai messo insieme numeri impressionanti, come difensore: 215 passaggi riusciti e 50 passaggi progressivi, il migliore del campionato.
«Anche la ricerca della precisione è una responsabilità».
Come ti poni di fronte al caso Bonucci? Chiudere dopo esperienze così intense e lunghe è sempre complicato: ho portato gli esempi facili di Maldini al Milan e Totti alla Roma.
«Solo casualità, non si possono fare paragoni. Sono storie, caratteri e realtà differenti. Io...» .
Tu?
«Io voglio che la decisione di smettere sia mia e soltanto mia, spero di poterlo fare tanto con il club quanto con la Nazionale. So che nel calcio possono intervenire altri fattori, gli imprevisti, ma so anche che farò il possibile per avere il pieno controllo di quel momento, anticipandolo».
Giocare insieme a Ronaldo com’è stato?
«Cristiano è uno che studia, non si concentra soltanto sulla tecnica. Si interessa dell’aspetto mentale, dell’alimentazione. L’obiettivo finale è certamente la prestazione, la cura che lui mette in tutte le cose e nella preparazione è formidabile».
Da tempo la società e la squadra non conoscono la serenità. L’ultim o incidente, in ordine di tempo, la positività di Pogba.
«Sono dispiaciuto per quello che sta capitando a Paul. L’avevo visto molto più presente, la testa giusta. Gli sono sempre stato vicino, tante volte l’ho invitato a non mollare, a spingere e spingersi oltre. Non lo abbandono proprio adesso... Devo dire che qui alla Juve non mi sono fatto mancare nulla, dopo sei mesi il Covid, poi i problemi societari, adesso i guai di Paul. S peravo in una stagione più lineare». (Chiude la frase con un sorriso).
Per Vlahovic è un anno importante: dopo un’estate per lui particolare, ora deve riprendersi anche il posto in nazionale, Mitrovic l’ha sorpassato.
«È molto giovane, ha avuto alti e bassi, ma fa parte del giusto percorso di crescita. Si mette addosso molte pressioni, deve imparare a gestirle. Se ci riuscirà diventerà uno dei migliori centravanti europei».
E Chiesa?
«Uno dei talenti più importanti dell’Italia, ha bisogno di essere coccolato, si può dire coccolato?».
Certo.
«Ha grande tecnica, ma deve imparare a competere in ogni istante. Ti porto l’esempio di Foden, altro talento, lui è uno che non si concede pause, è sempre in tiro. Federico deve arrivare al suo livello con la testa».
Del Brasile sei un titolare irremovibile, presto conoscerai Ancelotti.
«In Brasile conta l’immediato. Diniz è giovane, lasciamolo tranquillo, davanti a noi ci sono le partite di qualificazione al Mondiale, e non sono semplici».
Il razzismo si combatte con la cultura: è una delle tue certezze.
«Con la cultura, la responsabilità e la chiarezza. I giri di parole e l’indignazione di un momento non servono. Quando la scorsa stagione ci fu il caso Lukaku, pubblicai un post del quale ancora mi pento. Generico, solo riferimenti banali, niente nomi. Mi sarei dovuto esprimere diversamente».
La tua fondazione si chiama “A voz futura” e si occupa di garantire un percoso di studi ai bambini del Paese.
«Molti giovanissimi non hanno nemmeno la possibilità di avvicinarsi alla scuola. Solo la cultura li può rendere davvero liberi».
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si stanno allontanando da me, lo percepisco, so che è così e ci sto male...
però forse è meglio così per me è per loro...
la gente può farti stare bene tanto quanto ti può fare stare male ed è giusto perché c'è bisogno di quell'equilibrio che c'è solo con la giusta presenza del bene e del male, non può andare sempre tutto bene ci sarà sempre qualcosa che in un modo o nell'altro, più grave o meno, va male. Non possiamo farci niente perché la vita funziona così. La vita è l'equilibrio tra gli opposti.
