#musica da concerto
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Finale del 74° Concorso Internazionale di Musica "G.B. Viotti": Giovani Talenti in Competizione sul Palco di Vercelli
Hyun Seo Kim, Lorenz Karls e Mariam Abouzahra si sfidano per il primo premio in una serata di musica imperdibile.
Hyun Seo Kim, Lorenz Karls e Mariam Abouzahra si sfidano per il primo premio in una serata di musica imperdibile. Il 19 ottobre 2024, il Teatro Civico di Vercelli ospiterà la finale del 74° Concorso Internazionale di Musica “G.B. Viotti”, dove tre talentuosi violinisti si contenderanno il prestigioso primo premio. Questo evento è particolarmente significativo poiché coincide con il bicentenario…
#bicentenario Viotti#Brahms#competizione musicale#competizioni internazionali#concerti celebri.#concerti per violino#Concorso Viotti#Eventi culturali#Finale#Francesco Ommassini#giovani violinisti#Giovanni Battista Viotti#giuria internazionale#Hyun Seo Kim#Jean Sibelius#Lorenz Karls#Mariam Abouzahra#Musica Classica#musica da concerto#Musica dal vivo#musica europea#Orchestra Sinfonica di Milano#Paolo Pomati#PERFORMANCE#Pietro Borgonovo#streaming YouTube#talenti emergenti#Tchaikovsky#Teatro civico#trasmissione in diretta
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um dia vamos falar da forma como tudo aquilo cujo público é maioritariamente raparigas é imediatamente ridicularizado e considerado objetivamente mau por homens
#é assim com taylor swift é assim com justin bieber é assim com ed sheeran era assim com one direction#vi um tweet que me enervou tremendamente#e como somos consideradas loucas e obcecadas e estúpidas e rid��culas por sei lá cantar alto num concerto#ao passo que homens andarem à porrada a destruir cenas ou quem sabe até a matar pessoas por futebol é 'normal'#fazer pulseirinhas da amizade para trocar no concerto da taylor swift? lol ridículas internem-se ou matem-se#agredir uma pessoa por ter um clube diferente do meu? ui machos valentões não precisam de tratamento psicológico com certeza são normais#manquem-se filhos#se for preciso acham que certos violadores e nazis são o pico da musica#pessoas verdadeiramente problemáticas não se importam né#porque 1 são homens e 2 quem ouve essas musicas são homens#lol
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Il concerto più bello!
Un concerto di due ore richiede tre mesi di preparazione.(Jessye Norman) oggi vorrei parlarti del miglior concerto dal vivo al quale ho partecipato! È stato il concerto di una cantante molto famosa in Italia e devo ammettere anche molto brava, lei si chiama Fiorella Mannoia e, la particolarità di quell’evento è che ho partecipato non da spettatore ma perché ci lavoravo. Partiamo dal principio,…
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sabato andrò a sentire mida ad una specie di liveset che fanno qui dopo un evento
da un lato sono felice ma dall'altro ho un po' paura perché nonostante il posto sia a pochi minuti di macchina da casa mia sarò sola e non sono mai uscita la sera tardi (inizia dopo le undici)
#spero di trovare parcheggio il più vicino possibile#non scherzo quando dico che ho già studiato tutti i parcheggi vicini e andrò un po' prima per trovare posto#non ho paura di stare lì da sola perché sono stata a dei concerti da sola altre volte (anche se questo non è un concerto ma un piccolo live#ma ho paura per il pezzo a piedi dalla macchina al posto e viceversa considerato che è tardi e sono una ragazza#purtroppo non conosco nessuno a cui piace la mia stessa musica :(#però credo e spero che ci sarà abbastanza gente in giro tra l'evento e il live (dopo fanno un djset ma a me interessa solo sentire mida 🙈)
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il mio amore immenso per La Maschera è qualcosa di indescrivibile. nulla nella mia vita mi ha rivoluzionato l’anima come la loro musica e Case Popolari è ormai tatuata nel mio cervello
#momento nostalgia del penultimo concerto della maschera a cui sono andata#letteralmente il 29 aprile sono andata nelle campagne sperdute della campania per sentirli di nuovo#girerei l’italia per loro. menomale che fanno mille concerti l’anno#fanno una musica live di altissimo livello esco pazza#nessuno può capire quanto sono fenomenali. in live. a scrivere. nei discorsi che fanno. le canzoni sulla rivalsa sociale#e l’amore per la loro terra#li amo da morire#la maschera#naples
