#narrativa americana degli anni '40
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“ Presi la scheda che mi diedero all’Ufficio di collocamento dello stato e mi presentai al colloquio di lavoro. Era qualche isolato a est di Main Street, un po’ a nord della suburra. Era una ditta commerciale che trattava pezzi per freni d’auto. Mostrai loro la scheda e riempii un modulo. Allungai un po’ la durata dei miei lavori precedenti, facendo diventare mesi i giorni e anni i mesi. La maggior parte delle ditte non si prendevano mai la briga di controllare le referenze. Con quelle che facevano qualche indagine le mie possibilità erano pressoché nulle. Scoprivano subito che avevo dei precedenti con la polizia. La ditta di freni non fece parola di controlli. C’era un altro problema: dopo due o tre settimane di lavoro la maggior parte delle ditte cercavano di convincerti a sottoscrivere il programma di assicurazione, ma di solito io me ne andavo prima. L’uomo guardò il modulo che avevo compilato, poi si rivolse alle due donne nella stanza e disse in tono sarcastico: «Questo qui vuole un lavoro. Credete che ce la farà a sopportarci?». Certi lavori erano incredibilmente facili da ottenere. Ricordo che una volta ero andato in un posto, mi ero stravaccato in poltrona e avevo fatto uno sbadiglio. Il tizio dietro la scrivania mi aveva chiesto: «Sì, che cosa desidera?». «Oh, cazzo», avevo risposto, «un lavoro, suppongo. Ho bisogno di lavorare». «Va bene. Assunto». Invece altri lavori erano impossibili, per me almeno. La Southern California Gas Company aveva messo una serie di annunci sul giornale promettendo stipendi alti, pensione anticipata, ecc. Non so quante volte andai da loro a riempire quei moduli gialli, quante volte sedetti su quelle sedie dure a guardare le grandi foto incorniciate di tubi e cisterne. Non ebbi mai nemmeno la speranza di essere assunto e tutte le volte che vedevo un fattorino del gas lo guardavo attentamente per cercare di capire che cosa avesse che io evidentemente non avevo. L’uomo della ditta di freni mi portò su per una scala stretta. Si chiamava George Henley. George mi fece vedere la stanza dove dovevo lavorare, molto piccola, buia, c’era solo una lampadina e un finestrino che dava su un vicolo. «Ora», disse, «le vedi queste scatole? Devi mettere le pasticche dei freni nelle scatole. Così». Mr. Henley mi fece vedere. «Ci sono tre tipi di scatole, ciascuna con una scritta diversa. Una è per le nostre “Superpasticche per freni a lunga durata”. L’altra per le nostre “Superpasticche per freni”. E la terza è per le nostre “Pasticche per freni standard”. Le pasticche sono ammucchiate qui». «Ma mi sembrano tutte uguali. Come faccio a distinguerle?». «Non è necessario. Sono tutte uguali. Devi solo dividerle in tre mucchi. E quando avrai finito di imballare questa roba, vieni giù di sotto che ti troveremo qualcos’altro da fare. O.K.?». «O.K. Quando devo cominciare?». «Comincia pure adesso. E non fumare, mi raccomando. Non quassù. Se hai voglia di fumare vieni giù di sotto, O.K.?». «O.K.». Mr. Henley chiuse la porta. Lo sentii scendere le scale. Aprii un po’ la finestra e guardai il mondo di fuori. Poi mi sedetti, mi rilassai e fumai una sigaretta. “
Charles Bukowski, Factotum, Ugo Guanda editore (Collana Narratori della Fenice), 2006; pp. 120-22.
[Edizione originale: Factotum, Black Sparrow Press, Los Angeles, CA, 1975 ]
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“Sento che la ragione ha torto, che l’oblio del sacro sta svuotando l’uomo fino a polverizzarlo”: dialogo con Marzio G. Mian tra fiumi e ghiacciai
Ha l’arguzia di Charles Marlow, il narratore evocato tra nubi australi da Joseph Conrad. La capacità di celarsi in un sorriso, una curiosità sorniona che si realizza nella facoltà narrativa, ipnotica. Potremmo intuire una certa somiglianza, obliqua, con Tim Roth, che è stato Marlow in una ambigua traduzione filmica di Heart of Darkness (il letale Kurtz, per la cronaca, era John Malkovich) o con Martin Sheen, che in Apocalypse Now, con letale dedizione, scanna Kurtz/Marlon Brando. Marzio G. Mian, insomma, è un sopravvissuto, un aristocratico del vagabondaggio. Privo del narcisismo che deturpa il gergo della maggior parte dei giornalisti, è uno che sarchia storie, le raffina, le racconta. Lo ascolti, intendo, e ti pare di stare lì, nella sacca del Tamigi, a bordo del “Nellie”, ammirando Marlow che distilla verbi dalle oscurità, “e anche questo è stato uno dei luoghi di tenebra della terra…”. Per altro, Mian, che ama i luoghi di confine e gli sconfinamenti nell’estremo, il Tamigi lo ha varcato davvero, per raccontare la Brexit e “indagare il ritorno dell’Englishness, lo spirito identitario fondato sull’eccezionalismo inglese”. Questo Marlow metropolitano, che ha radici in Friuli e gli occhi sparpagliati negli ignoti, ha raccontato l’Artico, cioè “La battaglia per il Grande Nord”, in un libro potente edito da Neri Pozza un paio di anni fa; ora ha valicato il Tevere controcorrente (Neri Pozza, 2019) per dire l’Italia, la Storia che ha cannibalizzato questo paese di marmo, marchiato da una specie di sibilante disfatta. Mian è un segugio del grande Nord ed è uno che percorre i fiumi: predilige i luoghi dimenticati, dove una sorta di antieroismo non si lascia sopraffare dall’etica della finanza, dove la fatica è vita e la vita affiora, morde, sul rimbambimento del millennio. Mian è un cadetto del tempo andato, un ussaro sul tetto del mondo, un eremita nel bianco – d’altronde, il fiume non è che l’endecasillabo di un ghiacciaio. Con alcuni giornalisti americani ha fondato “The Artic Times Project” – di fatto, è uno dei rari che pattuglia, racconta e percorre l’estremo Nord, saggiandone i clamorosi cambiamenti – fa parte di “The River Journal”. Scrivendo, controcorrente, il Tevere ha convocato molti altri fiumi e molti volti: Goffredo di Monmouth sotto il k-way, Henry James al fianco (“Nel 1869 Henry James visita i Fori, sale al Campidoglio e da lassù annota che il Tevere si mostra ‘rapido e sporco come la Storia’”), Albert Camus (“Al termine della mia vita vorrei tornare sulla strada che scende nella valle di Sansepolcro”, diceva), Pier Paolo Pasolini, l’“apocalittica voluttà poetica” di Jacopone da Todi, il Missouri (“sarà perché tra le gole drammatiche del Forello, dopo la collina sacra di Todi, il fiume sembra travestito da torrente western”), ad esempio. Risalire un fiume significa incunearsi nella spina dorsale della Storia – il fiume è vita, ispirazione, ambire a un regno – colpendo ai fianchi la cronaca. Mian è eroe quasi solitario di un giornalismo narrativo, pensato, di cui vanno assaggiate pure le pause, antimoderno per amore, controcorrente, appunto. (d.b.)
Hai la fissa per due cose. L’Artico. E i fiumi. Intorno a entrambi hai costruito dei progetti giornalistici articolati. Insomma. Se non sei nel grande Nord, navighi un fiume. Cosa unisce queste due passioni?
La passione è il mestiere che faccio, osservo e cerco di raccontare la realtà, perché la realtà esiste ancora, non siamo ancora riusciti ad eliminarla. E l’Artico e i fiumi sono realtà nuda e cruda, tutta da raccontare, pezzi di mondo che sembrano appartenere ad un altro mondo, quanto sono reali. L’Artico vive una travolgente trasformazione e il cambiamento climatico è solo una delle cause. Da diversi anni frequento il Grande Nord perché la fine – anche tragica – della sua solitudine siderale coincide con l’inizio di un’occupazione, anzi colonizzazione, che segnerà la storia dell’umanità, quanto la scoperta dell’America. Essere lì, assistere allo stravolgimento brutale, vedere come popolazioni tuttora ancorate a equilibri stabiliti all’età della pietra sono distrutte e rimpiazzate dalla civiltà del mercato, dello sfruttamento e del profitto, è un’esperienza potente e ti fa sentire vivo. L’atmosfera pionieristica da nuova frontiera, lo scontro tra potenze, il confronto spietato tra interessi nazionali ed economici, le storie estreme quanto le condizioni ambientali di chi le vive, danno ovviamente dipendenza giornalistica ed esistenziale, perché è indubbio che questo bisogno di esplorare il contemporaneo a -40 è un modo intimo di reagire alla crisi del giornalismo tradizionale e alla narcosi in cui ci hanno precipitati il materialismo e la tecnologia. Anche i fiumi sono una fuga dall’irrealtà, in un mondo liquido sono tra le poche realtà solide; dimenticati, maltrattati, rinnegati (forse proprio perché ci ricordano scomode verità) continuano ad essere pieni di essere e divenire, sempre uguali e sempre nuovi. Eppure sconosciuti, quasi esotici, come l’Artico. Come scrivo nel mio libro “mondi a parte, i fiumi, che dicono le cose come stanno a chi sa sintonizzarsi con la propria solitudine o inadeguatezza, ipnotizzano come un gorgo cui consegnarsi per ritrovarsi; attraversano il contemporaneo e la vita degli uomini, eppure scorrono sotto i ponti in un loro tempo assoluto che pare non contemplare la nostra epoca o lambirla appena, distrattamente. Profeti crudeli, capaci di consegnare implacabili, indicibili e intime verità”.
In particolare. Hai raccontato la caduta del muro di Berlino attraversando quell’altro muro, l’Elba; hai detto la Brexit valicando il Tamigi; ora cerchi di sondare il cuore dell’Italia navigando il Tevere. Perché? Che cosa dicono i fiumi, che sguardo offrono?
Sono una formidabile chiave di racconto, di penetrazione nel rapporto tra l’uomo e il resto: natura, universo, senso del divino. Come per gli uccelli, è risalendo o scendendo i fiumi che l’uomo ha penetrato i territori e lanciato la sua sfida di animale alfa. Anche se lontano dai riflettori della modernità dettata dall’ideologia metropolitana del tutto possibile, facile e divertente, continuano a macinare storie, tragedie, sofferenze, economia, politica, spirito e destino. Ho sempre amato i fiumi, da bambino sono partito alla ricerca delle sorgenti del “rugo Mizza” un torrentello di Fanna, il mio paese in Friuli – un ruscello, un “crick” che per me era il Mississippi, Grande Padre delle Acque. Quelle due ore di cammino valevano il viaggio di Stanley alle sorgenti del Nilo Bianco. Ricordo una notte di grandi discorsi da adolescenti con il mio amico fisarmonicista Roberto. Prima di salutarci facemmo la solita pisciata dal Punt di Barêt, ponticello sul Mizza, e il desiderio che espressi fu quello di rifarla un giorno sul Mississippi. Quando è accaduto ho pianto. Ho raccontato l’America profonda anche scendendo il Mississippi, e poi risalendo il Missouri durante l’ultima campagna presidenziale e definii quella valle la Val Trumpia americana, azzeccandoci perché il fiume spiegava meglio di qualsiasi analista come l’America rurale, conservatrice e reazionaria aveva dissotterrato l’ascia di guerra. Come nell’Artico anche sui fiumi addotto il metodo “spedizione”, cioè un lavoro di squadra (nel caso dei fiumi due giornalisti e due foto/video reporter) dove si collabora – come fanno gli scienziati – allo stesso obbiettivo e cioè alla produzione di reportage sviluppati su carta, tv, radio e web. L’abbiamo fatto oltre che in America lungo il Po, il Tamigi, l’Elba, lo faremo presto lungo il Mekong. E funziona, perché appunto grazie ai fiumi, cioè al ‘mondo fiume’, con le sue città antiche, le fabbriche chiuse, l’umanità sdentata degli abissi, il sempre uguale delle province, la rivoluzionaria e poetica caparbietà di chi continua a fare roba con le mani, i banditi che abitano le golene, si riesce a trasmettere un senso di realtà, e quindi di verità, che disorienta l’autistico consumatore digitale, liberal o sovranista che sia. Il viaggio controcorrente lungo il Tevere è stato in solitaria e solo per scrivere questo libro, che è anche un modo, attraverso il fiume che al mondo ha visto scorrere più Storia, per rendere omaggio a tutti i fiumi, metafora antimoderna, perché i fiumi ci guardano, sanno tutto di noi e custodiscono il segreto, forse per misericordia o forse per un’ancestrale complicità…
Il Tevere lo hai varcato ‘controcorrente’. Mi pare che questo corrisponda anche a uno ‘stile’, a una posizione giornalistica ed esistenziale: è così?
