#mi sento davvero delusa
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ciò che davvero mi rattrista è che io da te ormai mi aspetto davvero solo il minimo, che non mi sorprendo mica quando, puntualmente, non arriva mai niente in più di quello, dello stretto indispensabile.
z, eppure penso di non meritarmelo
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Sentirsi dire da un genitore che la mia passione per il teatro è solo un passatempo che non mi porta a nulla è un pugno dritto allo stomaco.
Mi sento come se mi avesse presa e buttata nell'immondizia.
Non vivo di solo teatro ma ci credo tanto e una cosa del genere proprio non me l'aspettavo.
Io davvero non ne posso più, voglio solo andarmene da qui al più presto!
Sono delusa e amareggiata...
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vi giuro raga, io adoro il mio lavoro, mi piace davvero tantissimo e mi ritengo anche abbastanza bravina, non la migliore ma bravina considerato che ho dovuto imparare tutto da zero contro persone laureate e diplomate in questo ambito, oggi mi hanno detto che due persone che non solo sono nuove ma non hanno niente a che fare con il lavoro che faccio io, mi passeranno davanti diventando i miei superiori senza nessuna minima competenza solo perché la mia responsabile ha deciso così.
mi sento delusa, moltissimo. mi faccio il culo ogni giorno e sono quella che prende più chiamate di tutti e 20 i miei colleghi. sono due anni che studio per prendere la promozione e nulla, questi passano davanti a mala pena sapendo il nome del cliente con cui lavoro io.
amo il mio lavoro ma mai come oggi mi sento di dire che detesto la mia responsabile, non solo per questa ultima cosa ma anche per il fatto che non posso prendere ferie se non quando vuole lei, non posso chiedere cambi se non lo decide lei, non posso fare praticamente nulla se non lo decide lei.
sono davvero delusa.
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la me stessa di un mese fa sarebbe davvero delusa ed amareggiata da quello che sto per dire, ma: non solo ho avuto un primo appuntamento, ma sono già organizzata per un secondo.
non sono così interessata. lui è completamente folle, mi fa morir dal ridere. mi sembra anche molto aperto e tranquillo. ci siamo detti: "vediamo come va". però non lo trovo carino e non mi sento particolarmente attratta. mi sa che la chiuderò.
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C'è un momento in cui tutto cambia, quando la delusione si trasforma in una costante e il dolore di vedere persone entrare e uscire dalla mia vita diventa insopportabile. All’inizio, ogni legame sembrava sincero, ogni incontro aveva il potenziale di essere qualcosa di vero, profondo. Eppure, con il tempo, tutto si è sempre incrinato. Quelle persone che una volta credevo sincere, che pensavo fossero lì per restare, hanno finito per mostrarsi diverse. Le loro parole vuote, i loro gesti che prima interpretavo come affetto, ora mi appaiono come falsità mascherate da affetto.
Il problema è che non dico nulla. Non riesco a parlare, non riesco a rompere quel legame, anche quando capisco che la verità non è più lì. Non lo faccio perché, nonostante tutto, provo ancora qualcosa per loro. Anche se so che mi stanno deludendo, non riesco a lasciarli andare. E così mi chiudo nel silenzio, sopportando questo tormento interiore, incapace di affrontare la realtà di un legame che ormai è solo un'ombra di ciò che era.
Il silenzio è diventato il mio modo di sopravvivere, di evitare il confronto, ma anche di proteggermi. Ogni volta che sento la spinta a dire la verità, a spiegare come mi sento, qualcosa mi ferma. Non voglio perdere quelle persone, anche se so che non sono più le stesse. Sono stanca di cercare di aggiustare relazioni che ormai sono rotte. È troppo faticoso, troppo doloroso. E, alla fine, mi ritrovo sempre sola, con il peso della delusione che cresce dentro di me.
Sono arrivata a un punto in cui non riesco più a fidarmi. Ho aperto il mio cuore troppe volte, solo per vedere le persone andarsene, una dopo l’altra. Ogni volta che ho provato a esprimere ciò che provavo, ogni volta che ho cercato di raccontare i miei tormenti, sono stata delusa. Le persone ascoltano per un po', ma poi si stancano. Non vogliono farsi carico delle tue paure, delle tue insicurezze. È come se non riuscissero a gestire la profondità delle mie emozioni, e così, alla fine, preferiscono andarsene.
La verità è che ormai non mi interessa più cercare qualcuno a cui raccontare tutto questo. Sono troppo stanca per aprirmi di nuovo, per fidarmi di nuovo. Ho imparato che alla fine le persone non restano. Non importa quanto tu voglia loro bene, non importa quanto pensi che il legame sia sincero. Prima o poi, se ne andranno, o peggio, resteranno, ma con la distanza emotiva di chi non ti capisce più, di chi non è più veramente lì per te.
Ho smesso di sperare che qualcuno possa ascoltarmi senza stancarsi, perché ho visto troppe volte il contrario. Ho visto persone allontanarsi appena iniziavo a parlare dei miei veri tormenti, come se il mio dolore fosse troppo pesante per essere accolto. E così, alla fine, ho scelto il silenzio. Non perché sia meno doloroso, ma perché è più sicuro. Almeno in questo silenzio, non devo affrontare la delusione di vedere l’ennesima persona andarsene.
