#moda femminile anni 30
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Bologna: per nove giorni sarà il paradiso dei cinefili, dal 22 al 30 giugno con 480 film torna 'Il Cinema Ritrovato'
Bologna: per nove giorni sarà il paradiso dei cinefili, dal 22 al 30 giugno con 480 film torna 'Il Cinema Ritrovato'. Con 480 film in 9 giorni, Bologna apre le porte del paradiso dei cinefili. E lo fa con la 38^ edizione del festival 'Il Cinema Ritrovato' che si svolgerà sotto le Due Torri dal 22 al 30 giugno. Nove giorni di proiezioni, da mattina a sera, in 8 sale e 3 location all'aperto in città: al Cinema Modernissimo, Sala Scorsese e Sala Mastroianni al Cinema Lumière, Auditorium – DamsLab, Cinema Jolly, Cinema Arlecchino, Cinema Europa, Sala Cervi. E poi tutte le sere in piazza Maggiore, anche all'Arena Puccini e quattro serate speciali, sempre all'aperto, in Piazzetta Pasolini. Alla Biblioteca 'Renzo Renzi' si rinnova l'appuntamento con la fiera dell'editoria dedicata alle pubblicazioni cinematografiche, che quest'anno raccoglie 70 editori. E poi incontri al Mast.Auditorium. Quest'anno, per la prima volta, Il Cinema Ritrovato sarà anche al Cinema Modernissimo, la sala "ritrovata", uno scrigno sotterraneo nel cuore di Bologna, sotto piazza Maggiore, restituito alla sua originaria bellezza primo-novecentesca: qui proiezioni già dal 18 giugno per vivere l'emozione dei grandi film restaurati in piazza Maggiore fino al 7 luglio. Il Cinema Ritrovato è promosso dalla Cineteca di Bologna nell'ambito di Bologna Estate 2024, il cartellone di attività coordinato da Comune e Città metropolitana di Bologna - Destinazione Turistica e sostenuto da Ministero della Cultura e Regione Emilia-Romagna, diventata negli scorsi mesi socio sostenitore della Fondazione Cineteca di Bologna. L'edizione 2024 è stata presentata questa mattina a Bologna da Cecilia Cenciarelli e Gian Luca Farinelli, co-direttori festival Il Cinema Ritrovato, con la partecipazione di Mauro Felicori, assessore regionale alla Cultura e Paesaggio della Regione Emilia-Romagna ed Elena Di Gioia, delegata del sindaco alla Cultura del Comune e della Città metropolitana di Bologna. Ospiti e grandi restauri Tra gli ospiti stranieri Damien Chazelle presenterà a Bologna Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy (che ispirò La La Land) e il suo più recente Babylon, omaggio all'epoca mitica del cinema muto; Wim Wenders con i suoi Paris, Texas, I fratelli Skladanowsky e Buena Vista Social Club e i classici di John Ford, Anthony Mann e Yasujirô Ozu; Darren Aronofsky e Amadeus di Miloš Forman; Alexander Payne con il suo The Holdovers e il film di Marcel Pagnol che lo ha ispirato, Merlusse; Volker Schlöndorff con il suo Homo Faber e L'angelo azzurro di Joseph von Sternberg con Marlene Dietrich. E ancora Costa-Gavras, Nicolas Seydoux, Juho Kuosmanen, Mohammad Malas. Proprio Marlene Dietrich sarà al centro di una delle tante retrospettive, tra cui anche quella dedicata a Pietro Germi a 50 anni dalla scomparsa, e quella a un'altra grande figura femminile, Delphine Seyrig. Un programma dedicato anche alla scoperta di importanti registi come lo statunitense (ma di origini ucraine) Anatole Litvak, capace di attraversare, con la sua lunga filmografia, 40 anni di storia del cinema, e lo svedese Gustaf Molander, scopritore di dive come Ingrid Bergman.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Barbie: life in plastic it's (not) fantastic!
A tutti noi almeno una volta sarà capitato di scrollare la home di Instagram senza riuscire a fermarsi. Un gattino e un servizio fotografico in costume dopo l'altro, provando allo tempo steso disagio - perché non ci si trova su quella spiaggia ma siamo nella nostra stanza o in ufficio - e senso di colpa, perché, senza che ci si rende conto, è passata mezz'ora e siamo ancora lì, col telefono in mano. E con meno soldi sul conto, dato che forse nel frattempo si è comprato quel costume, sperando di metterlo durante vacanze che forse non potremmo permetterci e che forse quest'anno nemmeno faremo. Con un triplo salto carpiato, Greta Gerwig è riuscita nel miracolo: la recensione di Barbie è quasi la testimonianza di un evento più unico che raro.
La sensazione che è stata appena descritta è causata da un sistema gigantesco, che si può condensare in una sola parola: capitalismo. È il capitalismo che, da sempre, ci dice come dobbiamo sentirci, cosa desiderare, che aspetto avere. Più potere d'acquisto si ha e più il capitalismo ti valorizza. Se sei bello vai bene, se hai soldi vai bene, se hai tanto seguito sui social vai bene. Non importa davvero ciò che tu dica o faccia: se smuovi denaro vai bene. Peccato che in un sistema come questo, in cui ciò che più conta sono i numeri, ci sia poco spazio per gli esseri umani in carne e ossa. Appena si rimane indietro, appena non si è più performanti, si viene dimenticati. Da qui l'angoscia di dover essere sempre, se non perfetti, almeno al passo. In un vortice che si autoalimenta e spreme le energie di chi ne fa parte.
Questa "paura senza motivo", come la chiama lei, è proprio quella che prende all'improvviso la "Barbie stereotipo" interpretata da Margot Robbie, anche produttrice del film. Il suo mondo da favola, Barbieland, tutto rosa e sogni motivazionali, si inceppa e comincia ad avere "irrefrenabili pensieri di morte". Proprio lei, che incarna l'ideale di perfezione assoluto.
Quindi per cercare di rimettere le cose al loro posto, la bambola deve andare nel mondo degli umani. Questa "botta di realtà" cambia tutto. Non soltanto per lei: anche Ken (Ryan Gosling) non sarà più lo stesso. Nato come un semplice accessorio di Barbie, è proprio lui a offrire uno degli spunti più interessanti del film, scritto dalla stessa Greta Gerwig insieme a Noah Baumbach. Nonostante a produrre il film sia proprio Mattel, il film non è solamente un grande spot della bambola. Almeno non soltanto: gli autori sono infatti riusciti a partire dall'oggetto per costruire un discorso molto più complesso, ampio e per nulla superficiale. D'altra parte per cercare di raccontare il capitalismo contemporaneo quale miglior punto di partenza ci può essere delle sue icone? E la Barbie è tra le icone più riconoscibili al mondo: dentro quelle scatole non ci sono solamente bambole. Ma un'idea, un modo di essere.
