Tumgik
#mi manca quel programma
faceglitchsworld · 10 months
Text
Immagino i miei (ormai ex) compagni di formazione per il servizio civile annoiarsi a morte a guardare i vecchi spot della Pubblicità Progresso per una mezz'ora buona e magari chiedersi perché vengono sottoposti a questa tortura.
Onestamente, tolti gli slogan dei primi spot, c'era della genialità.
0 notes
sensazioni-orribili · 2 years
Text
Leggimi alla fine.
Un angolo di luce buia.
26/11/21
Se sei appena arrivato su questo blog, leggi questo post per ultimo, dopo aver letto almeno uno dei precedenti (preferibilmente più di uno)
Ho spolverato questa pagina dimenticata da dio dopo anni pubblicando due post rimasti nelle bozze a nascondersi e pubblicando questo qui adesso.
E ho capito perché l'ho abbandonata.
Ebbi l'idea di creare questo blog dopo aver scritto il primo post di questa pagina nel lontano 2014, in un periodo non particolarmente felice della mia vita, con l'intento di scrivere un post per ogni "situazione orribile" da me provata. Accomunavo i tratti comuni di tutte le volte in cui mi ero sentito parecchio giù di morale per isolare ed esorcizzare lo stato d'animo stesso.
Avevo creato un format. Un misto tra un programma televisivo e un appuntamento dallo psicologo. Avanti un'altro (problema)
Con il tempo, però, mi accorgevo di non riuscire a scriverci.
Sebbene il primo post l'avessi scritto tutto di getto in pochissimo tempo, per scrivere gli altri impiegavo di più, molto di più, sempre più tempo.
Immagina un foglio bianco. Io disegno un punto e ti dico di tracciare una linea retta o curva che lo intersechi. Hai infinite soluzioni.
Poi però ne disegno due di punti e ti chiedo di unirli allo stesso modo, con una linea qualsiasi. Le soluzioni possibili iniziano a diminuire.
Poi ne disegno 3 e ti chiedo lo stesso. Poi 10. Poi 350. Poi 42 milioni.
I punti sono le situazioni che mi sono accadute, mentre le linee i miei racconti.
È logico quindi che con meno situazioni tracciare coerentemente i contorni dell'emozione è esponenzialmente e drasticamente più semplice. Più aumentavano le situazioni che vivevo, più era difficile farle combaciare con il format che avevo creato all'inizio.
Quindi mi sono reso conto e sono giunto alla conclusione di non aver nulla da dire, o forse di non riuscire a dirlo perché non avevo mai provato veramente sensazioni orribili.
O almeno era così, fino ad un giorno.
Un giorno qualunque scopro che mia madre ha una malattia terminale. Ho 27 anni quando mi succede, lei 51. E questa è veramente una sensazione orribile che ho provato, e più che orribile direi disgustosa e vomitevole sopra ogni limite, perché da quando lo scopri devi vivere con la consapevolezza di un dolore che proverai e nei confronti del quale sei totalmente inerme. Vorresti fare tanto, tutto, ma non puoi fare un cazzo, niente. A volte parliamo delle situazioni spiacevoli definendole "una merda". Questa non è una merda perché la merda a qualcosa serve. Osservare impotenti una persona che soffre e si spegne lentamente di fronte ai tuoi occhi, dimmi, a cosa serve veramente? È come essere legati ad un palo ed assistere ad una persona che sta per venire trafitta da una lama. Ma chi infliggerà il colpo mortale si muove molto lentamente, al punto che non riesci bene a distinguere il fatto che si stia muovendo davvero, guardandolo tutti i giorni. E tu sei lì, ma è come se non ci fossi veramente perché non puoi fare nulla, se non stare a guardare, immobile, impotente, inerme.
A questo punto quindi, penso che dovrei aver tanto da scrivere, di cui parlare. Questa situazione così spiacevole dovrebbe essere combustibile altamente infiammabile per il fuoco dei miei pensieri. Eppure mi sento in un paradosso, come se avessi oltrepassato l'asintoto verticale della funzione dell'intensità dei miei stati d'animo e mi trovassi dall'altra parte dell'infinito, quindi con segno opposto; come se quel combustibile così tanto infiammabile lo fosse sì infinitamente, ma ad un punto tale di esserlo "troppo" non essendo quindi più in grado di prendere fuoco.
E mi ritrovo a vedere il riflesso delle mie volontà nascoste nei comportamenti quotidiani: vorrei che niente finisca davvero, così come questo post che sto scrivendo, al quale non riesco a dare una degna conclusione, la stessa conclusione che manca e che non riesco a vedere nella vita di mia madre che si sta lentamente spegnendo davanti ai miei occhi.
E questa è in assoluto la peggiore sensazione orribile che io abbia mai provato.
8 notes · View notes
iamsamuele · 1 year
Text
Nonostante tutto…
Mi capita ancora di pensarti sai?
Nonostante sia una cosa “fresca”, per me è stato un colpo pesante
Ripenso a quello che eravamo, o forse a quello che siamo…oppure a quello che eravamo e che,sotto sotto, spero di essere ancora un’altra volta. A quello che mi avevi fatto credere magari…
Mi manca il tuo profumo che tu dici di non avere, ma che mi hai lasciato ovunque. Sulla felpa, sulla macchina, sulla maglietta, sul cuscino del mio letto. Ti sono bastati 10 minuti sdraiata per lasciare quel profumo per tanto tempo.
Sai a volte penso di immaginarmelo, perché ancora adesso nonostante non ci vediamo da tanto mi capita di risentirlo
Mi mancano i pochi minuti in macchina insieme
Mi manca dirti “prendi il telefono, metti la musica che vuoi tu”. Non avevi bisogno di chiedere la password, la sapevi e la saprai perché è sempre stata quella e sempre rimarrà la stessa.
Mi manca ascoltare quella canzone, che oltretutto mi è capitato di sentirla oggi in un video, e boh magari è un segno?
Mi mancano i messaggi improvvisi per organizzarsi e fare qualcosa a breve, anche in 10 minuti
Mi manca, quello che sarebbe potuto essere, cose che non abbiamo mai fatto. Come il viaggio a Napoli e a Genova, che volevi tanto fare.
Mi mancano all’idea di non averli fatti.
Per scoprire le tue abitudini, vederti la mattina appena alzata, imbronciata col mondo ( posso immaginare )
I tuoi sbadigli dolci e i tuoi occhi neri socchiusi.
Mi manca il vederti mangiare, il tuo ridere e la mano davanti alla bocca mentre ridi, quasi fosse una tua debolezza.
Avrei voluto vedere con te Pompei, i quartieri spagnoli, vederti mangiare una pizza fritta.