Sì, e un po’ l’ho detto sopra, percorrere il fiume controcorrente – fisicamente e metafisicamente – mi permette di compiere un viaggio nelle idee, non solo nei fatti e nelle storie. È un po’ andare a scoprire l’acqua che deve ancora scorrere. Il fiume invita a ritornare al principio d’una storia, a una “nuova preistoria”, cioè a non essere sempre, banalmente e beatamente, noi stessi, ma ad avere memoria di quel che siamo stati, lontano dallo spirito convenzionale del tempo presente. Soprattutto dà voce alle cose, le nomina, suggerisce parole esatte, impone una lingua onesta, efficace e se necessario spietata. È stato il Tevere a impormi di vivere in un campo di zingari a Roma e di scrivere che per la prima volta in Occidente l’uomo si trova a competere con i topi per la stessa preda, la spazzatura.
Marzio G. Mian ha firmato per Neri Pozza il reportage narrativo “Tevere controcorrente”
Nel libro ricorre la presenza di Pier Paolo Pasolini: come mai? È ancora così centrale per capire la contraddizione italiana?
Anche se sono friulano, Pasolini l’ho scoperto tardi, mi sono pentito di non essere andato quella volta ai suoi funerali a Casarsa con i miei genitori. Ma a Ostia sono stato sotto la pioggia a lungo nel luogo dove è stato massacrato, mi ha accompagnato nel purgatorio dove muore il Tevere. Più che la contraddizione italiana disvela quella della sinistra progressista, perché non so se sia stato comunista – e se lo è stato, nonostante i comunisti gli avessero assassinato il fratello e l’avessero scomunicato per pedofilia, è perché, orfano della fede contadina, ha sentito il richiamo della chiesa ideologica –, ma la sua critica della modernità, quasi da reazionario, oggi appare un atto d’accusa contro la polizia del pensiero e il conformismo liberal.
Nel libro si rincorrono anche storie marginali, smangiate dalla cronaca, laterali, in esilio dalle luci della ribalta. C’è, intendo, una patina ‘antimoderna’ che avvolge il tuo libro, che ne decreta il fascino corrusco, un po’ come in Antartide. Insomma: ti dichiari ‘antimoderno’? E in che senso, semmai?
Sono un cattolico non credente, ma sento che la ragione ha torto, che cioè l’oblio del sacro sta svuotando l’uomo fino a polverizzarlo, per cui mai come oggi la critica della modernità è un atto d’amore nei confronti dell’uomo. Non ho nostalgie, nemmeno della gioventù, ma della realtà sì, non concepisco conquiste senza fatica, ritengo il sacrificio una legge della fisica, al divano preferisco la sedia. Della modernità mi piacciono poche cose, e quelle poche regolarmente – forse è la ritorsione – sono le prime ad essere rottamate, spero che almeno BlaBlacar resista.
Racconti tante storie e sei sedotto dalla Storia: da Belisario ai Borgia, dalla Roma antica al Bernini, dall’Italia dei papi all’Unità d’Italia, in fondo il Tevere è una specie di macchina del tempo. Domanda frivola: in quale periodo storico avresti voglia di passare almeno un week-end e quale personaggio storico vorresti intervistare?
Assistere, insieme ad Ovidio, a una delle battaglie navali kolossal inscenate sul Tevere da Cesare Augusto. Vorrei intervistare il populista Cola di Rienzo in Campidoglio prima di essere linciato dalla folla che l’aveva decretato duce e salvatore dai corrotti.
Cosa ti ha autenticamente sorpreso del tuo viaggio, cosa è stato inatteso?
Non immaginavo di incontrare i personaggi che prima di iniziare il viaggio speravo di poter incontrare. Mi ha sorpreso soprattutto l’Alto Tevere. Ho assorbito il paesaggio metafisico di Piero della Francesca e di Francesco. Ho sentito l’alito della natura maestosa che ha riscaldato mistici ed eremiti. Mi ha sorpreso sapere che esistono ancora eremiti a pochi passi dalla sorgente, mi ha sorpreso meno verificarne la prosaica inconsistenza
Chiudo con il dettaglio stilistico. Sei un giornalista ‘di stile’, che ama scrivere, che narra. Chi sono i tuoi maestri, che libro ha segnato la tua vita?
Credo nel giornalismo narrativo – non so che stile ho, ma, come detto sopra, la mia scrittura non è da divano ma da sedia scomoda. Solo con la fatica di scrivere riesco a trovare le parole, altrimenti sono afasico. Giorni fa hai ricordato Vittorio G. Rossi, e te ne sono grato, anche perché mi confermi la sintonia che ci lega: mio padre lo leggeva ad alta voce in cucina d’inverno, libri turgidi di vita (ancora: di realtà) come arance appena colte o seni maturi. In Italia un caso unico, anche lui non credente ma con una grande nostalgia del sacro.
Ultimissima. Ultimamente, cosa sei andato a fare in Siberia?
Sono stato in Chukotka, far east siberiano, nella regione russa di Bering dove è appena arrivata una piattaforma nucleare galleggiante, uno dei simboli più forti della trasformazione in atto nell’Artico. Ne trarremo un documentario. La Chukotka è la regione più remota e sconosciuta della Russia, l’unico che l’ha raccontata è un grande scrittore indigeno di etnia Chukci, Jurij Rytcheu che, come diceva lui era passato direttamente dall’età della pietra ai Soviet e a Gagarin.
*In copertina: Martin Sheen in “Apocalypse Now” (1979), che interpretava il capitano Willard, cioè il Marlow di Conrad
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L’edizione 2017 di Lucca Comics & Games sarà dedicata agli Heroes, gli eroi, non di carta, di pixel o di celluloide, ma in carne e ossa come i veri protagonisti che per 5 giorni renderanno unico l’evento: gli spettatori, protagonisti fin dal poster di questa edizione, creato da Michael Whelan. L’artista statunitense, ospite a Lucca, omaggiato di una mostra personale, è tra i maggiori artisti fantasy viventi, autore delle copertine di Isaac Asimov, Stephen King e di Michael Jackson. Nel poster coniuga un’antica leggenda lucchese con l’allegra passione di coloro che si mettono in viaggio verso Lucca Comics & Games per essere eroi… anche solo per cinque giorni.
I grandi ospiti internazionali
Robert Kirkman sarà per la prima volta in Italia, a Lucca Comics & Games. Americano, creatore della saga a fumetti “The Walking Dead” (in Italia da SaldaPress), da cui è tratta la serie televisiva in esclusiva su FOX (Sky, 112) e dal 23 ottobre in partenza con la stagione 8, incontrerà il pubblico, con eventi e firmacopie. Sempre dall’America, Raina Telgemeierapproda a Lucca sull’onda dell’Eisner Award per Fantasmi (Il Castoro) e sarà onorata con una mostra. Dal Giappone arrivano, tra gli altri, Taiyo Matsumoto (J-Pop), anch’egli protagonista di una personale, autore di Sunny (Gran Guinigi 2016), e Tite Kubo (Panini Comics), autore del celeberrimo manga Bleach. Ci sarà Jason Aaron, dal 2015 autore della saga a fumetti ufficiale di Star Wars, artefice del restyling di testate tra cui Thor e L’incredibile Hulk e co-sceneggiatore di Avengers vs X-Men. Non mancheranno i big italiani, da Zerocalcare a Gipi, da Leo Ortolani a Sio, quest’ultimo “fresco” reduce dalla spedizione al Circolo Polare Artico, raccontata in una mostra a Lucca anticipata a Milano nella libreria Feltrinelli di piazza Duomo.
La narrativa e l’arte fantasy trovano a Lucca un popolo attento di appassionati, e gli ospiti sono attesissimi: Timothy Zahn, tra i principali scrittori americani della novellizzazione di “Star Wars”, noto per la “Thrawn Trilogy”, una trilogia di romanzi ambientati cinque anni dopo la fine del “Ritorno dello Jedi”; Licia Troisi, protagonista come ogni anno a Lucca Comics & Games; la pittrice americana Heather Theurer, vincitrice del nostro OverLuk Award e di vari premi internazionali; la spagnola Victoria Francés, celebre nel mondo fin dal suo primo libro illustrato, “Favole” (Lizard); Sarah Wilkinson, designer di carte da gioco di “Star Wars – Episodio III: La vendetta dei Sith”. Torna a Lucca con un nuovo progetto anche John Howe, tra i più apprezzati artisti tolkieniani.
Per il gioco da tavolo e di ruolo, ci saranno, tra gli altri, John Wick, game designer autore di “7th Sea” (Gioco di Ruolo dell’Anno 2017), che ha spopolato su Kickstarter; Bill Slavicsek, che ha contribuito allo sviluppo di famosi giochi di ruolo (“Star Wars” e “D&D”); Roberto Fraga, autore dei successi “Captain Sonar” e “Shrimp” (Giochi Uniti); Robert J. Schwalb, prolifico creatore di manuali per giochi di ruolo.
E non mancherà nemmeno quest’anno Cristina D’Avena, la regina delle sigle tv. Il suo pubblico affezionato la attende per il nuovo spettacolo, sul Main Stage sabato 4 novembre.
Ciò che rende unica Lucca Comics & Games
In mostra, i mondi di Lucca Comics & Games.
Le esposizioni dedicate al meglio di fumetto, game art, illustrazione fantasy e per i ragazzi sono un tratto salienti della manifestazione. Oltre alle già citate mostre personali di Whelan, Sio, Matsumoto e Telgemeier, ci saranno mostre su Igort, poliedrico autore di graphic novel pluripremiate, editore e illustratore, autore di racconti, romanzi e musiche; Arianna Papini, illustratrice di oltre 100 libri pubblicati con importanti case editrici per ragazzi, scrittrice e arte-terapeuta; Federico Bertolucci, disegnatore Gran Guinigi nel 2011 e ben tre volte nominato all’Eisner Award; Raphael Lacoste, uno dei più importanti concept designer e art director dell’industria del videogioco; Dragonero, viaggio fantastico tra fumetto e animazione. E non vanno dimenticate le mostre nelle filiali di Intesa Sanpaolo, tra cui B-Comics: Storia di Lucca Comics & Games.
“Star Wars”, 40 anni dalla A alla Z. L’anniversario della saga ideata da George Lucas sarà celebrata con eventi e ospiti, da Aaron a Zahn. Tra i momenti salienti, l’incontro tra Aaron, Marco Checchetto e Doc Manhattan, e all’auditorium S. Francesco il concerto delle colonne sonore degli Episodi 1, 4 e 7 della serie. E al Family Palace, lo spazio LEGO™ sarà tutto dedicato a “Guerre Stellari”.
Gli spettacoli dedicati a fumetto e fantasy. Lucca Comics & Games ha inventato il format mozzafiato delle “Voci di Mezzo”, in cui i doppiatori italiani di film e serie tv leggono dal vivo i più memorabili brani di letteratura fantasy, col suggestivo accompagnamento delle colonne sonore, al Teatro del Giglio, la casa di Giacomo Puccini. Ma quest’anno c’è una novità ulteriore: “Una Ballata per Corto Maltese”, la drammatizzazione di Nicola Zavagli di “Una ballata del Mare Salato”, in collaborazione con Rizzoli-Lizard e Cong, in cui andrà in scena con attori in carne ed ossa la prima leggendaria apparizione del marinaio di Hugo Pratt.
