#natale a lisbona
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Natale a Lisbona: consigli per trascorrere le feste nella capitale portoghese
a cura della redazione Se si vuole trascorrere le feste di Natale lontano dal freddo ma senza rinunciare a feste e riti coinvolgenti, Lisbona è la risposta. I portoghesi per tradizioni vivono il Natale in famiglia, in intimità ma non per questo rinunciano a decorazioni, mercatini e ad attività che possano allietare chi vuole visitare la capitale portoghese in un momento magico per la città. A…
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TRAVEL/ A NATALE LISBONA SI VESTE DI LUCE TRA FADO AZULEJOS E TOUR LUNGO IL FIUME TAGO IL BELEM LA CUCINA GOURMET A BASE DI BACCALA’ E INFINE COME DIMENTICARE LISBON STORY IL FILM DI WIM WENDERS?
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2023 Natale In Europa? 3 Destinazioni Che Vi Riscalderanno
Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, molte persone iniziano a pianificare le loro vacanze di Natale in Europa. Sebbene l’Europa sia nota per i suoi inverni rigidi, ci sono alcune destinazioni che offrono un’esperienza natalizia calda e accogliente. In questo articolo esploreremo tre destinazioni europee che vi riscalderanno e vi regaleranno un Natale memorabile nel 2023.
Barcellona, Spagna: Una festa di Natale al Sole
Quando si pensa di trascorrere il Natale in Europa, una destinazione soleggiata come Barcellona potrebbe non essere la prima a venire in mente. Tuttavia, questa vivace città spagnola offre un’esperienza natalizia unica e deliziosa.
I mercatini di Natale di Barcellona, conosciuti come “Fira de Santa Llúcia” e “Fira de Nadal a la Sagrada Família”, sono una tappa obbligata. Potrete passeggiare tra questi mercatini, assaporando le tradizionali prelibatezze spagnole come i churros e la cioccolata calda e curiosando tra le bancarelle di artigianato e regali unici. Il mite clima mediterraneo vi eviterà di infagottarvi in pesanti cappotti invernali e potrete praticare attività all’aperto come il pattinaggio sul ghiaccio nel centro della città.
Uno dei punti salienti del Natale a Barcellona è l’atmosfera festosa del Quartiere Gotico. Le strade strette e tortuose sono splendidamente decorate con luci scintillanti e presepi. Non perdete l’occasione di assistere alla famosa tradizione catalana della “Caga Tió”, un tronco che “caga” i regali per i bambini la vigilia di Natale.
Inoltre, Barcellona ospita numerosi concerti, parate e altri eventi culturali durante le festività. Potrete assistere a un concerto di Natale al Palau de la Música Catalana o godervi uno spettacolo di flamenco tradizionale. Nel complesso, Barcellona offre una miscela unica di tradizioni natalizie, un clima mite e un’atmosfera vibrante che vi scalderà il cuore durante il Natale del 2023.
Lisbona, Portogallo: Una Fuga Natalizia sulla Costa
Lisbona, la capitale del Portogallo, è una destinazione fantastica per chi cerca un’esperienza natalizia costiera. Con la sua splendida costa atlantica e le temperature invernali miti, Lisbona è una scelta eccellente per una vacanza rilassante e calda.
Le decorazioni natalizie della città sono uno spettacolo da vedere, con grandi alberi di Natale illuminati che adornano le piazze principali. La gente del posto prende sul serio le tradizioni natalizie e si possono ammirare bellissimi presepi nelle chiese e negli spazi pubblici. Non dimenticate di assaggiare il tradizionale dolce natalizio portoghese noto come “Bolo Rei” o King Cake.
Uno dei momenti salienti del Natale a Lisbona è la cena della vigilia. Molti ristoranti offrono menu speciali con specialità portoghesi come il baccalà e l’agnello arrosto. Potete anche partecipare all’usanza locale di assistere alla “Missa do Galo”, una messa di mezzanotte che celebra la nascita di Gesù.
Se volete fuggire dalla città per un giorno, fate una breve gita nella vicina città di Sintra. Conosciuta per i suoi palazzi fiabeschi e le sue foreste incantevoli, Sintra è un luogo magico da esplorare durante le vacanze.
Il clima mite di Lisbona permette di fare un giro panoramico in tram attraverso i quartieri storici o di godersi una piacevole passeggiata sul pittoresco lungomare. Che stiate sorseggiando il vino di Porto o passeggiando sulla spiaggia, Lisbona offre un’esperienza natalizia calda e accogliente nel 2023.
Atene, Grecia: Una Storica Celebrazione Natalizia
Per i viaggiatori appassionati di storia e cultura, Atene è la destinazione ideale per il Natale del 2023. Mentre la Grecia è famosa per le sue estati soleggiate, Atene assume un fascino unico durante i mesi invernali.
Iniziate il vostro viaggio natalizio visitando famosi siti storici come l’Acropoli e l’Antica Agorà. Questi antichi monumenti sono splendidamente illuminati durante le festività natalizie, creando un’atmosfera magica per i visitatori. Potete anche esplorare il Museo Archeologico Nazionale, che ospita una notevole collezione di manufatti antichi.
I mercatini di Natale di Atene, come quello di Piazza Syntagma, offrono una vasta gamma di regali, decorazioni e deliziose specialità greche. Potrete assaggiare dolci tradizionali come la “melomakarona” e il “kourabiedes” mentre fate shopping di souvenir unici.
Le tradizioni natalizie greco-ortodosse sono profondamente radicate nella cultura e si può assistere alla messa di mezzanotte in una delle chiese storiche della città. Il canto di Natale, noto come “Kalanda”, è una tradizione molto sentita in tutta la città.
Nonostante il clima più fresco, a dicembre Atene rimane relativamente mite rispetto a molte destinazioni europee. Questo vi permette di esplorare la città comodamente e di ammirare la sua ricca storia e la sua vibrante cultura.
Trascorrere il Natale ad Atene offre una miscela unica di storia, cultura e un’atmosfera festosa che riscalderà la vostra anima nel 2023.
Mentre l’Europa è spesso associata a Natali freddi e nevosi, queste tre destinazioni – Barcellona, Lisbona e Atene – offrono un’esperienza natalizia calda e memorabile. Che preferiate una festa soleggiata in Spagna, una fuga sulla costa in Portogallo o una celebrazione storica in Grecia, potrete trovare un’avventura natalizia unica che vi riscalderà e creerà ricordi duraturi nel 2023.
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Giorno n4: posti che vorrei visitare
L’Islanda; la Norvegia; i Paesi Bassi; la Danimarca; la Svezia; New York a Natale; Firenze; Roma; Barcellona; Madrid; Lisbona; Napoli.
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Merry Crhistmas by Antónia Lobato https://flic.kr/p/2i2W8fL
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I Mercatini di Natale 2021 a Lisbona
Mercatini di Natale 2021 a Lisbona Portogallo
Ci siamo: le luci si sono accese, i negozi sono quasi tutti già decorati e arrivano i mercatini di Natale che lo scorso anno ci sono tanto mancati. Pront* a fare un giretto tra decorazioni, regalini e prodotti gastronomici locali? Ecco la mia personale selezione. ROSSIO CHRISTMAS MARKET In questi giorni la Piazza Dom Pedro IV è ancora più animata del solito per il mercatino di Natale in strada…
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20 giorni fa (data del click 📸) già pensavo al Natale! ✨Auguri di buone feste! ✨ • • • #lisboa #portugal #xmas #christmas #natale #auguri #happychristmas #buonnatale #natale2019 #santaclaus #december #feliznavidad #feliznatal #joyeuxnoel #froheweihnachten #25dicembre #2019 #merrychristmas #barrioalto #lisbona #night #nightlife #picoftheday #photooftheday #photo (presso Lisbona Barrio Alto Largo Do Chiado) https://www.instagram.com/p/B6fO_mlo4pg/?igshid=19drjyb41fwh4
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Questa sera ho preparato una torta mentre ascoltavo un'intervista sul minimalismo e tra le varie cose più o meno interessanti e condivisibili discusse c'era l'idea che il minimalismo non è una questione di quantità di oggetti ma di chiarezza di intenti. Ovvero, al di là della mera conta delle cose che si possiedono o degli impegni che si prendono (perché c'è anche la dimensione del tempo, non solo quella dello spazio, oltre che altre più emotivamente dettagliate), il superfluo e il cosiddetto clutter sta in ciò che non ci rende persone più serene e felici. Che è un po' una parafrasi di Marie Kondo ed è più facile a dirsi che a valutarsi, ma è comunque una riflessione utile per rimettere in prospettiva la necessità di circondarsi di cose che sono utili per la propria pace mentale, cose che possono essere anche il vuoto o la solitudine o il silenzio, ma che se invece per qualcuno in un dato momento sono oggetti concreti, colorati e rumorosi, va bene lo stesso. L'importante è soffermarsi a pensare al perché, almeno un attimo, quando si ha il tempo, quella particolare cosa fa parte della nostra vita e se ancora c'è un buon motivo per conservarla o se è il caso di cambiare la situazione.
