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PRIMA PAGINA La Notizia di Oggi venerdì, 11 ottobre 2024
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Comunque no non mi sono messa a fare pinterestate fini a sé stesse, semplicemente ho deciso che quando i miei widget di Pinterest faranno da soli delle belle combinazioni le pubblicherò qui per ricordarmelo e mostrarvi di più il mio vibe di giorno in giorno.
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Giaches de Wert (1535 - 1596)
Il settimo libro de madrigali a cinque voci novamento composto & dato in luce (Antonio Gardano, Venice, 1581)
– Donna, se ben le chiome
Donna, se ben le chiome ho già ripiene / D’algente neve, il cor però non verna: / Sàsselo Amor che tacito ’l governa / E in lui conserve del suo ardor mantiene. / Etna cosí sul dorso alto sostiene / Le brine e ’l giaccio e dentro ha fiamma eterna; / Selce cosí gelata è ne l’esterna / Parte, e’l foco nativo ha ne le vene. //
Ben, se ’l petto talor mi ripercote / Colpo de’ tuoi begli occhi, a piú d’un segno / Vengon le fiamme mie, nel mio sembiante / Ma tu risparmi i colpi e vuoi ch’ignote / Siano: forse è pietà, forse è disdegno / Che alzi tanto osi sperar canuto amante. // [Torquato Tasso]
– Vive doglioso il core
Vive doglioso il core / Sol per servir Amore / Che d'eterna ferita / Vuol che peni mia vita / Per far il suo bel regno / Più glorioso e più d'ogn'altro degno. //
– Vani, e sciocchi non men ch'egri e dolenti
Vani, e sciocchi non men ch'egri e dolenti / Lumi perchè dal pianto or non cessate? / Qual maggior doglia oggi ch'allor provate / Che i rai del vostro sol v'eran presenti? / Quel ch'or vi tolgon de' begli occhi ardenti / Le luci a voi sparite e dilungate, / Già vi togliea la sua gran crudeltade / Che i pensier sempre ebbe a fuggir intenti. // [Ludovico Ariosto]
Giaches de Wert – Il settimo libro de madrigali. The Consort of Musicke, Anthony Rooley. (1989, Virgin Classics Digital – VC 7 90763-2)
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“una volta visto il furlo, non lo dimentichi più!„
(all'inizio ci sono sempre delle difficoltà)
oggi a pranzo ero seduta a tavola con mia nonna e parlavamo di ragazzi, della mia attuale frequentazione, delle sue da giovane prima di mio nonno.
ridevamo e scherzavamo: “Federico per un anno insieme mi ha scritto una canzone!... due strofe„ mi conosceva da sei anni, due di relazione, e non è riuscito a dedicarmi più di due semplici righe. il suo primo "filarino" -lei li chiama così- invece, andando in vacanza le manda una cartolina “una volta visto il furlo, non lo dimentichi più!„ basta, fine. abbiamo convenuto entrambe che a volte, certi maschi, semplicemente non hanno le basi ma lasciano dei begli aneddoti da raccontare. un'altra volta ancora -continuo io- il mio primo morso -io invece, lo chiamo così- al telefono mi disse “ho un quaderno dove scrivo di tutte le donne che ho amato (avevamo sedici anni) ma ci sei anche tu„ anche. e preseguì leggendomi di tutte queste "donne" eppure io, non sono arrivata mai.
e così, fra una risata e l'altra, mi sono messa riflettere e pensare sulla mia attuale situazione: dopo numerose frequentazioni e relazioni disfunzionali, anni di disinteresse verso ogni altro ragazzo, finalmente ho incontrato una persona che mi ha fatto sentire qualcosa. lui le ha chiamate "vibrazioni" ed è proprio quello che ho sentito quando lo vedevo dietro alla cassa ogni volta che entravo da Tiger. ho preso il coraggio a due mani e ho deciso di chiedergli di uscire e adesso è circa un mesetto che usciamo e parliamo frequentemente. lui è serio, gentile, educato e premuroso. mi ascolta, mi consiglia e soprattutto mi rispetta. stiamo bene, abbiamo tanto in comune, così tanto che ho scoperto che lui vive da anni nella stessa via in cui io ho vissuto gran parte della mia infanzia. eppure, eppure io ho un eppure in mente.
in questo momento la mia vita sta andando si può dire.. bene: ho un lavoro stabile, sto prendendo la patente, ho una casa mia, e forse -forse- un ragazzo. eppure, non posso fare a meno di chiedermi se sia veramente questa la felicità, la serenità di cui tutti parlano e a cui tutti ambiscono. la felicità è non avere drammi? anise? giornate vuote o di pioggia? la felicità è sentirsi di starsi accontando? è ripetersi che va bene così? che deve andare così? io non lo so, non sono mai stata veramente felice fino ad ora. non so come ci si senta a passare dei periodi in cui si sta effettivamente bene, in cui le cose sembrano andare per il verso giusto, e quindi a volte mi chiedo se è effettivamente così che si sentano le persone realizzate. se ad un certo punto hanno semplicemente accettato la relazione più sana, più semplice, più giusta.
io sono felice, ma mi sento incompleta, mi sento come se stessi cercando di fare la scelta meno sbagliata, quella che mi porti ad avere una relazione sana come tassello mancante al mio puzzle che finalmente, sta funzionando. ma in realtà, mi sento così in generale: mi sento così quando mi rendo conto che una risposta negativa di una mia collega non mi crea collera, mi sento così quando l'idea di guidare non mi fa più così paura perché è una cosa necessaria, mi sento così quando dormire da sola in casa non mi crea più pensiro. mi sembra semplicemente che le cose crescendo ad un certo punto si.. aggiustino. che la mente lasci spazio solo alle emozioni necessarie, utili. che si inizi a seguire il flusso di tutti quei pensieri che ti portano a dire: sono troppo grande per fare questa cosa, per bere quella birra, fumare quella canna. ma soprattutto: sono troppo grande ormai per fidanzarmi con quella persona. "quella persona" che ci stimola, ci eccita, ci fa sentire ancora adolescenti, frizzanti ma in cuor tuo sai che è sbagliato. ed è sbagliato perché.. sei, semplicemente, troppo grande.
e quindi io mi sento come se dovessi fare una serie di scelte che portino la mia vita ad essere di qualità e fra queste, ci sei tu, matteo. e vedi, a me spaventa terribilimente non capire se sempliceme mi pici tu o l'idea di avere finalmente una relazione sana, serena, giusta. e così, quando questi pensieri mi assalgono -soprattutto quando sono con te e ti guardo parlare, come muovi le mani, i tuoi polsi, i sorrisi- mi dico: all'inizio ci sono sempre delle difficoltà. all'inizio ci sono sempre delle difficoltà e che alla nostra età è normale avere delle conoscenze più serie, informali, lente. che non sei il mio primo amore liceale, forte, intenso, passionale e sofferente. tu sei Matteo, il terzo, quello serio, quella che definiscono "la terza relazione definitiva" quella che arriva dopo al primo amore che non si scorda mai, la seconda relazione che ti aiuta a crescere e capire cosa vuoi e poi tu: la terza, l'ultima, quella che risolve tutto. e non lo so, se sento che tu lo risolversi davvero anzi, per la prima volta mi preoccupa addirittura che il sesso fra di noi possa non funziona mai! buffo, eh?
quella che fa discorso seri e poi si ritrova a pensare all'ex che le fa saltare in aria i bottoni della camicia e la sbatte sui fornelli eppure io sono anche così, sono anche, così. ma non voglio rovinare tutto così mentre mia nonna mi dice che da ragazzina ha rifiutato un bravissimo ragazzo al tempo notaio e di buona famiglia perché "non mi piacevano le sue ciabatte" io mi ripeto: all'inizio ci sono sempre delle difficoltà.
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I POVERI MUOIONO PRIMA
I comunisti e i problemi di oggi
Il progetto dei comunisti
Un governo che volesse agire avrebbe a disposizione consensi assai vasti nel paese, forza politica sufficiente, e perfino i piani, le proposte. Un autorevole giornale inglese, The Economist, ha scritto: << I comunisti italiano hanno presentato un progetto di legge per un servizio nazionale di assistenza medica, e un rapporto sullo stato attuale dell'assistenza, di cui lo stesso ministro della Sanità ammette che sia il miglior rapporto fin ora mai elaborato. Non vi è alcuna possibilità che il progetto venga approvato dall'attuale Parlamento, per quanto, se presentato da un partito diverso, nella maggior parte dei paesi dell'Europa occidentale lo si considererebbe un progetto abbastanza moderato >>. Ecco l'accusa: la maggioranza parlamentare (DC, PSU, PRI, ed anche le destre esterne, ostili ad ogni innovazione) ostacola un progetto considerato utile alla salute degli italiani. L'ostacola con il pretesto che è presentato dai comunisti, ma in verità perché difendere la salute significa intaccare privilegi e poteri consolidati, porre freno allo sfruttamento del lavoro umano, impedire il saccheggio delle risorse naturali del paese da parte della speculazione, far progredire la dignità dei cittadini e la democrazia. Se la maggioranza parlamentare si oppone a ciò che giova al paese, non vi è altra strada che modificare questa maggioranza, costringere il Parlamento ad anteporre la salute degli italiani ai gretti interessi dei partiti attualmente al governo. Begli ultimi anni, qualcosa è mutato negli orientamenti del paese sulla politica sanitaria. Anche il Programma quinquennale di sviluppo economico, approvato dal Parlamento nel 1967, accoglie l'idea che sia realizzato il passaggio ad un Servizio sanitario nazionale, che diriga e coordini tutte le attività sanitarie del paese, che sia finanziato dallo Stato attraverso il contributo dei cittadini in proporzione alla rispettiva capacità, che assicuri prestazioni sanitarie preventive, curative e riabilitative a tutti i cittadini, che sia orientato soprattutto in senso preventivo << al fine di ridurre l'incidenza delle malattie di maggiore rilievo sociale e della mortalità infantile, e di ottenere una sostanziale elevazione del livello igienico del paese >>. Ma è possibile realizzare questo programma senza una diversa politica economica che garantisca retribuzioni più alte, occupazione piena delle forze di lavoro, istruzione generalizzata, abitazioni più sane, nutrimento sufficiente, sicurezza nelle fabbriche, città più adatte all'uomo, democrazia più ampia nel nostro paese? E' possibile realizzare questo programma senza mutare le classi ed i partiti al potere?
Continua...
