#ora sono per di più fuori
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Non c'entra niente col tuo solito tipo di content ma tu ormai per me sei il punto di riferimento di Tumblr Italia (e il mio centro informazioni personale lol) quindi volevo chiederti se sai qualche buon sito pirata in italiano????? Stanno veramente morendo tutti o serve l'iscrizione o ti appaiono 55 biliardi di pubblicità 🤧🤧🤧🤧 stavo cercando steven universe in italiano e mi è salita la voglia di prendere aria fresca fuori al balcone (fuori al balcone nel senso che non sono nel perimetro del balcone e sono in caduta libera)
WE SALVE BELOVED nessun problematica questo non è solo un blog tematico ma è anche un luogo di pirateria selvaggia 🏴☠️🏴☠️🏴☠️!!! Purtroppo in tutta onestà uso torrent meno di quello che sembra, per i torrent italiani mi aiutò sempre IlCorsaroNero, Limetorrent e PirateBay; ora come ora sono diventato grande fan di JDownloader però, con quello ti basta un sito di streaming di quello che ti interessa e te li scarica in bulk, molto comodo!!!
#ora sono per di più fuori#ma appena sarò sobrio hey beloved insomma che dire cerco di darti una mano nelle ricerche!!💛💛#frà risponde
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Sì raga ma voi non avete capito. Il marefuori di Carmine doveva essere Futura sapete da quando? Da quando è morta Nina. In sta stagione non si è cagato la figlia di striscio per 14 episodi ha fatto tutto il casino per Rosa e poi nell'ultimo minuto "eh sì lui adesso deve proteggere la figlia" LO DOVEVA FARE GIÀ 14 EPISODI FA. QUANDO AVEVA LA POSSIBILITÀ DI ANDARE VIA E HA PIANTATO I PIEDI A TERRA COME UN BAMBINO DI 5 ANNI PERCHÉ VOLEVA ROSA.
#non mi puoi dire ora 'eh ma il suo MareFuori è Futura'#perché dopo che hai passato due stagioni a scartavetrarmi le palle con questi due e a farmi vedere lingue che avrei pure evitato di vedere#io almeno mi aspettavo un'uscita di scena degna di chiamarsi tale e coerente#invece manco quello#quindi no non tirarmi fuori la carta del 'lo capirai quando sarai più grande' perché per me che sono grande e ho un bambino piccolo#al seguito Carmine che se ne frega di Futura è stato di un'antipatia allucinante dal primo momento#quindi a sto punto lo facevate stare con la tipa e basta#mare fuotag
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QUA CI SAREBBE STATO UN TITOLO ALTISONANTE MA QUESTA VOLTA NO
Trovo difficile spiegare quello che sto per raccontarvi, non perché provi vergogna o esitazione ma perché ho impiegato 23 giorni a capire cosa stesse succedendo e tutte le volte che mi fermavo con l'intenzione di parlarne, sentivo che le parole scritte non avrebbero reso il senso di quello che stavo provando.
Questa volta lo butto giù e basta, ben consapevole che le parole immiseriscono ciò che una volta fuori dalla testa non sembra poi così universale o interessante.
L'errore più grande che ho fatto in questi cinque anni (conto un anno prima della pandemia ma forse sarebbero pure di più) è stato credere di avere un equilibrio emotivo tale da poter prendere in carico i problemi e le sofferenze delle persone della mia famiglia.
Non solo, mi sono fatto partecipe e a volte risolutore dei problemi dei miei amici e una volta che sono stato in gioco mi sono reso disponibile ad ascoltare chiunque su questa piattaforma avesse bisogno di supporto, aiuto o di una semplice parola di conforto.
Ho sempre detto che una mano tesa salva tanto chi la stringe che chi la allunga e di questo sono ancora fermamente convinto.
Ma per aiutare qualcuno devi stare bene tu per primo, altrimenti ci si sorregge e si condivide il dolore, salvo poi cadere assieme.
In questi anni ho parlato molto di EMPATIA e di sicuro questa non è una dote che mi manca ma c'è stato un momento - non saprei dire quando e forse è stato più uno sfilacciamento proteso nel tempo - in cui non ho potuto fare più la distinzione tra la mia empatia e la mia fragilità emotiva.
Sentivo il peso, letteralmente, della sofferenza di ogni essere vivente con cui mi rapportavo... uno sgangherato messia sovrappeso con la sindrome del salvatore, insomma.
Sovrastato e dolente.
Mi sentivo costantemente sovrastato e dolente e più provavo questa terribile sensazione, più sentivo l'impellente bisogno di aiutare più persone possibile, perché questo era l'unico modo per lenire la mia sofferenza.
Dormivo male, mi svegliavo stanco, mangiavo troppo o troppo poco, lasciavo i lavori a metà e mi veniva da piangere per qualsiasi cosa.