Avrei voluto portarti da donato a mangiare un super mega panino di quelli che piacciono ad entrambi.
Portarti sul lungo mare a vedere il Vesuvio.
Avrei voluto portarti a Genova a vedere l’acquario appena arrivati, la sera vedere la città e il porto.
Il giorno dopo treno per camogli e il mare.
Programma che avevamo fatto, poi per un motivo o per un’altro non siamo riusciti.
Mi manchi, tanto.
Nonostante il male che mi hai fatto. L’aver giocato con i miei sentimenti per ripicca, con cattiveria.
Ti ho dato il mio cuore in mano..ti ho sempre pensata, in qualsiasi cosa.
Sentirsi dire chiamando il nostro ristorante per prenotare, “per due giusto samu?” Mi ha fatto male, tanto tantissimo e tu non puoi capire.
Potresti capirlo solo se stessi come me, se ti capitasse di trovare una persona che, come te, con cattiveria gioca con i tuoi sentimenti, nonostante tutto quello che è stato.
Ma non lo augurerei a nessuno, perché so bene cosa vuol dire non è la prima volta purtroppo.
Ti odio, perché sono stato di un male indescrivibile, ma ti voglio un bene dell’anima, ti voglio più bene di quanto non ne voglia a me stesso. Ma è sempre così, e infatti a chi piange il cuore sono sempre io.
È così facile sostituire e dimenticare una persona? Oppure mi pensi anche tu, hai questi pensieri anche tu ma per il tuo orgoglio non lo dirai mai?
Nonostante tutto, se tornassi, mi faresti stare bene… MA, solo dopo una strigliata non da poco. Solo dopo dimostrare di tenerci, solo dopo aver riacquistato la mia fiducia. Perché il mio cuore è chiuso e la mia testa dice di no, e quindi così sarà per un po’ almeno.
E poi magari potremmo pensare ai panini da donato, al Vesuvio, all’acquario e ad andare a camogli. A vedere il Vesuvio, la città di notte, a prendere il sole insieme.
Ti voglio bene, ma torna quando sarai in grado di farmi solo bene, non voglio altro.
Tuo, samu
2 notes · View notes
sarapicchi · 5 months
Text
Tumblr media
È già passato un mese. Un mese da quel maledetto giorno che mi ha portato via tutta la felicità. Ci sono giorni in cui credo di farcela, altri come oggi proprio non riesco. Mi manca da morire. Mi manca la nostra quotidianità. Mi manca svegliarsi la mattina presto andare al mercato insieme, fermarsi al bar a fare colazione e poi via dritte in negozio che tanto ha amato e desiderato. Quanto amore metteva nel suo lavoro, quanta passione. Era amata da molti per la sua gentilezza e il suo sorriso che nonostante tutto non ha mai perso. Ma la nostra giornata assieme non finiva, dopo aver lavorato tutta la mattina insieme, dopo pranzo la richiamavo e poi anche il pomeriggio oppure passavo in negozio da lei e poi di nuovo una telefonata la sera per la buonanotte. Il sabato sera o la domenica molto spesso preferivamo passarlo con lei a cena, a guardarsi qualche programma, a giocare a carte o qualche gioco da tavola. Non sopportavo il fatto che fosse sola volevo riempire quel vuoto che si è portata dentro fino al suo ultimo giorno.. L’amore per il mio babbino. L’ha amato così tanto da non riuscire a vedere nessun altro sennon lui. Glielo dicevo sempre “ non gli fai un torto mamma se ti riaccompagni. L’amore per lui non sarà mai paragonabile ma avresti magari una compagnia” ma lei mi rispondeva sempre che non riusciva neanche a guardare un’altra persona perché nella sua testa c’era sempre e solo lui e nessuno era alla sua altezza. Questo mi riempiva il cuore per l’amore che gli ha dato ma dall’altra parte soffrivo nel vederla sola. Il nostro infatti era diventato un rapporto diverso, ero morbosa lo riconosco ma lei era la mia piccola “nanetta”, come la chiamavo io scherzando, da proteggere. Era troppo buona e per questo mi sentivo protettiva nei suoi confronti. Dopo tutto quello che avevamo passato insieme avevamo stretto un legame molto più forte del normale, era qualcosa di unico e solo chi ha avuto un legame così può capire veramente il dolore immenso che sto provando e che proverò tutta la vita. Non è spiegabile a parole quello che avevamo..
“Non tutti hanno la fortuna di avere una mamma come te” questo le dicevo sempre.
Di una cosa sono felice però che prima di andarsene tutto per una volta era al posto giusto.. Per la prima volta dopo tanto tempo eravamo felici. Lei aveva realizzato il suo sogno, aprire il negozio. Io, sempre con qualche acciacco ma ero tornata a camminare e finalmente trovato il modo di dimagrire. A giugno avrei preso il diploma con Tommi e con lui si parlava di matrimonio e scherzavano sulla proposta, dell’avere dei figli e lei mi aveva già avvisato che li avrebbe viziati e che io non potevo farci niente. Luca aveva trovato lavoro. Lei era felice, noi eravamo felici. L’unica cosa che mi rende felice adesso è che prima di lasciarci ha visto che tutto era apposto. Per una volta tutto lo era davvero.
Spero tu abbia ritrovato il tuo grande amore lassù. Spero un giorno di potervi riabbracciare di nuovo, dirvi quanto mi siete mancati e che la vita è stata bella ma con un grande vuoto dentro che nessuno ha mai colmato ♥️
1 note · View note
gcorvetti · 8 months
Text
Ah, ma è lunedì?
