#moderatismo
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" Mi sono sempre considerato un uomo di sinistra, e quindi ho sempre dato al termine «sinistra» una connotazione positiva, anche ora che è sempre più avversata, e al termine «destra» una connotazione negativa, pur essendo oggi ampiamente rivalutata. La ragione fondamentale per cui in alcune epoche della mia vita ho avuto qualche interesse per la politica o, con altre parole, ho sentito, se non il dovere, parola troppo ambiziosa, l’esigenza di occuparmi di politica e qualche volta, se pure più raramente, di svolgere attività politica, è sempre stato il disagio di fronte allo spettacolo delle enormi diseguaglianze, tanto sproporzionate quanto ingiustificate, tra ricchi e poveri, tra chi sta in alto e chi sta in basso nella scala sociale, tra chi possiede potere, vale a dire capacità di determinare il comportamento altrui, sia nella sfera economica sia in quella politica e ideologica, e chi non ne ha. Diseguaglianze particolarmente visibili e – a poco a poco irrobustendosi la coscienza morale col passare degli anni e il tragico evolversi degli eventi – sempre più consapevolmente vissute da chi, come me, era nato ed era stato educato in una famiglia borghese, dove le differenze di classe erano ancora molto marcate. Queste differenze erano particolarmente evidenti durante le lunghe vacanze in campagna dove noi venuti dalla città giocavamo coi figli di contadini. Tra noi, a dire il vero, c’era affettivamente un perfetto affiatamento e le differenze di classe erano assolutamente irrilevanti, ma non poteva sfuggirci il contrasto tra le nostre case e le loro, i nostri cibi e i loro, i nostri vestiti e i loro (d’estate andavano scalzi). Ogni anno, tornando in vacanza, apprendevamo che uno dei nostri compagni di giochi era morto durante l’inverno di tubercolosi. Non ricordo, invece, una sola morte per malattia tra i miei compagni di scuola di città. "
Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica; Prima edizione: 1994. [ Libro elettronico ]
#Norberto Bobbio#Destra e sinistra#politologia#eguaglianza#politica italiana del '900#liberalismo#socialismo#democrazia#conservatorismo#progressismo#scienza politica#filosofia#categorie della politica#radicalismo#moderatismo#letture#teorie politologiche#saggistica#leggere#citazioni#politici#intellettuali italiani del XX secolo#libri#ideologie#ideologismi#libertarismo#egalitarismo#ricordi d'infanzia#antifascismo#antifascisti
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Gli esecratori del brutto pestaggio del Quarticciolo, ai danni di uno scippatore straniero, non si credano poi tanto cristiani. Bernardo di Chiaravalle scrisse: “Chi uccide un malfattore, non deve essere reputato un omicida ma un malicida”. E Bernardo di Chiaravalle era un Santo. Leone XIII scrisse: “L’arrendevolezza dei buoni aumenta l’audacia dei malvagi”. E Leone XIII era un Papa. Vittorio Mathieu scrisse: “Attribuire la giustizia sommaria solo a ignoranza, e la vendetta solo a un meschino desiderio di rivalsa, significa non vedere in essi tentativi che, per quanto difettosi, mirano già alla giustizia”. E Mathieu era un filosofo cattolico. Gli esecratori del brutto, evidentemente brutto, pestaggio del Quarticciolo, sappiano di essere soprattutto hegeliani. Anni fa Carlo Nordio ricordò che i fortissimi limiti all’autodifesa contenuti nel nostro codice penale sono stati inseriti nel 1930 per assicurare allo Stato (lo Stato etico di Hegel) il monopolio della violenza. Da Vincenzo Manzini e Alfredo Rocco: giuristi fascisti e dunque hegeliani, o forse hegeliani e dunque fascisti.
Assolutamente senza forse (retorico): idealisti, provincia della provincia tedesca che assieme al liberalismo traviato di Croce, han mandato completamente fuori strada il "moderatismo laico" in Italì, tenendolo cinquant'anni indietro; via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2023/09/09/news/non-si-creda-tanto-santo-chi-esecra-il-brutto-pestaggio-del-quarticciolo-5659578/
Chissà perché rilancio sempre più frequentemente e sempre più volentieri gli articoli di CAMILLO LANGONE: ma perché il suo è normale buon senso, spiegato con quel garbo ed eleganza che la cultura vera non i salotti ti dà; elegante ma diretto dirompente spiazzante senza sconti; nel panorama di penoso pensiero debole diffuso oggi, diviene manifesto di autentica ANTROPOLOGICA SUPERIORITA'.
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Gli idioti ci costano caro
Gli idioti ci costano caro
Anna Lombroso per il Simplicissimus C’è una nuova declinazione del moderatismo: si esprime prendendo le distanze dalle tifoserie contemporanee aizzate le une contro le altre, contro le curve che sarebbero parimenti infiltrate chi da estremisti di destra e da rottami dell’antagonismo, che da ultrà del neoliberismo. I neocentristi, nel somministrarci la loro saggezza un tanto all’etto, premettendo…
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#carobolletta#carovita#censura#crisi energetica#disoccupati#green pass#informazione#moderatismo#Monti#privatizzazioni
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L'illusione moderato-ragionevole
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L'illusione moderato-ragionevole
di Piero Visani
Ho sempre pensato – e lo penso ancora di più oggi – che il moderatismo sia un dato caratteriale, molto più che politico. Avendo un carattere diverso, di moderatismo non mi sono mai interessato.
Potrei dire tutto il male possibile dei moderati, ma non lo faccio e non mi interessa farlo. Nella mia vita, i miei percorsi esistenziali non si sono mai incrociati con i loro e, le rare volte in cui ciò è avvenuto, sono stati incroci casuali e assolutamente non interessati. Io ovviamente non interessavo loro, e viceversa.
Una sola cosa mi preme sottolineare, oggi. Nessun moderato si faccia illusioni che la deriva in cui sono preda l’Italia e l’Europa possa finire bene. L’Italia è ormai in preda a una cleptocrazia il cui unico impegno, ogni giorno accentuato, è la spoliazione totale della popolazione, nella corretta consapevolezza che, se il popolo non sarà totalmente spogliato di ogni suo avere, la cleptocrazia stessa non sopravviverà, non avendo risorse ulteriori cui attingere.
La cleptocrazia europea, a sua volta, è una versione raffinata e di maggiore cabotaggio di quella italiana, e anch’essa si avvia verso i medesimi lidi.
Non esiste alcun potere che sia sopravvissuto senza operare periodiche ridistribuzioni di ricchezza. Solo di spoliazioni non si vive e si va incontro a grossi guai. Naturalmente le cleptocrazie continentali non mancano di alimentare le proprie clientele, burocrazie e scherani, ma tutto ciò per quanto tempo sarà sufficiente? Il terribile abbassamento dei livelli di vita di una cospicua percentuale degli europei quanto potrà durare senza contraccolpi, per di più in presenza di massicci fenomeni migratori? All’azione di una banda (o banca…?) di ladri patentati si potrà rimediare con una moderata ragionevolezza? Non posso certo escluderlo, ma formulo sinceri auguri in tal senso, perché è un’ipotesi che va incontro a terribili rischi e, tanto più sarà procrastinata, quanto più sarà destinata a rivelarsi difficile, se non impossibile. Stiamo andando sorridenti verso l’abisso e non ci limitiamo a guardarlo, come nella nota immagine nietzscheana, ma siamo ben decisi a buttarci dentro. La più moderata, prudente e ponderata delle soluzioni: “tutti morimmo a stento” (del resto, i moderati sono spesso parsimoniosi, non solo economicamente: della vita conoscono e desiderano solo una parte, possibilmente non eccessiva; il tutto per loro è troppo…).
