#oggi mi viene in mente di dire questo
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Arisa
Fa discutere il post di Arisa su Instagram in cui lei nuda dichiara di cercare marito. Certo forse Instagram non è il posto migliore dove cercare una relazione seria, ma quello che mi colpisce è altro.
Da una parte le critiche da parte spesso di donne, dall’altra le critiche di chi la definisce bifobica perché tra le preferenze di possibili candidati mette una postilla in cui dice che cerca uomini cui piaccia l’organo genitale femminile e soprattutto il suo.
Devo dire che quest’ultima critica mi ha lasciato alquanto perplesso.
Detto ciò, le auguro di trovare ciò che cerca.
#Arisa#oggi mi viene in mente di dire questo#momenti di riflessione#riflessioni da wc#comunque è una bella donna#zero solidarietà femminile
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Ieri pomeriggio è venuto papà in negozio, a sorpresa. Così. Non che ci sia nulla di strano, ma un po' mi fa sorridere questa cosa. Io e mio padre non abitiamo vicinissimi, lui abita in centro a Roma, io fuori in un paese. È venuto e abbiamo passato il pomeriggio insieme a chiacchierare mentre lavoravo. L'altro ieri mi ha chiamata per chiedermi un consiglio su alcune delicate dinamiche familiari, questa estate siamo stati molto l'uno di supporto all'altro per queste dinamiche micidiali (non si capisce per quale motivo si dice parenti serpenti e non parenti pezzi di merda). Insomma, nell'ultimo periodo sento che i miei consigli sono per lui importanti e di supporto, sento che ha bisogno di sentire la mia campana e questa cosa mi stupisce piacevolmente ancora un po'.
Negli ultimi anni papà si è smussato. Non voglio dire cambiato perché non sarebbe il vocabolo giusto. Si è calmato? Forse. Si è rasserenato? Eh, dai, forse sì. Sì è rassegnato? In alcuni casi sì. Ma sono tutte accezione positive del termine e io sono una vera sega a parlare quindi meglio di così non riesco a spiegarlo. Penso spesso a quando è cominciata questa sua variazione da "orso" a "orsetto" e non so bene a cosa attribuirla. Un misto di pensione/nonnitudine/vecchiaia e di certo la malattia di nonna. Veder passare una donna da totalmente indipendente, dinamica, con una vita così piena e attiva che se solo ci penso io oggi mi viene il fiatone, ad una nonnina con la testa che fugge e si stacca, che ha bisogno di un aiuto pratico per quasi tutto, nel giro di pochi mesi, è stato devastante. Lacerante. Sono convinta che questo lo abbia molto scosso. Come scuote e percuote me, anche solo a scriverlo, con le lacrime agli occhi. Perché mia nonna è il mastodontico perno di questa grande famiglia chiassosa, stronza e dispersa nel mondo, che nonostante tutto amo. Comunque...
Io e mio padre siamo sempre stati connessi. Culo e Camicia. Quando ci chiamavano così io immaginavo un culetto pallido con dei bottoncini attaccati alla pelle (che ero io) e una camicia azzurro chiara che si abbottonava perfettamente su quei bottoncini (che era papà). Eravamo uguali. Fumantini. Forti. Spigolosi. Tuonavamo. Ma anche molto divertenti e buffi. Poi lui se n'è andato di casa e mi ha lacerato il cuore. "La persona che odio e amo di più al mondo", solo così riuscivo a pensare a lui nella mia mente in quel periodo, in quei merdosissimi anni che la mia mente vuole ricordare solo a sprazzi. In quel periodo ho eruttato come un vulcano violento, contro il mondo, ma soprattutto contro di lui. Poi col tempo, ci siamo ritrovati, ritrovati veramente, dentro, perché fuori non ci siamo mai persi. So che il mio giudizio su di lui in quel periodo ha pesato come un macigno, ma è giusto che sia così. Oggi siamo sempre molto simili, ma siamo entrambi cambiati. Io, come lui, mi sono smussata.
Mi piace questa nuova fase della nostra vita dove oltre a figlia che può essere portata in braccio fuori dai rovi come un cerbiatto delicato, sono anche la figlia che hai bisogno di sentire per un parere, quella che parlando, in un continuo brainstorming incasinato e mal parlato, ti fa riflettere e ti apre finestrelle nella mente che tenevi chiuse senza volerlo.
Se penso a questa nuova nostra fase la prima immagine che mi viene in mente è il giorno di ferragosto di quest'anno. Dopo il classico pranzo sotto le montagne, con le tante famiglie della nostra gigante famiglia, tante risate e tanto buon cibo abbiamo portato nonna a riposare e io ho cominciato a pensare ai miei zii, a cosa si stanno perdendo vedendola poco o niente, a come sono lontani, come cerchiamo di includerli e ci scanzano, la scanzano. Ho raggiunto papà, su una panca vista ghiacciaio, e ho cominciato a parlarne con lui, piangendo. Non per me, sticazzi di me, ma per nonna. Ho rotto i miei argini. Ho pianto per tanto tempo, vomitando bile su questa situazione che ci fa stare una merda, urlando e singhiozzando, quando senti la pelle bollente dalla rabbia e gli occhi rossi, con mio padre che mi ascoltava, mi parlava, mi consolava, mi stringeva la mano, guardava le montagne e piangeva. Un triste e rassegnato consolarsi a vicenda.
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Gramellini stamani, ha raccontato sul fondo della prima pagina del Corriere della Sera, del libro che ha appena finito di leggere.
Un libro che ieri, ahimè, ho letto anch'io sul treno, un treno puzzolente, sporco, pieno, sudato, in ritardo.
Un libro che è ambientato in una società distopica, dove due trentenni su tre sono ancora a casa dai genitori e dove uno su dieci è ancora sotto la soglia minima di povertà. Un libro che ha scritto l'ISTAT (ah, marrani! proprio ora, proprio adesso che ci sono le elezioni!), un testo terribile e paradossalmente gratuito.
Quindi un libro per cui non sono previste promozioni nelle librerie, in TV, alle radio, neanche nessun post con supporter adoranti, nessun selfie né, tantomeno, firmacopie.
Un libro che mi riporta ad un altro libro, "Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, scritto nel '53 in cui si descrive una società distopica in cui leggere o possedere libri è reato.
Nel libro dell'ISTAT il reato è l'utilizzo della logica.
Perché basterebbe leggere la prima pagina di testo, al punto 1.1., a circa metà pagina dove dice: "Le quotazioni delle materie prime energetiche hanno continuato a mantenersi moderate. Nella media del 2023, il prezzo del Brent è stato di 82,6 dollari al barile, oltre il 17 per cento al di sotto dell'anno precedente (99,8 dollari)..."
Basterebbe questo.
E mi viene in mente quello che ha scritto su un altro fondo di prima, sulla Stampa, Mattia Feltri. Basterebbe questo per tornare indietro, a cinque anni fa, e ricordare il video dell'attuale presidente del Consiglio che dal benzinaio, poco prima delle scorse europee, con un biglietto da 50 euro raccontava che 35 euro del suo pieno andavano (e ancora vanno) ad uno stato tiranno. Lei le avrebbe tolte quelle accise lì, se fosse stata scelta.
È stata scelta!
Quelle accise sono ancora li.
Anzi, adesso metteranno tasse anche sulle auto elettriche visto che non riescono ad avere gli stessi numeri di consumo sui carburanti. Continueremo a pagare la filiera del potere, della corruzione, dell’inefficienza.
Un po' come quelli che aspettavano il treno in banchina oggi, un treno cancellato, così, senza nessun motivo da raccontare, da dire, da giustificare agli utenti.
lo sono partito con venti minuti di ritardo, un caos bestiale e quella gente era ancora lì.
Gente che lavora, magari gli stessi raccontati dall’ISTAT, quelli che nonostante l'impiego lo possiedano, non riescono comunque a garantire la sopravvivenza ai loro figli. 9,8 su cento secondo quel libro (basterebbe guardare la figura 2.5 del libro, dove si parla di retribuzioni lorde annue, una figura eh, non c'è da leggere).
E quel binario vuoto, con le bestemmie, gli zaini, i messaggi ai familiari, le richieste di informazioni chieste ai capitreno che non sanno nulla, mi hanno fatto pensare al libro di Bradbury e alle colpe che si hanno se oggi ancora leggi.
Perché se leggi, poi delle domande te le fai.
Al contrario degli slogan che ti fanno sentire tronfio, contento per una sciocchezza, il libro necessita di capacità ulteriori.
I libri, contrariamente agli slogan, ad esempio, moltiplicano l'esperienza. Gli slogan la confondono.
Ecco, quel binario sembrava la metafora della vita attuale. Dell’Italia oggi.
Perché nonostante tu paghi soldi "buoni" per i biglietti, per gli abbonamenti, per i servizi, poi in questo racconto distopico, capita che quei biglietti, abbonamenti, servizi, all'improvviso spariscano.
Senza nessun motivo che tu possa comprendere o per cui tu possa chiedere compensazioni, o semplicemente spiegazioni.