Naturalmente sempre bravo a dispensare consigli ed esortazioni a curare la propria salute mentale ma lo sapete che i figli del calzolaio hanno sempre le scarpe rotte, per cui se miagola, graffia e mangia crocchette, bisognerà per forza chiamarlo gatto.
E io l'ho chiamata col suo nome.
Depressione.
La mia difficoltà, ora, a parlarne in modo comprensibile deriva da un vecchio stigma familiare, unito al fatto che col lavoro che faccio sono abituato a riconoscere i segni fisici di una patologia ma per ciò che riguarda la psiche i miei pazienti sono pressoché tutti compromessi in partenza, per cui mi sto ancora dando del coglione per non avere capito.
All'inizio ho detto 23 giorni perché questo è il tempo che mi ci è voluto per capire cosa sto provando, anzi, per certi aspetti cosa sono diventato dopo che ho cominciato la terapia con la sertralina.
(per chi non lo sapesse, la sertralina è un antidepressivo appartenente alla categoria degli inibitori della ricaptazione della serotonina... in soldoni, a livello delle sinapsi cerebrali evita che la serotonina si disperda troppo velocemente).
Dopo i primi giorni di gelo allo stomaco e di intestino annodato (la serotonina influenza non solo l'umore ma anche l'apparato digestivo) una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto di una cosa.
Non ero più addolorato per il mondo.
Era come se il nodo dolente che mi stringeva il cuore da anni si fosse dissolto e con lui anche quell'impressione costante che fosse sempre in arrivo qualche sorpresa spiacevole tra capo e collo.
Però ho avuto paura.
La domanda che mi sono subito fatto è stata 'Avrò perso anche la mia capacità di commuovermi?'
E sì, sentivo meno 'trasporto' verso gli altri, quasi come se il fatto che IO non provassi dolore, automaticamente rendesse gli altri meno... interessanti? Bisognosi? Visibili?
Non capivo ma per quanto mi sentissi meglio la cosa non mi piaceva.
Poi è capitato che una persona mi scrivesse, raccontandomi un fatto molto doloroso e chiedendomi aiuto per capire come comportarsi e per la prima volta in tanti anni ho potuto risponderle senza l'angoscia di cercare spasmodicamente per tutti un lieto fine.
L'ho aiutata senza che da questo dipendesse la salvezza del mondo.
Badate che non c'era nulla di eroico in quella mia sensazione emotiva... era pura angoscia esistenziale che resisteva a qualsiasi mio contenimento razionale.
E ora sono qua.
Non più 'intero' o più 'sano' ma senza dubbio meno stanco e più vigile, sempre disposto a tendere quella mano di cui sopra - perché finalmente ho avuto la prova che nessun farmaco acquieterà mai il mio amore verso gli altri - con la differenza che questa voltà si cammina davvero tutti assieme e io sentirò solo la giusta stanchezza di chi calpesta da anni questa bella terra.
Benritrovati e... ci si vede nella luce <3
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scrivania, computer, ora mi concentro, lavoro, fa freddo, mi faccio un tè arancia e zenzero, ho voglia di cioccolato, ho voglia di aver voglia di una scopata animale. di riuscire a farla, almeno le voglie, le attese, i dubbi, sto tornando invisibile, lo sento. le mie vecchie foto, com'ero bella quando ero felice. la paura, la senti la paura? zitta, cazzo, zitta i pensieri che tornano a boicottarmi. basta poco. idiota, che bella figura da scema prima. quando imparerai a stare zitta? devi stare zitta taci, sulle soglie del bosco non odo... non ascolto, lei viene qui per dirmi che le hanno trovato ancora "qualcosa", ma io stacco il cervello, volo via. sento "ago aspirato" e poi non sento più nulla, scusatemi, devo tornare a lavorare lavorare il mio tè, il mio computer, la mia scrivania tutto il mondo reale fuori, tutto il mio mondo dentro la mia testa stai tornando invisibile, non scappare, non scappo sono qui, però da sola
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In questo periodo sto passando molte notti fuori e lontano da casa per lavoro. Le trasferte mi sono sempre piaciute, ma ultimamente sto incassando il colpo e ci arrivo stanca. Gli alberghi sono sempre dignitosi. Mai belli, ma puliti e spesso con i balconcini. La sera è bello tornare in una stanza in cui tutto è a posto; il bagno è pulito, il letto è rifatto, il posacenere è svuotato e le scarpe sempre allineate al muro. Io, che le scarpe le butto dove capita, gioisco sempre e penso che una volta a casa devo iniziare a metterle così. Mi godo la sensazione, per qualche giorno, di non dover occuparmi di niente, nemmeno dei pasti. Altre persone lo fanno per me e mi sta bene. Una sensazione nuova per una che ha mania di controllo. Sto facendo progressi, penso. Stare in terapia da cinque anni mi ha aiutato, penso.