Ho sempre pensato – e lo penso ancora di più oggi – che il moderatismo sia un dato caratteriale, molto più che politico. Avendo un carattere diverso, di moderatismo non mi sono mai interessato.
Potrei dire tutto il male possibile dei moderati, ma non lo faccio e non mi interessa farlo. Nella mia vita, i miei percorsi esistenziali non si sono mai incrociati con i loro e, le rare volte in cui ciò è avvenuto, sono stati incroci casuali e assolutamente non interessati. Io ovviamente non interessavo loro, e viceversa.
Una sola cosa mi preme sottolineare, oggi. Nessun moderato si faccia illusioni che la deriva in cui sono preda l’Italia e l’Europa possa finire bene. L’Italia è ormai in preda a una cleptocrazia il cui unico impegno, ogni giorno accentuato, è la spoliazione totale della popolazione, nella corretta consapevolezza che, se il popolo non sarà totalmente spogliato di ogni suo avere, la cleptocrazia stessa non sopravviverà, non avendo risorse ulteriori cui attingere.
La cleptocrazia europea, a sua volta, è una versione raffinata e di maggiore cabotaggio di quella italiana, e anch’essa si avvia verso i medesimi lidi.
Non esiste alcun potere che sia sopravvissuto senza operare periodiche ridistribuzioni di ricchezza. Solo di spoliazioni non si vive e si va incontro a grossi guai. Naturalmente le cleptocrazie continentali non mancano di alimentare le proprie clientele, burocrazie e scherani, ma tutto ciò per quanto tempo sarà sufficiente? Il terribile abbassamento dei livelli di vita di una cospicua percentuale degli europei quanto potrà durare senza contraccolpi, per di più in presenza di massicci fenomeni migratori? All’azione di una banda (o banca…?) di ladri patentati si potrà rimediare con una moderata ragionevolezza? Non posso certo escluderlo, ma formulo sinceri auguri in tal senso, perché è un’ipotesi che va incontro a terribili rischi e, tanto più sarà procrastinata, quanto più sarà destinata a rivelarsi difficile, se non impossibile. Stiamo andando sorridenti verso l’abisso e non ci limitiamo a guardarlo, come nella nota immagine nietzscheana, ma siamo ben decisi a buttarci dentro. La più moderata, prudente e ponderata delle soluzioni: “tutti morimmo a stento” (del resto, i moderati sono spesso parsimoniosi, non solo economicamente: della vita conoscono e desiderano solo una parte, possibilmente non eccessiva; il tutto per loro è troppo…).
PIERO VISANI
http://derteufel50.blogspot.de/
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Andrea Pertici: "... adesso Berlusconi dovrebbe andare al #Quirinale, per il settennato 2022-2029, dagli 85 anni ai 92 abbondanti.
Il tutto viene presentato con riferimenti al ���moderatismo”, l’”europeismo”, il “senso delle istituzioni”, il popolarismo.
Tutto ciò che è accaduto è dimenticato:
- il più gigantesco conflitto d’interessi mai visto, con tanto di ipotesi di affiancargli - quando venne nominato la prima volta Presidente del Consiglio - un “garante” (che doveva essere Spadolini);
- gli accordi elettorali con quell’estrema destra di cui oggi si discute lo scioglimento (ad esempio, Forza nuova è stata in coalizione, all’interno della lista di Alternativa sociale);
- i “No euro” (ah, l’europeismo..) sempre in coalizione;
- l’”editto bulgaro”, ovvero la dichiarazione in cui Berlusconi disse che Luttazzi e Biagi - dico, Enzo Biagi, il più grande giornalista italiano - avevano fatto della Tv pubblica un “uso criminoso”, facendoli sparire dalle frequenze;
- lo scontro - nel 2003 - al Parlamento europeo con il leader socialista Schultz, che Berlusconi, nell’insediarsi come Presidente di turno del Consiglio, disse che avrebbe proposto per il ruolo di kapò in un film sui lager nazisti;
- il “lodo Schifani” e il “lodo Alfano” per impedire che un Presidente del Consiglio in carica potesse essere processato, per qualunque cosa, anche per maltrattamenti in famiglia;
- la affermazione da Presidente del Consiglio in carica, a fronte della sconfitta (seppure di misura) nelle elezioni del 2006, per cui “il risultato deve cambiare”;
- l’elogio di leader non democratici, di cui sottolineava l’ampio consenso popolare (ottenuto chissà come);
- i “cucù settete” a Merkel o le corna nelle foto ai vertici internazionali o gli “apprezzamenti” sessisti per Merkel e Bindi;
- le feste e i festini di ogni tipo, che consentivano l’accesso incontrollato a luoghi che dovrebbero essere riservati;
- le telefonate alla Questura per sostenere che una minore marocchina fermata dalla polizia era “nipote di Mubarak”, Presidente egiziano, con conseguente voto confermativo della tesi da parte della maggioranza parlamentare;
- le intercettazioni con Tarantini che gli diceva che avrebbe portato “le ragazze”;
- l’abolizione delle tasse di successione (“uguale” per tutti) e di ogni tassa sulla casa (“uguale” per tutti), ma mai una redistribuzione della pressione fiscale a vantaggio dei redditi medio-bassi;
- gli interventi sulla prescrizione e sulla depenalizzazione del falso in bilancio che incidevano su proprie posizioni processuali (in corso);
- lo “scudo fiscale” per far rientrare i capitali trafugati all’estero pagando solo il 5%;
- la forzatura sull’alimentazione forzata alla povera Eluana Englaro che “avrebbe potuto aver figli”;
- gli scontri della polizia con i manifestanti di Genova nel 2001;
- gli attacchi alla magistratura, colpevole di “lesa maestà”, fino alla manifestazione a sua difesa dei “suoi” parlamentari sulla scalinata del Tribunale di Milano;
- la conduzione dell’Italia sull’orlo del default nel 2011, con tanto di “lettera di reprimende” della BCE (ah, l’europeismo)
- la condanna definitiva per frode fiscale del 2013;
E molto altro ancora si potrebbe dire… pagine imbarazzanti per Italia, manifestazioni continue di inefficienza, incapacità di governo e utilizzo del potere per farsi gli affari propri…
Ecco, tutto questo sembra oggi dimenticato. La stampa ne fa un “padre nobile” da preferire a Salvini e Meloni, pronto per il Quirinale.
Ma possiamo essere un Paese serio?"
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Non mi piace questo moderatismo.
Sostituire Bella Ciao all'Inno di Mameli è reazionario.
Un progressista vero avrebbe proposto YMCA dei Village People.