Testo di Giovanni Berlinguer, 1968
-A cura della Sezione centrale stampa e propaganda del PCI
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oggi ho concluso le lezioni del primo anno di università. la prossima settimana comincia la sessione, e poi questa prima fetta di un lungo percorso sarà terminata. la mia prima lezione la ricordo ancora, era di storia del teatro, ero in auditorium seduta con carlotta, federica, andrew, anna, credo anche francesco. loro erano le persone della mia vita, e forse una parte del mio cuore le considererà sempre come tali. perché senza francesco non sarei mai salita su uno scooter, senza anna non avrei mai capito come ci si sente ad essere fondamentali nella vita di qualcuno, senza carlotta e andrew non mi sarei mai innamorata di milano. e federica era mia sorella. me lo disse qualche giorno prima della fine del mondo e me lo ricordo ancora come se fosse ieri. eravamo a casa sua, sedute per terra, sanremo in sottofondo e due bicchieri di vino rosso. le guance bordò e due sorrisoni. "tu sei mia sorella dile", poi scoppiai in lacrime abbracciandola. quando ho cominciato questo primo anno ero la persona più felice sulla faccia della terra. mai nella vita sono stata così serena e mai nella vita mi sono trovata così bene con delle persone. ero felice di essere una matricola, felice di vivere a milano, felice persino della mia casetta sgangherata, del mcdonald in duomo, felice di mangiare, di bere, di non truccarmi, di vestirmi carina, ero felice dei miei occhiali da sole e l'abruzzo non mi è mai mancato per mesi, nemmeno un po'. nemmeno mia madre, nemmeno il mio gatto o le mie amiche. avevo trovato la mia famiglia. e per un po', tutto è andato bene. poi è arrivata la fine del mondo. poi sì, mi sono comportata di merda ma sono stata tradita nel momento in cui più avevo bisogno di aiuto. mi hanno voltato le spalle tutti, dal primo all'ultimo, nella maniera più meschina che abbia mai visto in vita mia. poi, improvvisamente, ero da sola. io contro milano, sola, senza nessuno. e ho cominciato a bazzicare da un letto a un altro, a dare troppa importanza a chi mi considerava solo un passatempo, è arrivata la droga, il fumo, l'autolesionismo. tutto così in fretta che stento ancora a metabolizzare gli ultimi tre mesi. e anche dopo tempo, in cui ho cercato di trovare distrazioni nello studio, in qualche frequentazione sana, in nuove amiche, nel prendermi cura di me stessa, non sono mai veramente guarita. ogni giorno penso a quello che ho fatto e a quello che mi è stato fatto. ogni notte sogno qualcuno che mi chiede "e ti sei mai ripresa da quello che è successo con gli altri?" e io rispondo sempre "no, mai". perché perdendo loro ho perso la mia vita, ho perso mille opportunità, ho perso la mia salute, il mio equilibrio, ho letteralmente perso un pezzo del mio cuore. ho perso tutto in una notte e ne sto pagando le conseguenze da mesi. è la prima volta che riesco a scrivere di questo ma non ancora sono capace di farlo senza vagheggiare ed evitando di entrare nello specifico, ma sento di dovere delle scuse alla me di settembre che voleva ricominciare da capo per bene, e strabordava di gioia per la sua nuova vita. sento di averla delusa fino al midollo osseo, e se mai un giorno riuscissi a perdonare quello che ho fatto agli altri, mai perdonerò quello che ho fatto a me stessa, al mio corpo, a come ho buttato via tutto ciò che avevo e a come mi sono maltrattata per mesi. mai. perché ero piccola, ero spensierata, ero sulla cima del mondo. avevo un bel sorriso dritto, dei bei capelli lunghi, dei bei polsi puliti, dei begli occhi struccati. ero la persona più bella e felice del mondo e non meritavo tutto questo. oggi ho finito il primo anno e l'unica cosa a cui aspiro non è la felicità. sì, spero che un giorno tornando a milano io possa sentirmi di nuovo a casa. ma quello che spero di raggiungere più di tutto è il perdono. spero di riuscire a perdonare me stessa per tutto quello che ho combinato, e spero che il secondo anno possa guidarmi verso questa redenzione.
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“ La Belaglia è una bambina bellissima di diciassette anni, la pelle bianca, lo sguardo che esce dai begli occhi dolcissimo e innocente. È snella, delicata e già con le tiepidezze della donna benché un qualche cosa avverta di una incapacità a completarsi, una maledizione che è dietro alla sua bellezza e sarà quella che vincerà (o forse perché so la sua tara e che la madre morí qui al manicomio e il fratello è nei “corrigendi” a Firenze). Quando questa ragazza è arrivata ha commosso tutte le infermiere per la sua dolce bellezza; essa non ha mai conosciuto la madre però sa che è morta qui e i primi giorni domandava alle infermiere se l'avevano conosciuta, come era fatta, come aveva gli occhi, cosa disse prima di morire ecc. Nella cartella che l'accompagna (essa proviene dall'ospedale psichiatrico di S. Salvi) c'è scritto che prima di essere ricoverata a S. Salvi era dalle suore dove si comportava benissimo, si dimostrava buona, intelligente e solerte negli studi; un giorno apparve confusa, come parlasse in sogno e sempre piú si alterò finché fu ricoverata; e da S. Salvi fu trasferita a Lucca, nel nostro manicomio, perché è domiciliata in provincia di Lucca, in un paese qui vicino, dove suo padre lavora la terra. I primi giorni che fu con noi non si distinse dunque che per la commozione che suscitava la sua dolce bellezza e i suoi davvero innocenti diciassette anni. Le domande che essa faceva su sua madre accrebbero la pietà e già si pensava di mandarla presto a casa, presso suo padre, che era venuto a trovarla e si era dimostrato affettuoso e delicato con la figlia, come uno che benché la pazzia gli abbia recato tanti malanni non rinuncia affatto né si duole di neppure uno dei suoi sentimenti.
Ma ieri la Belaglia ha cominciato a dire appassionatamente, ed ha continuato tutta la notte, con la sua tremante vocina che “è marcia, è in agonia” e mostra le due mani dicendole di un cadavere, che la sua orina è verde, e di nuovo aggiunge, con gli occhi piú belli per l'implorazione: «Sono in agonia». Anche stamani ripeteva queste idee deliranti stringendosi all'infermiera come avesse paura di qualche cosa di orrendo che ineluttabilmente si avvicinava. (Ho notato che le infermiere, molte delle quali non hanno figli, la curano con ogni garbo e, per esempio, la pettinano ogni mattina con tale cura che le trecce cadono morbide e perfette ai lati del collo, incorniciandola. E la fanciulla si presta a queste attenzioni come la pazzia non le impedisse di giudicare che alla bellezza si rende sempre omaggio.) Ho dovuto trasferire la Belaglia dal piccolo, quasi sempre composto, reparto osservazione, alla “vigilanza”. Timorosa, diffidente, verginea Maddalena che bagna di lacrime le trecce, mi ha ubbidito. Una ammalata, già molto anziana, del reparto osservazione l'ha seguita fino alla porta come le portassero via un tesoro. Immensa potenza della verginea bellezza! questa anziana malata stava sempre zitta, chiusa nella tetraggine e oggi, poiché le strappavano la fanciulla, lei sempre pallida, si è irrorata nel volto, e mi ha detto concitatamente: «Siamo sempre state insieme, non me la tolga!». “
Mario Tobino, Le libere donne di Magliano, introduzione di Geno Pampaloni, A. Mondadori (collana Oscar n° 90), 1969²; pp. 58-61.
[1ª Edizione originale: Vallecchi, Firenze, 1953]
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ORA VI SVELO PERCHÉ È MEGLIO CHE PROSSIMAMENTE VI VACCINIATE CONTRO L’INFLUENZA STAGIONALE
(questo è un post pensato e scritto sulla mia pagina FB, per il numeroso e variegato pubblico che ignoro perché mi segua, visto che il 97% di loro non capisce le mie battute nerd e il mio oscuro citazionismo. Se volete seguirne gli sviluppi - temo granguignoleschi, visto l’argomento spinoso - potete farlo QUA).
Breve storiella simpa.
Qualche anno fa c’era un tizio inglese che dava sempre noia alle contadine quando mungevano le mucche e mentre loro erano sveglie dalle quattro del mattino a farsi il culo nella stalla, lui ciondolava in giro a fare il ganzo e a riempirle di complimenti: Che belle gambe! Che bei capelli! Che begli occhi! Che belle man... No! Le mani fanno schifo! Che sono quelle pustole? Sembrano di vaiolo... ma voi però non state morendo di vaiolo! Sarà mica che vi siete abituate al vaiolo delle mucche? Aspetta... laggiù, tu con il cu... il cuore grande! Siccome incidentalmente sono pure un dottore e ti stavo per chiedere se ti potevo palpare il cu... il cuore, posso mica prendere con la mia siringa il contenuto delle pustole schifose sulle tue mani e iniettarlo a tutti i bambini di Inghilterra così magari vediamo se non si beccano più il vaiolo?
E così Edward Jenner inventò il vaccino per il vaiolo, che si chiama così non perché pensava che le contadine fossero delle vacche ma perché le vacche - quelle vere - con la loro variante specifica di malattia gli avevano dato l’idea che questa potesse essere utilizzano per stimolare il sistema immunitario contro il vaiolo umano.
MUCCHE --> VACCHE --> VACCINO ba dum tss!
Ora, sono passati più di DUECENTO ANNI anni da questa scoperta, quasi gli stessi che ci sono voluti perché questa terribile malattia fosse eradicata dalla faccia del pianeta terra grazie a vaccinazioni sempre più massicce nel numero e nella diffusione... molti tra quelli che mi leggono nemmeno sanno che noi vecchi c’abbiamo una o due cicatrici rotonde sul braccio che ce lo ricordano (io a 18 anni, ubriaco, ci ho inciso sopra uno smile con un coltello rovente) ma sono felice che nessuno di voi abbia mai vissuto con questa paura.
Oggi i vaccini sono una cosa mille anni luce lontana da quelli che si usavano un tempo e hanno raggiunto un tale livello di sicurezza ed efficacia che non c’è nessun bisogno che i Rettiliani Massoni Sionisti Rosacrociani di Bigdelberg Pharma mi paghino per dirvelo...
VI CONSIGLIO DI FARLI E DI FARLI FARE ALLE PERSONE A CUI VOLETE BENE SENZA CHE NEMMENO MI RICOMPRINO LA TASTIERA CHE STO CONSUMANDO A FORZA DI CERCARE DI FARVELO CAPIRE.