Stamane apro gli occhi e vedo un timido sole, azzo, dopo aver passato i giorni della merla non proprio al freddo che di solito è previsto in questo angolo di mondo, una media di -18 almeno, in realtà ha visto le temperature sopra lo zero, tra i 2 e i 5 gradi, oggi siamo scesi sotto e le previsioni indicano che piano piano andremo ancora più giù. Ma poco importa, manca poco alla partenza e già mi sfrego le mani per la calura sicula che mi aspetta, in confronto al freddo che arriverà qua. Poi preso il caffè mi sono fatto un giro sui giornali, soprattutto quelli musicali o che danno notizie sul mondo della musica, su tutte le testate non si parla d'altro che dei grammy, premi che a noi da questa parte del globo non dovrebbe fregare una cippa, i soliti nomi fotografati con il premio in mano, da quella bella ragazza che usa la stessa progressione armonica per tutti i brani (almeno su 20 brani come recitava un articolo di qualche mese fa) e che ha il cognome come un dato bancario, a nomi che sconosco, più varie comparsate di artisti oramai dimenticati che pur di farsi rivedere si prestano a questa vetrina. Una nota forse positiva la danno le sorelle del blues Larkin Poe che vincono adirittura 2 premi, le seguivo almeno una decina di anni fa nel loro canale sul tubo quando facevano cover blues e i video erano quasi improvvisati, quasi perché si sa se vuoi fare colpo hai bisogno di una serie di accorgimenti tecnici. Ma come molti oramai si emerge dalla rete, in pochi fanno il salto soltanto suonando dal vivo nella propria città e poi piano piano nei dintorni ecc ecc, quello è un percorso oramai abbandonato da chi vuole fare carriera, si parte dalla rete, dalle visualizzazioni, cosa che personalmente trovo sbagliata, per via dello skipping o del fatto che non sempre quei numeri sono reali, cioè non tutti i visualizzatori arrivano in fondo al video, questo è uno dei tanti motivi per cui non dovrebbero essere prese in considerazione. Poi vedo che domani parte quel pippone di sanremo che propone volti noti e le solite nuove proposte che però non propongono niente di nuovo, ma si sa che il festival non è innovazione. A tal proposito becco un video sul tubo di Silvestrin che parla appunto di come il pubblico sia oramai l'autista del palinsesto, cita un suo collega (senza farne il nome) da cui è stato ospite e il tizio gli dice che molti dei brani che passa non gli piacciono, nonostante il dj radiofonico faccia più o meno quello che fa lui cioè propone nuove uscite, e a quel punto gli chiede "ma perché li passi allora?", la risposta è "perché piaccono al pubblico". Al che Enrico fa altri esempi anche di dj famosissimi che si devono piegare al volere del pubblico perché non puoi 'alienare' il pubblico con brani diversi da quelli che si aspetta, ma come? Così non si va avanti, dice il VJ, il pubblico va educato e sei tu che devi dare una direzione, una volta era così, adesso invece se fai un programma che propone brani nuovi non allineati al mainstream perdi pubblico non ci sono cazzi è così. E quindi si ristagna nella stessa musica che viene proposta da anni per evitare il flop, perché poi si perdono sponsor e quindi soldi, infatti tutto riconduce al denaro, l'arte nasce lo stesso nella mente dell'artista anche senza denaro, chi crea qualcosa per guadagnare finisce inevitabilmente per cadere in meccanismi che riducono la propria musica alla stessa progressione armonica solo perché vende, a perderci è la forma d'arte in se nel nostro caso la Musica.
Tu giustamente mi dirai "Ma se è quello il mercato e se vuoi fare i soldi, anche solo per pagare le spese, devi fare in quel modo", no non è solo quella la strada, quella è la strada per il mainstream che ti ricordo è un tritacarne e se fai il passo sbagliato di sputa via, soprattutto se non hai fatto 'le ossa' aka la gavetta e hai le spalle larghe per affrontare qualsiasi evenienza. A tale proposito suggerisco un articolo dal sito MVT che è un'associazione no profit inglese, loro (gli inglesi) di sicuro ne sanno di musica e restano sempre sulla linea di proporre band dal vivo che suonano brani loro di vario genere e non solo pop o commerciale (non ci metto la mano sul fuoco su sta cosa, non sono in loco e quindi non so come sia la qualità della musica), ma il rapporto del 2023 è positivo +38%, facendola veloce i locali che aderiscono all'idea della musica dal vivo incassano soldini, vi metto il link dell'articolo, dove trovate anche le 40 pagine del rapporto in dettaglio.
https://www.musicvenuetrust.com/2024/01/music-venue-trust-launch-annual-report-2/
Tutto questo nonostante vengano persi locali, sia per chiusura che per conversione ad attività differenti dalla musica dal vivo, ma è sempre comunque positivo come rapporto. E in Italia? A quanto pare le band faticano a trovare locali dove suonare ed essere pagati, anche se non c'è nessuno che se ne occupa perché il musicista italiano se non arriva a sanremo o ha milioni di followers resta un fancazzista, uno che non vuole fare niente, questo detto anche da musicisti usciti dal conservatorio. Non ho mai capito se questa cosa sia più per invidia o per ignoranza, invidia perché la musica è una bella cosa e se arrivi a guadagnarci hai svoltato quindi si tende a buttare giù il malcapitato "Che lavoro fai?", "Sono un musicista, suono", "Si ma di lavoro cosa fai?", "Suono cazzo, è un lavoro", "Ah, quindi non fai niente e che prospettive hai?" ecc ecc. L'ignoranza è quella di non sapere nulla sul mondo della musica e dei musicisti, dal periodo formativo che spesso è a cavallo tra la prepubertà e l'adolescenza con rinunce non da poco per un ragazzino, alla pratica giornaliera, all'arrovellarsi per scrivere brani decenti, alla fatica di andare dal vivo, senza contare i costi che ci sono dietro dalle lezioni alla strumentazione, ai costi per andare dal vivo che spesso si coprono a malapena con il cachè che viene dato a chi propone qualcosa di inedito.
Si mi sono dilungato e siccome ho altro da fare vi saluto qua e vi propongo una cosa vecchia ma che suona molto moderna. Ma chiudo questo lungo post dicendoti "Non schifare le band che suonano la loro musica dal vivo, supportale anche solo andando al concerto, paga il biglietto che di solito non è esorbitante, se puoi acquista il cd anche se non lo ascolterai due volte, sappi che stai aiutando degli artisti a crescere".
youtube
1 note · View note
haeyl · 1 year
Text
E un’altra cosa che non mi convince è l’atteggiamento generale, di alcuni dei politici nuovi, perché questi politici nuovi, in sostanza, quello che dicono, mi sembra, è che loro son diversi dagli altri, cioè dai politici vecchi, solo che anche gli altri, quelli vecchi, dicono di essere diversi dagli altri, sia dai nuovi che dai vecchi altri da loro, allora dei politici veramente nuovi, mi sembra, quello che dovrebbero dire è che loro sono uguali, agli altri; non li voterebbe nessuno, però, probabilmente e si perderebbe così l’unica occasione di votare veramente il nuovo, la gente ha tanta voglia di nuovo, ma a parte quello, che pazienza, la cosa che mi convince meno, in questo fatto di proporre se stessi come diversi dagli altri, come: bravi, in sostanza, è che, necessariamente, questo fatto consiste nell’essere soddisfatti di sé e a me mi vien da pensare a una frase di Čechov, alla fine di un racconto che si intitola Uva spina, che è un racconto dove il protagonista è contento del pessimo vino che fa dall’uva spina e questo, scrive Čechov, è il dramma più terribile, che un uomo sia contento della propria esistenza. A me, ho studiato russo, e mi piacciono i russi, e capisco Turgenev quando dice: «L’uomo russo è buono soprattutto per il fatto di avere di se stesso una pessima opinione», e io, in una cosa del genere, mi ci trovo, e per uno che è soddisfatto di sé ho un’istintiva diffidenza, mentre per uno che ha, di sé, una pessima opinione, ho un istintivo rispetto.
