#nuova generazione personaggi
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pandaemonioblog · 2 years ago
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Star Trek: Prodigy - una gioia per i fan del franchise
Esilarante, profonda e di sicuro un gioiello da vedere per i vecchi amanti del franchise di Star Trek.
Sono un grande fan di Star Trek e posso dire che Star Trek: Prodigy è una vera e propria gioia per i fan del franchise. Si colloca perfettamente tra il periodo successivo a Star Trek Voyager e, proprio come nel caso della serie originale, vediamo il capitano Janeway, ormai ammiraglio, come presenza fissa nelle puntate (anche se in un modo molto particolare). La trama di Star Trek: Prodigy segue…
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ilpianistasultetto · 1 year ago
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Non bastava la nuova politica governativa che alza il vessillo della moderna arianita'. Adesso tanti si uniscono al coro, ultimo in ordine di arrivo, un generale della Folgore, tal Roberto Vannacci. Agli omosessuali manda a dire: “Normali non lo siete, fatevene una ragione”. Verso poveri e disoccupati: "siete la feccia del Paese, gente che vuole essere mantenuta da chi lavora e produce" per finire con i migranti neri di seconda generazione prendendo di petto la pallavolista della nazionale italiana, Paola Egonu: “Italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”. Ormai tutti si sentono in diritto di dire ad alta voce cio' che si e' sempre pensato in silenzio o detto sottovoce ed e' la maggioranza del Paese. Inutile nascondere l'ipocrisia, questo e' l'attuale pensiero dominante sostenuto anche da tanti di quelli chiamati in causa da certi personaggi..
@ilpianistasultetto
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omarfor-orchestra · 1 year ago
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Comunque io vivo per gli attori di questa nuova generazione che quando gli chiedono se hanno avuto difficoltà a interpretare dei personaggi omosessuali rispondono "veramente non mi sono manco posto il problema"
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Storia Di Musica #302 - The Mahavishnu Orchestra with John McLaughlin - The Inner Mounting Flame, 1971
Mahavishnu: nella religione induista è uno dei nomi di Vishnu, e vuol dire all'incirca Divina compassione, potere e giustizia. Fu il maestro spirituale Sri Chinmoy, una delle figure più carismatiche e importanti nella diffusione delle filosofie indù in Europa e negli Stati Uniti, a dare questo nome al nuovo progetto di John McLaughlin. Il chitarrista era agli inizi degli anni '70 la nuova stella della chitarra jazz, uno dei personaggi decisivi e più incisivi nella nascita della jazz fusion. Era già famoso per il suo virtuosismo quando nella seconda metà degli anni '60 arriva negli Stati Uniti, dopo aver svezzato un'intera generazione di chitarristi inglesi (primo fra tutti un certo Jimmy Page). E fu quasi per caso che appena prima delle registrazione di In A Silent Way (1969): McLaughlin era negli USA da poche settimane per registrare con il fido batterista del secondo quintetto di Miles Davis, Tony Williams (il disco era Emergency! in power trio Williams, McLaughlin e Larry Young al basso), che con il suo fiuto eccezionale gli chiede di partecipare alle registrazioni. Ed è con il magone in gola per poter suonare con un suo mito che John inizia una collaborazione che lo porterà ad essere punta di diamante del successivo, e inimitabile, Bitches Brew, che fu registrato a poche settimane da In A Silent Way ma che vide la luce solo l'anno successivo. Nel mitico disco, una parte del suo assolo di chitarra in Bitches Brew fu isolato dal lavoro paziente e certosino di Teo Macero alla cabina di regia musicale e divenne un omaggio del maestro al suo chitarrista: John McLaughlin, dove Davis non suona nemmeno. Partecipa anche a On The Corner, ma già durane le prime registrazioni del 1969 fu lo stesso Miles a spingerlo alla carriera solista. Inizia con un gioiello: Extrapolation del 1969 lo vede in quartetto con John Surman (sassofono), Brian Odgers (contrabbasso) e Tony Oxley (batteria) in un disco che si lega ancora al bop ma che contiene già i semi di quell'albero fruttuoso che di lì a pochi anni inizierà a incantare una generazione di musicisti jazz. Nel 1971 fonda la sua band, come mentore Chinmoy, che fu influente consigliere anche di Carlos Santana, che diventerà grande amico e sostenitore del chitarrista inglese. La Mahanishnu Orchestra fu fondata insieme a Jan Hammer alla tastiera, Jerry Goodman al violino, Rick Laird al basso elettrico e Billy Cobham alla batteria, quest'ultimo anch'egli collaboratore di Miles Davis e uno dei più influenti batteristi di tutti i tempi per stile tecnica e innovazioni musicali.
Tutto è pronto per l'esordio. Presso i Cbs Studios tra la 49 East e la 52.ma strada in Midtown, Manhattan, in una sola e leggendaria sessione di prove ad Agosto del 1971, dopo averlo suonato solo un paio di volte in precedenza, viene registrato The Inner Mounting Flame, che esce prodotto da McLaughlin nel Novembre dello stesso anno. Sin da subito si capisce che la sintonia telepatica tra i musicisti è a livelli superiori, e rimarrà proverbiale negli anni a venire, e la scaletta sciorina il meglio della band e delle singole abilità dei musicisti. Meeting Of The Spirits è l'invocazione magica a colpi di assoluti istrionici di McLaughlin alla chitarra e Billy Cobham alla batteria, a cui si aggiungono pian piano quelle degli altri musicisti, in un incedere ipnotico e vorticoso. Con Dawn è come un momento di relativa pausa, un prendere fiato per ripartire con Noonward Race, rappresentazione clamorosa della velocità e della tecnica di Cobham e la chitarra che omaggia il da poco scomparso Jimi Hendrix di McLaughlin, sostenuti dal basso pulsante di Laird, il piano jazzato di Hammer e il violino “scanzonato” di Goodman. A Lotus On Irish Streams vede protagonista il violino di Goodman, grande colonna del brano, che disegna delle scie musicali che davvero fanno pensare al fluire liquido dell'elemento, in uno dei brani più sognanti dell'intero repertorio. Vital Transformation riporta sul groove funk e veloce di Noonward Race ma l'atmosfera cambia per The Dance Of Maya che parte misteriosa, poi diventa blues e finisce nella solita e proverbiale corsa a rincorrersi tra chitarra e batteria, vero marchio di fabbrica della banda. You know, You know, dalla struttura delicata, diventerà fornitura pregiata per molti artisti, ricordo David Sylvian in I Surrender, i Massive Attack in One Love, addirittura il rapper Mos Def, Cecil Otter e altri ancora. Awakening conclude con le tastiere di Hammer un disco dove la velocità e la potenza del motore musicale impressiona ancora oggi per precisione, vitalità e per la padronanza assoluta delle variazioni ritmiche, strutturali e sentimentali dei brani.