Mi metto seduta per terra in balcone e fumo. E penso che l’anno scorso ero sempre in questa città lontana, mentre mia nonna aveva un ictus che l’avrebbe portata lentamente via da me in cinque mesi. Penso che da allora le trasferte le vivo con un senso di angoscia sotto traccia. Penso di non aver avuto l’occasione di vederla lucida perché ero in un posto lontano da casa a lasciare che altre persone si prendevano cura di me. E penso, come ovvio che sia, a tutto il non detto, a tutte le occasioni mancate, alle strade percorse e quelle abbandonate, al tempo che passa inesorabile, ai quarantacinque anni che si avvicinano. E penso che una figlia me la meritavo. Il pensiero di maternità sempre rifuggito perché troppo voluto mi attanaglia ora che, pur volendo, madre non posso essere più. E sì, una figlia me la meritavo proprio.
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Sul passar della sera, torna ogni tanto a trovarmi un'eco di vita lontana, il ricordo della persona che ero, quando facevo il traduttore e mi sentivo al centro d'un mondo scavato nei libri, intriso di letteratura. Era il periodo in cui, alle giornate della traduzione di Roma, Ilide Carmignani mi salutava fra tanti (e io mi voltavo per capire se stesse davvero salutando me) e la mia preziosa mentore Emanuelle Caillat mi raggiungeva per sapere come stessi. Sembrerà sciocco, ma lo ricordo con affetto, mi sentivo parte di qualcosa. Poi cominciai a star male, perché tradurre m'intossicava, esaltando le mie peggiori compulsioni, e così smisi. Due anni fa Emanuelle mi scrisse per propormi la traduzione d'una nuova collana francese, delle storie che l'avevano fatta pensare subito a me. So bene con quanta fatica schiere di giovani traduttori e traduttrici lottino ogni giorno per emergere alla luce (e lungi da me sputare sul sogno che in molti vorrebbero realizzare), ma pur ringraziandola, rifiutai. "Ho chiuso" risposi, "Ormai sono fuori dal giro". Avevo appena aperto il doposcuola, un simile doppio impegno mi avrebbe devastato. Dispiaciuta (o forse delusa), mi pregò di scriverle se avessi cambiato idea. Non l'ho più sentita. Non fraintendetemi, non mi manca affatto tradurre, non a quelle condizioni, non mi mancano le scadenze assurde, le notti insonni, le insistenze per farsi pagare (mia croce da sempre, a quanto pare), ma seppur in silenzio, era bello sentirsi misera parte della dea Letteratura. Mi sentivo qualcuno. Ora invece mi guardo attorno, circondato da bambini, nel mio doposcuola, e so di non essere nessuno. Ma è la strada che mi sono scelto e va bene così.
#ogni tanto continuo a farlo a tempo perso#non so bene a cosa ho rinunciato#ma so di aver scelto di stare bene
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Non so se tutti si rendono conto delle dimensioni del disastro del settore automobilistico in Europa: gigantesco, epocale.
La causa non è la tecnologia, o i mancati investimenti (oddio un po’ sì, ma solo in parte): la causa è la forte crisi della domanda: in un mercato già in fase calante (per fattori economici, demografici, di stili di vita) la decisione di FISSARE una data (oltretutto stringente) per lo stop alla vendita delle auto termiche (unici al mondo) ha portato una tale incertezza negli acquirenti (cosa, come, ma soprattutto QUANDO comperare) che ha bloccato la domanda.
Provate a pensare all’effetto di milioni di cittadini che ritardano, anche solo di 1 anno, l’acquisto di un auto nuova, magari perché vogliono capire meglio che direzione prendere. Ne deriva un mercato dove la domanda va a intermittenza, o a piccoli strappi (tipo quando vengono reintrodotti gli incentivi per le auto elettriche). Il tutto con effetti devastanti sulla pianificazione industriale di un settore che ha cicli molto lunghi e investimenti enormi da fare per allestire gli impianti di produzione.
Un settore che occupa 13 milioni di lavoratori e vale l’8% del PIL europeo. Si stimava, l’anno scorso, che i posti a rischio fossero 1,5 milioni, ora sono molti di più. Volkswagen, ad esempio, ha appena rescisso il contratto collettivo sulla garanzia del lavoro: da gennaio i licenziamenti. Bosch a luglio ha raggiunto un accordo sindacale per un centinaio di esuberi in Italia, vediamo quanto dura.
Vorrei che fosse chiara una cosa però: il problema non è auto elettrica vs auto termica, quindi evitiamo di far partire la solita diatriba tra opposti supporter: il problema è aver messo una DATA DI SCADENZA. Una data di scadenza ha impatti forti sulla domanda di qualsiasi prodotto, figuriamoci su quella di un bene che rappresenta un investimento pluriennale.
Se una tale decisione fosse stata presa da un CdA ora i componenti sarebbero tutti a spasso, invece i politici che l’hanno presa sono ancora più o meno tutti lì, continuano a pontificare, e quel che è peggio, parte dell’elettorato gli dà ancora credito.