Non ho più voglia di aprirmi, di raccontare a qualcuno ciò che provo. Non voglio più rischiare di essere ferita, non voglio più sentire il vuoto che rimane quando qualcuno, che credevo importante, si allontana. Forse è meglio così. Forse è meglio rimanere nel mio mondo interiore, dove almeno posso proteggermi. Dove almeno il dolore è mio e solo mio, senza doverlo condividere con nessuno che, alla fine, non sarebbe davvero capace di capirlo o di portarlo con me.
Ho accettato che la fiducia è qualcosa che non posso più permettermi di concedere con leggerezza. Non perché non ci siano persone valide là fuori, ma perché io non ho più la forza di cercarle. Sono troppo stanca di tentare, troppo esausta di dare parti di me stessa a persone che non sanno cosa farne, o peggio, che le prendono e poi le lasciano cadere senza pensarci.
Ora, preferisco il silenzio. Preferisco la solitudine che so gestire, che posso controllare, piuttosto che il rischio di aprirmi e vedere, ancora una volta, qualcuno allontanarsi o restare senza esserci davvero. Non voglio più cercare chi mi ascolti. Non voglio più dare a qualcuno la possibilità di deludermi. Sono stanca, e questo peso che porto dentro è diventato il mio compagno più affidabile. Non se ne va, non mi abbandona. È sempre lì, ma almeno è un peso che conosco, che posso affrontare da sola.
Non voglio più credere nella speranza che qualcuno possa restare. Non voglio più illudermi che ci sia qualcuno in grado di capire veramente ciò che provo. Le persone passano, sempre. Entrano nella tua vita, fanno promesse, ti fanno sentire speciale, ma poi, alla fine, se ne vanno. E io non ho più la forza di affrontare questa realtà. Non ho più la voglia di aprirmi, di mostrarmi vulnerabile, di concedere quella parte di me che, troppe volte, è stata ignorata o ferita.
Forse è meglio così. Forse è meglio chiudere la porta e rimanere con ciò che conosco. Almeno in questo modo, non rischio più di essere delusa. Non rischio più di vedere le persone allontanarsi. Non rischio più di sentire quel vuoto che mi ha accompagnato troppe volte.
E così, scelgo il silenzio.
-Anonimo🖤
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Perché?
sono stanca di trovare delle spiegazioni comprensibili agli altri e non venire capita lo stesso, per poi sentirmi in dovere anche di scusarmi per non saper esternare le mie emozioni e i miei sentimenti come si deve. io sono stanca di ammettere come mi sento a chi mi sta vicino e non venir calcolata minimamente, con sguardo disinteressato mentre racconto ciò che sento. io potrei anche aprirmi ma mi aspetterei una risposta esaustiva e sapendo che questa cosa non succederà sarei ancora più delusa da me stessa per il fatto di averci sperato. il problema principale è che io aspetto che gli altri mi aggiustino perché io da sola non ce la faccio ma è una lotta inutile perché nessuno è pronto ad aiutare davvero e mettersi d’impegno. mi hanno trattata come una causa persa e come tale io mi sto perdendo via.
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Io credo fermamente nell’amore ed è questo che a volte anzi molte volte mi frega, perché sono un’eterna romantica e si sa gli eterni romantici sono così increduli che l’amore vero esiste e probabilmente esiste davvero in certi versi, no? Ho provato tante volte a scrivere perché è l’unica cosa che mi riesce bene, perché a parole non so spiegare cioè che ho dentro. E dentro ho tante cose che non riuscirò mai a dire, probabilmente un giorno magari molto lontano riuscirò a scrivere davvero ciò che mi tormenta. Ma non sono qui per questo adesso, so che magari potrebbe annoiarti il mio essere così “logorroica” lo capisco, lo comprendo annoia anche a me moltissime volte. Ma vedi, l’amore che sento per te penso non sia paragonabile a quello che provato prima di te, questo amore per te mi fa male e mi fa bene allo stesso tempo, ma io come te capisci che non possiamo più stare male. Ci sono troppe cose in mezzo, la tua ex soprattutto che in un modo o nell’altro si intromette nella tua vita cosa che tu in primis non dovevi renderlo possibile, ho perdonato quello che hai fatto ho accetto le tue scuse, ma io francamente non me ne faccio nulla. So, che odi quando riprendo il discorso però a volte anzi molte volte mi fermo a pensare e mi dico “ma io davvero mi merito tutto ciò?” E mi rispondo con un “no, non lo merito però per qualche ragione ci finisco sempre in queste situazioni che mi fanno stare davvero male” il mio cuore è stanco, stanco di litigare, di discutere, di piangere e di amare. Ti amo, ti amo davvero e non ti amo perché tu mi debba completare no, ti amo perché in un certo senso completi i miei gesti quando non siamo ognuno per cazzi nostri. Quello che è successo ieri, mi ha fatto molto male.. ho subito pensato che non te ne fregasse niente di me, ed ho pensato tanto ed ho pianto tanto perché non voglio questo per me stessa io voglio solo essere felice. Perché me lo merito e perché te lo meriti anche tu dopo tutte le sofferenze che abbiamo avuto, domani noi possiamo anche vederci possiamo anche parlarne ma la mia decisone rimane quella. So, so quello che ho detto ma magari questo