Come quando un treno fa una linea diversa e tu rimani lì, con il tuo appuntamento del cazzo che fallisce perché qualcuno dice (se ti va bene altrimenti lo subisci e basta) che oggi, guarda un po', ci mettiamo 30 minuti di più perché passiamo sulla linea Bangalore-Varanasi.
Un mondo in cui le bugie sono le uniche certezze.
Come se tu andassi al bar a chiedere un tramezzino, lo paghi e il barista ti dica: "il tuo tramezzino arriva fra venti minuti".
O, ancora peggio, "non c'è più".
Al bar te ne puoi andare. In stazione ti attacchi al cazzo (cit. un pendolare storico accanto a me).
Ah, dimenticavo, quel libro dell’ISTAT, ripeto gratuito, parla di noi. Noi che abbiamo ministri, sottosegretari, presidenti di Regione rinviati a giudizio o indagati.
In Germania un ministro si dimise per aver copiato una tesi.
Da noi ...vabbè lasciamo stare
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Giornata così.
Mi avevano avvertito che anche se mi sto riprendendo potevo avere una ricaduta, eccola. Ieri sera c'era una festa, stamattina lo yoga, dovendo scegliere ho preferito yoga sono tornato a casa presto sono andato a letto e stamane mi sono svegliato con i crampi e fuori pioveva a dirotto, quindi niente yoga e niente festa. Ho fatto la mia routine e poi ho sistemato un casa e ho pranzato, mi sono lanciato sul letto per un riposino e quando mi sono svegliato stavo na merda. Allora mi sono vestito e sono andato in pizzeria, il pizzaiolo era incazzato perché è stato tutto il giorno solo, nessuno si è fatto vivo, gli ho detto che poteva scrivermi che venivo ad aiutarlo, ma mi ha detto che lui stipendia delle persone che dovevano essere la, uno era quello che organizzava la festa ieri, gli altri penso che sono andati alla festa. Fatto sta che na mezz'ora gli ho dato na mano.
Al bar danno, sicuramente sarà ancora in proiezione, un film sulla Palestina, si il tizio si è lanciato su sta crociata tanto di cappello ma è come pisciare controvento secondo me soprattutto qua dove le persone sono inquadrate al 100% (per non dire lobotomizzate). Fatto sta che dopo 5 minuti sono tornato a casa (fortuna che abito a uno schioppo), non ho proprio lo stato d'animo adatto in questo momento per sorbirmi la merda degli altri quando ancora non ho digerito la mia, non è egoismo ma sopravvivenza per la mia psiche. Lo so, una volta ero attivo sul lato della verità, ma da qualche anno non seguo più niente se non leggendo qua qualche post a riguardo quindi li prendo con le pinze, non me ne vogliate. Io comunque abborro ogni forma di guerra e violenza, soprattutto psicologica che ultimamente sembra essere forse l'arma più forte.
Ho scambiato qualche messaggio con Spock e giustamente mi ha detto che me l'aveva detto, lo sapevo. Forse oggi mi sono reso conto che l'unico che può veramente aiutarmi in questa situazione sono io e solo io, gli altri possono solo alleviare qualche momento, gentilissimi e magari inconsapevoli.
Sono tornato a casa per mettermi a suonare, ieri mi è venuta in mente una cosa che vorrei provare con il no-mixer-input e la chitarra, sperando che il mixer regga, vediamo cosa esce; mi viene anche difficile in questo periodo suonare decentemente, ma so che passerà come è sempre stato e riprenderò a tempo debito, anche se il tempo è ridotto visto il mio desiderio di andare via da qua, forse dovrei lasciare perdere di fare qualcosa qua e pensare al prossimo passo, ma mi piacerebbe comunque lasciare un bel ricordo di me qua facendo una performance, vediamo come vanno le cose.
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Essere tornata a casa mi sta aiutando a fare i conti con alcune parti del mio passato: mi tornano in mente alcuni episodi e da lì inizio a rielaborare vecchi pensieri che facevo. Capisco meglio allora alcune vecchie situazioni, me le racconto diversamente o mi do una spiegazione a determinate conseguenze. Oggi in particolare ripensavo a quanto il mio inconscio sia stato comunque parecchio ribelle, nonostante di me tutto si può dire tranne che sono una ribelle. Lo sforzo per emanciparmi da questo contesto socio-culturale è stato veramente grande e per una perennemente terrorizzata la fatica forse è stata pure doppia. Leggo allora questa frase: "titanici sforzi di emancipazione che devono essergli sembrati il presagio di una catastrofe o addirittura una vera e propria morte psicologica" e penso che esprime perfettamente come mi sono sentita per tutti questi anni. In particolare mi viene in mente un episodio che mi vede ragazzina, a letto che piango silenziosamente ma disperatamente, terrorizzata dal pensiero che "sono cresciuta".
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sono un ragazzo di 17 anni, soffro di depressione e bipolarismo per via ereditaria da mia madre. Nonostante ciò mia madre non lo accetta, credo che si senta "in colpa" di questa mia condizione. Solo nell'ultimo anno oltre la depressione e il bipolarismo mi hanno diagnosticato vari disturbi dell'apprendimento, che spiegano il perché vada male a scuola. Cerco di fare finta di nulla con gli amici, sono sempre quello gentile e sorridente, che è sempre disponibile e che è sempre pronto a far tirare fuori un sorriso, mentre dentro vorrei solo urlare tutte le mie emozioni. Quando i miei amici mi chiedono "Come stai?" mi viene un colpo al cuore, non posso dirgli che pochi giorni prima ho avuto pensieri suicidi, per l'ennesima volta. Quindi rispondo "bene" restando nella consapevolezza che questo mentire però non mi aiuterà mai.
Però mi consolo a sapere che non sono unico, che quello che sto passando altre persone ne sono già passate e che mi possono aiutare.
Una di queste persone sei tu.
Non è semplice andare avanti con i pensieri, soprattutto quando cerchi di evitarli e credi che così tutto possa migliorare. La mente parla, si crea lo stress, e arrivano pensieri molto brutti. A volte, è più facile dormire che affrontare queste cose, e poi la solita sensazione ritorna appena ti svegli, non è vero? Non sono un dottore, non sono nessuno e non sarò qui a darti una citazione o una frase che ti dia coraggio; sarebbe molto superficiale per queste situazioni. Quel che ti posso dire è di diventare selettivo, taglia fuori chiunque generi energia negativa, perché non puoi iniziare la tua "guarigione" nello stesso posto dove è iniziata la "malattia", capisci? Tu sei così come sei ora, non puoi cambiare il tuo "io". Se non ti senti accettato, sei semplicemente nel posto sbagliato, è come andare con gli euro in un altro paese: ovviamente non verranno accettati.
La seconda cosa che posso consigliarti è di parlare senza paura. Proprio per questo, prima devi essere selettivo. Non puoi farlo con chiunque, perché molte persone ascoltano senza capire niente, o semplicemente non vogliono capire. Questa sensazione ti distruggerebbe ancora di più perché ti sentiresti ancora peggio. Quindi, scegli chi avere attorno e non tenere amicizie per formalità, cosa che ancora oggi non capisco perché esista. Parla, tira fuori quel che hai dentro. Noi siamo cresciuti con l'idea che parlare molto probabilmente non aiuta, ma è la cosa più sbagliata. Noi, come esseri umani, dobbiamo comunicare. È nel nostro sangue, la mente stessa comunica attraverso il linguaggio del corpo quando non si apre bocca; è nel nostro essere. Quindi, parla, esprimi quel che senti a modo tuo, e già questo sarà il tuo primo passo verso la strada che vuoi fare.
Abbi un obiettivo nella vita, pensa a cosa vuoi fare. Non ti sto chiedendo cosa vuoi fare tra cinque anni; ti chiedo solo di scegliere cosa essere nella vita e cerca di fare piccoli passi verso questa meta. Altrimenti, siamo persi e camminiamo tra i pensieri che si sono generati nella nostra confusione, perché è proprio così che si crea lo stress. Sono decisioni nella vita che dobbiamo prendere, ma non vogliamo farlo. Inoltre, vorrei che tu capissi che il cervello è come un muscolo e ha l'abilità "memoria muscolare". Ogni cosa che fai in ripetizione viene appresa e ripetuta anche senza volerlo a volte. Proprio per questo ci viene detto che i pensieri positivi sono importanti e bisogna evitare quelli negativi, perché altrimenti pensi negativamente anche senza volerlo, e presumo che stia accadendo proprio questo ora. Devi fare attività che generano dopamina, che può aiutarti molto.
Ovviamente, questi sono solo consigli, e se davvero ci tieni a stare bene, sono sicuro che seguirai qualcosa. Non finire come quelli che possono cambiare la loro vita ma sono impegnati a piangersi addosso.
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Ogni volta che viene l'estate, mi viene in mente questo.
"Senti, Pietro, ma tu ci sei mai stato al mare?" Chiese Bomba, mentre tentava di togliersi un po' di rena di dosso.
La domanda oggi sembrerebbe assurda, ma allora era più che legittima. Infatti, di tutti e sei, solo io e Schizzo ci eravamo stati, con esiti diversamente disastrosi.