Ho sofferto, come chiunque altro, ho iniziato a prendere qualsiasi cosa con ironia cercando di non farmi prendere dal panico, di riderci sopra, almeno esternamente con un nascosto intento di autoconvincermi che alla fine "sti gran cazzi". Ma non posso negare che poi durante la notte, ripensando a tutto, ci sono stata male e tanto. Quei pianti in cui ti viene a mancare il respiro che a un certo punto crolli sul letto e quando ti svegli ti dici "cazzo...fa davvero così male?" anche se recentemente dopo "male" ci aggiungo "vivere".
Resta il fatto che sono stanca di stare male a causa di altre persone, nonostante non sia né la prima né l'ultima persona a stare così, voglio dire...tutti siamo stati male per colpa di qualcuno, chi più, chi meno...
Però per quanto mi riguarda, che sia giusto o sbagliato, non penso tratterrò ancora le persone nella mia vita (soprattutto quelle per cui so che ci starò male dato il fatto che mi affeziono molto e per il fatto che io in primis sono una pessima presenza nella vita altrui) preferisco restare da sola, con i miei problemi e la mia tristezza piuttosto che vivere insieme ad altre persone con la consapevolezza che ad un certo punto se ne andranno, magari causandomi altri traumi, o che farò io casini a causa dei miei traumi precedenti o semplicemente se ne andranno come se nulla fosse, senza spiegazioni, semplicemente se ne andranno...e io continuerò a chiedermi cosa ho sbagliato...o che tutto d'un tratto inizieranno a farmi del male, volontariamente o meno comunque lo faranno...
io non voglio...
per questo penso che forse è meglio così...
non merito qualcuno nella mia vita
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Ok... scusami @surfer-osa ma non riesco a mantenere quella promessa che ti ho fatto e ora mi tocca fare i disegnetti come Zerocalcare quando la gente proprio non ce la fa e gli parte per la tangente.
La mia era una domanda retorica. Non perdete il vostro prezioso tempo a spiegarmi cose ovvie e utilizzatelo, invece, per cercare su Google Maps le indicazioni per il paese di Alberto Sordi.
Non è il mio ragionamento a essere triste... è l'argomento che è triste, di quella tristezza che ti prende quando vedi l'ennesimo bambino con un raudo acceso in mano e sai che entro sera avrà qualche dito in meno. Solo che il bambino ha 50 anni, il cazzo piccolo e tanta voglia di sentirsi uomo. E chi urlerà col sangue sulla faccia sarà una donna.
Se pensate che il problema siano i giovani d'oggi che hanno tutto, voglio ricordarvi che, nel caso in cui, tutto gliel'avete dato voi per fregiarvi del titolo fasullo di 'genitori che non gli hanno fatto mai mancare niente'... sì, delle cose che non contano un cazzo.
'L'importante è che se ne parli' va bene fin quando non si risale ai motivi per cui se ne sta parlando. E allora si potrebbe scoprire che un moto collettivo di pancia è forse roboante e coinvolgente ma troppe volte destinato a esaurirsi in una nuvola di gas intestinali... voglio ricordarvi che l'ultima donna fatta a pezzi e nascosta in una valigia si è risolta con un tizio che sparava agli africani dall'auto in corsa e poi ciao ciao Pamela, magari se non eri una poco di buono tossicodipendente e alcolizzata ci si sarebbe ricordati un po' più di te.
E chi mi taccia di insensibilità o di atteggiamento sprezzante davvero non ha capito con chi sta parlando... la mia è pura rabbia e anche delle peggiori, del tipo che faccio fatica a tenere a bada perché è di quella che si nutre il mio lupo nero.
Permettetemi di essere migliore di quella persona che adesso avrebbe tanta voglia di venirvi a casa e poi dovete rifare la foto della patente perché non vi assomiglia più.
Grazie.
FATEMI CAPIRE
Che cos'ha di particolare la morte di Giulia Cecchetin da giustificare tutto questo stracciar di vesti, loghi in sovraimpressione e minuti di silenzio in varie sedi istituzionali o meno?