Voi direte: ma a suo tempo nessuno ha detto niente? Per la verità qualcuno, lato industria, ci fu, che disse che era una scelta folle, ma venne emarginato e bollato con lo stigma del “sei contro il progresso” (es. Tavares) ma ci fu anche chi sposò con entusiasmo l’idea, come il CEO di Volkswagen Diess, che è stato fatto fuori (anche) per questo.
Pagheremo a caro prezzo il fatto che nessuno abbia saputo fermare una decisione del genere, ma quel che è peggio è che non sembra proprio che abbiamo ancora sviluppato gli anticorpi per contrastare le follie ideologiche, che trovano invece ancora largo seguito.
Spiace pensare che solo una crisi profonda, che pagheranno tutti i cittadini, ci aiuterà, forse, a non commettere di nuovo certi errori.
Mauro Rizzi
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Discorso tenuto da Daniele Leppe davanti al papa nella Basilica San Giovanni in Laterano, in data 25 ottobre 2024.
Ringrazio Sua Santità e ringrazio il Vicariato di Roma per questa opportunità unica. Nel ringraziarLa Le rappresento una realtà invisibile, quella di una trincea dove anche Dio ha abbandonato tutti.
Credo di essere la persona meno adatta a raccontare il disagio che vivono le nostre periferie.
Nella vita di tutti i giorni faccio l’avvocato. Sono nato in un quartiere popolare di Roma, figlio di un impiegato e di una casalinga, una famiglia semplice che mi ha dato la possibilità, con molto sacrificio, di studiare. Per questo ho deciso di restituire ai quartieri dove sono nato e cresciuto un po’ della fortuna che ho avuto. Ho messo a disposizione la mia professionalità per aiutare le persone più semplici, gli ultimi quei dannati che non sanno di esserlo, gli abitanti dei quartieri popolari di questa città, troppo spesso dimenticati, che troppo spesso tornano ad essere cittadini come gli altri solo in occasione delle campagne elettorali.
Al di fuori della mia attività lavorativa, esercito il mio volontariato professionale in due quartieri difficili di Roma: Tor bella monaca e il Quarticciolo.
Il primo, nato nei primi anni ‘80, rappresenta l’ultimo intervento di edilizia pubblica fatto nella capitale, che doveva essere un quartiere modello e che, invece, è diventato il terzo carcere a cielo aperto della capitale: ci vivono ben 800 persone agli arresti domiciliari.
Il secondo, il Quarticciolo, anch’esso ultimo quartiere popolare edificato, ma questa volta durante il fascismo, negli anni 40, che è rimasto tale e quale a 80 anni fa.
A Tor bella monaca collaboro con l’associazione Tor Più Bella di Tiziana Ronzio; una donna che da sola combatte una lotta senza sconti, e per questo paga lo scotto dell’isolamento umano, contro gli spacciatori, che dispensano la vita e la morte in quel quartiere. Tiziana è riuscita, da sola, a liberare dal controllo della criminalità organizzata il suo palazzo, in via santa Rita da Cascia, con un effetto domino su tutto il comprensorio di case che costeggiano la via.
Ha lottato per i suoi figli e per le persone che vivono nel suo palazzo, e per questo paga un prezzo altissimo.
Vive sotto scorta ogni ora della sua giornata perché la sua vita è in pericolo. Non può uscire da sola nel quartiere. Riceve continue minacce da parte della criminalità organizzata mentre le Istituzioni non riescono ad andare al di là di una solidarietà formale.
Non sappiamo nemmeno quante persone abitino in quel quartiere.
Le statistiche parlano di 28000 persone, ma poiché molti degli immobili pubblici sono occupati, i dati non corrispondono alla situazione reale. Nel quartiere ci sono 14 piazze di spaccio. Gli spacciatori, il primo datore di lavoro del quartiere, pagano le vedette, i pusher; le famiglie che nascondono la droga nel proprio appartamento, corrompono l’anima dei giovani e privano le persone di un futuro dignitoso.
C’è una presenza altissima di ragazze madri con figli nati da relazioni diverse, con mariti ristretti in carcere. Di anziani disabili. Di povertà, educativa e alimentare. Accanto a un tessuto sociale straordinario colpisce, nell’anno giubilare, l’assenza delle Istituzioni, che intervengono nel quartiere solo come forza repressiva e per questo sono viste come nemiche, incapaci di comprendere il disagio e le difficoltà di chi vive nella povertà.
Sembra di assistere ad una sorta di tacito patto sociale in questa città.
Nei quartieri poveri della capitale viene lasciata vita facile alla criminalità organizzata più invadente, per consentire agli abitanti della Roma bene di vivere in tranquillità.