Il disco fu un successo, e venderà negli anni un milione di copie, uno dei più grandi successi del jazz. Il successo riporterà in classifica persino i primi esperimenti da solista di McLaughlin. La band si riproporrà con Birds Of Fire del 1973 (dove c'è un omaggio al Maestro in Miles Beyond), altra meraviglia, e si ritrova in studio a Londra, ai Trident, per registrare quello che secondo loro dovrebbe essere l'album definito del connubio jazz e rock. Ma la tensione è alle stelle e la band si scioglie a metà lavoro (qualcosa verrà pubblicato in Between Nothingness & Eternity). La band si scioglie, ma McLaughling continua e stavolta costruisce una nuova grande Orchestra con fiati, trombe e il violino di Jean Luc Ponty, fedele collaboratore di Frank Zappa, ed altri grandi musicisti per ampliare le visioni della musica che ha in mente, con risultati altalenanti. La Mahavishnu Orchestra avrà persino una terza rinascita a metà anni '80, e continuerà ad essere il sogno musicale di un eterno ragazzo inglese che una volta disse: Mia madre dovette sequestrarmi la chitarra per mesi perché stavo tutto il giorno a suonarla e andavo avanti nonostante mi sanguinassero le dita.
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lostinaflashforward · 2 years ago
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LIAFF SPECIAL #5: - Star Trek: The Next Generation - La fine di una generazione
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“Space: the final frontier. These are the voyages of the starship Enterprise. Its continuing mission: to explore strange new worlds, to seek out new life and new civilizations, to boldly go where no one has gone before.”
Carissimi lettori, ben ritrovati con un nuovo appuntamento con LIAFF SPECIAL, la rubrica dedicata all’approfondimento di personaggi e temi nel mondo dell’intrattenimento. Come forse già saprete, non è stato possibile pubblicare l’approfondimento per il mese di Marzo, così per questo Aprile abbiamo pensato a un tema molto particolare, volto anche a concludere un importante capitolo della fantascienza televisiva. Infatti per questo speciale vi parleremo di Star Trek: The Next Generation, affrontando la nascita della serie e la sua importanza all’interno della storia del franchise, fino ai suoi gloriosi anni fra televisione e cinema, fino al ritorno per l’era Kurtzman e all’epica conclusione andata in onda la scorsa settimana.
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The Next Generation: le origini
La saga di Star Trek ebbe inizio nel 1966 con la serie classica, andata in onda su NBC per tre stagioni e cancellata dall’emittente a causa dell’elevato budget, nonostante una massiccia campagna portata avanti dai fan portata avanti già da prima del rinnovo per la terza stagione attraverso una serie di lettere spedite ai dirigenti dell’emittente. A dispetto della cancellazione, la serie classica vide una crescente popolarità negli anni successivi, tanto da portare la Paramount a considerare la produzione di un film già a partire dal 1972, con il franchise che vide una breve parentesi con la serie animata, andata in onda per due stagioni. Con l’arrivo nelle sale di Star Wars Episode IV: A New Hope nel 1977, la Paramount non ritenne saggio competere in sala sul genere fantascientifico, e così puntò sul creare una nuova serie televisiva, che avrebbe visto gli interpreti della serie classica nei loro rispettivi ruoli, con nuovi set, modelli e costumi creati appositamente per il progetto, denominato Star Trek: Phase II, che fu però accantonato nel 1978, quando la Paramount annunciò la produzione di un lungometraggio, trattasi di Star Trek: The Motion Picture, seguito da The Wrath of Khan, The Search for Spock e The Voyage Home, tutti usciti nelle sale fra il 1979 e il 1986. Questi film hanno contribuito ad accrescere la popolarità del franchise, al punto che l’allora presidente della Paramount Frank Mancuso Sr. dichiarò di voler preservare quella che per lui era una “risorsa inestimabile”, decidendo di optare per una serie televisiva guidata da nuovi personaggi, anche alla luce dei problemi di budget sorti durante la produzione del quarto film. Nonostante le prime preoccupazioni sull'eventualità che una nuova serie potesse eclissare il lavoro fatto in passato e il fatto che Gene Roddenberry inizialmente non voleva prendere parte al progetto, Star Trek: The Next Generation entrò ufficialmente in produzione il 10 Ottobre 1986, con il cast che fu annunciato pochi mesi più tardi. Roddenberry supervisionò il progetto, volendo al suo fianco Rick Berman, il quale lo avrebbe poi sostituito come guida del franchise alla sua morte, avvenuta nel 1991, e anche alcuni sceneggiatori della serie classica, da cui hanno preso in prestito anche alcuni elementi della colonna sonora (la sigla di Jerry Goldsmith è una ripresa del tema principale del primo film) e alcuni set. Dopo una massiccia campagna pubblicitaria, agevolata anche da repliche della serie classica e remunerativi accordi di trasmissione, la serie esordì il 28 Settembre 1987 con il famosissimo episodio pilota "Encounter at Farpoint", che fece ascolti molto più elevati del previsto e riportò ufficialmente la saga di Star Trek al centro dell'attenzione.
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Make it so!: I sette anni dell’Enterprise-D
Star Trek: The Next Generation è andata in onda per sette stagioni, con un totale di 178 episodi, dal 1987 al 1994.
La prima stagione (26 episodi) fu accolta in maniera piuttosto mista, anche alla luce di divergenze di carattere creativo fra Roddenberry e gli altri sceneggiatori, col primo che sembrava voler apportare cambiamenti significativi rispetto alla serie classica, che per ovvi motivi non ebbero luogo (come ad esempio l'introduzione di una coppia gay). La critica bocciò alcune scelte portate avanti nel primo ciclo, come ad esempio il voler far risolvere la maggior parte delle situazioni a Wesley Crusher o l'uso pessimo di effetti speciali, ma promosse l'interpretazione dei singoli protagonisti, in particolare di Patrick Stewart, e il fatto che i personaggi avevano una caratterizzazione aperta a un maggior sviluppo rispetto alla serie classica, motivo per cui una buona fetta di pubblico faticò ad accettare l'equipaggio di Picard come erede di quello di Kirk. Nonostante tutto, la prima stagione fu teatro di importanti avvenimenti all'interno del franchise, come l'introduzione di Q, la (ri)apparizione di razze antagoniste come i Ferengi e i Romulani, l'esplorazione della cultura Klingon grazie al personaggio di Worf e l'improvvisa uscita di scena di Tasha Yar (Denise Crosby), la quale fu il primo protagonista della saga a morire definitivamente.
Con la seconda stagione (22 episodi) ci furono una serie di cambiamenti, come la sostituzione di Beverly Crusher con Kathryn Pulaski (Diana Muldaur), l’introduzione di Guinan (Whoopi Goldberg) e del famoso bar Ten Forward, e soprattutto la riduzione degli episodi causata dallo sciopero degli sceneggiatori avuto luogo nel 1988, ma nonostante ciò il secondo ciclo fu accolto in modo migliore rispetto al precedente, con la critica che ha sottolineato un miglioramento delle dinamiche fra i personaggi e la scelta di dare maggiore spazio all’elemento comico, nonchè una maggiore attenzione alla struttura dei vari archi narrativi, fra cui spiccano sicuramente l’esordio dei Borg e il percorso di Data.