Cioè, prima di lei sono state ammazzate Giulia Donato, Martina Scialdone, Oriana Brunelli, Teresa Di Tondo, Alina Cristina Cozac, Yana Malayko, Melina Marino, Santa Castorina, Iulia Astafieya, Maria Febronia Buttò, Zenepe Uruci, Sara Ruschi, Brunetta Ridolfi, Danjela Neza, Jessica Malaj, Giulia Tramontano, Maria Brigida Pesacane, Floriana Floris, Svetlana Ghenciu, Margherita Ceschin, Maria Michelle Causo, Mariella Marino, Angela Gioiello, Sofia Castelli, Celine Frei Matzohl, Anna Scala, Vera Schiopu, Rossella Nappini, Marisa Leo, Maria Rosa Troisi, Liliana Cojita, Anna Elisa Fontana, Klodiana Vefa, Concetta Marruocco, Annalisa D'Auria, Etleva Kanolja e Michele Faiers Dawn.
38 donne ammazzate solo nel 2023.
56 nel 2022
61 nel 2021
63 nel 2020
Se la reazione è dovuta a quei particolari strappalacrime tipo che si doveva laureare il giorno dopo o il fiato sospeso per il desiderio popolare di una storia a lieto fine, allora devono andare tutti a cagare pezzi di vetro.
Magari le altre 38 non si dovevano laureare ma sapete com'è, magari volevano vivere lo stesso.
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Al passato chiedi di noi (on Wattpad) https://www.wattpad.com/story/332986448-al-passato-chiedi-di-noi?utm_source=web&utm_medium=tumblr&utm_content=share_myworks&wp_uname=Booksareimmortal&wp_originator=1aPo94dADR%2B%2BOiIKi8qhwCwsnzNFa2w2%2BoUsRRWmBdAM8pgyeK%2FsEVtjtiKuXvxD%2BTUdxJUVh907dS4rlxl9ZRizQwu0J2HXUqARcUcpPTAuv5xS93pZQY5DUBWW9RCq Ginevra, orfana da pochi giorni, si ritrova catapultata in una nuova realtà, di fronte alla sua nuova casa: un orfanotrofio. Ginevra ha sette anni e non sa bene perché si trovi lì, dove sia la sua mamma o quando potrà rivederla. Sa solo che i ricordi degli ultimi giorni sembrano essersi dissolti nel nulla. Dove sono finiti? Il tempo passa e Ginevra ha ormai diciassette anni, un piccolo lavoretto estivo, un migliore amico di cui è segretamente innamorata, e la memoria ancora frammentata. La vita sembra andarle bene. Finché una tempesta non travolge ogni cosa. La signora Alberti le rivela l'esistenza di una lettera diretta proprio a Ginevra, da parte di sua madre. La sua madre morta. Nella lettera la donna le fa una richiesta, le chiede di andare in cerca di suo padre, trovarlo e chiedergli di raccontarle la storia. Raccontarle del passato. Ginevra è confusa, suo padre non sa nemmeno chi sia, non sa neanche se ne abbia ancora uno. Da dove dovrebbe cominciare senza un nome o altro? In mano non ha nulla, eppure inizia a pensarci. Come potrebbe far finta di niente a quel punto? La curiosità è troppa, supera qualsiasi paura, così come la voglia di conoscere la verità supera il rancore per tutte le bugie. Ginevra comincia questa ricerca, una di quelle lunghe, dolorose, che le prenderà non solo tempo, ma anche una parte di sé stessa. Intanto, però, il presente non aspetta lei, la vita va avanti, inizia il quarto anno di scuola, arriva un nuovo odioso professore di lettere, la signora Alberti viene a mancare e le persone intorno a lei soffrono senza che se ne accorga. Per Ginevra non esiste altro che il suo passato, lasciando che diventi più importante di qualsiasi altro. Fino a quando non si accorge che chi resta ancorato al passato non potrà fare altro che restare intrappolato in un tempo che non esiste più, mentre il mondo si muove rivolgendosi al futuro. Quando il passato minaccia di distruggere tutto ciò che ci appartiene, ha senso cercare la verità
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