Nel nostro paese, in cui l'età media è di 47 anni e le parole "patriarcato" e "femminismo" vengono percepite quasi come bestemmie, probabilmente non ce ne siamo accorti, ma nel mondo anglosassone la differenza tra cultura "alta" e cultura "bassa" è sempre più messa in discussione. E Il cinema non fa eccezione, tra i cinefili c'è una frattura generazionale netta. Dai 30 anni in su è quasi impensabile che vengano messi in discussione capisaldi della cinematografia e mostri sacri come Il Padrino o Stanley Kubrick. Ancora di più se a parlare è un cinefilo uomo. C'è sempre un atteggiamento di superiorità, che porta a considerare universali e di maggior valore storie che raccontano una certa visione del mondo. In cui spesso i protagonisti sono soprattutto personaggi maschili.
Estremamente consapevole di questo, Greta Gerwig gioca con grande intelligenza con questo pregiudizio: se tutto ciò che è rosa, alla moda e femminile è superficiale e sciocco, quale occasione migliore per parlare di questa "scala di valori a misura di maschio" di un film sulla Barbie? Sapendo benissimo che il punto di vista femminile è spesso considerato e destinato a un pubblico di sole donne, mentre quello maschile va bene per tutti, la regista ci mostra come a Barbieland gli "uomini" siano le Barbie, mentre le donne sono i Ken. A Barbieland tutto è fatto a misura di Barbie, mentre i Ken non hanno il potere e vivono soltanto in funzione delle prime. Esistono soltanto quando le Barbie li guardano. Gerwig dà quindi a Ken, un uomo, un punto di vista femminile. Forse così anche chi dice di non riuscire a empatizzare con personaggi femminili (e ce ne sono, purtroppo) questa volta magari, anche inconsapevolmente, potrà capire come ci si sente a essere considerati sempre "un po' meno", semplicemente perché si esiste. La regista dissemina quindi il suo film di citazioni al cinema alto, arrivando ad aprire e chiudere il film con citazioni a Kubrick. La scena d’apertura è una parodia di 2001: Odissea nello spazio, quella chiusura di Eyes Wide Shut.
Tranquilli però (parlo sopratutto ai maschietti dall'ego fragile): Barbie non è un pistolotto femminista pesante e noioso. Anzi. In due ore di film si gioca con i generi, passando dalla commedia al musical (i numeri musicali sono stupendi, così come la colonna sonora, che può contare su brani originali di Dua Lipa, che ha anche un cameo, e Billie Eilish), per un mix stravagante che scorre velocemente e divertendo. In cui però, improvvisamente, come anomalie del sistema, si dicono frasi quali: "oggi lo applichiamo bene il patriarcato, solo che lo nascondiamo meglio" oppure "le odiano tutti le donne, sia gli uomini sia le donne: è l'unica cosa su cui siamo d'accordo". Si arriva perfino a dare della "fascista" a Barbie, perché colpevole di incarnare un'ideale di bellezza irraggiungibile, che fa sentire inadeguate le donne ed è sostenuto soprattutto dagli uomini (il CEO di Mattel, interpretato da Will Ferrell, e tutti i membri a capo dell'azienda sono appunto uomini).
Quando Barbie e Ken arrivano nel mondo reale scoprono infatti che esiste il sessismo, che il capitalismo si fonda sul patriarcato, e che Barbie non ha risolto i problemi delle donne. Ha, si, detto loro che potevano essere tutto ciò che sognavano, avere soldi, una casa, qualsiasi tipo di carriera. Ma guai ad avere la cellulite o non avere capelli perfetti, sorriso smagliante. O magari nascere povere. E quando il mondo da cui provieni è fatto soprattutto di cose considerate effimere e superficiali come il trucco e i vestiti, questi diventano sostanza: ecco quindi che le scarpe divengono metafora della vita. Come in Matrix, "Barbie stramba" (Kate McKinnon) offre una pillola rossa e una pillola blu a Barbie stereotipo, ma nella foggia di una Birkenstock e una scarpa col tacco. E quando Barbie, che ha il piede perennemente arcuato, dice "non porterei mai i tacchi se i miei piedi fossero fatti così" sappiamo già che non è più soltanto un'idea, ma una donna, un essere umano, che sta capendo come funzionano le cose in un mondo analogico, in cui non c'è un filtro rosa a rendere tutto più bello.
Sfruttando in modo sapiente il proprio "potenziale memabile", Barbie punta a un pubblico vastissimo: dai più giovani che ripeteranno i balletti su TikTok, ai nostalgici cresciuti collezionando Barbie, fino ai cinefili, che possono divertirsi a cogliere tutte le citazioni (ce n'è persino una di Jurassic Park: occhio allo specchietto della macchina). E questo non vuol dire essere superficiali, ma capire il linguaggio del proprio tempo, farne parte e poterlo quindi contemporaneamente cavalcare e decostruire. Con buona pace di chi lo ha bollato in partenza come "il film su una bambola", Gerwig, Baumbach, Robbie e Gosling (con la benedizione di Mattel) ne hanno fatto un vero e proprio manifesto pop, con la potenzialità di riempire finalmente le sale ed entrare capillarmente nella cultura popolare. Ci troviamo infatti di fronte a un "instant cult", che verrà citato per anni.
In conclusione il film di Greta Gerwig è un manifesto pop, coloratissimo e molto divertente. Partendo da uno degli oggetti più iconici del '900, Gerwig e Noah Baumbach hanno creato una pellicola che non è soltanto commerciale, ma anche una riflessione sul capitalismo, patriarcato e sul concetto di arte "alta" in contrapposizione a quella considerata "bassa". Tutto questo non avrebbe però funzionato senza due interpreti non solo perfetti per i ruoli interpretati, ma in stato di grazia: Margot Robbie, anche produttrice, è Barbie, mentre Ryan Gosling, nei panni di Ken, prende a sorpresa la scena.
👍🏻
- La scrittura brillante e consapevole di Greta Gerwig e Noah Baumbach.
- E' un meraviglioso delirio pop
- Margot Robbie: una grande attrice e una produttrice intelligente.
- Ryan Gosling con il suo Ken con la sua bionda fragilità
- Le scenografie di Sarah Greenwood.
- La fotografia di Rodrigo Prieto.
- La colonna sonora.