tempo lontane potrebbe farci capire davvero quello che vogliamo, non voglio essere una seconda scelta per te perché mi ci sono sentita un po’ di volte e non te l’ho mai detto, ma sono stanca di fingere che vada tutto bene anche quando non è così. Ti chiedo di rispettare la mia decisione, ti chiedo di rimanere in buoni rapporti e so che ho detto che non ha senso ma non ha senso nemmeno fare finta di niente giusto? Come se questi tre mesi non fossero mai esistiti, io so quanto ti amo e quanto tu ami me proprio per questo ti chiedo del tempo ti chiedo di stare un po’ lontane e capire quello che si vuole davvero. Io per adesso voglio tempo, perché sono delusa e arrabbiata, per quanto posso volerti e posso amarti non riesco a stare così adesso. Amare per due persone come noi è difficile e complicato dopo tutto quello che abbiamo passato, e tu lo sai e il lo so cosa significa amare più di se stessi. Ma voglio che tu capisca, l’importanza che ha ogni azione che fai con quella persona, ogni parola, ogni gesto compiuto, voglio che tu capisca tutto. Perché so, che tu sei intelligente ma a volte non ci capiamo per niente e invece di andarci incontro ci scontriamo facendoci solo del male ed io non voglio questo per noi. Mille parole non bastano, non bastano nemmeno mille lettere per dirti ciò che sento ma spero che tu capirai queste mie parole. E alla fine mi ritrovo sempre così, la mia testa che mi dice di andarmene e il mio cuore che mi dice di riprovare ancora. Ma posso farlo per sempre? Dimmi, se il mio povero cuore può ancora sopportare tutto ciò. Quanto costa essere felici in questo mondo che per noi non sarà mai facile trovare un po’ di pace, quanto costa amare quando l’amore ti fa così male, quanto costa fingere di stare bene quando dentro sei tormentata. Ecco, la parola giusta è “tormentata” più specificamente “un’anima tormentata” come la canzone di blanco, dove mi ci ritrovo tantissimo anzi dove ritrovo me e te. Tormentate, ecco come siamo noi due
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mi sento un peso per la mia famiglia, mi rendo conto che non è facile convivere con me, sono veramente troppo da gestire e sopportare, ho la testa pesante e appesantisco anche gli altri. questa non è vita, né per me né per chi mi sta intorno. non posso continuare ad essere un peso per loro, perché è questo ciò che rappresento nella vita altrui, rappresento un peso. peso anche a me stessa, davvero, non mi sopporto. ho allontanato tutto e tutti, non ho futuro, non ho ambizioni, non ho passioni, non ho obiettivi, non ho sogni. sento di aver deluso tutti, in primis me stessa, perché so che avrei dovuto chiedere aiuto da bambina, quando ho capito per la prima volta che stavo male. forse ero ancora in tempo per riprendermi. forse, se avessi chiesto aiuto, oggi non starei così. sono delusa perché mi sono lasciata andare in questo modo, per non essermi mai presa sul serio, per non essermi mai messa al primo posto, per aver inizialmente sottovalutato e sminuito tutti i miei problemi. con gli anni mi sono completamente spenta, fino a non provare più niente a parte una rabbia smisurata, un odio immenso verso me stessa e verso la vita, una tristezza infinita e la costante voglia di cancellarmi dal mondo. mi porto dentro un senso di vuoto immenso, nel cercare di riempirlo ho solo creato ulteriori problemi, e l’unica persona da incolpare sono io. nell’anoressia, per esempio, mi ci sono proprio buttata, sapevo a cosa andavo incontro ma non sono più riuscita a fermarmi. ho creato problemi su problemi, ma a soffrirne non sono stata solo io, perché per gli altri sono diventata sempre più pesante. mi sento un peso anche per i miei amici, oltre a sentirmi cattiva per il modo in cui sparisco continuamente. la depressione mi ha svuotata di tutto, sembra strano da dire, ma mi ha svuotata di me. nel senso che, nella mia testa, io non esisto più, non sono nessuno, sono solo un corpo su cui riversare tutto l’odio e la rabbia che mi porto dentro da anni, e l’unico modo che conosco per sfogarmi è farmi male, fino a quando non sento più neanche il dolore fisico. quando ho l’ansia, mi faccio male. quando mi sento stressata, mi faccio male. quando non riesco più a sostenere tutti i pensieri assillanti che si sovrappongono nella mia testa e mi fanno sentire come se fossi sul punto di esplodere, mi faccio male. ripeto, questa non è vita. però sono stanca. sono arrivata al punto in cui non voglio stare meglio, voglio solo che tutto si fermi, voglio fermare tutto. ho smesso di provare a stare bene, ma ho smesso anche di illudermi di “stare bene così”. tutto quello che sento, ormai, è il peso di una vita che non ho mai voluto e che mi schiaccia giorno dopo giorno. ho provato a mettere fine a tutto due volte, e ho fallito anche in quello, entrambe le volte, altrimenti non starei scrivendo in questo momento. la mia testa mi fa pesare questa cosa, ho paura di riprovarci perché ho paura di fallire per la terza volta. non riuscirei a sopportarlo, non più, perché ormai so bene che dopo un tentativo fallito si attraversa un periodo peggiore di quello che lo ha preceduto, ogni volta va peggio, e io sono stanca.