"Certo che ci sono stato!"
"E com'era?"
"Com'era? Com'è, vorrai dire, Bomba. Mica è morto il mare!"
"Vabbè, hai capito, allora dimmi: com'è?"
Avrei voluto, ma non potevo mentire ai miei migliori amici, così:"Una cagata!" Esclamai, mentre con la mente correvo a quell'unico, maledetto giorno in cui i miei mi avevano portato al mare.
Era successo l'anno prima. Il ricordo ancora mi bruciava. Per anni, mia madre, tutte le estati, ad Agosto, quando mio padre era in ferie, aveva insistito per farsi portare al mare, ma non c'era mai stato verso di spuntarla. Come ho già detto, il mio vecchio era un camionista, tutta la vita su e giù per l'Italia col culo schiacciato sul sedile della cabina. Va da se che, di domenica, o durante le ferie, guai a parlargli di motori e di strade. Iniziava a bestemmiare come un turco e non la finivi più. Iniziava in sordina, sottovoce, poi un po' più forte, alla fine si lasciava prendere la mano e andava a finire che tutto il vicinato era costretto ad ascoltare le sue pittoresche lodi al Signore.
"Mi avete rotto i coglioni co' 'sto mare!" Diceva, "Mi spacco il culo per voi tutto l'anno su quella merda di camion e, quando finalmente ho un minimo di riposo, voi pretendete che salga sull'auto per scarrozzarvi dove vi fa comodo? Ma che razza di cervello bacato avete? Non se ne parla nemmeno!" Non se ne parla nemmeno era l'epitaffio. Tutte le volte. Quindi, figurarsi il nostro stupore quando, una mattina, alle sette in punto, il vecchio ci buttò tutti e tre giù dal letto, annunciandoci la lieta novella:" Sveglia poltroni! Preparatevi, oggi si va al mare!" Ricordo che tra lo stupore e la felicità ci fu una bella lotta. Eravamo rimasti tutti senza parole. La prima a riaversi fu mia madre, che obiettò:" Ma come faremo per il pranzo? Certo che sei sempre il solito! Non potevi dircelo ieri sera? Avremmo avuto tutto il tempo per prepararci, sant'Iddio!"
Lui la guardò per un istante, fece la faccia più sbalordita di cui fosse capace e rispose:" Ma come? Sono anni che scassi con il mare e oggi che mi sono deciso, crei tutti questi problemi? E poi ve l'ho detto stamattina perché ieri sera non ne avevo voglia. Oggi si! Allora? Cosa dobbiamo fare? Andiamo o no?" "Andiamo! Andiamo!" Gridammo entusiasti io e mia sorella. Ci infilammo di corsa i costumi sotto ai pochi vestiti, mia madre preparò in fretta i panini e li mise in una cesta di vimini con la frutta e le bottiglie d'acqua. Eravamo pronti. L'avventura poteva cominciare. E, Cristo, se fu un'avventura. E chi se la scorda più! Ci impiegammo ben tre ore per coprire i novanta chilometri che ci separavano dalla costa. Una volta arrivati a Tarquinia, mio padre strabuzzò gli occhi e disse imprecando:"Madonna, che casino! Ma da dove salta fuori tutta questa cazzo di gente? No, qui non ci possiamo davvero fermare. Grasso che cola se ce ne tocca un secchio a testa di acqua salata." "Allora cosa vorresti fare?" Domandò preoccupata mia madre. "Tranquilla donna! Ora te lo cerca il tuo bel maritino un posticino tranquillo per farti il bagnetto!" E lo cercò davvero. Eccome se lo cercò. Gli ci volle un'ora e mezza, ma alla fine lo trovò. Arrestò l'auto in quello che, probabilmente, era il posto più brutto del Tirreno. Infatti non c'era anima viva. Nessuno tranne noi. Niente persone, niente bar, niente ombrelloni, nemmeno sabbia. Solo sassi. Sassi enormi che partivano da dove avevamo lasciato la macchina, fino ad arrivare per diversi metri dentro l'acqua. Acqua che io e mia sorella facemmo giusto in tempo ad assaggiare. Neanche la maglietta riuscii a togliermi. Riuscimmo a bagnarci solo per metà, perché da lì a dieci minuti, nostro padre fischiò e ci fece uscire. Con quel suo tono perentorio che non ammetteva repliche, disse:"Su, venite fuori ragazzi. Basta bagni per oggi. Ora si pranza e si torna a casa. Che non ho voglia di beccarmi tutto il traffico del ritorno." Mia madre era nera di rabbia, a me veniva quasi da piangere, pure a mia sorella, ma non ci fu niente da fare. Quella, per fortuna, fu l'unica volta che ci portò al mare.
A Schizzo andò ancora peggio. Molto peggio. Lui neanche ci voleva andare al mare. I suoi ce lo mandarono per forza. In colonia. A Montalto di Castro, per quindici giorni filati. Quindici giorni che lui, naturalmente, non fece mai. La notte del secondo giorno scappò via scalzo, con indosso soltanto il costume e una canottiera a righe bianche e rosse. La mattina seguente, i responsabili della colonia, resisi conto dell'accaduto, telefonarono subito ai suoi genitori, che, tra una bestemmia e l'altra, dovettero montare sulla loro seicento per andare a ripescare il proprio figliolo così lontano da casa. Lo trovarono verso le quattro del pomeriggio, che vagava senza meta sulla Statale Aurelia. Fortuna che, quel giorno, c'era poco traffico. Appena gli fu accanto, il padre inchiodò l'auto, scese come una furia e gli diede un fracco di botte senza proferire verbo. Schizzo le prese tutte. Non tentò di schivare neanche un colpo. Ma non versò una lacrima che fosse una. Anzi, quando il padre si stancò di colpirlo, lui, con tutta la rabbiosa calma che possedeva, promise che, se lo avessero lasciato ancora li, sarebbe scappato la sera stessa. Naturalmente si guadagnò una seconda razione di legnate, seduta stante.
Schizzo aveva molti difetti, ma manteneva sempre le promesse fatte. Fu così che, nonostante le difficoltà oggettive e la sorveglianza raddoppiata, quella stessa notte se la svignò di nuovo. Portò a lungo i segni neri e bluastri della fibbia della cintura di quell'avvinazzato di suo padre, ma vinse lui. I suoi dovevano decidere se ammazzarlo di botte lì, sul posto, o riportarselo a casa impotenti. In verità ci pensarono su piuttosto a lungo, ma alla fine decisero che sarebbe stato meglio per tutti riportarlo a casa. Negli anni a venire, quando sentivo dire che al mare bisognava stare attenti, che era pericoloso, io pensavo sempre a Schizzo.
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per alessandra:
so passati anni, pensavo che andasse via la sensazione di doverti qualcosa, doverti parole, spiegazioni, il mio grande rimpianto e di non aver mai messo le cose in chiaro, ma era tutto troppo sentito per poterlo fare a cuor leggero. A volte ti penso e oggi non so bene perché, ho sentito di doverti dire determinate cose. É stato tutto troppo forte, troppo impetuoso, troppo rapido, troppo bello, ed io, in quel momento, non lo meritavo, non ero pronto. É durato tutto un paio di mesi ma le emozioni che provavamo l'uno per l'altra erano assurde. sentivo che tra di noi ci fosse un amore, una passione, che mai avevo visto e tuttora mai piu sperimentato. Quasi cercai di sabotarlo perché mi spaventava e mi mandava tremendamente in confusione. Era tutto così forte, te lo ricordi il sesso? Dio quella notte é stata assurda. Ore e ore, ti sentivo ovunque, su ogni centimetro del mio corpo, ti sentivo venire e venire, gocciolare, eri bollente, bellissima, godevo già solo nel guardarti. Ho ancora stampato in mente il momento in cui ti presi da dietro, non mi fermavo e tu mi guardasti ridendo. In quel momento godevi e ridevi sorpresa, eri così luminosa. Avrei continuato all'infinito pur di vederti sempre così. Eri mia, mia e di nessun altro, ti stringevo, ti prendevo, passami il termine, ti scopavo come se fosse l'ultima notte della mia vita. E ho vissuto così intensamente tutto ciò che vivevo con te. Dalle passeggiate, le serate, i momenti in macchina, in casa, quando camminavamo mano nella mano, quella sera sulla spiaggia quando ci baciammo la prima volta. Quella notte fu fortissima. Non esisteva più niente, ti avrei voluta stringere e fare di tutto, farti mia. Ogni volta che ti penso, solo questa parola mi viene in mente: Forte. Quando mi sono reso conto di questa cosa, volevo rallentare, volevo un crescendo non un fortissimo all'inizio del brano. Volevo godermi i momenti e goderti con i giusti tempi, ma tra di noi era impossibile. Ogni volta che ci avviciniamo, c'é una tensione che non riesco a reprimere. É tutto amplificato a mille, tutto mi urla di prenderti tra le mie braccia e non pensare più a nient'altro. Non so se questo l'hai provato anche tu, o mai pensato. Questo é quello che avrei voluto dirti ma non sarei mai riuscito a dirtelo con la calma con cui lo sto facendo ora. Non sei la x dell'equazione, sei l'idrogeno della mia bomba atomica, che in fondo é sempre una x all'interno di un'equazione. Solo che ora non é tanto incognita, ora so cosa sei, so chi sei. Mi risvegli, mi amplifichi. Ho avuto due relazioni dopo di te, una che é durata due anni e mezzo e quella attuale che dura da quasi un anno. Ho avuto tanti momenti belli, ho avuto esperienze di ogni genere, ho fatto tanti viaggi, ho fatto tanto sesso. Tutto meraviglioso, non mi priverei mai di tutto cio che ho fatto, ma tanto tempo fa mi so reso conto che l'intensità e la forza dei nostri momenti erano tutt'altra storia. Scrivo questo solo per farti capire che non ti ho mai sminuita, non sei mai stata inferiore alle altre, non hai mai avuto nulla che ti mancasse, anzi. Eri passione allo stato più puro, emozione incessante, passione, goduria, perché lo confesso, ho avuto rapporti sessuali belli, profondi, forti, ma quello con te é stato di un altro livello, mai piu ricreato. Ho cantato in compagnia a squarciagola migliaia di canzoni, ma mai come lo facevamo noi. Ho provato mille emozioni ma mai con la stessa intensità. Quindi ti prego di capirmi e mi scuso dell'estremo ritardo. Avevo bisogno dei miei tempi per dirti che é stato tutto bellissimo, cio che avevamo e che abbiamo creato mi ha travolto, buttato in aria, e non sapevo né tutt'ora so se mai saremmo riusciti a reggere tutto questo. Una cosa é certa, mi hai fatto vivere la passione come nessun altro mai. Grazie
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~ Arsenico ~
Le cantine possono essere posti pericolosissimi. Pieni di insidie. Specialmente se si è disordinati ed accumulatori cronici. Se non si fa attenzione si rischia di inciampare o che qualcosa, in bilico, possa cadere e colpirti. Anche metaforicamente parlando.