Premiamo il meglio di fumetto e gioco. Il Premio Gran Guinigi è il principale riconoscimento per il fumetto in Italia. La Selezione Gran Guinigi, identifica 30 opere di qualità, dalle quali la giuria di esperti sceglie i vincitori e assegna ulteriori premi speciali agli artisti. I riconoscimenti del Gioco dell’Anno e il Gioco di Ruolo dell’Anno sono marchio di garanzia per il pubblico italiano quest’anno i vincitori sono stati rispettivamente “Kingdomino” (di Bruno Cathala, illustrato da Cyril Bouquet, distribuito da Oliphante) e “7th Sea” (di John Wick, Asterion/Asmodee Italia). Ma ricordiamo anche il Project Contest (in collaborazione con Edizioni BD) e il Gioco Inedito (con dV Giochi), che pubblicano i migliori progetti di storia a fumetti e di gioco da tavolo.
Torna la Esports Cathedral. Dopo l’incredibile successo nel 2016, torna anche quest’anno l’esclusivo “evento nell’evento” organizzato da ESL Italia, che porterà a Lucca la 1ª edizione degli Italian Esports Open – Internazionali d’Italia 2017. Nell’insolita e straordinaria cornice dell’auditorium di San Romano, nel pieno centro della città, i videogiocatori si sfideranno su varie discipline fra cui “StarCraft: Remastered” e “Overwatch” in un’atmosfera d’altri tempi.
Fumetto, narrativa, gioco e divertimento nel cuore di una città unica
Lucca Comics & Games abbraccia l’inconfondibile tessuto urbano di Lucca, dalle Mura rinascimentali alle vie ed edifici medievali su tracciato di origine romana. In questo contesto, la manifestazione è l’antesignana dei grandi eventi fieristici nei centri storici.
Padiglione Napoleone: il regno del fumetto. Da sempre, piazza Napoleone e dintorni sono sinonimo della grande editoria a fumetti. Il Padiglione Napoleone sarà di 3.500 mq, con novità editoriali e sessioni di dediche degli autori, che occuperanno anche i padiglioni Giglio e Passaglia. Le novità saranno innumerevoli, confermando Lucca come perno del calendario editoriale italiano. Il Napoleone ospita anche il live painting degli illustratori della nuova Area Performance Comics, che si aggiunge a quella storica nel padiglione Carducci, mentre Corso Garibaldi sarà meta obbligata per i collezionisti di tavole originali e pezzi rari. E torna la Comics Artists Area, quest’anno all’interno del padiglione Giglio.
Il padiglione Bonelli. Da alcuni anni, piazza S. Martino è diventata tappa fissa per i padiglioni monotematici di Bonelli e Panini. Per Bonelli quest’anno, saranno tre le location dove si potranno incontrare gli autori e scoprire le novità: il cuore dell’evento resterà vicino al Duomo, ma è prevista anche la presenza nel Padiglione Carducci rivolto al mondo Games e un terzo, dedicato a Dylan Dog, nell’Oratorio San Giuseppe. A fianco di nuovi albi a fumetti e tanti prodotti ufficiali, tra le novità registriamo l’edizione speciale di quattro storici numeri a colori, in un’esclusiva “edizione oro”: Tex 100; Martin Mystère 100; Mister No 200; Zagor 84; senza dimenticare il Grouchomicon, cofanetto con 13 albi inediti dedicati al folle assistente di Dylan Dog, Groucho.
Il “PalaPanini”. In piazza S. Martino si alterneranno numerosissimi autori di punta e saranno disponibili tutte le novità in uscita, oltre alle celebri figurine. Inoltre, Panini Comics, Indigo Film e Rai Cinema presentano “Il Ragazzo Invisibile – Seconda Generazione”. Il nuovo capitolo della saga crossmediale made in Italy, dal grande schermo alla graphic novel, in un incontro (sabato 4 novembre) tra Gabriele Salvatores, Alessandro Fabbri, Diego Cajelli e Diego Malara. Il 2° capitolo della saga diretta da Gabriele Salvatores è previsto sul grande schermo per gennaio 2018; la natura cross-mediale del progetto è confermata dall’uscita di una graphic novel originale che espande il racconto filmico, introducendo nuovi personaggi e punti di vista. E nella migliore tradizione dei comic-book, non mancherà un “villain” d’eccezione… Il film, prodotto da Indigo Film con Rai Cinema, uscirà nelle sale italiane il 4 gennaio 2018 distribuito da 01 Distribution.
Non solo editori: dalla Self Area, lo scouting in Area Pro, i cicli e i Comics Quiz. Da anni Lucca dà spazio agli autori indipendenti, alle autoproduzioni e alla ricerca dei talenti del futuro. La Self Area si conferma nella sontuosa Chiesa dei Servi. L’Area Pro con le sue attività dedicate ai professionisti si colloca al Centro Agorà. Quinta edizione per il Translation Slam, il concorso per traduttori di fumetto in inglese, francese e giapponese. La storia e il futuro del fumetto saranno poi analizzati e studiati nei cicli “Comics Talks”, “Bànghete!”, “Comics & Science”, “Cento di queste nuvolette” e gli attesissimi Showcase in Sala Tobino. Novità di quest’anno: i Comics Quiz, in cui il pubblico potrà misurare in modo divertente la propria competenza a tema fumetto.
I mondi del gioco da tavolo e della narrativa fantastica padroni del Padiglione Carducci. Nella tensostruttura più grande d’Italia (9.000 mq) si concentrano i protagonisti del gioco da tavolo, di ruolo, dell’editoria fantasy, sci-fi e horror, da Mondadori a Salani, passando per Fanucci. Protagonisti assoluti i tavoli da gioco degli editori leader e un numero crescente di illustratori fantasy di fama mondiale. Saranno di scena i principali giochi di carte collezionabili per tutte le età, come Vanguard, Pokémon, Yu-Gi-Oh!, Magic The Gathering, Force of Will. La grande arte fantasy resta al centro del Carducci con artisti come Whelan, Steve Argyle, Hether Theuer e i grandi studios: Six More Vodka e Schoolism con artisti come Marko Djurdjevic, Jelena Kevic o Helen Chen, protagonista del cortometraggio vincitore del Premio Oscar “Paperman” e grandi successi come “Big Hero 6” e “Frankenweenie”.
Piccole e grandi sculture. Dagli action figure alle miniature per giochi di ruolo, dal giocattolo all’opera d’arte, a Lucca saranno presenti nomi importanti. L’unica tappa italiana del Tamashii Nations 10th Anniversary World Tour si terrà proprio a Lucca Comics & Games, con prototipi, prodotti esclusivi e diorami dedicati a Naruto, Dragon Ball, One Piece, Sailor Moon e i Cavalieri dello Zodiaco. Gli appassionati dei robot anni ’70 e ’80 troveranno in mostra tanti Chogokin, action figure in plastica e metallo dei più amati mecha, e potranno acquistare articoli creati in esclusiva per il tour del celebre brand giapponese. Gormiti, che miti! Il più famoso giocattolo italiano, diffuso in tutto il mondo, arriva per la prima volta a Lucca, con una mostra unica che permetterà di apprezzare l’evoluzione degli eroi della Natura, dalla loro prima apparizione fino alle ultime collezioni. CMON – CoolMiniOrNot porta da Singapore per la prima volta a Lucca le sue miniature per giochi di ruolo e il team che vi lavora: gli artisti Adrian Smith, Paul Bonner, i fratelli Karl e Stefan Kopinski, Edouard Guiton, Mike McVey ed Eric M. Lang. A Lucca sarà presentata, tra l’altro, la versione Italiana del gioco di miniature “Songs of Ice and Fire” basata sui romanzi di George Martin. A proposito di Singapore, da lì arriva anche, per la prima volta in Europa, XM Studios: sculture dal design fuori dal comune, realizzate a mano da artisti selezionati e guidati dai fondatori. XM Studio sarà presente nella Japan Town con il creative director Seng Ang e l’executive producer Bryan Tan.
Per la prima volta, ci sarà un intero padiglione dedicato a Dragon Ball, in piazza S. Giovanni con Toei Animation Europe in occasione della messa in onda italiana (su Italia 1, Boing e Italia 2) della nuova serie “Dragon Ball Super”. In Piazza S. Giusto invece torna il padiglione Netaddiction, targato Multiplayer.it, con iniziative tra cui la collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana.
Le Mura e i Baluardi, il regno del fandom e del gioco di ruolo dal vivo. I Baluardi ospiteranno il fandom organizzato della Umbrella Corporation e della 501ª Italica Garrison, ma anche parti dedicate al costuming e al gioco di ruolo dal vivo. E le vie del centro saranno come sempre animate dalle parade, i flash mob e i mash up delle fan community da tutta Italia. Senza contare il Main Stage, su cui si esibirà Cristina D’Avena ma faranno la loro comparsa anche i mitici Oliver Onions, e il nuovissimo Fun Stage, su cui si esibirà il Velivolo Ghibli, band vincitrice del Cartoon Music Contest 2016.
Il mondo del videogioco in un contesto fuori dal comune
Activision avrà quest’anno una presenza di forte impatto, con due grandi padiglioni dedicati, in piazza S. Maria, con oltre 100 postazioni di gioco e un maxi schermo sul quale saranno trasmessi showmatch e altri contenuti esclusivi. Protagonisti i due titoli più amati di Activision, “Call of Duty: WWII” e “Destiny 2”. Per il lancio dell’attesissimo “Call of Duty: WWII”, in uscita proprio durante Lucca Comics & Games, sarà allestita l’esatta ricostruzione di un quartier generale militare americano della Seconda Guerra Mondiale, con autentici mezzi militari degli anni ’40. Nell’area dedicata a “Destiny 2”, lanciato da pochissimo ma già gioco da record, sarà possibile provare varie modalità di gioco e incontrare i volti più noti della community, che si alterneranno in un programma ricco di appuntamenti.
Bigben Interactive è presente con un’area all’interno della Cavallerizza dove i visitatori possono acquistare prodotti gaming a condizioni eccezionali e provare in anteprima “Outcast – Second Contact”, inoltre, sulle Mura della città è posizionato un container con postazioni “WRC 7” Gli aspiranti piloti possono vivere le entusiasmanti corse rally provando “Revolution Pro Controller 2” di Nacon™, l’innovativo controller per PS4 con licenza ufficiale Sony per essere utilizzato con PlayStation® 4 e compatibile PC. Inoltre, in tutti i punti di ristoro della città offrono speciali sottobicchieri in edizione limitata che, oltre a essere oggetti da collezione, permettono a tutti i visitatori che li portano allo stand Bigben di ricevere sia un poster di Michael Whelan autografato in regalo che fantastici sconti sui prodotti Bigben, interagendo con il QR code riportato.
Blizzard Entertainment, uno dei maggiori sviluppatori ed editori di videogiochi al mondo, sarà a Lucca con un padiglione in piazza S. Maria. Ci saranno postazioni dedicate ai loro titoli più amati tra cui “Overwatch” e “Heroes of the Storm” ma non solo: per la prima volta in Italia sarà possibile acquistare gadget e merchandising ufficiale al Blizzard Gear Store. Sempre in piazza S. Maria, i fan di “Hearthstone” potranno visitare e vivere in prima persona l’atmosfera della Taverna, ricreata all’interno della casermetta sulle Mura. Ad aspettarli, gli ambienti resi celebri dal gioco: il focolare, le panche, le botti, l’inconfondibile motivo musicale e un’area di gioco dove sfidarsi.