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100 domande curiose
1. Libro preferito?
2. Autore preferito?
3. Poesia preferita?
4. Ti piace scrivere?
5. Ti piace leggere?
6. Disegni?
7. Ti piace l'arte?
8. Sei mai stato/a ad un museo?
9. Artista preferito?
10. Film preferito?
11. Attore/attrice preferito/a?
12. Regista preferito?
13. Colonna sonora preferita?
14. Saga preferita?
15. Personaggio preferito di Harry Potter?
16. Personaggio preferito di un libro?
17. Personaggio preferito di un film?
18. Serie tv preferita?
19. Canzone preferita?
20. Cantante preferito/a?
21. Band preferita?
22. Hai mai scritto una canzone?
23. Hai mai scritto una lettera a mano?
24. Hai mai ricevuto una lettera scritta a mano?
25. La pazzia più grande che hai fatto?
26. Ti piacciono le sorprese?
27. La sorpresa migliore che hai ricevuto?
28. La sorpresa più bella che hai fatto?
29. Quale pianeta visiteresti?
30. Preferiresti essere una sirena o una fata?
31. Quale decade preferisci?
32. Sei una persona creativa?
33. Quale lavoro vorresti esistesse?
34. Quali animali vorresti si unisserero per dare vita ad una nuova specie?
35. Pic nic al mare o in montagna?
36. Ti piace il teatro?
37. Hai mai visto un balletto?
38. Sei mai stato/a ad un concerto?
39. Hai mai cantato in pubblico?
40. Hai mai ballato in pubblico?
41. Adotteresti un bambino?
42. Adotteresti un animale?
43. Moto o auto?
44. Preferisci nuotare o volare?
45. Quale personaggio Disney pensi di essere?
46. Quale villain Disney ti rappresenta?
47. Quale cultura ti affascina?
48. Se potessi condividere un senso (tatto, vista,olfatto, gusto,udito) con la tua anima gemella quale condivideresti?
49. Vampiro o licantropo?
50. Credi nella fiamma gemella?
51. Temporale o arcobaleno?
52. Musica classica o rock?
53. Ti piace recitare?
54. Hai mai suonato in pubblico?
55. Hai mai recitato in pubblico?
56. Sai leggere i silenzi?
57. Sai rispettare i silenzi?
58. Soffri il solletico?
59. Riesci a fare ridere gli altri?
60. Sai ascoltare?
61. Ti fidi?
62. Ti piace fare foto?
63. Sei fotogenico/a?
64. Musica in streaming, Spotify, CD o vinile?
65. Anime preferito?
66. Manga preferito?
67. Meglio i manga/anime di ieri o quelli di oggi?
68. Cartone animato preferito?
69. Il tuo cavallo di battaglia in cucina?
70. Il piatto che proprio non ti riesce?
71. Quale colore non sopporti?
72. Cosa non può mancare in casa tua?
73. Quale tua caratteristica vorresti avessero anche gli altri?
74. Cosa "rubesti" da un altra persona?
75. Come organizzeresti il primo appuntamento?
76. Come vorresti fosse il tuo prima appuntamento?
77. Faresti il primo passo?
78. Amicizia uno a uno o gruppo di amici?
79. Le parole che vorresti sentirti dire?
80. Cosa vorresti dire agli altri?
81. Credi nel destino?
82. Credi nella fortuna?
83. Pratichi la gratitudine?
84. Ti senti cambiato rispetto a 10 anni fa?
85. Cosa cambieresti di questi ultimi 10 anni?
86. Come ti vedi tra 10 anni?
87. La famiglia è solo quella di sangue?
88. Gli amici sono una seconda famiglia?
89. Si deve sempre perdonare chi si ama?
90. Cosa non ti perdoni?
91. Vorresti tornare bambino/a o diventare adulto/a?
92. Vorresti essere del sesso contrario al tuo?
93. Balletto preferito?
94. Ballerino/a preferito?
95. Conosci il messaggio dei fiori?
96. Giorno o notte ?
97. Alba o tramonto?
98. Freddo o caldo?
99. Sole o pioggia?
100. Scegli tu questa domanda
#domande#noia#100#100 domande#quiz#test#domanda#questions#question#bored#compagnia#life#vita#ask#gioco#game
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La storia della Musica!!!!
Tre giorni di pace e musica. Tre giorni che hanno fatto la storia. Si celebra oggi il 51esimo anniversario del più grande evento di libertà, umanità e lotta pacifica: il Festival di Woodstock. Più che un concerto un pellegrinaggio, una fiera di arte e musica, una comunità, un modo di vivere che ha cambiato per sempre il concetto di libertà. Sul palco, a Bethel (una piccola città rurale nello stato di New York) si sono alternati per tre giornate alcuni tra i più grandi musicisti della storia. Musicisti che provenivano da influenze, scuole musicali e storie differenti ma che avevano in comune ciò che più contava in quei favolosi anni ’60: la controcultura.
Si passava dal rock psichedelico di Jimi Hendrix (che, pur di essere l’ultimo a esibirsi, salì sul palco alle 9 di lunedì mattina per un concerto di due ore, culminato nella provocatoria versione distorta dell’inno nazionale statunitense) e dei Grateful Dead ai suoni latini dei Santana (che regalarono un memorabile set, impreziosito dallo storico assolo di batteria del più giovane musicista in scena: Michael Shrieve) passando per il rock britannico di Joe Cocker (che regalò in scaletta le splendide cover di Just Like a Woman di Dylan e With a Little Help from my Friends dei Beatles) e degli Who all’apice della loro carriera (celebre l’invasione di palco dell’attivista Habbie Hoffman, durante il loro concerto, quasi quanto il lungo assolo di Pete Townshend durante My Generation, con lancio di chitarra finale).
C’era poi il folk, con una splendida Joan Baez su tutti, che suonò nonostante fosse al sesto mese di gravidanza, genere tipicamente statunitense che si alternava a suoni più esotici e orientali, come il sitar di Ravi Shankar. Impossibile dimenticare infine l’intensa performance della regina del soul Janis Joplin, la doppia esibizione (acustica ed elettrica) di Crosby, Stills, Nash e del “fantasma” di Neil Young, che rifiutò di farsi riprendere dalle telecamere e il divertente show dei Creedence Clearwater Revival.
1969, il ‘Moon day’ in musica..
Concerti che rimarranno nella memoria di chiunque ami la musica come simbolo di cambiamento, pace e libertà. D’impatto i presenti come pesanti furono le assenze di John Lennon, che si rifiutò di esibirsi per il mancato invito di Yoko Ono, Bob Dylan, padrone di casa (lui che all’epoca viveva proprio a Woodstock) assente per la malattia del figlio, i Rolling Stones, ancora scossi per la morte di Brian Jones e i Doors, alle prese con una serie infinita di problemi legali.
Il vero protagonista dell’evento fu però il pubblico, la “vera star” secondo l’organizzatore Michael Lang, eterogeneo quasi quanto i generi musicali. Da tutta America arrivarono studenti liceali e universitari, hippie, veterani del Vietnam, filosofi, operai e impiegati. Nessuna differenziazione di razza, etnia o colore della pelle: tutti uniti dalla voglia di stare insieme in libertà con il fango a livellare ogni diversità e i capelli lunghi come simbolo di ribellione. Un sogno che oggi sembra lontano anni luce, nelle ideologie come nell'organizzazione.
Da quel 1969 si è provato a più riprese a riproporre Woodstock, con scarsi risultati culminati nell'annullamento del concerto in programma per questo cinquantesimo anniversario, organizzato proprio da Lang e non andato in porto tra una defezione e l’altra, forse perché indigesto ai grandi organizzatori di eventi musicali mondiali. Forse, a conti fatti, meglio così: quell'atmosfera irripetibile era frutto di una spontaneità organizzativa di altri tempi, una magia fuori da ogni schema il cui risultato sensazionale, iconico e significativo fu chiaro solo anni dopo anche agli stessi partecipanti.
Vanni Paleari
PhWoodstock, 1969
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— Seconda Stravaganza. Giovanni de Macque (1548-1614) — Dormendo un giorno. Vincenzo Ruffo (1508-1587)
Giovanni de Macque (1548-1614) — Seconda Stravaganza [Ms. 1617, British Library, London]
The Seconda Stravaganza of Giovanni De Macque, a Flemish composer transplanted to Naples and another member of Gesualdo’s circle, is an impressionistic, chromatic and tonally unstable piece; it introduces the Baroque concept of ‘stravaganza’ which eventually led to Vivaldi’s collection of violin concertos bearing the same name.