Avanzo perciò con la massima cautela nel caos generale, con l'intento di uscire di lì con il testo di economia che mi serve, il corpo incolume e la volontà intatta di riordinare quel porchitorio con due euro di benzina. Tra scatole e scatoloni, impilati a cavolo, ne intravedo uno con la scritta "Libri". Bingo. Pensavo peggio dai. Pesa da cani ma riesco a trascinarlo fuori dal mucchio. Quel che resta dello scotch da imballo viene via quasi spontaneamente tant'è deteriorato, con sommo gaudio del mio semipermanente fresco di estetista. Apro con la dovuta circospezione: questo scatolo è qui da tempo immemore, niente di difficile che spunti fuori qualche odiosa sorpresina zamputa. Con estremo disappunto mi rendo conto che non sono i testi scolastici che cercavo, ma libri da lettura. Eppure avevo fatto piazza pulita di questa roba decenni fa... Con svariati bps di ritardo rispetto al mio stomaco, che s'è già stretto in una morsa, il mio cervello realizza di cosa si tratta: sono "i libri". Quelli dei quali non riuscivo a separarmi. Quelli regalati, letti insieme da vicino o da lontano. Quelli con le frasi sottolineate. Quelli che fumiamoci una Philips Morris sopra. Come fa strano vederli adesso, ingialliti dal tempo e dall'umidità.
Una persona più intelligente avrebbe richiuso la scatola in un nanosecondo. Ma io, no... Per la serie "facciamoci male" ne pesco uno a caso. 1984. Ricordo e sorrido. Apro e sulla parte interna della copertina ci sono tre dediche. La sua calligrafia. "Tuo Alex" scriveva. Mio, sticazzi eh. Come fa ridere adesso, con un paio di decenni e più di senno di poi. Chissà, forse anche lui, come me, ha continuato a pensarmi e a ricordarmi, conservando gelosamente in una sorta di sancta santorum della mente tutto di noi. Allora quel "tuo" avrebbe ancora un senso, perché una parte di lui è rimasta mia. Lo porto al viso nell'assurda speranza che un po' del suo profumo sia rimasto nel libro. Ne spruzzava sempre un bel po' tra le pagine dei libri che mi spediva. Li infestava letteralmente di Paco Rabanne. Niente. Sfoglio a vuoto senza soffermarmi su niente, arrivando al retro della copertina. C'è qualcosa scritto di mio pugno stavolta: un numero di cellulare.
Si sblocca un cluster sovrascritto nel cervello e lo riconosco. Immediata sensazione di ferita da arma da fuoco al centro del petto. Lo avevo perso, perso definitivamente quando mi avevano rubato il cellulare più o meno vent'anni fa. È passato troppo tempo, cioè voglio dire, la probabilità che sia ancora il suo numero è al lumicino. Poi penso... hai visto mai... anch'io ho lo stesso numero da trent'anni. Adesso una persona intelligente avrebbe fatto finta di niente, riposto il libro nello scatolo coperto e allineato agli altri, gettata la chiave del garage nel tombino e se ne sarebbe andata buona buona a fanculo. Ma io, no no... Per la serie "facciamoci del male - seconda stagione", ho già il cellulare in mano e sto memorizzando quel numero in rubrica sotto un nome improbabile. Non contenta, vado su whatsapp e lo cerco. Visualizza contatto. Ingrandisco la foto profilo. La ferita da arma da fuoco sanguina che è una meraviglia. Lui, con berretto e occhiali da sole, oggi come allora. Le sue braccia, sempre perfette, sono coperte di tatuaggi che un tempo non c'erano. Ne aveva solo uno ai nostri tempi, che poteva arrivare a vedere solo chi era molto intimo. Chino di profilo, espressione neutra, concentrata, mentre fa, o tenta di fare, la coda ai capelli di una bambina. Indossa anche lei occhiali da sole ed ha lo stesso naso e la stessa identica bocca di lui. È bellissima. Mi assale un brivido. Ripenso a quando diceva che non si sentiva in grado di essere un padre, che era uno stronzo, che non aveva niente da dare, e invece eccolo lì. E io per questo non gli ho mai detto che, a volte, invece fantasticavo su come poteva essere una figlia nostra. Chissà perché la immaginavo sempre femmina. Forse perché le femmine, quasi sempre, patrizzano. In uno dei suoi tatuaggi, che prende quasi tutto l'avambraccio, si legge chiaramente Giada.
Chiudo la foto e mi sposto nei cosiddetti "stati", ma non mi appare nulla. O non ne pubblica o, come vuole ma regola, non li posso vedere perché non ha anche lui il mio numero memorizzato. Si forma un nodo in gola. Mi bruciano le guance per quanto mi sento ridicola ad averlo anche solo pensato. Ovvio che mi ha cancellata. Anni e anni senza un minimo accenno di contatto. Mica sono tutti patetici come me. Ovvio.
Torno indietro e mi concentro sulla frase nelle info: "Che dolore dentro me quando piove e non stai con me". Uhm, non mi suona, decisamente non è il suo modo di scrivere questo, sarà una citazione. Copio e incollo su Google: vai bello, trovala! Detto fatto: come volevasi dimostrare, la frase è tratta da una canzone.
Arsenico
"Sigarette di plastica
vodka dentro una tanica
io non so più di te (non so più di te)
... che dolore dentro me
quando piove e tu non stai con me
...cicatrici di Venere
sul mio cuore di cenere
io non so più di te (non so più di te)
ma che dolore c'è
...spilla qui le tue lacrime
non cancellare le dediche
io non so più di te (non so più di te)
ma che dolore c'è
... io non dimentico
siamo stati un oceano
stelle che poi si infrangono
sugli scogli della tua costa nuda
io non dimentico..."
Resto imbambolata per un tempo che non saprei quantificare. Il mio stomaco è un reattore nucleare. Mi si sono rizzati anche i peli dietro al collo. Nella testa tutto e niente. Se avesse avuto un display sono sicura che avrei visualizzato il messaggio "L'applicazione cervello non risponde. Memoria insufficiente per completare l'operazione richiesta. Si prega di arrestare processi e riavviare." Immagini stroboscopiche. No. Non è. Non può essere. O forse sì? Tira il freno a mano e metti a folle ciccia. Respira. Brava così. Stai solo vedendo quello che vuoi vedere. Chissà per chi è quella canzone, a chi pensava. Stupidissima me, ancora una volta.