@Ingestibile79
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Che ripresa è se i lavoratori poveri sono sempre di più? Ci sono sempre più lavoratori poveri e indebitati a causa dei bassi salari, della precarietà, del part-time involontario, dei contratti truffa, della dinamica salariale spinta verso il basso dalle privatizzazioni e del rincaro di tariffe e beni essenziali. Di Federico Giusti per La Città Futura. Come si misura la povertà lavorativa? Una domanda di non facile risposta, per quanto l’esperienza comune insegni a giudicare poveri quanti non percepiscono un salario adeguato a supportare le esigenze personali e familiari. (...)È povero chi lavora meno di sette mesi all’anno; è povero chi non va oltre un contratto part-time; sta diventando povero anche chi ha un full-time ma con contratti nazionali di riferimento che prevedono una bassa paga oraria. La povertà delle famiglie non riguarda più solo i nuclei monoreddito o con figli a carico. Sovente a non arrivare in fondo al mese è il lavoratore che fino a 10 anni fa poteva definirsi privilegiato, con un posto fisso e contratto full-time. Ogni considerazione sulla povertà riporta la mente alla figura sociale del lavoratore o pensionato indebitato, costretto a continui prestiti per far fronte a esigenze familiari e a spese insostenibili con la sua semplice fonte di reddito. Il debito non è solo un rapporto economico; resta anche una tecnica di controllo e di governo delle soggettività individuali e collettive. Chi contrae debiti è generalmente, per ovvi motivi, un soggetto ricattato e ricattabile, vive una situazione di inferiorità e un senso di colpa che poi è stato insinuato per anni nella nostra mente, una sorta di espiazione del debito pubblico, esploso fragorosamente nel corso degli ultimi anni per salvare il sistema finanziario privato, che diviene il giusto pretesto per abbattere le spese sociali e quelle pensionistiche. Nei 40 anni di politiche neoliberiste, il lavoratore indebitato è divenuta figura di massa, indebitato rispetto alle banche per onorare prestiti atti all’acquisto della prima casa, a ripagarsi le spese universitarie o sanitarie (specie laddove istruzione e sanità pubblica non funzionano), a coprire le spese per un’assicurazione privata o semplicemente arrivare a fine mese. (...) E se oggi gli stipendi sono leggeri, anzi leggerissimi, lo saranno anche le pensioni di domani tra vuoti contributivi e un sistema di calcolo dell’importo previdenziale alquanto svantaggioso per i bassi e medi salari, in primis i precari e le precarie. Going for Growth 2021, Ocse a Italia: crisi sta aggravando le disuguaglianze Il lavoratore indebitato vive una situazione paradossale: subisce la crescita dei carichi di lavoro ma percepisce salari del tutto insufficienti, vive sulla sua pelle la colpevolizzazione tipica della miseria vissuta con senso di vergogna, percepisce una sostanziale inadeguatezza, un fallimento esistenziale. La povertà non è solo economica ma etica e morale, tanto che ciascuno di noi nasce già con un fardello di debiti da pagare (ma specularmente c’è chi – pochi – nasce con un cospicuo credito!). Potremmo sintetizzare l’intero ragionamento nel luogo comune secondo il quale si vive per lavorare e pagare i debiti. E il fardello del debito pubblico per anni è stato scaricato sulle nostre spalle per sviluppare un senso di colpa diffuso che alla fine impedisce di avanzare rivendicazioni forti in termini di salari, pensioni e servizi. (...) Secondo noi serve un radicale cambiamento di prospettiva che non potrà essere quello di adeguarsi alle politiche fiscali, previdenziali e occupazionali della Ue o dei paesi a capitalismo avanzato. Bisogna osare e pensare in maniera radicalmente diversa da come si è fatto nel recente passato, aggredire le cause economiche e sociali della miseria e per farlo bisogna uscire dal moderatismo salariale ed economico che ha instillato nella classe lavoratrice il senso di colpa tipico dell’uomo indebitato. Perché, a scanso di equivoci, colpe noi non ne abbiamo. La Città Futura
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Ludovico Geymonat, Contro il moderatismo. Interventi dal... http://bit.ly/2Sfr0j4
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“ I due concetti «destra» e «sinistra» non sono concetti assoluti. Sono concetti relativi. Non sono concetti sostantivi o ontologici. Non sono qualità intrinseche dell’universo politico. Sono luoghi dello «spazio politico». Rappresentano una determinata topologia politica, che non ha niente a che vedere con l’ontologia politica: «Non si è di destra o di sinistra, nello stesso senso per cui si dice che si è “comunisti”, o “liberali”, o “cattolici”» [Marco Revelli, Destra e sinistra: l’identità introvabile, dattiloscritto di 65 pp.; sarà pubblicato nel 2007 col titolo Sinistra destra. L'identità smarrita]. In altri termini, destra e sinistra non sono parole che designano contenuti fissati una volta per sempre. Possono designare diversi contenuti secondo i tempi e le situazioni. Revelli fa l’esempio dello spostamento della sinistra ottocentesca dal movimento liberale a quello democratico, a quello socialista. Ciò che è di sinistra è tale rispetto a ciò che è di destra. Il fatto che destra e sinistra rappresentino una opposizione vuol dire semplicemente che non si può essere contemporaneamente di destra e di sinistra. Ma non dice nulla sul contenuto delle due parti contrapposte. L’opposizione resta, anche se i contenuti dei due opposti possono cambiare. A questo punto si può anche osservare che sinistra e destra sono termini che il linguaggio politico è venuto adoperando nel corso dell’Ottocento, e sino a oggi, per rappresentare l’universo conflittuale della politica. Ma se questo stesso universo può essere rappresentato, ed è stato di fatto rappresentato in altri tempi, da altre coppie di opposti, di cui alcune hanno un valore descrittivo forte, come «progressisti» e «conservatori», altre hanno un valore descrittivo debole, come «bianchi» e «neri». Anche la coppia bianchi-neri indica soltanto una polarità, cioè significa soltanto che non si può essere nello stesso tempo bianchi e neri, ma non lascia assolutamente intendere quali siano gli orientamenti politici degli uni e degli altri. La relatività dei due concetti si dimostra anche osservando che l’indeterminatezza dei contenuti, e quindi la loro possibile mobilità, fa sì che una certa sinistra rispetto a una destra può diventare, con uno spostamento verso il centro, una destra rispetto alla sinistra rimasta ferma, e, simmetricamente, una certa destra che si sposta verso il centro diventa una sinistra rispetto alla destra che non si è mossa. Nella scienza politica è noto il fenomeno del «sinistrismo», come quello simmetrico del «destrismo», secondo cui la tendenza allo spostamento verso le posizioni estreme ha per effetto, in circostanze di particolare tensione sociale, il formarsi di una sinistra più radicale alla sinistra della sinistra ufficiale, e di una destra più radicale alla destra della destra ufficiale: l’estremismo di sinistra sposta più a destra la sinistra, come l’estremismo di destra sposta più a sinistra la destra. “
Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, edizione del ventennale con una introduzione di Massimo L. Salvadori e due commenti vent'anni dopo di Daniel Cohn-Bendit e di Matteo Renzi, Roma, Donzelli, 2014. [ Libro elettronico ]
[Prima edizione: 1994]
#Norberto Bobbio#Destra e sinistra#Marco Revelli#politologia#politica italiana del '900#liberalismo#socialismo#democrazia#conservatorismo#progressismo#scienza politica#filosofia#categorie della politica#radicalismo#moderatismo#letture#teorie politologiche#saggistica#leggere#citazioni#politici#intellettuali italiani del XX secolo#libri#ideologie#ideologismi#libertarismo#egalitarismo
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Fiorentino, eretico e intransigente, Berto Ricci fu uno spirito inquieto che seppe sintetizzare la visione eroica della vita con quella intellettuale.
Fiorentino, eretico e intransigente, Berto Ricci fu uno spirito inquieto che seppe sintetizzare la visione eroica della vita con quella intellettuale.
