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#millenaristi
deboramenozzi · 2 years
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abr · 4 months
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Come riconoscere il cialtrone climatico: da maggio ripete a pappagallo: "clima e meteo son cose diverse".
Senti chi parla! Quelli che da sempre sfruttano il meteo (siccità, medicane, il mese più caldo del millennio etc.) per suggestionare la gente coi loro Penitenziagite! millenaristi.
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falcemartello · 2 years
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Allora: ci vogliono terrorizzati. Perché il terrore vende libri, perché il terrore inibisce, il terrore funziona.
"La paura uccide la mente..."
I toni sono sempre più apocalittici e millenaristi perché la storia insegna che le grandi inculate si danno così, non con la vasella.
Stiamo parlando di architetture informative ed operative che sono state costruire con gli anni da persone totalmente iniziate allo studio della cosiddetta "scienza sacra" esoterica. Lo zampino della massoneria è evidente, senza essere complottardi ritardati. Ma prima di mettere il copricapo di stagnola e vedere simboli occulti, andiamo a guardare di cosa si occupano certi culti iniziatici e misterici come appunto la massoneria. Lungi da me fare una storia di questa setta pseudoreligiosa, o di circolo LARP per anziani che giocano con spade e grembiuli, ma vorrei soffermarmi sugli strumenti che la masson"imbacuccare", detto in soldoni, le masse di creduloni (i cosiddetti "profani", cioè quelli che restano fuori dal tempio). Attraverso lo studio della simbologia ma soprattutto delle tradizioni ritualistiche e religiose, il massone è in grado di capire come l'individuo possa essere assoggettato a quello che, in altri tempi, avremmo potuto chiamare "magia". La magia dei simboli, dei rituali, della storia - in altre parole, dell'affabulazione che, almeno in superficie, riesce a convincere e nascondere sistemi di potere e agende operative ben precise. Proprio per questo motivo la massoneria parla coi simboli e nelle officine massoniche si lavora con riti quantomeno grotteschi o strambi, agli occhi dei più. Affabulazioni per nascondere gli intenti dei fratelli di loggia, che sono un'unità di lavoro autonoma. Adesso, se capite il mio ragionamento, potete capire come mai ho accennato alla massoneria guardando a quanto le istituzioni come il WEF stanno cercando di imporre. La loro affabulazione simbolica, creata con strumenti e cognizione dei meccanismi esoterici, tende a spingere la volontà di un gruppo purché ristretto di persone. Le informazioni disseminate dal WEF (ricordatevi: non si tratta solo di PR e lanci ripresi dai media di massa - l'architettura informativa attorno al WEF è complessa e sofisticatissima) tendono a creare i presupposti per la nascita di una religione senza Dio, dove la salvezza è eminentemente umana e la gerarchia sacerdotale è apparentemente scientifica. Pertanto inconfutabile. Questa affabulazione apocalittica, questa "religione" fasulla, serve per piegare le masse ad un livello ben più profondo di schiavitù mentale. Gli iniziati assoggettano i profani: gli uni padroni degli strumenti "magici" di affabulazione, gli altri meri ricettori passivi lasciati in balia dell'emotività animalesca che gli strumenti di tradizioni iniziatiche (come la massoneria) sanno come controllare.
@gas_lerner
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curiositasmundi · 6 months
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Un gruppo di motociclisti – capelli lunghi, barba e veste di cuoio – attraversa il midwest statunitense dietro Gary Burd, il loro pastore. Sulla sua veste ci sono la croce e il simbolo dei Christians united for Israel (cristiani uniti per Israele, Cufi), un’organizzazione cristiana evangelica. Prima del viaggio iniziatico Burd ha preparato delle spade d’acciaio da distribuire ai suoi seguaci. Con quelle armi Burd e i suoi vanno in moto fino a Lebanon, in Kansas, negli Stati Uniti. Non temono l’apocalisse, pregano addirittura perché arrivi al più presto: non vedono l’ora di “poter combattere accanto a Gesù” nella battaglia finale, che sostengono si terrà in una valle situata in Israele. A Lebanon saranno nominati “cavalieri dell’apocalisse”Questi motociclisti evangelici sono tra i primi protagonisti dello sconvolgente documentario Praying for armageddon, di Tonje Hessen Schei e Michael Rowley. Il secondo gruppo seguito dai due documentaristi mostra tutto un altro stile. Sono anche loro cristiani evangelici, ma indossano giacca e cravatta, e gravitano ai più alti livelli del potere statunitense e sui set televisivi di Fox news. Tra loro ci sono due dei più importanti esponenti evangelici sionisti, il pastore John Hagee, capo della Cufi, e il telepredicatore Robert Jeffress, pastore di Dallas.