Tra tutti i vaccini (argomento che ho già trattato altrove e che riprenderò nelle inevitabili domande che salteranno fuori) però a me interessa quello contro
L’INFLUENZA STAGIONALE
Prima di tutto è UN SOLO vaccino ma solitamente con QUATTRO ceppi virali assieme (due dell’influenza A e due ceppi della B) cioè TETRAVALENTE e a differenza di altri tipi in cui si usa un virus attenuato (morbillo, rosolia etc), il vaccino anti-influenzale sfrutta solo il materiale di superficie del virus - che quindi non è presente - e l’immunizzazione avviene tramite la stimolazione da antigeni purificati cioè nello stesso modo in cui ai poliziotti (gli anticorpi) viene fornita la foto di un criminale (il virus) per poterlo riconoscere e arrestare prima che commetta il crimine (infezione). Purtroppo il virus ogni anno si fa la plastica facciale (antigenic drift cioè mutazione di superficie) e quindi c’è bisogno di un nuovo identikit (vaccinazione annuale)
È BIOLOGICAMENTE, FISICAMENTE E SCIENTIFICAMENTE IMPOSSIBILE CHE VI VENGA L’INFLUENZA DOPO L’INOCULAZIONE DI QUESTO VACCINO.
Sarebbe come sanguinare con un buco nella pancia perché qualcuno v’ha sussurrato ‘coltello’ nell’orecchio... NON SUCCEDE, nonostante sia sicuro che qualcuno mi stia per spiegare quanto io mi sto sbagliando in cattiva fede e pure col conto corrente pieno di soldi in nero ma rossi di sangue (magari, stronzi).
MIO FIGLIO È DIVENTATO AUTISTICO DOPO IL PRIMO VACCINO! No, lo era anche prima di uscire dalla vagina solo che i vaccini si fanno nel momento in cui la condizione comincia a essere più facilmente diagnosticabile. MIO FIGLIO HA FATTO IL PRIMO VACCINO E ORA SI AMMALA SEMPRE. Benvenuti nella vita di genitori e ringraziate ché senza vaccini si sarebbe ammalato il triplo. DOPO IL VACCINO MIO FIGLIO BESTEMMIA E MIA FIGLIA TROIEGGIA! Questo perché non esiste ancora il vaccino contro la stupidità dei genitori.
Il vaccino risveglia il sistema immunitario e dopo l’inoculazione si potrebbe presentare febbricola, dolori articolari e stanchezza (NON INFLUENZA!) o potreste anche beccarvi una delle decine di altri virus PARAinfluenzali (NON INFLUENZA!) che ammorbano l’inverno di tutti oppure, infine, essere così sfigati da prendervi l’influenza vera e propria prima dei 10-15 giorni in cui il vaccino impiega a stimolare completamente la risposta anticorpale (fatelo per tempo).
Il vaccino antinfluenzale NON indebolisce il vostro sistema immunitario (anzi, lo risveglia con un calcio nel costato), da tanti anni non contiene più mercurio (che comunque era THIOMERSALE, una forma biologica e pisciabile via di etilmercuio... mica il metilmercurio del pesce con cui ingozzate i vostri fiocchi di neve) e per sintetizzarlo non si usano pulcini vivi e pigolanti strappati a mamma chioccia per torturarli... si usano UOVA non fecondate e sterili che costano millemila euro l’una.
E ora c’è un’ulteriore buona ragione per farlo.
Quando quest’inverno si intensificheranno inevitabilmente i contagi da Sars-Cov2, AVRETE UN MOTIVO IN MENO PER ROMPERE IL CAZZO A TUTTO IL MONDO PERCHÉ C’AVETE LA FEBBRE E VI SENTITE MORIRE.
Vi giuro che in una situazione di emergenza questo fa una differenza vitale.
Tanto temo che romperete lo stesso anche per un semplice raffreddore ma quella linea telefonica non occupata o quell’ambulanza non chiamata per una banale influenza potranno così servire a qualcuno che ne ha davvero bisogno.
Moriremo tutti, prima o poi, ma voi intanto cercate di farne morire il meno possibile prima del tempo.
Per concludere. CONTATTATE IL VOSTRO MEDICO PER AVERE INFORMAZIONI sui tempi e i modi di quella che - presumibilmente a Ottobre - diventerà una vaccinazione allargata alla maggior parte della popolazione e non più solo indirizzata ad anziani e soggetti a rischio per malattie o professione.
Grazie dell’attenzione e sempre a vostra disposizione per chiarimenti chiesti in modo gentile su dubbi leciti, vista la complessità dell'argomento. Oppure per dirvi di smettere di rompere i coglioni con le vostre fantasie sfrenate di antivaccinisti analfabeti funzionali con cui mi pulirei il fondoschiena se non fossero così tanto sottili e inconsistenti da rischiare di avere un altro dito nel culo oltre voi.
<3
Grazie dell’eventuale gentile reblog e della calorosa e per me vitale claque sponsorizzata dai già citati Rettiliani Massoni Sionisti Rosacrociani di Bigdelberg Pharma.
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Dopo essermi lamentata che non lavoravo oggi mi hanno chiamato per lavorare a settembre e farmi un sacco di begli sghei ma credo rinuncerò ahahahahahahahhah ahah
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Stasera è roba di vecchie foto, di foto in cui avevo i capelli lunghi e gli occhi più grandi, di foto in cui volevo bene senza riflettere e mi stupivo di ogni più piccola forma di cattiveria. Tra poche ore saranno 24 gli anni passati su questo pianeta e non voglio dire che la cattiveria abbia smesso di sbalordirmi, ma insomma...ci convivo. Come convivo con l'idea di dover scomparire, prima o poi, come convivo con il fatto che è tutto tremendamente labile come il mio umore, come convivo con l'amore.
Stasera è roba di vecchi film strappalacrime, perché ci sono sere in cui hai bisogno di commuoverti, di ricordare, di convincerti che tutto sommato non è poi tutto da buttare quello che sei stata in passato. Non è un discorso d'età, in ogni caso, anche se gli anni che passano ci mettono sempre un po' del loro.
Stasera è roba di paura, perché quando stai per compiere gli anni (è inutile negarlo) c'è sempre qualcuno che vorresti che ti facesse gli auguri e puntualmente non te li fa. E tu puntualmente li aspetti, io li aspetto ed ho paura. Sono proprio terrorizzata dagli auguri che non arrivano e onestamente anche da quelli che arrivano e che proprio non mi aspettavo.
Odio stare al centro dell'attenzione semplicemente perché credo di non essere abbastanza bella o abbastanza interessante, altrimenti mi piacerebbe tantissimo essere guardata, ammirata ed invidiata, ma poi sai? A un certo punto smetti anche di pensarci ai capelli, al trucco, alle gambe un po' storte e ai denti imperfetti. Io ho smesso davvero e più che ad essere guardata oggi anelo ad essere ricordata. A fare la differenza.
Rileggo regolarmente le lettere che non ho mai dato ai legittimi destinatari e risalgono tutte a molti anni fa. A un certo punto, come ho smesso di preoccuparmi dei capelli, ho smesso anche di scrivere lettere. Ho smesso di fare una tragedia per qualsiasi cosa e di costruire commedie e matrimoni su ogni singolo sguardo e su ogni più piccolo sorriso appena accennato. Mi manca parecchio quella me, eppure a forza di fingermi diversa per paura di non andar bene alla fine sono cambiata davvero. Che c'entra? Mica fino in fondo, mica del tutto. Arrossisco ancora se qualcuno ci va giù pesante. Non abbino mai la biancheria intima perché sono ancora convinta che non gliene freghi niente a nessuno delle mutande che indosso: l'importante è che tremi un po' quando mi guarda, che non mi senta mai completamente tranquilla. L'inquietudine continua ad essere la mia compagnìa prediletta e ci sono quei due o tre amici che ho perso che mi pesano dentro più di ogni bagaglio che mi sia mai trovata a trascinare in mezzo ad una stazione affollata nel bel mezzo dell'estate.
Stasera è roba di rispettarsi, perché altrimenti sarebbe una di quelle sere in cui le sigarette non basterebbero mai, una di quelle sere in cui dormire sembrerebbe un oltraggio a quello che sento, una di quelle sere in cui distruggersi sarebbe un vento e sarebbe anche, in qualche modo, bello. Ho bisogno di essere felice allo stesso modo in cui ho bisogno di scolvolgermi e stravolgermi. Ho bisogno di far felici gli altri allo stesso modo in cui ho bisogno che qualcuno mi faccia piangere.
Ma scrivo, stasera è roba di aggrapparsi a quei due o tre sogni che nonostante gli stronzi e le stronzate non ce la fanno a passare. Non sono io che non mi sono arresa con loro, è il contrario. Io ho i sogni resistenti, non mollano anche quando io non ce la faccio più.
Così tanti auguri, tanti auguri in anticipo o (dipende da come la guardi) in ritardo. Tanti auguri di cuore, tanti auguri, non esagerare con le paure, tutto qui. Non esagerare, in generale. Di sere come queste ce ne saranno tante e allora tanti auguri, ti auguro di imparare ad accettare chi non capisci e chi è arrabbiato.
Ti auguro di rimanere dolce.
Begli occhi,
davvero.
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Negli ultimi mesi mi sono ritrovata a pensare spesso che non mi ricordo più come riuscivo, senza il minimo problema, durante i primissimi tempi dell’università, 19/22 anni?, a starmene pressoché sempre sola. Dedicavo il mio tempo ai libri e ai progetti futuri. Ore e ore di dedizione alla cultura, ai bei voti e all’essere sempre brillante e preparata. Non avevo molti altri pensieri che i libri, gli esami e i semestri che trascorrevano. Vedevo le mie amiche e i miei amici, uscivo, quello si, ma in definitiva ero abbastanza concentrata verso i miei obbiettivi. Niente alcool, niente canne e niente notti insonni a quei tempi. Avevo una vita programmata, statica, e prospettata verso “il mio radioso e brillante futuro”. Ahahahahaha si...
Oggi del futuro non mi frega più niente, nemmeno ci penso, e a malapena penso al programma per il giorno dopo. Non pianifico più niente, vivo quel che viene come se fossi una homeless sotto un ponte che vive alla giornata. Prima mi sforzavo di essere social, ora sono a-social, con tendenza all’anti-social. Prima facevo i miei begli acquisti di vestiti e vestitini, ossessionata da un determinato canone estetico, ci tenevo un sacco. Adesso esco con la prima felpa, senza un filo di fondotinta, con i capelli a stento pettinati, e via.