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L’apatia del tuo sguardo me la sento incollata addosso come l’umidità di questi giorni tutti uguali. Incontrarti ieri sera al supermercato mi ha fatto rimbombare dentro quell’intimità invadente, come chi non riesce a dirsi ciao dopo essersi lavato i denti insieme una vita intera. Starti accanto è sembrato una vita intera. Gli schiamazzi dei bambini nel cortile affianco mi cullano in una mattina infinita in cui continuo a vederti chiudere la porta. Finisco un calcolo poi ti chiamo, è il valzer di pensieri che mi balla dietro gli occhi da quando non ti vedo. Da quanto non ti vedo cantare in macchina? Me lo chiedo mentre vorrei tenermi stretta alle emozioni ma, come sulle montagne russe, non trovo appigli. L’altra sera mi ha detto, tutta sprezzante, che nulla cambia se non cambio nulla. Mi è rimasto un sapore acre in bocca, come chi ha paura ma non lo sa dire. Ho paura e non lo so dire. In mezzo al traffico di questa mattina mi ha assalito la convinzione che rimarrò sola per sempre. Mi fa paura che forse mi vada bene così. Mi guardo intorno, non riesco a capire se la persona che sto diventando si avvicini ai sogni che ho. Ieri mattina mi sono imbattuta nei suoi successi e il cuore ha tremato un po’. Mi sta bene una vita senza successi? Non mi sta bene una vita in cui non riesco ad essere sinceramente felice dei successi altrui. Starti lontano sembra una vita intera. Prima cercavo di contare gli anni che ho passato in questo ufficio, sulla punta delle dita, però, mi rimanevano solo le volte che ti ho deluso. Mi sono delusa senza sosta, come chi mette a soqquadro la vita e non trova più i cassetti dove ha nascosto i sogni. Quanto ti ho lasciato andare quando la vita mi è sfuggita dalle mani? Nelle mani mi rimangono una manciata di convinzioni ingarbugliate e qualche progetto disinnescato. Inciampo nell’attesa di quella risposta, mentre mi domando se mi terrorizzi più un semaforo verde o uno stop. Gli stop servono per ripartire, sento ancora il tuo fiato caldo mentre lo sussurri piano. Mi serve solo un piano per imparare a respirare nella tempesta, come chi cerca l’occhio in mezzo al ciclone. Non ho fame. Starti accanto sembra una vita fa. Ho sete di successi ma ancora busso prima di entrare. Mi guarda con sdegno prima di dirmi che nessuno mi aprirà la porta e mi inviterà gentilmente a partecipare, ché siamo squali e ci sbraniamo a vicenda. Siamo umani, anche quando lo dimentichi. Vorrei che mi avesse riempito il cuore invece che la bocca. Starti lontano è sembrato una vita fa. Vorrei trovarmi a dirtelo nel reparto ortofrutticolo di una domenica pomeriggio svogliata. Invece mi circondo di persone a cui non interessa se sto in piedi, figuriamoci se sto bene. Chissà se bene davvero lo sei mai stato. Vorrei saperti ancora bambino, mica guarito, solo consapevole, solo presente, quasi sereno. Per curarti ci vorrebbe tuo padre, lo pensa ma non sa verbalizzarlo senza diventare carnefice. La carneficina di questo rapporto è stata silenziosa ma reiterata, moderata ma costante, circoscritta ma centrata. Cerco di incollare tutti questi rimasugli di vita mentre mangio male o non mangio affatto. Ho la bocca piena di fallimenti. Mi chiamo vittima ma con gli occhi appannati non saprei distinguermi dal colpevole. Chiedimi se voglio restare. Freno le mani molto prima dell’impatto con i tuoi mattini, non voglio farti diventare un danno collaterale. Chissà se non sa vedermi o se, semplicemente, non sono. La settimana scorsa mi sono guardata e ho costruito occhi nuovi, idee nuove, abitudini nuove. A te vorrei raccontarmi, farti parte dello spazio che mi compone, ma faccio ancora a pugni con la necessità di essere vista, troppo diversa dalla voglia che tu mi guardi. Se mi avesse chiamato ieri, mi sarei ancorata alla vita che conosco nascondendomi dietro la finestra per guardarti vivere ancora. Ancorata ad una indefinita mancanza non saprò mai trovare una cura per le nuvole. Ma le nuvole vanno e vengono, mica passano e non tornano.