Vincenzo Ruffo (1508-1587) — Dormendo un giorno [Capricci in musica a tre voci. (Milan: Francesco Moscheni, 1564)]
Vincenzo Ruffo’s dreamlike Dormendo un giorno brings us back to a metaphysical and abstract atmosphere. It comes from his collection of Capricci, one of the first works to use this musical term, and is built on the bass part of Philippe Verdelot’s madrigal of the same name. The capriccio was a loosely defined form in which the composer followed his own whim without generally observing strict rules.
_ La morte della ragione. (Viaggio Musicale Tra XV E XVII Secolo Da Desprez A Gesualdo Da Venosa) Il Giardino Armonico, Giovanni Antonini. (2018, Amadeus – AM 346-2)
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Storia Di Musica #351: Bob Dylan & The Band, Before The Flood, 1974
C'è un'altra ricorrenza periodica nelle Storie di Musica, e che capita quasi sempre a Dicembre: un racconto di un disco di Bob Dylan. Dopo tanto tempo vi racconto quando nasce la mia fascinazione per lui. Tra i libri della libreria dei miei mi capitò tra le mani, io andavo alle elementari, un libro, Bob Dylan: folk, canzoni e poesie, a cura di Alessandro Roffeni, Newton Compton Editori, pubblicato nel 1978 e comprato anni dopo dai miei ad una Festa dell'Unità. Mi affascinava anche perché aveva i testi inglesi a fronte e quel libro, che conservo ancora con affetto, aveva un'introduzione che finisce così: in un "ritmo di distorsione impoetica" si consuma l'impossibilità stessa di fare "grande" poesia, di additare le risoluzioni definitive: nelle pulsioni dell'eros, nella ricerca martellante di concatenazioni linguistiche nervose e oltraggiosamente impure, Dylan, e con lui l'uomo contemporaneo, cerca un instabile e mai risolto rapporto con l'irriducibile spietatezza del divenire storico.
Siccome è dicembrina, la collezione del mese avrà un'idea celebrativa, perchè i dischi che ho pensato festeggiano tutti mezzo secolo, omaggio questo anche ad una delle mie migliori amiche che è nata nello stesso anno di questi album.
La storia di oggi inizia quando Dylan, con una mossa clamorosa, abbandona la Columbia nel 1973, la casa discografica che lo scoprì e per cui aveva pubblicato i suoi primi 13 dischi, per passare alla neonata Asylum di David Geffen (che la fondò nel 1971 con Elliot Roberts) costruita per riabilitare la musica folk. Dylan in quel periodo iniziò a curare personalmente la sua attività finanziaria. Con la Asylum pubblica Planet Waves nel gennaio del 1974, un disco nato quando Robbie Robertson si trasferì a Malibù vicino casa di Dylan a metà del 1973. Il rapporto con Robertson e The Band è fortissimo: erano ancora The Hawks quando furono chiamati ad aiutare Dylan nella fondamentale transizione elettrica di metà anni '60, gli innumerevoli concerti insieme, e fu con questi musicisti che Dylan, dopo il misterioso e terribile incidente in moto del 1966, si ritirò in cantina a suonare per riabilitarsi (cose che diventeranno i mitici The Basement Tapes nel 1975). Planet Waves è un disco intimo, quasi di emozioni domestiche, che spiazza perchè sembra che Dylan abbia abbandonato l'epica universale della sua musica. Nasce l'idea di promuovere il disco con un tour e appena dopo la pubblicazione Geffen organizza 30 date in 21 città, in teatri e palazzetti al coperto, in circa un mese di tour. Il materiale registrato, nelle due date di Los Angeles del 13 e 14 Febbraio e a New York il 30 gennaio, venne pubblicato a Giugno con il titolo Before The Flood, addirittura un doppio live, il primo live della storia discografica dylaniana (le registrazioni precedenti verranno pubblicate molto tempo dopo) a testimonianza di un evento non secondario: dall'incidente del 1966, e tolta la partecipazione al Concerto per Il Bangladesh organizzato da George Harrison, è la prima tournee di Dylan in 8 anni.
Il titolo prende probabilmente spunto da un racconto, Farn Mabul, scritto da Sholem Asch, scrittore e drammaturgo ebreo-polacco, il cui figlio, Moses, era molto amico di Dylan, che lo aiutò ad organizzare la sua casa discografica, Folkways Records, che era attiva nel folk revival (e che quando chiuse, nel 1987, aveva così materiale ritenuto importante che fu acquisita dalla Smithsonian Society). Tra l'altro, l'ultima canzone di Planet Waves, Wedding Song, finisce così: We can't regain what went down in the flood. Nonostante il Tour fosse stato pensato per promuovere il disco, alla fine da Planet Waves arriva pochissimo, è piuttosto l'occasione per Dylan e i fidati musicisti della Band di riprendere le meraviglie spesso suonate insieme in studio e rivoltarle, riarrangiarle nel modo più imperscrutabile, tanto che le canzoni si riconoscono solo quando il canto irrompe e ne rivela la natura. In generale, dopo qualche data di rodaggio, le serate erano composte da un set con Dylan con la Band, un set solo del gruppo, uno solo di Dylan, e poi qualche bis di nuovo insieme. Ricordo qui gli strepitosi musicisti della Band, tutte leggende: oltre a Robbie Robertson, Garth Hudson, Levon Helm, Richard Manuel e Rick Danko, una line up indimenticabile.
Il risultato fu all'epoca rivoluzionario, perchè non si era abituati a sentire Dylan live sul disco: nel doppio c'è la sua massima espressione poetica, con buona parte dei suoi classici, da Like A Rolling Stone a Blowin' In The Wind, da Ballad Of Thin Man a Knockin' On Heaven's Door, da Just Like A Woman ad una rockeggiante Highway 61 Revisited. A questi si aggiungono le meraviglie della Band: capolavori come The Weight, The Night They Drove Old Dixie Down, The Shape I'm In. Dylan si ricuce le canzoni in abiti diversi, abbandona il canto romantico e spesso è furente nell'interpretazione, tanto che il critico Robert Christgau dirà in una famosa recensione del disco appena uscito "Without qualification, this is the craziest and strongest rock and roll ever recorded. All analogous live albums fall flat.", puntando l'attenzione sulla intensificazione musicale dei suoi classici in veste dal vivo.