La mia attività, in realtà, non è tanto giuridica: il più delle volte mi occupo di collegare i fili immaginari fra i poveri diseredati e le Istituzioni, per risolvere problemi che altrove sarebbero semplici, ma che in condizioni di povertà diventano insormontabili.
Le condizioni di degrado umano, abiezione, povertà, sono indicibili.
Donne che vendono il proprio corpo per comprare la droga, genitori in mano ad usurai per pagare i debiti contratti dai figli, bambini che crescono con i nonni, famiglie distrutte dalla droga e dalla povertà.
Quattro mesi fa ho partecipato ad una messa tenutasi in ricordo di un bimbo morto nel quartiere a causa dei ritardi nei soccorsi provocati dalla rottura di un ascensore e di una ragazza morta investita lungo via di Torbellamonaca.
La messa si teneva di domenica mattina, dietro la famigerata R5, un complesso popolare situato in via dell’Archeologia attualmente in ristrutturazione. Per entrare nel complesso ho contato 4 ingressi. Ognuno di questi ingressi era presidiato da spacciatori che, come in una sorta di confine immaginario, segnano l’ingresso fra il dentro e il fuori. Questo accadeva in pieno giorno, senza alcun imbarazzo, a pochi chilometri da qui.
Quando iniziai a lavorare nel quartiere ho conosciuto una donna che viveva prigioniera degli spacciatori. Il figlio aveva contratto un debito con uno di essi. Non riuscendo a pagarlo, è fuggito. Alla madre hanno bruciato l’attività imprenditoriale per vendetta. Non sa dove è andato a vivere il figlio e non vuole saperlo. Lo fa per proteggerlo. Lo sente solo con telefoni usa e getta. Lei continua a vivere nello stesso quartiere dove è cresciuto il figlio e dove riceve le minacce dei criminali per il debito contratto del figlio. Sembra un altro mondo. Siamo a 10 km da San Giovanni. Non sembra di essere in un paese ricco, in una democrazia liberale.
Il Quarticciolo, invece, è l’esempio dell’abbandono pubblico - né più né meno come Tor bella monaca - e della capacità delle persone di reagire, costruendo una speranza concreta per i più poveri.
Li collaboro con un’associazione; Quarticciolo ribelle, composta da ragazzi e ragazze che, finita l’università, hanno deciso di andare a vivere in quel quartiere, cui si dedicano giorno e notte.
Anche il Quarticciolo è una nota piazza di spaccio di Roma.
Come tutti i quartieri di edilizia popolare, la povertà economica e sociale e l’abbandono del patrimonio pubblico da parte delle Istituzioni costituiscono l’humus ideale per la proliferazione della criminalità.
In quel quartiere gli spacciatori smerciano la loro roba seduti su comode sedie agli angoli delle strade, in particolare vendono crack, che trasforma i ragazzi che ne fanno uso, in zombie che girano come morti per il quartiere. È un quartiere dove la polizia di Roma capitale ha paura ad entrare e ha bisogno di un parcheggio privato per i propri poliziotti per evitare che le macchine siano vandalizzate, dove gli spacciatori minacciano gli operai delle ditte dell’Ater in occasione dei interventi per la manutenzione degli stabili, e tanto altro ancora.
I ragazzi di Quarticciolo Ribelle costruiscono, invece, giorno per giorno, un’alternativa possibile, con il loro esempio e con le loro attività.
Nel quartiere hanno realizzato una palestra popolare dove i bambini e le bambine sono seguiti, direi accuditi, e tenuti fuori da ambienti malsani.
I familiari i che non possono permetterselo, non pagano rette. Questi ragazzi, che come detto si sono soprannominati Quarticciolo Ribelle, hanno organizzato il doposcuola per i bambini.
Hanno creato, nel deserto, un ambulatorio sociale che interviene laddove lo Stato arretra.
Cercano di creare lavori, fornendo un’alternativa concreta, con un birrificio, una stamperia.
Come dicono loro, dove tutto chiude, noi apriamo.
Supportano le famiglie nei colloqui con i servizi sociali e nei colloqui scolastici.
Collaborano con l’università nell’immaginare un possibile alternativa.
Coprono buchi.
Danno ovviamente fastidio. Innanzitutto alla criminalità, che prospera laddove è maggiore il bisogno. Ma anche alle Istituzioni. Sono sentinelle attive che denunciano, senza sconti, le loro mancanze, le loro lacune.
Raccontano di come i prezzi delle case, sempre più insostenibili, allontano i poveri dalla loro città, trasformata in una Disneyland per ricchi e turisti.
Collaboro con associazioni scomode con problematiche insostenibili.
Perché la povertà e l’abbandono sono scomode.
�� più facile costruire una cancellata, un recinto, un ghetto, per occultare la realtà che dare risposte concrete ai bisogni dei poveri.