In questo momento di grandi spese e regali e scambi di oggetti più o meno inutili, molti dei quali resteranno probabilmente anche inutilizzati, da accumulatrice semi-seriale in perenne contenimento (spesso invano) mi sento spesso a disagio al pensiero di dare e ricevere cose che finiranno in un cassetto per il 97% del loro tempo, e sentire questi discorsi mi rimette un attimo in sesto, perché quello che conta è quel 3% fuori dal cassetto, che se migliora la giornata anche solo di un pochino è sufficiente per compensare.
Mentre la torta era in forno e aggiornavo il diario, mi sono fermata un attimo per celebrare quello che è entrato nella mia vita un po' per caso sotto forma di regalo (magari da parte di me stessa u_u) ed è sopravvissuto alla Grande Selezione del trasloco dell'anno scorso e mi fa tuttora venire le stelline negli occhi.
A portata di sguardo sbrilluccichino in cucina c'era un grembiule souvenir da un viaggio a Lisbona che non ho fatto, una tovaglia troppo grande per il mio vecchio tavolo, alcuni dei millemila pennarelli e colori raccolti negli anni, distribuiti in altrettanti astucci più o meno homemade, piantine arrivate al natale scorso, altre appena ricevute, figlie di quelle dei miei, già mixate con le più vecchie nei vasi tra le decorazioni spacchettate l'altro giorno, alcuni dei regali da distribuire quest'anno, compreso il mio, l'agenda comprata d'impulso l'anno scorso che devo rimpiazzare non so ancora bene con cosa quest'anno, il libro dei disegni che sto riempiendo poco a poco.
Ciascuno ha una sua storia e un suo motivo specifico per far parte del mio arcobaleno mentale, difficile da spiegare senza sembrare un po' matta, e immagino che sia così per molte delle cose che ci circondano: sono importanti per noi anche se sembrano scemenze per gli altri e a volte ci dimentichiamo perché ci facevano brillare gli occhi o ci sentiamo in colpa perché finiamo per credere che gli altri abbiano ragione e siano davvero scemenze e basta. E invece no, ci sono millemila cose di cui effettivamente potremmo fare a meno, ma ce ne sono millemila altre che meritano un posto nella nostra vita, senza sensi di colpa, che già abbiamo trappole e ostacoli e muri abbastanza difficili da affrontare, tutto ciò che può aiutarci in qualche modo diamogli il benvenuto.
(per la cronaca, l'intervista è questa qui e in generale TFD è un canale che consiglio, specialmente le interviste di questo tipo: sono lunghe per gli standard di youtube, ma sono tutte molto scorrevoli)
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The one woth the physiotherapist
"Carina la tua ragazza. Com'è che si chiama?"
Era iniziata così la loro telefonata, quella mattina di novembre. Con Fabrizio che faceva una battuta, facendo la figura del fidanzato geloso, dopo aver visto su internet una foto di Ermal e una ragazza che da molti era stata definita la sua fidanzata.
Fabrizio non aveva potuto evitarlo. Nonostante il tour occupasse la quasi totalità dei suoi pensieri, nonostante lui stesso avesse frequentato altre persone in tutto quel tempo, quella frase era uscita dalle sue labbra velenosa come non mai.
"Carino il tuo fisioterapista. Com'è che si chiama?" rispose Ermal. Nella voce aveva la stessa punta di gelosia che Fabrizio aveva avuto un attimo prima. Anzi, forse un po' di più.
Ermal sapeva che i suoi dubbi erano piuttosto fondati, anche se non lo aveva mai detto apertamente, e non riusciva a capire con quale coraggio Fabrizio stesse facendo il geloso con lui quando ormai il loro rapporto era sfumato da mesi.
Era cominciato tutto a Sanremo, quando erano tornati in camera dopo la vittoria e Fabrizio lo aveva baciato.
C'era stato solo un bacio quella sera, niente di più, ed Ermal era convinto che sarebbe stato un episodio isolato. Erano partiti per gli instore, non si erano visti per settimane, e alla fine avevano smesso entrambi di pensare a ciò che era successo.
Ma poi si erano rivisti per girare la cartolina dell'Eurovision, ed era successo di nuovo. Anzi, era successo di più.
Al ritorno in albergo, Fabrizio aveva spinto Ermal contro la parete dell'ascensore, lo aveva baciato e poi gli aveva sussurrato: "Mi sei mancato" mentre le porte dell'ascensore si aprivano.
Ermal aveva mormorato: "Mi sei mancato anche tu" seguendo il più grande lungo il corridoio e poi, senza che lo avessero premeditato, si erano infilati entrambi nella camera di Fabrizio. C'erano stati i baci, gli ansimi, i sospiri e le insicurezze della loro prima notte insieme.
Ma non c'erano state parole. Non c'erano stare promesse che ciò che era successo avrebbe significato qualcosa, non c'erano state dichiarazioni struggenti.
C'era stato il sesso e la voglia di restare in quel letto insieme, ma niente di più.
Nonostante tutto però - nonostante la totale assenza di chiarimenti su una situazione che era fin troppo complicata - era successo altre volte.
Al Forum dopo il concerto di Ermal, a Lisbona per tutta la durata della loro avventura all'Eurovision, dopo la Partita del Cuore a Genova, ai Wind Music Awards a Verona pochi giorni dopo, dopo il concerto di Fabrizio all'Olimpico... insomma, ogni volta in cui si erano visti ed erano rimasti soli per più di dieci minuti, erano finiti a rotolarsi in un letto, sul divano di un camerino o a consumare una sveltina contro una parete.
Era andata avanti così per tutto quell'anno, anche durante i tour estivi. Non era stato facile, ma avevano trovato il modo e il tempo di vedersi nonostante gli impegni.
Con l'arrivo del nuovo anno, le occasioni di stare insieme erano diminuite ma per un po' erano comunque riusciti a portare avanti con una certa regolarità il loro rapporto. C'era stato modo di vedersi a Sanremo, poi c'era stato il tour di Ermal che gli aveva concesso un paio di giorni a Roma - e nello specifico, nel letto di Fabrizio - e l'ospitata ad Amici qualche settimana dopo.
Ma poi le cose erano cambiate.
Il disco di Fabrizio era uscito, portandosi dietro instore e impegni vari e riducendo quasi a zero le occasioni di vedere Ermal. E alla fine, senza che nemmeno se ne rendessero conto, il loro rapporto era mutato al punto tale che quando Ermal era andato ad Assago ad assistere al concerto di Fabrizio non si erano scambiati nemmeno un bacio.
Erano tornati ad essere amici e basta. Ammesso che prima fossero stati qualcosa di più.
Amici che, a quanto pareva, erano gelosi l'uno dell'altro ma pur sempre amici.
"È per questo che l'hai portata in giro come un trofeo? Per farmi ingelosire?" disse Fabrizio con un po' di fastidio, riferendosi all'amica di Ermal che ormai sempre più spesso veniva avvistata insieme a lui.
Era geloso pur sapendo di non averne alcun diritto. Ed era arrabbiato perché anche Ermal sembrava condividere quella gelosia, ma non glielo aveva mai detto apertamente.
Se lo avesse fatto, Fabrizio era certo che la situazione sarebbe stata diversa.
Aveva fatto tutto lui in quella loro assurda relazione. Ogni primo passo era partito da lui, Ermal lo aveva solo seguito a ruota. Così, quando si erano inevitabilmente allontanati, Fabrizio non aveva reagito.
Non perché non volesse, ma perché avrebbe voluto che per una volta fosse Ermal a fare un passo verso di lui.
Ermal non lo aveva fatto e Fabrizio si era convinto che fosse perché in fondo non gli importava poi così tanto di ciò che c'era tra loro. E così era andato avanti, lo aveva sostituito in un certo senso.
Ma non poteva fare a meno di sentirsi geloso quando vedeva Ermal con qualcun altro. E di sentirsi allo stesso tempo lusingato e infastidito quando Ermal dimostrava di essere geloso per gli stessi motivi.