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Esci, ridi, ti diverti. Ti dimostri sorridente. Felice. "Ti vedo felice stasera che è?" Ti dicono gli altri. "Bene, sto riuscendo a mascherare meravigliosamente bene" pensi. Pensi e nel mentre rispondi ridendo. Ridendo quando dentro di te stai piangendo. Ci riesci. Ce la fai. Poi arrivi a casa. Un sospiro di sollievo "anche oggi ce l'ho fatta". Poi ricadi in un mare di lacrime. Ritorni, finalmente, ad essere te stessa. A sentirti vuota, triste, arrabbiata, delusa e non sai nemmeno tu cos'altro. Ti senti semplicemente stanca. Stanca di legarti a persone che poi vanno via senza più tornare. Persone che vanno via come se nulla fosse. E stai lì a guardarli e pensare "ma come fanno? Come ci riescono? Perché per loro è così facile mentre io mi sento morire?" Ma nel mentre ridi e scherzi come se fossi la ragazza più felice del mondo. È assurdo a volte quanto una persona riesca a nascondere. Quanto le apparenze riescano ad ingannare. Tutti. Nessuno escluso. Basta vedere una persona sorridere e parlare con tutti per pensare che quella persona stia bene. Nessuno più si ferma a chiedere "Oh ma come stai? Come stai realmente?". Nessuno. Perché, la verità, è che a nessuno importa davvero di come stai tu. A nessuno. Esci, ti diverti, ridi ma dentro di te sei rotta in mille pezzi e pensi semplicemente "io non mi devo legare più a nessuno". Perché le stesse persone che erano lì, che ti dicevano "ti aiuto io. Sono qui", che ti aiutavano a star meglio quando stavi male sono state le stesse che hanno ucciso una parte di te che non ci sarà più. Esci, ti diverti, ridi ma nessuno si accorge mai che tu ormai non ci sei più.
-incisodentro.
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Lo so che lo dico spesso, forse lo dico troppo e alla fine non è mai vero però: non ce la faccio più a convivere con mia madre.
Qualsiasi strategia io metta in atto per mantenere la mia salute mentale il più stabile possibile viene sempre sabotato. E cerchi di farle capire le cose e non funziona. Stai zitta e finisci per accumulare accumulare accumulare stronzate su stronzate opinioni su povera gente o su gente stronza o su come vivono la vita gli altri o i rapporti di coppia che a me non me ne frega un cazzo e allora perché devo sentire la tua opinione? Boh.
Mi sento nel pitch più alto di intolleranza totale di qualsiasi cosa e questo solitamente è un mio sintomo di preciclo. Ma non ci credo più tanto, perché il ciclo non arriva da fine ottobre. E la scorsa volta è arrivato dopo 40 giorni. Sono anni e anni che era diventato molto preciso e anche particolarmente corto, a volte anche di 23-25 giorni.
Che cazzo è successo? Non lo so. So solo che io sono stata una volta sola nella vita in amenorrea ed era quando mangiavo 1000kcal al giorno o meno. Paradossalmente fu "facile" risolvere: mangiavo mischiando cibo e lacrime e ingoiavo. Così ho risolto. E mo non so dove cazzo andare a parare dato che mangio come un fottutto bue quello che cazzo mi va. L'unica cosa che ho cambiato è l'allenamento perché sto spingendo come un toro però cristoddio ti sto dando pure il carburante quindi, corpo, che c'è? Che problemi hai?
È dai tempi dei lockdown, quando ho dovuto smettere completamente di allenarmi, (avevo mezzo smesso anche in Giappone ma quella era stata una scelta mia non dettata dagli eventi) che mi chiedo: ma perché mi alleno in palestra? Quasi tutti pensano solamente al lato estetico, ma per quelli che si allenano davvero è quasi tutto tranne quello. In passato avrei dato enfasi alle endorfine che, indubbiamente, mi dà una grande mano con questo mio costante velo di tristezza interiore e di mal di vivere, ma comunque sono sempre sopravvissuta bene anche senza. La verità più grande è che spaccarsi in palestra è principalmente per me un atto di masochismo. È un continuo farti del male e aumentare l'intensità del dolore quel tanto che basta per permetterti di raggiungere le ripetizioni prefissate. Quindi io adoro infliggere dolore al mio corpo e proprio nel sentirlo sofferente.
Ed eccomi qui, ancora a parlare al mio corpo come se non fossimo una cosa sola, come ai vecchi tempi, quando sentivo questa cosa ingombrante addosso che mi volevo stracciare come se fosse una pelliccia e invece era la mia carne. Ma io con questo corpo non ci ho mai fatto la pace.
Mi sento esattamente come quando ho cercato di andare all'Avis per donare il sangue due volte e due volte mi hanno detto di no perché prima avevo il colesterolo alto e quindi solo plasma, poi manco il plasma perché l'emoglobina era sotto i piedi. Tradita, delusa, un catorcio. Il mio corpo non mi segue, fa quello che cazzo vuole lui e io, come una madre con un bambino da accudire, non so se seguire l'istinto e urlare e spaccare oppure accudire. Ho pianto quando non sono riuscita a donare il sangue ed è successo di nuovo.
Galimberti dice spesso che l'uomo si relaziona con il mondo, ma nel mondo della malattia il mondo sparisce e lo scontro è tra l'io e il corpo. E l'uomo quando subisce questa nuova realtà diventa schizofrenico perché si vede due.