Il disco divenne un successo, in Top Ten negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (che va ricordato per numero di dischi in classifica era un luogo di Dylan mania da oltre un decennio). E in Dylan scatta qualcosa: la Columbia, pentita, gli richiede di ritornare a casa, e Dylan prima regala alla storia uno dei dischi più belli di sempre, Blood On The Tracks e poi parte il circo musicale del Rolling Thunder Avenue, il secondo tour consecutivo.
Negli anni furono ripubblicati dalla Columbia altre date, anche in cofanetto, ma niente di così sfavillante come l'edizione del cinquantenario che è arrivata nel 2024: 27 cd, 417 esibizioni inedite, registrazioni appena mixate e note di copertina di Elizabeth Nelson, che raccolgono tutti i concerti di quel tour, storicamente uno dei più importanti della musica rock occidentale.
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Oggi tantissime challenge per me, ma soprattutto stasera mi sono portata fuori da sola a sentire un concerto di musica classica contemporanea. Non vi posso esprimere la felicità di sentirmi bene, libera, me nel mio corpo e a prescindere dal mio corpo. Mi riapproprio di me, del mio rapporto con me stessa, della mia solitudine.
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Torino si prepara a un grande evento musicale: il concerto dei Kleinbottle con l’Orchestra diretta dal M° Vince Tempera
Un progetto artistico promosso da La Rue ETS, Emmanuel ODV e SPC Music Publishing con ospiti d’eccezione
Un progetto artistico promosso da La Rue ETS, Emmanuel ODV e SPC Music Publishing con ospiti d’eccezione Torino sarà presto il palcoscenico di un evento musicale imperdibile, organizzato con passione e dedizione da un gruppo di realtà culturali e artistiche di spicco. L’Associazione Culturale La Rue ETS, l’Associazione Emmanuel ODV, rappresentate da Mario ed Elena, insieme all’etichetta SPC…
#Alessandra Sassa Pic#Alessandria today#artisti famosi#Artisti Italiani#collaborazioni artistiche#collaborazioni artistiche Torino.#concerti beneficenza#Concerti imperdibili#concerti orchestra#concerti Piemonte#concerti Torino#cultura ed eventi#Emmanuel ODV#Eventi culturali Torino#eventi da non perdere#Google News#innovazione musicale#italianewsmedia.com#Kleinbottle#Kleinbottle concerto#La Rue ETS#Mario ed Elena#Musica d’autore#Musica e solidarietà#Musica italiana#Musica live#musica torino#orchestra Vince Tempera#Pier Carlo Lava#progetti musicali Torino
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Patti Smith e Joan Baez, 2 agosto 2018 in un concerto insieme a Colonia. La cantante Patti Smith ha dato il benvenuto a Joan Baez sul palco per un'esibizione di un'amata canzone di Bob Dylan.
Contro la guerra disobbedienti cantautrici non violente attiviste, mai abbandonato il loro mondo d'amore contro le ingiustizie: Patti Smith e Joan Baez, hanno reagito con l'Arte della Musica e della Poesia, alle tempeste capitate nel mondo e nelle loro vite personali. Sono Amiche da anni, e cantano e fanno Musica nel senso più puro del termine e più impegnato nelle lotte per i popoli del mondo, dei diritti, della vita del pianeta, dell'amore.
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☄️"CRIMINALI!" così la rockstar Morrissey ha definito Anthony Fauci, Bill Gates e Klaus Schwab durante il suo ultimo concerto.
Intanto nel maxischermo passavano immagini dei tre globalisti, in situazioni imbarazzanti! ☄️
🎵Se durante la pandemia i grandi assenti sono stati proprio gli artisti, fa notizia, specialmente nei media mainstream, quando un cantante del calibro di Morrissey, si schiera senza tanti giri di parole e attacca frontalmente il sistema.
Ritenuto da sempre uno dei più grandi parolieri della storia della musica britannica, tanto che i suoi testi sono divenuti oggetto di studio accademico, annoverato tra i cento grandi cantanti di tutti i tempi da Rolling Stone, Morrissey al secolo Steven Patrick,
ha attaccato frontalmente alcuni dei responsabili del folle periodo pandemico.
Un periodo che come abbiamo modo di sperimentare ogni giorno, ha una coda lunga, lunghissima e si può dire tutt'altro che messo alle spalle e consegnato alla storia.
Da sempre l'ex cantante dei The Smiths, si esprime contro la globalizzazione, ritenuta il vero cancro della società moderna, ha espresso parole durissime nei confronti delle elite, dei reali britannici e dei politici, definendo in una storica intervista a Rolling Stones, Bush e Blair corrotti e sanguinari tanto quanto Saddam Hussein.
Le rockstar come Madonna o Lady Gaga invece, sarebbero aiutate oltre che dal sistema, "da millecinquecento danzatori frenetici che provano a simulare erotismo in maniera del tutto fraudolenta."
Durante il concerto di Las Vegas, ad un certo punto hanno iniziato ad apparire nel maxi-schermo immagini di Klaus Schwab, Anthony Fauci e Bill Gates in momenti imbarazzanti e sono stati definiti da Morrisey senza mezzi termini, criminali al potere.
Artisti e cantanti impegnati realmente, con valori positivi sono fondamentali per i giovani, i loro modelli di comportamento li ispirano e attraverso i loro messaggi e la loro musica possono aiutare i giovani a sviluppare una forte identità personale e a superare le sfide della crescita.
Questa società, come stiamo rilevando da eventi planetari come le olimpiadi, ne ha bisogno più che mai.
Più Morrissey e meno Lady Gaga!