Con tristezza infinita sono costretto a constatare che gran parte degli interventi pubblici delle Istituzioni per onorare il giubileo, nato anche per la promozione della dignità di ogni persona e per il rispetto del creato, non siano stati investiti e utilizzati per dare dignità agli abitanti più sfortunati della nostra città ma per rendere più comodi, belli e sicuri i quartieri bene della Città Santa che santa non può essere se non apre gli occhi sulle povertà diffuse che la popolano.
#roma
#giubileo
#periferie
#realtà_vs_belleparole
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Ilaria Cucchi
Seguire i soldi.
Basta seguire i soldi e viene fuori il nitido ritratto di famiglia di questo governo.
Il Domani ha rivelato che la fondazione Alleanza Nazionale ha contribuito con 30mila euro all’acquisto di un’immobile.
La fondazione vede nel Cda due vertici di FdI, Fabio Rampelli e Arianna Meloni.
Fabio Rampelli per chi non lo sapesse è il vicepresidente della Camera.
Arianna Meloni credo non abbia bisogno di molte presentazioni.
Ecco, i soldi della fondazione sono andati a pagare non un’immobile qualsiasi, ma la sede del Msi di Acca Larentia.
Ma soprattutto non è un’associazione qualsiasi quella che l’immobile l’ha acquistato.
È l’associazione Acca Larentia.
Non serve un grande sforzo di immaginazione per capire di che si tratta.
Lo raccontano i loro profili social: propaganda fascista e lunghissimi appelli per ricordare i camerati scomparsi.
Io non lo so, come tutto questo può essere considerato normale.
Forse non interessano i legami tra la prima forza di governo e queste idee, che hanno provocato solo morte e distruzione.
Ancora peggio, forse non interessa che la prima forza di governo sia anche queste idee, visto che, lo ribadisco, seguendo i soldi non viene fuori una semplice foto di gruppo ma un vero e proprio ritratto di famiglia.
Ora so già cosa succederà.
Riempiranno le reti a suon di vittimismo, butteranno la vicenda “in caciara” e tutto risolto fino al prossimo scandalo.
Niente di più facile per loro, purtroppo.
Spero solo una cosa, che alla fine l’indignazione abbia la meglio sulla loro mancanza di dignità
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La verità... è che non me ne frega più di niente.
Delle bugie e dei tradimenti di falsi amici o parenti.
Dell'amore e degli uomini.
Di essere stata relegata al lavoro, visto che non sono una leccaculo, al ruolo di... guardarobiera? Receptionist?
Non me ne frega niente dei viaggi a cui dovrò rinunciare - anche quello del sogno - o di dovermi negare qualsiasi sfizio.
Non me ne frega niente dei vestiti, delle scarpe, delle mostre e dei cinema.
Delle cene fuori o delle feste.
L'unica cosa di cui mi importa, ora, è la mia casa.
E non me ne frega niente dei sacrifici che faccio e dovrò fare.
Se solo l'universo per una volta, una cazzo di volta, guardasse nella mia direzione...
Perché niente ha più importanza se non la mia casa.
Barbara
#ma per una cazzo di volta potrò vedere un mio desiderio avverarsi?#se solo l'universo mi restituisse quello che mi ha tolto...#foto personale#pentesilea
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“Nonoo” questa mattina sei venuto a mancare e dopo aver lottato per altri tre mesi, anche se in ospedale ti avevano dato pochi giorni, ininterrottamente non hai mai mollato quel filo sottile che divide la vita dalla morte; anche contro le tue volontà a testa alta col tuo carattere (in cui non mi rispecchiavo) sei riuscito a tenerti vivo, ahimè, purtroppo, la morte vince si tutto, non ha pietà.
Fin da piccolo il tuo sogno era di vedermi guidare, cosa che se pur col tempo ho saputo apprezzare non ho mai amato fare come te, prima che l’infarto ti colpisse definitivamente ti avevo fatto una promessa, di portarti a vedere un gran premio di formula uno, da noi tanto amata, questo seppur per evidenti problemi economici non mi avrebbe mai impedito di non farlo, però non avresti avuto le forze, anche se immagino che ti saresti commosso, anche se una persona come te era difficile vederla piangere.
Abbiamo avuto periodi in cui ci costruivamo mentalmente dei muri invisibili e proprio per la differenza del nostro carattere questo ci ha ferito entrambi, fuori sicuramente eravamo orgogliosi ma il problema poi è sempre dentro, quel peso che a lungo andare ti consuma fino a trasformalo in malattia.
Col senno di poi siamo bravi tutti, tu hai le tue responsabilità e io le mie, non esistono santi, nessuno di noi due ha vinto o perso, nonostante abbiamo sofferto, ci siamo riavvicinati pian piano, con più fiducia e lo abbiamo fatto raccontandoci la mia, la nostra infanzia, nostra perchè alla fine hai passato davvero tanti anni assieme a me quando ero piccolo, io non dimentico i tuoi errori nonno, ma nemmeno il bene che mi hai fatto, la tua immensa disponibilità per me e la mamma quando aveva bisogno di essere portata per lunghi anni su e giù in ospedale, sappi che queste cose rimarranno impresse nella mia testa, perché col tempo, forse crescendo, anche se ancora mi vedo, sai, un po’ bambino, quel Mattia che era il tuo idolo, che doveva essere il migliore di tutti, ma che in realtà voleva solo essere come tutti, e che quei tutti avessero il mio stesso cuore, quella bontà che col tempo è pian piano svanita.