"Perché avrei dovuto farti ingelosire? Non stiamo insieme. Siamo solo andati a letto qualche volta, giusto?" disse Ermal sulla difensiva e allo stesso tempo ponendogli una domanda a cui sperava che Fabrizio rispondesse che no, tra loro non era mai stato semplicemente un andare a letto qualche volta.
"Ermal..." sospirò Fabrizio.
"Che c'è, vuoi dire che mi sbaglio?" rispose il più giovane, con un tono che sembrava proprio voler supplicare Fabrizio di dirgli che si stava sbagliando.
"Non mi hai mai dato segno di volere di più" disse Fabrizio.
"Ah, no? Quindi pensi che io vada a letto con chiunque?"
"Non sto dicendo questo. Però non pensavo che per te fosse qualcosa di più. Ero convinto che fosse sesso e basta. Ne sono ancora convinto."
"Potrei dire la stessa cosa di te."
Fabrizio sbuffò di fronte a quell'accusa, nonostante fosse del tutto fondata.
"Bizio, non sbuffare. Sappiamo entrambi che hai voltato pagina piuttosto in fretta" lo accusò Ermal.
Aveva visto le storie su Instagram, le foto di Fabrizio e il suo fisioterapista. Conosceva Fabrizio abbastanza bene da capire che tra loro non c'era solo un rapporto amichevole.
"Non è come pensi" disse Fabrizio con un tono talmente basso che Ermal fu convinto di averlo immaginato.
"Cosa?"
"Non è come pensi" ripeté Fabrizio. "Tra me e Luca, dico. Non è come era con te."
"Vuoi farmi credere che non te lo porti a letto?"
"No. Ti sto dicendo che con lui è sesso e basta. Con te era... Era qualcos'altro."
Ermal rimase in silenzio, totalmente spiazzato da quella confessione.
Non c'era mai stato niente tra loro a parte il sesso, nulla che facesse intuire che di mezzo ci fossero anche dei sentimenti.
"Bizio, io..."
"No, senti, devo chiederti una cosa io ora" disse Fabrizio. Già che erano nel discorso, tanto valeva togliersi ogni dubbio.
"Dimmi."
"Cosa c'è tra te e quella ragazza?"
Per un attimo, Ermal fu tentato di non rispondergli o di dirgli di farsi gli affari suoi. Magari anche di fargli notare che se lui si portava a letto un'altra persona, poteva farlo anche lui.
Ma alla fine sospirò e disse: "Niente. È solo un'amica."
"Sei sicuro?"
Ermal annuì. "È una mossa di marketing. Pensano che se mi faccio vedere in giro con qualcuno, la gente parlerà. E i gossip fruttano quasi sempre, lo sai."
"Non pensavo fossi il tipo che si piega alle scelte di marketing" lo accusò Fabrizio.
"Preferirei farmi vedere in giro con te, se proprio ci tieni a saperlo."
Fabrizio non rispose.
Erano arrivati a un punto di stallo, in cui tutti e due avevano confessato qualcosa senza in realtà dire nulla.
"Non impanicarti, Bizio. Lo so che non si può fare" lo rassicurò Ermal, convinto che il silenzio di Fabrizio fosse dovuto ad una crisi di panico per la sua dichiarazione.
"Non mi sto impanicando. Sono sorpreso, tutto qua" rispose Fabrizio. Poi aggiunse: "Ora dovrei andare."
"Certo, non preoccuparti."
"Però vorrei continuare questo discorso. Magari possiamo parlarne quando finisco il tour" disse Fabrizio.
Sentiva il bisogno di continuare a parlare con Ermal, di capire cosa provasse per lui, cosa pensasse del loro rapporto.
Perché lui aveva provato qualcosa fin da subito, anche se non lo aveva mai ammesso, e anche se nel frattempo aveva frequentato altre persone.
E non poteva negare che, per quanto la situazione tra lui e Luca fosse divertente e piacevole, avrebbe sempre preferito stare con Ermal se solo ne avesse avuto l'occasione.
"Certo, quando vuoi. Ci sono sempre per te" rispose Ermal.
Non era una frase fatta. Ci sarebbe sempre stato per Fabrizio, anche se ci avesse impiegato anni ad andare da lui.
Era passato un po' di tempo prima che riuscissero finalmente a vedersi.
Il tour di Fabrizio era andato avanti per un altro mese, e poi c'era stato Natale.
La sera di Capodanno, però, Fabrizio era a Bari per partecipare a Capodanno in musica e sapeva che anche Ermal era a Bari in quei giorni, per passare le feste con la sua famiglia.
Sembrava un buffo scherzo del destino, visto che giusto un anno prima avevano partecipato a quell'evento insieme e poi Ermal aveva raggiunto Fabrizio in albergo per passare la notte con lui.
Quante cose erano cambiate in un anno.
Fabrizio sospirò mentre cercava il numero di Ermal in rubrica e avviava la chiamata.
L'evento era terminato qualche minuto prima e, mentre tutti erano intenti a scambiarsi gli auguri di buon anno, lui sentiva lo stomaco stretto in una morsa.
Ciò che sarebbe successo da lì a poco, la conversazione che avrebbe avuto con Ermal, sarebbe stata decisiva e avrebbe determinato in buona parte l'andamento di quel nuovo anno appena iniziato.
"Ehi" rispose Ermal al terzo squillo.
"Buon anno" disse Fabrizio.
"Vedremo se sarà buono oppure no. Dove sei?"
Si erano scambiati qualche messaggio prima dell'evento, avevano concordato di risentirsi più tardi e mettersi d'accordo per vedersi, e ora entrambi non vedevano l'ora di incontrarsi anche se erano terribilmente spaventati.
"In camerino. Posso essere da te tra una ventina di minuti" disse Fabrizio.
"Va bene, mandami un messaggio quando sei quasi qui ed esco. Ci vediamo all'inizio della strada. A casa di mia madre c'è tutta la mia famiglia e non voglio che sappiano i cazzi miei, almeno per ora" spiegò Ermal.
Fabrizio annuì comprensivo. Capiva la volontà di Ermal di nascondersi ancora per un po', considerato che non sapevano come sarebbero andate le cose.
Terminò la chiamata e si affrettò a recuperare le sue cose dal camerino, poi uscì in fretta e raggiunse la macchina.
Non si era nemmeno preso il disturbo di avvertire Claudio o uno qualsiasi dei suoi collaboratori. In quel momento erano tutti troppo impegnati a festeggiare, mentre lui era troppo impegnato a pensare a come raggiungere Ermal nel più breve tempo possibile.
Fortuna che nelle occasioni in cui era stato a Bari, Ermal gli aveva fatto vedere la città e anche tutte le scorciatoie per arrivare a casa di sua madre.
Quando arrivò all'inizio della strada, inviò un breve messaggio a Ermal e poi cercò di rilassarsi contro il sedile, ma senza successo.
Nelle ultime settimane non aveva fatto altro che pensare alla loro telefonata e a ciò che si erano detti.
Fabrizio non aveva avuto problemi ad ammettere che con Ermal non era mai stato solo sesso, così come Ermal non aveva avuto problemi a confessare che avrebbe voluto avere la possibilità di partecipare ad eventi pubblici con Fabrizio.
Si erano esposti entrambi, ma Fabrizio non era sicuro che fosse sufficiente.
In fondo il loro rapporto era cambiato e non poteva essere certo che sarebbe tornato tutto come prima.
"Ciao" disse Ermal aprendo la portiera e accomodandosi sul sedile del passeggero.
Fabrizio sorrise. "Dove andiamo?"
"Conosco un posto tranquillo. Ti spiego dov'è."
Tranquillo lo era davvero.
Ermal aveva dato a Fabrizio delle indicazioni precise e dettagliate che li avevano condotti fuori città, fino a un piccolo parcheggio da cui si vedeva il mare.
"Come conosci questo posto?" chiese Fabrizio spegnendo il motore.
"Quando stavo per prendere la patente, mia madre mi portava qui a guidare. Sai, per fare pratica."
Fabrizio sorrise, come faceva sempre quando Ermal raccontava qualche episodio della sua adolescenza. Gli piaceva sentirlo parlare di sé, sentirlo raccontare degli spaccati di vita di cui lui non faceva parte.
Aveva imparato a conoscerlo attraverso quei racconti.
"Che hai detto per convincere tutti quelli che ti stanno attorno a lasciarti tranquillo per un po'?" chiese Ermal, voltandosi verso di lui.
Fabrizio si strinse nelle spalle. "Niente. Non hanno bisogno di sapere tutti i cazzi miei."