Numerose le attività in programma nel padiglione Everyeye, rigorosamente in live streaming sui canali Twitch e YouTube, 8 ore di dirette per i 5 giorni di Festival. Molti i titoli giocabili all’interno dell’area: “Dragon Ball FighterZ”, “Ninokuni 2”, “Ace Combat 7”, “Monster Hunter World” e altri. Samsung organizzerà ogni giorno tornei di “Overwatch”, “PlayerUnknown’s Battleground” e “League of Legends”. Presente all’interno del padiglione anche Nintendo, che organizzerà tornei dedicati ai best seller di Nintendo Switch: “Fifa 18”, “Splatoon 2”, “Mario Kart 8” e “Arms”. Ci sarà anche Bandai Namco con “Project Cars 2” e Koch Media che consentirà di giocare in anteprima a “Dissidia Final Fantasy NT” e “Attack on Titan 2”. Lato hardware HyperX presenterà la rinnovata gamma di periferiche all’avanguardia che esaltano le esperienze dei videogiocatori, come la tastiera Alloy Elite.
Lenovo e Motorola creeranno quest’anno a Lucca, all’arena di TechPrincess realizzata in “pixel art” (Area Cavallerizza, Stand CVL 102) un’esperienza multimediale immersiva. Dalle postazioni gaming, ai tablet rivoluzionari, fino ai nuovi smartphone che si trasformano grazie ai Moto Mods, i visitatori potranno provare una vasta gamma di dispositivi tra i più innovativi e iconici del leader mondiale in PC & tablet, e in fase di grande rilancio anche del suo prestigioso brand di telefonia, Motorola. Lenovo porta i suoi notebook gaming tra cui lo Y910 con schermo da 17,3”, scheda grafica NVIDIA ®GeForce® e prestazioni spinte al massimo, i tablet convertibili 2-in-1 Yoga Book, pluripremiati per il design esclusivo e la possibilità di scrivere e disegnare su carta o su pad con penna e digitalizzare automaticamente, e Yoga 720, il PC convertibile ancora più portatile e compatto. Motorola mette sotto i riflettori gli smartphone di nuova generazione, Moto Z2 Play, G5S, G5S Plus e gli ultimi annunciati Moto Z2 Force e Moto x4, dotati di funzionalità potenti. Con loro vanno gli ormai famosi Moto Mods – ciò che rende Motorola unica – dispositivi che permettono esperienze d’uso prima impensabili: speaker in alta definizione, fotocamera Hasselblad, console portatile per videogiochi e molto altro.
Il Netaddiction Dome, per il terzo anno di fila, occuperà piazza S. Giusto e come mai prima, ospiterà al suo interno un’area dedicata all’Agenzia Spaziale Italiana. Nella galassia dell’intrattenimento un posto d’onore è riservato alla Pringles Living Room, che accoglierà tutti i giorni le redazioni di Movieplayer.it e Leganerd.com per raccontare quello che accade per le vie di Lucca; tra gli ospiti attesi, Imanuel Casto, che presenterà “Squillo Deep Space 69”. L’area libreria sarà dedicata ai top seller di collana di Multiplayer Edizioni: Timothy Zahn, Siri Petersen, Matteo Strukul, Roberto Recchioni, autore assieme a Emiliano Mammucari di “Ringo Chiamata Alle Armi”, il primo romanzo spin off della serie Bonelli “Orfani”. Non si smette mai di giocare nella Galassia dell’intrattenimento di Netaddiction e non poteva mancare un pad per Multiplayer.it, che intratterrà i lettori nell’area dedicata a “Gravel” nella sfida off-road definitiva.
Nintendo sbarca a Lucca Comics & Games, e lo fa in grande stile, con un intero padiglione monografico dedicato nel cuore del centro storico, in piazza Bernardini. Nintendo sarà presente con una ricca line up di giochi per Nintendo Switch e Nintendo 3DS, le due console che stanno spopolando sul mercato, entrambe acquistabili a Lucca. Protagonista indiscusso sarà “Super Mario Odyssey”: dopo alcuni assaggi parziali, il videogame dedicato all’idraulico più amato di sempre sarà finalmente disponibile in versione integrale a Lucca Comics & Games 2017. Ma il mondo Nintendo sarà ancora più ampio, nei prossimi giorni ci saranno ulteriori informazioni.
Tra i protagonisti dell’edizione 2017 ci sarà anche quest’anno Ubisoft che ritorna a Lucca in occasione del lancio del videogioco “Assassin’s Creed Origins”. Sul Baluardo S. Regolo, nelle antiche e suggestive Mura rinascimentali, si erigerà una grandiosa piramide di vetro che farà rivivere l’atmosfera dell’Antico Egitto, ambientazione del nuovo episodio del videogame. Al suo interno si terranno concerti di un’orchestra che eseguirà le colonne sonore della saga di “Assassin’s Creed”, nonché performance artistiche dal vivo. Nell’edificio prospiciente alle Mura, all’interno dell’Orto Botanico, una mostra ospiterà opere di game artist italiani, lavori di concept art realizzati dal team di Ubisoft Montreal e le opere dei vincitori del contest artistico ispirato ai temi del videogioco.
Lucca è la prossima tappa del leggendario carro Wargaming MGT-20. L’unità mobile di gioco è stata allestita con la trilogia di giochi Wargaming: il titolo di punta “World of Tanks” così come “World of Warships” e “World of Warplanes”. Il nuovo titolo pronto al lancio sarà la vera novità del carro: “Total War Arena”. I giocatori potranno divertirsi sulle postazioni PC dei loro titoli Wargaming preferiti così come sulla versione console di “World of Tanks” (PS4 e Xbox). Il nuovo community lead italiano accompagnerà il carro e darà il benvenuto ai visitatori all’ingresso della città. Per tutti e cinque i giorni, il team di Wargaming organizzerà numerose attività per il pubblico, che verrà premiato per la propria partecipazione.
Sarà “La Terra Di Mezzo L’Ombra Della Guerra” il titolo di punta di Warner Bros. Interactive Entertainment che, nel cuore del Area Cavallerizza, consentirà di giocare al secondo capitolo di uno dei titoli più apprezzati da pubblico e critica, e di vivere un’esperienza straordinaria. Oltre alla prova del gioco su di una batteria di console, ci si potrà immergere all’interno dell’ambientazione fantasy del titolo grazie alla ricostruzione di un ambiente simile a quello visto nel gioco, tra orchi e scenari a tema.
E negli spazi della Cavallerizza e nelle aree circostanti saranno presenti numerose aziende dei mondi del videogioco e della tecnologia: un vero e proprio polo tecnoludico, che l’anno scorso ha attirato decine di migliaia di visitatori.
Japan Town, 10 anni di passione per il Sol Levante
La Japan Town compie 10 anni. Sarà ancora una volta un intero quartiere dedicato ai prodotti di importazione, al cibo, ai costumi e all’arte nipponica, meta di migliaia di appassionati ogni anno.
Anche quest’anno Bandai Namco Entertainment e Bandai tornano a Lucca per portare un tocco di Giappone. Imponente la presenza dei due brand con due padiglioni a Japan Town. In uno dei due Bandai metterà a disposizione dei fan un intero mondo dedicato a Dragon Ball: nuove linee e anteprime verranno presentate all’interno e si potrà anche provare l’attesissimo nuovo videogioco “Dragon Ball FighterZ”. Nel secondo padiglione (tendone maggiore), ci sarà anche lo store ufficiale di Bandai Namco Entertainment Europe, insieme con le anteprime di diversi titoli, come “Ni No Kuni II: Il Destino di un Regno”, “Sword Art Online: Fatal Bullet”, “Code Vein”, oltre all’appena uscito “Gundam Versus”, mentre il gruppo Bandai porterà le linee di punta Banpresto per le action figures e “Sailor Moon” per la gadgettistica. E negli spazi della Cavallerizza ci sarà un’area dedicata al mondo videoludico di Dragon Ball: tante postazioni per “Dragon Ball FighterZ” e “Dragon Ball Xenoverse 2” per Nintendo Switch attenderanno tutti gli appassionati delle avventure di Goku e amici! Nel padiglione Everyeye spazio ai bolidi di “Project CARS 2” con uno stand dedicato al nuovo lavoro di Slightly Mad Studios: molte postazioni di gioco, tra cui anche dei modernissimi cockpit per provare al meglio il titolo. Infine, allo stand dedicato da Turner a “Ben 10”, sarà possibile provare il nuovo videogioco in arrivo il 9 novembre.
Il Family Palace, il regno delle famiglie e dei bambini
Il Family Palace, ad accesso gratuito, è l’approdo dei maggiori editori e autori per ragazzi e per l’infanzia. Le novità iniziano già all’esterno, dove Medio Evo ricostruirà per tutti i fan le atmosfere dei luoghi degli amatissimi maghi Harry, Ron ed Hermione. All’interno la colorata invasione dei Pokémon, con una nuova area completamente dedicata al gioco di carte collezionabili e ai videogiochi “Pokémon Sole” e “Pokémon Luna”.
L’area dedicata alla LEGO, grazie alla nuova partnership con Orange Team LUG ed EmPisa, celebra in grande stile i 40 anni di “Star Wars”, con ambientazioni e laboratori a tema, e il montaggio dal vivo del celebre Millennium Falcon UCS 10179. E per la prima volta sarà ospite un designer LEGO™: Robert Bontenbal.
Panini Kids arricchirà il palinsesto degli eventi con iniziative speciali dedicate a “Sam il Pompiere”, “Powerpuff Girls”, “My Mini Pony”, “Dragon Ball”, “Frozen” oltre che ai famosissimi eroi ed eroine disneyani.
Numerosi i laboratori per bambini tenuti da disegnatori di fama internazionale: Mario del Pennino, Luca Bertelè, Giulia Adragna, Stefano Zanchi sveleranno i segreti per disegnare Saetta McQueen, Spider-Man, i personaggi di “Star Wars”, e i protagonisti delle migliori storie Disney. Chris Ayers invece incanterà i bambini col suo Daily Zoo. Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso coordineranno la prima squadra di giovanissimi “Graphic Journalist” all’interno della manifestazione. Arianna Papini, protagonista in mostra a Palazzo Ducale, sarà al centro di due appuntamenti per le scuole. Grazie alla collaborazione con Coop.Fi i bambini avranno poi la possibilità di conoscere Bia, l’eroina a fumetti del disegnatore disneyano Paolo Mottura, che animerà un percorso di gioco, scoperta e spettacolo sulle buone pratiche per la sostenibilità ambientale. Ed Emanuela Pacotto, la voce più amata dei cartoni, presenta in anteprima l’ultimo episodio di FAVOLANANNA, progetto web diventato anche per alcune scuole metodo d’insegnamento multimediale alternativo. Parte la collaborazione di Lucca Comics & Games con la Fondazione Collodi, con un piano di animazione speciale legato a Pinocchio, per far conoscere e rivivere la sua storia in modi nuovi, interattivi e formativi. Il gioco di ruolo fa il suo ingresso nel mondo dei più piccoli, con importanti iniziative editoriali come “Kids & Dragons” e “Mostri, niente Paura” di Wyrd edizioni. Numerosi saranno poi i titoli della letteratura per l’infanzia presentati da Mondadori, Edizioni Piemme, Editoriale Cosmo con la nuova Collezione Vitamina, Rizzoli.
Le serie tv e il cinema: grandi novità a Lucca 2017
L’Area Movie di Lucca Comics & Games, a cura di QMI, ancora una volta propone al pubblico di tutte le età anteprime, attività, incontri con i talent, masterclass ed eventi esclusivi sui film e le serie tv più attesi della prossima stagione, oltre a una serie di importanti novità.
Per la prima volta Netflix, il più grande servizio di intrattenimento via Internet del mondo, con oltre 104 milioni di abbonati in tutto il mondo, sarà presente all’edizione 2017 di Lucca Comics & Games. I visitatori del maggior transmedia show europeo potranno immergersi in un’esperienza divertente e coinvolgente che li porterà dritti al cuore della piattaforma, alla scoperta di alcuni tra i titoli Netflix più amati, come “Stranger Things” e “Star Trek: Discovery”. Questo, grazie a panel, meet & greet con i talent e tante altre iniziative. I fan potranno visitare l’hub Netflix in cui saranno presentati tantissimi titoli, compresi i più popolari show Marvel, e una “meravigliosamente terrificante” area sotterranea interamente dedicata a “Stranger Things”. All’interno di queste aree, ulteriori divertenti attività aspetteranno nuovi e vecchi fan di Netflix per conoscere per conoscere ancora di più la loro natura di streamer e diventare parte del mondo Netflix.
