#parete a giorno
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bloody-vampire-lolita · 1 year ago
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Living Room - Modern Living Room
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Example of a large minimalist open concept porcelain tile living room library design with multicolored walls and a wall-mounted tv
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jaynewton · 2 years ago
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Contemporary Bedroom - Loft-Style Example of a mid-sized trendy loft-style ceramic tile and white floor bedroom design with white walls
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violetdiary · 2 years ago
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Library - Contemporary Living Room Small trendy open concept ceramic tile and white floor living room library photo with white walls and a media wall
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scritti-di-aliantis · 29 days ago
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Tanto, lo sai che il mio massimo obiettivo con te è lasciarti per un po' sfasciata e dolorante sul letto, con l'ano bello sfondato e la fica rossa, che ti brucia, no? Non lo faccio spesso. Però ogni tanto, quando sento che stai rientrando, esco sul pianerottolo e ti afferro, ti trascino a forza dentro casa mia. Adoro sentire che cerchi di divincolarti dalla mia stretta.
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Che strepiti e mi tempesti di pugnetti, digrignando i denti, puttanella. Vorresti strillare, ma non puoi: ti sentirebbe tuo marito. Mentre chiudo la porta alle mie spalle con un piede, ascolto la tua voce: mi dice che devo ricordare che sei sposata, che ti devo rispettare come donna e come vicina di casa, che hai dei figli, che proprio non posso fare questo! Che ti devo lasciar stare: una volta per tutte.
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Poi, che non sei il mio sfogatoio per quando non ho una donna sottomano. Che non ti devo prendere così, di peso sul ballatoio mentre stai per rincasare dal lavoro con due buste di spesa per poi gettarti sul mio letto senza riguardi! Stavolta si sono pure rotte le uova! E poi che ti devo lasciare libera immediatamente, sennò di sicuro mi denuncerai per stupro.
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"Guarda che non scherzo! Perché quando una donna dice no è no!" E poi che hai ben quindici anni più di me. Poi però, una volta strappato il perizoma e ficcato il mio cazzo nella tua fica, sotto i miei colpi potenti che ti allargano per bene e ti fanno sgranare gli occhi, magicamente e di botto ti calmi.
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Sento che inizi a cooperare. Mugoli rabbonita, mi sorridi e ricambi i miei baci. Mi stringi a te: incroci le gambe sulla mia schiena! Non vuoi che scappi. Infine, ti mordi le labbra, vieni come la porca che sei e sento che ne vuoi di più: quindi, da sola ti giri, metti un cuscino sotto le anche e alzi il culo per fartelo sfondare. Sei bellissima quando arrossisci.
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Perché, mi dici, ti senti in colpa per le corna che fai a tuo marito. Però alzi e allarghi le chiappe al massimo per prendere fino in fondo tutto il mio uccello. Sborro di gusto nel tuo intestino e tu cerchi di chiudere lo sfintere per trattenermi. Mi dici di restare dentro di te ancora un po'. Allora capisco che finalmente mi posso rilassare.
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Perciò, uscito dal tuo ano e disteso sul letto, sento che mi accarezzi dolcissima e mi dai dei teneri bacetti. Ed esiti ad andartene, sebbene sia tardi... Non vuoi tornare subito da tuo marito, che è proprio dall'altra parte della parete! Lui, innamoratissimo di te, si preoccupa del tuo ritardo nel tornare a casa.
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Ti chiama al cellulare e allora gli dici che tra due o tre minuti sarai lì. Vai ora, piccola troia. Ti avverto che fra qualche giorno si replicherà, se mi girerà. E allora mi baci in bocca appassionatamente. Prima di andare via, rossa in viso, mi sussurri che sei proprio cotta di me. E che non pensi ad altro che al mio cazzo che ti entra ovunque.
Aliantis
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art-emide · 2 months ago
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Saluto quest'anno con il cuore un po' più leggero. Commosso dalle scelte che ho fatto, dalle esperienze che ho ricevuto, dai cambiamenti che ho intrapreso e dalle persone di cui mi sono circondata.. che è stata una aggiunta speciale un po' a tutto
Alla mia persona in primis.