Nicco 🔥🕶️
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t.me/centogiornidaleoni
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Silenzio, dove porti il tuo vetro appannato di sorrisi, di parole e di pianti dell’albero? Come pulisci, silenzio, la rugiada del canto e le macchie sonore che i mari lontani lasciano sul bianco sereno del tuo velo? Chi chiude le tue ferite quando sopra i campi qualche vecchia noria pianta il suo lento dardo sul tuo vetro immenso? Dove vai se al tramonto ti feriscono le campane e spezzano il tuo riposo gli sciami delle strofe e il gran rumore dorato che cade sopra i monti azzurri singhiozzando? L’aria dell’inverno spezza il tuo azzurro e taglia le tue foreste il lamento muto di qualche fonte fredda. Dove posi le mani, la spina del riso o il bruciante fendente della passione trovi. Se vai agli astri il solenne concerto degli uccelli azzurri rompe il grande equilibrio del tuo segreto pensiero. Fuggendo il suono sei anche tu suono, spettro d’armonia, fumo di grido e di canto. Vieni a dirci la parola infinita nelle notti oscure senza alito, senza labbra. Trafitto da stelle e maturo di musica, dove porti, silenzio, il tuo dolore extraumano, dolor di esser prigioniero nella ragnatela melodica, cieco per sempre il tuo sacro fonte? Oggi le tue onde trascinano con torbidi pensieri la cenere sonora e il dolore del passato. Gli echi dei gridi che svanirono per sempre. Il tuono remoto del mare, mummificato. Se Geova dorme sali al trono splendente, spezzagli in fronte una stella spenta e lascia davvero la musica eterna, l’armonia sonora di luce, e intanto torna alla tua fonte, dove nella notte eterna, prima di Dio e del tempo sgorgavi in pace.
Federico García Lorca
...tu n'as aucune excuse
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La storia della Musica
Oggi è il 9 Ottobre ed in questo giorno, nel 1940, a Liverpool, nel Regno Unito, nasceva il musicista John Lennon. Fu cantautore, polistrumentista, paroliere, attore e regista. Fin dagli inizi fu uno dei più rappresentativi membri dei “Beatles”, scrivendo, in coppia con Paul McCartney, i maggiori successi del mitico gruppo. Ebbe un'infanzia travagliata, con la figura del padre praticamente assente fin da subito ed allontanato dalla madre, considerata irresponsabile, dall'età di 5 anni. La zia Mimi che se ne prese cura, accortasi del talento di John nel disegno, quando fu il momento, lo iscrisse al College Of Art di Liverpool, dove John si appassionò alla musica, imparando da autodidatta a suonare l'armonica ed a suonare la chitarra regalatagli dalla madre, la quale gli insegnò i primi accordi al banjo. A 16 anni formò las sua prima band ( I Quarrymen) e proprio durante un concerto con questo suo gruppo, conobbe Paul McCartney, che entrò a far parte del gruppo, e nel quale, dopo un po' entrò anche George Harrison. Nel gruppo entrò infine il bassista scozzese Stuart Sutcliffe, con il quale John Lennon decise un nuovo nome del gruppo, che passando per “Johnny and The Moondogs”, “Beatals”, “Silver Beetles” e “Silber Beatles” arrivò al definitivo “The Beatles”. Il gruppo, nel 1960, era inizialmente formato da John Lennon, Paul Mc Cartney, George Harrison, Stuart Sutcliffe e Pete Best per poi arrivare alla formazione definitiva nel 1962, con l'uscita di Best e Sutcliffe e l'ingresso di Ringo Starr alla batteria, che arrivò ai massimi successi mondiali del secolo scorso. Dopo la sua attività con i Beatles, conclusasi con lo scioglimento del gruppo, nel 1970, oltre che continuare l'attività musicale come leader, fu anche attivista politico e paladino del “pacifismo”, attività che gli causarono varie difficoltà e per le quali fu considerato un sovversivo (con relativi rifiuti di concessione della Green Card in diverse occasioni). John Lennon risulta il cantautore di maggior successo nella storia delle classifiche musicali britanniche ed un sondaggio della BBC del 2002 decretò Lennon all' 8° posto tra le 100 personalità più importanti di tutti i tempi del Regno Unito. Secondo la rivista “Rolling Stone” Lennon viene considerato al 5° posto nella lista dei 100 migliori cantanti e 55° nella lista dei 100 migliori chitarristi. Sia Julian (figlio ottenuto con la prima moglie Cynthia Powell) che Sean (avuto con il secondo matrimonio con l'artista Yoko Ono) hanno seguito la sua attività artistica. Fu ucciso con 4 colpi di pistola da un suo stesso fan, squilibrato, nel 1980, a New York.
Bruno Pollacci
Direttore dell'Accademia d'Arte di Pisa
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IN MY ERAS ERA: LONG LIVE ALL THE MAGIC WE MADE
Our song is the slamming screen door
Un pomeriggio di circa quindici anni fa ho acceso la tv a caso su MTV e sono rimasta folgorata da una chitarra sbrillucicosa che faceva bella mostra di sé nel video di Our Song. Della proprietaria della chitarra ricordo di aver pensato “Carina ‘sta ragazza”. In quel momento devono essersi ricablati tutti i fili, i cavi e gli ingranaggi del mio cervello, perché Taylor Swift, da quella volta, io non l’ho più mollata.
“You know, it's been thirteen years since I got to see you in Milan..."
Quando ho preso i biglietti per lo Speak Now World Tour, che faceva tappa al forum di Assago il 15 marzo 2011, era febbraio. Altro che gli Hunger Games un anno prima. Eravamo pochi, è vero, soltanto metà palazzetto, ma posso dire che eravamo entusiasti. In fila, prima che aprissero i cancelli, si cantava a squarciagola e persino ci si spintonava.
To live for the hope of it all
Nonostante ciò (e nonostante Taylor stessa in un’intervista in un programma americano ci avesse definiti fantastici), il Belpaese è stato cancellato dalle mappe. Siamo spariti dai radar come una nave nel triangolo delle Bermude, e di conseguenza abbiamo passato i successivi tredici anni a sperare che tornasse in Italia, a chiedere che tornasse in Italia, un po’ pure a insultarla perché non tornava in Italia. Fast forward al 2023 quando, così de botto senza senso, siamo stati messi di fronte alla più improbabile delle evidenze: sarebbe tornata in Italia, con l’Eras Tour.
First reaction sciok.
“Welcome to the Eras Tour”
Il The Eras Tour è figlio, tra le altre cose, di un momento storico peculiare: la pandemia. Il Lover Fest, che avrebbe dovuto fare da supporto all’album Lover, era stato annullato, e negli anni delle restrizioni, Taylor, siccome è so productive, ha sfornato folklore, evermore, Midnights, Fearless Taylor’s Version e Red Taylor’s Version.
Tornati finalmente alla vita normale, tutto ciò non poteva che tradursi in un tour che riflettesse a pieno, e più di ogni altro, quel bisogno di aggregazione e di condivisione che solo la musica può soddisfare.