Tra le novità anche TIMVISION, che in occasione di Lucca Comics & Games proporrà al pubblico la visione di alcuni episodi di due grandi serie tv: “The Handmaid’s Tale” e “Vikings“. “The Handmaid’s Tale” è la serie tv più acclamata e discussa del momento, in esclusiva su TIMVISION, definita dall’Hollywood Reporter “la migliore novità della stagione e anche la più importante”. Tratta dal libro di Margareth Atwood “Il racconto dell’ancella”, la serie si è aggiudicata 8 Emmy, tra questi quello di “Miglior Serie Drammatica” e “Miglior Attrice Protagonista” a Elisabeth Moss. Altra esclusiva TIMVISION è “Vikings”, il dramma storico ideato da Michael Hirst, che racconta di Ragnar, il guerriero vichingo. La quinta stagione della serie sarà disponibile solo su TIMVISION a partire dal 30 novembre a 24 ore dalla messa in onda negli USA.
Infinity sarà presente con proiezioni e iniziative speciali, legate al tema dei supereroi e all’arrivo di serie tv in anteprima esclusiva. Il 2 novembre per la giornata promozionale Film Fox è prevista la proiezione di “The War – il pianeta delle scimmie”, pellicola fantascientifica del 2017 diretta dal regista Matt Reeves. Dal 2 al 5 novembre entriamo nel mondo della nail art della serie tv “Claws”, disponibile in anteprima esclusiva su Infinity dal 1° novembre. Direttamente nello stand Infinity sarà presente un corner di nail art in perfetto stile Claws. Il pubblico di appassionate potrà ricevere un trattamento estetico esclusivo per le unghie con smalti Faby e adesivi molto particolari, in linea con lo spirito della serie. Il 3 novembre Infinity celebra il tema degli eroi, mettendo a disposizione una make up artist che trasformerà chiunque lo desideri in uno dei supereroi che la piattaforma ha disponibile in catalogo: Superman, Batman, Arrow, Flash Supergirl e molti altri ancora. Il 4 novembre in collaborazione con Warner Bros, da non perdere l’attesissima proiezione del primo episodio dell’undicesima stagione di “The big bang Theory”, andato in onda su CBS lo scorso 25 settembre e che sarà disponibile in anteprima italiana su Infinity da gennaio 2018.
Tra le grandi anteprime, Universal Pictures International Italy presenterà a Lucca “Happy Death Day” (“Auguri per la tua morte”), il nuovo inquietante thriller dal produttore di “Split”, “La notte del giudizio” e “The Visit”, Jason Blum, in sala dal 9 novembre. Un thriller originale e creativo sul rivivere il passato, in cui una studentessa del college (Jessica Rothe) rivive in continuazione il giorno del suo omicidio, dai momenti del tutto ordinari che avevano scandito l’inizio della giornata alla sua terrificante conclusione, fino a scoprire l’identità del suo assassino.
Saranno ospiti di Lucca Comics & Games Luca Miniero e Frank Matano, protagonisti di un panel su “Sono tornato”, film diretto da Luca Miniero e scritto insieme a Nicola Guaglianone, e prodotto da Indiana Production. Remake del film rivelazione tedesco campione d’incassi, che vede Matano tra i protagonisti accanto a Massimo Popolizio, nei panni del Duce che ritorna ai giorni nostri; il film arriverà nelle sale italiane il 1 febbraio con Vision Distribution.
Confermata anche per il 2017 la presenza di Warner Bros., che torna con il grande padiglione in Piazza S. Michele, con un focus interamente dedicato all’universo DC in occasione delle uscite di “Justice League” al cinema e di “Wonder Woman” in Home Video, al cui interno saranno disponibili anche tante sorprese e attività per gli appassionati di “The Big Bang Theory”. Dal mondo delle serie tv targate Warner Bros., sarà a Lucca la proiezione del pilot di “Riverdale”, in onda su Premium Stories dal 9 novembre.
Non mancano ovviamente gli appuntamenti dedicati ai più piccoli targati Cartoon Network (canale 607 di Sky e 350 di Mediaset Premium), a Lucca con un lunghissimo tunnel gonfiabile in piazza Guidiccioni per far vivere un’esperienza di intrattenimento unica all’insegna di “Ben 10” – la serie con protagonista il bambino-eroe che grazie all’orologio Omnitrix riesce a trasformarsi in 10 diversi alieni – e “The Powerpuff Girls” – lo show che segue le avventure di Lolly, Dolly e Molly, tre piccole eroine capaci ogni giorno di salvare il mondo prima di andare a letto.
Eagle Pictures sarà invece presente con la proiezione di “Paddington” e un contenuto speciale dal nuovo “Paddington 2”, secondo capitolo diretto da Paul King (in sala dal 9 novembre), accompagnata da molte sorprese per i più piccoli.
Imperdibile anche l’anteprima di “Pipì, Pupù e Rosmarina in il mistero delle note rapite”, film d’animazione diretto da Enzo D’Alò con le voci di Giancarlo Giannini e Francesco Pannofino che arriverà in sala per Bolero Film. D’Alò porta sul grande schermo Pipì, Pupù e Rosmarina, già noti al pubblico poiché protagonisti della fortunata serie TV a loro dedicata, con una nuova serie di appassionanti avventure.
Rai4 torna a Lucca con un evento speciale dedicato a “Doctor Who”, intramontabile classico della fantascienza marcato BBC. Il 3 novembre saranno proiettati in anteprima lo speciale natalizio del 2016 “Il ritorno del Dottor Mysterio” e, a seguire, il primo episodio della decima stagione intitolato “Il pilota”. La serie fantascientifica più longeva della storia della tv tornerà sugli schermi di Rai4 con la nuova stagione, in prima visione assoluta, a partire dal 25 dicembre.
FOX sarà presente anche quest’anno in piazza Anfiteatro con una struttura fortemente scenografica e attività di gaming stimolanti e innovative come la FOX Hero Experience, pensate per divertire tutti i fan delle serie FOX. Il 3 novembre al cinema Astra sarà proiettata l’anteprima di “Long Road Home”, la nuova serie National Geographic che racconta l’eroica lotta per la sopravvivenza di un gruppo di soldati dell’esercito Usa vittime di un’imboscata in Iraq il 4 aprile 2004. Nel cast Michael Kelly (Doug in “House of Cards”).
Confermata inoltre la presenza di Universal Pictures Home Entertainment Italia che sarà presente con un proprio stand – all’interno dell’Area Movie al Loggiato Pretorio – dedicato a “Transformers: L’Ultimo Cavaliere” (in DVD, Blu-ray, 3D Blu-ray, 4K Ultra HD e Boxset Collezione Completa DVD e Blu-ray dal 25 ottobre), “Spider-Man Homecoming” (in DVD, Blu-ray, 3D Blu-ray, 4K Ultra HD e Boxset Collezione Completa DVD e Blu-ray dal 15 novembre) e “Cattivissimo Me 3” (in DVD e Blu-ray dal 6 dicembre). Le attività dedicate al pubblico vedranno 3 fumettisti di fama nazionale che presenteranno delle illustrazioni ispirate alle franchise e per i fan di Transformers e di Spider-Man è in programma una coinvolgente VR experience con contenuti speciali inediti.
Attesa anche l’anteprima di “Never Ending Man: Hayao Miyazaki”, il documentario sul genio creativo che ha rivoluzionato la storia dell’animazione mondiale che sarà nei cinema italiani solo il 14 novembre nell’ambito della stagione degli anime al cinema di Nexo Digital e Dynit. Inoltre sempre con Nexo Digital arriva in anteprima il 1° novembre (ore 15, Cinema Centrale) “Pokémon. Scelgo te!”, il film che racconta il primo incontro tra Ash e Pikachu e le loro avventure alla ricerca del Leggendario Pokémon Ho-Oh. L’appuntamento nelle sale sarà poi solo il 5 e 6 novembre, per riunirsi davanti al grande schermo per due giorni all’insegna dei Pokémon, con un film mai visto prima arricchito da montaggi speciali che daranno un inedito sguardo sui film animati precedenti. VVVVID.IT e Minerva Picturespresenteranno il nuovo canale di cinema digitale Film&Clips HD su VVVVID. La prima uscita prevede oltre 20 titoli completi in HD e numerose clip con nuove uscite settimanali. Durante l’evento di lancio a Lucca sarà proposto in anteprima italiana il film “Sharknado 5: Global Swarming”.
Per il terzo anno consecutivo, l’Area Movie ospiterà il Convegno del Cinema di Menare curato dalla redazione di I 400 Calci, tra le riviste online a tema cinematografico più amate d’Italia. Per l’occasione sarà presentato “I 400 calci: Manuale di cinema da combattimento” (Magic Press), una selezione dei migliori articoli dalla nascita del sito a oggi, più una serie di recensioni inedite dedicate a classici horror e action. Il libro è arricchito dalla copertina disegnata da Marcello Crescenzi, dalle illustrazioni di David Genchi, da una prefazione scritta di Roy Menarini e una disegnata di Leo Ortolani, e sarà disponibile in anteprima allo stand dell’editore.
Lucca Comics & Games Heroes 2017 - Tutto quello che c'è da sapere #luccacomics2017 #lucca2017 #luccaheroes #destroythislucca #destroythisnerd #dtn L’edizione 2017 di Lucca Comics & Games sarà dedicata agli Heroes, gli eroi, non di carta, di pixel o di celluloide, ma in carne e ossa come i veri protagonisti che per 5 giorni renderanno unico l’evento: …
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“ Successe dopo una giornata di dodici ore. Mi ero infilato la giacca, ero salito su dalla cantina, mi ero acceso una sigaretta e stavo andando giù per il corridoio verso l’uscita quando sentii la voce del capo: «Chinaski!». «Sì?». «Vieni un attimo dentro». Il capo stava fumando un lungo sigaro costoso. Sembrava tranquillo, riposato. «Questo è il mio amico Carson Gentry». Anche Carson Gentry fumava un lungo sigaro costoso. «Anche Mr. Gentry è uno scrittore. Gli piace molto scrivere. Gli ho detto che eri uno scrittore e ha detto che voleva conoscerti. Non ti dispiace, vero?». «No, non mi dispiace». Restarono entrambi seduti a guardarmi e a fumare il sigaro. Passarono sette minuti. Inalavano, esalavano, mi guardavano. «Vi dispiace se me ne vado?» chiesi. «No, no, vai pure», disse il capo. Tornavo sempre a piedi alla pensione, distava solo sei o sette isolati. Gli alberi lungo la strada erano tutti uguali: piccoli, contorti, gelati, senza foglie. Mi piacevano. Camminavo sotto la luna fredda. Continuavo a pensare alla scena dell’ufficio. I sigari, i bei vestiti. Pensai a una bella bistecca, a una lunga corsa in macchina su per un viale tortuoso fino a una bella casa. Comodità. Viaggi in Europa. Belle donne. Erano tanto più intelligenti di me? L’unica differenza fra noi erano i soldi, e il desiderio di accumularli. L’avrei fatto anch’io! Avrei risparmiato anche i penny. Mi sarebbe venuta un’idea e mi sarei fatto finanziare. Avrei assunto e licenziato. Avrei tenuto una bottiglia di whiskey nel cassetto della scrivania. Avrei avuto una moglie con due tette taglia 50 e un culo che avrebbe fatto sborrare nei pantaloni il giornalaio all’angolo, quando l’avrebbe visto in movimento. L’avrei tradita e lei l’avrebbe saputo e sarebbe stata zitta per continuare a vivere nella mia casa coi miei soldi. Avrei licenziato la gente solo per vedere che faccia facevano. Avrei licenziato donne che non si meritavano di essere licenziate. Ecco di che cosa aveva bisogno un uomo: speranza. Era l’assenza di speranza a scoraggiare un uomo. Ricordai i giorni di New Orleans, quando mangiavo solo due tavolette di cioccolata da cinque cents al giorno per aver tempo di scrivere. Ma purtroppo morir di fame non faceva diventare veri artisti. Anzi. L’anima dell’uomo ha radici nello stomaco. Chiunque scrive molto meglio dopo una bistecca di manzo e una pinta di whiskey che non dopo una tavoletta di cioccolata da cinque cents. Il mito dell’artista morto di fame è una balla. Quando ci si accorge che sono tutte balle si comincia a farsi furbi e a succhiare il sangue dei propri simili. Avrei costruito un impero sui corpi spezzati e sulle vite rovinate di uomini, donne e bambini indifesi… gliel’avrei messo in culo quant’era lungo. Gliel’avrei fatta vedere io! Ero arrivato alla pensione. Salii le scale fino alla porta della mia stanza. Aprii la porta, accesi la luce. Mrs. Downing aveva messo la posta vicino alla porta. C’era una grossa busta marrone di Gladmore. La raccolsi. Era piena di manoscritti rifiutati. Pesava. Mi sedetti e la aprii.