"Ma hai almeno detto a qualcuno che ti saresti assentato per un po'?"
"In realtà, no" rispose Fabrizio scoppiando a ridere un attimo dopo e contagiando anche Ermal.
Era bello ridere insieme.
Quando succedeva, sembrava che per un attimo tra loro non fosse cambiato nulla.
Ma le cose tra loro erano cambiate eccome, e appena il momento di ilarità passò fu chiaro a entrambi che non potevano più fuggire da quella conversazione. Dovevano parlare, dovevano chiarire ciò che c'era tra loro e dovevano farlo definitivamente perché andare avanti in quel modo li stava distruggendo.
"Cosa intendevi quando hai detto che con me non era solo sesso, che era qualcos'altro?" disse Ermal facendosi coraggio.
Non era necessaria una laurea per capire cosa si nascondesse davvero dietro quelle parole, ma Ermal voleva che Fabrizio fosse chiaro e che non lasciasse spazio al minimo dubbio.
"Intendevo che non era una cosa che facevo così, tanto per svuotarmi le palle. Ogni cosa successa con te, è successa perché mi andava di farlo, perché dopo averti baciato la prima volta volevo farlo di nuovo, mi sembrava di non averne mai abbastanza. E ogni volta che passava troppo tempo senza vederci, mi sembrava che mi mancasse l'aria" disse Fabrizio puntando lo sguardo fuori dal finestrino, verso il mare.
Era convinto di non poter sostenere lo sguardo di Ermal in quel momento.
"Non me lo hai mai detto."
"Non credevo che per te fosse importante."
Ermal aggrottò la fronte confuso, ma rimase in silenzio. A quel punto Fabrizio si voltò verso di lui e aggiunse: "Avevo l'impressione che fossi solo io a muovere i fili di qualsiasi cosa ci fosse tra noi. Mi sembrava che tu ti adattassi e basta, che ti piacesse stare con me ma non così tanto quanto piaceva a me. E avevo paura che se ti avessi detto che provavo qualcosa, saresti scappato."
"Alla fine però ci siamo allontanati comunque."
"Lo so, anche se non riesco a capire quando e come sia successo."
"Già, nemmeno io."
Rimasero nuovamente in silenzio, entrambi con lo sguardo fisso davanti a loro facendo ben attenzione a non guardare l'altro.
Se fossero stato un po' più impulsivi, probabilmente la conversazione sarebbe finita lì. Si sarebbero gettati l'uno tra le braccia dell'altro e sarebbero finiti a fare l'amore - perché ormai di questo si trattava - sui sedili posteriori dell'auto.
Ma entrambi continuavano a crogiolarsi nei pensieri e nelle paure, al punto da avere timore anche solo a fare un sospiro di troppo.
"Credi che sia troppo tardi?" chiese Fabrizio dopo un po'.
Ermal sospirò. "Questo devi dirmelo tu, Bizio. Come stanno le cose con Luca?"
"Non stanno. Cioè siamo stati a letto qualche volta, non voglio negarlo. Ma era solo questo e dopo la nostra telefonata gli ho detto tutto."
"Tutto cosa?"
"Che sono ancora innamorato di te. E che mi manchi."
Ermal trattenne il respiro di fronte a quella confessione. Ormai era chiaro che Fabrizio provasse qualcosa per lui, ma da lì a essere innamorato...
Cercò di mantenere un contegno e non mostrarsi troppo sorpreso, poi disse: "Quindi qualsiasi cosa ci fosse tra voi è finita?"
Fabrizio annuì con un cenno. Poi puntò lo sguardo verso Ermal e disse: "Voglio essere onesto una volta per tutte. Se mi vuoi, io sono qui. Non ho intenzione di mandare tutto a puttane di nuovo. Ma se non è così, se per te tutto questo è solo un passatempo, chiudiamola prima di stare male."
Ermal lo fissò per un attimo.
Sarebbe stato così semplice chiudere tutto. Sarebbe stato facile dire che voleva che fossero solo amici, che qualsiasi altra cosa sarebbe stata troppo difficile da gestire, che era meglio per entrambi prendere le distanze.
Ma non era ciò che voleva.
Voleva Fabrizio, lo voleva da sempre. E sapeva che sarebbe stato difficile, che di certo non lo avrebbe potuto prendere per mano passeggiando nel centro di Roma e non avrebbe nemmeno potuto giurargli di non fargli del male. Ma poteva promettergli che lo avrebbe amato e che avrebbe cercato di fare di tutto per far funzionare le cose tra loro.
Si sporse verso di lui e, a pochi centimetri dalle sue labbra, sussurrò: "Non è mai stato un passatempo."
Fabrizio sorrise per un attimo, giusto una frazione di secondo prima che Ermal si gettasse sulle sue labbra e finalmente lo baciasse.
Fabrizio lo attirò a sé, cercando con non poche difficoltà di trascinarselo addosso e finendo inevitabilmente per appoggiarsi sul volante.
Il fastidioso rumore del clacson risuonò nel parcheggio deserto ed Ermal si staccò da lui ridendo.
"Non siamo più abituati a fare certe cose in macchina, dobbiamo riprendere un po' la mano" disse sedendosi di nuovo al suo posto.
Fabrizio si coprì la bocca con la mano mentre rideva alla battuta di Ermal.
Poi gli passò una mano tra i ricci e glieli scompigliò. "Abbiamo tempo per abituarci di nuovo a certe cose, vero?"
Ermal annuì e sorrise. "Sì, Bizio. Tutto il tempo del mondo."
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Ricordi di Bressanone, ottobre 2011: l'elefante #Soliman. "L’animale era un dono da parte del re di Portogallo Giovanni III, a suo nipote, l’arciduca Massimiliano d’Austria. L’elefante che proveniva da una colonia indiana dovette affrontare il lungo viaggio da Lisbona attraverso Genova in direzione delle Alpi. La gente lungo il percorso avvertì il suo arrivo come un evento sensazionale. A Trento e Bolzano fu accolto dagli applausi della gente, primi fra tutti i vescovi e i cardinali. Anche a Bressanone gli abitanti scesero in strada per assistere all’ingresso del pachiderma e dei suoi accompagnatori. L’arrivo dell’elefante nell´anno 1551, poco prima di Natale, fu un vero e proprio colpo di fortuna per l’albergo che lo ospitò. L’oste Andrä Posch si prese cura del potente ospite per ben 14 giorni fino al 2 gennaio 1552, quando l’elefante e i suoi accompagnatori proseguirono il loro cammino verso nord. Passando per Innsbruck e Hall, attraverso l’Inn e il Danubio, l’elefante arrivò a Vienna nel mese di maggio del 1552. Al lungo viaggio seguì una breve permanenza: l'elefante morì nel dicembre 1553 a Kaiserebersdorf probabilmente a causa di una malnutrizione o forse anche per la forte nostalgia di casa. Il suo viaggio continuò anche dopo la morte... Le ossa del suo piede anteriore venivano usate per creare una meravigliosa sedia, esposta ancora oggi nel monastero benedettino di Kremsmünster. I resti della mummia passarono successivamente al duca Alberto di Baviera, che inserì l’elefante nella sua collezione esposta nel Museo Nazionale Bavarese. Ma il ricordo dell’elefante è rimasto vivo fino ai giorni nostri: diversi piccoli monumenti a Linz, a Wasserburg e a Vienna testimoniano il suo lungo viaggio attraverso le Alpi. L’oste brissinese Andrä Posch, che aveva ospitato l’animale nelle stalle della sua locanda, ribattezzò l’albergo in suo onore." Fonte: brixen.org #nikonitalia #NikonPhotography #nikonphotographer #memories💕 #travelphotography #ig_italia #natgeotravel #originalphotographers #piccoloclubfoto #heartphotos #harusphotos #legend #igersitalia #brixen_bressanone (presso Bressanone, Trentino-Alto Adige, Italy) https://www.instagram.com/p/B5uWQwjI4lQMAgG6O9ipwbvEilOH6Iqm8ggq8w0/?igshid=py4tjw0wumd1
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Un anno dopo
Era stato impossibile per lui non ripensare all’anno precedente.
Esattamente 365 giorni prima si trovava a Milano, seduto davanti al piano con in testa tanti pensieri. Qualche lacrima ancora bagnata sulla guancia e in testa confusione, tanta confusione. Quello era stato il suo primo Natale da solo dopo tanti anni e quella che era una ferita ancora fresca era tornata a fargli male. Non un male fisico ma quell’idea di soffocamento che ti viene al petto quando ti accorgi che niente sarà come prima, che non si può tornare indietro.