L’Eras Tour, infatti, non nasce per promuovere, come normalmente accade, un album specifico, ma per celebrare un viaggio lungo diciotto anni, in compagnia di chi c’era dall’inizio (it’s me, hi) e di chi si è aggiunto strada facendo. Un effetto farfalla, se vogliamo, nato da circostanze irripetibili, e che ha condotto a un tour irripetibile a sua volta. Sono convinta che non staremmo qui a fare questi esatti discorsi se quattro anni fa le cose fossero andate diversamente.
Si tratta di una premessa necessaria da fare, perché già questa sola dovrebbe bastare a inquadrare l’Eras Tour e a spiegare le ragioni dell’esaltazione di massa che gli sono ruotate attorno da quando è iniziato, a marzo dell’anno scorso, e gli ruotano attorno tuttora. Insomma, è evidente che sia qualcosa di più di una semplice tournée come ce ne sono sempre state e sempre ce ne saranno (sebbene difficilmente di queste dimensioni colossali), e qualcosa, per noi fan (a maggior ragione per noi italiani, dimenticati per tredici anni), di davvero speciale: di condivisione, di aggregazione, di comunità, di una sorta di “riconoscersi”, e di cui i friendship bracelets, che ormai ne costituiscono il simbolo, non sono che la mera e tangibile estrinsecazione. Nella recensione di TTPD accennavo proprio a questo, a come Taylor sia capace di unire persone di età, genere, etnie, nazionalità le più diverse tra loro, e di creare una bolla in cui ognuno riesce a essere se stesso e a suo agio, e a Milano ho avuto modo di rendermene conto di persona: dalla ragazza col velo e il braccio pieno di braccialetti che ho superato all’uscita della metro a quei ragazzi latini davanti a noi sulla strada del ritorno, alla coppia di Toronto con cui mi sono scambiata i braccialetti alla fine del concerto. E, ovviamente, tutti noi italiani provenienti dall’Alpe a Sicilia.
Ora, su questo tour hanno detto e stanno dicendo di tutto: la maggior parte dei giornalisti si sofferma sull’enorme indotto economico generato; per altri è l’occasione per l’ennesimo, banalissimo, servizio di costume; altri ancora, da profani, cercano di cogliere (e pretendono di spiegare a tavolino) il Taylorismo (spesso e volentieri cannando in scioltezza addirittura i titoli delle canzoni: ho già avuto modo di incrociare “Love Song” e “The Moment You Know”: che siano delle vault track?). E poi ci sono loro, i veri eroi dei nostri tempi: i Gianfranchi e le Patrizie nei loro abiti della domenica che insistono e giurano che proprio non sanno chi cazzo sia (who’s Taylor Swift anyway? Ew). Nel dubbio, comunque gli fa cagare (e si sforzano di ribadirlo con quanta più violenza verbale possibile, tanto verso di lei quanto verso i fan), perché vedi te che degrado culturale questi giovani d’oggi, signora mia, dove andremo mai a finire.
Così sono arrivata a un’incontrovertibile verità: mi sento di dire, con buona approssimazione, che su questa materia l’unica opinione che conta è la mia. La mia, e quella degli altri centotrentamila swiftie che insieme a me hanno fatto esplodere San Siro il 13 e il 14 luglio (per non parlare di quelli fuori nel parcheggio).
E siccome è mia abitudine fissare qui sul blog le cose che vorrei poter ricordare anche quando sarò vecchia e rinco in casa di riposo, questo è il resoconto delle varie e delle eventuali della seconda serata milanese dell’Eras Tour.
Silenced as the soul was leaving
Ora che scrivo queste righe è passata una settimana esatta, e in tutta onestà sembrano trascorsi contemporaneamente sia ottantaquattro anni sia tredici minuti. In realtà è quasi come se non ci fossi stata. Secondo me, ed è un fenomeno che andrebbe studiato dalla scienza, la mia anima ha lasciato il corpo appena Taylor è comparsa sul palco. Allora riguardo i video che ho fatto e sentendomi starnazzare in sottofondo mi dico che sì, non solo c’ero, ma mi sono pure divertita un casino, nonostante adesso mi paia di star facendomi gaslighting da sola.
“Piacere di conoscervi”
In ogni caso, anche se dal secondo anello verde la vedevo alta suppergiù due micron e poco più, averla lì davanti è quanto di più affine alla trascendenza che abbia vissuto in tutta la mia stinfia esistenza: l’energia che emana, la sua mostruosa presenza scenica e l’altrettanto mostruosa padronanza del palco e di ogni singolo istante di spettacolo sono cose che non si vedono tutti i giorni e che non si vedranno ancora per molto tempo, checché ne dica l’ultima strofa di Clara Bow. Ugualmente, il modo che ha di interagire con la folla rendono quella enorme macchina che è l’Eras Tour qualcosa di intimo e, pur seguendo delle formule prestabilite, qualcosa di unico, come se fosse tagliato a misura di ogni singolo pubblico.
Sono convinta, and I’ll die on this hill, che chiunque fosse al concerto non da fan ne sia uscito conquistato, se non proprio convertito.
Per non parlare, poi, del modo sciolto e disinvolto con cui gestisce i contrattempi.
“You know what — we finally broke it. We have finally broken this thing”
Perché sebbene l’Eras Tour sia un meccanismo dagli ingranaggi perfettamente oliati, non per questo è esente da quei momenti da “bello della diretta” tipici dei live. Sui social e su YouTube è pieno di compilation di video denominati Errors Tour, che comprendono malfunzionamenti vari della strumentazione, inciampi, insetti ingoiati, lyrics dimenticate, problemi coi cambi d’abito, e che a me fanno sempre spisciar dal ridere. La night 2 milanese non è stata da meno, con la tastiera elettronica surriscaldata al punto da smettere di funzionare (un po’ come il mio cervello durante tutte le tre ore, se devo dirvi la verità). E quindi è stato sia divertente sia speciale (e, appunto, in qualche misura intimo) assistere a un blooper.
“Did I choose correctly, Milan?”
Ora, giusto per rendere l’idea di quanto poco il mio cervello funzionasse in quel momento, lì per lì mi ero completamente scordata che doveva ancora arrivare il set acustico e le surprise song (a mia discolpa, è perché non vedevo l’ora di sentire Anti-Hero; sennonché, arrivata poi proprio Anti-Hero, non ne avevo riconosciuto l’intro. Avete presente quando sul cruscotto della macchina si accendono tutte le spie e non funziona niente e non avete la minima idea di cosa stia succedendo? Ecco, benvenuti nella mia testa quel 14 luglio).