👎🏻
- Assolutamente nulla
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Artigiano in fiera 2023 a Fieramilano
Con otto padiglioni, 2550 espositori dei quali oltre 600 partecipano per la prima volta, 86 Paesi del mondo è davvero da non perdere la 27esima edizione di Artigiano in fiera in programma da sabato 2 a domenica 10 dicembre a Fieramilano Rho, che sarà aperta tutti i giorni dalle 10 alle 22.30. Anche quest'anno la manifestazione è un giro del mondo tra prodotti artigianali e prodotti enogastronomici, dove l'Italia sarà presente al gran completo, come l’Europa dove sono grandi protagonista la Francia con i suoi artigiani e i prodotti di qualità, ma ci sono anche Spagna, l’Austria, il Portogallo. Il paese d’onore è la Tunisia, la cui area nel padiglione 5 ospiterà l’inaugurazione di Artigiano in Fiera 2023, prevista per sabato 2 dicembre alle ore 12. Proprio con il governo di Tunisi Artigiano in Fiera svilupperà un progetto di collaborazione finalizzato al sostegno dell’economia locale e all’investimento sulle persone e dall’Africa si conferma la grande presenza del Marocco con le cooperative del Mogador, legate a due progetti sociali in merito all’emancipazione femminile e all’aiuto alle donne con bambini in condizioni di difficoltà. Dall'Asia arriverà l'Arabia Saudita, sotto la curatela del Ministero della Cultura di Riad, che ha selezionato più di quaranta aziende artigiane e con la Culinary Art Commission promuove per la prima volta in Europa la cultura gastronomica saudita con un ristorante di tipicità, mentre dal Vietnam, in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura, ci sarà un gruppo di giovani artigiani selezionati nell'ambito del progetto One country one priority product, programma quinquennale della Fao per la promozione di prodotti agricoli con qualità e caratteristiche uniche. Torneranno con i loro prodotti la Corea del Sud, l'Indonesia e le aziende artigiane della Cina e dalle Americhe, tra le novità, ci sarà Panama con un gruppo di artigiani specializzati negli accessori moda, nel tessile, nella pittura e nella produzione del caffè. Tra i nuovi Paesi ci saranno il Rwanda e Uzbekistan, per la prima volta presenti con una rappresentazione del meglio dell’artigianato locale. L'edizione 2023 di Artigiano in Fiera punterà alla promozione del biologico, vegano e senza glutine, infatti tra Italia, Europa e Resto del Mondo saranno presenti 226 aziende con prodotti biologici, vegani e gluten free, per lo più certificati a vario titolo, tutti a livello nazionale e territoriale. Con ben 30 ristoranti e 18 luoghi del gusto anche quest'anno Artigianato in fiera offre ai visitatori un'ampia scelta, capace di accontentare tutti i palati, dove si rinnovano le proposte della Pizzeria napoletana, ma anche la cucina di Messico e Argentina, mentre debutterà la ristorazione della Valle d’Aosta e per la prima volta in Europa sarà presente un ristorante delle specialità dell’Arabia Saudita. Si rinnoveranno i saloni tematici come Vivere la casa, per le imprese artigiane specializzate nell’arredamento, nella valorizzazione degli spazi su misura e nelle soluzioni per l’abitare contemporaneo w l’Atelier Moda & Design, dedicato al mondo del fashion e al design di alto livello, con creazioni sartoriali, gioiellerie artigianali e start up innovative. E infine tornerà il Salone della Creatività, il grande spazio dedicato agli hobbisti e alle arti creative e manuali tra decoupage e patchwork, con laboratori per imparare le varie tecniche. Presso la reception dei padiglioni 6/10 sarà allestita un'area bambini a cura di Leolandia con tanti servizi dedicati ai piccoli visitatori della fiera e alle loro famiglie, infatti Leolandia in Fiera sarà animata da tanti show e servizi, dove i più piccoli possono divertirsi in assoluta sicurezza dalle 12 alle 18. Inoltre sono previste anche due aree gioco, una per i bimbi dal 4-7 anni, con spettacoli e laboratori, e una per piccoli dal 0-36 mesi, con presenza di un genitore. Read the full article
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Ragazzo interrotto
Dalle mie oppo encobuds (sono povera quindi le AirPods aspetteranno) suonano delicatamente i Cigarettes After Sex.
Vedo le foto di mia cugina, è a Parigi, in vacanza, forse sarà un giro di ricognizione per la sua vita futura, chi lo sa.
Ma lei è felice, lo si vede, ha un bel ragazzo, sorride sempre, è una ragazza a modo, l’unico stravizio che si concede è qualche angelo azzurro da sorseggiare con le amiche.
La differenza la fa la costanza.
E io? Dopo 3 anni in comunità, perché sì, sono finito in una comunità, ho solo capito di essere borderline, quindi di essere incostante quasi per definizione.
Ma così come ho affrontato i traumi della mia adolescenza adesso devo affrontare i DUBBI della mia tardoadolescenza, come? Con la scrittura.
Cari ragazzi sono tornato
Con una marea di cose da dirvi, argomenti di cui parlare, gente che vorrei conoscere, insomma sono tornato più forte che mai.
Adesso dopo anni (minchia ci sono voluti quindici anni per capire che io avessi dei problemi psichiatrici?) sono sotto una terapia “adeguata”? Chi lo sa, forse un’overdose di Valium era proprio quello di cui io avessi bisogno per capire meglio me stesso.
Ma tornando a noi.
Sono un una città vicino il mio natio borgo in libera ripresa dalla tossicodipendenza, anche se poi si è scoperto che tossicodipendenza non era, ma che la mia fosse solamente una problematica psichiatrica.
Sono anni che non scrivo, però molte persone speciali tra di voi mi hanno detto che io gli manco troppo e che magari fosse il caso che mi rimettessi in gioco rispolverando al pubblico le mie problematiche sociali, mentali, i miei sogni, le mie aspirazioni, le mie “frustrazioni”.
Ecco per esempio l’argomento di questo post potrebbero essere proprio le frustrazioni.
La frustrazione per me è sempre stata l’emozione di chi non lotta con le unghie e con i denti al raggiungimento dei propri sogni o desideri, quindi è qualcosa che non mi appartiene minimamente, almeno per ora, almeno in questo punto della mia vita.
Al massimo anziché essere frustrato mi lascio trasportare a tratti da un vago senso di insoddisfazione, poi mi ricordo delle mie capacità, prima fra tutte quella di riuscire a far breccia nel cuore e nelle menti delle persone grazie alle mie parole, alle mie fotografie, ai miei disegni e capisco che più che essere frustrato dovrei essere grato all’universo della mia melanconia, che è una cosa meno violenta della frustrazione, perché è grazie ad essa che riesco ad esprimere il meglio di me.
N.d. A
Melanconia
/me·lan·co·nì·a/
sostantivo femminile
Variante di malinconia, preferita nel linguaggio psichiatrico, per designare uno stato psichico caratterizzato da una alterazione patologica del tono dell'umore, nel senso di un'immotivata tristezza talvolta accompagnata da ansia.