La sua confusione era formata da pensieri di tutti i tipi; c’erano quelli che aveva appena finito di provare a mettere nero su bianco, “cazzo da soli fa male” pensava, e proprio a causa di quella ferita si sentiva solo, più solo che mai.
Poi c’erano quei pensieri che tengono compagnia quando si è all’inizio di un percorso: la speranza che però cerchi di nascondere in fondo al cuore perchè sai che non dovresti sperare, che sperare porta alle aspettative e che spesso queste aspettative causano delusioni. Eppure in queste occasioni non si riesce a fare altro se non sperare che il percorso si sviluppi al meglio, che vada tutto bene e, perchè no, che porti anche qualche sorpresa.
Così aveva passato la sua vigilia, cercando di mettere in ordine quello che era il suo cervello e che non ne voleva sapere di stare zitto un attimo, neanche con un po’ di vino in corpo. Parole su parole, immagini, ricordi, speranze, sogni: un groviglio di elementi che gli stavano causando solo un gran mal di testa.
Oggi, proprio un anno dopo, a stento riusciva a riconoscere la sua vita. Quelle speranze, quei sogni non erano che una piccolissima parte di quello che era stato effettivamente il suo 2018. O almeno, il cast era lo stesso bene o male ma tutto era cambiato.
In casa sua, nella sua Bari quest’anno avrebbe festeggiato il natale, con la sua famiglia. O meglio, più che festeggiare avrebbero mangiato e passato una serata tutti insieme come non succedeva da tempo. Non erano soliti festeggiare il Natale e sicuramente per loro era più importante il Capodanno. Era quello lì il giorno in cui si sarebbero scambiati i regali e si sarebbero augurati "Gëzuar Krishtlindjet!” ma a lui non importava molto di quale giorno si dovesse festeggiare. L’importante era che era con la sua famiglia, il suo mare e di lì a pochi giorni lo avrebbe raggiunto anche il romano.
Avrebbe passato le vacanze con le persone a cui teneva di più.
Ecco quanto erano cambiate le cose in un anno.
(...)
Quella giornata era stata a dir poco magica e ancora non era finita. Lui e Fabrizio avevano festeggiato assieme alla sua famiglia a pranzo, si erano scambiati i regali e avevano pranzato tutti insieme.
Il romano, terrorizzato dal dover fare buona impressione aveva comprato un regalo a ognuno compresa la piccola Miria che aveva apprezzato particolarmente quella decisione. Quella tastierina che le era stata regalata l’aveva aperta subito dopo esseri fiondata tra le braccia di Fabrizio per ringraziarlo. Ora avrebbe potuto creare delle canzoni stupende proprio come suo zio.
Rinald ci aveva provato negli anni a insegnarle a disegnare ma, dopo alcuni tentativi dove, non solo erano stati maltrattati colori e tempere, ma aveva preferito disegnare sulla faccia della mamma piuttosto che sui fogli, avevano notato che se la cavava molto meglio con il canto e allora lo zio più piccolo si era dovuto arrendere all’evidenza.
(...)
Quando il pomeriggio arrivò, i due ,dopo aver salutato, si diressero sul luogo dell’evento.
La piazza era gremita di persone e passandoci affianco, dal finestrino potè notare alcuni palloncini gialli e blu che lo fecero sorridere e portare a stringere la mano del compagno seduto accanto a lui. Quello lo guardò curioso e Ermal semplicemente alzò le spalle per poi poggiare la testa sulla sua.
Che strano il destino, pensò, esattamente l’anno prima erano assieme a un evento ma non insieme.Si erano trovati là quasi per caso e sicuramente la felicità nel vedersi era tanta ma mai avrebbero immaginato che Fabrizio l’anno successivo avrebbe accettato di partecipare solo per un motivo. Lo stesso motivo che aveva cercato di proteggere in tutti i modi a Sanremo, che era stato il suo traduttore a Lisbona, che aveva guardato con occhi fieri mentre calcava il palco di Assago, lo stesso che aveva reso completa una delle serate più belle della sua vita, il concerto allo stadio Olimpico.
In un anno era cambiato tutto: quel rapporto che, all’inizio inaspettatamente ma poi consapevolmente era diventato la loro costante in questi mesi, la spalla su cui piangere, la mano per rialzarsi, quello su cui poter fare affidamento.
Ermal venne risvegliato dai suoi pensieri con l’arrivo della macchina a destinazione.
Sarebbe stato troppo emotivo su quel palco, lo sapeva, ma non gli interessava più di tanto perchè aveva faticato per arrivare dove era quel giorno, aveva sofferto ma ora stava bene, molto bene.
Durante le prove ognuno provò le sue canzoni. Salì sul palco dopo Annalisa, Fabrizio aveva già provato e quando alla fine delle prove tornò nel backstage notò le facce deluse di qualcuno. D’altronde li capiva, erano entrambi lì, i vincitori di Sanremo, perchè non potevano cantare la loro canzone, quella canzone che aveva dato tanta speranza e tanto coraggio a molti ragazzi che li seguivano e che avevano dimostrato tutto il loro amore per entrambi.
Però la scaletta non prevedeva la loro canzone perchè gli artisti dovevano esibirsi singolarmente. E infatti appena scese dal palco notò Fabrizio che gesticolava con la stessa Panicucci. Si avvicinò a lui e riuscì a capire che stava tentando di convincerla a cantare la loro canzone.
Ci teneva Fabrizio, più volte gli aveva ribadito quanto quella collaborazione fosse stata importante per lui che era riuscito a ritrovare l’ispirazione; inoltre si commuoveva a vedere tanti ragazzi profondamente legati a un tema così importante in parte anche grazie a loro.
Si inserì anche lui facendo notare che molti ragazzi si aspettavano di vederli salire sul palco, insieme e che, la canzone avendo vinto Sanremo non poteva proprio mancare.
(...)
Ormai l’atmosfera del Capodanno era presente in tutta la piazza; il calore del pubblico era più forte che mai, alcuni artisti si erano già esibiti e presto sarebbe toccato a loro.
Sì, loro perchè alla fine erano riusciti a convincere Federica a cantare Non mi avete fatto niente.
L’ansia iniziò a farsi sentire: era da Settembre che non cantavano quella canzone e Ermal voleva che l’esibizione fosse perfetta, per i fan e per loro, per avere la certezza che le cose non erano cambiate, che non si sarebbero dimenticati di questo splendido anno.
Erano le 11, Fabrizio era sul palco a finire il suo medley e Ermal lo guardava orgoglioso: aveva una strana energia quella sera che gli faceva scaldare il cuore.
Venne accolto sul palco con un boato del pubblico e un sorriso luminoso del suo romano. Prese un respiro e iniziò a cantare. Quanto gli era mancata quella canzone e quell’energia che essa aveva la capacità di scaturire.
“Braccia senza nomi , facce senza mani “ si perse a vedere quello che stava facendo il più grande accanto a lui. Aveva appena raccolto un ramoscello di una pianta che aveva riconosciuto subito ed Ermal era sbiancato tanto da invertire le parole della canzone: cosa voleva fare Fabrizio?
Il moro si avvicinò a lui con il ramoscello in mano che portò in alto, sopra le loro teste.
Il cuore del più piccolo perse un battito e le sue guance si tinsero di rosso
"perchè la nostra vita non è un punto di vista…” Fabrizio si sporse verso di lui e lasciò un sonoro bacio sulla sua guancia. Ermal rispose con un sorriso timido scuotendo la testa in dissenso: si era perso una battuta della canzone e di certo non era la miglior performance che avessero fatto; ma cosa più importante aveva paura che le guance, che in quel momento sentiva andare a fuoco, si notassero fin troppo alla tv. Possibile che Fabrizio fosse riuscito a farlo arrossire davanti a tutta l’ltalia? Si girò verso di lui e si accorse che quello aveva continuato a cantare come se nulla fosse successo anche se sul volto aveva un sorriso sagace. *
“La felicità volava.. come vola via una bolla” conclusero la canzone abbracciati come era successo nelle numerose esibizioni; dall’occhio di Ermal scese una lacrima ma si sa che se è l’occhio destro a piangere si piange di felicità, o forse era il sinistro, poco importava: quello che sapeva era che quella lacrima era dovuta a tutti i ricordi belli che quella canzone gli aveva permesso di avere. Doveva molto a quella canzone e a quella collaborazione e cantarla nella sua Bari l’ultimo giorno di quello che era stato un anno grandioso lo aveva reso emotivo.