Un paio di anni fa un mio amico che lavora alla galleria d’arte moderna di Modena mi ha chiesto un testo per una mostra che facevano loro sul sacro e io ho cominciato un po’ a ragionare sul sacro e ho pensato che quello che manca, nelle nostre, come dire, vite, si fa fatica anche a pronunciarle, queste parole, La mia vita, per non parlare della morte, La mia morte, La morte di mio babbo, e anche La morte, da sola, ecco io ho pensato che quello che manca, forse, a parte le autorità, che son sparite, non ci sono più, c’è stato un momento che ci sono state, forse, oggi non c’è più nessuna autorità, a parte quello, che quello lo sappiamo, oggi, forse, quello che manca, mi è venuto da pensare, è il sacro, quel che abbiamo di sacro, ma non quello che c’è dentro la testa, che lì ciascuno ha la propria testa, che per uno è la patria, per uno è la famiglia, per uno è la legge, per uno è la libertà, per uno è Dio, quanto spazio prende Dio, nei miei discorsi, io non parlavo dei discorsi, parlavo delle vite, dei nostri momenti, quando il mondo, si fa fatica a pronunciarla, questa parola, Mondo, quando il mondo ti dà una botta, come se ti dicesse che esiste, come se ti tirasse fuori dai tuoi pensieri, come se ti tirasse la giacca, se tu avessi una giacca, e ti si manifestasse, nel senso che è lì, e c’era anche prima, e tu te l’eri scordato, e ti accorgi che suona, il rumore delle sfere, che delle volte si va a nascondere in cose minuscole, in momenti che non l’avresti mai detto, come quando stendi il bucato, e poi esci e torni a casa e senti odore di sapone di Marsiglia, o come quando hai un computer nuovo e stai caricando il programma di scrittura, o come quando sei in giro, in centro, con tua figlia, e ti volti a vedere se è dietro di te e la vedi e ti vien da pensare “Ma com’è bella”, o come quando firmi un contratto di allacciamento del gas, o quando vedi che gli alberi sono diversi e pensi L’autunno ha cambiato il giardino. Tutte le volte che ti svegli che hai fame. Quando senti qualcuno che sta attento a quello che dice. Quando ti rammendi le tasche della giacca. Quando si beve il primo vino dell’anno, hai vent’anni, e sembra un succo di frutta, sì e no cinque gradi. Quando stai per lasciare l’appartamento nel quale hai abitato tre anni, fai l’ultimo giro e trovi il mozzicone di candela che avevi usato il primo giorno che c’eri entrato, che non ti avevano ancora attaccato la corrente. Quando stai stendendo i panni e ti sorprendi a cantare. Quando sei in giro, al mattino, per il centro, e tutti i posti in cui devi andare sono ancora chiusi, e entri in un bar, e ti ci fermi mezz’ora, e ci trovi una folla di pensionati che gira intorno ai quotidiani come i bambini, con la bella stagione, intorno alle altalene dei giardini pubblici. Quanto tuo babbo ti chiama Ligera, hai tre anni, e tu pensi che voglia dire cravatta, e sei contento che tuo babbo scherza con te. Quando esci da lavorare, hai sedici anni, hai fatto otto ore in un prosciuttificio, e adesso vai a casa, e se così contento che ti strapperesti i capelli. Quando sei a letto, e sei stanco, e dici alla tua gatta, che ha quattordici anni, Vieni qui, e la gatta vien lì. Quando sei sulle spalle di tuo nonno, e fate una gara di corsa, e tu e tuo nonno vincete, e tu eri il più piccolo e non vincevi mai. Quando su per una salita, sull’appennino, è notte, hai ventisei anni, sei a piedi, per mano a una ragazza, e voltate l’angolo della strada e c’è un mare di lucciole, e non è normale, tutte queste lucciole, dev’esser successo qualcosa. Quando tagli il pane, certe volte. Quando sei da solo, e ti apparecchi. Quando parli e ti sembra di sentire la voce di tuo babbo, che è morto da undici anni.
Ecco. Quelle cose lì, secondo me, che sono le cose che mi parlano a me, sono tutte cose che mi parlano della mia debolezza e io, non ne so niente, ma ho l’impressione che un modo bello di cambiare le cose sarebbe bene che non partisse dalla presunzione che noi siamo bravi, ma dalla consapevolezza che siamo deboli, difettosi, insignificanti, e io ho l’impressione, magari mi sbaglio, ma ho l’impressione che la nostra debolezza, la nostra insignificanza, i nostri difetti, siano le cose più importanti che abbiamo e che abbiamo bisogno di quelle, non abbiamo bisogno di supereroi, e mi viene in mente una cosa che ha scritto lo scrittore americano Kurt Vonnegut che una volta ha scritto: «C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe», ha scritto Vonnegut, e io, probabilmente sono io, che me ne intendo poco, ma uno che le cose si propone di cambiarle dall’alto della sua infallibilità, o della sua superiorità morale, io, mi rendo conto che probabilmente sono io, ma io, se si parla per esempio di trasporto pubblico, a me piace la Russia, e se penso alla Russia che ho conosciuto io, mi viene in mente una volta che dovevo prendere un filobus, a San Pietroburgo, sulla prospettiva grande dell’isola Vasilevskij, sarà stato il 1996, pioveva, sono entrato sul filobus, era pieno, dappertutto, tranne un tondo di un metro di diametro che era vuoto perché in alto, sul soffitto, se così si può dire, c’era un buco. Allora loro cos’hanno fatto, i russi, hanno fatto un buco anche sotto, sul pavimento. E l‘acqua passava. E il filobus andava. E questa per me era la Russia e, con tutti i suoi difetti, era bellissima, e c’è uno scrittore russo che si chiama Sergej Dovlatov che una volta ha scritto:
«Purtroppo non ci sono dati statistici certi su quali siano, in russo, le parole più o meno usate. Cioè tutti sanno, chiaramente, che la parola «merluzzo», per esempio, è significativamente più usata della parola, per dire, «sterletto», e la parola «vodka», diciamo, è più usuale di parole come «nettare» o «ambrosia». Ma di dati certi, ripeto, a questo proposito, non ne esistono. E è un peccato. Se dati di questo genere esistessero, ci accorgeremmo che, per esempio, l’espressione «è un lavoro fatto coi piedi» è una delle espressioni più usate, in Unione Sovietica».