Saluto quest'anno con la nonna che mi manca sempre e ad ogni occasione, con la marea di cose che vorrei dirle ma che lego in gola per sospirarle un giorno... Saluto quest'anno con il mio amico a quattro zampe che, con la sua coda e il suo musino umido, mi porta ancora allegria ad ogni cammino, per mia fortuna. Saluto quest'anno che mi ha dato tante cose preziose, recuperato dei rapporti essenziali dopo danni che sembravano irreparabili e tante persone belle, con la consapevolezza di aver capito perché i suoi amici "anni scorsi" mi hanno tolto tutto. Bisogna avere spazio per le cose belle dopotutto, no? Bisogna capire cos'è importante tenere e stringere e cosa, invece, lasciare andare senza rimpianto. Saluto quest'anno con un gran sorriso, a braccetto con l'occhio lucido privo collera. Saluto quest'anno con gratitudine e do il benvenuto al prossimo, capendo, stavolta, di non star solo cambiando calendario alla parete ma di vestire abiti comodi e di abbellire la mia vita da adulta, puntando non su chi ero ma su chi sono e vorrò essere.
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ilpianistasultetto · 11 months ago
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Ma se pò campà co' 'sta paura sul collo che scoppia 'na guerra mondiale da un momento all'altro?
Io non ci credo ma la tensione resta, anche perché non trovi più una notizia positiva da leggere per tirare un sospiro di sollievo, solo roba deprimente. Secondo gli analisti più guerrafondai in qualche modo moriremo tutti se non armiamo l'Ucraina, "mo me lo segno" avrebbe detto Troisi, uccellacci del malaugurio sempre presenti in televisione, qualcuno di questi ha detto: "preparatevi alla guerra se volete la pace", ma cosi, di punto in bianco? Mica ogni giorno ci siamo allenati a sparare contro le sagome dei possibili nemici. E poi in che modo mi devo preparare? Comincio a litigare con il mio vicino di casa o mi armo di vaffanculo per l'ENEL?
Non ho fatto nemmeno il militare, esonerato perche' orfano di padre. Io sono un tipo tranquillo, non credo di avere nemici, di armi e bombe a mano non capisco nulla, l'ultima volta che ho giocato a freccette, in un villaggio turistico, sono ancora in causa con un tizio che prendeva il sole con un costume a cerchi colorati! Questo governo fara' partire corsi di formazione per pistoleri occupabili? E che dire dei virus sempre in agguato? Non passa giorno che i giornali non scrivano di nuove pandemie in arrivo. Un futuro da immaginare con infermieri con la siringa del vaccino nella mano destra e il fucile nelle sinistra, guerre e pandemie da combattere, per non parlare delle zanzare, ogni volta ne arriva qualcuna che trasmette malattie, allora ti devi armare di unguenti repellenti e allenarti a tirare pantofole su ogni piccolo segno scuro alla parete o prenderti a schiaffi appena senti un ronzio sospetto all'orecchio!
Praticamente, per chi comanda, devi solo scegliere come morire: sparato, infettato o punto da una zanzara del cazzo. Futuro di cacca! @ilpianistasultetto
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ilsalvagocce · 5 months ago
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fuori l'aria
L'altro giorno mi specchiavo allo specchio lontano a parete della sala yoga, ho alzato lo sguardo dal cane a testa in giù, su piano con la schiena, una vertebra per volta, fuori l'aria, e mi son guardata col sopracciglio ala di gabbiano che torna alto
e ho visto mamma, di tre quarti, coi capelli lunghi, più bassa, più secca. io nel volto lei.
è stato un baleno, ero distante e mi son distolta dal guardarmi un secondo dopo, o forse due, nel primo ho indugiato su lei io, tra le figure altre tra me e lo specchio, io arraffata lei trovata, un attimo, come narciso che si innamora e non affoga.
ho pensato, riflesso perso, a quel verso di victoria chang letto poche ore prima
"Così tante cose che amo che non ho mai toccato: la luna, un brivido, il cuore di mia madre".
reale come la superficie delle cose
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tulipanico · 6 months ago
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Mi ha toccato la guancia come faceva sempre nonno, stingendo la pelle tra le due nocche. Ho sentito salire le lacrime agli occhi, percorrere i dotti lacrimali insieme alla malinconia, le ho tenute lì; sono scese poco più tardi, in macchina, mentre percorrevo la strada buissima del ritorno. La morte è una cosa strana, si esite e, appena un attimo dopo, non si esiste più. Eppure si continua a vivere intensamente, ogni giorno, in cose piccole: nel volo delle prime rondini, nei tulipani appena sbocciati, persino nel gesto affettuoso di qualcun altro. Rivivi persino nello sforzo tutto mio di immaginarti nei giorni dei miei successi, che li hai sempre visti come tuoi. Avresti tappezzato la parete del salotto con le mie fotografie, e mi avresti stretto la guancia felice, appellandomi con quel nomignolo che ti piaceva tanto. Mi sarei lamentata del dolore, come al solito, eppure ora, mentre passo i polpastrelli in quel punto esatto, mi spiace non provarne affatto.