Alla fine anche dell’esibizione di Ermal, Fabrizio gli venne incontro ridendo. “Ricciolè me insegni come si scaricano i vidio? Penso guarderò la tua faccia terrorizzata per sempre!” Il più piccolo si sporse verso di lui abbraccindolo e sussurrandogli un “Certo che sei proprio stronzo, che figura di merda”
Vennero richiamati sul palco a pochi minuti dalla mezzanotte. Avrebbero aspettato il 2019 tutti insieme su quel palco che quella sera aveva regalato molte emozioni
Federica fece partire il conto alla rovescia e Ermal si voltò per guardare Fabrizio accanto a lui
55: Gli fissò le labbra e sbuffò rumorosamente consapevole che non avrebbe potuto baciarlo, non subito almeno
40: Fabrizio lo guardò e sorrise, anche lui avrebbe voluto baciarlo proprio come nei film
25: ermal sentì Fabrizio attirare la sua attenzione con una spallata e portare il braccio dietro la schiena del più giovane
15: Ermal portò le mani dietro di lui e Fabrizio fece incrociare le loro dita rassicurato dal fatto che coperti dalle loro schiene nessuno li avrebbe visti
10: Ermal aveva capito che quel gesto voleva dire comprensione, anche il più grande desiderava essere da un’altra parte e avere la possibilità di baciarlo liberamente allo scoccare della mezzanotte ma avrebbero dovuto farsi bastare un abbraccio
5,4,3,2,1 Buon anno!!! Il più grande avvolse Ermal con le braccia sussurrandogli gli auguri nell’orecchio. Non si interessarono particolarmente a chi avevano intorno, già che non potevano baciarsi cercarono di godersi al meglio quell’abbraccio. Ermal pocciò la frote sulla sua spalla e alcune lacrime caddero sulla giacca stranamente elegante di Fabrizio ma questo non embrò accorgersene.
Quando si staccarono si avvicinarono verso gli altri cantanti per augurarsi buon anno e il piccolo, girandosi verso il romano notò quanto brillava anche a causa di alcuni coriandoli che gli erano rimasti incastrati in quei ciuffi ribelli. Notò anche un’ombra sul volto del compagno che solo un occhio attento avrebbe notato ma cercò di non dare peso alla cosa.
Scesi dal palco Ermal lanciò un’occhiata al compagno sperando che lo capisse e si direse verso il loro camerino. Beh non era solo loro perchè erano con altri due cantanti ma non gli importava molto, avrebbero aspettato.
Quando Fabrizio aprì la porta Ermal si precipitò tra le sue braccia e posò le labbra sulle sue. Finalmente dopo una lunga serata poteva baciarlo.
“Facciamo i particolari noi, non ci piace il clichè del bacio di mezzanotte, preferiamo quello di mezzanotte e un quarto.” Disse il più piccolo staccandosi dalle sue labbra. Il più grande sorrise e lo strinse a se.
"Allora?” domandò Fabrizio. “ Allora che?” “ A ricciolè ho una camicia addosso non un impermeabbile, me ne accorgo se mi piangi sulla spalla.” Ermal spalancò gli occhi, allora se n’era accorto sul palco ma aveva fatto finta di niente. Proprio non voleva rovinare quella serata con le sue paranoie eppure sapeva che Fabrizio voleva delle spiegazioni.
“Non è niente davvero” “ Nun dire scemenze ora mi spieghi anche perchè ho iniziato a pensare che me volessi lascià pecchè magari avevi trovato su tuitter quarcosa che diceva che se lasci qualcuno il primo dell’anno porta fortuna o ste stronzate che leggi e vuoi provare assolutamente” “ Ma che dici io non faccio stronzate leggendo articoli su twitter” “ A nun me prende in giro, te ricordo che ‘na volta avevi letto che con tanti cuscini si dorme meglio e la mattina avevo rischiato de soffocare perchè mi ero trovato un cuscino sulla faccia oltre al fatto che co’n altro hai rotto la lampada”
Okay va bene a volte leggo cose e voglio provare per vedere se funzionano ma stavolta non c’entra” rispose il riccio ridendo al ricordo di quella notte caotica in mezzo ai cuscini” “ Menomale ma allora che c’avevi?”
“Ma non lo so che mi è preso è che ho paura, non so come spiegarlo, tipo l’aware¹, però è diverso perchè lì rappresenta una sensazione invece la mia è proprio paura
“Ermal parla come mangi, come buono proposito per quest’anno prova a un farmi uscì di testa con parole che non capisco che già quando ti ci metti con tutti questi laikks e fanfision qua nun ce sto a capì niente. Che dici ci provi a parlà in italiano?” Ermal rise alla faccia confusa di Fabrizio e ricominciò il discorso.
“Questo 2018 è stato bellissimo e ho paura che il 2019 cambi tutto. In questo momento sono felice ma felice davvero e so che la felicità non dura per sempre e ho paura che questo nuovo anno cambi tutto. Cioè il 2018 è stato il mio anno, il nostro anno, perchè dovrei festeggiare la sua fine se preferirei rimanere in quell’anno che ci ha potato molto?” Disse nascondendo la sua testa tra il mento e il collo del compagno. Gli accadeva spesso di aprirsi con il romano eppure ogni volta si vergognava di tutti quei pensieri che sputava fuori così improvvisamente.
L’altro gli accarezzò la guancia e fece incontrare i loro occhi
“E, guardami, siamo nel 2019 già e io sto ancora qui. Potranno succedere un migliaio di cose ma io sto qui e non me ne vado, ho intenzione di recuperare tutti gli anni che abbiamo perso non conoscendoci prima. C’ero ieri, ci sono oggi e ci sarò domani, in un modo o nell’altro tutti i Domani ci sarò.” Fece scontrare le loro labbra trasmettendo nel bacio tutto quello che aveva appena detto, lo pensava davvero, lo aveva appena trovato e non voleva perderlo. E Ermal si sentì meglio, come sempre fabrizio era in grado di trovare le parole giuste per calmarlo. Si strinse a lui con tutta la forza che aveva e chiuse gli occhi, si sentiva protetto in quell’abbraccio.
Il telefono di Fabrizio squillò e interruppe il loro abbraccio. Quello si sedette sul divanetto presente nel camerino e prese il telefono, quando Ermal notò il sorriso del più grande capì da chi arrivava la chiamata e fece per uscire per lasciarlo parlare in pace con i suoi bambini ma la voce del moro lo fece voltare “ Viè qua” disse, battendo le mani sulle sue gambe e il più piccolo si avvicinò a lui mentre l’altro accettava la videochiamata.
Seduto sulle sue gambe con una mano intorno al suo collo sorrise nel vedere i bambini che si stropicciavano gli occhi ma che non smettevano di sorridere
“ Ancora svegli state? Auguri piccoli miei” “Volevamo farti gli auguri ma la mamma ha detto di aspettare un po’” rispose Libero, “Auguri papà! Hai visto che sono rimasta sveglia come i grandi” si intromise la più piccola e la voce di Libero che rivelava che in realtà Anita era stata svegliata da poco fece ridere entrambi. “Uffa Lì sei un guastafeste anche in questo anno nuovo, che noioso” “ Anì dai, non importa giuriamo di tenere il segreto per noi e non rivelarlo a nessuno: tutti penseranno che stai sveglia fino a tardi come i grandi, vero Fabbrì?” Rispose Ermal per rassicurare la più piccola dei Mobrici.
“Ora che è un nuovo anno potete tornare a Sanremo insieme no?” domandò la bimba con il fratello che le dava manforte, erano stati proprio bravi il papà e il suo amico riccio che poi avevano imparato a conoscere meglio e ad apprezzare. Sarebbe stato bello rivederli ancora su quel palco insieme.
I due interessati negarono “ Bimbi se vado a Sanremo non riesco a passare molto tempo con voi, non mi sembra una buona idea” provò a convincerli Fabrizio e quella frase generò negli occhi dei piccoli Mobrici un velo di tristezza che li fece subito cambiare idea, il loro papà lo volevano a casa. “Vabbè però promettete che farete un Sanremo solo per noi qui a casa?” “ Lo giuro” rispose il riccio portandosi la mano sul cuore; avrebbe fatto di tutto per veder sorridere quei due bambini che tanto somigliavano al suo romano e ai quali voleva un bene dell’anima.