Ecco, a me un mondo fatto coi piedi così, non so perché, ma mi piace, mi sembra un mondo consonante con i nostri difetti, se così si può dire, e, se dovessi indicare, con tutta la mia insipienza, una regola, una direzione verso la quale muoversi, non saprei indicarla e ne prenderei a prestito una che ha individuato sempre Kurt Vonnegut, quando ha incontrato Joe. «Joe, – ha scritto Kurt Vonnegut, – un giovane di Pittsburgh, un giorno mi si è presentato con una semplice richiesta: «Per favore, mi dica che prima o poi finirà tutto bene». «Benvenuto sulla Terra, giovanotto», gli ho risposto io. «Qui fa un caldo boia d’estate e un freddo cane d’inverno. È un pianeta rotondo, umido e affollato. Bene che vada, Joe, tu hai un centinaio di anni da vivere da queste parti. E di regola io ne conosco una sola: Cazzo, Joe, bisogna essere buoni!».
Paolo Nori, Un pezzettino.
0 notes
weirdjanuary · 1 year
Text
🇮🇹 Oggi sono passata davanti una libreria, non sapevo ne avesse aperta una su quel tratto di strada, e appena l’ho vista mi sono sentita come Pinocchio nel Paese dei Balocchi, o Alice nel Paese delle Meraviglie *.* Mi sono fermata a guardare i lbri esposti, ce ne erano diversi che ho in programma di leggere (o che ho letto) e avrei voluto prenderli tutti!! Sono anni ormai che leggo solo su Kobo per motivi di spazio ma devo confessare che mi manca questa parte “fisica” del mio essere lettrice. Le copertine da rimirare, la pagine da sfogliare, il caratteristico odore di carta... --- 🇬🇧 Today I passed in front of a bookstore, I didn’t know it had opened one on that stretch of road, and as soon as I saw it I felt like Pinocchio in Toyland, or Alice in Wonderland *.* I stopped to look at the books on display, there were several that I plan to read (or have read) and wish I could get them all!! I’ve been reading only on Kobo for years now for reasons of space but I must confess that I miss this “physical” part of my being a reader. The covers to gaze at, the pages to leaf through, the characteristic smell of paper...
Tumblr media
1 note · View note
Text
Il settore della tecnologia è in fermento a causa di un programma di intelligenza artificiale che risponde al nome di ChatGpt-3
Tumblr media
E' stato lanciato dall’azienda californiana Openai un nuovo applicativo capace di redigere in pochi secondi testi in diverse lingue e su qualsiasi argomento, dai più seri ai più faceti. I primi sperimentatori non si sono certo risparmiati. Il programma si adatta al contesto ed è capace di rispondere a tutte le domande, compresa la fatidica “qual è il senso della vita?”.  Dati vertiginosiUn mio amico ha sottoposto a ChatGpt-3 l’argomento di un mio articolo della settimana scorsa, e il risultato è stato sconcertante: il testo prodotto contiene informazioni, qualcosa che somiglia a un ragionamento e perfino una prudenza analitica maggiore della mia. Manca solo un punto di vista, e questo fortunatamente mi lascia un piccolo vantaggio qualitativo, trattandosi di un editoriale.  Da anni si parla di intelligenza artificiale, e le applicazioni di questa scienza non sono sempre percepibili dal grande pubblico. Ora i progressi in questo campo dovrebbero cambiare radicalmente la situazione.  Oggi Openai ha uno statuto particolare: è un’azienda “a scopo di lucro limitato” Secondo gli specialisti la potenza e la qualità delle espressioni di ChatGpt-3 non hanno precedenti. Intanto è già stata annunciata una quarta versione in arrivo l’anno prossimo, 500 volte più potente. Sono dati vertiginosi. Questo sviluppo avrà inevitabilmente un impatto su tutti gli aspetti della nostra vita e del nostro lavoro.  Ma si tratta anche di una questione politica e perfino geopolitica. Qualche anno fa un leader politico profetizzava che “chi controllerà l’intelligenza artificiale controllerà il mondo”. Quel leader era Vladimir Putin. Il problema, per lui, è che la partita si gioca sostanzialmente tra statunitensi e cinesi, mentre l’Europa può contare su alcuni talenti ma non su una potenza di fuoco sufficiente.  Chi c’è dietro il nuovo balzo in avanti? Di sicuro non vi sorprenderò citando il nome di Elon Musk, il padrone della Tesla e di Twitter che è stato tra i primi sostenitori finanziari della Openai, produttrice di ChatGpt-3. Musk, però, non è più coinvolto nel progetto. Oggi la Openai ha uno statuto particolare: è un’azienda “a scopo di lucro limitato”, dunque il suo obiettivo è sviluppare un’intelligenza artificiale che possa portare benefici a tutta l’umanità. È una bella ambizione, ma i giochi di potenza e di potere non sono mai troppo lontani. La storia di internet, dai debutti idealisti alle manipolazioni di oggi, ne è un buon esempio. Elon Musk è talmente convinto che l’intelligenza artificiale supererà noi esseri umani che ha investito nella ricerca sui microchip da impiantare nel cervello umano per permetterci di continuare a dialogare con le macchine. E ha promesso di impiantarsene uno.  Per il momento ChatGpt-3 diverte i tecnofili, ma è arrivato il momento che l’intelligenza artificiale diventi un argomento di dibattito pubblico e un tema politico. Tanto prima o poi dovremo farci i conti, in un modo o nell’altro. Read the full article
0 notes
uominiedonneblog · 2 years
Text
Benedetta Parodi racconta Bake Off Italia giunta al suo 10 anno.
Tumblr media
La nuova edizione di Bake Off Italia ha il sapore di casa. Parola di Benedetta Parodi che da dieci anni conduce il talent show on protagonisti gli aspiranti pasticceri che è tornato in onda per il decimo anno su Real Time in prima serata ogni venerdì. Accanto alla padrona di casa ci sono confermatissimi giudici Ernst Knam e Damiano Carrara, ai quali si è aggiunto il napoletano Tommaso Foglia. Nel cast anche Clelia d'Onofrio ma solo come voce narrante della storia dei dolci protagonista di puntata.
Benedetta Parodi 10 anni di Bake Off Italia e….
"Se penso al primo anno fu veramente impressionante perchè mi sembra che sia passato cosi' tanto tempo, Bake Off è il programma che mi ha accompagnato di più nella mia carriera insieme al telegiornale. Il fatto che si così longevo fu veramente capire che la formula è vincente.
Oggi cosa provi quando entri nel tendone Benedetta Parodi?