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Il filo conduttore che lega queste tre realtà così lontane sono i Christians united for Israel, che hanno circa dieci milioni d’iscritti negli Stati Uniti e mettono a disposizione somme da capogiro per finanziare insediamenti illegali e progetti di espansione sionisti nei territori occupati. Insieme ad altri gruppi millenaristi, costituiscono l’ampio movimento dei cristiani evangelici negli Stati Uniti. Secondo il New Yorker, oggi questi ultimi rappresentano il 14 per cento della popolazione. È stata anche la loro pressione a spingere nel 2016 l’allora presidente Donald Trump a spostare l’ambasciata statunitense a Gerusalemme.
Jeffress, il pastore evangelico di Dallas, tra le altre cose in passato ha detto che gli ebrei “non potranno mai trovare salvezza”. Mentre Hagee ha affermato che “Hitler era parte del piano di dio per far tornare gli ebrei in Israele”.
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Oltre ai motociclisti che pregano nei parcheggi del midwest, il documentario mostra quanto il potere degli evangelici stia indebolendo la democrazia statunitense, in particolare attraverso la loro influenza sul Partito repubblicano. Lauren Boebert, repubblicana, sostenitrice di Trump ed evangelica, all’uscita del congresso dice: “Ci sono solo due nazioni create per onorare dio: Israele e gli Stati Uniti d’America”. Ralph Drollinger, che gestiva il gruppo di studio settimanale sulla Bibbia della Casa Bianca durante l’amministrazione Trump, spiega che ci sono dei poteri demoniaci al lavoro: ‘Il movimento omosessuale, i transgender nel nostro esercito, i sostenitori dell’aborto”.
L’influenza evangelica non si ferma alla politica, il documentario mostra quanto sembra avere preso piede anche nell’esercito statunitense. Lee Fang, giornalista di Intercept, nel documentario intervista il colonnello in pensione Lawrence Wilkerson, figura di spicco della Military religious foundation, ex consigliere del generale Colin Powell e convinto repubblicano. Wilkerson spiega con preoccupazione che “molti cappellani dell’esercito provengono sempre più dalle sette fondamentaliste”, come quella dei cristiani evangelici nazionalisti.
Uscito prima del 7 ottobre 2023, cioè dell’attacco di Hamas contro Israele, oggi il documentario suona ancora più attuale. Secondo molti cristiani sionisti, “i conflitti armati che coinvolgono Israele sono legati alle battaglie per la fine dei tempi”. Molti credono che lo stato ebraico giocherà un ruolo durante l’apocalisse e vedono la guerra tra Israele e Hamas come il preludio della fine dei tempi tanto attesa.
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Anto' fa freddo
I millenaristi climatici si sono sfregati le mani fin dalla tarda primavera: le previsioni, sia pure quelle incerte e sommarie di lungo periodo, parlavano di un’estate calda e secca che sarebbe stata l’ideale per convincere gli infedeli al culto del riscaldamento antropico e dunque degli estremi sacrifici necessari per non produrre Co2 e consentire a qualche migliaia di straricchi di usare il jet…
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aitan · 7 years
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Da che mondo è mondo ci sono sempre stati gli apocalittici, i millenaristi, i chiliastici, i catastrofisti, quelli che credono che da un momento all'altro tutto stia per finire e quelli che pensano che il mondo, bene o male, trova sempre un suo equilibrio e va avanti; ed il mondo, fino a questo momento, ha sempre trovato un suo equilibrio ed è andato avanti.
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ninoelesirene · 4 years
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Una controindicazione piuttosto penosa della situazione attuale è rappresentata dai social-millenaristi, gente che, direttamente dalla scala B, interno 48, zerbino “Benvenuti” [falzi!!1!], senza alcuna visione d’insieme, moralizza a destra e sinistra quanti condividano in rete contenuti leggeri, quali che siano, a colpi di “fatti un giro in corsia [infatti loro scrivono dall’astanteria, vero?]” e “ma le vedi [faccio notare: vedi, non leggi] le notizie?”.