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io-confesso · 1 month ago
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La terza cliente è più grande di me di sei anni. Single e in odore di cambiamenti. Ridimensiona la sua casa riducendo le superfici e strutturandola sulle sue attuali esigenze. Mi coinvolge e pian piano entriamo in sintonia. Sono rapporti belli quelli che si instaurano spesso con in clienti soprattutto se c’è sintonia caratteriale. Non li ritengo più clienti in senso stretto, inizialmente ci uniscono motivi professionali ma spesso si trasformano in legami veri e sinceri.
Le sono vicina, gentile premuroso ed educato ma senza mai uscire dal rapporto professionale. Lei mi riserva piccole attenzioni ma nulla di più. E’ giusto creare un cuscinetto di protezione al cliente che spesso, sopratutto quando non ha il supporto di un compagno e di un’altra figura vicina, si trova ad affrontare difficolta e sconforto durante il percorso dei lavori. Finalmente arriviamo alla fine e tutto termina bene. Ora ci si può rilassare ed una sera andiamo a cena ma ancora resta solo un rapporto piacevole ed amichevole. Un giorno mi chiede di aiutarla a coordinare sulla parete un ventina di piccoli quadretti. Una composizione da comporre alla parete del letto a cui tiene molto e che le piacerebbe rendessero al meglio.
Con entusiasmo e pazienza ci impegnano a sceglierli, ad accostarli e ad appenderli. Mezzo pomeriggio di piacevole lavoro. L’ultimo atto con cui si concluderà il lavoro. Ormai siamo in sintonia, ultimo quadro da appendere, Fatto.
Siamo in camera da letto, come concludere un lavoro lungo mesi se non abbracciandoci orgogliosi sopratutto dell’ultimo atto conclusivo? Ci abbracciamo con un pò di imbarazzo, non lo avevamo mai fatto; Il nostro modo di relazionarci è sempre stato molto sobrio. Il suo seno mi si appoggia al corpo, ne sento la morbidezza, affondo il mio viso sull’incavo del collo e assaporo per la prima volta il suo calore i suoi odori da così vicino . La stringo a me, lascio scivolare le mani prima sulla schiena poi sul suo culo, lo stringo, lei non mi respinge. Mi allontano e le guardo il viso, la bacio. Il letto e lì al nostro fianco, ci lasciamo scivolare abbracciati. Da quel pomeriggio di amore, delicatezza e sesso ci siamo visti tante altre volte ma poi ci siamo allontanati. Forse lei avrebbe voluto molto di più da me ma io sono un fuggito deludendola.
...
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kon-igi · 11 months ago
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IL RAGAZZO E LA MONTAGNA
C'era una volta un giovane esploratore, la cui più grande passione era addentrarsi in tundre, scendere in ghiacciai e percorrere deserti alla ricerca della Gemma Preziosa.
Ogni luogo della terra aveva una propria Gemma Preziosa - scintillante, tenebrosa, rubescente o lattiginosa - e lui aveva viaggiato già mezzo mondo ed esplorato mille lande impervie per trovarle e collezionarle tutte.
Nella sua casa aveva una stanza intera piene di tali meraviglie, tutte racchiuse in teche di cristallo, ma il giovane esploratore non amava tornare nella propria casa, se non per riporvi i suoi tesori.
Intendiamoci, adorava la propria casa e la propria città, voleva bene ai suoi genitori e stava bene con i suoi tanti amici, ma il suo animo inquieto lo portava puntualmente a guardare le nuvole fuori dalla finestra, desiderando di poterle cavalcare e andarsene via col vento.
Un giorno sentì parlare dell'Ultima Montagna e di come al suo interno fosse la celata la pietra più preziosa di tutte: il Cuore di Gea.
L'Ultima Montagna si trovava nel paese di Finisterrae e il suo vecchio mappamondo non aveva ancora finito di girare che lui si era già messo in cammino.