La chat è aperta. Il cursore lampeggia al ritmo del cuore che sento rimbombarmi nelle orecchie. Che voglia di mandargli la foto della dedica dove mi chiedeva di conservare il suo libro per sempre, scrivendogli che ho mantenuto la promessa, io. Come tante altre, io. E raccontargli tutto quello che è successo dopo noi, di come la collisione con la sua vita ha cambiato irreversibilmente la traiettoria della mia. Di cosa non ho fatto nel tentativo di dimenticarlo. Quante stronzate, che hanno gettato solo acqua bollente sulle bruciature del mio cuore. Le notti a bere lacrime fino ad ubriacarmi, le risse tra me e la disperazione, la malinconia, l'orgoglio e la voglia. La voglia di mettermi in macchina, e viaggiare per ore nella notte, solo per vederlo un'ultima volta ancora. Vedere quel ghigno perverso un'ultima volta ancora. Vedere i suoi occhi scuri un'ultima volta ancora. Stringerlo a me, forte, fortissimo, respirando il suo odore un'ultima volta ancora. E poi fargli quella domanda, che da allora mi scava dentro: perché. Perché? Senza una parola, dopo tutto quel fottuto tutto che c'era stato. Senza un addio che mi liberasse. Una spiegazione, almeno una cazzo di spiegazione, pure farfugliata, me la meritavo. O forse avrei dovuto avere le palle di andarmela a prendere veramente, costringendolo a dirmela guardandomi in faccia. Io? Questo dovevo? Ma poi sarei stata uguale a tutti gli altri, a tutti gli altri che nella vita lo hanno sempre "costretto a". Epperò, ke cazz!
Mi sento tirare per le orecchie dall'orgoglio. Siamo donne o caporali? Basta così, riprendiamoci. Mi alzo e mi sento come se mi avesse investita un autobus. Rimetto il cellulare in tasca giusto un attimo prima che arrivi mio marito.
- "Hey ma ti sei persa quaggiù?".
Oh, cazzo sì. Non sai quanto. Persa completamente.
- "Hai trovato almeno il libro?"
- "Ehm... No."
- "E quello?"
Stringo il libro a me, come se volessi difenderlo, proteggerlo.
- "No, niente, un vecchio romanzo... Lo voglio rileggere"
- "Pure! non ti bastano quelli che già hai sopra?"
- "No, questo è più bello".
Lo liquido definitivamente facendo spallucce.
- "Ok. Dai lascia stare, è inutile. Ormai è andato, chissà dov'è. È una bella giornata. Ce jamm 'a pigliá nu bell café?"
Ma di che parla?!!! Ah, il libro che cercavo. Ormai è andato. Magari fosse... È sempre qui, dentro, intorno a me, ovunque mi trovo, notte, giorno, da un paio di decenni, forse più, a questa parte. Il mio pensiero fisso collaterale. L'assenza più presente mai percepita. Maledetto.
- "Eh sì, jammuncenn!".
In fondo cos'altro posso fare se non continuare ad andare avanti? Mi ripeto mentalmente. Questo ho sempre fatto, imperterrita, granitica, nessuno ha mai saputo, nessuno potrebbe immaginare cosa mi consuma dentro. La mia vita è qui e un bel caffè sicuramente mi aiuterà a togliere questo gusto amaro, questo "arsenico" dalla bocca. Peccato solo che ho smesso di fumare... adesso ci voleva proprio una cazzo di Philips Morris Blu... chissà se esistono ancora le 100's.
Penso questo, mentre camminando mi assicuro ancora una volta che il cellulare sia in tasca, al sicuro, più per quello che adesso contiene che per il resto. Non si può mai sapere. Sento gli applausi a scena aperta di tutti i miei tormenti. Eh sì. Sono un caso perso.
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Relazione toxic
Sono seduta in un bagno, e ho messo la mia playlist.
E sto notando che non sono più me stessa da un po’.
Oggi mia zia mi vede e rimane con una faccia un po’ perplessa.
Mi scrisse mia zia sta sera..
Ma non vorrei far preoccupare nessuno, mi sento come se fossi sola .. mi sento come una sigaretta spenta in acqua . Che è una frase che citava il mio ex ragazzo ma sto provando a dimenticare quello che mi ha fatto passare .. ma non ci riesco .. mi sento debole, il cuore che batte a mille.
Mi sento come se sto crollando.
Mia madre disse a papà di non lasciarmi a casa da sola, ha paura che mi potrei fare del male .. pensa che mi potrei suicidare ..
Ma non sono così stupida , non arriverei mai a questi livelli .. se anche ho molti pensieri negativi. Che vorrei prendere una lametta e tagliarmi le vene..ma so che non risolverei nulla,in questo modo farei vincere lui.
Devo essere forte e reagire . La mia paura che ora che gli sarà arrivata la denuncia..che mi potrebbe contattare e minacciarmi o insultarmi ..
ancora sogno quando lui mi prendeva per la gola e mi stringeva forte e mi dava della puttana . Che se era così lui,era per colpa mia ..e certe volte penso veramente che fosse colpa mia . Che ogni cosa che tocco la distruggo .
Vorrei prendere in mano la situazione e finire tutta questa storia prima possibile. Sto crollando sempre di più .
Ogni volta che mi guardo allo specchio mi vergogno .. mi faccio così schifo con questi lividi .. e so che ora non mi potrò più fidare di nessuno . Che ho sofferto abbastanza “ Abbandono , stupro, violenza fisica e psicologica.” Sto impazzendo. Vorrei solo essere felice . Non chiedo molto . Ma vedo che ogni volta che ci provo mi succede sempre qualcosa di brutto,strano eh!
COME MI SENTO?
Mi sento male ogni notte, provo a non pensarci . Ma non riesco a dimenticare quello che mi ha fatto..quando io ho provato a dargli tutto il mio cuore,so di aver sbagliato.. ma questo non giustifica che mi doveva mettere le mani addosso,che mi doveva massacrare di botte ,tra schiaffi ,cazzotti ,strangolarmi ,puntare un coltello contro . Avevo così paura .. ma dovevo dire che lo amavo e che non avevo paura .. sennò mi avrebbe fatto del male.
Cazzo ma di chi mi ero innamorata?
Perché mi trovo sempre nella strada sbagliata ? Vorrei trovare il mio cammino giusto ! Vorrei essere amata come merito ma sembra che non mi merito il bene in questa vita .mi sembro mia madre biologica ..che faceva sempre scelte sbagliate, che arrivó al punto di farsi di coca e alcol e alla fine che fu uccisa dal compagno.
Voglio avere una vita degna.
Il problema che sto scrivendo ogni cosa che penso .vorrei fermarmi e dirmi cosa cazzo sto dicendo . Ora sto pensando di prendermi una sigaretta per calmarmi .. e riflettere a mente lucida . Nonostante che mi sono bloccata con il cuore,Con la mente ,che piano piano stanno riaffiorando tutti i miei ricordi,sia belli e brutti.
Ora sento che mi viene da vomitare. (Forse questo è lo stress che sto accumulando)..Prima avevo iniziato a non mangiare, ero arrivata in Italia che non mangiavo da 3 giorni,prima che non riuscissi a essere liberata dalla mia famiglia essendo che lui mi aveva tenuta sotto sequestro. Che non avevo modo di uscirne via da quella situazione. Che imbranata ,non mi sarei dovuta fidare ..sarebbe potuta andare peggio e rischiare di morire.
Alla fine vedo quante ragazze hanno subito violenza psicologica,fisica e sessuale.
Devo aprire bene gli occhi,perché la prossima volta non ci potrebbe essere il modo di salvarmi e parlane come lo sto facendo ora .
Parlatene sempre di quello che vi succede prima che sia troppo tardi.
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Oggi giornata "difficile". È iniziata con le due compagne di stanza che è da ieri che volevano andare al centro commerciale a fare shopping e poiché ieri non sono riuscite "chiedendo il permesso", stamattina si sono svegliate e sono andare direttamente.
Tutti i ragazzi, nessuno escluso, si stanno scocciando. Forse complice pure il fatto che la notte dormono poco la mattina si sta presentando la metà della gente, quando il primo giorno ci eravamo fissati la regola tutti insieme del "Max 5 min di ritardo, poi si comincia senza aspettare" e ora non si possono fare manco le attività perché siamo pochissimi. Come dicono i facilitators qui non siete obbligati a fare niente, è tutto su base volontaria e capisco la strategia del responsabilizzarsi in questo modo (oltre ad essere vero), ma a quanto pare non funziona. Da una parte è ovvio che viene da dire "sono ragazzi", però dall'altra incazzarsi perché ti veniamo a svegliare e urlare "We are not in the army" mi pare un po' too much, oltre ad essere un comportamento infantile e irrispettoso nei confronti di chi si sveglia alle 7:30 per fare tutto.
Poi vabbè è continuata che ho dovuto collaborare con un leccese di destra che odia i napoletani (come se io lo fossi) e che non fa altro che usare un'ironia fastidiosa, pungente e offensiva. Ma vabbè siamo sopravvissuti entrambi senza pigliarci a schiaffi.
Ieri sera la polacca è uscita col ragazzo che ha conosciuto al pub. Non ha raccontato bene ma ha solo accennato al fatto che "hanno fatto cose". Prima ancora che tornasse, pensando anche alle dinamiche che più o meno giustamente sono sorte qui dentro tra i ragazzini, mi è venuto in mente di quando ho sentito/letto (non ricordo dove) che la gente si bacia/altro perché "è la situazione". Ma che situazione? Cioè voi ad esempio state in una macchina senza fare un cazzo e allora perché è tutto boh così boring allora baciamoci perché sennò che siamo usciti a fare? Non dico che riguardi la polacca ma quasi perché lei non è interessata chissà quanto e lascerà sto paese dopodomani. Va bene forse avrete i ricordi di quando avete fatto cose con un inglese conosciuto al pub, però still boh.