Tumblr media
Mi sento vecchia e ride. In realtà ho visto le foto di 10 anni fa, sarà stata la moda di quel tempo, ma mi sembrava di essere più vecchietta allora di adesso. Diciamo che quando ho iniziato Bake Off ero sicuramente meno padrona di casa di oggi, ora mi sembra che i con che i concorrenti siano un pò tutti miei nipoti. Quando entro nel tendone mi sento davvero a casa mia e questa è una bellissima sensazione. Quli sono le novità di questa edizione, che ha un pò il sapore della rinascita, come ha detto Amadeus per Sanremo dopo due anni di restrizioni di Covi? Questa edizione è un ritorno un pò alle origini della pasticceria, nel senso che è stato un percorso che è andato crescendo anche in difficoltà, nella ricerca di ricette sempre più originali fino ad arrivare al decimo anno in cui secondo me abbiamo un pò riscoperto la tradizione, il piacere di tornare a fare le torte tradizionali, le torte che poi uno ha proprio voglia di fare. Questa edizione vuole stimolare non solo a giocare a vedere la gara, ma anche ad appassionarsi e fare i dolci. C'è un minimo di insegnamento che secondo me è bello e spesso manca nei talent. Benedetta Parodi ti vedremo mettere un pò le mani nella pasta? In qualche edizione ho messo le mani in pasta e questo succederà anche questo anno. Ebbene si. Però cosi per gioco. In effetti vorrei mettere le mani in pasta di piu'. Faccio a questo punto un appello, vorrei tornare a fare anche un programma un pochettino più di insegnamento. Però non certo in Bake Off, perchè la magia di questo programma è quella. E il mio ruolo di conduttrice mi piace. C'è un concorrente che ti è rimasto nel cuore? Sono rimasta in contatto con Giacomo Peperita concorrente dell'anno scorso, mmi è davvero rimasta nel cuore e ci sentiamo spesso.
Come è l'innesto di Tommaso Foglia tra i giudici?
L'ingresso è stato davvero molto bello, azzeccato. Tommaso è un ragazzo molto intelligente carino e simpatico, si è subito integrato nel gruppo. I giudici vi confesso sono un pò come dei bambini, amano tantissimo giocare e si divertono anche molto. Io sono un pò come la loro mamma. Intervista Tratta da Vero. Read the full article
0 notes
kyda · 2 years
Text
ma insomma come faccio a preparare una materia per la quale ho necessariamente bisogno di informazioni da parte di un professore che non mi risponde né via email né su teams e che è stato estremamente impreciso sulla scheda di trasparenza? studio quello che ho a casa non sapendo se arrivo all'esame e mi manca metà programma oppure spreco un mese della mia vita a studiare un libro che poi non è quello che vuole lui? e in quel caso, se l'esame mi va male, visto che sono agli sgoccioli, poi con chi me la prendo?
3 notes · View notes
tarditardi · 3 years
Photo
Tumblr media
Valeria Marini vittima di uno scherzo de Le Iene a Domina Zagarella Sicily
Domina Zagarella Sicily a Santa Flavia (Palermo) è un'oasi di relax e divertimento. Mare da sogno, piscine, ristoranti e uno scenario che rilassa, non passare settimane o weekend di totale relax in questo resort d'eccellenza è impossibile, soprattutto se si sceglie l'opzione D-Club, che dà diritto a vacanze e relax per tutta la vita.
  Per qualcuno però, Domina e la bella Sicilia, possono anche essere teatro di scherzi davvero ben congegnati. E' quel che è successo a Valeria Marini, vittima di Giovanni Ciacci, celeberrimo personaggio social tv da sempre è un amico di Domina e de Le Iene. Lo scherzo è andato in onda poche ora fa ed è disponibile online sui siti Mediaset e su quello de Le Iene.
  "Mentre Valeria Marini era ospite del nostro resort, Giovanni ha inscenato una trattativa per una sua presenza alla fantomatica 'Sagra dello Scorfano Beddu'. Giovanni avrebbe condotto una serata durante quest'evento e Valeria sarebbe stata l'ospite d'onore... il problema è che la sagra era deserta o quasi... ", spiega Manuel Dallori, corporate entertainment director di Domina.
 "Conoscendo bene Valeria, mi sono occupato della la parte logistica dello scherzo. Con la Iena Stefano Corti, anche lui nostro ospite a Domina Zagarella Sicily e gli autori del programma abbiamo pensato a qualcosa che potesse davvero far divertire... e siamo davvero contenti del risultato. Anche perché Valeria ha auto ironia da vendere e ha reagito da persona intelligente quale è", conclude sorridendo Manuel Dallori.
In effetti, a giudicare dai video di anteprima che si trovano su Instagram, sembra proprio che l'obiettivo sia stato raggiunto. E che anche la vittima dello scherzo alla fine si sia divertita, visto che l'auto ironia non le manca.
Domina Zagarella
https://www.domina.it/hotel/domina-zagarella-sicily/
2 notes · View notes
Text
Se ti par poco
Vorrei poterti risentire. E’ passato circa un anno e mezzo oramai da quel giorno in cui abbiamo reciso i contatti in maniera definitiva. Vorrei poterti ricontattare. E non per chiederti in maniera pietosa di tornare insieme: sono pienamente consapevole dell’irrealizzabilità di un tale auspicio.
E non fraintendermi, se ti dico che mi manca la tua persona, solo e soltanto quella. E stai tranquillo. Non ho né la forza, né tanto meno la voglia di assumermi rischi e responsabilità legati al rimettersi in gioco. Se non ci siamo riusciti mentre stavamo a 100 mt a piedi di distanza, figuriamoci ora che viviamo in due regioni, due città differenti e per nulla comode da raggiungere.
Vorrei soltanto dirti che forse, forse soltanto parlandoti riuscirei a tacere del tutto i pensieri che qualche sera ti dedico appena prima di dormire. Vorrei dirti che mi hai ispirato mille versi, sia in prosa che in poesia. Vorrei dirti che ho superato la mia paura della guida in auto, che ho trovato un lavoro all’altezza delle mie aspettative, forse fin troppo. Vorrei dirti che avevi ragione quando dicevi che se fossi rimasta nella cittadina che ci ha visti crescere insieme non avrei permesso ad una parte di me di fiorire come meritava.
Vorrei dirti che a volte mi capita di sentirmi sola anche quando sono in mezzo alle mie amiche, sola in un venerdì qualsiasi in cui fingo che dentro di me tutto vada bene. Vorrei poterti chiedere se ora ti senti realizzato, se hai una cerchia sociale più nutriente di quella che eravamo soliti condividere.