Egr. Mr. Chinaski: Le rimandiamo questi quattro racconti ma teniamo La mia anima strafogata di birra è più triste di tutti gli alberi di Natale morti del mondo. Seguiamo il suo lavoro da molto tempo e siamo molto lieti di accettare questo racconto. Sinceramente, Clay Gladmore.
Mi alzai in piedi con il bigliettino di accettazione in mano. IL PRIMO. Dalla rivista letteraria numero uno d’America. Il mondo non mi era mai sembrato così bello, così pieno di promesse. Mi avvicinai al letto, mi sedetti, rilessi il biglietto, studiai ogni svolazzo della firma autografa di Gladmore. Mi alzai, mi avvicinai al cassettone con il biglietto in mano, ce lo appoggiai. Poi mi svestii, spensi la luce e andai a letto. Non riuscivo a dormire. Mi alzai, accesi la luce, mi avvicinai al cassettone e rilessi il biglietto: Egr. Mr. Chinaski… “
Charles Bukowski, Factotum, Ugo Guanda editore (Collana Narratori della Fenice), 2006; pp. 45-47.
[Edizione originale: Factotum, Black Sparrow Press, Los Angeles, CA, 1975 ]
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“ Quando arrivai a Los Angeles trovai un alberghetto a buon mercato in una traversa di Hoover Street e rimasi a letto a bere. Ci rimasi per un po’, tre o quattro giorni. Non riuscivo a decidermi a dare un’occhiata alle offerte di lavoro. Non sopportavo l’idea di sedermi davanti a un uomo dietro una scrivania e dirgli che volevo un lavoro, che avevo i requisiti necessari. La vita mi faceva semplicemente orrore. Ero terrorizzato da quello che bisognava fare solo per mangiare, dormire e mettersi addosso qualche straccio. Così restavo a letto a bere. Quando bevi, il mondo è sempre là fuori che ti aspetta, ma per un po’ almeno non ti prende alla gola. Una sera mi alzai dal letto, mi vestii e andai a piedi nei quartieri residenziali. Capitai in Alvarado Street. Continuai a camminare finché trovai un bar invitante ed entrai. Era affollato. C’era solo uno sgabello libero al bar. Mi sedetti. Ordinai scotch e acqua. Alla mia destra c’era una bionda, un po’ scura, sul grassoccio, collo e guance flaccide, ovviamente alcoolizzata; ma i lineamenti conservavano una certa bellezza, e aveva un corpo ancora sodo, giovane e ben formato. In effetti aveva un bel paio di gambe, lunghe, deliziose. Quando vidi il bicchiere vuoto, le chiesi se voleva qualcos’altro. Disse di sì. Le offrii da bere. «Un bel branco di coglioni, qua dentro, eh?» disse. «Dappertutto, ma specialmente qua dentro», dissi io. Pagai altri tre o quattro giri. Non parlammo. Poi le dissi, «Questo era l’ultimo. Non ho più un soldo». «Sul serio?». «Sì». «Hai un posto per dormire?». «Un appartamento, ancora due o tre giorni di affitto pagato». «E non hai soldi? Niente da bere?». «No». «Vieni con me». “
Charles Bukowski, Factotum, Ugo Guanda editore (Collana Narratori della Fenice), 2006; pp. 48-49.
[Edizione originale: Factotum, Black Sparrow Press, Los Angeles, CA, 1975 ]
#Charles Bukowski#Factotum#letture#leggere#scrittori#letteratura americana del '900#citazioni letterarie#California#narrativa americana degli anni '40#XX secolo#depressione#Henry Chinaski#Los Angeles#libri#alcolismo#prostituzione#felicità#tristezza#amicizia#consolazione
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“ Avevo lavorato abbastanza da tirar su i soldi per l’autobus e filarmela da qualche parte, più qualche dollaro per cavarmela i primi giorni. Lasciai il lavoro, tirai fuori una mappa degli Stati Uniti e la studiai per bene. Decisi per New York City. Portai con me sull’autobus una valigia con cinque pinte di whiskey. Tutte le volte che qualcuno mi si sedeva vicino e cominciava a parlare tiravo fuori una pinta e buttavo giù una lunga sorsata. Arrivai a New York. La stazione degli autobus era vicina a Times Square. Uscii in strada con la mia vecchia valigia. Era sera. La gente saliva sciamando dalla sotterranea. Come insetti, senza volto, impazziti, mi sbattevano contro, mi venivano addosso, mi circondavano, implacabili. Giravano come trottole, si urtavano, si spingevano; emettevano suoni orribili. Mi fermai in un portone e finii l’ultima pinta. Poi ripresi a camminare, tra gli spintoni e le gomitate, finché vidi il cartello di una pensione sulla Terza Avenue. La padrona era una vecchia ebrea. «Vorrei una stanza», le dissi. «Hai bisogno di un vestito nuovo, ragazzo mio». «Sono al verde». «È un buon vestito, non costa quasi niente. Mio marito ha un negozio di sarto dall’altra parte della strada. Vieni con me». Pagai la stanza, portai la valigia di sopra. Andai con lei dall’altra parte della strada. «Herman, fai vedere il vestito a questo ragazzo». «Ah, è un bel vestito». Herman lo tirò fuori; blu scuro, un po’ liso. «Mi sembra piccolo». «No, no, ti andrà bene». Uscì da dietro il banco col vestito. «Tieni. Provati la giacca». Herman mi aiutò a indossarla. «Vedi? Ti va bene… Vuoi provare i pantaloni?». Me li misurò addosso, dalla vita agli alluci. «Mi sembra che vadano bene». «Dieci dollari». «Sono al verde». «Sette dollari». Diedi a Herman i sette dollari, e mi portai il vestito in camera. Uscii a comperare una bottiglia di vino. Quando tornai indietro, chiusi a chiave la porta, mi spogliai, e mi preparai per la prima vera notte di sonno da un bel po’ di tempo a quella parte. Mi ficcai a letto, aprii la bottiglia, appallottolai il cuscino dietro la schiena, tirai un profondo sospiro e restai seduto al buio a guardare fuori dalla finestra. Ero solo per la prima volta da cinque giorni. Ero il tipo che vive di solitudine; senza solitudine ero come un altro uomo senza cibo o senz’acqua. Ogni giorno passato senza solitudine mi indeboliva. Non ero orgoglioso della mia solitudine; ma dovevo poterci contare. L’oscurità della stanza era come la luce del sole per me. Buttai giù una sorsata di vino. Improvvisamente la stanza si riempì di luce. Ci fu un gran frastuono e un rombo. La soprelevata correva proprio all’altezza della finestra della mia stanza. Un treno si era fermato in quel momento. Guardai fuori, su una fila di facce newyorchesi che mi restituirono lo sguardo. Il treno si fermò per un po’, e ripartì. Era buio. Poi la stanza si riempì ancora di luce. Altre facce. Era come una visione d’inferno che si ripeteva e si ripeteva. A ogni treno le facce erano più brutte, dementi e crudeli di prima. Bevvi il vino. Andò avanti per un bel po’: oscurità, poi luce; luce, poi oscurità. Finii il vino e uscii a prenderne dell’altro. Tornai indietro, mi svestii, mi infilai a letto. L’arrivo e la partenza di facce continuava; credevo di avere le visioni. Visioni di centinaia di diavoli che nemmeno il Diavolo in persona riusciva a sopportare. Bevvi un altro po’ di vino. Alla fine mi alzai e tirai fuori il vestito nuovo dall’armadio. Mi infilai la giacca. Era un modello aderente. La giacca sembrava più stretta di quando l’avevo provata nel negozio. Improvvisamente ci fu il rumore di uno strappo. La giacca si era scucita completamente, proprio in mezzo alla schiena. Mi tolsi quello che restava della giacca. Avevo sempre i pantaloni. Mi diedi da fare per infilarci le gambe. C’erano bottoni, sulla patta, invece della cerniera; quando tentai di allacciarli, la cucitura si spaccò sul sedere. Ci infilai una mano, da dietro, e toccai le mutande. “
Charles Bukowski, Factotum, Ugo Guanda editore (Collana Narratori della Fenice), 2006; pp. 27-29.
[Edizione originale: Factotum, Black Sparrow Press, Los Angeles, CA, 1975 ]
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“Sono sempre stato fuori dai giochi”. Muore Piero Sanavio: andò a trovare Pound al manicomio criminale (e gli diede dell’idiota politico). Pubblichiamo le sue interviste
Il primo dell’anno ne aveva fatti 89. Faccia da uno che ha preso una granata di pugni ma ne ha dati di più, in quantità, fiero del proprio ribellismo, Piero Sanavio è una leggenda del giornalismo italiano. Classe 1930, a vent’anni va negli Usa a trovare Ezra Pound, trincerato al St. Elizabeths, con l’intento di scrivere una tesi – pionieristica – sulle fonti dei ‘Cantos’. Su Ez firma un libro formidabile, “La gabbia di Pound” (1986; ristampato da Fazi nel 2014), e per tutta la vita racconta gli irrequieti, gli irredenti, da Witold Gombrowicz a Louis-Ferdinand Céline. Era un geniale rompicoglioni, Sanavio. La prima volta l’ho incontrato nell’antro dell’editore Raffaelli, a Rimini. Raffaelli ha pubblicato alcuni grandi libri di Sanavio: “Ezra Pound. Bellum Perenne” (2002), “Louis-Ferdinand Céline. Virtù dell’odio” (2009) e “Ancora su Céline” (2013). Non era felice, Sanavio, abituato a chiacchierare con T. S. Eliot, a telefonare a Ernest Hemingway e a lavorare con Dominique de Roux. Io, invece, ero felicissimo. Lo intervistai, la prima volta, il primo novembre del 2012, su “La Voce di Romagna”, in omaggio a Pound, morto 40 anni prima. Sparai il titolo (“Ode al più grande poeta d’Italia”), Sanavio si mostrò soddisfatto del sottotesto (“Intervista – con retroscena – a Piero Sanavio, l’uomo che ha conosciuto e amato Pound. Gli fu accanto durante la reclusione nel manicomio criminale di Washington”). Cominciammo un dialogo vibrante, fatto di tante interviste, alcune riprodotte in questa pagina in memoria. Contestualmente, iniziò a mandarmi a fottere – era fatto così, accettare o smammare. Se gli parlavo di un libro che mi piaceva – Cormac McCarthy, per dire, mica piccioni qualsiasi – mi bacchettava, “Non è vero che non legge romanzi, legge gli americani del passato. Legge testi con una scrittura divulgativa, industriale, passata per il mangano degli “editors” sicché non si sa cosa e come avesse scritto la persona che figura come autore. Ma ciò che importa, in un libro, è la forma, la coincidenza tra l’idea e la forma – la fabula è soltanto un’offa, un romanzo non è un racconto, è un’ipotesi sul reale. Ce l’ha insegnato Platone”. Secondo lui, per dire, “McCarthy volgarizza Faulkner, quello scadente di The Reevers, The Mansion, e torna indietro”. L’anno scorso, dopo aver letto un articolo – non ricordo quale – che firmai per ‘il Giornale’ mi scrisse, incazzato perché non lo citavo, “la ringrazio di ricordarmi come traduttore-iniziatore in Italia di ‘Walden’: Thoreau, nel dopoguerra, quando nessuno lo voleva, l’ho inventato io… non pretendo certo che legga le mie molteplici introduzioni a Thoreau. Esistono ottime storie della letteratura americana. Sarebbe il caso che ci desse un’occhiata”. Io – con il massimo rispetto che si deve a un maestro – gli rispondevo per le rime. Lui ghignava e godeva. Questa lettera privata, però – era il 27 maggio del 2016 – tra le tante che ci siamo scambiati è quella che mi pare rispecchi meglio Sanavio, sia onore a lui. (d.b.)