Ecco, no. Jorge da Burgos della Sgurgola anche no. Perché Jorge da Burgos almeno era un bibliotecario, mentre voi, ecco, no.
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vadaviaaiciap · 5 years
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Come riporta Spiked, le proteste ambientaliste attuali stanno prendendo la pericolosa china della setta religiosa. I manifestanti sembrano invasati del Seicento che invocano punizioni e prevedono disgrazie. La loro rabbia non si rivolge contro i potenti, ma contro le persone normali, colpevoli di vivere una vita agiata. Occorre respingere questo attacco al benessere della gente comune, riconducendo la tematica ambientale nell’alveo della discussione razionale e della conciliazione tra politiche ambientali e sociali.
Di Brendan O’Neill, 22 aprile 2019
Chiunque dubiti che il movimento ambientalista si stia trasformando in una sorta di culto millenarista dovrebbe osservare bene Greta Thunberg. Questa povera ragazza sembra e parla sempre di più come il membro di una setta. La voce monotona. La luce di terrore apocalittico nei suoi occhi. I riferimenti espliciti al grande “fuoco” imminente che ci punirà per i nostri eco-peccati. C’è qualcosa di agghiacciante e oggettivamente arcaico nella Thunberg. Possiamo immaginarla in una spoglia chiesa di legno della colonia di Playmouth nel 1600, mentre ammonisce i parrocchiani sul fuoco dell’inferno che pioverà su di loro se non consegneranno le streghe.
In realtà ha davvero senso che la Thunberg – una sedicenne svedese enormemente celebrata, che ha fondato il movimento di sciopero per il clima tra i ragazzi in età di andare a scuola – ricordi gli appartenenti a una setta. Perché l’allarmismo sui cambiamenti climatici sta diventando sempre più strano, al confine con il religioso, ossessionato da profezie di sventura. Consideriamo la Ribellione all’Estinzione, l’ultima manifestazione di disprezzo della classe medio-alta nei confronti dell’industrializzazione e del progresso. A volte è indistinguibile dai vecchi movimenti fondamentalisti che mettevano in guardia l’umanità sull’arrivo imminente dell’Apocalisse. Ieri ho seguito la Ribellione all’Estinzione dalla piazza del parlamento fino a Marble Arch e quello che ho visto era un’esposizione pubblica di paure millenarie e depressione borghese. La gente faceva danze della morte e sbandierava cartelli di avvertimento sulla morte per riscaldamento del pianeta. Era profondamente snervante.
Quello che mi ha colpito è che era una marcia contro le persone. In genere, la maggior parte delle proteste radicali e delle azioni dirette è rivolta contro la burocrazia o il governo o la gente di potere. Questa macabra scarpinata che si aggirava per Londra era diretta contro le persone normali. Gli striscioni e i cartelli non mascheravano in alcun modo il disprezzo dei manifestanti verso lo stile di vita delle masse. Ci veniva detto che “carne = calore” (ossia, se continui a mangiare carne, caro grasso bastardo, il pianeta diventerà ancora più caldo) e che guidare l’auto e volare stanno distruggendo la Madre Terra. Naturalmente, solo se sono loro a volare va bene – Emma Thompson ha volato in prima classe in un jet da Los Angeles a Londra per arringare noi plebaglia riguardo a tutto il nostro gozzovigliare eco-distruttivo. Il problema nasce solo quando lo facciamo noi; non va bene solo quando noi ci avvantaggiamo del miracolo della produzione di massa di cibo e dell’espansione della possibilità di volare per rendere le nostre vite più piene e più piacevoli. Loro lo detestano. Detestano la società di massa e i suoi abitanti: le masse.