Quando ripenso a come ero, e a quanta fiducia e passione riponevo in me stessa, penso quasi ad un altra persona, lontana dalla attuale me. Prima pensavo ai giorni in cui i miei sogni avrebbero preso vita, ora penso al giorno in cui avrò una piccola minima soddisfazione. Prima pensavo a quanto sarebbero stati emozionanti i giorni dell’età adulta, adesso penso che è tutta una truffa questa adulthood. Prima pensavo a quando avrei avuto un uomo intelligente, brillante e innamorato di me al mio fianco, ora penso solo che sono quasi 8 mesi che non scopo e cazzo, non si può vivere così. Prima pensavo che sarei stata sempre eterea, candida e romantica, adesso le romanticherie mi fanno vomitare e l’unica persona che io abbia mai amato è stata quella che ha tirato fuori da me i miei più bassi istinti animali, senza tante chiacchiere e senza tanti fronzoli. Prima mi piacevano i timidi e mi vedevo in queste fantasie da amici e amori della porta accanto, adesso veramente non capisco come si faccia anche solo a considerare queste cazzate. Prima pensavo che avrei avuto una bella casetta non lontano dal centro città, dove organizzare cene con gli amici e movie nights, adesso voglio solo 17 gatti, due cani e una casa nel bosco, con le pareti di legno e gli alberi da frutta, e qualcuno con cui dormire abbracciata.
Non so come sia possibile passare dall’essere una persona con sogni e prospettive, ad essere uno strano animale, stanco, disinteressato e disadattato, che prega solo di trovare chi la porti a vivere nel nulla, lontano da tutto questo insensato agglomerato di cose e persone che chiamiamo società.
Non ero così e non sono mai stata così tanto disinteressata alla vita e al futuro come lo sono oggi. Ero un insieme di mondi e di sogni e di prospettive, e adesso sono un insieme di amarezze, delusioni e di noia verso tutti. Non ci credo più in me stessa, e forse alla fine dei giochi è molto meglio così. Non mi aspetto più niente da me.
E non so se vivere così è solo triste o anche liberatorio in definitiva. Sicuramente molto meno impegnativo, perché poche cose mi deludono, rispetto alla vita di prima.
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LE POESIE DELLO SCRITTORE FRANCESE
Paul Verlaine, le poesie più belle del poeta maledetto
Paul Verlaine è stato uno dei massimi esponenti della poesia francese del Novecento assieme a Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud

MILANO – Paul Verlaine (1844-1896) è riconosciuto come il maestro dei giovani poeti del suo tempo, nonché come uno dei massimi rappresentanti della poesia simbolista francese. La sua breve vita fu estremamente travagliata e drammatica, dalla relazione omosessuale con Arthur Rimbaud (che gli valse la nomea di poeta maledetto), all’incarcerazione, fino alla conversione al cattolicesimo e alla morte di tifo a soli 52 anni. Oggi ricorre l’anniversario della morte del poeta e lo ricordiamo con le sue poesie più belle.
La poesia e la musica
La poesia di Verlaine ebbe un effetto dirompente nel panorama poetico francese del tempo. Sulla scia di Baudelaire, Verlaine sente l’esigenza di rompere gli schemi delle metriche tradizionali, con i loro ritmi regolari e simmetrici, e si dedica alla creazione di versi liberi, irregolari, estremamente musicali. Secondo Verlaine la Parola è un simbolo, incapace di descrivere esaustivamente la realtà, ma capace di evocare immagini potenti dietro a cui risiede il senso profondo delle cose. La sua poetica pone al centro l’esigenza della musicalità, assimilando i componimenti poetici ai testi musicali attraverso il rifiuto dell’eloquenza, della rima e delle strutture metriche tradizionali. La poesia, dunque, necessariamente deve essere vaga, e non limitarsi alla semplice descrizione di eventi ed emozioni, ma trasmettere immagini, alludere, evocare sensazioni, proprio perché il senso profondo delle cose risiede al di là della Parola.
Arte poetica
La musica prima di ogni altra cosa,
E perciò preferisci il verso impari
Più vago e più solubile nell’aria,
Senza nulla in esso che pesi o posi…
È anche necessario che tu non scelga
le tue parole senza qualche errore:
nulla è più caro della canzone grigia
in cui l’Incerto al Preciso si unisce.
Sono dei begli occhi dietro i veli,
è la forte luce tremolante del mezzogiorno,
è, in mezzo al cielo tiepido d’autunno,
l’azzurro brulichio di chiare stelle!
Perché noi vogliamo la Sfumatura ancora,
non il Colore ma soltanto sfumatura!
Oh! la sfumatura solamente accoppia
il sogno al sogno e il flauto al corno.
Fuggi lontano dall’Arguzia assassina,
dallo Spirito crudele e dal Riso impuro,
che fanno piangere gli occhi dell’Azzurro,
e tutto quest’aglio di bassa cucina.
Prendi l’eloquenza e torcile il collo!
E farai bene, in vena d’energia,
a moderare un poco la Rima.
Fin dove andrà, se non la sorvegli?
Oh, chi dirà i torti della Rima?
Quale fanciullo sordo o negro folle
ci ha forgiato questo gioiello da un soldo
che suona vuoto e falso sotto la lima?
Musica e sempre musica ancora!
Sia il tuo verso la cosa che dilegua
che si sente che fugge da un’anima che va
verso altri cieli ad altri amori.
Che il tuo verso sia la buona avventura
Sparsa al vento increspato del mattino
Che porta odori di menta e di timo…
E tutto il resto è letteratura.
Spleen
Le rose erano tutte rosse
e l’edera tutta nera.
Cara, ti muovi appena
e rinascono le mie angosce.
Il cielo era troppo azzurro
troppo tenero, e il mare
troppo verde, e l’aria
troppo dolce. Io sempre temo
– e me lo debbo aspettare!
Qualche vostra fuga atroce.
Dell’agrifoglio sono stanco
dalle foglie laccate,
del lustro bosso e dei campi
sterminati, e poi
di ogni cosa, ahimé!
Fuorché di voi.
.
Viviamo in tempi infami
Viviamo in tempi infami
dove il matrimonio delle anime
deve suggellare l’unione dei cuori;
in quest’ora di orribili tempeste
non è troppo aver coraggio in due
per vivere sotto tali vincitori.
Di fronte a quanto si osa
dovremo innalzarci,
sopra ogni cosa, coppia rapita
nell’estasi austera del giusto,
e proclamare con un gesto augusto
il nostro amore fiero, come una sfida.
Ma che bisogno c’è di dirtelo.
Tu la bontà, tu il sorriso,
non sei tu anche il consiglio,
il buon consiglio leale e fiero,
bambina ridente dal pensiero grave
a cui tutto il mio cuore dice: Grazie!
.
Vola, canzone, rapida
Vola, canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce
un raggio, dissipando,
santo lume, le tenebre
dell’amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida – la senti?
– l’allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti
vani colei che infine torna.
.
.
Il clown
Saltimbanco, addio! Buona sera, Pagliaccio! Indietro, Babbeo:
Fate posto, buffoni antiquati, dalla burla impeccabile,
Fate largo! Solenne, altero e discreto,
ecco venire il migliore di tutti, l’agile clown.
Più snello d’Arlecchino e più impavido di Achille
è lui di certo, nella sua bianca armatura di raso:
etereo e chiaro come uno specchio senza argento.
I suoi occhi non vivono nella sua maschera d’argilla.
Brillano azzurri fra il belletto e gli unguenti
mentre, eleganti il busto e il capo si bilanciano
sull’arco paradossale delle gambe.
Poi sorride. Intorno il volgo stupido e sporco
la canaglia puzzolente e santa dei Giambi
applaude al sinistro istrione che l’odia.
.
.
Noi saremo
Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?
Nell’amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.
Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.
Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l’anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?
.
..
Le conchiglie
Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.
Una dell’anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;
Un’altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l’hai con me perché ho gli occhi beffardi.
Questa fa specchio a come in te s’avvolge
La grazia del tuo orecchio, un’altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;
Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
.
.
Poiché l’alba si accende
Poiché l’alba si accende, ed ecco l’aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l’imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,
facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l’ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz’anima trionfava.
E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s’incontrano;
basta con l’abominevole rancore! Basta
con l’oblìo ricercato in esecrate bevande!
Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,
io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;
sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.
E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.
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la fine del sogno, io sono pronto?
Cosa rimarrà dei nostri intraducibili anni zero?
Esce questa canzone dei Cani, così, in mezzo alle vacanze, quando nessuno più se l’aspettava, ignorarla tutto il giorno e poi quando accendi il pc per programmare delle mail prima di andare a dormire eccola che ti ricordi. Eh, è un casino però. Non eravamo cresciuti? E se siamo cresciuti, siamo pronti?
No, premessa, io non sono pronta a fare i conti con tutte le pagine della nostra incredibile giovinezza, l’adolescenza, la preadolescenza e tutte le cose inconsapevoli che abbiamo fatto in giro per l’Italia quando alla fine c’era sempre un sogno, c’era sempre. Insomma no, non credo di essere pronta alla fine di quel sogno, di quel modo di vivere, di abbandonare pre-adolescenza, adolescenza e post-adolescenza, non se ne parla proprio, siamo proprio ancora qui in mezzo al sogno, o forse almeno vorremmo, vorrei.
Ci siamo immaginati un bel po’ di cose che puntualmente si sono verificate secondo altre forme e modalità, cosa che puntualmente non ci è piaciuta abbastanza da godere tutta la pre - ado - post abbastanza come meritava, ma non importa quello era il nostro personaggio, quello che avevamo sapientemente scelto e che le circostanze avevano modellato, quello che oggi ci resta di quel lasso di tempo che è stato tra tra il 2006 e qualche tempo non quantificato fa.
Ci sognavamo tante cose, pogavamo ai concerti e ci credevamo tantissimo, forse ci crediamo ancora tantissimo. Nel frattempo qualcuno medita di sposarsi, qualcun’altro si esalta con uno stipendio sostanzioso e qualcun’altro ancora conta le bollette.
In mezzo un sacco di dischi, canzoni e immagini sul futuro che verrà, la volontà di immaginarsi qualcosa di nuovo e che ci scaldi, una casa precaria che ci piaccia, che poi chissà da dove è venuta quell’estetica confortante.
Sono stati begli anni, non c’è niente da dire a riguardo, qualcosa da dire sul fatto che debba concludersi in qualche modo o in qualche modo si, ecco. Che alla fine i nostri gruppi preferiti saranno solo i gruppi preferiti dei trentenni e poi dei quarantenni e così via e di tutta la nostra adolescenza, considerata in termini ampi, chissà cosa rimarrà: foto che non avremo stampate perchè era finita l’epoca dei rullini, abbiamo visto l’alba di Instagram ed il tramonto di My Space, anche se alle medie qualcosa di MySpace abbiamo visto, rimarranno dischi e magliette che avremmo voluto comprare dopo i mille mila concerti che abbiamo visto - davvero quanti? - e che poi non avevamo mai abbastanza soldi, ma aspetta adesso abbiamo i soldi e non abbiamo i concerti allora vai ti iscrivi su Discogs e sembri tuo padre quando tu eri bambina che comprava i dischi dei suoi vent’anni e via così. Poi su quello tante cose sono andare diversamente.