Chi si dimentica di tutta quella gente che ci Incontrava in bici la mattina presto?
La tua felicità negli occhi, nel vedere come tutti si fermassero a guardarmi, a parlarmi e a sottolineare il fatto che il sorriso non mi mancasse mai.
Si andava a prendere il pane, ne volevo subito un pezzo, ci fermavamo a vedere tutti i cani della via con la speranza che rispondessero alle mie parole, e restavo lì convinto fino a quando sentivo abbaiare e tu mi davi conferma delle loro risposte.
Che periodi, cercavo sempre mia mamma, purtroppo per via del lavoro per me era come stesse via intere settimane ma in realtà così non era, però tu ben sapevi quanto io sia legato a mamma, e tranquillo ricorderò sempre quanto anche tu lo fossi, anche se spesso avevi qualcosa da ridere per via del tuo carattere ricorderò le tue ultime parole: “La mamma è la donna più intelligente che ho conosciuto, fin troppo buona e disponibile per tutti, voglio che lei lo sappia”.
Potrei scrivere un libro, non un poema su ciò che abbiamo vissuto insieme, sei stato la mia infanzia, il mio periodo preferito, lo rivivrei mille volte, nonostante il tuo modo di essere, ma chi sono io per giudicare? Certo, quello che penso lo dico, come hai sempre fatto tu, ma allo stesso tempo non mi nasconderò mai come non giudicherò mai!
Ora stai vicino alla nonna, e assieme fatemi il regalo più grande, che non sono i soldi, non sono una vita di successi, ma la speranza di vedere vostra figlia, mia mamma, stare un po’ meglio.
Solo questo.
Il pensiero rimbomberà sempre nella mia testa, fra cose belle e cose brutte, ma per vivere di questi tempi, bisogna affidarsi solo all’amore, lo sai nonno no?
Quella piccola parte di odio che io ho sempre avuto verso la mia generazione, e tu, verso chi ben sapevi, era molto simile, però se fossi qui so che con un sorriso, e magari una lacrima, diresti: “Qua te ghe rason”.
Ciao caro nonno, ti voglio bene❤️
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Oddio devo ancora guardare il documentario della fagnani
#quasi finito il libro del maestro ora questo servizio bellissimo del fuori tg#manca quel documentario poi ho visto praticamente tutto quello che esiste sulla giustizia minorile in italia#cioè niente#perché a quanto pare la trasparenza non sanno cosa sia e non si deve nemmeno sapere che esistono gli ipm#è che non sono manco più dentro p*nshare quindi non è che posso tipo fare le live con le associazioni o che#per saperne di più#ma scriverò quell'articolo prima o poi
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#che ridere una mia compaesana si è sposata e al pranzo c’era praticamente il tavolo delle lesbiche#aka sua sorella e la sua ‘amica’* e altre due che invece sono out and proud#incredibile comunque il numero assolutamente fuori proporzione di lesbiche del mio odiato paesello di provenienza#* cioè un tempo era gossip ora spero che le persone interessate [amici e familiari] sappiano che stanno insieme e che siano tutti felici#perché insomma a 30+ anni nel 2023 fare ancora lo sceneggiato della figlia non maritata che di accompagna alla sua amica storica anche no#fun fact quando anni fa si usava ancora Facebook ogni tanto condividevo qualcosa per rendere nota la mia opinione a grande richiesta#di nessuno. ed erano quasi sempre robe a tema lgbt o anticlericale con risvolto lgbt. e queste due erano sempre il mio pubblico più fidato#mi mettevano sempre like🫡🥺#mia madre: eh si vede che si vedono nel tuo pensiero. il mio pensiero: 🏳️🌈
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La pizzeria è gremita e i tavoli sono occupati da precoci coppiette giunte ben prima dell'ora più consona alla cena, forse per finire velocemente e correre in casa ad accoppiarsi. O forse perché vivo a Vienna e qua cenano quando i comuni mortali normalmente fanno merenda. Inutile che sfotto, se sono entrato in pizzeria a quest'ora è perché pure io sto morendo di fame. Conosco la capo sala, ha letto il mio libro e dato che mi saluta ancora devo dedurre che non le ha fatto schifo. Le chiedo se posso mettermi al bancone, sono da solo, fuori fa freddo e ho fame, che mi basta una margherita e me ne vado. Annuisce e i suoi occhi si fanno compassionevoli. Non faccio in tempo a sedermi che il ragazzo al bancone, notando la mia condizone solitaria, mi porge una birra che non avevo ordinato. Mi sorprendo e dico che ci deve essere stato un errore, che ancora non ho chiesto nulla. Mi risponde