Raga poi tornando all’argomento “crescita” sono arrivato all’alba dei 30, ho iniziato a scrivere su Tumblr che avevo 16 anni, è un’eternità. In più, la mia, è un’età problematica perché capisci che da adulti le cose non le puoi risolvere con un vaffanculo e basta, ci vuole tatto, grazia, saggezza e a volte anche una sana dose di egoismo e di ambiguità
Hey ho detto una “SANA DOSE”.
Il troppo stroppia, se una persona si dà troppo all’egoismo a all’ambiguità diventa qualcosa di obrobrioso, meglio lasciare qualche frase nell’indefinito, nel non detto, anziché sembrare la cugina manipolatrice e sociopatica di Selvaggia Lucarelli.
Comunque, sono borderline.
Con tratti narcisistici e anti-sociali
Una merda in pratica.
Grazie a dio che la mia psicologa mi ha rassicurato che non sono sociopatico perchè diciamo che c’è una netta differenza tra me ed Hannibal Lecter, ma andiamo avanti.
Piano piano sto capendo chi voglio essere, dovrò partire da una super gavetta nel mondo della moda (p.s. in tutto ciò mi sono laureato in Design nonostante le droghe).
Devo riprendere a correre, a scrivere, a disegnare più spesso, aprire un blog con i miei disegni.
Mandare curriculum come se fossero merde di piccione in Piazza San Marco.
Per stasera, come prima scrittura dopo anni direi che possa bastare, la notte porta consiglio, domani magari avrò qualcosa di più interessante da dire.
Un bacio dal vostro
Gay nerd superstar / ragazzo interrotto
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ALLESTIMENTI A TEMA MODA DEL 900 – moda anni 20/30 Bijoux d'epoca • 𝓒𝓸𝓵𝓵𝓮𝔃𝓲𝓸𝓷𝓮 • Gli oggetti delle collezioni vengono utilizzati anche per allestire percorsi sulla moda : abbiamo inserito questo bracciale con strass, collier e adorni all'interno di una teca per rappresentare gli anni 20 / 30 del secolo 900 info: [email protected]
#accessori femminili#adorni#alessandra restelli#allestimento vetrine#bijoux#bijoux anni 20 / 30#BIJOUX d&039;epoca#esposizioni a tema anni 20#esposizioni a tema anni 30#kartika980#la camelia collezioni#la camelia collezioni vigevano#la camelia vigevano#moda femminile anni 20#moda femminile anni 30#museo#percorsi della moda del 900#strass#studio5bologna
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MAD - acquarelli, tempere, pastelli
a cura di Giancarlo Ascari, progetto grafico di Isa Coizet
Edizioni Condé Nast, Milano 2004, 189 pagine, paperback, 32.5x23 cm.,
euro 40,00
email if you want to buy :[email protected]
Questo libro è stato realizzato in occasione della mostra di Maddalena Sisto in arte Mad, alla Triennale di Milano del Febbraio/Marzo 2004. L’esposizione è stata ideata da Elena Quarestani, curata da Franca Sozzani e prodotta dallo Studio Sisto/Legnani. La mostra, oltre a presentare una parte dell’immenso corpo dei lavori firmati MAD, la più celebre disegnatrice e illustratrice di moda italiana, è una carrellata al femminile su trent’anni, dagli anni Settanta al Duemila, attraverso il fluire di un racconto per immagini e una capacità non comune di fotografare il presente.
Le immagini di questo libro sono tratte dall’archivio Sisto Legnani in cui sono raccolte 15.000 opere di MAD dal 1970 al 2000. L’archivio è consultabile al www.madsisto.com
An illustrator who was active in the Condé Nast magazine, she was a famous figure in the Italian fashion world. For 30 years from the 70's, she has presented works on fashion, design and lifestyle, skillfully expressing the spirit of her time. She unfortunately in 2000, she suffered from cancer, and died her short life. This book is her only collection of illustrations, including her illustrations from 1982 to 2000.
05/03/22
orders to: [email protected]
ordini a: [email protected]
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instagram: fashionbooksmilano, designbooksmilano tumblr: fashionbooksmilano, designbooksmilano
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Il 12 marzo ’22 Alex Belli all’Etoile Club - Cassinetta di Lugagnana (MI)
Alex Belli, classe 1982, personaggio chiave del GF Vip, celebre attore tv (CentoVetrine), influencer (quasi 600.000 fan su Instagram) ed affermato fotografo di moda, sabato 12 marzo arriva come special guest all'Etoile Club & Lounge di Cassinetta di Lugagnano (MI).
All'Etoile Club, appena rinnovato dal punto di vista del design e di tutto ciò che conta in un luogo di ritrovo che nasce per far ballare (impianto audio, schermi video, luci, etc), il 12 marzo va infatti in scena una festa dedicata alle ragazze di ogni età. L'8 marzo, la Festa della Donna, è passata da qualche ora, ma celebrare la parte femminile del mondo è sempre una buona idea.
Insieme ad Alex Belli, al microfono, come guest voice c'è infatti Leonardo Greco, già protagonista di Uomini e Donne, anche lui molto amato per la sua capacità di coinvolgere il pubblico visto che da circa dieci anni è un vocalist di grande livello.
Come dj guest invece arriva Marco Beats, per una serata dalle sonorità eclettiche e coinvolgenti (pop dance, reggaeton, hip hop).
La serata inizia alle 23 30 e si balla fino a tarda notte.
𝗘𝗧𝗢𝗜𝗟𝗘 𝗖𝗟𝗨𝗕 & LOUNGE
Viale Lombardia 16 - Cassinetta di Lugagnano (MI)
Info & Reservations: 346.8507337
https://www.instagram.com/etoile.club/
Un recente post su Instagram di Etoile Club
https://www.instagram.com/p/CavFiAyNnDb/
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Emilie Flöge
https://www.unadonnalgiorno.it/emilie-floge/
Emilie Flöge, designer e stilista viennese che ha dettato la moda agli inizi del novecento. Ha diretto con le due sorelle un importante atelier per 34 anni. Ha anche ispirato vari quadri di Gustav Klimt e di altri artisti della Secessione.
Nacque a Vienna il 30 agosto del 1874 da una famiglia della media borghesia. Cominciò a lavorare come sarta da giovanissima, raggiungendo alti livelli di fantasia e originalità che la portarono a affermarsi nel panorama dell’altra moda austriaca degli inizi del XX secolo. Aveva vinto anche un importante concorso che l’aveva portata a disegnare, con la sorella, un pezzo per una mostra prestigiosa. Nel 1890, la sorella Helene sposò Ernst Klimt. Un anno dopo, il giovane morì e il fratello Gustav, già affermato artista, divenne esecutore testamentario e tutore della nipote, ancora in fasce. Ebbe quindi modo di vivere molto casa Flöge dove iniziò a frequentare la diciassettenne Emilie che divenne una sua grande fonte di ispirazione e sua modella in varie occasioni.