La terza stagione (26 episodi) fu teatro di cambiamenti significativi in ambito creativo, su tutti l’ingresso di Michael Piller (come sostituto di Maurice Hurley), il quale, assieme a Rick Berman, ebbe il compito di portare avanti la serie, dato che Roddenberry iniziava ad avere problemi di salute. La stagione vide il ritorno di Gates McFadden nel ruolo di Beverly Crusher, l’ingresso di Ronald D. Moore come co-sceneggiatore, il quale si occupò di scrivere diversi episodi, specialmente quelli riguardanti i Klingon, e di Ira Steven Behr, che sarebbe poi divenuto lo showrunner di Star Trek: Deep Space Nine. Il terzo ciclo fu elogiato dalla critica, soprattutto per la sua conclusione, con la prima parte “The Best of Both Worlds”, considerato a tutt’oggi uno dei momenti più fondamentali del franchise, nonché uno dei migliori cliffhanger della storia della televisione.
La quarta stagione (26 episodi) vede l’ingresso di Brannon Braga e Jeri Taylor nel team degli sceneggiatori e rappresenta un punto di svolta per l’intera serie, poichè ha comportato il sorpasso in lunghezza rispetto alla serie classica con l’episodio “Legacy” e ha portato la serie al traguardo dei 100 episodi, raggiunto con il finale di stagione “Redemption”, celebrato dal cast e dalla troupe sul set. In questa stagione furono introdotti i Cardassiani, che avrebbero avuto un ruolo predominante in Star Trek: Deep Space Nine.
La quinta stagione (26 episodi) fu una dedica vera e propria a Gene Roddenberry, morto il 24 Ottobre 1991, contenuta nel famosissimo episodio “Unification”, che vedeva l’apparizione speciale di Leonard Nimoy nel ruolo di Spock (il nome di Roddenberry appariva fra i produttori anche dopo la sua scomparsa). La stagione ottenne diverse nomination di rilievo, specialmente per l’episodio “The Inner Light”, considerato uno dei migliori dell’intero franchise, e vede l’ingresso di Ro Laren (Michelle Forbes), uno dei personaggi ricorrenti più amati dai fan.
La sesta stagione (26 episodi) fu rilasciata in concomitanza con Star Trek: Deep Space Nine, portando Rick Berman e Michael Piller ad alternarsi fra le due serie ed ha avuto una serie di notevoli guest stars, fra cui James Doohan, che ritorna nel ruolo dell’amato Scotty, l’astronauta Mae Jemison e un cameo di Stephen Hawking.
La settima stagione (26 episodi) fu la conclusiva della serie, nonostante il cast era sotto contratto per otto stagioni, e vide l’introduzione del movimento ribelle dei Maquis, che sarebbe riapparso in Star Trek: Deep Space Nine e Star Trek: Voyager. Il finale della serie, “All Good Things...”, fu uno degli episodi più visti del franchise, con tanto di evento organizzato allo SkyDome di Toronto. Paramount decise di chiudere la serie dopo sette anni a causa di problemi concernenti il budget e optò per riportare il cast principale direttamente sul grande schermo.
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Blue Skies: L’approdo al cinema
Alla fine della settima stagione di Star Trek: The Next Generation, il cast principale passò direttamente alla produzione di Star Trek: Generations, che sarebbe stato il settimo lungometraggio del franchise. La pellicola fu concepita come un vero e proprio passaggio di testimone dal cast della serie originale, che aveva visto il proprio percorso concludersi in Star Trek VI: The Undiscovered Country, a quello di The Next Generation. A questo scopo nel film riappaiono James T. Kirk (William Shatner), il quale ha un ruolo centrale nella trama, come anche Scotty (James Doohan) e Pavel Chekov (Walter Koenig), che appaiono nella sequenza d’apertura del film, precedente agli eventi riguardanti l’Enterprise-D. Il film fu diretto da David Carson, già regista di alcuni episodi all’interno del franchise, e scritto da Ronald D. Moore e Brannon Braga, i quali esplorarono varie opzioni prima di optare per la trama che vede il ponte generazionale fra i due equipaggi. Il film, uscito nelle sale nel 1994, non fu accolto benissimo dalla critica, il quale lo definì dozzinale e deprimente, nonostante il massiccio uso di effetti speciali. All’uscita della pellicola, Paramount incaricò Braga e Moore di curare la produzione del prossimo film, Star Trek: First Contact, i quali intendevano includere i Borg nella trama, con Rick Berman che voleva invece una storia riguardante i viaggi nel tempo. Le due idee furono combinate e, dopo aver scartato l’ambientazione dell’Europa Rinascimentale, si scelse di ambientare la storia nella metà del 21esimo secolo. La regia fu affidata a Jonathan Frakes, interprete del commandante Riker, nonchè regista di diversi episodi, il quale era l’unico, secondo i produttori, che capiva davvero l’essenza del franchise, con le musiche che furono affidate allo storico compositore Jerry Goldsmith. Il film uscì nelle sale nel 1996 e fu accolto positivamente dalla critica, la quale ha elogiato in maniera particolare la potenza della trama, ritenuta più coinvolgente rispetto al film precedente. Sull’onda del successo del film, Paramount diede il via alla produzione di Star Trek: Insurrection, che vide nuovamente Jonathan Frakes alla regia, su sceneggiatura di Michael Piller e Rick Berman, i quali intendevano includere nella trama i Romulani, poi rimpiazzati da due nuove razze, i Son’a e i Ba’ku. Rilasciato nelle sale nel 1998, il film fu accolto in maniera mista, esaltandone la regia ma criticandone la trama, che sembrava essere, citando i critici, “un episodio televisivo molto allungato”. Con l’era Berman oramai prossima al tramonto, arrivò il quarto ed ultimo lungometraggio con il cast di The Next Generation, Star Trek: Nemesis, diretto da Stuart Baird, un regista non proprio esperto, su sceneggiatura di John Logan, Rick Berman e Brent Spiner. Il film fu accolto negativamente alla sua uscita, risalente al 2002, incassando pochissimo al botteghino (anche per il fatto che competeva con film come Lord of the Rings: The Two Towers) e stroncato dalla critica per la trama, ritenuta troppo incentrata sull’antagonista Shinzon, interpretato da un giovanissimo Tom Hardy, e diversi membri del cast ritennero che il film non fosse una buona conclusione per le vicende di The Next Generation.