Di nuovo quindi, io non sono il mio corpo. Forse la palestra ha persino intensificato questo mio senso di dualità col corpo per la questione della propriocezione e della connessione mente-corpo.
Ora chissà dove dovrò andare a parare con ste ovaie. Di nuovo. E peggio di 10 anni fa... uff.
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Oggi, 26 settembre 2023...🩵
Non saprei come spiegarvi come mi sento..
Ho un misto di felicità,un misto di rabbia,tristezza e dolore... L'unica persona che sapeva realmente della mia paura, cioè l'abbandono, lo ha fatto anche lui!
Da un giorno all altro mi ha abbandonata, dimenticandosi tutto ciò che avevamo costruito in 5 anni.
°Tristezza° perché ho amato tanto e come sempre quella delusa sono sempre io.
Ho questo vizio purtroppo di dare Sempre tanto anche a chi mi fa del male.
°Felicità° perché credo che da questa delusione, io potrò dare tutta me stessa a me,per essere una persona nuova, migliore e finalmente felice, anche senza qualcuno.
Mi sono sempre focalizzata su qualcuno o qualcosa per essere felice.
Mi sono messa da parte per far del bene agli altri.
Mi sono amata di meno, per riuscire ad amare a pieno gli altri.
Mi sono trascurata, sono cambiata, per qualcuno che diceva di amarmi e diceva che prima o poi sarebbe migliorato per far funzionare la relazione...
È direttamente cambiato, tirando fuori il peggio che aveva in se.
Io comprendo che lui non stia bene emotivamente e Comprendo a pieno il suo dolore però non può farmi questo a me.
Non può disminuirmi, dimenticarmi, solo perché lui non sta bene con se stesso.
Io ho conosciuto sia il suo meglio che il suo peggio, ma sono sempre rimasta al suo fianco.
Nonostante mi avesse fatta sentire Brutta, sbagliata ecc...
Ma a me non importa, perché tutti nella vita sbagliamo e soprattutto per amore sorpassi tutto, se sai che veramente la persona che hai accanto non sta affatto bene ed ha bisogno di affetto..
Io so come si sente, ci sono passata anche io.
Però allontanandomi, non ti farà star meglio.
Comportandoti così con me, non avrai altro che ferite in più.
Quindi ti prego, lascia i tuoi pensieri chiusi in una scatola e ascolta il tuo cuore.
Quello saprà portarti nella direzione giusta.
Vorrei solo prendermi tutto il tuo dolore e farti stare meglio.
Ci sono cose che Sarà difficile spiegarti perché non riuscirei a trovare le parole giuste. Però io credo che basta guardare i miei occhi quando sono con te e li capirai davvero tutto.
C'è una canzone, solo una... che quando lascolterai capirai tutto....
"E in fondo pensi, ci sarà un motivo
E cerchi a tutti i costi una ragione
Eppure non c'è mai una ragione
Perché un amore debba finire"...
Ti amerò come accade nelle favole ...
PER SEMPRE!✨
Tua, Marti.
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Ciao Anna,
Sono una tua simile. Non è la prima volta che qualche studente arrivi così tanto stanco e stremato da preferire la morte alla vita, in questo caso mi sento molto vicina a te. Io ho 25 anni, come te. Dopo gli esami di maturità al liceo classico inseguivo il sogno di iscrivermi a ostetricia. 10 posti su 200 richieste, non sono passata. Mi sono iscritta a scienze naturali, unica facoltà senza test, con l'intenzione di studiare materie scientifiche e di riprovare il test, di nuovo. Non sono passata, di nuovo. E nel frattempo un anno di università era andato. Rimango incastrata in scienze naturali. Non mi piaceva, non avevo idea del perché fossi ancora lì, non riuscivo a studiare, non capivo. Dopo 2 anni e mezzo decido di passare a lettere moderne. Ho sempre scritto e letto tanto, inseguire il sogno di ostetricia o iscrivermi a lettere, rimanere nella mia confort zone, era il mio grande dubbio prima degli esami di maturità. E così ho fatto questa follia. E sono iniziate le pretese dei miei genitori. Hanno accettato che cambiassi facoltà a patto che, però, mi sarei sbrigata in questa nuova triennale. Non fermarti, mi dicevano. Brava per l'esame, quando l'altro? Mi dicevano. E crescevano le aspettative. E cresceva la mia difficoltà nel soddisfarle. La paura di non essere abbastanza. Di deludere.
Negli anni l'università è diventata un vero macigno sul cuore e non sai quanto posso capirti. Non sai quante volte io abbia pensato di essere una fallita. Oggi sono qui, al mio secondo anno fuori corso, 7 anni di università e niente in mano. E sconfitta, delusa, arrabbiata, leggo la notizia della tua morte.
Da sola, nel bagno dell'università, schiacciata.
La verità è che per quanto tutti adesso possano esprimere dolore e rammarico per ciò che è successo solamente chi vive una situazione del genere può davvero capire.