La nostra adolescenza (pre e post). Alcuni appunti
Inizialmente erano le amichette delle medie che avevano internet e che scaricavano da emule la decina di canzoni che scrivevi sui foglietti, poi tutti i cd masterizzati e le chiavette con tutto quello che capitava, che davvero cosa non c’era. Quella volta che ti avevano passato la canzone giusta che dopo più 15 anni ti ricordi l’esatto momento in cui l’hai ascoltata per la prima volta (fermata del 17 mentre scendevo) e anche la prima volta che l’hai fatta sentire (Irene Beppe Gambetta).
Sono arrivati gli mp3 e dio li benefica, la fnac, i cd a 9 euro, la primavera dei dischi - nota bene, non dei vinili, quelli sono tornati qualche anno dopo, all’epoca noi ragazzini neo classe media, figli di una classe povera e poco radical chic aveva tantissimi CD - quel semiinterrato che ha visto tutta la tua formazione musicale - letteraria e culturale, fondamentale al pari dell’analisi logica e dell’aritmetica, che Dio benedica pure la Fnac di via Venti settembre ovunque si trovi oggi. E pure quella di Milano che all’epoca ci sembrava qualcosa di impossibile da raggiungere, come Milano, del resto. La nostra educazione sentimentale a suon di chiavette - mp3, padri devoti alla causa, Trl, cd masterizzati e le cuffie della Fnac. Amen.
9 Euro e avevamo 12 tracce, è vero a quel prezzo c’erano quelli già un po’ vecchiotti ma noi potevamo aspettare, tranne che con i Simple Plan che volevo tantissimo e feci addirittura spendere 19 euro, inutile parlare del senso di colpa sebbene sia ancora lì, nello stesso posto, bellissimo. Avevamo lo sportelletto del pc, del fisso ancora tante volte in cui potevi masterizzarlo e moltiplicarlo e oggi quanto mi manca lo sportelletto del cd in questi pc nuovi, perchè non ce l’abbiamo più vi prego ditemelo. Ad ogni modo, 9 euro e niente pubblicità e scorrevano quelle tracce li, esattamente come erano state pensate, esattamente con un senso. Temo drammaticamente il momento di quando non avremo più lettori cd sulla faccia della terra. Sarà orrendo.
Poi è arrivato internet in molte delle nostre case, era la terza superiore, i telefonini a colori e che a volte facevano pure delle foto, è arrivato facebook msn e tutto di nuovo cambia.
Poi è arrivato Instagram, Irene è stata una pioniera di Instagram, l’ha scoperto quasi subito per seguire i nostri idoli di allora, che poi tanto idoli non erano, ma avevano qualche anno più di noi e ciò bastava a renderli tali. Io era in quarta superiore, lei in quinta. Ricordo quel 2011 ancora, come uno degli apici della mia vita felice. Anche se forse, non ne ero pienamente consapevole, semplicemente perchè, proprio come adesso, volevo tutto e quella felicità non mi è mai bastata.
Poi è arrivata l’Università e tante altre cose, Youtube, qualche anno di Spotify premium, i soldi illusoriamente miei e che non bastano mai. Milano che era più vicina, quell’idea di mondo così come volevamo realizzare a portata di mano, eppure ancora incertezze e quella vita simbolica che sembrava non realizzarsi.
Di tutto questo vorrei solo qualche foto stampata in più.
La paura della parola fine
Alla fine del sogno
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Dreamland
<Sei di nuovo qui, Stark?> <Sempre, dottore>, disse, e si portò due dita alla tempia sorridendo. <Chi ti terrebbe compagnia altrimenti?> <I miei pensieri>, rispose l'altro, e la familiarità di quel tono gli scaldò il petto. <Pensieri che il tuo arrivo disturba sempre> <Oh andiamo, non è che io possa smettere di dormire. Devo essere in forma per il lavoro. Sono un uomo impegnato, sai?> Un rapido movimento delle labbra e una lieve contrazione delle sopracciglia fu tutto ciò che l'uomo offrì in risposta. <Mmh... Fammi indovinare, doc. Neanche oggi sai come liberarci della nostra reciproca presenza? Non puoi, non so, tirare fuori una bacchetta, agitare un po' le mani e restituirmi il mio sonno?> L'altro sbuffò. <Lo farei se fosse così semplice, Stark, ma purtroppo non è così. E poi smettila di alludere a bacchette inesistenti, te l'ho già detto che non mi serve nulla del genere> <Come posso saperlo se fin'ora non mi hai mai mostrato nessun incantesimo? Sono curioso, doc. Oggi farai una magia per me? Va bene anche una piccola, come far sbocciare un fiore dalle...uhm, nuvole? Non ho davvero idea di cosa ci sia sotto i nostri piedi, ma non è importante. Oh oh! Ho trovato!> L'uomo lo guardò inarcando un sopracciglio, le braccia conserte e le gambe accavallate. <Fatti crescere i capelli e falli biondi!> La risposta fu immediata e molto più divertente di quanto Tony aveva sperato. <Assolutamente no!>, esclamò il dottore, alzandosi di scatto dal mucchio di nebbiolina su cui si era inspiegabilmente poggiato. <Vuoi vedere un incantesimo? Bene!> Alzò le mani davanti a sé, mosse la destra per formare un'ellisse verso l'alto e mentre scintille di un caldo arancione andavano a formare figure complesse davanti a sé, fece lo stesso con l'altra mano. Poi batté le mani tra di loro con aria abbastanza seccata e fissò Tony, in attesa. L'ospite indesiderato stava quasi per ridere a quel piccolo gioco di prestigio, ma il pelo che sentì sotto le dita quando si toccò il lato della testa lo fece fermare, impietrito. Quasi gridò quando, toccandosi le orecchie, le trovò sostituite da quelle lunghe e morbide degli asini. <Stop, stop, stop! Annulla tutto!>, gridò, ma l'altro lo guardò semplicemente sorridendo e lo indicò con un dito. <Sicuro? Ti donano particolarmente> <Non scherzare, Strange. Non dirmi che sono permanenti, perché nel caso la prossima volta troverò il modo di portare qui con me un lanciafiamme!> <Ehi, ehi, tranquillo. Non sono permanenti, scompariranno quando ti sveglierai. E per tua informazione è impossibile per noi mortali portare oggetti qui dentro. La dimensione dei sogni è-> <Totalmente indipendente da tutte le altre, sì. Lo ripeti sempre> Strange fece una smorfia e tornò a sedersi nel solito punto, ma toccò lo spazio accanto a sé, invitando Tony a sedere lì. Un grande cambiamento, si ritrovò a pensare quello mentre si avvicinava, rispetto alle prime volte. Rimasero in silenzio per un po', poi Strange sembrò ricordare qualcosa di buffo perché rise leggermente e parlò guardando da tutt'altra parte. <Quindi, sei soddisfatto adesso? Hai visto la mia magia> Anche Tony rise, ma le orecchie si piegarono di lato, esprimendo un certo fastidio. <Oh sì, ricordami di non chiedertelo mai più> <Non mi sembri molto sorpreso all'idea> <Be', sai com'è, quando ti ritrovi a condividere una sorta di sogno lucido con la stessa persona per quasi una settimana e quella è anche uno sconosciuto, tendi a non sorprenderti molto per delle lucine arancioni e un paio di orecchie da asino> Strange tacque per alcuni istanti e poi annuì, accarezzandosi il mento con due dita. <Mi sembra giusto> <E poi credo sinceramente che un sogno non possa sorprendermi più di un'invasione aliena da parte di un dio del male mutaforma> L'altro alzò la testa e spostò lo sguardo dalle sue mani tremanti in grembo alla volta stellata che brillava tenue e dolce sopra di loro. <Ah Stark, non hai idea di quanto ancora ci sia in questo e in altri mondi di più sorprendente> Parlò così e per la prima volta Tony pensò di aver sentito della vera malinconia filtrare tra le crepe di quella maschera fredda e indifferente, che portava forse senza neanche accorgersene. Quando lo guardò, tuttavia, l'espressione era quella di sempre: calma e imperturbabile. Tornò a giocherellare con le mani sulle ginocchia e si chiese come fosse la sua di maschera. Che colori avesse, se fosse rigida o morbida, di stoffa o di cartone; aveva delle piume? Un disegno? Si chiese se lo coprisse abbastanza, se riuscisse a celare bene quanto faceva quella del dottore accanto a lui. Lo domandò a se stesso e non ottenne risposta, quindi rispose al suo compagno. <Sempre così malinconico, doc? Ti verranno le rughe se non impari a rilassarti un po'> Strage sorrise e i suoi occhi si addolcirono mentre lo sguardo si posava sul suo polso. <Me lo dicono spesso> Per un po' i due rimasero in silenzio, Strange semplicemente fissando le stelle e guardandosi ogni tanto intorno, Tony ora studiando le soffici nuvole su cui erano seduti e, stranamente, il gradevole profilo del dottore, ora toccandosi le orecchie. In fondo probabilmente non ci sarebbe mai stata un'occasione migliore per studiare le orecchie di un asino, non che gli sarebbe mai servito a qualcosa, ma tant'è. Poi sbadigliò e seppe che la loro compagnia era giunta al termine. Anche Strange si girò verso di lui. <Be', dottore. Sembra che per stanotte io abbia finito qui. Come al solito ti lascio indietro... Sicuro che non sentirai la mia mancanza? Già ti immagino, qui, solo soletto, a disperarti per-> <Stark>, tuonò l'altro, <Vai e spera di non tornare domani> Tony sorrise e si alzò in piedi, si stiracchiò e sbadigliò di nuovo. Quando riaprì gli occhi la fredda luce dell'alba stava facendo capolino dal monotono orizzonte di una New York già sveglia da tempo.