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The Last Generation: Il ritorno sul piccolo schermo
A 13 anni dalla fine dell'era Berman e dalla dissoluzione del blocco Viacom avvenuta nel 2006, Star Trek torna sul piccolo schermo grazie a Star Trek: Discovery, serie sviluppata da Alex Kurtzman, già coinvolto nel franchise con la trilogia cinematografica dell’universo Kelvin, il quale sarebbe poi diventato il coordinatore di tutti i progetti Trek della nuova era. Grazie all’inaspettato successo della serie, si aprì un nuovo capitolo della saga, portando già a Giugno 2018 a parlare di un possibile ritorno di Jean-Luc Picard, annunciato poi due mesi più tardi con Star Trek: Picard, una serie televisiva con un approccio più volto alla caratterizzazione dei personaggi e molto meno frenetica e movimentata rispetto a Discovery, avrebbe visto Picard a circa vent’anni dagli eventi di Star Trek: Nemesis. Con una durata di tre stagioni, l’ultima delle quali conclusasi il mese scorso, la serie esplora il personaggio di Patrick Stewart dopo il suo periodo come capitano dell’Enterprise, ritrovandosi ora in pensione nella tenuta di famiglia. Attraverso una serie di eventi, la serie rivaluta il passato, il presente e il futuro di Picard, con la prima stagione che vede l’ex-capitano salvare Soji, una giovane androide creata su ispirazione di Data, e impedire un cataclisma di proporzioni galattiche, accompagnato da vecchi volti, come Sette di Nove (Jeri Ryan), il drone della Cooperativa Hugh (Jonathan Del Arco), Will Riker e Deanna Troi (Marina Sirtis), e da new-entry, in particolare Raffi Musiker (Michelle Hurd), ex-collega di Picard, Cristobal Rios (Santiago Cabrera), un ufficiale della Flotta Stellare caduto in disgrazia, il giovane Romulano Elnor (Evan Evagora) e la scienziata Agnes Jurati (Allison Pill). Questo sfaccettato gruppo si ritrova poi nella seconda stagione, il quale deve compiere un viaggio indietro nel tempo, precisamente nel 2024, per superare “l’ultima prova” di Q (John De Lancie) e impedire che la storia della Federazione venga riscritta in negativo, vicenda che permette a Picard di riscoprire il suo passato e riaprire vecchie ferite. La terza ed ultima stagione porta a compimento il percorso di Picard e anche dei suoi ex-compagni di viaggio, dato che è stata messa in piedi una vera e propria reunion del cast di The Next Generation, con Riker, Deanna, un redivivo Data (Brent Spiner), Worf (Michael Dorn), Geordi LaForge (LeVar Burton) e Beverly Crusher, di nuovo insieme per sventare ancora una volta la spietata Collettività Borg e concludere così il loro percorso trentennale, con Sette di Nove e Raffi uniche presenze del team precedente, le quali potrebbero essere l’apripista per il futuro del franchise.
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#STARTREKLEGACY: E adesso?
La terza ed ultima stagione di Star Trek: Picard si è conclusa con un episodio finale a dir poco epico (non a caso proiettato assieme al precedente in alcune sale IMAX degli Stati Uniti lo scorso 18 Aprile), dove Picard e il suo ex-equipaggio sconfiggono nuovamente i Borg, sventando il loro piano di assimilazione ed annientamento della galassia. Tale evento ha portato a compimento il percorso dell’equipaggio di The Next Generation iniziato nel lontano 1987, ma ha di fatto aperto un nuovo capitolo per il franchise, con Sette di Nove ora promossa a capitano, al comando dell’Enterprise-G (precedentemente nota come Titan), accompagnata da Raffi, primo ufficiale, e Jack Crusher, figlio di Picard e Beverly, nominato consigliere speciale del capitano, il quale riceve la sorprendente visita di Q, il quale ha deciso di vegliare sul figlio del suo “umano preferito”. Alla luce di questi eventi, l’intero pubblico Trek si è mobilitato in una vera e propria massiccia campagna, portata avanti sui social media, con post, dediche, commenti positivi e petizioni etichettati con l’hashtag #StarTrekLegacy (Terry Matalas, showrunner della seconda e della terza stagione di Star Trek: Picard, si è unito a questa campagna). A quanto pare le richieste del pubblico sono già arrivate alle orecchie dei dirigenti di Paramount, almeno stando alle recenti dichiarazioni di Alex Kurtzman, il quale ha affermato che i fan sono stati ascoltati e che c’è decisamente ancora moltissimo da raccontare, lasciando intendere che il progetto potrebbe presto o tardi diventare realtà e, se si pensa a quanto avvenuto con Strange New Worlds, allora le possibilità sono piuttosto elevate. Non resta che incrociare le dita e sperare per il meglio, perchè di Star Trek non se ne ha mai abbastanza…
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Trieste, i Macchiaioli in mostra al Museo Revoltella
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Trieste, i Macchiaioli in mostra al Museo Revoltella. Al Museo Revoltella di Trieste è stata presentata alla stampa e s’inaugura ufficialmente questa sera (venerdì 18 novembre) la mostra “I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna”. Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti l’assessore comunale alla Cultura Giorgio Rossi, la presidente di Arthemisia Iole Siena con il curatore Tiziano Panconi, Paolo Montagni per Generali Valore Cultura e il presidente di Federalberghi Trieste Guerrino Lanci. “Con questo ulteriore evento -ha detto l’assessore Giorgio Rossi – si riparte alla grande nella stagione 2022/2023. Siamo determinati e si continua a lavorare insieme. I nostri uffici, con Arthemisia e partner sensibili e collaudati stanno ottenendo ottimi risultati, ben sapendo e riconoscendo sempre l’importanza che cultura e turismo devono andare insieme, per valorizzare sempre più la città e tutto il nostro territorio”. I Macchiaioli Col termine “Macchiaioli” si definisce il gruppo di artisti italiani più importante dell’Ottocento. Spiriti indipendenti e ribelli che abbandonano le scene storiche e mitologiche del Neoclassicismo e del Romanticismo per aprirsi a una pittura realista e immediata, dipingendo per l’appunto “a macchie” dense e colorate la vita quotidiana, con brevi pennellate che rendono con immediatezza e molto più veritieri i soggetti, nel tentativo di riprodurre la realtà così come appare a un colpo d’occhio. Attivi dagli anni ’50 e ’60, i Macchiaioli - i cui capostipiti sono Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Silvestro Lega - si ritrovavano al Caffè Michelangelo di Firenze per discutere e confrontarsi sulla pittura “moderna", mostrano in pubblico le loro opere per la prima volta all’Esposizione Nazionale del 1861, ricevendo critiche sprezzanti (“macchiaioli” è il termine dispregiativo con cui vengono definiti nel 1862 dal giornale conservatore e cattolico “Nuova Europa”). Come tutti gli artisti che segnano un cambiamento, non vengono compresi subito, ma nella seconda metà del Novecento vengono rivalutatati e oggi sono considerati i precursori dell’Impressionismo, nato oltre quindici anni dopo, occupando un posto sempre più importante nella storia dell’arte europea. I principali protagonisti del movimento furono, oltre i citati Signorini, Fattori e Lega, anche Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Vito d’Ancona, Giovanni Boldini nonché la generazione degli artisti immediatamente successiva che, insieme ai padri fondatori del movimento, dette vita alla corrente del Naturalismo toscano. La mostra Attraverso un corpus di oltre 80 opere altamente significative del movimento, rappresentando gli anni della macchia e quelli successivi del Naturalismo, la mostra I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna, che si svolgerà nella splendida cornice del Museo Revoltella di Trieste dal 19 novembre al 10 aprile 2023, racconta l’intera esperienza artistica dei Macchiaioli, a partire dal 1855 fino agli albori del nuovo secolo. Prodotta da Arthemisia e curata da Tiziano Panconi, in collaborazione con il Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli di Pistoia che si occupa dell’archiviazione delle opere di questi artisti, la mostra è un’importante occasione per riscoprire i capolavori dell’arte dell’Ottocento italiano, fra dipinti celebri e opere meno note, provenienti dalle più prestigiose collezioni private italiane ed europee. Le opere Dipinti dai contenuti innovativi per l’epoca che vertono sulla potenza espressiva della luce e che rappresentano la punta di diamante di ricchissime raccolte di grandi mecenati di quel tempo, personaggi di straordinario interesse, accomunati dalla passione per la pittura, imprenditori e uomini d’affari innamorati della bellezza, senza i quali oggi non avremmo potuto riscoprire questi capolavori. Al Museo Revoltella, si potranno ammirare, fra le tante, opere quali Bambino a Riomaggiore (1894-95) e Solferino (1859) di Telemaco Signorini, Mamma con bambino (1866-67) di Silvestro Lega, Fanteria italiana e Tramonto in Maremma (1900-05) di Giovanni Fattori e Bambino al sole (1869) di Giuseppe De Nittis accanto a Signore al pianoforte (1869) di Giovanni Boldini. Il museo In occasione della mostra, si potrà visitare con un unico biglietto d’ingresso il bellissimo Museo Revoltella, Galleria d’arte moderna di Trieste che quest’anno festeggia i 150 anni dalla sua apertura con la grande esposizione “La scultura nelle raccolte del Museo Revoltella. Da Canova al XXI Secolo”, un ricco e multiforme percorso che valorizza la straordinaria collezione scultorea custodita dal Museo (che conta oltre 200 pezzi). In mostra circa sessanta opere in marmo, pietra, bronzo, terracotta, cera, ceramica, legno e tessuto, che documentano gli sviluppi artistici del territorio italiano ed europeo dal Primo Ottocento al XXI secolo, alcune delle quali inedite. Fondato nel 1872 per volontà del Barone Pasquale Revoltella, personaggio fra i più rappresentativi della Trieste imperiale, che nel suo testamento dispose di lasciare alla città il suo palazzo e la sua vasta collezione d’arte, il Museo Revoltella è la più antica Galleria pubblica in Italia specificamente dedicata all’arte moderna e che attualmente vanta una prestigiosa collezione di importanti esponenti dell’arte moderna e contemporanea con opere di grandi artisti come Fattori, De Nittis, Sironi, Carrà, De Chirico, Fontana, Hayez. La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Trieste – Assessorato alle Politiche della Cultura e del Turismo, con il supporto di Trieste Convention and Visitors Bureau e PromoTurismo FVG, in collaborazione con il Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli di Pistoia, è prodotta da Arthemisia ed è curata da Tiziano Panconi. Sostenuta da Generali Valore Cultura, la mostra vede come media partner Urbanvision, mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale ed è consigliata da Sky Arte. Catalogo edito da Skira. Read the full article
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newtechworld · 8 months ago
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Mario vs. Donkey Kong per Nintendo Switch: Recensione Completa
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Mario vs. Donkey Kong per Nintendo Switch: Recensione Completa
Mario vs. Donkey Kong ritorna in una nuova ed entusiasmante edizione per Nintendo Switch, promettendo di riaccendere la storica rivalità in un formato mai visto prima.
In questa recensione, esploreremo le caratteristiche principali del gioco, la sua giocabilità e perché potrebbe essere la prossima grande aggiunta alla tua collezione di giochi Nintendo.
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Caratteristiche Principali
Piattaforma Compatibile: Mario vs. Donkey Kong è disponibile per tutte le versioni della console Nintendo Switch, incluse le varianti Oled, 1.1 e Lite.
Classificazione di Età: Questo gioco è adatto a giocatori dai 3 anni in su, rendendolo un'opzione eccellente per tutta la famiglia.
Data di Uscita: Segnatevi sul calendario il 16 febbraio 2024 come il giorno in cui potrete finalmente mettere le mani su questa gemma.
Perché Acquistarlo?
Rivalità Storica: La saga di Mario vs. Donkey Kong è amata da generazioni di giocatori e la sua ultima iterazione su Nintendo Switch promette di essere la migliore di sempre.
Giocabilità Innovativa: Aspettatevi enigmi e livelli creativi che metteranno alla prova sia la vostra abilità che il vostro ingegno.
Grafica e Suono: Con la tecnologia del Nintendo Switch, i personaggi e i mondi sono più vivaci e coinvolgenti che mai.
Valore per i Soldi: Con un prezzo scontato di 42,99€, risparmiando il 14% dal prezzo consigliato di 49,99€, otterrete un gioco ricco di contenuti e divertimento.
Conclusione
Mario vs. Donkey Kong per Nintendo Switch è una proposta che non può mancare nella collezione di ogni appassionato dei giochi Nintendo. Con la sua uscita fissata per il 16 febbraio 2024, c'è già grande attesa.
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Aggiornamenti Windows 10 Marzo 2024 per Patch Tuesday: Novità e Problemi Noti
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enkeynetwork · 8 months ago
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sounds-right · 9 months ago
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Candide (Candido) in scena al  XV Premio Internazionale Il Teatro Nudo di Teresa Pomodoro @ Spazio Teatro No'hma - Milano il 28 & 29 febbraio 2024
Prosegue con grande successo di pubblico la XV Edizione del Premio Internazionale intitolato al Teatro Nudo di Teresa Pomodoro. Tutto questo allo Spazio Teatro No'hma di Milano 
Dopo il tutto esaurito per i cinque spettacoli che hanno visto in scena artisti provenienti da Argentina, Danimarca, Venezuela, Slovenia e Francia, per il sesto appuntamento della stagione 2023/ 2024 arriva allo Spazio Teatro No'hma la compagnia Ima Collab proveniente da Hong Kong, Cina.
Lo spettacolo si intitola Candide ed è una rivisitazione del celebre Candido, il racconto filosofico e allo stesso tempo romanzo di viaggio e formazione scritto dal filosofo, drammaturgo, romanziere e poeta francese Voltaire nel 1759; quel Candido, giovane ingenuo che crede alle parole del suo precettore Pangloss, il quale sostiene che tutto va "nel migliore dei modi possibili nel migliore dei mondi possibili". 
Adattato e creato dalla compagnia Ima Collab con il pluripremiato regista Chan Chu-hei – che allo Spazio Tearo No'hma ha gia diretto l'applaudito Lu-Ting. Il tritone nel 2021 -  Candide è caratterizzato da personaggi stravaganti, narrazioni poetiche, danze, canti e musica dal vivo.
Lo spettacolo si ispira anche a una antica poesia cinese intitolata "Ritorno ai campi", scritta da Tao Yuanming (346-427 d.c.) considerato l'iniziatore della lirica di paesaggio. 
Candide è stato presentato in anteprima al Festival Fringe di Edimburgo 2023 ed è stato premiato con il secondo posto all'Asian Arts Awars per la migliore regia.
La compagnia Ima Collab è stata fondata nel 2022 da Chan Chu-hei. E' in realtà una sorta di piattaforma artistica che letteralmente significa "creazione di immagini". Il suo obiettivo è la formazione di una nuova generazione di artisti attraverso la collaborazione tra i "veterani" e gli aspiranti professionisti del teatro. 
Ima Collab ha debuttato con "Théâtre sans animaux" (Ribes) al French May Arts Festival 2022. 
"Ci ha colpito la rivisitazione originale, divertente e allo stesso tempo poetica di un classico della letteratura e del teatro.  Questo adattamento offre al pubblico una analisi fantasiosa e stimolante della condizione umana proponendo così una insolita opportunità di riflessione sui tempi in cui viviamo" – spiega Livia Pomodoro, Presidente dello Spazio Teatro No'hma Teresa Pomodoro.
Le date di mercoledì 28 e giovedì 29 febbraio saranno trasmesse in streaming sui canali del teatro.
L'ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria.
Per informazioni consultare il sito www.nohma.org o scrivere a [email protected].