che fa lui, posso stare tranquillo. Io desideravo una coca-cola e ora mi tocca bere una birra offerta accidenti. C'è una seggiola di fianco a me con una giacca poggiata, la proprietaria mi chiede se desidero che la sposti, le dico che non serve, tanto non arriva nessuno. Mi sorride e torna a limonare con un barbuto uomo di quasi due metri. Più passa il tempo più gli alti mi stanno sul cazzo e vorrei segargli le gambe mentre dormono. Poi mi ricordo di essere sopra la media in Italia (e anche in Sud America) e torno a concentrarmi sulla sala. Ci sono davvero solo coppie, uscite per festeggiare la ricorrenza amorosa. Noto con piacere un cospicuo numero di tavoli occupati da persone dello stesso sesso che si tengono per mano. Sorrido per loro. Che belli che siete, godetevi questo momento, vi lascerete anche voi, non temete. Il volume della musica è troppo alto, decido di mettere le cuffiette e ascoltare qualcosa di diverso, un concerto per orchestra a tema videogiochi giapponesi, tanto sono da solo, non devo interloquire con nessuno. Mentre divoro la mia margherita penso a San Valentino. Al fatto che come festa non serva a molto, a meno che tu non abbia 16 anni e bisogno di un pretesto per scopare. Ma è utile per chi come me la vede come un post-it, messo per ricordardati di essere grato a chi ti vuole bene. Anche se non te lo meriti perché fai schifo come essere umano. Anche se dovresti ricordartelo ogni giorno ma tra una cosa e l'altra ti passa per la testa e allora eccoti una data. Una volta all'anno, fai sto sforzo e scrivi a chi ti vuole bene, scrivi quanto ti ritieni fortunato ad avere qualcuno che ti sopporta. Servono a questo le feste. Natale per ricordarti di ringraziare la famiglia. Il compleanno per ricordarti dell'esistenza di qualcuno. L'onomastico per ricordarti pure come si chiama. Ferragosto per ricordarti che l'estate sta finendo. Pasqua boh, non lo so, per ricordarti che è possibile uccidere una divinità forse. Finisco la pizza e mi arriva un'altra birra che ancora non ho ordinato. Mi giro in sala per capire a chi ho fatto pena stavolta. Nessuno mi guarda. La finisco contro la mia volontà e mi dirigo a pagare il conto. Mi viene detto dalla capo sala che oramai faccio parte della famiglia, che posso considerarmi un cugino acquisito e che quindi mi basta darle la metà della metà di quello che avrei dovuto dare. Quanto adoro fare pena. È il mio superpotere. Birra gratis, pizza scontata e posso andare a letto con la pancia piena. Una coppia mi avrà notato e ora sarà nata una discussione, prima di fare l'amore. "Tesoro, voglio adottare un triste italiano solitario, hai visto quanto era carino mentre mangiava la sua pizza, starebbe così bene con il nostro arredamento". Qualcun altro avrà girato un video che diventerà virale su tiktok e dove magari vengo insultato. Poco mi interessa. Torno a casa dal mio gatto, gli dico che lo amo e che sono grato ci sia lui a volermi bene. Lui, per tutta risposta, vomita sul tappeto. L'amore è un linguaggio variopinto e maleodorante talvolta.
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Sorelle di sventura e tutti quanti convivono con chi ha a che fare col mostro, leggete qui.
Io sono un po' fuori dal mondo e non so se hanno fatto TG in edizione straordinaria o se hanno interrotto gli europei per darne notizia. Notizia che scopro solo ora.
Questa cosa è importante. Fondamentale, cazzo. E lo scrivo con la paura nelle dita.
Cercherò di saperne di più.
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Ok facciamo un riassunto di questo 2023....giusto per salutarlo...
Cosa posso dire...che dopo tanto tempo ho imparato ha capirmi...che finalmente mi piaccio...così come sono....piena di difetti...mezza matta....ma sicuramente fuori dagli schemi...sono una gran lavoratrice... cerco di essere una buona mamma....(ma che fatica a volte 🤣).... credo molto di più all amicizia che all Amore...un po' più cinica...ma soprattutto...più schietta e sincera ... ecco ....detto questo ora passiamo ai ringraziamenti a tutti gli amici colleghi famiglia...che hanno fatto parte di questo mio 2023 e spero con tutto il cuore di trovarvi tutti nel 2024 felici e sereni...con tanta fortuna... Vi auguro di viverlo al meglio....Amate...ridere...piangete...ma l'importante è essere protagonisti... della nostra vita...
Buon fine Anno....ma soprattutto
Buon 2024.... Auguri....🎇🎊💯❤️
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