“Caro Brullo –
mi farebbe piacere spedirle il mio ultimo romanzo. non è per una recensione: al Giornale mi detestano per le mie idee politiche, al Corriere, morto Gramigna, mi snobbano, a Repubblica sono persona non grata; e al Manifesto si sono seccati perché ho toccato chi non dovevo toccare, Celati, naturalmente, e le grandi case editrici non mi voglio perché, dicono, sono ‘difficile’ sicché ripiego di pseudo editori, stampatori, in realtà. dicono che non hanno soldi ma allora perché stampano, e neppure fanno il contratto. per autolesionismo? per vanità? mi si può chiedere perché stampi comunque con loro e la risposta è che ciò che è stampato resti; una servitù, uno sfruttamento accettato perché l’opera resti. è da E.P., quel grande poeta e idiota politico che l’ho imparato. la cosa che importa, se si riesce, è scrivere. e sopravvivere. sono molto vecchio, molto oltre gli 80, il libro è il vecchio messaggio nella bottiglia. il resto importa poco – importano poco, ormai, anche le molte tesine universitarie e le due tesi di dottorato sulla mia narrativa – l’ultima il luglio scorso. son troppo vecchio per tutte queste cose ma non ho rimpianti, una specie d’orgoglio, semmai, perché appartiene al gioco e sono sempre stato, la mia famiglia lo è sempre stata, fuori dai giochi. per orgoglio, arroganza? forse. se ciò che scrivo ha un valore, un giorno salterà fuori. Piero Sanavio”.
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“La letteratura italiana? Puro narcisismo. Per questo ho rincorso Pound”
Come dei cospiratori. Lui ha il viso di un Cesare, il naso imponente, la mascella ardita, gli occhi che lampeggiano. L’altro è il “gancio”: alto, dinoccolato, limpida e luciferina barba. Io sono quello sul divano, che coglie, tempra e raffina le parole. In tre evochiamo lo spirito di Ezra Pound, che ha abbandonato la terra 40 anni fa, rotondi. Nella casa editrice di Valter Raffaelli (“l’altro”), l’antro in Vicolo Gioia, a Rimini, c’è “lui”, Piero Sanavio, una vita da professore di antropologia e letteratura, spesso fuori dall’Italia, inviato del “Mondo” e del “Giorno”, firma del “New York Herald”, romanziere, vigoroso, virulento saggista. Per Raffaelli ha firmato, nel 2009, un libro su Louis-Ferdinand Céline, “Virtù dell’odio”; lo intercetto mentre, insieme all’editore, pagina per pagina, sta correggendo le bozze di “Ancora Céline”, una specie di “seconda parte” del libro precedente. «Nasce dalla mia irritazione nei confronti di quelli che vogliono riabilitare Céline dalle accuse di antisemitismo. Céline era antisemita fin nelle viscere, stop. Era un uomo orrendo, un figlio di pu***na. Ciò non toglie che sia stato uno scrittore formidabile». La storia di Sanavio si spalma per sketch formidabili, nel dialogo, improvvise, scaturiscono perle, come questa: «mia moglie ha imparato a pescare alla mosca a 13 anni, istruita da Ernest Hemingway, il quale si faceva crescere la barba perché gli si squamava la pelle del viso». Sanavio documenta le vicende liriche e biografiche di Ungaretti e Montale, quella di Witold Gombrowicz. «Per la Rai, insieme a una troupe che mi fu affidata lì per lì, andai a Vence per edificare un servizio sulla sua morte». Céline, Pound, Gombrowicz: «sì, sono stato uno “fuori”, un non allineato. A me interessa la letteratura, questo è il punto, le operazioni sulle strutture narrative. Non sono un fan di Gadda, ho l’impressione che in Italia lo scrittore più importante (e più misconosciuto) sia stato Vittorio G. Rossi. Il resto è un ripiegamento narcisistico. Anche l’impeto civile di Alberto Arbasino non è che una opzione narcisistica. Pensa all’importanza di “Laborintus” di Edoardo Sanguineti: beh, non è che un plagio da Pound». La parola a Zio Ez. Già, Ezra Pound. Sanavio si ferma, guarda il soffitto, sgorga un sorriso, rincorso dagli occhi lucidi come perle. «Ezra Pound è stato il poeta italiano più grande di sempre. Sfortunatamente scriveva in inglese, ma ha usato tutto l’immaginario italiano, gli eroi, i simboli, la storia, come nessun poeta italiano ha mai fatto». Il fascismo: «certamente Pound era fascista, allora lo erano tutti, anche se era un fascista atipico, che usava come fondamenti teorici Confucio, Jefferson e Sigismondo Malatesta. Diciamo che di politica non capiva nulla. Purtroppo, ora Pound è strumentalizzato dalla destra, da chi non ha compiuto una lettura approfondita della sua opera». L’antisemitismo: «Pound non ce l’aveva con gli ebrei, ma con i banchieri. Nei “Cantos” cita il Levitico, descrive il rito ebraico nell’episodio della sinagoga di Gibilterra (Cantos XXII), che diventa familiare, un segno di amicizia con lo straniero. D’altra parte lo ha scritto anche lui, “l’antisemitismo è una falsa pista”».
Piero Sanavio si laurea a Venezia, con una tesi sulle fonti rinascimentali italiane nell’opera di Pound, discussa con Carlo Izzo, «di fede comunista, fu il primo grande traduttore di Ezra». Dopodiché si trasferisce per continuare gli studi ad Harvard: «ero fellow della Rockefeller Foundation, perciò riuscii a ottenere i permessi per visitare Pound al manicomio criminale Saint Elizabeths di Washington», dove Ezra, lo ricordo per verità storica, rimane recluso dal 1945 al 1958. «Era vigoroso e sopra le righe, rideva, passava da fosche depressioni a momenti di grande euforia». Il primo incontro fu squassante: «egli mi chiese come stava “Valeri”. Pensai si riferisse all’amico Diego Valeri e gli risposi che insegnava francese a Venezia. Invece, intendeva Walter Audisio, il “colonnello Valerio”, il partigiano che aveva ucciso Mussolini. Alla mia risposta replicò, “testa romana, domani senza maschera”. Credeva che fossi inviato dall’Italia a vedere come stava, era sospettoso, nonostante ci legasse una corrispondenza, vedeva nemici ovunque». A questo seguiranno un altro paio d’incontri, «rimasi impressionato dalla devozione di Dorothy Shakespear nei confronti del marito, mi innamorai della sua fedeltà a Pound. Poverissima, con un abito liso, abitava in uno scantinato e tutti i giorni andava da Ezra». Sanavio («ho fatto di tutto per non appartenere alla cerchia degli amici di Pound, a me è sempre interessata soltanto la sua opera») incontra Pound in altre occasioni, a Parigi. Nel 1965, «l’anno in cui morì Eliot», Sanavio allestì per i Cahier de L’Herne una pubblicazione su Pound, «non figuro come curatore, mentre spiccano Dominique De Roux e Michel Beaujour: allora lavoravo all’Unesco, mi consigliarono di non espormi, Pound dava fastidio». Bisognava presentare pubblicamente il lavoro: «Pound era terrorizzato, ma riuscii a vincerlo. Mi ricordo un’aula piena di poeti, giornalisti e devoti venuti a stringerli la mano. Lui mi teneva il braccio, sembrava stritolarlo, e mi sussurrò, tra i denti, “quanta gente, tutti con la testa vuota”». Al di là di altri episodi occasionali, «ho incontrato Pound l’ultima volta a Spoleto. Era seduto vicino a una chiesa, “Hello Grandpa!”, gli dissi, e lui mi fece un cenno con la mano». Sanavio mira i ricordi, il volto vibra come una fiamma. «La mia tragedia è stata tornare in Italia. Ho lavorato con Claude Lévi-Strauss, con De Santillana: qui i giornalisti si sbagliano nel pronunciare “Vermeer” e fanno di François Hollande uno yankee». I ricordi si portano con fierezza, sono medaglie, pesi. Davide Brullo
*Intervista pubblicata su “La Voce di Romagna” il primo novembre 2012
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“Céline era antisemita, certo. Ma è dalla merda e dal sangue che nasce la grande letteratura”
Padovano, classe 1930, fronte ampia, volto volitivo, un po’ Popeye un po’ Marlon Brando, Piero Sanavio si è laureato a Venezia sulle fonti italiane dei “Cantos”, su Ez ha pubblicato un mucchio di libri. Di Sanavio mi piace l’indomita indole alla trasgressione, al vagabondaggio (ha insegnato negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna), un cipiglio fuori tempo e fuori norma che ha pagato duro: nel catalogo dei maggiori editori italiani, da Neri Pozza a Rizzoli e Bompiani, oggi è marginalizzato, lo pubblica Raffaelli, a Rimini. La prima volta che l’ho visto Sanavio lavorava a un libro su Louis-Ferdinand Céline, il seguito di “Virtù dell’odio”, del 2009, stampato proprio da Raffaelli. S’intitola “Ancora su Céline”, è in libreria dal mese prossimo, «è nato in parte dall’indignazione per la superficialità o malafede (la scelta è sua) di molta critica italiana che ha minimizzato o addirittura negato l’antisemitismo di Céline – come ne ha minimizzato l’anticomunismo facendo passare Céline persino per un simpatizzante comunista», mi dice, carattere duro, sguardo superbo, voce ferrea. Tendenzialmente introvabile, lo raggiungo per un dialogo via mail. «In questo secondo libro mi sono limitato a suggerire la rilettura di certe pagine, oltre che a indicare molte falsificazioni (sue, dei critici), molte menzogne. Anche il celebratissimo “Semmelweis”, come ce lo presenta Céline, perlomeno, è una menzogna». Quanto incide l’antisemitismo di Céline nell’opera dello scrittore Céline? «L’antisemitismo è inseparabile dall’opera e non ci sono alibi. Non ci sarebbe Céline senza l’antisemitismo. Né serve dire, a giustificazione, che gran parte della Francia tra le due guerre era antisemita. L’antisemitismo di Céline è cialtronesco, viscerale, peggiore persino di quello che fu chiamato il socialismo degli imbecilli. In Céline anche l’insistenza sull’irrazionale, il “rêve eveillé”, i famosi puntini sospensivi, la guerra contro la Grammaire Raisonnée nascono dal suo antisemitismo. È la bestialità irrazionale contro la ragione». Da qui al nazismo il passo è breve. «Con tutto questo, è eccessivo definire Céline nazista, era piuttosto un cialtrone imbevuto dello spirito revanscista che avrebbe prodotto Vichy – vile, ignobile, servile, criminale persino, come coloro che ammassarono gli ebrei al Vel’ d’Hiv’ per mandarli ai lager. Però fu anche un grande scrittore. Parafrasando ciò che qualcuno disse della politica, è anche “dalla merda e il sangue” che nasce la letteratura. Era l’invidia a muoverlo, invidia per tutto ciò che egli non poteva essere. Detestava gli ebrei che identificava con la grande borghesia perché sapeva che per quanti soldi potesse guadagnare e quanto celebre potesse diventare, ciò non bastava a far di lui un borghese, un grand bourgeois alla Proust, alla Gide: occorreva assai di più e quel di più gli mancava». Già, come la mettiamo con Proust. «Con tutto il suo antisemitismo, Céline cedeva al fascino di Proust, imitandolo, per quanto tentasse di nasconderne le tracce e affermasse che lo detestava. Anche questo c’è nel mio libro. Non vi si parla soltanto di antisemitismo, o di quando Céline faceva il finto povero, nascondendo la consistenza dei suoi guadagni – si parla soprattutto, ancora, sempre, di letteratura». In