Spazio Teatro No'hma
Stagione 2023/2024 – In Viaggio
XV Edizione Premio Internazionale Il Teatro Nudo di Teresa Pomodoro
Candide
Ima Collab
Hong Kong Cina
Un adattamento del Candido di Voltaire 
Regia e adattamento: Chan Chu-hei
Drammaturgia e adattamento: Eugene Chan, Tsang Hoi-yu, Chan Sau-ming
Musiche originali: Julia Mok
Coreografie: Julia Mok, Yuen Fai
Luci: Au Yeung Hon-ki
Con: But Sau-in, Chan Chung-yan Emma, Eugene Chan, Chan Pui-sze Dolphin, Ho Chun-long, Lai Chai-ming, Lam Leung-kit, Tang Ho-wai Sam, Tsang Hoi-yu,
Tsang Tsz-ying Noelle
Compagnia: Ima Collab
*Nella performance è presente la poesia cinese Ritorno ai campi di Tao Yuanming (346-427 d.C.)
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tarditardi · 9 months ago
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Candide (Candido) in scena al  XV Premio Internazionale Il Teatro Nudo di Teresa Pomodoro @ Spazio Teatro No'hma - Milano il 28 & 29 febbraio 2024
Prosegue con grande successo di pubblico la XV Edizione del Premio Internazionale intitolato al Teatro Nudo di Teresa Pomodoro. Tutto questo allo Spazio Teatro No'hma di Milano 
Dopo il tutto esaurito per i cinque spettacoli che hanno visto in scena artisti provenienti da Argentina, Danimarca, Venezuela, Slovenia e Francia, per il sesto appuntamento della stagione 2023/ 2024 arriva allo Spazio Teatro No'hma la compagnia Ima Collab proveniente da Hong Kong, Cina.
Lo spettacolo si intitola Candide ed è una rivisitazione del celebre Candido, il racconto filosofico e allo stesso tempo romanzo di viaggio e formazione scritto dal filosofo, drammaturgo, romanziere e poeta francese Voltaire nel 1759; quel Candido, giovane ingenuo che crede alle parole del suo precettore Pangloss, il quale sostiene che tutto va "nel migliore dei modi possibili nel migliore dei mondi possibili". 
Adattato e creato dalla compagnia Ima Collab con il pluripremiato regista Chan Chu-hei – che allo Spazio Tearo No'hma ha gia diretto l'applaudito Lu-Ting. Il tritone nel 2021 -  Candide è caratterizzato da personaggi stravaganti, narrazioni poetiche, danze, canti e musica dal vivo.
Lo spettacolo si ispira anche a una antica poesia cinese intitolata "Ritorno ai campi", scritta da Tao Yuanming (346-427 d.c.) considerato l'iniziatore della lirica di paesaggio. 
Candide è stato presentato in anteprima al Festival Fringe di Edimburgo 2023 ed è stato premiato con il secondo posto all'Asian Arts Awars per la migliore regia.
La compagnia Ima Collab è stata fondata nel 2022 da Chan Chu-hei. E' in realtà una sorta di piattaforma artistica che letteralmente significa "creazione di immagini". Il suo obiettivo è la formazione di una nuova generazione di artisti attraverso la collaborazione tra i "veterani" e gli aspiranti professionisti del teatro. 
Ima Collab ha debuttato con "Théâtre sans animaux" (Ribes) al French May Arts Festival 2022. 
"Ci ha colpito la rivisitazione originale, divertente e allo stesso tempo poetica di un classico della letteratura e del teatro.  Questo adattamento offre al pubblico una analisi fantasiosa e stimolante della condizione umana proponendo così una insolita opportunità di riflessione sui tempi in cui viviamo" – spiega Livia Pomodoro, Presidente dello Spazio Teatro No'hma Teresa Pomodoro.
Le date di mercoledì 28 e giovedì 29 febbraio saranno trasmesse in streaming sui canali del teatro.
L'ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria.
Per informazioni consultare il sito www.nohma.org o scrivere a [email protected].
Spazio Teatro No'hma
Stagione 2023/2024 – In Viaggio
XV Edizione Premio Internazionale Il Teatro Nudo di Teresa Pomodoro
Candide
Ima Collab
Hong Kong Cina
Un adattamento del Candido di Voltaire 
Regia e adattamento: Chan Chu-hei
Drammaturgia e adattamento: Eugene Chan, Tsang Hoi-yu, Chan Sau-ming
Musiche originali: Julia Mok
Coreografie: Julia Mok, Yuen Fai
Luci: Au Yeung Hon-ki
Con: But Sau-in, Chan Chung-yan Emma, Eugene Chan, Chan Pui-sze Dolphin, Ho Chun-long, Lai Chai-ming, Lam Leung-kit, Tang Ho-wai Sam, Tsang Hoi-yu,
Tsang Tsz-ying Noelle
Compagnia: Ima Collab
*Nella performance è presente la poesia cinese Ritorno ai campi di Tao Yuanming (346-427 d.C.)
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multiverseofseries · 9 months ago
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One Piece - Netflx Series: effetto wow o cringe ?
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One Piece è uno dei manga e anime più longevi e uno dei migliori in assoluto, la storia di Luffy ( Rufy, Rubber o come lo si voglia chiamare) e della sua ciurma hanno conquistato schiere di fans in tutto il mondo a partire dal 1997 e forse con questo live action si prospetta lo stesso per una nuova generazione, dipende da quanto siate disposti a sospendere la realtà mentre guardate.
Partendo dal fatto che da quando è uscita la notizia della creazione di questo live action da parte di Netflix io ero tutto fuorché euforica, Netflix ultimamente con alcuni titoli ha floppato malamente nell’essere fedele all’originale( basta vedere il casino con the Witcher), già perché anche solo il poter pensare di poter trasporre un manga/anime come one piece è già un idea malsana partorita in partenza e più che mai per poter godere di questo prodotto c’è bisogno di una vero e proprio sforzo di sospensione della realtà da parte dello spettatore.
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La serie ricalca fedelmente le vicende del manga con qualche piccola modifica qui e lì ma che forse anche al più accanito purista di One piece non darà fastidio, la serie scorre in modo fluido racconta una storia, che per chi ha seguito il manga prima e l’anime poi, è molto familiare specialmente se la sospensione dalla realtà è avvenuta con successo. I personaggi hanno subito pochi stravolgimenti e tutto ciò che abbiamo amato di loro nelle loro trasposizioni precedenti ci porta inevitabilmente ad amarli anche qui.
L’enorme lavoro che è stato effettuato con i dettagli è davvero encomiabile, sembra che abbiano preso il manga e tirato fuori ogni singolo frame. il reparto parrucche forse dovrebbe andare a ripetizione da quello di House of the Dragon ma si sa questo è Netflix e da qualche parte dovevano pur risparmiare. il trucco per quanto in alcuni punti e su determinati personaggi sia alquanto sopra le righe, è pur vero che il personaggi di oda sono così e non ci si può fare altro, hanno fatto il meglio che potevano, ripeto la sospensione della realtà fa la maggior parte del lavoro se vi avvicinate al prodotto pensando solo di guardare qualcosa simile ad un “anime” il gioco è fatto.