In armonia con tutti i movimenti millenaristi, il culto verde ossessionato dall’estinzione riserva la sua furia sacerdotale contro la gente comune. Anche quando esercita pressioni sui governi, quello che sta chiedendo davvero è di punire noi. Vuole controlli più stretti sulla guida dell’auto, restrizioni sui voli in aereo, tasse “verdi” sulla carne. Il fatto che queste cose colpirebbero duramente le tasche della gente comune – ma non le profonde tasche di Emma Thompson e degli eco-snob con due cognomi che guidano la Ribellione all’Estinzione – è irrilevante per la borghesia arrabbiata. Sono così convinti della propria bontà, e della nostra malvagità, che pensano sia totalmente accettabile che la burocrazia renda la nostra vita più difficile per imporci di essere più “verdi”. Le persone che si lamentano che la Ribellione all’Estinzione ha complicato la vita della gente a Londra nei giorni scorsi non colgono il punto – il fine ultimo del movimento verde è complicare la vita della gente comune, e perfino impoverirla. Tutto nel nome del “salvare il pianeta”.
E ora il culto verde ha spinto la Thunberg nella posizione di suo leader globale, di suo salvatore incarnato in un bambino, di messia del suo deprimente credo politico. Quello che hanno fatto alla Thunberg è imperdonabile. L’hanno gonfiata – e milioni di bambini con lei – con la politica della paura. Hanno convinto la prossima generazione che il pianeta sia sull’orlo della catastrofe. Hanno iniettato terrore nella giovinezza. “Voglio che voi siate terrorizzati”, ha dichiarato la Thunberg a Davos, e i miliardari e le celebrità e i predoni delle ONG che erano presenti si sono bevuti tutto. Perché la società adulta non chiede di meglio che le sue paure e la sua confusione siano obbedientemente ripetute a pappagallo dai suoi adolescenti. Inneggiano alla Thunberg perché lei dice loro quanto sono orribili: è una relazione totalmente sadomasochista, che parla al profondo disgusto di sé delle élite del ventunesimo secolo.
Cari ragazzi, la Thunberg non è il vostro leader. È un capro espiatorio per adulti elitari e spaventati. Non fate quello che dice. Al contrario, rifiutate la paura, prendetevi gioco delle stupidaggini sulle fiamme dell’inferno e apprezzate il fatto che la trasformazione del pianeta da parte dell’umanità è stata una cosa gloriosa che ha aumentato l’aspettativa di vita, ha permesso a miliardi di persone di vivere nelle città, e ha reso possibile perfino per i meno abbienti viaggiare in tutto il pianeta. Peccate contro Greta.
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aprilecchi · 7 years
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(In questo numero)
La rivolta delle piccole patrie ricche - Il duro scontro tra Barcellona e Madrid, i referendum in Lombardia e in Veneto, l'irrequietezza delle Fiandre in Belgio. Ottobre vedrà altre tappe nella corsa delle regioni agiate ad allentare i vincoli nazionali, se non a reclamare l'indipendenza, per tenere in casa le risorse fiscali. L'integrazione europea ha sottratto ai territori il riparo delle politiche governative, costringendoli a una competizione aperta. Può essere un bene, perché gli automatismi redistributivi erano spesso difettosi. Ma ora c'è il rischio di alimentare l'egoismo e le chiusure protezioniste.
Le iniziazioni. Nell’antichità. Sei un uomo se porti le armi - Per i Greci era così: bambini e ragazzi non erano ancora esseri umani propriamente detti, occorreva che lo diventassero. Era così, è così per tutte le culture, ciascuna secondo le proprie caratteristiche. Un momento di passaggio che muta con il tempo e i luoghi ma non nella sostanza. Oggi Cappuccetto Rosso si fa i selfie.
Le iniziazioni.  Nelle religioni. La fede, affari di famiglia. Quasi - E proprio sulla traversata dall'essere «piccoli» all'essere «grandi», sulla tentazione di restare «piccoli» e sulla capacità dei «grandi» di avere gli slanci dei «piccoli» si interroga il festival Torino Spiritualità che coinvolge pensatori, teologi e artisti dal 21 al 25 settembre. Nel futuro. Zot! Addio al giogo umanista.
Una e trina, è la tirannia - Walter Newell distingue vari tipi di despoti. Ci sono i «giardinieri» come Nerone e Somoza. I «riformatori» tipo Giulio Cesare e Ataturk. Ma i più pericolosi e sanguinari sono i «millenaristi»: Robespierre, Stalin, Hitler, Mao e i jihadisti.