Vorrei dirti che in quest’ultimo anno e mezzo ho riscoperto la serenità, pur restando sola. Certo, non nego che alle volte non disdegnerei un abbraccio caldo di sabato sera, sentirmi cullata da qualcuno, su di un divano che solo a sfiorarlo sprofonda nei segreti che avidamente trattiene tra i suoi cuscini. Certo, non nego che alle volte sento la nostalgia di quelle sere in cui me ne stavo spiaggiata davanti alla tv con un calice di vino rosso in mano, fingendo di essere concentrata a guardare un programma, mentre in realtà ascoltavo il mio cuore che si gongolava, si dondolava tra una sensazione di familiarità, di protezione e di amore. Non avevo bisogno di filtri, e allo stesso tempo mi sentivo connessa con qualcuno in maniera profonda e sincera. La pace dei sensi, in una bolla di sapone dall’equilibrio perfetto. In quei momenti mai ho sentito l’angoscia del dover a tutti i costi riempire il silenzio nella stanza con parole insipide ed aneddoti forzati.
Sai, è da tempo che non ho più voglia di fare la splendida, di uscire con quantità esorbitanti di trucco sul viso, di piacere a qualsiasi persona che incontro. Dopo di te, ho imparato che sono fatta per stare con pochissime persone e che è giusto restare nei paraggi di quelle che mi permettono di spogliarmi senza togliere un vestito, di mostrarmi senza ricorrere ad alcuna maschera di cera, senza sorrisi falsi e sguardi vacui.
Vorrei poterti risentire per dirti che non ha alcuna importanza se adesso stai con un’altra, per dirti che sarei solo contenta per te. Vorrei tu capissi che abbiamo investito veramente tanto in quel legame indecifrabile che abbiamo instaurato e coltivato mentre eravamo studenti. E sì, ho superato la rabbia ed il risentimento per il fatto che tutto si sia esaurito in quel modo brusco e ruvido. 
Vorrei dirti che non voglio più badare alla materia che ci divide, che se anche non condividiamo più chissà quali spazi e tempi, io per te ci voglio e ci vorrò essere sempre, anche a distanza. Vorrei confidarti che, da dopo quel nostro incontro, al solo pensiero di una nuova relazione, l’animo si scompiglia. Sai, ne sento l’esigenza ma al tempo stesso, non riesco più ad accontentarmi. Non tanto da un punto di vista estetico, ma da un punto di vista psicologico-emotivo. Vorrei dirti che per far sì che io torni a credere ancora all’amore avrei bisogno di una persona che non abbia affatto i connotati fisici simili ai tuoi, ma che abbia la tua stessa anima, la tua stessa essenza. O almeno in parte. 
Vieni a trovarmi, trasferisciti in un corpo diverso, ma torna. Ti riconoscerò se sorridendo inclinerai la testa di lato e socchiuderai gli occhi come fanno gli eschimesi. Se mi abbraccerai ancora da dietro, a cucchiaio, prima di concederti al sonno. Se piangerai per cose dolci più di me, perché io sarò troppo intenta a farmi vedere dura e mascolina, mentre dentro diverrò burro al sole. Vorrei poterti risentire per dirti che mi manca la tua persona, solo e soltanto quella. Se ti par poco ...
3 notes · View notes
Note
Come gestisci le tue giornate in questo periodo di pandemia?
Io nell'arco della giornata perdo troppo tempo a studiare e alla fine mi accorgo di aver studiato male e poco. Perdo all'incirca 5/6 ore ogni volta davanti ai libri. A volte passo ore e ore imbambolata a fare nulla, le ore volano e io mi ritrovo ad aver vissuto la stessa giornata ripetitiva e monotona ogni volta.
Infatti sono costantemente sotto stress, legato anche al rendimento scolastico e a questa situazione di certo non aiuta. Queste restrizioni non ci permettono di fare quasi nulla e mi ritrovo a vivere la stessa identica giornata.
Siamo troppo spesso schiacciati dai professori fin troppo esigenti, concentrati sul portare avanti il programma a tutti i costi quando invece dovrebbero preoccuparsi della nostra salute mentale.
Vorrei poter vivere le mie giornate diversamente, godermele appieno perché questi sono gli anni migliori della nostra vita e io sento solo di star buttando via attimi importanti.
Vorrei riuscire a dedicare meno tempo allo studio, vorrei poter dedicare parte della mia giornata all'allenamento, a cucinare, leggere, ascoltare musica e magari uscendo all'aria aperta a fare due passi. Vorrei poter uscire con gli amici ma comprendo che questa non sia una delle situazioni migliori. Nel frattempo, però, noi ci chiudiamo in noi stessi, non abbiamo sproni, motivazioni, tanti non hanno obiettivi per andare avanti e questa cosa fa tremendamente male.
Non abbiamo più una vita sociale, siamo molto più distaccati rispetto ad anni fa. Non si esce più, non ci si relaziona più con gli altri e di conseguenza, soprattutto in questo periodo, non si riescono a fare amicizie, che poi, sarebbe quello in cui dovremmo fare più esperienze possibili.
Questa situazione ci sta rovinando la vita, ma ancora nessuno se ne rende conto.
Mi sembra di soffocare, faccio fatica a vedere un futuro dopo tutto questo.
Ciao tesoro,
comprendo pienamente la tua situazione, e vivo il tuo stesso stato d’animo; le mie giornate sono monotone, nel senso che sono tutte simili fra loro, e nulla le differenzia.
Mi sveglio ogni mattina alle 7, e faccio ginnastica fino alle 8. Dopo colazione studio dalle 9 alle 13 (per i miei esami universitari). Dopo pranzo faccio una passeggiata di due orette all’aria aperta (siamo zona rossa in Romagna, perciò è il massimo che ci è concesso) e studio dalle 16 alle 20. Dopo cena solitamente guardo Tumblr, o un film su Netflix. Ogni tanto faccio una videochiamata con le mie amiche, e aspetto o weekend solo per poter stare assieme col mio ragazzo, e cercare di dimenticare questa brutta situazione, almeno per qualche istante.
Come vedi, le mie giornate sono improntate sullo studio; a me non reca tristezza o fatica, in quanto ho sogni e obbiettivi (diventare insegnante di italiano alle medie/superiori) e sento che mi sto muovendo nella direzione giusta, apprendendo cose che realmente mi interessano e mi entusiasmano (in questo periodo sto studiando tutta la cantica di Inferno, e la densità umana che racchiude mi scioglie ad ogni canto).
Cerco di non pensare alla situazione pandemica, perchè ogni volta mi riapre una ferita; tutte le cose che avrei voluto fare, le esperienze che avrei voluto vivere, i posti che avrei voluto visitare... mi manca tutto. Tutto. Bramo quella normalità, quella normalità, quella leggerezza di prima.