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Il prodotto è valido si, merita di essere visto si, si poteva far di meglio probabilmente si, è un pò cringe si, si poteva far a meno del live action probabilmente si, sta di fatto che sono stati fatti lavori peggiori per quanto riguarda la trasposizione di manga in live action e One Piece di netflix non sarà il capolavoro assoluto ma non è nemmeno un completo disastro. il mio pensiero, non che importi a qualcuno, rimane lo stesso sospeso tra il wow e il cringe.
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guida-ai · 10 months ago
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Chat con i personaggi AI del ruolo di bidello
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ermatmblr · 10 months ago
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Jurassic Park racconta tra l’altro una cosa tanto elementare quanto fondamentale: i dinosauri vanno benissimo ma solo finché non esistono. Se ci limitiamo a sognarli si può rimuovere il conflitto, che è la forma principale del nostro rapporto con la biosfera. I film del franchise sottolineano bene che, nel momento in cui i dinosauri sfuggono all’immaginario per invadere la realtà, life, uh, finds a way, e la situazione precipita. Tranquilli però. Per quanto ne sappiamo, non c’è speranza di ritrovare DNA di dinosauro, nell’ambra o altrove, con cui dare il via a una nuova generazione. I dinosauri sono chiusi per sempre nel recinto della nostra immaginazione, e non c’è guasto o teoria del caos che possa farli ritornare sulla Terra. In questo modo restano rassicuranti, come personaggi dei fumetti o dei cartoni animati: fanno paura ma sono del tutto innocui, sono mostri ma anche nostri amici, sono reali ma non ci possono toccare. È un dualismo che ci attrae immediatamente: possiamo interagire con loro in totale sicurezza. Sono le perfette montagne russe del fantastico.
Perché ci piacciono i dinosauri? - Lucy
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tecnoandroidit · 1 year ago
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Arrivano su Netflix le serie TV più attese dell'anno: ecco i titoli imperdibili di Giugno!
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Giugno 2023 si preannuncia come un mese ricco di novità per gli abbonati Netflix, con una serie di nuove uscite molto attese. Tra queste, spiccano il gran finale di "Non ho mai", la nuova serie di Zerocalcare "Questo mondo non mi renderà cattivo" e la sesta stagione di "Black Mirror". Netflix: le novità del mese "Non ho mai" è una commedia di formazione che racconta la vita complicata di un'adolescente americana di prima generazione di origini indiane. La serie, che ha riscosso un grande successo, si concluderà con la sua quarta stagione, in cui la protagonista Devi affronterà il suo ultimo anno di scuola e metterà le basi per il suo futuro professionale e sentimentale. "Questo mondo non mi renderà cattivo" è il nuovo lavoro animato di Zerocalcare, che racconta il ritorno di un vecchio amico nel quartiere dopo diversi anni di assenza. La serie promette di portare sullo schermo il mondo narrativo, il linguaggio unico e i personaggi storici e inconfondibili dell’universo di Zerocalcare. Infine, la sesta stagione di "Black Mirror" segna il ritorno della serie antologica cupa e satirica di Charlie Brooker, che si reinventa in ogni nuovo episodio. La sesta stagione promette di essere la più imprevedibile, inclassificabile e insolita finora. Oltre a queste serie, Netflix ha in programma anche il lancio di "The Witcher 3, parte 1", "I tre giorni dopo la fine", "Valeria 3", "Barracuda Queens", "Arnold", "Tour de France", "Tex Mex Motors", "Le carte dell'assassino", "I segugi", "Il nostro pianeta II" e molti altri. Con un catalogo così ricco, gli abbonati Netflix avranno sicuramente molto da guardare nel mese di giugno. Read the full article
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personal-reporter · 1 year ago
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Caorle omaggia Andy Warhol
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Partita dalla Factory, punto catalizzatore dell'establishment artistico americano, l’arte di Andy Warhol ha conquistato  il mondo grazie all’abilità del genio di Pittsburgh,  che ha cambiato il concetto di arte sovvertendo l’estetica di una generazione intera e si è trasformato in uno sperimentatore dalle esplosive capacità comunicative, affascinato dalla ripetizione ossessiva di un’azione e ha fatto della provocazione e dell’ironia un inconfondibile modus operandi. La sua vita sarà la protagonista del percorso Andy Warhol: the age of freedom atteso al Centro Culturale A. Bafile di Caorle, in provincia di Venezia,  dall' 11 giugno al 3 settembre. Con oltre 60 opere di Warhol, la mostra a cura di Matteo Vanzan racconterà la rivoluzione del maestro di Pittsburgh in un dialogo con maestri come Robert Rauschenberg, Roy Lichtenstein, Joe Tilson, Robert Indiana, Mario Schifano, Mimmo Rotella, Tano Festa, Franco Angeli, protagonisti di una stagione che ha riportato la figurazione al centro del dibattito culturale internazionale dopo l'Informale. Andy Warhol” fu determinante nella rinascita artistica della seconda metà del Novecento, dove  cambiò il concetto stesso di arte sovvertendo l’estetica di un’intera generazione. Attraverso l'esposizione, tra le altre, delle celebri opere come Marilyn Monroe, Mao Zedong, Flowers, Dollari, Campbell's Soup e Interviews si racconterà  la storia intensa di un mondo ricco di comunicazione e genialità, business e consumismo nel ruolo centrale di una Factory divenuta punto catalizzatore dell'establishment artistico americano. Maneggiando film, fotografie, serigrafie, grafiche, fumetti, Warhol usò un tocco minimo, spesso assente in molti casi, perché gli intenti sono essenzialmente iconici, dove il fumetto, il dollaro, i personaggi pubblici, le opere famose e inflazionate della storia dell’arte, non appartengono unicamente alla sfera materiale della collettività, ma coinvolgono le idee, l’immaginario collettivo e lo stereotipo. Tutto passa attraverso il filtro di un uomo che rivisita mondo e storia in chiave diversa, conferendo all’immagine una magia unica. Oltre alle opere d’arte il percorso abbraccerà una selezione di video, documentari e alcuni film d'epoca per raccontare l'uomo prima dell'artista, con tutte le sue nevrosi e insicurezze in un serie di aforismi che tracciano inequivocabilmente la personalità di Warhol come entità capace di generare un microcosmo che riassume in sé il clima del anni Sessanta, che racchiude i dogmi fondanti di una nuova società di cui Amdy  ha rappresentato il massimo interprete. Ad accompagnare la mostra saranno vari appuntamenti collaterali, come l' Aperitivo Pop di domenica 11 giugno, a partire dalle 18, in occasione dell'apertura dell'esposizione.  Domenica 18 giugno aprirà presso il Museo Nazionale di Archeologia del Mare la mostra collaterale Give peace a chance, che presenterà i lavori di dieci artisti contemporanei, mentre sabato 17 giugno, sabato 15 luglio e sabato 2 settembre sono previsti gli incontri con il curatore Matteo Vanzan. L’esposizione sarà aperta al pubblico tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 18 alle 22. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Il Fragore del ricordo di Anna Maria Basso