Per quei fan presenti a loro stessi e che quindi si ricordano cosa sta per succedere, le surprise song sono uno tra i momenti più attesi della serata. Noi, anche per merito della folla spettacolare del giorno prima, quella che le ha cantato Sei Bellissima (si può dire una sorta di surprise song all’inverso) e che le ha fatto decidere di ripensare l’intero set, ci siamo beccati delle signore canzoni a sorpresa: Getaway Car — una tra le mie preferite di sempre — in mashup con Out of The Woods al piano, e poi Mr. Perfectly Fine in mashup con Red alla chitarra. Peraltro, e voglio credere che sia voluto, tutte canzoni facenti parti di Ere con le quali non è venuta in tour da noi (reputation, 1989, Fearless e Red). È stato un po’ come ricevere il trattamento da figli preferiti.
The crowds in stands went wild
Anche perché siamo stati belli e rumorosi. Mi perdonerà Stanis La Rochelle, ma siamo stati… italiani, ecco. Il fragore della standing ovation prima e dopo champagne problems sarà qualcosa che porterò con me per il resto della vita. Che tra l’altro, e questo le lobby dei proprietari delle palestre non ve lo dicono, un paio di sessioni di applausi così e ti tiri fuori dei bicipiti da supereroe Marvel. Poi vabbè, è toccato smettere quando Taylor è riuscita a riprendere la parola (“Vi amo tutti”), perché si stava facendo ‘na certa.
As the crowd was chanting “More!”
Già da aprile in macchina cantavo I Can Do It With A Broken Heart come se ne andasse della mia vita, e avere l’occasione di cantarne il ritornello a pieni polmoni, con particolare insistenza su quel “More!”, insieme a uno stadio stracolmo di gente che faceva altrettanto è stata l’esperienza più bella, elettrizzante e liberatoria della mia vita. Così come il bridge di Cruel Summer, il “Fuck the patriarchy” di All Too Well (cantata quasi con la mano sul cuore come un inno nazionale), il “1, 2, 3, let’s go bitch” come intermezzo in Delicate, il “What a shame she's fucked in the head” di champagne problems, e poi il ritornello di Who's Afraid Of Little Old Me e il bridge di The Smallest Man Who Ever Lived e, da bimba di Anti-Hero, l'iconico “It’s me, hi”. Per non parlare dei cuori durante Fearless e il battito di mani in You Belong With Me, una tradizione così inveterata che ormai mi viene naturale quanto respirare (pure quando guido: due colpetti sul volante e sto).
Il sovraccarico di emozioni mi avrà pure lasciato coi ricordi annebbiati — mi consola vedere come sia un’esperienza comune a parecchie altre persone — ma ‘sta roba ce l’avrò impressa a fuoco nel cervello in saecula saeculorum. Magari per far spazio a questi ricordi, stante la ram limitata della mia testa, come Peter Griffin dimenticherò come ci si siede, ma ne varrà la pena.
“And I don't even want you back, I just want to know — Aiudade lei per favore — If rusting my sparkling summer was the goal — Aiudar… — And I don't miss what we had, but could someone give — Please, some help over there, please — a message to the smallest man who ever lived?”
Un altro momento degno di nota della night 2 — in uno spettacolo che in fin dei conti è tutto degno di nota — è stato quando, durante The Smallest Man Who Ever Lived, qualcuno nel parterre si è sentito male e Taylor ha attirato l’attenzione della sicurezza chiedendo di intervenire. Non è la prima volta che accade durante l’intero tour, e ogni volta mi colpiscono l’attenzione e la responsabilità che dimostra verso i fan (a Rio de Janeiro il caldo e la gestione criminale degli organizzatori brasiliani hanno portato alla morte di una ragazza, e credo che la cosa un pochino l’abbia segnata), così come il fatto che riesca a portare avanti l’esibizione senza perdere un colpo. Io, che riesco si è no a respirare e contemporaneamente a formulare un pensiero senza perdere un colpo, non posso che guardarla ammirata anche sotto questo aspetto.
I counted days, I counted miles, to see you there
Mi sono preparata per questo Eras Tour con una cura per il particolare che non ho mai messo e che non intendo mettere in nient’altro nella vita (prossimi concerti di TS esclusi): dal b&b prenotato il giorno stesso dell’acquisto dei biglietti alle Vans con ricamato sul tallone sinistro Anti e sul destro Hero; dalla t-shirt ufficiale che mi sono regalata a Natale alle caramelle per contrastare gli eventuali cali di zuccheri (comprati: quattr’etti — stavano in offerta – mangiate: nessuna); dai palloncini per chiudere la bottiglia in caso di sequestro del tappo al ventaglio (finalmente i matrimoni a cui sono andata sono serviti a qualcosa), e fino alla quantità strabocchevole di friendship bracelets preparati nel corso di sei mesi. Sebbene, ovviamente, l’attesa del concerto non fosse essa stessa il concerto, e un anno è davvero un fracco di tempo da far trascorrere, l’aver avuto qualcosa da progettare e da pianificare ha reso l’intera esperienza ancora più intensa.
Slipped away into a moment in time
Se non fosse, però, che quelle tre ore e un quarto di spettacolo — che pure sono tante — sono volate via in un niente. Un niente, raga, n i e n t e. Quando, prima di Karma, Taylor ha detto “We had the most amazing time with you, Milan, you have given us so much. Would you possibily give us… one more song? Andiamo!” ho pensato no, fermi tutti, one more song cosa che saran venti minuti appena che è iniziato il concerto, suvvia non facciamo scherzi. A me di ore ne sarebbero servite almeno diciotto, tipo maratona Mentana Swift edition. E che dire delle quarantasei canzoni in scaletta? Sebbene siano oggettivamente un bel po’, per una che è in astinenza da tredici anni quelle quarantasei canzoni sono la quantità minima che userebbe una nonna per farti capire se il concerto è cotto.
So make the friendship bracelets, take the moment and taste it
Da questo concerto sono tornata con la testa vuota e il cuore pieno. A parte aver visto Taylor, a cui io comunque voglio proprio bene (lo so che è la mia relazione parasociale con lei che parla, ma questo è) ed è sempre un onore e un privilegio poter passare una serata in sua compagnia, le interazioni che ho avuto con tutti gli altri fan sono alcuni dei ricordi più belli che conservo di quei due giorni a Milano. Menzione d’onore all’interazione più improbabile di tutte, con quel “Ma tu sei quella che ha scritto l’articolo su Tumblr?” sparato così de botto senza senso all’ingresso del stadio (ciao Mariano, scusa se in quel momento devo esserti sembrata completamente inabile alla vita ma proprio non me l’aspettavo). Ben più probabile, ma altrettanto appagante, la reunion del gruppo whatsapp composto di amiche vecchie e nuove, provenienti da regioni, province, città diverse e che conosco ognuna per ragioni differenti ma accomunate tutte dall’entusiasmo per Nostra Signora dei Sold Out: è stato anche grazie a loro, con gli scleri e i meme girati nell’etere, che l’anno di attesa in fin dei conti è volato.