Non fu un viaggio facile, né per le gambe né per il cuore, perché dovette salutare molte persone - Finisterrae era lontana - e parte del suo percorso lo dovette fare a piedi, passo dopo passo, senza mai più incontrare anima viva (tranne i ragni, che gli tennero compagnia nelle lunghe notti insonni ma che però non erano gran conversatori).
Quando arrivò all'Ultima Montagna rimase con la bocca spalancata per qualche minuto (i ragni controllarono preoccupati se ci fossero delle carie ma uscirono soddisfatti): un'enorme montagna scintillante di materiale translucido giallo paglierino svettava fino a quasi bucare la volta del cielo.
Ma il suo stupore si tramutò ben presto in preoccupazione quando, a un esame più attento, il giovane esploratore si rese conto che la montagna era in realtà un enorme conglomerato di Crisoberillo come non se n'erano mai visti in alcun libro di geologia.
Molto bene - pensò con stanca autoironia, guardando il suo piccone - sulla Scala delle Durezza di Mohs il crisoberillo ha un punteggio di 8,5 ma volendo considerare il bicchiere mezzo pieno mi è andata anche bene... la montagna poteva essere fatta di Rubino o di Zaffiro!
E cominciò a scavare una galleria per raggiungere il Cuore di Gea.
Man mano che avanzava a fatica all'interno della montagna, egli si rese conto di una cosa molto strana: per ogni colpo di piccone e di scaglia di crisoberillio che cadeva a terra lui sentiva di perdere qualcosa.
Ma cosa? - si chiese.
Non lo so - si rispose.
E allora pensò di riempire quei vuoti nel cuore immaginando il momento in cui avrebbe finalmente scalzato dalla roccia il Cuore di Gea... la gioia di sentirlo pulsare tra le proprie mani, gli occhi socchiusi per schermarsi dal bagliore di mille soli di puro cristallo, lo stupore delle persone al suo ritorno, la teca gigante già pronta al centro della sua collezione.
Quello di cui in un primo momento il Giovane Esploratore non si rese conto è che ogni picconata stava sottraendo un minuto alla sua vita e le picconate erano tante e il tempo scorreva avanti in una sola direzione, dritto come la galleria che sventrava la montagna.
Le mani che impugnavano il piccone invecchiavano, come invecchiavano le domande che lui si faceva...
Perché? Da dove? Verso cosa?
Quando le domande diventano opprimenti, i colpi del piccone rallentavano, salvo poi riprendere forza al pensiero della gemma che ogni giorno si avvicinava.
E poi, dopo mille eternità l'ultima picconata, la parete che crolla ed ecco il Cuore di Gea, sospeso nel buio luminescente di un antro nel ventre della colossale montagna.
Ma il Giovane Esploratore non poteva più definirsi tale.
Non stava più esplorando nulla e di certo non era più giovane.
Con passo incerto e polverose mani tremanti si avvicinò al Cuore di Gea e fece per prenderlo.
Ma si fermò.
Verso cosa? E perché?
E poi la domanda giusta.
Da dove?
Da dove vengo? Cosa ho lasciato? Chi ho lasciato?
E voltandosi vide che la lunga galleria che portava all'esterno era disseminata di corpi, congelati nell'atto di colpire la roccia.
Erano tutti lui, metro dopo metro sempre più vecchio, bloccati nell'attimo in cui aveva deciso di cancellare un ricordo per fare spazio al pensiero della Gemma Più Preziosa.
Sono morto? - si chiese.
Sì, ogni volta - si rispose.
Il Cuore di Gea lo guardava con occhio pulsante ma la mano, dimagrita e raggrinzita, scese sul fianco.
Non era quello che voleva... quello era ciò che aveva deciso di volere per cancellare i veri desideri, quelli che lo tenevano vivo in attesa del domani.
E il vecchio ragazzo si voltò e tornò indietro, accarezzando con una mano sempre più giovane tutti i sé che aveva lasciato morire per non aver voluto ricordare come vivere.
E li perdonò tutti, uno a uno, finché la luce del sole non gli baciò le palpebre socchiuse e lui non ritrovò la voglia di esplorare, mai perduta ma solo addormentata sotto a una pesante coperta di tristi rimpianti.
E come il mappamondo tornò a girare, il vero Cuore di Gea riprese a battergli nuovamente nel petto, perché Finisterrae è quel luogo che comincia nel punto in cui appoggi il piede per iniziare il viaggio verso il domani.