Un diario ritrovato Il Fragore del ricordo di Anna Maria Basso edito da Bonfirraro è un libro appassionante che ci svela l’importanza dei ricordi e la necessità di mantenerli vivi per costruire un futuro consapevole. Il romanzo è un racconto corale che, dal cuore della città di Napoli e passando per Maratea, ci conduce fino a Dallas, negli Stati Uniti.   Tutto inizia in modo occasionale. Lara è una giovane neurologa lucana che studia le malattie neurodegerative e che ha ottenuto un contratto di ricerca presso l'Università UTS di Dallas. La sua professione si intreccia improvvisamente con la storia della sua famiglia quando Lara, prima di andare via, scopre un diario della nonna Adelina. Un mondo di sogni e desideri mancati, gioie e dolori si svela a Lara che porta nel cuore, dall’altra parte del mondo, la vita nella nonna. In America Lara vive una nuova vita fatta di successi, nuovi amori e nuove conoscenze su cui ricama la storia della sua adorata Adelina. Nel Fragore del ricordo di Anna Maria Basso non mancano forti riferimenti ad argomenti sociali e legati alla solidarietà, tematiche a cui l’autrice nei suoi romanzi ha sempre dato ampio spazio.   Anna Maria Basso è nata a Potenza, dove vive. È autrice di opere poetiche: Attese (1999), Images/Trame (2001), Quel palpito d’altrove (2010), premio Matera 2019, capitale europea della Cultura, e di racconti brevi, pubblicati in raccolte antologiche. È presente in diverse riviste letterarie nazionali e internazionali. È componente di giurie. Coordina gruppi di lettura nell’ambito del Premio Basilicata e collabora alla promozione e realizzazione di iniziative culturali. “L’impermanenza” (2018) è il suo primo romanzo. Il Fragore del ricordo di Anna Maria Basso Nell’intervista di oggi, l’autrice ci parla di molti aspetti legati al suo libro che, al di là della storia, appassionante e ricca di risvolti, si presta a diversi livelli di lettura. Grazie alla disponibilità dell’autrice, oggi parleremo di tematiche interessanti tra cui il tema generazionale, le malattie neurodegenerative, l’importanza dei ricordi e molto altro; grandi temi che affiorano tra le pagine del Fragore del ricordo. Nel suo romanzo si racconta la storia di due donne, due generazioni a confronto. Perché ha scelto di soffermarsi su questo tema? Il tema generazionale è sempre più considerato come la lente d’ingrandimento attraverso cui interpretare l’evoluzione della società e le trasformazioni culturali che ne seguono. Ogni generazione porta con sé una visione del mondo, una filosofia di vita, bisogni, valori, stili di comunicazione, di relazione, di linguaggio, molto diversi tra loro ma anche con alcuni punti di contatto. La generazione di Adelina è quella del post-guerra, della ripresa economica, del cambiamento, delle innovazioni. Quella di Lara è la generazione dei Millenials, quelli con più istruzione e con maggiori aspettative sul mondo del lavoro, i primi ad avere dimestichezza con gli ambienti e le tecnologie digitali. Pertanto soffermarmi su questo tema mi ha consentito di inserire più spunti di riflessione nella narrazione, anche riguardo ai livelli di parità di genere diversi nelle due generazioni a confronto.  Adelina e Lara sono le protagoniste del suo libro. Hanno qualcosa in comune i due personaggi? Pur appartenendo a due generazioni diverse, Adelina e Lara, le due protagoniste del libro, hanno molte cose in comune. Intanto l’affetto familiare che le lega profondamente tanto da essere sempre l’una il sostegno dell’altra. Poi la determinazione, quell’aspetto caratteriale che le porta ad affrontare la vita con la consapevolezza della propria destinazione e a saper gestire le difficoltà con coraggio anche quando le strade intraprese si presentano piene di ostacoli e interruzioni e occorre prendere altre direzioni. Un altro punto in comune tra le due protagoniste è il senso di appartenenza alla propria terra anche se scoperto da Lara attraverso l’allontanamento e la mancanza. Il suo autore preferito le farà scoprire che: ”Ogni posto è una miniera... uno specchio sul mondo,  una finestra sulla vita... un teatro di umanità... la miniera è esattamente dove si è. Basta scavare.” (Tiziano Terzani). C’è un tema del romanzo che ha trattato e che le sta particolarmente a cuore? Sì, certo. È il tema del ricordo che diventa il leitmotiv di tutta la narrazione. Oggi viviamo sempre più nel tempo smemorato. Un tempo che non ci educa più al sentimento del passato, a quella naturalezza del rievocare non solo le cose belle ma anche quelle meno piacevoli per farci scorgere la risorsa nascosta che può accompagnarci, nel modo giusto, attraverso il presente, verso il futuro. Ricordare è riportare al cuore ciò che si è vissuto o tornare al cuore delle cose vissute dove abbiamo la possibilità di rinnovarle guardandole con occhi nuovi e scoprendone significati diversi. Ecco perché il ricordo fa rumore, quel rumore che scaturisce da qualcosa che rompe, si rompe o irrompe come il tuono dopo il lampo. È legato a questo tema anche la perdita dei ricordi causata da una nota malattia neurodegenerativa e l’importanza della ricerca scientifica. Perché perdere il passato, la nostra memoria, è perdere il proprio fondamento, la coscienza di sé nel tempo.  “Il Fragore del ricordo” è il suo secondo romanzo. C’è un filo conduttore che lega entrambi i romanzi oppure sono due lavori completamente diversi? Le trame, ovviamente, sono completamente diverse.  Nel mio primo romanzo, l’Impermanenza, predomina il tema del viaggio come ricerca interiore. Il protagonista è un uomo tormentato dai suoi limiti, capace di vivere solo fuggendo da se stesso in un orizzonte fatto di ritorni e di partenze ma che tenta di recuperare un suo equilibrio nell’attesa di un’apertura più fiduciosa verso il mondo. Anche per le protagoniste del mio secondo lavoro si può parlare di viaggio interiore. Per Adelina è quello che fa quando lascia tra le pagine di un diario la sua vita per sottrarla all’oblio. Per Lara è il viaggio oltreoceano che diventa un percorso individuale che culmina in una sorta di interiore catarsi. Penso, inoltre, che si possa rintracciare qualche legame tra i miei due romanzi anche negli intenti narrativi. Come l’inserimento di temi sociali, l’interesse rivolto al mondo della medicina, la costruzione del setting, come dicono gli inglesi: ambienti e paesaggi che cerco di far diventare parti integranti della storia, quasi a renderli essi stessi personaggi.  Cos’è per lei la scrittura? E per Adelina? Per me la scrittura è prima di tutto un’arte: è rappresentare attraverso le parole la vita, come un pittore fa con i colori. Ma è anche un viaggio nelle parole con le parole alla scoperta di sé e dei propri campi emotivi. E sono le parole a condurmi lungo la strada della scrittura, quelle parole che “... come carovane si muovono alle prime luci del giorno sino a sera, s’intrecciano, si snodano, si perdono, si ritrovano, disegnano orme... alla ricerca di se stesse, del loro senso, della loro essenza...poi riprendono il cammino. Perché c’è una vita da inventare. Una vita da raccontare. Ogni giorno.” (Da Quel palpito d’altrove) Per Adelina la scrittura è salvare la sua vita dalla dimenticanza, fermarla sulle pagine di un quaderno perché possa un giorno diventare memoria. Un quaderno fatto anche di pagine bianche dove continueranno a vivere i suoi sogni irrealizzati, il suo amore impossibile.  Read the full article
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