Nel 1902 le ha dedicato Ritratto di Emile Flöge il suo primo dipinto nel quale compare la tipologia della “donna-gioiello”. Il quadro non venne apprezzato dalla famiglia della giovane e nel 1908 fu acquistato dalla città di Vienna. Diversi critici affermano che Flöge sia anche la donna inginocchiata ne Il bacio.
Nel 1904, la giovane aprì, con le due sorelle, il Salon Schwester Flöge nella capitale austriaca che divenne un faro nel mondo della moda attraendo tutte le clienti più altolocate della città arrivando a dare lavoro a circa 80 impiegati/e. Nel loro negozio, progettato da Josef Hoffmann, autore anche dello studio di Klimt, tra abiti larghi dalle fantasie colorate, trovavano posto anche affascinanti oggetti d’arte. C’erano sedie geometriche, tavoli a scacchi bianchi e neri che abitavano spazi rivestiti con moquette sottili e delicate. Avevano anche un logo dedicato. Come Klimt, con il suo stile provocatorio e l’arte per l’epoca giudicata “erotica”, Emilie Flöge aveva voglia di creare qualcosa di rivoluzionario nel mondo della moda. Molti dei suoi abiti venivano indossati senza corsetto (una rarità per l’epoca), e pendevano larghi dalle spalle con ampie maniche.
Lo stesso artista partecipava con ardore all’attività creativa dell’atelier, gli abiti erano spesso il risultato di un lavoro a quattro mani.
I due ebbero un’intensa e profonda relazione umana, artistica e culturale, anche se il pittore la tradì spesso. Non vissero mai insieme, ma è noto che furono compagni nella vita pubblica e privata. Alla morte di Klimt, nel 1918, fu lei a curarne il lascito testamentario.
Il grande bagliore acceso dai riflettori puntati sul suo compagno non hanno reso giustizia al suo lavoro. Quando Coco Chanel apriva il suo salone a Parigi nel 1910, Emilie Flöge confezionava abiti all’avanguardia già da diversi anni. Modelli a vita impero, maniche larghe e creazioni dettagliate ispirate ai ricami ungheresi e slavi. Le sue proposte segnavano un netto distacco dall’abbigliamento femminile dell’epoca. La sua idea di libertà si rispecchiava in un guardaroba morbido e rilassato, che evitava i corpetti costrittivi preferendo tagli facili da indossare, simili ai già diffusi abiti a grembiule e ai più moderni caftani, gli stessi che il pittore amava vestire quando dipingeva.
Emilie Flöge prediligeva silhouette giocose e fluttuanti, utilizzava stampe floreali e giochi cromatici metallici di ispirazione orientale, celebrando la libertà fisica, l’espressione di sé, la vicinanza alla natura e la vitalità di altre etnie. A guardare i ritratti della coppia, al tempo, col loro particolare abbigliamento, potrebbero sembrare due hippie degli anni ’70.
L’attività imprenditoriale della designer entrò in crisi nel 1938 con l’annessione dell’Austria alla Germania di Hitler. Le facoltose clienti ebree fuggirono all’estero, ma, pur chiudendo il negozio, continuò a lavorare da casa, proseguendo la creazione della sua moda libera e appassionata.
Alla fine della guerra un incendio distrusse la sua casa, comprese le sue collezioni e gli oggetti che aveva ereditato da Gustav Klimt. Emilie Flöge morì il 26 maggio 1952.
I suoi disegni, influenzati dai primi vagiti dei movimenti femministi, che di lì a poco avrebbero infiammato l’Europa, e le sue idee innovative continuano a influenzare gli stili di moda delle odierne passerelle.
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Cagliari, 37.842.000 euro di risorse destinate alle imprese: l'assessora Desirè Manca presenta l'avviso SO.LA.RE
Cagliari, 37.842.000 euro di risorse destinate alle imprese: l'assessora Desirè Manca presenta l'avviso SO.LA.RE. Con l'obiettivo di dare un rinnovato impulso alle politiche attive a sostegno dell'incremento occupazionale della filiera turistica, è stata presentato l'avviso SO.LA.RE. Sardegna - Sostegno Lavoro Regione Sardegna, nell'ambito del Programma regionale FSE + 2021 – 2027. "Rispetto al precedente intervento pluriennale "Destinazione Sardegna lavoro", con l'Avviso SO.LA.RE. abbiamo introdotto alcune importanti novità. Modifiche – spiega l'assessora del Lavoro Desirè Manca - dettate da una precisa volontà politica, quella di tendere una mano alle imprese sarde più fragili, a tutte quelle imprese che negli scorsi anni non sono riuscite ad ottenere un sostegno economico, e per le quali ricevere un aiuto finalizzato all'assunzione di personale può davvero fare la differenza. Sulla base dell'osservazione del dato storico, abbiamo deciso di introdurre un massimale, di 300 mila euro per le medie e grandi imprese e di 150 mila euro per le micro e piccole imprese, in modo da poter così soddisfare un maggior numero di istanze e ampliare la platea dei beneficiari. Inoltre - ha precisato l'assessora – alle micro e piccole imprese sarà riconosciuto il sostegno per l'intero arco temporale compreso tra marzo e dicembre, mentre per le medie e grandi imprese si è scelto di non estendere il contributo nei mesi di alta stagionalità turistica come luglio e agosto, in considerazione della natura dell'intervento che punta a promuovere e incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro che senza aiuto non potrebbe altrimenti realizzarsi". L'avviso è rivolto a tutte le aziende del comparto turistico e del suo indotto e comprende circa 70 codici Ateco: dalla ricettività alla ristorazione, dai trasporti alla cultura e spettacolo. Le risorse a disposizione (20.000.000 FSE + 2021 -2027, 17.842.000 fondi regionali) ammontano complessivamente a 37.842.000, di cui 4 milioni destinati alle grandi imprese e 33.842.000 alle micro, piccole e medie imprese. "Altra importante novità – sottolinea l'assessora del Lavoro – riguarda la tempistica. L'avviso verrà pubblicato entro maggio, ovvero tre mesi prima rispetto all'edizione del 2023. Inoltre, lavoreremo affinché a partire dal 2025 possa essere pubblicato a inizio anno e con copertura di 12 mesi". "L'obiettivo – conclude l'esponente della giunta Todde - è la creazione di circa 15 mila posti di lavoro per i disoccupati over 35 e per i giovani under 35 con particolare attenzione alla tutela dell'occupazione femminile. Il contributo garantisce la copertura compresa tra il 30 e il 40% delle spese per il personale neoassunto".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Jacques Doucet era uno stilista francese e collezionista d’arte. È noto per i suoi abiti eleganti, realizzati con materiali traslucidi in sovrapposizione di colori pastello.