Questo post è dedicato a @seiseiseitan, per me il più grande esploratore <3
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libriaco · 11 months ago
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Le Fosse Ardeatine
Dieci metri piú in là del Quo Vadis la strada si biforca: a sinistra prosegue l’Appia Antica; a destra inizia la via Ardeatina. Prendemmo a destra. Man mano che proseguivamo nel cammino, m’accorsi che s’era formata una fila indiana di persone che, da sole o a piccoli gruppi, sembravano andare nella stessa direzione. Dopo cinquecento metri la strada smette di salire: segue una brusca discesa, che piega sulla destra. Proprio lí, poco dopo la svolta, nel compatto muro di fogliame che ci aveva fin allora accompagnati, s’apriva un varco. Vi entrammo: c’era uno spiazzo, a ridosso di una di quelle creste rossastre di tufo, che cosí frequentemente segnalavano allora nei dintorni di Roma la presenza di cave di pozzolana. Sullo sfondo, lungo la parete, s’aprivano due-tre grandi cavità oscure: si vedeva che erano state aperte, o riaperte, di recente, perché cumuli di terriccio fresco le fronteggiavano. Da quelle cavità un fitto via vai di persone, in gran parte militari, – poliziotti, carabinieri, pompieri, – ma tutti con delle povere tutacce blu o marroni, e fazzoletti colorati qualsiasi stretti intorno al volto. Mio padre trovò un masso da una parte e mi ci fece sedere. «Aspettami qui, – mi disse, – non muoverti». Capii che non era il caso d’insistere. M’accoccolai lí e cominciai a guardarmi intorno, mentre mio padre s’avviava verso uno di quegli ingressi. Mescolati a quelli che erano o parevano militari c’erano anche molti civili: uomini e donne aggrondati, generalmente vestiti di nero, che entravano e uscivano guardando fisso di fronte a sé. A un certo punto passarono due uomini, sorreggendo una donna: era riversa in avanti, con il volto cereo e le gambe rigide; le punte delle scarpe, tenacemente congiunte, come per un’inconscia resistenza nervosa dovuta a qualche dolore, rigavano la polvere. Ma la cosa piú impressionante per me era che da quelle bocche d’inferno veniva un fetore di fronte al quale quello dei poveri morti accatastati nelle bare qualche mese prima nel cimitero del Campo Verano mi sarebbe sembrato insignificante: forse a causa di un forte sbalzo di temperatura tra quelle fredde viscere della terra e il calore esterno, partiva dalla parete, e percuoteva tutti coloro che si trovavano lí davanti, una corrente, un vento intenso, un flusso mortifero compatto e come oleoso, che ci avvolgeva e ci sovrastava, permeando ogni molecola dei nostri apparati sensori, non solo il naso e l’olfatto, ma la bocca e il gusto, e impastandosi con tutta la nostra percezione. Il puzzo della morte, quando è particolarmente forte, si materializza, si fa corposo, si può toccare, diventa esso stesso una creatura vivente, una forza della terra. Cominciavo ad avvertire un ormai noto fremito di disgusto nello stomaco, quando mio padre riemerse dall’oscurità, con gli occhi rossi e il fazzoletto piantato anche lui davanti alla bocca e al naso. Disse: «Andiamo», e non ci fu verso di farlo parlare, fin quando, nel bar di piazza Tuscolo, non sorbimmo insieme un bicchiere di limonata. Sobriamente mi raccontò che proprio lí erano stati trucidati quei prigionieri italiani, politici e militari, di cui aveva parlato il giornale il giorno prima della morte di mio nonno Carlo, e che perciò da quel momento, poiché non aveva avuto ancora un nome, la strage poté chiamarsi, – e da allora s’è chiamata, – delle Fosse Ardeatine. Solo nelle settimane successive, e solo a brandelli, interrotti da lunghi silenzi, mia madre e io sapemmo il resto. Mio padre raccontò di aver visto le file dei prigionieri in ginocchio, non ancora decomposti, addossati l’uno all’altro, qualcuno caduto in avanti, con le mani legate dietro la schiena e un foro immenso nel cranio; disse che, a eccezione forse del primo, tutti gli altri avevano dovuto sapere, con un anticipo da pochi a molti minuti, quello che stava per accadergli. Raccontò anche che frotte di topi grassi fuggivano in giro quando uno degli addetti alla riesumazione spostava in uno di quegli angoli bui la luce della sua lampada.