Fabrizio poi li convinse ad andare a dormire e promise loro che si sarebbero visti l’indomani. “ papà ma domani-oggi o domani-domani?” domandò Libero che non voleva ammetterlo ma al quale il suo papà mancava tanto. Fabrizio sapeva che sarebbe stato stanco morto, che praticamente non avrebbe avuto tempo di dormire quella notte ma aveva promesso loro che avrebbero feseggiato comunque il primo dell’anno insieme e nonostante le 5 lunghe ore di viaggio che lo aspettavano in tarda mattinata l’indomani sarebbe stato dai suoi bambini.
(...)
Fabrizio si era già allontanato quando Ermal, uscito dal camerino vide arrivare Silvia. La abbracciò augurandole buon anno e vide Fabrizio guardarlo con occhi di fuoco ai quali rispose con un sorriso e mandandogli un bacio.
Nonostante tutto in quell'abbraccio stava ancora bene o forse di nuovo bene, si sentiva sicuro e, consapevole di tutto quello che era successo tra di loro e di quello che avevano passato quell'anno, le sussurrò all'orecchio sorridendo “Nankurunaisa²”, l’ultima parola che le aveva detto quando si erano lasciati. Si sistemerà tutto. e così sembrava essere stato. I due avevano raggiunto un bel equilibrio, lei sembrava serena e lui stava bene. Sì quel 2018 sembrava aver sistemato tutto e mai se lo sarebbe dimenticato.
*: l'idea del vischio l'ho trovata su twitter ma non ricordo da chi, se è vostra ditemelo che vi do i crediti perché è una cosa carinissima che ho voluto usare.
¹ Aware (giapponese)= la sensazione dolceamara che si ha quando si sta vivendo un bel momento, periodo
² Nankurunaisa (giapponese)= con il tempo si sistema tutto
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Ieri è stata una giornata un po' strana e l'unica gioia è stata la notizia dei metamoro insieme a capodanno. Ho deciso quindi di staccare la testa ed è uscita questa cosa un po' lunga e sconclusionato.
Grazie a @romanticasemiva che sopporta le mie paranoie e ha betato questa bullet point (?)💖
Se siete arrivati fino alla fine vi ringrazio, ditemi cosa ne pensate💛💙
#cose senza senso#troppo lunghe#headcanon metamoro#ermal meta#fabrizio moro#metamoro#metamoro fanfiction#metamoro fic
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Legio Patria Nostra
Ci siamo uniti a un gruppo su Facebook che si chiama “Customer Service Foreign Legion”, e lì dentro, in quel gruppo world wide, abbiamo scoperto che i pensieri e i destini di noi italiani si somigliano in maniera clamorosa.
Abbiamo iniziato a fare questo lavoro tutti per la stessa ragione: non avevamo altre alternative e ci servivano i soldi. Pochi, maledetti e subito. Per acquisire autonomia, per comprarci il minimo sindacale di dignità. Abbiamo iniziato con contratti a progetto e interinali. Abbiamo iniziato nei call center di Rende o in quelli del Centro Direzionale di Napoli. Qualcuno ha accarezzato l'opzione Amazon a Cagliari, ma poi le prime recensioni di amici e colleghi ci hanno fatto capire che non è tutto ora quel che luccica, e allora se ne andassero a fanculo pure loro.
Abbiamo guardato altrove, abbiamo cercato su internet i posti dove quelli come noi non erano solo manovalanza da spremere senza alcun riguardo, e dove il fatto che avessimo già esperienza nel settore e che fossimo italiani madrelingua rappresentasse già un asset non da poco. Non volevano l'inglese "fluently", non servivano master blasonati, non occorrevano raccomandazioni. Gli bastava che parlassimo italiano e che fossimo già un po' abituati a tenere quella maledetta cuffia sulla testa. In cambio ci offrivano salari competitivi e un ambiente di lavoro dinamico e multiculturale. Ed è così che, senza saperlo, ci siamo uniti alla Legione. Insieme ai polacchi, agli spagnoli, ai greci, ai turchi, ai tedeschi. Poco importava se il nostro italiano era contaminato da sfumature siciliane, campane o calabresi. A Piatra Neamt, in Romania, non fanno caso a questi dettagli. E quindi ci siamo fidati e abbiamo deciso che Durazzo doveva essere per forza meglio di Cosenza, che Pola ci avrebbe valorizzato meglio di Arzano, che è meglio guadagnare poco in una capitale come Lisbona che essere sfruttati da qualche capra ignorante a Lecce.
Inculate e promesse disattese erano dietro l’angolo anche all'estero, però una volta che diventi legionario ci metti un attimo a salutare e cambiare aria, a lasciarti tutto alle spalle e cercare qualcosa di meglio. Come si dice, “Légionnaire d’un jour, Légionnaire toujours”. Abbiamo organizzato il trasferimento all'estero in meno di 5 giorni perché la nostra presenza era richiesta subito. Abbiamo trovato la forza di lasciare Catania, Roma, il Salento. Siamo quindi capaci di qualunque cosa, adesso. Quando all'aeroporto siamo riusciti a baciare la guancia umida e calda di nostra madre senza metterci a piangere, o ad abbracciare forte il nostro fidanzato e a mentirgli dicendo che ce l’avremmo fatta anche a distanza, congedarci da un’azienda di merda per cercare di meglio diventa una passeggiata di salute.
Non smettiamo mai di spulciare gli annunci su Malta, Atene e Gibilterra. Iniziamo a capire che gente come noi può fare anche a meno dei call center così come li conosciamo in Italia. Che la nostra esperienza può far comodo a chi gestisce prodotti Forex, e che il settore del Gaming Online e delle Betting Company ci può offrire molto di più. Salari più alti, assicurazione sanitaria, party aziendali come quelli che avevamo visto solo nei film. Gli uffici sono enormi e talvolta hanno la palestra e la sala relax con la PlayStation. C’è il team turco, il team albanese, il team ungherese, il team spagnolo, il team italiano. Nei corridoi sentiamo dire che la proprietà è mezza inglese e mezza araba. Non sappiamo se essere felici o preoccuparci. Iniziano i programmi di coaching, i corsi di inglese spesati dall'azienda, il cibo healthy offerto gratis sia di giorno sia nei turni di notte.
La famiglia ci manca, questa cosa non cambierà mai. Ogni domenica che passiamo a lavoro ci viene voglia di fare una passeggiata per le vie della nostra città natale, comprare le paste nella caffetteria di fiducia, portare a pranzo fuori la fidanzata. Scacciamo queste debolezze raccontandoci che stiamo facendo carriera, che abbiamo cambiato vita, che è esattamente quello che volevamo. We work in a busy environment, guys. Nella Legione ragioniamo tutti così, è l’unico modo per andare avanti.
Iniziamo una relazione con l’Area Manager che viene da Manchester una volta al mese. Ha 17 anni più di noi e non sappiamo come dirlo a casa. È galante, ci fa sentire a nostro agio. In meno di un anno diventiamo Project Manager. Siamo felici e lo ringraziamo, ma lui risponde che questo non ha nulla a che fare con la nostra frequentazione, che la promozione ce la siamo meritata perché siamo brave. Riesce a non farci sentire in debito, e a non farci sentire delle troie. E forse è questo che il vero amore dovrebbe riuscire a fare.
Alcuni di noi, quelli più meritevoli, dopo qualche anno iniziano a farcela per davvero, vanno avanti, scalano l’organigramma societario, diventano validi professionisti. Man mano che aumentano le nostre responsabilità e i nostri stipendi, aumenta anche il gap comunicativo con le nostre famiglie. Spiegare loro cosa facciamo diventa sempre più difficile. Espressioni come Shift Manager, Training Specialist, Seo Executive, CX Analyst, diventano parole oscure e impronunciabili per nostro padre, che però vorrebbe tanto vantarsi con gli amici del successo lavorativo di suo figlio e spiegare bene cosa ci hanno messo a fare nella Multinazionale all’Estero.
Una collega lèttone e la sua pelle chiara e liscia rappresentano un placebo irresistibile. Non ci capisce quando facciamo le imitazioni di Checco Zalone e non ridiamo quasi mai per le stesse cose. Non è meglio di Rosaria, di Caterina, di Giulia. Però va bene, fa parte della Legione, ha le gambe lunghe e lisce. Decidiamo che rappresenta un buon viatico per la felicità.
Uno dei nostri genitori si ammala, nostra sorella divorzia, al nostro miglior amico viene un esaurimento nervoso. Vorremmo tanto essere lì per aiutarli a superare questo momento difficile, donare loro un po’ della nostra forza da Legionari, ma non possiamo perché i nostri impegni lavorativi sono improrogabili.