Le sue tesi anticapitaliste incrociavano quelle del socialismo, della lotta alla borghesia, al moderatismo e al carrierismo politico. Sposò gli ideali del regime e in seno ad esso operò una produzione culturale fatta delle migliori eccellenze letterarie del tempo, dove si aggregavano fede e disincanto, valori e criticismo, filosofia e pragmatismo. Il ritratto di Berto Ricci, intellettuale libero…
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Allearsi con "uno dei due poli"? Non conveniva farlo prima delle elezioni, lo faranno dopo e solo col Polo raccomandato da chi piace alla gente che piace. Per il resto, il terzopolismo è ben fotografato: espressione di pensiero debole camuffato da "moderatismo". Sono solo collaborazionisti (cit.) dalle mani pulite.
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사회 5-2 기탄만화교과서 - 초등학교 교과서를 만화로 익히는 교과서 밖의 교과서 『기탄 사회 만화교과서 5-2』. 교과서의 핵심 내용을 재미있는 스토리 연재 방식으로 구성하였고, 초등 학교 선생님의 학습 요점 강의와 단원 관련 상식이 생생하게 실려있습니다. 귀엽고 멋진 만화 주인공들과 웃고 즐기며 재미있게 공부할 수 있어요, 여기에 더해진 다양한 삽화와 신기한 사진 자료들도 공부를 더욱 재미있게 하지요. 깜찍한 주인공들과 함께 교과서에 빠져 보세요~! 크리스피 - 졸리티(Crispi - Giolitti) 정부 15년간 집권해 왔던 우파 정권은 한 마디로 말해서 온건한 자유주의적, 진보적인 귀족과 상류 사회 시민들의 과두 정권이라고 할 수 있고, 그 집권하에서 지배 체계로서의 국가, ��� 법정 국가인 이탈리아(Italia regale)와 국민 대중의 생활을 터전으로 하는 현실적인 이탈리아(Italia reale)의 괴리는 매우 컸다. 이리하여 그 정권은 무너지고, 그 뒤를 이어 1876년 3월에 데프레티스(Depretis, 제1차 : 187 6. 3.∼187 7. 12., 제2차 : 187 7. 12.∼187 8. 3.)의 좌파 내각이 정권을 장악했다(좌파 내각은 제1차 세계 대전 전야까지 - 1915년 - 이탈리아의 운명을 관장하게 된다). 하지만, 이 내각도 민주주의파들이 기대했던 만큼 획기적인 체제의 변혁을 이룩하지 못했고, 그 정책은 수시로 좌 · 우파와 타협을 꾀하며, 다수파 공작(Trasformismo)이라고 불릴 정도로 현실적인 정세에 대응하는 정치적 신념의 변모를 자행했다. 즉, 정치적 편의주의를 꾀했던 것이다. 이러한 좌파적 정치 노선에 의해 교회에 대한 정책마저 본질적으로 우파와 다를 바가 없었고, 정부의 교회 정책은 정교 분리와 교회 간섭 사이를 배회하는 형편이었다. 가톨릭 비타협파는 이와 같은 추세에 대항하여 정치적, 종교적인 투쟁으로써 선거 불참이라는 원칙을 고수해 나갔고, 반면에 정치적 영역에서 지방의 사회적, 정신적 생활에 종교적인 영향력을 유지하며 강화시켜 나가고자 대중적 기반 위에 서서 가톨릭 운동을 형성하려는 화해파들이 민중의 조직화를 기도하며 정치에 참가하기 시작했다. 데프레티스 내각을 계승했던 크리스피 수상(제1차 : 188 7. 8.∼188 9. 3., 제2차 : 188 9. 3.∼1891. 2., 제3차 : 189 3. 12.∼189 6. 3.)은 반프 친독 정책을 추진해 나가면서 프랑스와 경제 단교를 단행했다. 그 결과 때마침 진행 중이던 농업 공황과 겹쳐 이탈리아 경제에 치명적인 타격을 가져왔고, 노동 운동을 격화시킴으로써 사회주의 운동을 촉진시켰다(1892년 이탈리아 근로자당이 결성되고, 이듬해 이탈리아 근로자 사회당으로 개명, 1895년에 최종적으로 이탈리아 사회당이 구성된다).프란체스코 크리스피 1894∼1895년에 크리스피 내각은 급진적 좌파의 전진을 막고, 유럽 외교와 아프리카 식민지 문제에 있어서 교황청의 협조와 농촌 선거에서 가톨릭의 찬성표를 획득하려고 교회 당국과의 화해를 모색했고, 그 첫 시도로서 이탈리아 선교사 협조 협회를 설치, 양자 간의 화해 조정을 시도했으나, 교회 당국은 교회에 대한 명백한 독립 보장이 없는 한 타협에 응하지 않았다. 이와 같이 크리스피 내각은 교황 레오 13세(1878∼1903)와 화해를 제의했으나 합의에 이르지 못하자 정책을 바꾸어 도발적으로 교권주의(Clericalismo)의 억압을 단행했다.한편, 교회는 도시의 노동 문제의 심각성과 농업 공황에 의한 농민의 참상을 가톨릭측의 새로운 과제로 삼고, 민중의 경제 생활과 한층 더 밀착하는 방법으로 조직을 강화하면서, 1891년 교황 레오 13세의 노동에 관한 회칙 '레룸 노바룸(Rerum Novarum)'의 정신에 따라 가톨릭의 입장에서 사회 문제에 대한 이론을 전개해 갔다. 특히, 각종 협동 조합, 그중에서도 농업 협동 조합의 설립을 진행시켰고, 이러한 농업 협동 조합은 각기 농업 금고를 설치하여 농민들 사이에 농업 신용 제도를 정비해서 고리 대금의 억압에서 농민을 해방시켜 소농이나 소작농층의 조직화에 적지 않은 역할을 담당했다.크리스피의 독선적인 권력주의가 노동 운동과 사회주의에 대한 탄압 정책을 강행하는 반면, 사회주의 세력은 확대되어 갔고, 1897년 총선거에서는 20명 정도의 사회당원을 포함해서 공화주의자 등 급진 좌파가 80여 개의 의석을 차지했다.교황 레오 13세 재위 기간 동안 적극적이고 활동적인 가톨릭 인들은 민주주의자, 급진론자, 공화주의자, 그리고 사회주의자를 반대하는 정치 입후보자에게 투표함으로써, 보수파 세력을 지지하든지 또는 가톨릭적 정치 세력을 구축하기 위해 투표를 기권하고 종파적 · 교권주의적 정당 구성에 박차를 가하는 교착적인 정치 활동을 해 왔다.자유주의적인 정부는 19세기의 마지막 10년 동안 감언이설과 폭력으로 가톨릭과의 타협을 유도하든지, 교권주의 조직을 파괴하여 비타협파 일간지에 압력을 가함으로써 가톨릭 단체에 타협을 강요해 왔다. 이리하여 1895년 이후 가톨릭 단체는 자유주의자의 지지를 거부하면서 장차 의회와 정부 안에서 가톨릭적 계획을 실천에 옮기고자 선거 불참 원칙을 고수했다. 따라서, 온건파의 패권 장악을 원치 않았고, 보수파 정책을 위한 입후보자의 옹립과 투표도 원치 않았다. 그 대신 가톨릭 운동의 조직체인 대회와 위원회 활동에서 규정한 원칙을 실천하는 데 주력해 나갔다(1896년 피에솔레 대회, 1897년 9월 밀라노 대회 등).한편, 교황 레오 13세는 교황직의 위신을 증대시켜 나가면서(교황청 주재 외교 사절의 증가) 긴급한 사회적, 정치적, 문화적 문제에 있어서 선임자인 피우스 9세의 노선을 바꾸어 국가 간의 개방적인 외교 노선을 펴 나갔다. 이러한 교황 레오 13세의 활동은 1900년대에 와서 그 결실을 맺게 된다. 즉, 성년(anno santo)으로 개막된 새로운 세기는 실제적인 면에서의 깊은 변혁, 그리고 교회와 이탈리아 정부 상호간에 종교적, 문화적 생활상에 있어 새로운 양상을 가져왔다. 이탈리아 통일이라는 강박 관념은 이 시대의 정치적 풍토 속에 개입할 여지가 없어져 정치 · 문화 활동에 참여하는 많은 사��들에게 교황권에 대항할 정치 · 종교적인 투쟁 의도가 약화되어 갔다. 오히려 정치가들은 교황청에 대해서 경이롭고 현명한 정책을 전개해 나갔고, 이탈리아 중산층은 이러한 정치적, 사회적인 현상 유지라는 동기 때문에 교황과 교회에 접근해 갔다. 교회는 합리주의를 반대하는 동시에 정부의 보호와 사회 상류층과의 결속 없이 가톨릭 교권의 강화에 힘썼다. 국왕 움베르토 1세(Umberto, 1878∼1900)의 암살(1900. 