Che poi questo mi fa capire pure quanto sia complicato per me lasciarmi andare. Elemento a favore per capirlo è stato il "gioco" di oggi in cui qualcuno doveva bendarsi e lasciare che gli altri ti guidassero, passandoti da una persona all'altra. Alcuni ti prendevano e ballavano con te, altri ti prendevano per fare i coglioni, altri ti prendevano con cura ecc. Per più o meno tutti è stato piacevole farsi guidare. Per me è stato un incubo, tant'è che l'ho definito awkward. Ok che dovevo farmi la doccia e puzzavo e quindi ero in imbarazzo già per questo dato che la gente ci tiene troppo a ste cose, ma ho proprio odiato il non poter vedere, non mi sentivo a mio agio manco mentre con calma mi guidavano a ballare, più erano gentili più mi sentivo allarmata. Gli altri si abbracciavano ma come sempre è sia perché non sono stata educata alle manifestazioni d'affetto e quindi non riesco proprio, sia perché la gente a volte mi sembra un po' falsina quando lo fa nel senso che nel momento capisco che si sentono di farlo ma non ci trovo il senso in contesti simili in cui oggi siete amici e domani sconosciuti.
Stasera sono quasi tutti usciti per andare al pub come ieri sera, quando la greca era in panico e alla fine è rimasta in camera con me. Oggi la polacca era qui e sono andate insieme. Non mi interessa più come un tempo partecipare o no a certe cose perché ho imparato a portare più rispetto a me stessa, ma questo mi fa rendere conto di quanto sia introversa. Also a quanto per me sia più importante non spendere quei 5/7£ in birra piuttosto che passare una serata in compagnia e non me ne sbatte proprio il cazzo. Conquiste da adulta? Maybe.
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[✎ ITA] Marie Claire Korea : Flessibilmente, Intervista SUGA x Valentino | 22.04.23⠸
FLESSIBILMENTE
Una Vita Equilibrata e Flessibile,
là dove Valentino incontra SUGA
📷 Servizio fotografico | Scan ver. fisica © larkspuryk
Fin da inizio anno, stai lavorando con Valentino in qualità di global ambassador. Man mano che ci sei entrato in contatto, avrai sicuramente approfondito il tuo legame con il brand
La flessibilità ed adattabilità sono valori molto importanti per me, quando si tratta di fare musica e, comunicando e lavorando con Valentino, l'impressione che mi sono fatto è che sia un marchio molto versatile. Ecco perché sono contento di collaborare con loro. La gente a me vicina mi ha anche detto che lo stile Valentino si avvicina al mio, altra cosa di cui sono felice.
Quale look preferisci tra quelli del servizio fotografico di oggi?
Mi piace quello con il maglione beige e i pantaloni grigi. Solitamente non indosso cardigan, ma mi ci sono trovato piuttosto a mio agio. Oggi ho scoperto un nuovo modo in cui potrei vestirmi.
Che tipo di musica ti viene in mente, se pensi a Valentino?
Valentino a un che da rockstar. Si sposa bene con un entusiasmante sound hard rock, ma le collezioni più recenti richiamano maggiormente un rock più trendy – musica rock con un pizzico di hip-hop, piuttosto della solita base a percussioni.
Parliamo della musica di SUGA. Presto partirai per il tuo tour solista. Qual è la direzione che hai scelto o il concept che hai preparato?
È talmente tanto, ormai, che mi preparo per questo tour che quasi non so più cosa voglia dire la parola “direzione” (ride). Lo scopo di questo tour non è mostrare tutto il mio potenziale, né rincorrere il successo solista. Credo questo tipo di tour individuale si sia reso necessario solamente perché, al momento, ci è fisicamente impossibile farne uno tutti e 7 insieme, ma quello sarebbe lo scenario ideale. È tantissimo che le/i nostrə fan aspettano un nostro tour, e io volevo sdebitarmi con loro in qualche modo.
In quanto membro dei BTS, hai già girato tutto il Mondo, ma immagino che un tour solista sarà piuttosto diverso
Dovrò concentrarmi ancor più sulle performance, perché devo coprire anche il peso di cui solitamente si fanno carico gli altri membri. A volte mi dimentico parte dei testi (ride). Quindi sto facendo tutto il possibile per impararli per bene e ricordarli.
Nonostante questo sia il tuo primo tour solista, hai già rilasciato mixtape individuali e lavorato con altrə musicistə. La tua esperienza da artista solista ha qualche tipo di influenza sul tuo lavoro nei BTS? Sarei anche curiosə di sapere se, vice versa, la musica dei BTS ha qualche tipo di impatto sui tuoi album individuali?
La mia priorità è creare musica per i BTS, e questo è un fatto assodato che non cambierà mai. Di conseguenza, le mie attività soliste non influenzano la musica dei BTS, né il lavoro con i BTS tocca i miei progetti individuali, non necessariamente, almeno. Inoltre, non c'è nulla che mi sia mai stato precluso, facendo musica per i BTS. Semplicemente, sono una persona che scrive tanta musica. Cerco soltanto di cogliere i momenti di ispirazione, quando arrivano, e sfruttarli al meglio.
Facendo uso di strumenti tradizionali nei tuoi lavori hai sollevato l'interesse e la curiosità di molte persone. Hai incluso musica tradizionale coreana sia in “Daechwita”, il singolo della tua seconda mixtape, che nella tua nuova title track, ���Haegeum”. Qual è stata l'occasione che ti ha spinto ad iniziare a lavorare con questo sound più tradizionale?
Che si tratti di strumenti tradizionali, archi o pianoforte, sono tutti suoni e risorse nate per far musica. Quando mi metto a lavorare sui miei brani, non ho chissà quali piani grandiosi in mente. Per “Daechwita”, tutto è iniziato con una domanda semplicissima: “Perché non provare a trasformare questa risorsa così figa in musica?”. Non potevo non includere un sample delle marce militari “daechwita”, visto il titolo.
Se parliamo di SUGA pensiamo all'hip-hop. Sia il produttore Bang Shi-Hyuk che PDogg sono grandi conoscitori di quel genere e della musica nera in generale. In che modo, questo, ha influenzato la musica dei BTS e la tua crescita artistica personale?
È fin da quando ero ragazzino che ascolto la musica hip-hop. Ora è un genere piuttosto popolare, ma allora non lo era affatto. Considerato che ormai l'hip-hop è uno dei generi di maggior successo, nella scena musicale, credo il produttore Bang Shi-Hyuk e PDogg ci abbiano visto piuttosto lungo. Però, io sono semplicemente una persona che fa musica pop. Ovviamente, essendo cresciuto ascoltando quel genere, mi ha fornito una migliore comprensione della musica popolare.
Ancor oggi, i Cypher pt.1, pt.2 e pt.3 mi trasmettono emozioni forti. Sono carichi di pura rabbia e di una profonda energia, oltre ad essere una dimostrazione davvero notevole delle tue abilità nel rap, affinate, da sempre, per dimostrare quanto vali. Credo queste tracce rimarranno nella storia dell'hip-hop coreano. Tu cosa pensi e provi rispetto a questi brani, ora?
Sono felice piacciano a così tante persone. Credo avrei dovuto tenere un profilo un goccio più basso, specialmente nelle mie parti (ride). Ero pieno di han (*espressione coreana che fa rif. ad un misto di tristezza, rimpianto e risentimento) e volevo dimostrare al mondo quanto valessi. Se ascoltate le versioni live più recenti dei “Cypher”, noterete che sono più naturali, perché mi sono dato un po' una calmata. Con questo, non intendo dire che non mi piacciono le canzoni potenti, anzi, ne ho alcune piuttosto toste anche nel mio nuovo album. Una parte di me ama ancora molto brani come i “Cypher” dei BTS.
Ho sentito dire che, solitamente, con gli/le altrə artistə lavori via e-mail. C'è qualche motivo per cui preferisci questo metodo?
Credo l'immaginario di due artistə che si incontrano dal vivo per lavorare insieme alla loro musica sia una fantasia diffusa dai media (ride). È raro incontrarsi, suonare insieme e registrare fianco a fianco. È anche difficile organizzare incontri estemporanei perché quando l'ispirazione viene, viene. Ovviamente, ci sono artistə che lavorano in quel modo, ma non io. Io preferisco lavorare via e-mail. Così facendo, ognunə degli/le artistə coinvoltə può concentrarsi appieno sulla sua parte, mantenendo anche la propria routine ed abitudini. E poi si risparmia tempo. È un sistema molto efficiente.
Quando i BTS hanno debuttato, la gente guardava con sprezzo e giudicava male gli/le idol, mentre ora sarebbe ridicolo anche solo pensarla a quel modo. Credi la gente abbia una diversa opinione di voi, ora?