•~•~•~•
<Ehilà doc>, salutò. <Quali buone nuove oggi?> Strange interruppe i suoi rapidi movimenti e si voltò verso Tony, agitando una mano in segno di saluto. <Sei arrivato prima stasera, Stark> <Sì be', diciamo che ultimamente il sonno sembra non bastare. Sarà perché mi ritrovo ogni notte in un'altra dimensione a parlare con uno sconosciuto? Chissà> Si aspettava che lo stregone alzasse gli occhi al cielo o facesse un commento tanto tagliente quando per Tony assolutamente irrinunciabile, ma invece il dottore inarcò solo un sopracciglio e unì le mani sotto al mento, un gesto che le prime volte aveva indotto Tony a pensare che fosse in preghiera, ma che poi aveva appreso essere la posizione più apprezzata per meditare su questioni di una certa importanza. <Non ti senti riposato quando ti svegli?>, chiese, osservandolo con quei suoi begli occhi chiari come il ghiaccio scintillante sotto il sole estivo. Ne seguì una subitanea sensazione di smarrimento, di cui Tony si liberò rapidamente sbattendo più volte le palpebre. <Così ho detto> <Capisco... È peggio di quanto pensassi>, mormorò l'altro tra sé e sé, considerando di portare con sé il Mantello la volta successiva. Un alleato in più poteva far comodo. Poi la sua attenzione fu attratta dai movimenti dell'altro e decise di destinare alla veglia quei ragionamenti. Si avvicinò come Stark gli aveva indicato di fare ed entrambi sedettero come al solito su un soffice ammasso di vapore, stavolta più simile a un letto che a una poltrona. Per cui non passò molto tempo per entrambi prima di decidere di stendersi. Parlarono a lungo di banalità e aspetti delle loro vite poco importanti, come era consuetudine. Nessuno dei due aveva trovato poco difficile da superare il muro che impediva loro di accettare l'altro nella propria sfera privata, e così, un po' in attesa di capire come fare, un po' forse sperando di non essere quello che avrebbe dovuto farlo per primo, le loro conversazioni rimasero confinate al livello di chiacchiere poco costruttive. Almeno fino a quando non arrivarono a parlare di affetti e in particolare della famiglia, l'argomento più privato di cui avessero mai discusso. <C'è...questo ragazzo che-> <Ti piacciono i ragazzini, Stark? Non ti facevo tipo da minorenni> Se Tony avesse avuto una bevanda, l'avrebbe sicuramente sputata, premurandosi anche di mirare esattamente al viso dell'altro. Invece scattò seduto, guardando il dottore con occhi sgranati e tossicchiando perché la saliva gli era andata di traverso. <Cosa? No! Certo che no! Peter è come un fiii- è solo il mio apprendista, e io sono il suo mentore. Punto> Strange sorrise e si stese più comodamente. <Va bene, ti credo...papà> Tony pensò di potersi soffocare con l'aria. Saltò un po' e arrossì, sperando che le poche stelle attorno a loro non bastassero perché Strange lo notasse. Quindi rispose con un certo imbarazzo. <Smettila di prendermi in giro. Potrei anche chiederti perché la tua prima domanda sia stata se mi piacessero i ragazzini e non gli uomini in generale. Insomma, non credo che sia tanto evidente> Seguì il silenzio e Tony guardò lo stregone con preoccupazione. <È evidente?> Strange sorrise di nuovo, cosa rara e molto gradita, se il miliardario avesse avuto il coraggio di ammetterlo. <Se ti può consolare, sono un buon osservatore. O almeno questo è quello che mi ha sempre detto Christine> <Ooh, finalmente un po' di backstory del misterioso dottor Stephen Strange>, fece Tony stendendosi si nuovo. <Chi è Christine? La tua ragazza?> Lo sguardo dello stregone si perse un po' nella volta scura, ma rispose ugualmente. La nostalgia pesava su ogni sua parola. <Avrebbe potuto esserlo, ma diciamo semplicemente che abbiamo preso strade diverse senza più ritrovarci. Immagino tu sappia di cosa parlo, signor Stark> Ah, pensò Tony, davvero un buon osservatore. <Tony, puoi chiamarmi Tony. Se non ci riesci va bene anche solo Stark, ma togli il "signore", fa sembrare tutto questo professionale> <Quindi immagino di doverti concedere la stessa possibilità, Stark. Anche se nel mio caso il "dottore" è sempre ben accetto> <Ma certo>, esclamò il miliardario. <Non mi sarei aspettato nulla di meno dal celeberrimo dottore, prodigio della chirurgia. C'è da essere orgogliosi dei tuoi meriti> A quelle parole gli occhi di Stephen si adombrarono e Tony desiderò poterle ritirare immediatamente. <Vedo che ti sei informato> <Solo per capire se tu fossi un fantasma o meno, giuro> Stephen rise un po'. <Immagino possa avere senso. Comunque credo di essere molto cambiato da quei tempi. Ciò che posso fare, i modi in cui posso aiutare sono drasticamente diminuiti. Non riesco nemmeno a reggere bene un bisturi, figurarsi operare> Tony rimase in silenzio, deciso a non perdersi una sola parola di quell'inaspettata confessione. Perciò il suo disappunto fu grande quando la voce profonda dello stregone smise di deliziare il suo udito e le sue speranze di individuare in lui una possibile apertura scomparvero come neve al sole. Vide il modo in cui le mani del dottore si strofinavano contro la stoffa, a scatti, e decise rapidamente di cambiare argomento. <Aaw, doc, allora hai anche un lato umano. Non mi eri sembrato così la prima volta che ci siamo incontrati. Eri tutto "non dovresti essere qui" e "sparisci!". Hai anche cercato di tirarmi un pugno> <Perché ti eri messo a gridare, idiota> L'orgoglio di Tony ne risultò lievemente ferito, ma per un bene superiore decise di ignorarlo. <Ed eri tutto in vena di filosofeggiare, coi discorsi sulle dimensioni e la realtà. Per l'amor del cielo, sicuramente non era quello ciò che avrei voluto sentirmi dire> Questo fu ciò che disse, ma in realtà serbava il ricordo di quelle poche prime ore con tenera cura. Lui, che dal sonno era passato ad un sogno lucido così reale da fare paura, scosso e del tutto disorientato, e Stephen, sorpreso, sì, e all'inizio anche molto fastidioso, ma incontestabilmente sicuro. Stargli vicino era stata una delle prime tattiche che il suo istinto di sopravvivenza gli aveva suggerito. Dopo che era riuscito ad evitare il pugno e smettere di gridare come l'uomo nel panico che era, ovviamente. Da qual momento in poi la conversazione era stata abbastanza civile, anche se terribilmente breve. Poche, semplici parole erano bastate perché Tony giungesse alla conclusione di aver sentito abbastanza per un sogno solo e si rinchiudesse in un silenzio meditativo il più lontano possibile dall'altro. Ma non troppo lontano, non sia mai. Tutto era iniziato con una domanda, seguita da un'affermazione che lì per lì lo turbò profondamente. <Tutto questo esiste realmente?> <
No, certo che no. O almeno non esiste nella sua realtà, signor Stark. Nella mia questa situazione è piuttosto normale> Solo in un secondo momento era riuscito ad analizzare la situazione con la mente di qualcuno che aveva visto e combattuto contro alieni e divinità e sì, a quel punto non era sembrata così strana. Spaventosa e fonte di disagio, certamente, ma non interamente negativa. Dopotutto aveva conosciuto uno splendido uomo dalla personalità intrigante, una fortuna del genere non capita spesso nella vita! Un uomo orgoglioso e pignolo, arrogante e serio al punto che Tony all'inizio aveva pensato pensato non sapesse sorridere. Ma anche intelligente, arguto, educato, curioso e altruista. Se quella non era la persona giusta per lui, allora non ne avrebbe mai trovata una, perché era sicuro che non ne esistesse per lui una migliore. E, ma questo era solo un piccolo sospetto per cui urgeva una verifica, probabilmente condivideva i suoi stessi gusti in fatto di amanti. Solo che forse non lo sapeva ancora. In fondo anche lui aveva immaginato di trascorrere il resto della sua vita con Pepper prima di intravedere un'altra strada. C'era la possibilità e Tony aveva intenzione di afferrarla con entrambe le mani. Ora, come verificare un'ipotesi del genere? Approccio diretto? No, la chiusura dell'altro sarebbe stata immediata e Dio solo sa quando sarebbe riuscito a rimettere in mezzo l'argomento! Doppi sensi? Insinuazioni innocenti? No, capirebbe subito. Lui è perspicace. Una prova più...pratica? Forse? Mentre analizzava le sue opzioni come se da questo dipendesse l'intero suo futuro - e un po' sperava fosse così - non si accorse che lo stregone aveva lasciato il suo fianco, alzandosi in piedi e allontanandosi un po', come se stesse cercando qualcosa nell'oscurità. Se ne rese conto solo quando sentì la sua voce richiamare la sua attenzione. <Stark, penso che dovresti andare per stanotte. Non dovrebbe essere troppo tardi, tornando ora potresti dormire bene per qualche ora> Tony si mise a sedere, guardando l'altro in preda alla confusione. Lo stava cacciando? Aveva fatto qualcosa di male? Aveva già bruciato tutte le sue chance senza neanche sapere come? <Ehi, frena lì>, disse il dottore mentre agitava una mano davanti a sé. <Uh?> <Non so a cosa tu stia pensando, ma non fare quella faccia. Non ti sto cacciando, se il problema è questo> Normalmente Tony avrebbe risposto con una battuta, un sorriso accattivante e via, ma questa volta decise di essere onesto nel suo turbamento. <Ho fatto qualcosa di sbagliato?> Stephen si sorprese per quella domanda, in tutta onestà non si aspettava che l'altro fosse tormentato da un pensiero del genere. Era inaspettato e...tenero. Il suo sguardo si addolcì e l'espressione tesa si ammorbidì, la tensione nelle spalle cedette lievemente. <No, non hai fatto nulla> Non gli sfuggì il modo in cui Tony si rilassò nel sentire quelle parole. <Sono vicino a trovare un modo per liberarci da questi sogni, ma per verificarlo ho bisogno che tu lasci questa dimensione prima stanotte. Ho trovato un metodo per farti svegliare> <Grande, doc! Sapevo che ci saresti riuscito prima o poi> Tony sorrise e si alzò in piedi, fermandosi davanti all'altro. <Bene, quindi, cosa devo fare? Agitare le mani e creare un cerchio arancione come fai tu? Recitare uno strano canto antico mentre danzo intorno a un mucchietto di nuvole convincendomi che sia un fuoco?> L'angolo della bocca di Stephen si sollevò e una luce preoccupante gli animò gli occhi. Uh oh. <Niente di così complicato, Stark, anzi, qualcosa di così semplice che è strano che non ci abbia pensato prima, questo devo ammetterlo> Tony deglutì. Non si fidava, affatto. <E cosa sarebbe?> <Questo> Allungò una mano rapidamente e strinse tra le dita un punto del braccio del miliardario, stringendo così forte da fargli vedere le stelle, poco importa che fossero già tutto intorno a loro. Tony si lasciò sfuggire un gridolino in preda al dolore improvviso e proprio in quel momento poté sentire la sua coscienza assopirsi velocemente. <Un...pizzicotto?>, mormorò. L'ultima cosa che vide prima dell'oscurità fu il sorriso compiaciuto dello stregone e la sua mano che ondeggiava mentre lo salutava. <Bastardo...>
Poi si svegliò ed era nel cuore della notte. Per qualche motivo il braccio gli faceva male.