E poi i braccialetti, il cui scambio sembrava un po’ un’edizione di Giochi senza frontiere, visto che li ho regalati a persone provenienti da ogni angolo del globo, a partire dalla ragazza che in zona Duomo mi ha bussato su una spalla e mi ha offerto il suo (“Would've, Could've, Should've”), per passare a quelli scambiati in metro, nel parcheggio dello stadio (dove ho beccato, tra gli altri, un glorioso “Minnesota Soccer Mom��� — io ne avevo preparato uno con “This Dang Deer”), sulle gradinate, e poi il giorno dopo in stazione e sul treno del ritorno.
You like like Clara Bow
È buffo come, usciti dalla bolla della perfezione dell’Eras Tour, ci siamo dovuti confrontare subito con questo paese di musichette: l’unica metro aperta dopo il concerto guasta, la pula locale che sì, boh, forse, quelli dell’ATM che andate a Cadorna e poi da lì siete nelle mani di Dio (che, ochéi, ho capito l’onnipotenza e tutto, ma pretendere che riesca addirittura a cambiare le sorti del trasporto pubblico italiano mi pare francamente eccessivo. E comunque era scesa dal palco mezz’ora prima, credo avesse altro da fare).
Io e la mia compare ci siamo quindi ficcate su un tram a caso — e qui c’è da sottolineare per forza il senso di tranquillità che si prova a stare in mezzo agli swiftie all’una di notte inoltrata nella periferia milanese, roba che neanche a casa mia mi sento così scialla — su cui è salita un’anziana signora tanto elegante e distinta quanto scafata. Dopo qualche convenevole e averle detto perché il tram fosse pieno di gente decorata coi glitter (“Ah, il concerto di quella ragazza che canta…” vi prego, proteggete questa signora a tutti i costi) non solo ci ha spiegato le linee, le coincidenze e il senso della vita ma, scesa alla nostra stessa fermata, ha anche aspettato che salissimo sul tram che ci aveva consigliato di prendere e intanto, all’angolo della strada, faceva da palo per vedere se arrivasse prima l’autobus. La sua gentilezza e disponibilità mi hanno commossa al punto che le ho detto di pescare un braccialetto dal sacchetto. “Ma così se ne priva lei…” mi ha risposto. Quando le ho raccontato della tradizione sottesa al concerto, e che per me sarebbe stato solo un piacere potergliene regalare uno, ha tirato fuori quello con scritto “Clara Bow” (attratta dal fatto che fosse nero e oro, che a detta sua conferiva un tocco di eleganza). Ed è stranamente e cosmicamente appropriato: non essendoci presentate e non sapendo come si chiamasse, ad uso e consumo dei miei ricordi lei la chiamerò proprio Clara Bow. (L’aneddoto sarebbe stato un po’ meno poetico se avesse preso il braccialetto con scritto “No its Becky”)
Leaving me bereft and reeling
Lavorando in ragioneria credevo di essere ferratissima sugli argomenti “notte oscura dell’anima” e “morte spirituale”, ma questo era prima di sperimentare il lutto post concerto. Che tragedia incommensurabile essere stati for a moment heavenstruck e poi dover tornare alla vita stinfia di tutti i giorni. Oh, è anche vero che col corpo sarò pur in ufficio, ma con la testa sto ancora al ristorante.
Bring you peace
Non saprei dire se sono io strana, o se invece sia successo anche a qualcun altro, ma quel che mi ha lasciato questo concerto è stata una sensazione di assoluta serenità e pace interiore. Una roba così zen che Buddha stesso ha detto “Ma famme prende appunti, toh”. Il fatto è che quando in giro leggevo di gente che ha dato fondo a tutte le lacrime, al netto delle iperboli tanto care alle narrazioni internettiane, oppure che è rimasta preda di euforia incontenibile, di quel tipo che pensi che potresti andare a scalare l’Everest senza ossigeno, necessariamente mi veniva da pensare: “Ma è così che dovrebbe essere? Mi sarebbe dovuto venir da piangere — almeno una lacrimuccia — durante marjorie, considerando che quattro anni fa durante il primissimo ascolto mi ci son quasi disidratata? Oppure mi sarei dovuta sentire carica a pallettoni?”. In realtà, più prendevo coscienza, anche nei giorni immediatamente successivi, di quell’inusitata assenza di perturbazioni mentali, più mi rendevo conto che in altre circostanze in quello stesso momento sarei stata attanagliata dalla tachicardia che appare dal nulla, dall’agitazione, dal mio solito cortocircuito di pensieri che spiralizzano fino ad arrivare, puntuali, alle conclusioni più negative nella storia delle conclusioni negative. Perché, davvero, io non mi ricordo mica quando è stata l’ultima volta che ho provato un tale senso di così pura quiete, col cuore che batte a velocità congrue, i pensieri che per una volta non fanno a gara a immaginare gli scenari più catastrofici possibili e nessuna vocina che ti dice che in fin dei conti stai buttando via l’esistenza. In generale non dovrebbe stupirmi, perché la musica di TS ha sempre avuto su di me un effetto rasserenante, eppure mi sono stupita lo stesso, perché a un livello tale di pace non ci ero mai arrivata.
I hate it here so I will go to secret gardens in my mind
Ora, mi rendo conto che sessioni settimanali di concerti live di Taylor Swift non siano una terapia sostenibile, però già il fatto di poterci tornare con la mente aiuta. Anche il sentirmi starnazzare senza pietà e cannare tutte le note di Anti-Hero, paradossalmente, aiuta. Un po’ imbarazza, ochèi, ma per lo più aiuta.
Hold on to the memories, they will hold on to you
E allora, cara me del futuro vecchia e rinco in casa di riposo, quando rileggerai questo post (o magari qualche gentile infermiere lo leggerà per te) spero ti sovverrà alla mente che for a moment I knew cosmic love e che, anche se solo per una manciata di ore, il mondo è stato davvero bello.
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