Io sono un idol e ne vado fiero. Ovviamente, sarà anche capitato io abbia detto alcune sciocchezze a riguardo, in passato, ma ormai il titolo di “idol” è una sorta di medaglia al valore per me. L'opinione pubblica è molto cambiata, ultimamente, e credo i BTS vi abbiano contribuito, in parte. La maggior parte degli/lle idol sono davvero bravissimə, di questi tempi. I livelli attuali sono altissimi. Non sono solo bellə, ma anche bravə a ballare, cantare, rappare e addirittura recitare. Forse non saranno propriamente dei/lle musicistə, con esperienza in una specialità in particolare, ma, volendo guardare la cosa da un'altra prospettiva, scopriremo che sì, di fatto, lo sono, e sono pressoché privə di lacune. Inoltre, il fascino degli/lle idol sta anche nel fatto che potete seguirne la crescita artistica fin dal debutto, album dopo album. Ovviamente, seguire un/a musicista espertə dà soddisfazioni, ma anche seguire dei/lle giovani, teneri idol un po' impacciatə, crescere e migliorarsi gradualmente fino a diventare dei/lle verə professionistə è molto bello.
Voi, probabilmente, siete stati il gruppo ad aver compiuto la scalata al successo più sensazionale mai vista per degli artisti coreani, per non parlare della scena idol. Moltə possono “superare le aspettative” ma solo pochə possono arrivare “in vetta al mondo”
Quando ero più giovane, avevo paura del successo. Man mano che le cose hanno iniziato a crescere al di là di ogni mia aspettativa, è cresciuta anche la paura, ma ora cerco di non pensarci troppo. Il gruppo dei BTS ha i piedi saldamente piantati a terra. Non conduciamo una vita da superstar, non crediamo di essere “in vetta al mondo” e sappiamo, ovviamente, che tutto potrebbe anche andare a rotoli. Piuttosto di lottare e e soffrire nel tentativo di mantenere un certo status, abbiamo deciso di vivere con gratitudine, ricordando sempre che tutto questo è merito delle/i fan che ci seguono e supportano.
Mi chiedo come tu riesca ed essere così calmo/umile?
Ho affrontato tanti fallimenti e credo che siano proprio quelle esperienze ad avermi portato al successo. Ho sempre avuto una paura folle di cadere, ma ora vivo semplicemente istante per istante, pensando “vada come vada”. Credo la vita sarebbe ancor più dura se fosse sempre una continua scalata (al successo). Spero potremo, un giorno, imparare a vivere anche gli insuccessi senza troppo dolore.
I numeri non bastano a dare un'idea concreta dell'enorme successo dei BTS. Su cosa ti concentri maggiormente nel perseguire e raggiungere i tuoi obiettivi?
La vita, la musica.. persino quest'intervista, non sono tutte cose che si fondano sulla comunicazione tra persone? Non si può vivere senza instaurare delle relazioni. Sia nei momenti positivi che in quelli più pesanti siamo sempre circondatə dalle altre persone.
Sarei curiosə di sapere com'è andato l'incontro con Stephen Curry, il giocatore di basketball. Ricordi qualche aneddoto particolarmente memorabile dal vostro incontro?
È davvero un grandissimo professionista. Avevo sentito dire che non finisce mai i suoi allenamenti quotidiani prima d'aver concluso l'intera routine di esercizi, e, quando l'ho incontrato, ho scoperto che è proprio così. La sua performance, quel giorno, è stata incredibile. L'hip-hop ed il basketball sono due cose inseparabili, ed è per quello che mi sono sempre piaciute fin dalla più tenera età. I giocatori che mi piacevano allora, come Allen Iverson e Damien Lillard, erano tutti appassionati di hip-hop. Ecco perché conoscere Stephen Curry è stato ancor più bello. Sono, inoltre, più che felice di poter lavorare con la NBA.
I BTS sono alla continua esplorazione di nuovi orizzonti, che li porteranno a sempre nuove esperienze. Immagino trovare un equilibrio sia sempre più importante. Probabilmente condurre un'esistenza equilibrata è proprio il fondamento delle nostre vite. Sarei curiosə di sapere se tu hai qualche consiglio in proposito?
Io cerco sempre di restare con i piedi per terra. Così facendo, anche nelle situazioni peggiori, posso sempre consolarmi dicendo “lo sapevo” o “non mi sono impegnato abbastanza”. È già da un po' che noi membri ne parliamo insieme. Sappiamo che non saremmo niente senza le/i nostrə fan e che quindi dobbiamo lavorare e fare del nostro meglio per le persone che ci amano. E qualcosa che non faccio che ricordare a me stesso. Ho ancora sempre molto da imparare, se voglio trovare un mio equilibrio. Questo, però, non significa colmare le mie lacune a costo di sforzi e sofferenza inimmaginabili. Si tratta, piuttosto, di riconoscere le mie mancanze ed accettarle. Concentrarci su ciò che possiamo fare per coloro che ci amano ci permette di condurre una vita bilanciata.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸ Twitter
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-1.
Domani sarà un giorno lungo, lunghissimo, che culminerà alle 2:30 di notte (quindi già domenica) quando prenderò l'autobus che mi porterà all'aereoporto. Ho quasi tutto pronto, oggi faccio una selezione dei vestiti da portare e domani infilo tutto nella valigia. Non so se sono più emozionato o più terrorizzato da questo viaggio, so solo che è un salto nel buio, anzi nella penombra visto che Catania è un caos e che dovrò fare i conti con una mentalità un pò retrò, cercherò di trarne il meglio. Porto con me un pò di strumentazione, l'essenziale, midi controller, mixer, interfaccia audio e microfono per dare vita ad un pò di musica anche se la visione per ora è torbida, ma spero che il sole siculo mi illumini la strada.
Ieri ho detto alla mia compagnia che la sera prima c'era stato John Travolta a Sanremo, allora lei mi dice "vediamo cosa ha fatto", sapevo già qualcosa dai vari meme e notizie e lamentele sui social, ma vederlo di persona è stato terrificante, veramente non gli è venuta nessuno idea in mente a quel proboscidato da chiedere a modi intervista o qualcosa di diverso da fargli fare? Cioè è questo l'intrattenimento che le persone si aspettano? Ma come siete presi? Male, malissimo, certo non tutti voi per carità, spero ci sia nello stivale qualcuno che abbia una visione migliore di intrattenimento che quella di fare ballare un attore come un pupazzo. Mi ricorda un pò il 1968, non che io ci fossi non ero ancora nato ma ho visto i filmati, quando Luis Armstrong andò al festival a cantare un brano, poi finito il brano lui stava continuando a suonare, giustamente, e il pennellone Baudo lo interruppe dicendogli "basta bsta così" e il buon trombettista disse "una canzone sola per tutti i soldi che mi avete dato, sicuro?", viva la sincerità. Adesso i compensi sono decisamente più alti e non immagino quanto abbiano pagato John, direi parecchio, per cosa? Bah.
Oggi vedo che ieri c'è stato Russell Crowe, ma mi vengono i brividi solo a pensare di guardare cosa gli hanno fatto fare, ora si capisce perché Sinner non è andato e ha fatto bene.
Capisco che c'è una fetta di pubblico, anche grossa, che gode di piccole cose del tutto insignificanti, ma qua si è toccato un livello così basso che sto iniziando a pensare veramente e non per fare la battutina che Idiocrazy sia già in atto (avete presente il film?) che le persone siano stupide a tal punto da bersi qualsiasi idiozia venga proposta? Anche perché sembra che gli ascolti del festival siano altissimi, anche se potrebbero essere dati falsati o buttati li tanto per. Sembra che quell'intrattenimento becero da social, guardatevi due short video su FB o su qualsiasi piattaforma quelli con più visualizzazioni sono quelli più scadenti, abbia invaso non tanto la tv che orami è morta da tempo ma le teste delle persone, quando per lavoro mi capitava di dovermi sorbire, non interamente per fortuna, video segnalati su twitter (anche tweet normali) e vedevo quei 20 secondi canonici dove persone facevano la qualsiasi solo per qualche like mi veniva non solo da piangere ma anche un pò il vomito, oramai siamo oltre i 15 minuti di Warhol, oltre l'assurdo, oltre lo scimmiottare, oltre ... Certo la realtà non ci offre solo minchiate per fortuna, ci sono tanti che fanno cose decenti, molti che fanno divulgazione, didattica ecc ecc, ma guardando i numeri sono i video stupidi che fanno quelli grossi, certo c'è da dire che alle piattaforme non frega niente se la ragazzina mezza nuda che balla e poi cade malamente facendosi malissimo e che viene visualizzata milioni di volte, anzi a chi ha in mano i social questo piace, piace che le persone stiano incollate ai loro device così che possono dire agli investitori che hanno 2 miliardi di persone attive e loro possono continuare a pagare per pubblicità che nessuno caga, un sistema del tutto lecito ma che è nocivo per la mente. Sappiamo che la maggior parte dei social sono statunitensi e che anche il loro intrattenimento è povero, spero per loro non tutto, questo perché guardano al guadagno e non alla qualità che sembra cadere sempre più in basso, ma questo se lo facessero nel loro paese fotte sega, ma ci hanno propinato anche questo che è senza parafrasare la morte della cultura.