Doucet nacque a Parigi nel 1853 da una famiglia prospera la cui lingerie e biancheria, Doucet Lingerie. Affermando di essere stata fondata a Parigi nel 1817, la House of Doucet raggiunse il suo massimo rilievo sotto l’influenza progettuale del nipote del fondatore, Jacques Doucet. Mentre molti membri della famiglia Doucet erano coinvolti in vari aspetti dell’abbigliamento e dei relativi affari, la Maison Doucet può essere fatta risalire ad Antoine Doucet e sua moglie, Adèle Girard, che iniziarono come venditori di articoli di lingerie, pizzi e ricami e articoli correlati per clienti di tutte le età e di entrambi i sessi. Nel 1869 venne venduto l’aspetto della merceria.
Nel 1871, dopo la morte dei coniugi Doucet, Jacques aprì un salone di abbigliamento femminile: “House of Doucet”.
Doucet aveva una creatività spiccata, influenzata dalle sue passioni: egli, cresciuto in un ambiente raffinato e ricco, collezionava, sin da giovane, oggetti d’antiquariato, mobili, sculture e dipinti del XVIII secolo. Molti dei suoi abiti furono fortemente influenzati da quest’epoca opulenta. Infatti, Doucet creava abiti femminili e romantici, senza l’imposizione del busto; prediligeva gli abiti da casa, i deshabillé in tessuti traslucidi e in colori pastello, in lino ricamato o dipinto a fiori, soprattutto ortensie o con soggetti di insetti. Utilizzava chiffon ariosi e leggeri dall’aria sognante e pizzi rari (Point De Venise). Le sue creazioni erano molto popolari anche oltreoceano, i clienti americani infatti facevano eseguire copie perfette dalle altre maison.
A partire dal 1912, le mode di Jacques Doucet furono illustrate nella rivista di moda La Gazette du Bon Ton con altri sei stilisti parigini di spicco dell’epoca: Louise Chéruit, Georges Doeuillet, Jeanne Paquin, Paul Poiret, Redfern & Sons e la Maison Charles Worth. I suoi progetti più originali furono quelli che creò per le attrici dell’epoca. Cécile Sorel, Rejane e Sarah Bernhardt (per la quale ha disegnato il suo famoso costume bianco in L’Aiglon) indossavano spesso i suoi abiti, sia dentro che fuori dal palco. Per le attrici di cui sopra ha riservato uno stile particolare, quello che consisteva di fronzoli, sinuose linee curvanti e pizzo arruffare i colori dei fiori sbiaditi. Doucet era un designer di gusto e discriminazione che apprezzava la dignità e il lusso al di sopra della novità e della praticità, e gradualmente svanì dalla popolarità durante gli anni ’20.
La combinazione di colori del blu accentata con il turchese era una delle mariage preferite del designer.
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Alla fine del XIX secolo la Maison Doucet era una delle più grandi di Parigi con un giro d’affari di 30 milioni di franchi annui. Jacques Doucet è stato uno dei più famosi stilisti di moda che non solo collezionano arte, ma supportano anche artisti e architetti nella loro attività, chiedendo loro di modellare gli spazi in cui viveva e lavora.
La Grande Guerra purtroppo cambiò tutto. Le donne si emanciparono, trasformando il loro modo di pensare, e soprattutto lavoravano e praticavano sport. Il vecchio Doucet sembrava rimasto fermo nel suo tempo, insieme alle sue creazioni. Tuttavia, continuò a lavorare e nel 1927 chiese ad artisti e scultori cubisti di decorare il suo Studio House in rue Saint-James, Neuilly-sur-Seine. Si chiamava “hôtel particulier”: fu progettato dall’architetto Paul Ruaud e comprendeva opere e progetti di Laurens, Csaky, Lipchitz e Marcoussis.
Nel 1924 la maison si fuse con quella di Doeulliet, ma nel 1932 anche quest’ultima cessò l’attività.
Collezionista d’arte e letteratura per tutta la vita, alla sua morte aveva una collezione di dipinti post-impressionisti e cubisti, tra cui Les Demoiselles d’Avignon, che acquistò direttamente dallo studio di Picasso, e due biblioteche, entrambe lasciate alla nazione francese. Doucet ha donato la sua collezione di libri d’arte e di ricerca all’Università di Parigi nel 1917, trasferito all’Institut National d’Histoire del’Art nel 2003 e, alla sua morte nel 1929, la sua collezione di manoscritti di scrittori contemporanei per i quali l’Università ha creato in suo onore la Bibliothèque littéraire Jacques-Doucet. Francois Chapon ha scritto un libro intitolato C’etait Jacques Doucet sulla vita e il lavoro dello stilista.
Aggiornato al 27 aprile 2020
Autore: Lynda Di Natale Fonte: wikipedia.org, web
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#Adèle Girard#Antoine Doucet#Bibliothèque littéraire Jacques-Doucet#C&039;etait Jacques Doucet#Csaky#Doucet#Doucet Lingerie#Francois Chapon#House of Doucet#Jacques Doucet#La Gazette du Bon Ton#Laurens#Les Demoiselles d&039;Avignon#Lipchitz#Maison Doucet#Marcoussis#Paul Ruaud
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Sigmund Freud un tempo disse: “La grande questione cui non è mai stata data risposta ed a cui non sono stato capace di rispondere nonostante i miei 30 anni di ricerca sull’animo femminile è: cosa vuole una donna?” Ad oggi penso che @elisabettafranchi come la stele di Rosetta sia stata capace di aggiungere un’affascinante tassello per supportare l’interpretazione di questo enigmatico e complesso sistema di comunicazione...😉 🌹 Un ringraziamento speciale a @biancaatzei (presso Settimana Della Moda, Milano) https://www.instagram.com/p/B9JXgBUqPCr/?igshid=45ekgq046819
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Velluto
Fortune tecniche mode
a cura di Fabrizio de’ Marinis
Testi di Aurora Fiorentini Capitani, Roberta Orsi Landini, Luisella Pennati, Alfredo Radaelli, Stefania Ricci
Idea Books, Milano 1993, 202 pagine
euro 35,00*
email if you want to buy :[email protected]
Dalla produzione italiana rinascimentale, al salotto borghese dell'800, dalla moda degli anni '30, alle tecniche e tipologie del velluto
«L'impero dei sensi», Fabrizio de' Marinis - «Il trionfo del velluto. La produzione italiana rinascimentale», «Dal trono al salotto inglese. I velluti nell'arredamento», «Lusso e praticità, maschile e femminile. I mille aspetti del velluto d'abbigliamento», Roberta Orsi Landini - «Il velluto nella moda. Dagli anni Trenta a oggi», Aurora Fiorentini Capitani e Stefania Ricci - «Color rosso rubino», Luisella Pennati - «Tecniche e tipologie del velluto. Brevi note illustrative dei procedimenti di lavorazione descritti e dei termini specifici incontrati nel testo», Roberta Orsi Landini e Alfredo Redaelli - «L'evoluzione del telaio da velluto», Alfredo Redaelli.