Solo chi lo vive sa cosa significa il continuo confronto con gli altri, la speranza che si è vero, ognuno ha i suoi tempi, e dall'altro lato la stretta in gola di quella vocina che ti dice che non è vero. Che non è vero che ognuno ha i suoi tempi. Perché se ognuno ha i suoi tempi perché proprio i miei sono così lunghi.
E così sono iniziate le mie notti insonni. Il pensiero di non essere all'altezza. Di deludere tutti. Di non essere utile a niente. I miei genitori si svegliano presto, escono, vanno a lavoro, faticano, e io sono qui solo a fargli sprecare soldi e tempo. E così sono iniziati i pianti di nascosto e i primi attacchi di panico.
La prima volta che ho avuto un violento attacco di panico è successo perché sono riuscita a dire a mia madre che ci sono cose più importanti per me dell'università. Il suo sguardo deluso mi ha stroncato. E così ho iniziato a spegnermi.
Perché sai Anna, io lo so che è un declino. Che quando esci dal liceo sei in cima al mondo e puoi o salire ancora di più o scendere, scendere, scendere, fino a toccare il fondo. Ed è così profondo che nessuno ti sente. Nessuno ti capisce. E rimani tu, sola. Con un pugno di fogli in mano. Vuota come le pagine di un diario che non riesci a scrivere perché non sai cosa dire.
Non mi va di aggiungere altro, perché è doloroso. Ma sappi che ti capisco. Che ti ho capita. Che so.
Ciao Anna
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Mamma, la mia depressione è un mostro:
un giorno è piccola quanto una formica nel palmo di un orso,
il giorno dopo è l’orso,
in quei momenti mi sento morta finché l’orso va via e mi lascia da sola.
Chiamo i giorni difficili “giorni bui”.
Mamma dice “allora prova ad accendere qualche candela”,
ma appena vedo una candela penso solamente a quanto sarebbe bello buttarmi sulla fiamma e prendere fuoco. I cimiteri sono pieni di candele. Inoltre non ho paura del buio… ed è proprio questo una parte del problema.
Mamma dice “pensavo che il problema fosse che non riesci ad alzarti dal letto”.
Ed è così, è vero. Ci sono mattine in cui non ci riesco. Mi mancano le forze, qualcuno ha staccato la corrente, non ho energia, l’ansia mi stringe forte e mi tiene inchiodata lì, prigioniera della mia stessa casa, prigioniera di me stessa.
Mamma dice “da dove viene quest’ansia?” .
L’ansia è la cugina lontana che viene ogni tanto in città e, ovviamente, la depressione si sente obbligata ad invitarla alla festa. Mamma, la festa sono io.
Mamma dice “perché non provi realmente ad andare a qualche festa?”.
Certo, io faccio sempre programmi per la serata, ma non voglio andarci. Faccio programmi perché so che dovrei andarci, lo so, qualche volta mi viene voglia di uscire davvero… il fatto è che non è molto divertente divertirsi quando non hai per niente voglia di divertirti.
“Ma così incontri i tuoi amici” mamma dice.
Amici? Quali amici? Come faccio a farmi degli amici se appena incontro una persona nuova penso che non mi devo affezionare, perché tanto se ne andrà via e io rimarrò delusa. La cosa ridicola è che alla fine mi ci affeziono davvero, ne divento dipendente e diventa tutto un casino. Non riesco a percepire l’amore, non sento i sentimenti degli altri, non ci riesco. Mi vuoi bene? Sì, lo so, la mia mente oggettivamente lo sa, ma non è quello che mi arriva dentro.
Mamma dice “sei solo un po’ paranoica, non hai ancora trovato le persone giuste”.
Sì, sì lo sono! Sono paranoica nelle relazioni, vivo con la paura costante di essere abbandonata e nella mia testa c’è solo “non ci tiene a te” “non ci tiene a te”. Quindi allontano tutti, ma vorrei qualcuno al mio fianco, ho bisogno di affetto, ma tengo lontano tutti perché non voglio soffrire ancora.
Mamma dice “esageri, sei drammatica, è normale avere il cuore spezzato alla tua età”.
Mamma, non c’è nulla di normale in me. Non c’è nulla di sano, di bello, sono solo un enorme disastro. Non esagero, sembro drammatica perché quello che provo è cento volte superiore a quello che provi tu o gli altri. Ho un amplificatore addosso, è tutto di più, tutto troppo e io non lo so gestire. Ogni cosa mi ferisce, i dettagli mi spezzano, vivo dentro a un tornado di emozioni che mi sconvolgono e mi sbattono al muro ogni volta.
Mamma dice “devi stare tranquilla”.
Mi calmo solo se mi riempio di xanax, lui ormai è l’unica cosa vera. Va molto d’accordo con la vodka, a volte li prendo insieme e diventa tutto più leggero. Si spegne la mente e per un po’ mi vedo sorridente finché collasso nel letto e qua tutto ricomincia.
Sai, mamma, ogni notte l’insonnia mi trascina tra le sue braccia e rimango immobile con lei a fissare il soffitto.