La Legione è la nostra (nuova) Patria. Ce lo dobbiamo ripetere ogni giorno.
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“Sulla sua tomba soltanto fiori rossi”: dall’Argentina a Rimini, cercando Federico Fellini, a 25 anni dalla morte
25 anni dalla morte di Federico Fellini, tra i grandi registi del cinema mondiale; tra i più amati a Hollywood. In 25 anni, tanto s’è visto, molto s’è fatto, ma l’esito, in sintesi, è un poco sconcertante: basta pensare che il mitologico “Libro dei sogni���, testimonianza artistica pazzesca, è irreperibile. 25 anni dopo, tiepidamente, si ricorda Fellini. Soprattutto, la sua città, Rimini, ha varato il Fulgor, sta pensando a un immane Museo Fellini. Doveroso. Troppo tardi, vien da malignare – meglio tardi che mai, rispondono gli ottimisti. Resterebbe da fare la cosa più semplice: far vedere i film di Fellini in tivù, per tutti. Quando mai. Fellini è troppo bravo, imbarbarirebbe le strategie di chi vuol farci restare imbecilli. In un recente viaggio a Buenos Aires – città decisamente felliniana, onirica, pericolosa, stramba, rosolata nella nostalgia – ho incontrato un uomo – portoghese alloggiato laggiù da decenni – che di Fellini sapeva tutto, perfino le frasi più celebri dei suoi film. Conosceva la Rimini felliniana meglio di un riminese: all’altro capo della terra ho scoperto più cose, del miracoloso regista, che abitando dieci anni in Romagna. L’anno scorso, la brava scrittrice Maria Soledad Pereira ha fatto un tour a Rimini sulle tracce di Fellini, ricavandone un reportage pubblicato su ‘La Nacion’, il massimo quotidiano argentino. Da quell’articolo abbiamo estratto alcuni passaggi, in memoria di Fellini. Affascinante, piuttosto, è lo sguardo ‘oltreoceanico’ che viene dedicato al maestro. Che percezione si ha di Fellini nella sua città natale? Che percezione dell’onore, del valore, della dedizione riguardo ai propri grandi ha uno straniero, quando sbarca in Italia?
***
Pomeriggio di maggio, Caffè Commercio – Rimini, di fronte a Piazza Ferrari – i tavoli sulla strada sono pieni. Nell’aria, un clima che precede l’estate e in qualsiasi caffè italiano ci si siede davanti a uno spritz o a un aperol a parlare con gli amici. All’interno del caffè, il pubblico si divide in due: chi ordina un espresso, lo prende, scappa via e chi è piegato su un banco a leggere ‘la Repubblica’.
Probabilmente, nessuno sa che il ‘Commercio’ esiste dalla fine del XIX secolo; che da allora ha cambiato posto tre volte; che il caffè che sto cercando – quello che appare su una grande insegna in neon blu, durante la scena delle Mille Miglia, nella pellicola Amarcord – non è, in senso stretto, né questo né alcun altro; probabilmente, nessuno lo sa, ma Lenny, responsabile di sala, lo sa, me lo racconta.
“Il primo Caffè Commercio”, dice, prendendo un pezzo di carta e tracciando un rapido schizzo del centro storico della città, “era qui, in questo angolo di Piazza Cavour. Negli anni Sessanta si è installato dove adesso c’è il Caffè La Galleria, dall’altro lato della piazza. Lì andava Fellini. Noi abbiamo aperto solo nel 1996”.
Rimini, Borgo San Giuliano, 2017: una fotografia di Maria Soledad Pereira
Mi pare curioso, però, che nel Caffè La Galleria – dove andrò più tardi – non ci siano riferimenti del tipo, ‘Questo è il caffè frequentato da uno dei registi più insigni della settima arte’, come accade, ad esempio, a Les Deux Magots, a Parigi, dove si fermavano abitualmente Sartre e Simone de Beauvoir, a al Martinho de Arcada, a Lisbona, che esalta Fernando Pessoa come un cliente molto speciale. In effetti, nessuno dei luoghi legati alla storia personale dell’artista italiano, come la casa in via Dardanelli 10 o quella in via Clementini, ha insegne che ne ricordano il passaggio, ad eccezione del Grand Hotel di Rimini. Quello che non manca sono i nomi dei locali che si riferiscono ai film del maestro: Caffè La Dolce Vita, negozi di souvenir o di prodotti locali che si chiamano Amarcord, l’Hotel La Gradisca, il ristorante ‘dalla Saraghina’.
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“Il fatto evidente – confessa Fellini nel suo libro – è che non mi piace tornare a Rimini. Lo devo ammettere, è come una paralisi… Quando torno a Rimini mi sento invaso dai fantasmi”. Eppure, Fellini è tornato. “Sono andato via nel ’37. Sono tornato nel ’46. Trovai una marea di macerie…”. Credeva che l’oltraggio della guerra fosse incommensurabile. Tornando nel 1967, per scrivere il suo libro su Rimini, ha avuto la stessa sensazione di quando era passato vent’anni prima. Prima, aveva trovato un mare di macerie. Ora, vicino al mare di luci e di hotel, scopriva quell’atmosfera falsa e felice che si percepisce nell’aria. Fu attraversato da una fitta mortificazione. Nel frattempo, Fellini aveva scoperto un’altra Rimini vicino a Roma. “Rimini a Roma è Ostia”, diceva.
Ma Rimini desidera ancora il suo ‘figlio maggiore’? Paolo Fabbri – riminese, professore di semiotica e ultimo direttore della Fondazione Federico Fellini – mi dice in una mail che è una domanda difficile a cui rispondere. “Rispetto ad altre città culturali, Rimini è turistica, per questo la sua memoria è a breve termine, è stagionale”… La presenza del maestro nella sua città natale è innegabile, ma impalpabile. L’ammiratore riconosce la fontana ‘della Pigna’ in piazza Cavour, nel centro di Rimini, visibile in Amarcord, ma forse non localizza il luogo della ‘fogheraccia’… non ci sono riferimenti, non c’è – ancora – un museo, ma ci sono diversi appassionati disposti a parlare di Fellini. Su indicazione di un commerciante, ho attraversato il ponte di Tiberio per andare a San Giuliano, che fu un quartiere di pescatori, con le case colorate e dipinti felliniani. Su suggerimento di Lenny ho visto la Chiesa dei Servi, che Fellini ricorda nel suo libro come un edificio buio e tenebroso. Passo davanti al cinema Fulgor, con il proprietario il futuro vincitore di cinque premi Oscar aveva fatto un accordo: realizzare caricature dei divi e dei personaggi delle pellicole in cartellone, in cambio di biglietti gratis per lui e per gli amici. Poi vado al cimitero. Benché a Fellini non piacesse tornare a Rimini, infine vi è tornato. Qui c’è la sua tomba: e quella della moglie e del figlio. La tomba è all’ingresso del cimitero monumentale, ha la forma di una vela che viaggia nel tempo e, secondo lo scultore Arnaldo Pomodoro, che l’ha realizzata, rappresenta la gloria e la grandezza del regista.
“Se sono per Fellini – mi dice, qualche minuto prima, il fioraio – che siano rossi”.
Maria Soledad Pereira
L'articolo “Sulla sua tomba soltanto fiori rossi”: dall’Argentina a Rimini, cercando Federico Fellini, a 25 anni dalla morte proviene da Pangea.
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TRAVEL/ A NATALE A SPASSO PER LISBONA NEI VICOLI DELLA CITTA’ ANTICA TRA FADO E AZULEJOS E POI… PORTO!
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6 regali di natale per chi ama e/o vive in Portogallo
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Sines ,Portogallo 🇵🇹🇵🇹🇵🇹 Tutti noi abbiamo studiato le imprese e navigazioni del Grande navigatore Vasco da Gama. 📌conte di Vidigueira e viceré delle Indie Orientali, è stato un esploratore portoghese, primo europeo a navigare direttamente fino in India via mare a Capo di Buona Speranza. Questa è la sua terra Natale. ho vissuto qui per parecchi anni. Un paesino di pescatori, con questo splendido Castello e spiagge mozzafiato che Piano piano ve le farò conoscere 😍😍😍 ✔Ci troviamo a sud di Lisbona sul litorale della Regione Baixo Alentejo #sines #portugal #portuguesa #turismoportugal #travellersfriends__ #travelblogger #travelphotography #travel #pt #photooftheday #photo #photographylovers #ph #photography (presso Sines, Portugal) https://www.instagram.com/p/COFkcvPFA64/?igshid=13pyh7x4pj9up
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