7.)로 비토리오 에마누엘레 3세가 즉위(1900∼1946)하게 되자, 정부는 민주주의 정책 쪽으로 방향을 바꾸어 교회에 대한 탄압을 중단했고, 반교권주의자였던 자나느델리(Zanardelli) 내각(1901. 2.∼190 3. 11.) 역시 교황 레오 13세 서거로 인한(190 3. 7. 20.) 교황 선거 후 정부와 교회 상호 관계의 개선을 도모했다.1903년 8월 4일에 교황의 자리에 오른 피우스 10세(1903∼1914)는 레오 교황과는 전혀 다른 타입, 즉 비정치적이고 내면적이며, 경건하고 종교적인 성격의 소유자였다. 그래서 "그는 어디서나 성인이란 인상을 남겼다."라고 표현했으며 실제로 그는 성인이었고, 1954년에 시성(諡聖)이 되었다. '크리스트 안에서 모든 것을 갱신하는 것(Instaurare omnia in Christo, 1903년의 회칙)'은 그의 표어였다. 그는 교회 내적이고 종교적인 문제에 모든 노력을 아끼지 않았고, 사목 교황(司牧敎皇)으로서, 또 역사상 대개혁가의 한 사람으로서 교회를 위해 대단히 많은 일을 했다. 그의 강력한 개혁 활동은 제1차 바티칸 공의회와 연결되어 있었다. 1870년 공의회의 중단으로 인해 실현되지 못했던 많은 개혁안들이 채택되고 실현되었다. 그의 교황청 개혁 및 교회법의 개편을 위한 그의 준비 작업 또 중요한 것이었다. 그러나 신앙의 순수성과 교회의 권리에 대한 그의 단호한 입자의 이면에는 소심함과 완고함이 있었고, 이것은 교회 정책면에서 불길하게 작용하기도 했다. 엄격한 군주주의자인 피우스 교황은 그의 선임자들처럼 민주주의적 이념을 인정하지 않았고, 당시의 공화제적 사조와 접촉할 수 있는 기회를 주지 않았다. 그리하여 교령 '라멘타빌리(Lamentabili)'와 회칙 '파센디(Parcendi, 1907)'에 의한 이른바 근대주의의 단죄가 준 위기를 초래하게 된다.교황 피우스 10세 [Author=Einige Priester der Gesellschaft Jesu]한편, 이탈리아 정부의 입장에서 볼 때 의회 안에서의 입헌 좌파의 영도자였던 졸리티가 1903년 11월에 두 번째로 내각을 구성하였다. 그는 노동 운동, 사회주의 운동을 배제하지 않고 오히려 이러한 운동을 제도 안에 통합시키려는 과제를 중시하면서 민중을 장악하려고 했다.조반니 졸리티 졸리티 시대의 개막에 앞서서 이탈리아는 1896년부터 경제���인 경기 회복이 이루어지고 있었다. 졸리티가 새로운 정책으로 장기 집권을 하게 되는 이면에는 그 시기에 있어 중화학 공업의 발전을 기반으로 하는 공업 생산의 신장과 졸리티의 노동자 보호 정책이 이와 같은 공업 발전의 요인이 되기도 했던 것이다. 그뿐만 아니라, 졸리티 체제는 사회주의에 대한 획기적인 유화 정책을 펴 나가는 한편, 가톨릭과도 제휴하는 노선을 취했지만, 그의 능수능란한 정책은 파렴치한 정치 공작을 감행함으로써 각 지방 노동 협의회의 지도층에 조합주의적(Sindacalismo) 사상을 야기시켜 과격파의 반발을 자아내기도 했다.또, 살베미니(Salvemini, 1873∼1957)를 대표하는 이탈리아 남부주의자는 북부 공업 육성을 위한 보호 정책이 남부 개혁에 중대한 장애가 된다는 현실을 문제시하여, 노동자와 농민의 자주적인 의사에 따른 개혁을 주장하기도 했다. 아무튼, 지배층과 자유주의적 중산 계급 상호간에는 전국적인 정치 조직이 결여되어 있고, 공업가층이나 농업가층에 있어서도 독자적인 정치적 결속이라는 점에서는 미흡했다. 이와는 대조적으로 사회주의와 가톨릭은 확실하게 조직 편성을 진행하고 있어서 졸리티 체제의 안전도는 이 두 세력의 통합 여하에 달려 있었다.가톨릭 활동 단체를 고찰해 볼 때, 여태까지 비타협주의 노선에 불만을 나타내어 교회 조직과 다른 정당적 조직의 형성을 주장하여, 국가와 사회의 급진적 개혁을 시도하려고 하는 기독교 민주주의 동맹(Lega Democratica Cristiana)을 결성했던 로몰로 무르리(Romolo Murri)의 활동은 가톨릭 운동에 새로운 바람을 일으켰지만 교황청의 승인을 받지 못했다. 반면, 기정 사실인 국가 체제를 현실 그대로 받아들여 그러한 체제 속에서 자유주의적 중산층(금융계와 산업계)과의 제휴를 인정하려는 가톨릭의 정치적, 사회적 활동의 교권 온건주의(Clerico-Moderatismo)가 형성되어 갔다.이리하여 오랫동안 가톨릭 운동의 중심 조직이었던 대회 및 여러 위원회 활동은 이러한 상황 진전에 대응할 수가 없어서 1904년에 해산되고 말았다. 이를 대신하여 1906년에 새로이 5개의 가톨릭 조직, 즉 가톨릭 민중 연합(Unioni Cattoliche Pociale), 가톨릭 경제 사회 연합(Economico-Pociale), 가톨릭 선거 연합(Elettorale dei Giovani), 가톨릭 청년회(Delle Donne)가 결성되었다. 이들 단체는 정치적, 사회적 문제에 개입하려는 움직임을 현저하게 드러내면서 선거 불참이라는 태도를 완화시켰으며, 1909년의 총선거에서는 그 입장이 두드러지게 부각되었다. 1913년 6월에 있었던 총선거에서 졸리티는 가톨릭 선거 연합의 총재인 젠틸로니(Gentiloni)와 협정을 맺어(Patto Gentiloni) 이혼법과 학교 안에서의 종교 교육 폐지에 관한 법률 등 반교회 입법에 투표하지 않는다는 약속을 전제로 해서 온건자유주의 입후보자에 가톨릭파의 지지를 얻어 228명의 의원이 당선되기도 했고, 정부와 바티칸 상호간에, 그리고 ���지사와 주교 상호간에 지속적이고 절도 있는 관계가 유지되어 나갔다. 이와 같이, 가톨릭 운동은 북부 이탈리아를 중심으로 활발해졌고, 졸리티의 다수파 공작(多數派工作)의 대상이 가톨릭 비타협파에게까지 영향을 주었음을 알 수 있었다.그렇지만 1913년에 실시된 총선거에서 졸리티 내각은 젠틸로니 협정으로 그 체제를 유지할 수는 있었지만, 리비아 전쟁 이후보다 유동적이었던 사회 정세하에서 자유주의 세력의 퇴조가 현저하게 나타났다. 젠틸로니 협정이 폭로됨으로써 졸리티는 급진파와 반교권주의자들의 지지를 상실하게 되고, 군비라든지 정부 기관의 부정 지출, 선거 운동의 부정 등이 문제시되자 그에 대한 조사 위원회가 구성되어 졸리티 체제하에서의 부패상이 백일하에 드러나게 되었다. 이리하여 졸리티가 조작해 왔던 자유주의적 유화 정책은 허물어지기 시작했고 1914년 3월, 졸리티는 사직하고 말았다.결론적으로 볼 때, 1913년의 졸리티 체제의 위기는 로마 문제에 대한 쌍방간의 해결 없이는 정부와 국가 간의 결정적인 균형을 유지해 나갈 수 없다는 것이 명백해진다. 다시 말해서, 정부에 대한, 그리고 외교 정책이나 이탈리아 식민지 정책에 있어서의 교권주의자들의 협조는 교황과 가톨릭측에 의한 보장법의 승인 없이는 이루어지지 않고, 데프레티스, 크리스피 루디니, 졸리티 내각이 희망하고 찾았던 정책이 실현될 수 없다는 사실을 이해하게 된다. 실상 피우스 10세와 졸리티는 로마 문제를 해결할 수는 없었고, 단지 경제적, 정치적 그리고 식민지적 발전을 시도하면서 사회 분위기를 명랑하게 할 수 있는 하나의 휴전 상태를 쌍방이 묵인하는 데 그쳤던 것이다. 하지만, 교황 피우스 10세가 애써 왔던 종교적, 교회적인 부흥 작업은 장래에 있어서의 해결책의 길을 열어 주는 데 기여했던 것은 사실이다. 젠틸로니적 자유주의 의원은 복잡한 입법 제정을 포기했고, 정통파 가톨릭 의원들은 일시적으로 영토적인 국가 통일 정비를 승인하면서 자유주의적 입법을 묵인했던 것이다. 결국 교회 당국은 일반 신도들의 소망인 로마 문제에 대한 쌍방간의 결정적인 해결을 한층 더 재촉하는 결과를 가져왔다.
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Gli idioti ci costano caro
Gli idioti ci costano caro
Anna Lombroso per il Simplicissimus C’è una nuova declinazione del moderatismo: si esprime prendendo le distanze dalle tifoserie contemporanee aizzate le une contro le altre, contro le curve che sarebbero parimenti infiltrate chi da estremisti di destra e da rottami dell’antagonismo, che da ultrà del neoliberismo. I neocentristi, nel somministrarci la loro saggezza un tanto all’etto, premettendo…