•~•~•~•
Tony seppe di aver aperto gli occhi solo ed esclusivamente per la leggerissima brezza fresca che glieli seccò quasi immediatamente. Li richiuse e poi li riaprì. Niente, solo buio. Per un minuto buono si chiese se fosse effettivamente nello stesso posto in cui andava a finire tutte le notti oppure no. Il respiro si bloccò al pensiero di essere finito da qualche parte tra le dimensioni. Se così fosse stato, Stephen lo avrebbe trovato? Dov'era Stephen? Si guardò intorno, o meglio, girò il capo, strizzando gli occhi per vedere qualcosa in quell'oscurità disarmante, solo per giungere alla conclusione di non riuscire a vedere niente di niente. Alzò lo sguardo verso quel cielo che fino a poche notti notti prima era pieno zeppo di stelle brillanti. Il sangue gli si gelò nelle vene quando i suoi occhi si posarono sul lieve bagliore di un'unica, minuscola stellina. Ora che ci pensava, all'inizio tutto l'ambiente era illuminato da raggi di sole dorati e rosati, come fossero immersi nella rinfrescante luce dell'alba. Poi col passare del tempo l'alba era diventata tramonto, poi sera e infine notte, ma la luna e le stelle avevano sempre riempito di una luce delicata le loro notti passate insieme. Ma quell'oscurità... Le stelle erano diminuite drasticamente negli ultimi giorni, ora poteva vederlo chiaramente nella sua memoria. Come aveva fatto a non accorgersene? Stephen lo aveva notato? Per quello era distratto e vagabondava? Perché non era lì? Un orribile pensiero gli invase la mente con inaudita prepotenza e ci mise radici. Gli è successo qualcosa? Un brivido gelido gli percorse la schiena mentre la preoccupazione e la paura divampavano e lambivano la sua anima, riempiendo la sua mente di fumo. Non riusciva a pensare chiaramente. Stephen era in pericolo? No, era lo Stregone Supremo per diamine! E se avesse avuto bisogno di aiuto? E se effettivamente fosse in pericolo? La sua armatura. Dov'era la sua armatura?! Non c'era. In sogno non si possono portare oggetti materiali. Era, per la prima volta dopo troppo tempo, davvero impotente. Non aveva la sua armatura, nessuna geniale invenzione a disposizione e né il materiale per crearne una. Aveva solo se stesso, la sua mente e i suoi pugni. E anche nessuna idea di dove iniziare per cercare Stephen. Per sua fortuna lo Stregone Supremo era tale perché meritevole del titolo e ci sarebbe voluto ben altro per metterlo fuori gioco. Così, animato dalle più nobili intenzioni, Stephen emerse dall'oscurità e poggiò una mano sulla spalla dell'altro. Tony fu pochi battiti lontano dall'avere un infarto quando una mano fredda e tremante gli afferrò la spalla da dietro. Sentì letteralmente la vita abbandonarlo in un soffio e si chiese se non fosse quella una delle tanto famose esperienze pre mortem. Quasi svenne. Invece si girò appena, con gli occhi così spalancati da fare male. Si sentì inondare dal sollievo vedendo i familiari occhi azzurri. Una sottile verga arancione brillava nell'altra mano dello stregone, illuminando dal basso entrambi i loro visi. <Sei in ritardo, Stark>, disse lo stregone con calma, come se non avesse appena rischiato di uccidere Tony nel sonno. Il miliardario deglutì e costrinse la sua voce a risultare rilassata, anche se probabilmente tutto il suo corpo gridava il contrario. <Sì be', ho un lavoro a tempo pieno, lo sai> Si guardò brevemente intorno e poi tornò a rivolgersi all'altro. <Quindi, uhm... Cosa è successo qui? Un guasto al quadro elettrico o...> <Sarebbe molto più facile se fosse così semplice, ma purtroppo non è così> <Cosa intendi?> <Quale vuoi sentire prima, la buona o la cattiva notizia?> <La buona> <Stiamo per liberarci da questi sogni e riacquistare il nostro sonno. O be', il tuo sonno più che altro. Non è che io dorma così tanto solitamente> <Bene, e la cattiva?> <Dobbiamo prima scovare e scacciare l'entità responsabile di tutto questo> Tony esitò, non essendo sicuro di volerlo davvero sapere. Ma la sua curiosità ebbe la meglio e domandò comunque. <...sarebbe?> Stephen lo guardò con preoccupazione. <Il Tapiro dei sogni, una creatura della mitologia orientale. Normalmente si nutre degli incubi delle persone, ma molto raramente può capitare che inizi a divorare i sogni, svuotando una persona da tutte le sue fantasie e aspirazioni. È un essere molto antico e per questo difficile da individuare, ma ho letto che dovrebbe mostrarsi alla fine, quando ha intenzione di passare ad un altro ospite> <Vuoi dire che...> <Esattamente. Le stelle sono quasi tutte scomparse, dopo quest'ultima il Tapiro avrà completato il suo pasto. Dovremo affrontarlo allora, anche se sarà al massimo della sua potenza. Non è una creatura di indole aggressiva, ma con così tanti sogni per sé potrebbe diventarlo> Tony ascoltò in silenzio e poi, quasi sussurrando, esprimette a parole la domanda che lo stava tormentando. <Cosa... Cosa succederebbe se riuscisse a scappare?> Stephen lo fissò per alcuni istanti, poi strinse la mano, ancora sulla sua spalla, in maniera rassicurante. <Non succederà. Lo prometto> Sorrise e Tony ci credette davvero. Oh quanto ci credette.
Fu solo in quel momento che notò un particolare interessante: Stephen stava volando. O meglio, fluttuando a poco meno di un piede da terra, proprio di fronte a lui. Si allontanò leggermente per avere una visione d'insieme dell'altro e non fu poi così sorpreso per quello che vide, stranamente. Lo stregone notò il suo sguardo e lasciò che i suoi piedi toccassero terra, slacciando il fermaglio che teneva chiuso alla base del collo. Subito la reliquia scattò verso Tony e l'uomo indietreggiò, preso alla sprovvista. <Stark, ti presento il Mantello della Levitazione. Saluta Levi> <Uh... Levi?> <Nome scontato, non è vero? Ho detto a Wong che non era adatto per una reliquia, ma lui non ne ha voluto sapere di cambiarlo> <Non è- Il mantello sta fluttuando!> Stephen lo guardò con incredulità. <Ed è la cosa che ti colpisce di più in questa situazione?> Tony non rispose, rimanendo in silenzio. Poi si passò una mano sul viso, ridacchiò e allungò un braccio verso il Mantello, che gli si avvolse felicemente attorno. <Hai un punto, doc. Ma in mia difesa posso dire che tutti gli oggetti animati che io abbia mai visto contenevano fili e processori, non magia> Uno strattone improvviso lo fece inciampare in avanti e Tony si aggrappò di riflesso alla prima cosa che gli passò sotto mano: le spalle di Stephen. I due rimasero immobili, fissandosi negli occhi per un tempo che sembrò infinito. Non erano mai stati tanti vicini. Il respiro dello stregone si fece sottile e gli occhi dell'altro si allargarono leggermente, mentre entrambi giungevano ad una realizzazione inevitabile. Solo un po', solo un pochino più in alto e Tony avrebbe potuto finalmente baciare quelle labbra. La presa delle sue dita sulle spalle dello stregone si strinse. Ci pensò il Mantello ad infrangere quel momento di tensione e desiderio, gettando i due uomini nell'imbarazzo totale e portandoli a scattare verso direzioni diverse, arrossiti in volto. O meglio, tentarono di scattare, ma della fine stoffa rossa era arrotolata attorno ai loro polsi ora giunti. Stephen, realizzando, rivolse un cipiglio alla reliquia, aprendo la bocca per rimproverarla, ma il Mantello li aveva separati per un motivo. Era un peccato, la reliquia aveva sperato che lo strattone avrebbe fatto di più, ma al momento c'era un problema più serio di cui occuparsi. Si agitò, lasciando i polsi e svolazzando dietro le spalle dello stregone. Quello si girò, guardando nel buio di quella notte senza stelle, e poi lo vide, il Tapiro. Incombeva su di loro con la sua ragguardevole stazza, conseguenza di ognuna delle stelle scomparse. La luce fioca dell'unica superstite ne rendeva visibili i contorni sfumati e Stephen si rese rapidamente conto di quanto fosse effettivamente vicino. Non si vedeva nulla, solo il profilo lucente di una folta pelliccia simile a nuvola e un paio di luminosi e sottili occhi color porpora. I due uomini capirono che si era mosso quando sentirono il sottile suono di una campanella in quel silenzio di tomba, per il resto la creatura non emetteva un solo rumore. Sembrava fatta d'ombra e fondersi con le tenebre, un vero incubo vivente. Non c'era luce che potesse rischiarare quella notte infinita. Il mantello tornò al suo posto sulle spalle dello stregone con un click del fermaglio, poi Stephen afferrò la mano dell'altro e si spostò di lato, mettendo tra loro e la creatura una giusta distanza. Tony non trovava le parole e rincorreva senza speranza i propri pensieri, mentre il peso quasi tangibile di quella presenza così antica e potente gli schiacciava la mente e l'anima. Era sinceramente terrorizzato, pietrificato dalla paura e dall'impotenza. Una vocina nella sua mente continuava a ricordargli che la sua armatura non sarebbe arrivata. Tentò di parlare, ma ne venne fuori un suono strozzato, mentre tutto quello che poteva fare era fissare quell'enorme sagoma dagli occhi di fiamme e tremare per l'aria gelida che li avvolse come una coperta. Costrinse le sue ginocchia a sostenerlo. In nessun modo si sarebbe abbandonato alla paura, men che meno in una situazione in cui non era il mondo a essere in pericolo. Per non parlare di Stephen; mai davanti a lui. Per fortuna, mentre lui tremava lo stregone sembrava essere ancora in possesso di tutte le sue facoltà. Si girò verso di lui e con espressione seria gli disse: <Tienila stretta e non lasciarla mai andare> Tony avrebbe chiesto cosa intendeva con quello, ma non ne ebbe il tempo, non quando il Mantello si strinse improvvisamente attorno alle sue spalle, sollevandolo in aria. Gridò per cercare di tornare giù, di stare accanto a Stephen e sostenerlo, ma senza successo. Vide che il dottore lo stava guardando, c'era tensione nel suo sguardo, ma anche speranza e soddisfazione. Sembrava contento. Ormai erano lì, la luce si faceva sempre più vicina ed intensa. Tony non aveva bisogno di alzare lo sguardo per vedere l'ultima stella sopra di lui. Preferiva guardare giù, verso quella distesa di nulla in cui gli occhi glaciali dello stregone brillavano di determinazione. Che sfortuna... Avrebbe voluto almeno stringergli le mani. Erano lì, c'erano, avrebbe potuto alzare una mano e l'avrebbe toccata, la luce. Proprio in quel momento vide Stephen muoversi e improvvisamente decine di cerchi luminosi comparvero tutto intorno a loro, vicini e vibranti di potenza. Tony capì perché il dottore aveva vagato così tanto in giro negli ultimi giorni, finalmente tutti i tasselli si unirono in posizione. L'immagine che ne ricavò fece contrarre il suo cuore per la tenerezza. Era lui, era sempre stato lui il primo pensiero del dottor Strange. Lui e come liberarlo dai suoi stessi sogni. Si era sempre preoccupato per Tony, uno sconosciuto. Sentì l'urgente bisogno di gridare qualcosa, qualsiasi cosa, ma l'altro lo batté sul tempo. <È stato un piacere, Stark, ma vedi di non tornare più qui, intesi?