A. Asor Rosa, L'alba di un mondo nuovo [2002], Torino, Einaudi, 2005
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jadarnr · 2 months ago
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - From the Empire
WITCH HUNT - CAPITOLO 4
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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“Va tutto bene.” Si stava dicendo per farsi forza. Le luci del passaggio sotterraneo tremolarono. Durante il giorno lì c’erano degli operai al lavoro, ma dopo il tramonto era deserto. Per lo scopo di Eris, quella era la strada migliore per uscire dalla stazione dei treni.
“Va tutto bene.” Ripetè. Era abituata a scappare. Fosse da un bunker, da una casa sontuosa o da un vicolo buio… aveva avuto molte residenze temporanee.
Era sempre stata sola. Occasionalmente qualcuno era stato gentile con lei— finché non scoprivano i suoi poteri. Allora la abbandonavano. A dir la verità, spesso erano proprio quelle persone a diventare i suoi persecutori.
“Io sono dalla tua parte.” Ricordò le parole del prete. L’aveva detto sinceramente, ma non sapeva dei suoi poteri. Appena l’avesse scoperto, si sarebbe di certo rivoltato contro di lei, proprio come gli altri. Non poteva fidarsi di lui.
“Ah!”
Aveva udito un rumore dietro di lei. Era il piccolo peluche di gatto che le aveva regalato Abel, che si era staccato ed era caduto a terra. Il pupazzetto la guardava con i suoi occhi di vetro che riflettevano le luci tremolanti. Eris rimase per un attimo a fissarlo, incapace di provare rimorso o rimpianto.
“Inutile paccottiglia.” Disse in tono sprezzante. È davvero un oggetto senza alcun valore. Non potrei nemmeno farci dei soldi rivendendolo…
“Mmph.” Sbuffò, e si piegò per recuperare il pupazzo. Ma in quell’istante udì un forte botto e diverse ciocche dei suoi capelli dorati si dispersero in aria.
“Eh?!” Eris non capiva cosa stesse succedendo.
La parete dietro di lei era stata colpita da qualcosa che ora emetteva scintille bluastre. Un secondo dopo tutto intorno a lei si oscurò. Solo allora si rese conto che il proiettile che le aveva sfiorato la testa pochi istanti prima, era andato a conficcarsi nel quadro elettrico sul muro.
Vide un puntatore laser dalla luce rosso sangue che si faceva strada verso il suo obiettivo. Istintivamente si acquattò ed un attimo dopo sentì un secondo proiettile sfiorarle la punta del naso.
“Ehi!” Gridò, rendendosi conto di essere in reale pericolo.
Chi è che mi sta sparando contro?! E perché?
Terrorizzata, Eris si voltò per scappare ed il piccolo punto rosso del puntatore laser apparve sulla sua schiena. Aspettò che il terzo proiettile la colpisse andando a trafiggerle il cuore, quando si sentì chiamare da una voce familiare.
“Eris, attenta!”
Una figura indistinta apparve all’improvviso spingendola via.
In mezzo all’oscurità, al terrore ed all’eco degli spari, i due rotolarono insieme al riparo dietro ad una colonna.
Lei gridò di nuovo.
“È tutto ok, sei al sicuro ora.” Le sussurrò la voce in tono calmo. “È tutto a posto, per cui per piacere cerca di calmarti.”
“Padre?” Esclamò sorpresa.
Al buio non riusciva a distinguerne il volto, ma quella voce apparteneva sicuramente a quel prete.
“Come hai fatto a trovarmi?” Chiese.
“Ne parliamo dopo, ora corri!” Urlò Abel.
Una pioggia di pallottole si abbatté implacabilmente su di loro, trasformando la parete dietro di loro in una forma di groviera.
Corsero verso la colonna successiva, ma non riuscirono a raggiungerla.
Abel inciampò in una tubatura e cadde a terra, ma per fortuna riuscì a rotolare dietro ad un pilastro. L’abilità del cecchino, che riusciva a sparare con precisione tra quegli ostacoli nella completa oscurità era incredibile.
“Padre!”
Eris si aggrappò disperatamente al corpo di Abel, scuotendolo, ma non ci fu risposta. Tutto quello che sentiva era un respiro ansimante ed affannoso, e l’odore del sangue che le riempiva le narici.
E poi dei passi che si avvicinavano dal profondo dell’ oscurità, con un andamento quasi meccanico.