One of the richest fabrics known to man, velvet is today more in fashion than ever. Couturiers and street designers favour its softness and lustre, but it has been famed throughout the ages for sumptuous elegance. Velvet is the story of this ostentatious fabric, in fashion, furnishing, art and design. Clothes from every period are featured, from the Middle Ages to the latest collections by Givenchy and Montana. Paintings and photographs illustrate velvet's use in upholstery, or as hangings in palaces, theatres and opera houses. Types, techniques and processes are fully documented. Velvet's opulence is only matched by its versatility. Now it is presented in a book which is as rich as its subject.
orders to: [email protected]
twitter: @fashionbooksmi
flickr: fashionbooksmilano
instagram: fashionbooksmilano
tumblr: fashionbooksmilano
#Velluto#Velvet#velours#arredamento#abbiogliamento#velluto e moda#textiles books#fashion books#Romeo Gigli#Emilio Pucci#fashionbooksmilano
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Hollywood Rythmoteque - Milano: il 21/2 tocca a Timeless
Il 21 Febbraio, in occasione della Milano Fashion Week 2020, all'Hollywood Rythmoteque, verrà organizzata la serata dal titolo "Timeless", con VILLIANI COUTURE, che presenterà la sua collezione dalle 22:00 alle 23:30 e a seguire party dalle 24:00 till late.
Timeless può essere sia un' opera d'arte che un pezzo classico musicale, o un concetto scientifico, o un vestito ispirato dal passato, creato nel presente, ma guardando al futuro e che diventa come il pezzo musicale – un classico per sempre… Timeless!
Timeless è il nome della seconda Collezione Couture del brandVilliani, è una high-end luxury collection ispirata dalle Ladies dagli anni 50 e 60, trasformando il loro stile ed eleganza tramite il prisma della donna contemporanea sottolineando la loro femminilità e risaltando le forme a clessidra aggiungendo dei dettagli sartoriali specifici per raggiungere questo obbiettivo. Guardando i pezzi della collezione per la prima volta si ha la percezione di un passato contemporaneo che è senza tempo, che può essere indossato oggi o tra 50 anni senza risultare mai fuori moda. La collezione nel suo complesso è molto orientata al concetto del futuro e dell'innovazione con il tocco classico ed elegante che rimarrà per sempre TIMELESS. La designer ha creato questa collezione prendendo spunto dalle silhouette degli anni 50 e 60, modernizzandoli con dei tessuti tecnici, attuali, contemporanei e molto ricercati e nello stesso tempo dando molta importanza al dettaglio e alle rifiniture sia fuori che dentro i capi utilizzando dei colori basici ma anche contrastanti tra di loro come il bianco e il nero che predominano nella collezione. La fashion designer ha fatto delle scelte molto audaci combinando dei materiali di tinta unita e giocando sulla tridimensionalità dei dettagli tono su tono. Il contrasto nei colori e nelle materie che si complementano tra di loro, nei diversi stili come il moderno e il retrò che hanno lo stesso habitat ci portano al futuro e soprattutto al TIMELESS. Il segreto della bellezza è nell'equilibrio che si ottiene solo tramite il contrasto, come si può percepire nei materiali scelti per la collezione, la delicatezza della seta combinata con il contrasto del neoprene.
Il brand Villiani è stato creato nel 2018 dalla giovane designer Vili Gage. La filosofia principale del brand è costruita intorno al concetto della femminilità declinata nelle diverse collezioni, ma sempre con una costante che è appunto l'esaltazione delle forme femminili, permettendo alle donne che indossano gli abiti Villianidi sentirsi uniche, eleganti e sensuali, e nello stesso tempo comode e classiche. Gli strumenti utilizzati per raggiungere questo obiettivo di perfezione sono la sartoria tradizionale italiana combinata con quella francese. Come ogni donna è unica e speciale così anche ogni capo del brand Villiani è unico e costruito appositamente per sottolineare la bellezza femminile nelle sue curve a clessidra. Villiani ha due linee principali: la linea Couture - composta davestiti limited edition con lavorazioni e tessuti particolari e la linea Prime che è composta principalmente da vestiti causal come le magliette stampate e gli accessori per cellulari.
VILI GAGE
La designer si è laureata nel 2013 in Fashion Design e nel 2015 in Art direction di Alta Moda e dopo gli studi ha perfezionato le sue competenze lavorando come freelance designer per diversi progetti, dalla creazione delle capsule collection alle esperienzecome stylist e fashion coordinator per alcuni brand internazionali, come Emilio Pucci, Marni, Moschino, Maision Martin Margela, Dolce & Gabbana e altri. Vili Gage propone anche abiti fatti su misura per lo stesso brand, creando dei vestiti personalizzati che rispecchiano in pieno le richieste del cliente.
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Dolce & Gabbana Fall/Winter 2019-2020 “Eleganza” Women’s Fashion Show Runway and Backstage. Sparkling style è il fashion mood del momento: brillare come una star indossando abiti e accessori brillanti. Da Dolce & Gabbana decorazioni in paillettes illuminano questo sensuale e sfavillante abito da sera dalla lunghezza midi interamente drappeggiato ed ispirato alle dive anni ‘30. Un abito super scintillante perfetto per le serate più glamorous, per le occasioni più eleganti, mondane e da sfoggiare in prossimità delle Festività Natalizie per un look a dir poco indimenticabile. Un vestito di paillettes bellissimo che illumina e rende ancora più vivace il passionale colore rosso e con un seducente scollo a V. Un abito tra i più belli avvistati alle sfilate: elegantissimo, raffinato, chic, sontuoso per risplendere secondo le tendenze moda che hanno segnato il grande ritorno delle paillettes. Un abito reso ancora più speciale dell'abbinamento agli stivaletti in pizzo rosso stretch - pizzo emblema di grande femminilità e seduzione - micro bag nella tonalità dell'oro e acconciatura impreziosita da farfalla sempre dorata con lussuose applicazioni gioiello. In conclusione una mise ricercata, sofisticata, iper femminile di grande stile che incontra una dose di eleganza, charme, preziosità impareggiabili e dà vita ad un look da sogno incredibilmente ammaliante. Un outfit gioiello, la quintessenza della femminilità più splendente, per notti magiche che vi renderà super seducenti. Per maggiori informazioni potete rivolgervi alle Boutiques Dolce & Gabbana; l'abito e gli stivaletti sono già disponibili consultando lo store.dolcegabbana.com ❤💖❤💖❤💖 link in bio. #DGEleganza #DGFattoAMano #DGSartoria #DGGirlFW20 #DGWomenFW20 #DGHairstyle #DGStyle #DolceGabbana @dolcegabbana @dgbeauty @dolcegabbana_man #DolceGabbanaCommunity @dolcegabbanacommunity @dolcegabbanafamily @dolcegabbanapassion @dolcegabbana.fanpage @official_dolcegabbana @dolceegabbana___ @dolcegabbana_love @dolcegabbanacz @crisvegasdg @zh.olga.5862 @joanna.dglasvegas @fdcisp7300 #DomenicoDolce #StefanoGabbana @stefanogabbana.01 @siqueiragui #lamodaèbellezza #lamoreèbellezza https://www.instagram.com/p/B2i6WIeIP-K/?igshid=1cdih77eyihjg
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Lip Blushing, il nuovo trend per le labbra
Kendall e Kylie Jenner
Dopo anni di filler alle labbra con annessi pentimenti di molte star, di gloss e rossetti dall’effetto plump, e di kit di lipstick liquidi mat di Huda Beauty e Kylie Cosmetics sold out poche ore dopo il lancio di nuove shade, la cosmetica sembra tornare indietro nel tempo e rivaluta una pratica di moda nei primi anni Duemila: il tatuaggio alle labbra, per averle sempre make-up ready con il contorno molto ben definito e nettamente più scuro. Come le avevano le Spice Girls e Christina Aguilera ai tempi d’oro.