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giuliocavalli · 7 years
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Branco, fascinazione e nichilismo: l'Isis 2.0 spiegato da De Giovannangeli
Branco, fascinazione e nichilismo: l'Isis 2.0 spiegato da De Giovannangeli Un pezzo di Umberto De Giovannangeli da leggere e discutere: La "car Jihad" che semina morte nel cuore di Barcellona, è "solo" un frammento di una strategia invasiva. Targata Isis 2.0 Una sconfitta che può trasformarsi in un incubo. Un incubo che è già diventato realtà: Barcellona, Parigi, Bruxelles, Nizza, Strasburgo, Monaco, Berlino, Manchester, Londra, Colonia, Stoccolma... Solo in Germania nove attacchi in un anno. Duemila foreign fighters con passaporto britannico addestratisi in Iraq, in Siria, in Libia, sono, quelli rimasti in vita, rientrati in patria per scatenare la Jihad globale. E lo stesso vale per i "fighters" tedeschi, francesi, belgi, olandesi, italiani... In rotta a Mosul, accerchiati a Raqqa, in difficoltà in Libia, i comandi militari del Daesh hanno deciso di puntare all'Europa come nuova trincea avanzata della lotta per il "Califfato". Il "Califfato" globale. Il numero dei foreign fighters partiti dall'Europa per combattere in Siria e Iraq, secondo le ultime stime è tra i 3.922 e i 4.294 individui, tutti pronti a morire per la bandiera dell'Isis. La maggior parte, 2.838, sono partiti da soli quattro Paesi europei: Belgio, Francia, Germania e Regno Unito. Quelli che sono tornati in patria, sono circa il 30%, indicativamente tra 1.176 e 1.288. Il censimento è dell'International Center for Counter-Terrorism (Icct) dell'Aja. Un recente studio dell'Istituto Elcano ha rilevato che dei 150 jihadisti arrestati in Spagna negli ultimi quattro anni 124 (l'81,6%) erano collegati all'Isis e 26 (il 18,4%) ad al-Qaeda. Se ritirata è, quella delle milizie di al-Baghdadi, è una ritirata strategica. Un passo indietro, per colpire mortalmente l'Occidente e, in esso, l'Europa. Raqqa, Mosul, Sirte, Fallujia non sono più difendibili: troppo possente è la potenza di fuoco messa in atto dalle coalizioni, quella a guida americana e quella russa, per poter reggere da parti dei terroristi di Daesh. Meglio ripiegare nello spazio desertico fra il Maghreb e l'Africa Occidentale, a cavallo di confini desertici inesistenti fra Mali, Niger, Mauritania, Algeria, Libia e Ciad, un'area ideale dove riorganizzare le cellule dopo le sconfitte subite in Medio Oriente e da lì, nel Sahel, provare a dar vita al "Califfato del Maghreb" e al tempo stesso riorganizzare le forze e coordinare gli attacchi all'Europa. In Europa a scatenarsi non sono più solo i "lupi solitari". Perché i "lupi jihadisti" agiscono sempre più in branco, come dimostrano gli attacchi a Barcellona, Cambrils e Alcanar, si strutturano in cellule compartimentalizzate, i cui membri sono legati in termini generazionali e parentali, acquisiscono elementi fondamentali per colpire attraverso la rete di siti on line legati all'integralismo islamico armato. Oltre la suggestione della Jihad che si fa Stato. Di più: Califfato. Oltre la dimensione integrista-religiosa che si fa legge – la "sharia" - e regola ogni atto della vita quotidiana del miliziano. La "fascinazione" dell'Isis non è nelle sue indubbia capacità mediatiche, né in una invincibilità militare fortemente intaccata sia in Iraq (Mosul) che a Raqqa (Siria). E non sta neanche nella figura, tutt'altro che carismatica, di Abu Bakr al-Baghdadi. La forza dell'Isis, quella che attira a sé migliaia di giovani con passaporto europeo, è la sua narrazione. Come ben argomenta Olivier Roy nel suo libro "Generazione Isis. Chi sono i giovani che scelgono il Califfato e perché combattono l'Occidente" (Feltrinelli 2017) , il fascino dell'Isis risiede nella "volontà del movimento, presente fin dalle origini, di creare un nuovo tipo di 'homo islamicus', staccato da tutte le appartenenze nazionali, tribali, razziali o etniche, ma anche familiari e affettive, per creare una nuova società a partire da una sorta di tabula rasa..". La fascinazione è in questo, così come l'elemento di novità dell'Isis sta, riflette Roy, nell'associazione di jihadismo e terrorismo con la ricerca deliberata della morte. Non è dunque l'Islam che si radicalizza ma, guardando