Le luci di emergenza si accesero improvvisamente; anche se in ritardo, il generatore di emergenza doveva aver iniziato a funzionare. Nella fioca luce gialla Eris intravide la canna di un’enorme pistola, puntata contro i due, e l’uomo che la stava impugnando.
“Non é possibile, cosa ci fai qui…?” Chiese Abel alzandosi a sedere afferrandosi la gamba colpita dalla pallottola e riconoscendo il volto del cecchino.
“Tres? Che ci fai qui?”
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canesenzafissadimora · 8 months ago
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Fai attenzione alla tua ombra. Ogni uomo ha un fratello che è la sua copia esatta. È muto e cieco e sordo ma dice e vede e sente tutto, proprio come lui. Arriva nel giorno e scompare la notte, quando il buio lo risucchia sottoterra, nella sua vera casa. Ma basta accendere un fuoco e lui è di nuovo li, a danzare alla luce delle fiamme, docile ai comandi e senza la possibilità di ribellarsi. Sta disteso per terra perché glielo ordina la luna, sta in piedi su una parete quando il sole glielo concede, sta attaccato ai suoi piedi perché non può andarsene. Mai. Quest'uomo è la tua ombra. È con te da quando sei nato. Quando perderai la tua vita, la perderà con te, senza averla vissuta mai. Cerca di essere te stesso e non la tua ombra o te ne andrai senza sapere che cos'è la vita.
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Giorgio Faletti
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ma-pi-ma · 1 year ago
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Nella casa della poesia ci sono angoli bui, dove possiamo nasconderci come se non avessimo bisogno della luce. Ho spinto la porta di quella casa in cerca di quegli angoli; ma ho anche trovato il sole che entrava dalle finestre e disegnava, sulla parete più bianca, il contorno del tuo viso. In realtà, quando si entra nella casa della poesia, ogni cosa ha un disegno così preciso come il significato di ogni parola. Solo, negli angoli bui, le ombre danno un altro senso a ciò che vediamo; e per quanto apriamo le finestre e vogliamo che il sole arrivi a quegli angoli, ci sono sempre figure che non escono dall’ombra, come se fossero i fantasmi dell’infanzia, e quanto dicono che viene da molto lontano, secondo alcuni, o da troppo vicino, secondo altri. Allora, che ci faccio io in questa casa da cui il sole non riesce a togliere le ombre? Perché insisto a guardare negli angoli più bui, fuggendo dalla luce? La risposta è nell’immagine che il sole ha proiettato sulla parete: l’immagine che ha il tuo viso e mi chiede di uscire da quegli angoli bui per sentire la tua voce il giorno in cui ti ho incontrata nella casa della poesia.
Nuno Júdice, da La casa della poesia
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vintagebiker43 · 2 years ago
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Cara Agenzia Armando Testa,
sono la Venere di Botticelli, quella vera.
Quella laggiù in fondo alla sala, appesa alla parete. Come ogni giorno sono circondata da migliaia di turisti.
Fino a qualche giorno fa, sono sincera, non vi conoscevo. Poi ho scoperto che avete realizzato una Campagna Pubblicitaria per promuovere il turismo in Italia usando e distorcendo la mia immagine: #opentomeraviglia.
Mi avete fatto diventare, come dite voi moderni, un’Influencer.
Mi avete fatto sorridere.
Mi avete vestito.
Mi avete messo in altri contesti stereotipati italiani, ad esempio con la Pizza in mano,
Io non ho detto nulla.
Sono abituata a queste manipolazioni.
Lo faceva già Andy Warhol nelle sue famose serigrafie nel 1984.
Anche Chiara Ferragni è venuta a farsi un selfie con me.
Viviamo nell’epoca del turismo di massa fatto di superficialità e likes.
Magari volevate solo creare un Hype, come dite voi moderni.
Però quando ieri ho letto la vostra lettera, tracotante e supponente, pubblicata sul Corriere, non ci ho visto più.
C’è una cosa che proprio non mi torna.
Voi dite, cito testualmente: “La Armando Testa ringrazia, e Venere con noi.
Erano più di 500 anni che non si parlava di lei cosi tanto”.
Ma stiamo scherzando?
Se solo foste venuti agli Uffizi, invece di andare in Slovenia, avreste visto che io NON sono per niente con voi.
Anzi io non ho bisogno di voi.
Io vado benissimo così come sono.
Nuda, con tutti i significati neoplatonici nascosti, che non credo voi capirete mai.