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Ah no? Sarebbe interessante se approfondissi questa tua considerazione.
Io credo di no, anon.
Lo psicologo è comunque un professionista. Le "confidenze" che fai a lui le fai all'interno di un percorso finalizzato, che ha un inizio, una fine ed uno scopo. Indubbiamente un certo transfert felice che ti fa vivere la figura dello psicologo come una figura amica (alleata) è fondamentale per instaurare un clima di fiducia senza il quale sarebbe difficile dire certe cose. Tuttavia ha un ruolo ben definito ed è inserito all'interno di una terapia psicologica. Non è che vai là e gli dici: sai oggi mi sono spezzata un'unghia o durante la settimana gli mandi un messaggio con scritto "mi annoio". Questo tipo di "confidenze" si fanno agli amici, se proprio.
Certo, ogni caso va a sé e ogni percorso psicoterapeutico anche. Magari in certi casi all'inizio si può instaurare un rapporto quasi di amicizia con lo psicologo, nel senso di vivere lo psicolgo innanzitutto come "amico" proprio per iniziare a fidarsi di lui, dipende anche dal paziente e dal tipo di patologia che ha. Ma nei casi... boh diciamo "meno gravi", credo che si debba tenere in conto che lo psicologo non è un amico ma appunto un professionista, ed il rapporto che si instaura è tra medico e paziente. Le "confidenze", se proprio vogliamo chiamarle così, che fai non le fai di fronte ad una tazzina di caffè in un pomeriggio qualsiasi ma all'interno di uno studio e più che confidenze si tratta di "confessioni". Credo che in generale si viva l'apertura verso lo psicologo come la confessione di "segreti" che non si direbbero a chiunque, questo è quello che magari fa confondere la figura dello psicologo con quella del confidente. Ma appunto con confidente ti confidi, dici quello che ti viene da dire e basta, si finisce lì. Le "confessioni" che fai in seduta sono invece "finalizzate a", hanno uno scopo. Mentre le confidenze no, quelle le puoi fare anche distrattamente. Che poi l'atto del pronunciarle ti fa prendere coscienza e fa scattare qualcosa (e dunque possono essere "terapeutiche") è una eventualità che non si esclude, soprattutto in soggetti più introversi e riflessivi. Ma in sé, le confidenze sono fini a loro stesse. A differenze della confessione del "segreto" che fai in seduta. A volte certi "segreti" non si confessano nemmeno agli amici più stretti.
Spero di essermi spiegata bene. Ho usato parecchi termini che secondo me sono impropri, ma sono gli unici che mi vengono in mente per capirci.
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Una rosa
Le storie che scrivo nascono dentro di me in un istante, la scintilla generatrice percorre la mia mente alla velocità della luce, in un lampo dentro di me appare un immagine chiara che racchiude tutto quello che desidero dire, ma questa è solamente la genesi di un racconto, la scrittura mi richiede tempo, cullo questi piccoli racconti dentro di me, li accarezzo ogni giorno, li porto con me, gli faccio vedere un pezzettino di mondo, per settimane ci parlo e loro parlano a me, alcune volte più di un racconto vive in me e questi tra di loro interagiscono, vivono delle avventure insieme, si scambiano le parole tra di loro e qualche volta si fondono, oggi avevo un racconto che sembrava pronto ad affacciarsi al mondo, ma un imprevisto lo ha costretto ad attendere, è arrivato il mio compleanno, il mio compleanno non è un imprevisto, viene sempre nella stessa data, l’imprevisto è la mia ragazza che mi regala una rosa, sapete di quella storia che dice che gli uomini ricevono in regalo dei fiori solo dopo morti? Ecco, per me non è più così, ho ricevuto il mio primo fiore in regalo, una splendida rosa a gambo lungo immersa in una specie di cera arancione, profumata ed in teoria eterna, è circondata da rovi di plastica dorata cosi che quando il gambo appassirà rimarrà comunque bella, quello che provo in questo momento è “sottile” quasi impalpabile, sicuramente un certo senso di sollievo mi pervade, magari devo solo lasciare questa sensazione dentro di me, parlarci, farla crescere e poi magari raccontarla.
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Bene, e dal momento che se oggi esprimi anche solo scetticismo - non dico dolore, che pure sarebbe appropriato - ti saltano addosso, nemmeno fossi Capitol Hill, voglio cercare di essere, come si dice, "costruttiva". E quindi mi chiedo, mettendo da parte ogni pregiudiziale ideologica (o anche solo logica): cosa m'insegna la vittoria di Trump? Vediamo.
La vittoria di Donald Trump m'insegna che anche gli imputati (4 processi penali) e i condannati (due cause civili, con pesanti pene pecuniarie) per cose abbastanza gravi possono vincere e comandare nazioni. Poi magari vedremo cosa sarà di tutti quei procedimenti, se si dissolveranno come lacrime nella pioggia. Beh, bellissima cosa, perché mai discriminare?
La vittoria di Donald Trump m'insegna che la verità di ciò che si dice non ha questo gran valore, anzi non ne ha affatto: in campagna elettorale gli abbiamo sentito dire praticamente qualsiasi cosa, in una gamma che va dall'esagerazione becera alla minchiata spettacolare. Cito soprattutto un grande cavallo di battaglia: le "elezioni rubate" del 2020, cosa ripetuta in infinite varianti, e malgrado ogni tipo di pronunciamento, controllo e verifica. Una cosa che forse avrebbe ripetuto pure stavolta, se avesse perso, anzi che aveva cominciato a insinuare il giorno stesso del voto, per Philadelphia e Detroit (sarebbe stato divertente, se il suo sfidante fosse stato un altro Trump: invece di riconoscere la sconfitta e fare la famosa telefonata di cortesia oggi, magari, sarebbe col megafono a ululare "brogli!" e aizzare la folla...). E poi, gli immigrati che "portano geni cattivi", e si mangiano pure cani e gatti; i dem che sono per l'aborto oltre il nono mese (e qui siamo fuori pure dalla biologia, ma tant'è); l’inflazione “quasi al 50 per cento” sotto Biden; il "milione di posti di lavoro di nativi americani” dati agli immigrati; i fondi sottratti alla protezione civile - questa dopo le devastazioni dell'uragano Helene - "per darli ai clandestini"; il “cambiamento climatico” che è una bufala (“sentite che freddo?”).
E non considero nemmeno le fanfaronate semplici, tipo: "Ci fossi stato io, Putin non avrebbe invaso l'Ucraina" (che fa il paio con: “Farò cessare tutte le guerre”. E viene in mente, per esempio per la Palestina, Tacito: “Hanno fatto il deserto, e lo chiamano pace”...). Una cosa per cui nel mio dialetto esiste una deliziosa definizione: "bummacaro". La vittoria di Trump m'insegna che il bummacaro piace, e vince. E quindi non solo è legittimato a esserlo, ma ha ragione e fa bene.
La vittoria di Trump m'insegna che ostentare rabbia, deridere, insultare (dell'avversaria ha più che altro detto cose come: "è cattiva, è stupida", "ha un basso QI", "ha problemi mentali") è bello e viene premiato.
La vittoria di Trump m'insegna che lo sberleffo in luogo della dialettica, la smorfia e il balletto in luogo del discorso stesso sono buoni e giusti.
La vittoria di Trump m'insegna che l'intolleranza è un valore e merita rispetto, anzi diventa base della costruzione politica (li sentite, i cori da qui, dai sostenitori del diritto all'odio?)(certo molti di loro, magari, nei prossimi anni avranno belle sorprese, e saranno dazi loro...).
La vittoria di Trump m'insegna che la chiusura verso l'esterno, il muro difeso con la forza sono le risposte a tutto (anche ai problemi che hai causato tu stesso, in quanto élite finanziaria che i tuoi sostenitori pure odiano, con un doppio salto mortale della logica). E che nel tuo fienile non devi lasciare entrare nessuno, perché chiunque altro ha "i geni cattivi".
Certo, ci fosse stato sempre un Trump, da quelle parti, a sigillare le frontiere, oggi il presidente si chiamerebbe Toro Seduto, e i Trump farebbero ancora i barbieri in Renania, ma poco importa. Il Paese così fiero del suo sogno collettivo, forgiato da innumerevoli mani di innumerevoli provenienze (e, ricordiamolo sempre, su territori e con risorse sottratti ai nativi, con schiavi razziati in altri continenti), ha una memoria spaventosamente corta (ma le dimensioni, si sa, non contano).
Insomma, tutte quelle cose nelle quali mi è sempre stato detto che bisogna credere e che si dovrebbero premiare - ovvero coerenza, onestà, correttezza, logica, competenza, preparazione, memoria del passato, compassione, empatia, solidarietà e tanta altra roba desueta - non solo non servono, ma sono persino sbagliate e condannabili.
Quindi anch'io dovrei unirmi al coro: grazie, presidente Trump, delle tantissime cose che ci ha insegnato. Ne faremo tesoro, nello spaventoso mondo che verrà.
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