all'identikit dei terroristi entrati in azione in Europa, da Parigi a Bruxelles, da Nizza a Manchester, da Monaco a Berlino e Londra, e ora a Barcellona, ciò che colpisce è il fatto che, tranne pochi casi, i jihadisti non passano alla violenza dopo una riflessione sui testi. Per farlo, rimarca ancora lo studioso francese, "dovrebbero disporre di una cultura religiosa che non hanno e, soprattutto, non sembrano intenzionati ad acquisire. Non si radicalizzano perché hanno letto male i testi o sono stati manipolati: sono radicali perché vogliono esserlo, perché è solo la radicalità ad attrarli...Non è l'Isis che è andato a cercare i giovani di Molenbeek o di Strasburgo, sono loro che sono andati all'Isis". La radicalizzazione precede il reclutamento, ed essa avviene in genere al di fuori dell'ambiente sociale circostante. Non è il "Paradiso di Allah" ad esercitare su di loro una fascinazione che li porta ad ambire a chiudere la loro vita da "shahid" (martiri). Ad affascinarli è l'idea della "bella morte". Qui, e viene in soccorso ancora Roy, "sta il paradosso: questi giovani radicali non sono utopisti, sono nichilisti in quanto millenaristi. Il domani non sarà mai all'altezza del crepuscolo. Si tratta della generazione no future". Il loro avvicinamento alla Jihad globale non si fonda tanto sulla condivisione dei precetti più estremi dell'Islam radicale, quanto sulla convinzione che il riscatto dei diseredati, se un tempo passava attraverso il terzomondismo "modello Che" oggi s'incarna nella sollevazione contro l'Occidente colonizzatore operata dai seguaci di al-Baghdadi. Sociologia più che religione. Volontà sovversiva globalizzata. La Jihad come tratto identitario unificante. Molti di loro non hanno alle spalle storie di disperazione sociale, di nuclei famigliari distrutti, la loro conversione all'Islam è un processo di identificazione con una causa per la quale vale la pena combattere e sacrificare la propria vita. Alcuni cercano di fuggire dall'emarginazione, hanno conosciuto il carcere per piccoli furti o spaccio, ma altri, la maggioranza, è alla ricerca di una realizzazione personale. Quella che prende forma è una identità transnazionale messa al servizio della comunità in pericolo. "Lungi dal ridursi ai capricci di una barbara idiosincrasia culturale – annota Pierre-Jean Luizard nel suo libro "La trappola Daesh. Lo Stato islamico o la Storia che ritorna" – il discorso dello Stato islamico è portatore di una potente dimensione universalista che seduce oltre le frontiere della sua base sunnita mediorientale. Quando si rilegge 'Lo Scontro di civiltà' di Samuel Huntington, si viene colpiti dal gioco di specchi che si instaura con le concezioni del salafismo jihadista. Lo Stato islamico riprende a volte parola per parola la tesi di Huntington al fine di inscenare questo 'scontro di civiltà'. Non si tratta di un conflitto tra due culture, tra Oriente e Occidente – prosegue Luizard , storico e direttore di ricerca al Cnrs – tra arabismo e mondo euro-atlantico, ma uno scontro tra titani, tra Islam e miscredenza. E, nell'Islam, ognuno è benvenuto, anche gli europei biondi con gli occhi azzurri di origine cattolica, come, d'altro canto, la miscredenza include anche arabi e cattivi musulmani... Questa universalità (dell'Isis, ndr) che trascende ogni limitato particolarismo e questo radicamento nella costruzione di una 'utopia' concreta sul campo incontra una eco importante tra giovani che vivono in Occidente...". L'integrismo islamista cancella l'idea di Stato-nazione, la considera il frutto avvelenato del colonialismo crociato, ne attenta l'esistenza, in nome della "umma", la comunità dei musulmani che non ha confini, di certo non quelli tratteggiati agli inizi del secolo scorso dalle potenze coloniali francese e britannica con gli accordi di Sykes-Picot, e non conosce singole identità nazionali. L'Occidente sta favorendo non solo l'islamizzazione delle radicalità ma il radicamento di questa suggestione ben al di là dei miliziani della Jihad globale. La nuova leva di foreign fighters risulta più difficile da individuare perché l'avvicinamento alla Jihad globale non avviene attraverso la frequentazione delle moschee radicali nel Vecchio Continente, poste sotto controllo dai servizi di sicurezza occidentali. La