> I cerchi divennero più luminosi, la creatura emise un profondo e gutturale lamento. Tony non poté non sorridere, anche se il suo cuore piangeva e il petto era stretto in una morsa. <È Tony, non Stark>, gridò, cercando di sovrastare il rumore crescente. Stephen rise, per la prima volta rise davvero. Tony lo registrò immediatamente nella propria mente, pregando tutti gli dei esistenti di ricordarlo una volta sveglio. <Bene, Stark>, sorrise e il miliardario alzò gli occhi al cielo. <Spero che la prossima volta ci incontreremo in circostanze migliori> Si udì un tonfo e la creatura caricò, la furia ardeva nei suoi occhi. <Quando accadrà, accetteresti di uscire a cena con me?>, ora Tony stava gridando a pieni polmoni, in qualche modo si era alzato il vento e il suo ululato riempiva le orecchie. Giurò di aver visto Stephen sorridere. <Non te la caverai con così poco, sappilo> Sorrise anche lui. <Amo le sfide> Una barriera arancione quasi invisibile si materializzò tra lo stregone e il Tapiro quando questo vi andò a sbattere duramente contro. Cadde di lato barcollando e una nuvola di farfalle sostituì la barriera frantumata. <Stephen!>, Tony gridò, incurante del fatto che avesse effettivamente appena usato il nome dell'altro. Quello lo guardò sorpreso per un breve istante, poi fece un cenno col capo e il Mantello schizzò verso l'alto. La luce più bianca che avesse mai visto inghiottì Tony immediatamente e l'ultima cosa che vide fu un'intensa esplosione dorata, accompagnata da un grido ben distinto. <Alla prossima, Tony!>
L'uomo si svegliò di soprassalto quella notte. Non chiuse occhio. Non sognò più il dottore per molto, molto tempo, ma la stanchezza svanì e il sonno tornò ad essere pacifico, quindi si convinse che fosse andato tutto bene. Ci volle un po' perché iniziasse a crederci davvero. Cercò quell'uomo nella vita reale, ma di lui non c'erano più tracce, o almeno del suo vecchio lui. Scomparso nel nulla. Il nuovo non esisteva neanche. Per molto tempo sperò di addormentarsi e trovarsi di nuovo tra le nuvole, una voce profonda e un mantello rosso lì con lui. Non accadde mai.
Poi il mondo fu di nuovo minacciato e un uomo aprì un portale proprio accanto a lui, comparendo dal nulla. Purtroppo la cena avrebbe dovuto aspettare: le circostanze, sfortunatamente, non erano migliorate.
#marvel#marvel mcu#stephen strange#doctor strange#tony stark#tony x stephen#ironstrange#pre-avengers infinity war
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Oggi è venuta a mangiare la nonna qui e non ha fatto altro che riempirmi di complimenti:
Che begli occhi che hai
Che bella bocca che hai
Che bei capelli che hai
Nicò ma comm sì bell
Ti vedo più bello e rimesso da quando stai lavorando
Quant sì bell a nonn
Continuo a vedermi come uno scaldabagno arrugginito, ma grazie nonna
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Panorama, a cura di Benassi & Pequod Acoustics, su YouTube il 15/8
Il primo episodio di Panorama, un nuovo format del top DJ italiano Benny Benassi, vincitore di due Grammy Awards, viene presentato in anteprima su YouTube (https://www.youtube.com/bennybenassi/) il 15 agosto. Pequod Acoustics, che produce speaker 100% Made in Italy, dal design sorprendente e dal suono unico, è orgogliosa di essere sponsor tecnico e partner di questi spettacolari eventi online.
Panorama è una serie di performance che prendono vita nei più begli scenari italiani. La performance che verrà trasmessa su YouTube si è svolta il 21 giugno 2020, in un'Arena Verona deserta, in cui spiccano i grandi speaker bianchi di Pequod Acoustics. Oltre a Benny Benassi, i protagonisti sono Dardust, musicista e produttore, e l'action painting del pittore albanese Agron Hoti.
"Panorama ha lo scopo di portare nel mondo le bellezze italiane e fonderle con la musica elettronica", spiega su Facebook Benny Benassi. "La nostra storia inizia dall'Arena di Verona, dove si sono esibiti i migliori artisti al mondo. Un magnifico monumento e un simbolo di estrema importanza per il mio paese".
Pequod Acoustics sito ufficiale https://pequodacoustics.com
Pequod Acoustics Media Info e photo http://lorenzotiezzi.it/pequod-acoustics-hi-pro-speakers/
Supporto tecnico in Italia RDApro http://www.rdapro.it/
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Pequod Acoustics: diffusori Hi-Pro Made in Florence che si fanno notare
Proprio come il capitano Achab in "Moby Dick" guida la sua baleniera Pequod alla ricerca della balena bianca, i due fondatori di Pequod Acoustic, i fratelli Simone e Andrea Ugolini, entrambi ingegneri guidano la loro azienda alla ricerca della perfezione nella riproduzione del suono.
Ci sono altre connessioni tra mare e Pequod Acoustics: i diffusori sono realizzati in vetroresina, lo stesso materiale utilizzato per le barche da regata. E' resistente e facile da riparare. Inoltre, nel logo aziendale, si vede chiaramente la forma di un pesce sega. Questo pesce ha un rostro in grado di "sentire" le onde elettriche delle sue prede… I diffusori Pequod Acoustics fanno il contrario: diffondono musica perfettamente.
I diffusori Pequod Acoustics hanno un impatto visivo notevole. Le loro forme arrotondate, le loro grandi dimensioni si distinguono dalle solite scatole quadrate grigie delle apparecchiature audio. Ma Simone e Andrea Ugolini hanno scelto solo i colori forti (bianco e rosso, soprattutto) delle loro casse acustiche. La forma dei coni è stata creata dal suono stesso. "I nostri diffusori potevano avere solo questa forma e dimensioni. Ecco perché suonano così bene", dicono i fratelli Ugolini.
Il viaggio senza fine di Pequod Acoustics inizia a Firenze, dove le casse vengono progettate, ingegnerizzate e poi prodotte. Non è un caso. Negli stessi luoghi dove Leonardo Da Vinci dette vita alle sue invenzioni, oggi c'è una filiera di aziende italiane dedicate all'audio high-end (le apparecchiature dedicate agli appassionati di hi fi) ed al pro audio (ciò che ci diffonde musica nei locali e ai concerti).
Pequod Acoustics ha fatto qualcosa di inaspettato: ha portato innovative soluzioni hi-end nel mondo del pro audio. Ecco perché i suoi diffusori sono così leggeri ed hanno un rapporto così favorevole tra livello di pressione sonora e peso dell'impianto (dB/KG). Inoltre, hanno un rapporto molto basso tra costo e pressione sonora (€/dB)…
La filosofia di Pequod Acoustics è facile da raccontare: niente compromessi, ricerca instancabile e soluzioni particolari. Non sono certo molti i diffusori single horn nel settore pro audio. Ma un diffusore single horn, quando viene accoppiato con trasduttori in specifiche frequenze sonore, permette un'elevata dinamica, combinata tra l'altro con un alto livello di pressione sonora e livelli di distorsione molto bassi. In altre parole, i diffusori Pequod Acoustics sono perfetti per un club o per qualsiasi tipo di evento in cui la musica debba suonare ad alto volume perché non distorcono il suono all'aumentare della potenza.
I diffusori Pequod Acoustic derivano da una ricerca che ha richiesto molti anni di passione. Sono stati presentati ufficialmente al mondo solo pochi mesi fa, durante Prolight and sound fair, a Francoforte, nell'aprile 2019. Per completare il team, Simone e Andrea Ugolini hanno recentemente ingaggiato Leonardo Dani come Chief Sales Officer, un grande professionista che ha una grande esperienza internazionale nel settore pro-audio anche come tecnico del suono.
I diffusori Pequod Acoustic già fanno ballare alcuni dei club, eventi e location più esclusivi del mondo (Phi Beach club, Costa Smeralda; Ride Milano - estate 2020; Panorama by Benny Benassi - estate 2020; Italia; Y&Y, Singapore; 1 Altitude Singapore; Nasa, Saigon - Vietnam; Nuna Lounge, Da Nang - Vietnam; Pitti Uomo events, Firenze, Italia; MINI events, Italia)… e alcuni fortunatissimi proprietari di ville li usano per puro piacere personale.
KEY FEATURES
Alta potenza
Estrema sensibilità
Estrema chiarezza e nitidezza
Imbattibile dinamica nell'ascolto
Rapporto molto elevato tra livello di pressione sonora (SPL) e peso dell'impianto (dB/KG)
Rapporto molto basso tra costo e livello di pressione sonora (SPL) (€/dB)
Robustezza, elevata resistenza ai graffi e agli urti
Costruito con materiali compositi ad alta resistenza e rigidità
Facilità di accesso in caso di riparazioni
Tecnologicamente avanzato
Personalizzabile
Design che si fa notare
Grande leggerezza e trasportabilità
Semplice installazione, con sostegni e in sospensione
Supporto tecnico personalizzato
Progettazione, produzione, assemblaggio e componentistica Made in Italy
special adv by ltc - lorenzo tiezzi comunicazione
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