Io sono da sempre, da quando Sandro Botticelli mi dipinse, dandomi il volto di Simonetta Vespucci, il simbolo della bellezza femminile nell’arte.
Per me vengono da tutto il mondo.
Un milione e 800 mila visitatori passano a trovarmi ogni anno.
Grazie a me gli Uffizi sono il primo museo in Italia, più visitato del Colosseo.
E nel mondo sono al decimo posto.
Quindi, diciamolo con chiarezza, è grazie a me che siete diventati famosi in questi giorni e non vice versa!
Tra qualche mese nessuno si ricorderà di voi, se non per la figuraccia fatta.
Tra dieci anni io invece sarò ancora, ogni giorno, circondata dai miei fan, come dite voi moderni.
Un’ultima cosa.
Sapete perché sono stata dipinta?
Per promuovere l’immagine nel mondo dei miei committenti, la famiglia dei Medici. In pratica, se non ve ne foste resi conto, io ho la stessa funzione di una vostra campagna pubblicitaria. Solo che ai miei tempi gli artisti creavano capolavori, bellezza eterna e il Rinascimento. Oggi invece i vostri creativi scopiazzano sul web dei meme ridicoli.
Tutto molto imbarazzante!
O, come direste voi moderni, Cringe!!
Cordialmente
La Venere
@Simone Terreni
#opentochiediscusaabotticelli
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j-j0ker · 1 month ago
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100 ragioni per riprovarci insieme
Ci siamo sempre amati
Ci manchiamo da morire
Manca il tuo profumo
Manca il tuo sguardo
La nostra complicità
Quella casa che avevamo in mente
I gatti che volevamo
I cani che volevamo
Astrid
Erik
Tu
Io
Viaggi insieme
Norvegia
Islanda
Madrid
Barcellona
Roma
Firenze
Liguria
Carnevale di venezia
Gite in motagna
Le nostre risate
Le nostre litigate
La lotta di cuscini
Coccole
Amore prima di andare a letto
Amore appena svegli
Amore ovunque in qualunque momento
I piedini che si sfiorano la notte
Le mani che si intrecciano
Le mille canzoni cantate a squarcia gola
Concerti di ultimo insieme
Gite a cavallo
Road trip in auto, a vedere tramonti
Aperitivi
Cene
Pranzi
Famiglia
Passioni
Diegni
Sorrisi rubati
Pianti insieme
I nostri baci
I nostri abbracci
Shopping insieme
Tatuaggi matchati
Magliette rubate
Felpe rubate
Calzini rubate
Spalmare la crema a vicenda
Le nostre favole
Gli sguardi complici di chi si intende senza parlarsi
Le cadute fatte in montagna
Gite al lago
Giro in barca sul Garda
Prima volta a gardaland
Prima volta in aereo insieme
Le nostre prime volte
Tramonti in riva al mare
Freschezza dell'aria che ci bacia la pelle all'alba
Aiutarci a finire il cibo a vicenda
Esperienze enogastronomiche
Viaggio sotto la tour eifelle
Visitare gli Harry potter studios
Scegliere i colori delle pareti di casa
Il colore delle ante di casa
Delle porte di casa
Le lenzuola
Creare la nostra parete di lego
I peluches ovunque per la casa
Tutte la battaglie superate
Guardarsi e sapere già che si prenderà un campari
Trovare insieme la nostra strada
La prima pazzia fatta assieme a Sarnico...
Le code in autostrada
Le serate a rimini
Le nostre anime che con un abbraccio si uniscono
I punti neri che mi tartassavi ed io a te
Le notti abbracciati
Le giornate intere mano nella mano
Gli scherzi fatti a vicenda
Baci sul collo
Morderci le orecchie
Baci sul corpo
Carezze appena svegli
I grattini a qualsiasi ora del giorno e della notte
Film visti
Serie TV fino a notte fonda
Il sudore sulla pelle mentre dormiamo d'estate
L'amicizia che avevamo e la complicità che ci ha sempre contraddistinto
La nostra collana
Le serate a chiamarci per dormire insieme ma distanti
Abbracciarci in montagna per il freddo
Darti i miei vestiti quando in giro hai freddo
Siamo la nostra medicina
La crescita fatta in questi anni
Noi e solo noi
Il nostro futuro come lo immaginiamo
Ripartire senza paura di cadere insieme ci realizzeremo sempre
Ragioni per cui non dovremmo riprovarci
Non so cosa vuoi tu...
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