frequentazione di ragazzi di origini arabe avviene nelle palestre, le prime manifestazioni a cui si partecipa hanno origine dalla rabbia sociale piuttosto che in solidarietà verso i "fratelli mujaheddin" iracheni, siriani, palestinesi. I "radicalizzati" usano il web per le lezioni coraniche e dal web traggono i contenuti motivatori di un nuovo terzomondismo che vede proprio nel jihadismo militante l'opportunità di combattere le ingiustizie perpetrate dall'Occidente. E al web affidano la propria determinazione distruttiva: "Uccidere gli infedeli, e lasciare solo i musulmani che seguono la religione", era il messaggio lasciato sui social due anni fa da Mousa Oukabir, il diciassettenne ricercato quale presunto conducente del furgone della strage di Barcellona. Al di là del dato quantitativo, quello che colpisce è la potenza della Rete, dei social network, dei siti legati alla galassia dell'estremismo islamico, per mezzo dei quali sia l'Isis che al-Qaeda riescono a fare opera di proselitismo, a raggiungere, indottrinare e addestrare centinaia di migliaia di giovani", rimarca una fonte d'intelligence da anni impegnata nel contrasto al jihadismo armato. "Emerge con sempre maggiore evidenza – aggiunge la fonte – l'importanza che sia lo Stato islamico che la nuova al-Qaeda danno alla "mediatizzazione" del loro agire. I filmati che postano sono sempre più sofisticati ed è chiaro che a confezionarli sono dei professionisti. Si tratta di un reclutamento mirato, ancora più importante dell'addestramento militare". Le parole chiave della nuova strategia jihadista 2.0 sono viralità e coinvolgimento: snodi centrali di una propaganda orientata sui social media. La decapitazione dei due reporter di guerra Foley e Sotloff, a suo tempo, non ha soltanto riempito le prime pagine dei principali quotidiani online, ma ha anche generato una escalation virale su piattaforme come Twitter e Youtube. Su quest'ultimo social sono stati pubblicati circa 175mila video riguardanti la decapitazione di James Foley: tra questi soltanto i tre più popolari hanno generato circa sette milioni di visualizzazioni. È quanto era emerso da una ricerca realizzata da "IlSocialPolitico.it", magazine che indaga sulle attività 2.0 di politica, istituzioni, "influencer" e fenomeni sociali. "Per i gruppi jihadisti la guerra di propaganda è dunque altrettanto decisiva di quella in armi sul campo di battaglia. Il cyber-jihad permette di far conoscere la propria visione del mondo, di intimorire e minacciare il Nemico, di reclutare...", rimarca Renzo Guolo nel suo libro "L'Ultima utopia. Gli jihadisti europei". È il nichilismo che si fa Jihad. Sono i "banlieusards" che arrivano al terrorismo attraverso un percorso fatto di segregazione spaziale, segregazione sociale, disperazione, rivolta, fuga. E, alla fine" immolazione. "I giovani jihadisti di banlieu – rileva in proposito Guolo – hanno percorsi simili. Vengono da famiglie numerose, spesso caratterizzate dalla dissoluzione dei legami genitoriali e da un tenore di vita sotto le soglie di povertà; hanno alle spalle un percorso segnato dall'insuccesso scolastico, dalla vita di strada, dalla deviazione e dal carcere. Questo grumo di insoddisfazione e rabbia culmina nell'intenzione di vendicarsi di una società percepita come ingiusta, alla quale vengono imputati i propri fallimenti". Emarginazione e non solo. Rileva Nabil El Fattah, già direttore del Centro di Studi strategici di Al- Ahram del Cairo, tra i più autorevoli studiosi arabi dell'Islam radicale armato: "Basta studiare le biografie di alcuni dei foreign fighters europei morti in Siria o in Iraq o anche di alcuni degli attentatori di Parigi o di Bruxelles: non siamo di fronte a dei disperati che devono vendicarsi della fame patita, ma abbiamo a che fare con individui che trovano nella suggestione politico-terroristica del Califfato un ancoraggio identitario, una ragione di vita e di morte. Per contrastare questa deriva, non è solo questione di intelligence, di sicurezza, di militarizzazione delle città, né bombardare a tappeto Raqqa o Mosul. Quella che va condotta è anche una battaglia culturale", avverte lo studioso egiziano. E sulla stessa lunghezza d'onda si muove Loretta Napoleoni quando, a conclusione del suo libro: "Isis. Lo Stato del terrore", annota: "Esiste una terza opzione tra il fallimento della Primavera araba e i successi dello Stato islamico? Sì, esiste, e riguarda l'istruzione, la conoscenza e la comprensione dell'ambiente politico in evoluzione in cui viviamo, gli stessi strumenti usati in passato per dar vita con successo al mutamento politico non in maniera cruenta ma con il consenso, cosa che tanto i giovani combattenti degli smartphone quanto i colletti bianchi della politica continuano a non capire". E se questa incapacità-non volontà di comprendere permarrà, una cosa è certa: l'Isis sarà probabilmente sconfitta in Siria e Iraq ma il "nichilismo che si fa Jihad" troverà altre forme e altre sigle per manifestarsi. E colpire. Barcellona docet. (fonte)
Un pezzo di Umberto De Giovannangeli da leggere e discutere: La “car Jihad” che semina morte nel cuore di Barcellona, è “solo” un frammento di una strategia invasiva. Targata Isis 2.0 Una sconfitta che può trasformarsi in un incubo. Un incubo che è già diventato realtà: Barcellona, Parigi, Bruxelles, Nizza, Strasburgo, Monaco, Berlino, Manchester, Londra, Colonia, Stoccolma… Solo in Germania nove…
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oubliettemagazine · 6 years
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“I fantarcheologi sono tutti millenaristi, trattano cioè solo di fenomeni epocali, come se la storia fosse un susseguirsi di eventi straordinari e non una successione di una vita “piatta”, turbata solo di quando in quando da quale evento non usuale. In definitiva, la vera Storia di un Popolo la fa il contadino, con il suo lavoro quotidiano e non il “barbaro” con le sue incursioni episodiche.”– Piero Bartoloni
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abr · 2 years
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Tumblr media
Le balle che (si) raccontano per motivarsi codesti amministratori benecomunisti di provincia, prevenuti ignoranti arretrati e pure millenaristi: moriremo tutti! Penitenziagite, memento mori.
In realtà quello del povero Mazzei è un enorme gnoooo! avendo finalmente capito che il sogno dei gretini di vietare auto non elettriche entro il 2035 in Europa (cioè vietare le auto tout court) è una balla grande quanto la Transizione Energetica.
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Anto' fa freddo
I millenaristi climatici si sono sfregati le mani fin dalla tarda primavera: le previsioni, sia pure quelle incerte e sommarie di lungo periodo, parlavano di un’estate calda e secca che sarebbe stata l’ideale per convincere gli infedeli al culto del riscaldamento antropico e dunque degli estremi sacrifici necessari per non produrre Co2 e consentire a qualche migliaia di straricchi di usare il jet…
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abr · 6 years
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Tumblr media
Poi dice dei dilettanti del uebbe vs. “professionisti” dei media. 
Poi si domandano come mai abbian perduto credito e si sian quindi aperti spazi mai visti prima per novax, terrapiattisti e millenaristi vari “la fine del mondo (per via del climate change) è vicina, pentitevi”.  
Ma un esamino di coscienza mai, o tennici e professù ? 
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Apocalypse Now
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Anna Lombroso per il Simplicissimus
Il filone dei colossal apocalittici a cura delle major della “religione della salute” si sta arricchendo grazie alle previsioni di una categoria di profeti millenaristi che potrebbero far ammettere tra le scientiststar anche alchimisti, esoteristi, teosofi, veggenti e avventurieri del futuro, da Cagliostro a Nostradamus e, in omaggio alle quote rosa,  anche…
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Apocalypse Now
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Anna Lombroso per il Simplicissimus
Il filone dei colossal apocalittici a cura delle major della “religione della salute” si sta arricchendo grazie alle previsioni di una categoria di profeti millenaristi che potrebbero far ammettere tra le scientiststar anche alchimisti, esoteristi, teosofi, veggenti e avventurieri del futuro, da Cagliostro a Nostradamus e, in omaggio alle quote rosa,  anche…
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