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#carobolletta#carovita#censura#crisi energetica#disoccupati#green pass#informazione#moderatismo#Monti#privatizzazioni
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L'illusione moderato-ragionevole
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L'illusione moderato-ragionevole
di Piero Visani
Ho sempre pensato – e lo penso ancora di più oggi – che il moderatismo sia un dato caratteriale, molto più che politico. Avendo un carattere diverso, di moderatismo non mi sono mai interessato.
Potrei dire tutto il male possibile dei moderati, ma non lo faccio e non mi interessa farlo. Nella mia vita, i miei percorsi esistenziali non si sono mai incrociati con i loro e, le rare volte in cui ciò è avvenuto, sono stati incroci casuali e assolutamente non interessati. Io ovviamente non interessavo loro, e viceversa.
Una sola cosa mi preme sottolineare, oggi. Nessun moderato si faccia illusioni che la deriva in cui sono preda l’Italia e l’Europa possa finire bene. L’Italia è ormai in preda a una cleptocrazia il cui unico impegno, ogni giorno accentuato, è la spoliazione totale della popolazione, nella corretta consapevolezza che, se il popolo non sarà totalmente spogliato di ogni suo avere, la cleptocrazia stessa non sopravviverà, non avendo risorse ulteriori cui attingere.
La cleptocrazia europea, a sua volta, è una versione raffinata e di maggiore cabotaggio di quella italiana, e anch’essa si avvia verso i medesimi lidi.
Non esiste alcun potere che sia sopravvissuto senza operare periodiche ridistribuzioni di ricchezza. Solo di spoliazioni non si vive e si va incontro a grossi guai. Naturalmente le cleptocrazie continentali non mancano di alimentare le proprie clientele, burocrazie e scherani, ma tutto ciò per quanto tempo sarà sufficiente? Il terribile abbassamento dei livelli di vita di una cospicua percentuale degli europei quanto potrà durare senza contraccolpi, per di più in presenza di massicci fenomeni migratori? All’azione di una banda (o banca…?) di ladri patentati si potrà rimediare con una moderata ragionevolezza? Non posso certo escluderlo, ma formulo sinceri auguri in tal senso, perché è un’ipotesi che va incontro a terribili rischi e, tanto più sarà procrastinata, quanto più sarà destinata a rivelarsi difficile, se non impossibile. Stiamo andando sorridenti verso l’abisso e non ci limitiamo a guardarlo, come nella nota immagine nietzscheana, ma siamo ben decisi a buttarci dentro. La più moderata, prudente e ponderata delle soluzioni: “tutti morimmo a stento” (del resto, i moderati sono spesso parsimoniosi, non solo economicamente: della vita conoscono e desiderano solo una parte, possibilmente non eccessiva; il tutto per loro è troppo…).
Ho sempre pensato – e lo penso ancora di più oggi – che il moderatismo sia un dato caratteriale, molto più che politico. Avendo un carattere diverso, di moderatismo non mi sono mai interessato.
Potrei dire tutto il male possibile dei moderati, ma non lo faccio e non mi interessa farlo. Nella mia vita, i miei percorsi esistenziali non si sono mai incrociati con i loro e, le rare volte in cui ciò è avvenuto, sono stati incroci casuali e assolutamente non interessati. Io ovviamente non interessavo loro, e viceversa.
Una sola cosa mi preme sottolineare, oggi. Nessun moderato si faccia illusioni che la deriva in cui sono preda l’Italia e l’Europa possa finire bene. L’Italia è ormai in preda a una cleptocrazia il cui unico impegno, ogni giorno accentuato, è la spoliazione totale della popolazione, nella corretta consapevolezza che, se il popolo non sarà totalmente spogliato di ogni suo avere, la cleptocrazia stessa non sopravviverà, non avendo risorse ulteriori cui attingere.
La cleptocrazia europea, a sua volta, è una versione raffinata e di maggiore cabotaggio di quella italiana, e anch’essa si avvia verso i medesimi lidi.