sintesi: il ruolo di Céline nella letteratura moderna. «Ripeto: fu un grande scrittore. Soprattutto all’interno della letteratura francese dove, rompendo le regole della grammatica, poteva illudersi di minare le strutture sociali del Paese e stravolgerne la storia. Intrasportabile, fuori di Francia, il suo stile, come certi vini e certi formaggi, senza senso al di fuori della lingua francese e di quella letteratura». Gombrowicz, Thoreau, Pound, Céline: lei è attratto dai disobbedienti. La grande letteratura è sempre “trasgressiva”? «Shakespeare, probabile “recusant” e prudente fino a sfiorare la viltà, restava formalmente nell’ortodossia non soltanto perché era il Potere che gli permetteva di vivere, proteggendo la sua compagnia teatrale – operava nell’entusiasmo di un boom economico che pareva inarrestabile e lo restò fino alla morte di Elisabetta. Aveva anche, davanti a sé, il terribile ricordo della fine di Marlowe, il grande trasgressore. Con la menzogna del progresso inarrestabile e razionalizzando lo sfruttamento dei subalterni la cultura borghese ha occupato ogni spazio dell’esistente sicché l’arte nel suo ambito non può esprimersi che per negazioni e la scrittura non può che essere antagonista». Lo stato della letteratura italiana. «Bisognerebbe cominciare a chiedersi perché Casanova e Goldoni scrivessero le loro memorie in francese e Barretti scrivesse in inglese. Era il Settecento. Quanto al celebratissimo “Gruppo 63”, ho l’impressione che si sia trattato di un’operazione editoriale più che culturale e di una tardiva imitazione degli stranieri. Non bastava plagiare i “Cantos” per diventare moderni, o pensare che la “housewife from Dubuke, Iowa”, (per la quale Harold Ross aveva fondato il “New Yorker”) fosse sorella di latte della “casalinga di Voghera”, la signora dell’Iowa parlava inglese e aveva la traduzione della Bibbia di re Giacomo, insieme alle chiavi di casa, nella borsa per la spesa. Vale a dire: conosceva il linguaggio di Shakespeare, non fosse altro perché andava a messa, e da brava calvinista credeva nell’importanza radicale del patto – tra l’uomo e dio e tra uomo e uomo, quindi tra lo Stato e il cittadino. Sapeva anche che, se si stancava del marito, poteva sempre divorziare. Se poi si interessava all’arte, alla letteratura, la sua città, come qualsiasi altra della Repubblica, era provvista di ottime biblioteche». Socchiudo la porta della mail con un «grazie per i molti insegnamenti». Segue risposta lapidaria, «non mi prenda troppo sul serio». Davide Brullo
*intervista pubblicata su “La Voce di Romagna” il 9 maggio 2013
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“Pound era un genio, fu politicamente un cretino, un provinciale”
Intanto, mi piglio la mia dose di doverosi insulti. Perfino gratuiti. “Lei legge gli americani del passato. Legge testi con una scrittura divulgativa, industriale”. Cordialmente, incasso. Perché ne vale la pena e comunque avevo soppesato i rischi. Piero Sanavio, classe 1930, viso duro, da pugile, di genia “inderogabilmente antifascista”, è il più importante studioso di Ezra Pound. Intanto, lo ha studiato per davvero, discutendo una tesi a Venezia, per Carlo Izzo, sui primi Cantos. Poi, è andato a trovarlo. “Incontrai Pound a più riprese, a Washington e a Parigi principalmente, pure se non ho mai appartenuto, per scelta, alle coteries che come funghi, negli Stati Uniti e in Europa, crescevano attorno alla sua persona”. Il legame con Pound, sancito da un epistolario durato dal 1955 e il 1965, in parte inedito, custodito alla Biblioteca dell’Università di Padova, frutta a Sanavio due libri mirabili, La gabbia di Pound (1986; 2005, edizione ampliata) e Ezra Pound: Bellum Perenne (2002) e un radiodramma, Il caso Pound, trasmesso sul terzo della Rai nel 1987. Sanavio, giornalista – per Il Mondo di Mario Pannunzio e per Il Globo di Antonio Ghirelli – scrittore, autore di una vita ‘esagerata’ – ha fatto il tassista a Boston, ha insegnato all’Università di Puerto Rico, a Yale e a Harvard, ha lavorato a Parigi, è stato inviato in Africa per l’Unesco e ha creato un centro studi internazionali a Bucarest – dalle amicizie superiori – chiacchierò con T. S. Eliot, fu amico di Witold Gombrowicz e di Lawrence Durrell, ma gli abboccamenti con Jorge Luis Borges si rivelarono “del tutto sterili” – è l’esegeta degli estremisti. Memorabili i libri su Céline – almeno, Virtù dell’odio, 2009 – le traduzioni di Henry David Thoreau, di Knut Hamsun, di Joseph Conrad. “Gli studi su Ezra Pound sono diventati ormai una delle tante industrie del mondo accademico e il suo nome e reputazione si sono estesi anche a campi del tutto estranei alla letteratura, dalla sottopolitica alla sottocultura. Nessun male, tutti hanno diritto alla parola”, dice lui. Per questo, l’ho cercato. Per capire, a 45 anni dalla morte, perché il poeta americano sepolto a Venezia e sventolato come una bandierina a destra e a manca, era affascinato da un italiano nato 600 anni fa.
“Restò un provinciale. Ma ciò non gli impedì di essere grande” A Rimini, Pound torna, dopo le scorribande dell’anno prima, nel marzo del 1923, pochi mesi dopo la Marcia su Roma. Nella città del Malatesta entra in contatto con il fascismo, che lo affascina. “Il fascismo di Pound, l’abbaglio su Mussolini, nasce ignorando la storia italiana e la meccanica dell’Unità con l’arroganza del maestro di scuola che dalla provincia arriva in città e suppone di aver tutto capito. Se i professori che si occupano di Pound studiassero la letteratura e la storia inglese e americana, scriverebbero meno stupidaggini”. Addirittura… “Culturalmente, e con tutta la sua curiosità e genialità, Pound restò un provinciale. Ho sempre trovato illeggibile quell’esercizio in narcisismo che è l’Autobiography of AT della Stein (nazista, malgrado fosse ebrea, sosteneva che Hitler meritava il Nobel per la pace perché aveva pacificato la Germania eliminando gli elementi di disturbo – cioè gli ebrei), la cui attendibilità, peraltro, fu negata da un opuscolo del 1939 che mai appare nelle storie letterarie, Testimony against G Stein, a firma di Jolas, Matisse, Braque, Salmon, Tsara, tra gli altri, ma su un punto aveva ragione: Pound era ‘un maestro di scuola di paese’. Ciò non gli impedì di diventare un grande poeta”. Mentre oggi il Comune di Rimini non sa come trattare quel sacro estinto pieno di aculei che è Pound, nel 1925 la rivista Testa di Ponte gorgheggiava: “Ezra Pound è un Poeta Inglese il quale venendo in Italia, e precisamente in Rimini due anni or sono si è sentito tanto tenacemente conquistato dal fascino dei nostri monumenti, segni mortali di una storia immortale, da trovarsi avvolto nel manto dell’ispirazione. Così, Ezra Pound ritornando in patria s’è accinto a fissare sulle pagine di un superbo libro, tuttociò che turbinava nella sua mente di Poeta”.
“Era un coglione. Deve dire grazie a Frost, che interpellò JFK” L’accusa di tradimento è la pagina più oscura della vita di Pound. Arrestato nel 1945, sarà liberato nel 1958. Una vergogna. “Si chiede perché Pound è stato accusato di tradimento? Perché era un coglione e da Radio Roma faceva propaganda contro gli USA e in favore dell’Italia durante la guerra, sostenendo che la Costituzione Americana gli garantiva libertà d’opinione”. Insieme ad Andrea Colombo, per l’editore ravennate il Girasole, lei ha curato una edizione dei Radiodiscorsi di Pound (1998). “Era letteralmente fuori di testa. Deve ringraziare, se scapolò l’impiccagione: 1. Il suo avvocato, che invocò l’insanità mentale. 2. Il fatto che quando aveva chiesto alla sua ambasciata, a Roma, il passaporto per ritornare negli Usa, dopo Pearl Harbor, un funzionario illegalmente glielo rifiutò – illegalità che pesò nella decisione di farlo uscire da St Elizabeths – perché (disse) era ‘un pessimo americano’. Già nella sua ultima visita in Usa (a bordo del Rex, in prima classe, strano per uno senza soldi) certe dichiarazioni erano parse perlomeno ambigue, facendo sospettare (e lui lo lasciò credere) che fosse in ufficiosa rappresentanza del Partito Nazionale Fascista. Vero? Falso? Possibile – ma era abbastanza fuori di testa da pensare di avere ruoli più importanti di quelli che effettivamente aveva. 3. L’intervento di Robert Frost presso JFK, quando diventò presidente, e l’autorità di T. S. Eliot. Tutte le petizioni di intellettuali per la sua liberazione, come correttamente diceva Hemingway, non avevano fatto che irritare l’amministrazione pre JFK”.
“Bisogna rileggere e reinterpretare i Cantos” Altra spina nel cuore dei poundiani. La traduzione Mondadori dei Cantos, fatta dalla figlia Mary, “insieme a Pound, che non conosceva l’italiano”. Com’è? “Illeggibile”. E allora, ora? “Li sta ri-traducendo il solito Massimo Bacigalupo”. Esito: “la sua versione perlomeno sarà in italiano corrente, ma certamente non eccelsa. A meno che san Gennaro non gli faccia il miracolo”. Quindi, qui si pone un problema. “I Cantos sono da rileggere, e reinterpretare. La critica americana sta da anni facendo le note alle virgole nella migliore tradizione tedesca del XIX secolo. Io, non solo io, certo, qualche indicazione l’ho data, ho fatto la mia parte e mi son fottuto la cattedra – meglio così. Un’ultima cosa”. Dica. “I due canti in italiano, dove se la prende con gli americani per i danni al tempio dell’Alberti, fatti durante un bombardamento, come se fosse stata una scelta deliberata…”. Son quelli che ho citato all’inizio. “Beh, anch’essi sono un indizio che Pound era fuori di testa”. Perché? “C’erano depositi militari, caserme o cosa, nelle vicinanze. A Padova, quando le bombe distrussero un paio di inestimabili affreschi di Mantegna, agli Eremitani, la chiesa si trovava a pochi metri da un’importante installazione tedesca. Perché non ha mai protestato contro le depredazioni dell’arte italiana che facevano i tedeschi? Pound era un grandissimo poeta, ma politicamente, economicamente, un idiota. ‘Ma scrisse contro, l’usura!’, dicono. Anche sant’Anselmo. Anche sant’Ambrogio. Anche Vittorino da Feltre. Anche il Levitico”. Poi Sanavio mi molla. Non ne può più di chi fa domande idiote. “Sto terminando la correzione delle bozze di Americana, un tomo di circa 500 pagine di miei saggi sulla letteratura di laggiù. Non si illuda di recensirmi”. Chi la pubblica? “Una casa editrice di donne”. Detto tutto. Saluto. Sanavio, eremita del Novecento, scompare, come un uomo stilizzato da Joseph Conrad, accucciato tra i versi di un tonante poema. Davide Brullo
*Intervista pubblicata su “Rimini2.0” il 30 maggio 2017
L'articolo “Sono sempre stato fuori dai giochi”. Muore Piero Sanavio: andò a trovare Pound al manicomio criminale (e gli diede dell’idiota politico). Pubblichiamo le sue interviste proviene da Pangea.
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