La versione 3.0 del tatuaggio alle labbra è molto più soft e infatti si chiama «lip blushing», ovvero arrossamento delle labbra, che si ispira all’effetto del blush sulle gote e non riguarda solo il contorno.
In realtà, si tratta di una procedura che non solo può correggere il colore del labbro, ma può effettivamente migliorane la forma – correggendo eventuali assimmetrie – e la dimensione con risultati dall’aspetto naturale che durano dai tre ai cinque anni, quindi molto più a lungo dei filler.
Come ha spiegato la beauty expert delle star Amy Jean, della Linnehan of Amy Jean Brow Agency, «Proprio come il microblading, il rossore delle labbra è una forma di trucco semi-permanente che dona alla bocca colore e un aspetto più pieno. Se in passato, per il trattamento si utilizzava l’inchiostro per tatuaggi a base di carbonio con un risultato dalle linee dure o toni bluastri che invecchiavano, il rossore delle labbra di oggi è completamente diverso: il Lip Blushing è un approccio più attuale e naturale rispetto al tradizionale tatuaggio del labbro del passato. Oggi le tonalità naturali del pigmento organico vengono utilizzate nel colore desiderato e applicate utilizzando un macchinario delicato per tatuaggi cosmetici».
@amy.jean.brow.agency
Prima della procedura, viene applicato un anestetico topico, e generalmente per il risultato definitivo ci vogliono due sedute. «Sono necessari due appuntamenti tra le quattro e le otto settimane di distanza – ha spiegato Amy Jean – il primo è molto conservativo, in cui viene fatto il disegno, e permette di fare dei cambiamenti durante la seconda visita di perfezionamento».
Le labbra diventano piene e della shade del vostro rossetto preferito che così diventa totalmente waterproof. Il lipstick non sarà più necessario, ma basterà applicare solo del gloss per ottenere un effetto lucidante e non rinunciare compleatmente al gesto femminile di applicare una tinta sulle labbra.
Inizialmente, il colore sarà super vibrante, quasi come una vernice per le labbra. «È importante non farsi ingannare dai risultati immediati perché le labbra devono guarire. Il colore, infatti, sbiadisce circa del 30-50 per cento e si fonde con il tono naturale», ha affermato la beauty specialist Christina Son, del salone Sugaring Studio di Los Angeles.
@christina_sugarinstudio
Il lip blushing è l’alternativa al filler, ma per farlo bisogna aspettare che si sia completamente riassorbito. Il consiglio? Non scegliere nuance troppo bold, ma optare per dei colori naturali.
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ACCADE OGGI
Il design del bikini moderno è stato introdotto dal francese Louis Réard a Parigi il 5 luglio del 1946 e separatamente dallo stilista Jacques Heim. Un bikini è un costume da bagno femminile in due pezzi che lascia la pancia scoperta. Le origini del costume da bagno in due pezzi possono essere ricondotte al mondo greco-romano: abiti simili al bikini venivano indossati dalle atlete donne e sono raffigurati in dipinti risalenti al 1400 a.C. In un mosaico della Villa romana del Casale a Piazza Armerina, in Sicilia, delle giovani donne che gareggiano nel sollevamento pesi, lancio del disco e nei giochi con la palla, appaiono in due pezzi. Altri reperti archeologici romani raffigurano la dea Venere in un indumento simile. Negli anni ’20 per produrre costumi da bagno veniva usato il rayon, ma la sua durata, soprattutto quando era bagnato, si dimostrò problematica. Con lo sviluppo di nuovi tessuti, in particolare il nylon, negli anni ’30 i costumi cominciarono ad essere più aderenti, con spalline che potevano essere abbassate per facilitare l’abbronzatura. Il costume di Heim, prodotto nel maggio 1946, fu pubblicizzato come “costume da bagno più piccolo del mondo”. Louis Réard creò un costume da bagno ancora più piccolo che chiamò “bikini”, prendendo il nome dall’atollo Bikini situato nell’Oceano Pacifico (dove gli Stati Uniti avevano avviato dei test di armi nucleari). Réard sperava che il suo costume avesse creato una reazione commerciale e culturale esplosiva simile alle esplosioni sull’atollo. L’idea gli era venuta quando aveva visto le donne arrotolare il loro costume per ottenere una migliore abbronzatura. Réard assunse come modella Micheline Bernardini, una spogliarellista del Casinò de Paris. Presentò il suo bikini il 5 luglio alle Piscine Molitor a Parigi. Nonostante il successo iniziale del capo in Francia, le donne di tutto il mondo rimasero ancora ferme ai tradizionali costumi interi e le vendite subirono uno stallo. Nel corso del 1950, le stelle di Hollywood come Ava Gardner, Rita Hayworth, Elizabeth Taylor, Marilyn Monroe, Esther Williams, hanno incentivato l’uso del bikini pubblicizzandolo. Brigitte Bardot fu fotografata in bikini sulla spiaggia durante il Festival di Cannes nel 1953. Ursula Andress, nel film di James Bond del 1962 “Agente 007-Licenza di uccidere (Dr. No)”, indossò un bikini bianco, che divenne noto come il “Dr. No bikini”. Esso viene citato come il più famoso bikini di tutti i tempi e di un momento iconico nella storia del cinema e della moda.
CresyCrescenzaCaradonna
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ACCADE OGGI ACCADE OGGI Il design del bikini moderno è stato introdotto dal francese Louis Réard a Parigi il 5 luglio del 1946 e separatamente dallo stilista Jacques Heim.
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