Non esiste alcun potere che sia sopravvissuto senza operare periodiche ridistribuzioni di ricchezza. Solo di spoliazioni non si vive e si va incontro a grossi guai. Naturalmente le cleptocrazie continentali non mancano di alimentare le proprie clientele, burocrazie e scherani, ma tutto ciò per quanto tempo sarà sufficiente? Il terribile abbassamento dei livelli di vita di una cospicua percentuale degli europei quanto potrà durare senza contraccolpi, per di più in presenza di massicci fenomeni migratori? All’azione di una banda (o banca…?) di ladri patentati si potrà rimediare con una moderata ragionevolezza? Non posso certo escluderlo, ma formulo sinceri auguri in tal senso, perché è un’ipotesi che va incontro a terribili rischi e, tanto più sarà procrastinata, quanto più sarà destinata a rivelarsi difficile, se non impossibile. Stiamo andando sorridenti verso l’abisso e non ci limitiamo a guardarlo, come nella nota immagine nietzscheana, ma siamo ben decisi a buttarci dentro. La più moderata, prudente e ponderata delle soluzioni: “tutti morimmo a stento” (del resto, i moderati sono spesso parsimoniosi, non solo economicamente: della vita conoscono e desiderano solo una parte, possibilmente non eccessiva; il tutto per loro è troppo…).
PIERO VISANI
http://derteufel50.blogspot.de/
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28 Marzo 1965: quando l’Unità stroncò il ‘piccolo borghese’ Alberto Asor Rosa...
Alberto Asor Rosa (1933) divenne famoso per il libro “Scrittori e popolo” (1965) in polemica con gli scrittori e i critici letterari, ispirati o seguaci delle idee di Gramsci, messi all’indice per avere peccato di ‘populismo’ invece di esercitare il metodo marxista di una mai ben chiarita ‘critica di parte operaia’.
Da quel tempo lontano, con il sussulto del 1968, Asor Rosa ha fatto un carrierone nell’ università, e poi nel PCI, tanto da diventare un astro della cultura di sinistra nazionale; e oggi si vede premiato da un volume dei ‘Meridiani’ della Mondadori che presenta una “sfaccettata rappresentazione del suo ingegno versatile”, come assicurano i curatori del volume, Massimo Cacciari e Corrado Bologna.
Sarà. Ma io di Asor Rosa ricordo solo che fu il cattivo maestro di un comunismo di sinistra radicale in radicale contrasto con la cultura storicista del PCI togliattiano assai vicino, con il Gramsci dei ‘Quaderni’, alla tradizione democratica nazionale.
Da allora Asor Rosa ha riempito tonnellate di carta scritta, ma non risulta che abbia mai fatto persuasiva ammenda autocritica degli spropositi contenuti nel suo giovanile pamphlet.
Ci pensò invece all’epoca il non dimenticato Carlo Salinari –eroe della Resistenza, responsabile culturale del PCI negli anni 50, e valente universitario, storico della letteratura italiana- il quale sull’Unita stroncò senza mezzi termini “Scrittori e popolo” con argomenti che a me paiono ancora oggi validi, una volta ripuliti della polvere di un linguaggio attempato e da certo ideologismo marxista decisamente meno fuorviante, tuttavia, di quello propinato da Asor Rosa.
Oggi, per molti giovani impegnati nella politica e nella cultura, un tipo come Carlo Salinari risulta poco più di un Carneade. Asor Rosa sale invece alla vetta dei ‘Meridiani’. Restano i loro testi a fare confronto. Per le menti che abbiano voglia di scavare oltre la superficie e ragionare di testa loro.
Pubblico dall’archivio storico de l’Unità il testo di Salinari con il corredo del titolo di redazione:
L’Unità 28 marzo 1965
A proposito del libro “Scrittori e popolo” di Alberto Asor Rosa
UN PICCOLO-BORGHESE SUL PIEDISTALLO
Gli sterili artifici di una pretesa critica ‘di parte operaia’ al pensiero di Gramsci e allo sviluppo dello spirito pubblico in Italia dopo la Resistenza.
Non è questo un libro (Alberto Asor Rosa-Scrittori e popolo. Saggio sulla letteratura populista in Italia-Samonà e Savelli, pp.580, l.4800) che debba essere trattato con diplomazia (se pure esistono libri verso cui sia giusto usare prudenti sorrisi): e del resto lo stesso Asor Rosa sarebbe molto più offeso da mezze critiche, mezzi riconoscimenti, mezze ammissioni o mezzi silenzi che dall’esposizione chiara o senza reticenze del nostro completo dissenso. Perché il libro a mio parere è sbagliato: sbagliato nella sua struttura generale anche se per avventura possono trovarsi qua e là giudizi esatti e talvolta anche acuti. Vediamo.
L’oggetto del libro non è tanto il ‘populismo’ in senso stretto, quanto il modo in cui nell’ultimo secolo si è venuto configurando in Italia il rapporto tra intellettuali e popolo e in particolare tra scrittori e popolo. La conclusione del libro è che tale modo non esce mai dall’ambito di schemi borghesi, anzi piccolo borghesi; che di conseguenza si possono mettere accanto “populisti di origine democratica, nazionalista, fascista, socialfascista, antifascista, resistenziale e gramsciana”; che, infine, a questo populismo “va attribuita la responsabilità di molta parte del moderatismo letterario italiano tra l’Otto e il Novecento”. L’articolazione del libro è data da tre capitoli dedicati rispettivamente al populismo italiano risorgimentale e postrisorgimentale fino alla prima guerra mondiale, a quello del ventennio fascista e a quello resistenziale e gramsciano. Il volume si chiude con due saggi su Cassola e Pasolini.
Asor Rosa nell’introduzione ci dice che il suo discorso è stato nelle varie parti “congegnato in modo da precipitare tutto verso le sue ultime conseguenze, cioè verso la letteratura dell’ antifascismo, della Resistenza e del gramscianesimo”, perché lontana dalle sue intenzioni era l’esigenza di una “ricostruzione storica pura”. Ci dice anche che tale discorso è “politico” e che l’obbiettivo ultimo della sua ricerca è la “critica di parte operaia” a un aspetto assai importante della letteratura italiana dell’ultimo secolo. Forse questi avvertimenti non erano necessari perché dalla lettura appare molto evidente che il punto di partenza ideale del libro (indipendentemente dai tempi in cui sono stati scritti i vari capitoli) è proprio la parte dedicata al secondo dopoguerra e la critica alla politica di unità svolta dal movimento operaio.
Così i luoghi comuni della critica “da sinistra” della politica del movimento operaio che ci siamo sentiti ripetere da varie parti negli ultimi venti anni, sono tutti raccolti in queste pagine: la Resistenza è stata un fatto popolare, e non di classe; il movimento operaio ha realizzato una politica di unità nazionale e, quindi, ha rinunciato alle sue proprie aspirazioni; gli obbiettivi che la classe operaia si è dovuta porre per mantenere tale fronte largamente unitario sono quelli di “una democrazia rappresentativa, nutrita di forti preoccupazioni sociali: libertà, giustizia, superamento delle strozzature tradizionali in campo economico e politico” e non, quindi, gli obbiettivi della trasformazione socialista del paese, si è snaturata la classe operaia attribuendole una funzione nazionale (e Asor Rosa sembra rimproverare persino il salvataggio delle fabbriche nel ’45) si è imposta al movimento operaio una strategia, quella della via italiana al socialismo, come necessariamente legata all’attuazione della Costituzione e delle riforme borghesi.
Sul piano culturale questo ha comportato in primo luogo il richiamo a una tradizione e non, quindi, la rottura con la cultura borghese; in secondo luogo la caratterizzazione della cultura progressista “come protesta e denuncia dell’arretratezza socio-economica dell’Italia” come “forte indignazione morale, ribellione ideale” e non quindi come critica “di parte operaia” della società capitalistica; in terzo luogo l’attribuzione alla letteratura di un compito direttamente sociale (il cosiddetto impegno); in quarto luogo il collegamento dell’impegno sociale con l’impegno nazionale e, quindi, la incapacità di uscire dal solco della nostra letteratura ottocentesca e di collegarsi con le grandi esperienze della letteratura europea.