Mamma dice “prova a contare le pecore oppure disegna”, ma la mia mente riesce solo a contare tutti gli sbagli che ho commesso e i motivi per cui dovrei morire al più presto. I pensieri si moltiplicano e diventano un oceano in tempesta in cui però non posso annegare, io sono lì in mezzo in balia delle onde che mi fanno bruciare gli occhi. E gli unici disegni che faccio sono sulla mia pelle, in rosso, usando la lametta come matita. Piango, vorrei essere felice.
Mamma dice “la felicità è una scelta”.
ma non ho mai scelto di cadere così in fondo, non ho deciso io di vivere nell’inferno sulla terra. Non sorrido più, non rido più, il dolore fa parte della mia routine. La felicità? Non la immagino neanche.
Sai cos’altro non riesco ad immaginare mamma? Me stessa. Non so chi sono, non so cosa voglio fare, sono persa in un oblio senza fine. Faccio un passo, sprofondo nel vuoto.
Mamma dice “basta riempire quel vuoto”.
C’è un mucchio di ossa, della pelle rovinata, un cuore che purtroppo batte ancora… nient’altro. Il vuoto è intorno a me e dentro di me. Mi chiedo sono viva? Questo è disumano e io sono sola.
A volte provo a riempire quel vuoto con il cibo, mangio e mangio, sto meglio ma è un’illusione. Dopo il vomito mi corrode lo stomaco, vuole uscire fuori a tutti i costi e io non lo trattengo.
Così un giorno mamma mi ha detto “vuoi suicidarti? Non hai paura di morire?”
No, mamma, no. Non ho paura di morire, ho paura di continuare a vivere.
Mamma non aveva capito, mamma ancora non ha capito.
Mi ricordo quando ho aperto gli occhi nella sala emergenze del pronto soccorso, i polsi fasciati, le flebo al braccio, il “bip bip”, le telecamere, il sangue ovunque sul lettino.
Mamma mi ricordo ancora le tue urla, hai visto le mie cicatrici, hai gridato “sei un mostro, non sei mia figlia”.
LO SO.
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Ricompaio su questi schermi per chiedere: ma qualcuno ha visto La vita bugiarda degli adulti?
Io l'ho appena finita, dopo i primi episodi ho fatto anche un po' di fatica, e sono rimasta del tutto... Confusa? Delusa? Alcune cose non mi sono proprio piaciute, altre mi chiedo se sono stata io a non capirle, in ogni caso mi ritrovo ad aver finito la serie ed avere in mano un'impressione di essa piena di buchi.
Ad esempio sembra che della maggior parte dei personaggi ci venga lasciato vedere solo uno scorcio, e mentre la trama prosegue non ci è dato modo di capire davvero chi cavolo siano questi, e parlo di personaggi il cui rapporto con la protagonista è molto importante, come le sue amiche, oppure Roberto.
Non so, gli episodi sono avvolti in un'atmosfera davvero suggestiva ma forse questo ha tolto spazio per raccontare le cose in maniera più approfondita.
La domanda sarebbe: solo io mi sento così? C'è qualcosa che non ho capito? :') Quali sono le vostre impressioni? Ho davvero bisogno di capire meglio, avevo aspettative altissime e non mi va di chiuderla così ahaha
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ho chiamato Marta (la psico) in preda alla disperazione più totale dopo una giornata al limite dell'assurdo.
"fai troppo affidamento sulle persone e ti deludono anche le cose più piccole che fanno, non hai nulla in meno rispetto agli altri per farcela da sola"
è sempre così rassicurante, chissà come fa.
-le cose più piccole- ha detto bene, ma lei lo sa, ormai mi conosce, noto sempre tutto, anche i dettagli più piccoli.
oggi mi sono resa conto di una cosa, una cazzata, fatta, però, da una persona importante; me sono resa conto per caso, mentre chiacchieravamo e sono rimasta zitta per qualche secondo come se il mio cervello non riuscisse a formulare una frase alternativa all' "hai visto Giulia, anche lei, come tutti gli altri".
non credo che questa persona si sia minimamente resa conto di quello che mi sia successo, so solo che, per un istante, ho sentito gli occhi diventare due acquari; quando ho sentito il suo sguardo addosso, mi sono ricomposta, ho bevuto tutte le lacrime e ho un po' pianto dentro.
anche lei, come tutti gli altri - non son riuscita a pensare a nient'altro. del resto, io, sono davvero una persona semplice; quando qualcosa mi delude, mi spiazza, lo fa per intero, non c'è nessuna parte di me a non essere priva di parole.
inutile dire che ho fatto tutto il tragitto in silenzio, ripercorrendo all'indietro le settimane, cercando un ipotetico mio errore. ricerca vana, non ha prodotto alcun risultato.
oggi mi sento così, braccia lungo i fianchi, spiazzata, amareggiata, un po' delusa. oggi mi sento così, per una cosa piccola, probabilmente insignificante agli occhi degli altri. oggi mi sento così, perché quando cambia una cosa anche piccola e non riesco a capire il perché, io non riesco proprio a sentirmi diversamente. oggi mi sento così, perché, nelle cose, in tutte quelle dove metti il cuore, quando qualcosa cambia senza che si possa rimediare, ti senti spezzato.
ecco, sì, spezzata. spiazzata e senza possibilità di replica alcuna.
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