Personalmente ritengo che tutte le posizioni indicate da Asor Rosa come errori furono profondamente giuste e che la politica di unità e la ripresa delle bandiere della libertà e della democrazia furono l’unico modo per la classe operaia di fare “storia” (altrimenti sarebbe davvero rimasta nel frigorifero ad aspettare non so bene che cosa):ritengo che senza quella unità non ci sarebbe stata in Italia la Resistenza, che rimane una svolta decisiva della nostra storia anche se Asor Rosa sembra considerarla uno sbaglio, e ritengo che anche oggi quell’unità e quegli obbiettivi democratici siano essenziali per uno sviluppo del nostro paese verso il socialismo.
Ma non è di questo che voglio discutere. Voglio discutere il fatto che partendo da simili premesse Asor Rosa doveva necessariamente scrivere un libro sbagliato. Non solo perché sono sbagliate le premesse, ma soprattutto (ed è questa la cosa più grave almeno in sede di storiografia letteraria) perché tutta la storia è costruita in funzione della conferma di quelle premesse, e gli autori nella maggioranza dei casi, sono cavie, pretesti, oggetto di “esercitazioni” per avvalorare un’ipotesi che già in partenza si considera giusta. Si segue in questo libro un metodo che è il contrario del metodo scientifico: del metodo cioè che dall’esame il più possibile obbiettivo dei fatti ricava un’ipotesi di lavoro e lascia aperta tale ipotesi in modo che possa essere sminuita, sostituita e anche capovolta, finché non si arrivi a una verifica definitiva. Non c’è da stupirsi, di conseguenza, se nel primo frettoloso capitolo (che ci porta in cento pagine da Berchet alla prima guerra mondiale) sfuggono alcuni nodi decisivi come l’elaborazione del tema della questione meridionale e la corruzione del concetto di “nazione” operatasi negli ambienti crispini (per cui, sotto questo concetto, non è possibile, come fa antistoricamente Asor Rosa, raccogliere scrittori e posizioni radicalmente antitetiche).
Non c’è da stupirsi se prendendo come metro di misura la critica “di parte operaia” (nell’accezione che abbiamo visto prima) la letteratura italiana si trasforma in un cimitero, da cui si salvano solo tre o quattro nomi e si rimprovera al populismo persino di aver impedito la formazione di una vera letteratura “grande borghese”. Non c’è da stupirsi se viene liquidato in poche pagine ( e sempre nella stessa chiave con cui si era liquidata l’esperienza postrisorgimentale) un nodo storico così complesso e così poco studiato (almeno dal punto di vista degli orientamenti dello spirito pubblico) quale la prima guerra mondiale; non c’è da stupirsi se quasi non ci si accorge del filone gobettiano che permane tenace durante tutto il ventennio e così via. Non voglio insistere perché si potrebbe continuare per molte pagine. Voglio però rilevare ancora alcune contraddizioni o affermazioni che mostrano l’inconsistenza di questa critica “di parte operaia” nel significato che vuol darle il nostro autore. Asor Rosa si dichiara persuaso che non c’è un rapporto necessario tra consapevolezza ideologica e riuscita artistica e poi imposta tutta la sua analisi sul fatto che l’ideologia populista portava anche a scelte stilistiche che mortificavano la nostra letteratura.
Asor Rosa ci dice che il marxismo “non implica una concezione del mondo che impone alla letteratura e alla poesia”, confonde quello che noi chiamiamo “asse ideologico” con la ideologia professata dall’autore o con la concezione del mondo, e dimentica che il marxismo, se non impone una concezione del mondo, non può non ispirare una letteratura “antagonista” a quella borghese. Asor Rosa, pur facendo una critica “di parte operaia”, mantiene intatta la scala dei valori fissata dalla critica borghese per quanto riguarda il nostro Novecento (quello del provincialismo e della sprovincializzazione) non accorgendosi che proprio il movimento neorealista ha portato nello stesso tempo all’approfondimento di aspetti importanti della società nazionale e all’assimilazione compiuta e critica delle scoperte stilistiche delle avanguardie europee (basta pensare al cinema o a Pavese e Vittorini).
Asor Rosa, che pretende di fare una critica “di parte operaia”, ci fa sapere che la questione metodologica è un falso problema ideologico e che per lui è indifferente usare il metodo “stilistico o quello sociologico, quello storico o quello cosiddetto genetico-ideologico”: sposa in tal modo la tesi del revisionismo crociano di questo dopoguerra e, a conferma, della sostanziale anti-scientificità di tutto il suo discorso, ci confessa, “come nel gioco che è a questo livello la critica letteraria, l’uno valga l’altro: può essere divertente, anzi, utilizzarli tutti, l’uno dopo l’altro, così come viene”.
Se mettete insieme tutti questi elementi e cercate di coglierne il tratto comune, vi accorgete che questa pretesa critica “di parte operaia” è una critica (essa si) tipicamente piccolo borghese. Piccolo borghese la volontà di isolare la classe operaia in una sua pretesa purezza, piccolo borghese il massimalismo degli obbiettivi , piccolo borghese il gusto della strage e della stroncatura. Piccolo borghese il rispetto dei canoni della critica borghese, piccolo borghese il trovar provinciale tutto ciò che è nazionale, piccolo borghese il rispetto indiscriminato dell’avanguardia, piccolo borghese il tono di disprezzo e di sufficienza e la volontà di fare scandalo con cui è costruito tutto il volume. C’è una pagina particolarmente rivelatrice: è quella sulla speranza. “Se il popolo è ricettacolo di valori umani perenni, la speranza è fra di questi esattamente il cardine, intorno a cui ruota tutto il sistema. Essa è la virtù principe del progressismo. Sostituisce nel popolo l’incapacità a giudicare razionalmente il mondo e l’impotenza ad agire in senso rivoluzionario. Sentimento naturalmente compromissorio e gradualista, e proiezione di un oggettivo immobilismo storico-sociale in una dimensione prettamente ideologica…L’invito a sperare è sempre invito a ignorare. Non spera chi conosce”. E’ la pennellata finale del ritratto del piccolo borghese. Asor Rosa sale su un piedistallo per sembrare più alto, vuol essere solo e senza alleati, ama la parola rivoluzione, disprezza coloro che agiscono nella storia perché soggetti e compromessi, gli piace scandalizzare e provocare, e mostra orgogliosamente al colto e all’inclita il suo cuore senza speranza.
Mi scusi Asor Rosa ma l’immagine non vuol essere offensiva (e del resto tutto il mio discorso non vuole essere tale). Vuole solo sottolineare l’assolutezza del nostro discorso. E richiamarlo alla coscienza della sterilità della sua posizione. Noi abbiamo commesso numerosi errori (ed una critica ben più profonda, a mio parere, dei limiti anche ideologici del neorealismo l’abbiamo fatta molto prima di Asor Rosa in un convengo dell’Istituto Gramsci). Ma pure qualche cosa abbiamo realizzato: la Resistenza, ad esempio, e il neorealismo che, con tutti i suoi difetti, rimane a tutt’oggi l’unica proposta di una cultura “antagonista” alla cultura borghese italiana. Egli con questo libro ci riporta indietro, sul piano ideologico e su quello scientifico. Indietro forse di cinquant’ anni. E quel che è peggio senza alcun risultato.
Carlo Salinari
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