E so che il mondo non tornerà mai più così. So che non mi sentirò più tranquilla in mezzo a una massa di persone, senza mascherine. So che ogni volta che un passante tossirà, subito mi spaventerò. So che le cose non torneranno mai più come prima, e questo mi spezza.
Mi è stata preclusa la 100 giorni, l’anno scorso. La cena di fine anno coi miei compagni di classe. Una normale esperienza universitaria quest’anno. Tanti piccoli dettagli che sommati caratterizzano la vita di una persona, riempiendola di ricordi, indimenticabili proprio perché accadono una sola volta nella vita delle persone. E io non potrò mai più riaverle indietro. Assieme a tantissime altre cose.
Ciononostante, io cerco di fare buono utilizzo del mio tempo, perché prezioso e insostituibile, perciò continuo ad impegnarmi, continuo ogni mattina ad alzarmi presto, ad avere un certo ritmo, una certa strada da seguire, determinati obbiettivi da raggiungere. E questo mantiene la mia mente impegnata, la maggior parte del tempo, e mi rende produttiva (nei miei esami fino ad ora ho sempre preso la Lode) e mi mantiene in vita.
Non possiamo fermarci e aspettare. Non possiamo, anche se il mondo viene messo in pausa. Le nostre vite vanno avanti. Devono, andare avanti, prima che sia troppo tardi. Altrimenti un giorno ci sveglieremo e ci renderemo conto che, anche quel piccolo tempo che avevamo a disposizione in quarantena, non l’abbiamo saputo sfruttare. Non abbiamo saputo estrapolarci nulla di utile.
Lavora su te stessa, sul tuo corpo, sul tuo carattere, sui tuoi piani per il futuro.
Ma sii certa di lasciare aperta una porticona del tuo cuore; la porticina che continua ad annotarsi tutte le cose da fare per quando questa situazione sarà diminuita. Perché credimi; quei sogni, presto o tardi, lo realizzerai tutti, dal primo all’ultimo.
Ps. Per quanto sia difficile, non perdere di vista i tuoi amici. Cerca di mantenerti in contatto con loro. Chiamali al telefono, racconta loro come ti senti e fatevi forza a vicenda. Sono più importanti di quello che credi, soprattutto in questo periodo
9 notes · View notes
gcorvetti · 2 years
Text
Aggiornamento.
Verso mezzo giorno come da programma sono andato a vedere se il milanese mi dava sti soldi, arrivato c'era la solita commessa svampita che non sapeva niente, giustamente, ma poi l'ha chiamato e stava per arrivare e così mi ha dato i soldi, se era già andato a prendere le cose che gli servivano non avrei ricevuto i soldi oggi, comunque. La caponata è piaciuta tanto tanto, mi ha detto, anzi un tizio vegetariano gli ha detto che non ha mai mangiato niente di simile, c'ha fatto la pasta. Poi mi ha chiesto qualcos'altro, che so gli arancini o qualcosa di tipico siculo, li per li non ho avuto nessuna idea, fare gli arancini è un casino ogni volta, però pensandoci nell'ora seguente magari potrei proporglieli mignon, anche perché se ti mangi un arancino sei praticamente pieno e non so se ti entra qualcos'altro, va bè vediamo, tanto sarà fra un mese. Poi gli ho buttato li la questione di venderla nell'alimentari che ha, la caponata, l'idea lo alletta anche perché sa che la vende facilmente, il fatto che mi ha detto che ci sono parecchie rotture burocratiche dietro tipo chi fa il prodotto, la scadenza, ci vuole un'etichetta ben fatta, ma non tanto per la vendita, ma proprio per sta cosa di mostrare il contenuto e le varie cose, poi a me andrebbero i solito 10€ l'ora nel farla, ma facendone di più ci metto più tempo e quindi sarebbe una bella entrata in nero.
Poi ho letto meglio la mail automatica che di solito arriva quando scrivo alla consulente del fondo, non è la solita dicitura ma dice che è in vacanza e che tornerà lunedì, va bè c'è tempo ancora per fare richiesta dei soldi, 200€, per sto corso di marketing che vorrei fare per poi in qualche modo promuovermi, che siano i giochi o la musica non ha importanza basta che mi pagano sto corso che mi sono rotto le palle di sta gente che non vuole aiutarmi.
Niente toglie che a Gennaio andrò comunque a CT, anche se finito il corso vedo lo spiraglio di luce giusta per poter iniziare un'attività, preferisco staccare; cazzo sono 10 anni che non scendo, forse a fine Febbraio 11 non ricordo, comunque tanto e ne ho bisogno proprio del mare, del vulcano, di sentire il mio dialetto, vedere la gente (pochissima) che mi manca e mangiare le cose buone, l'idea è quella di stare un bel pò anche se non so se resisterò a lungo, ma il mio punto focale è stare più possibile vicino a mia madre che oramai ha un'età e non vorrei non poterla salutare o almeno farle capire che è sempre stata nei miei pensieri da quando sono partito nel 98.
Sembra tanto una di quelle lettere dei migranti :D ricordo che quel coglione fascistone invidioso di mio cugino quando venne a trovarmi a Venezia mi prendeva per il culo perché nel soggiorno avevo una stufetta, poi ha capito che in quella stanza, dove dormiva con la sua ragazza dell'epoca, non c'è riscaldamento e si è stato zitto, ma la cosa che mi colpì di quel fine settimana fu che lui mi vedeva come il migrante con la valigia di cartone, mentre lui a Roma cos'era? Mio zio l'ha buttato fuori di casa perché la sua compagnia (si mia zia di seconde nozze) si era stufata di farle da schiava, perché lui non si sa neanche stirare una camicia, penso che non sappia neanche cucinare, se io ho la valigia di cartone tu sei un coglione caro cugino dei miei stivali; si è inutile che vi ripeta che i miei parenti sono più estranei dei passanti e che di me non sanno niente perché mi hanno sempre visto come quello che non vuole fare niente, il musicista è così per molti, per me è l'invidia che hanno quando hanno compreso che io avrei fatto strada e loro si sarebbero chiusi in un ufficio per il resto della loro vita, infatti è andata così, tiè.
0 notes
blogitalianissimo · 4 years
Note
Grazie per la tua risposta, subito dopo aver mandato quel ask ho verificato la Rai in tv e Sanremo giovani inizierà tra qualche ore, mi dirai se ne vale la pena ? (Comunque vedere il programma “che succede?” Un po’ prima di “Sanremo” mi ha fatto ridere)
Vedremo, anche perché nel frattempo Morgan sta facendo casino su Instagram, quindi il drama non manca ahaah
Oddio che succ3de l'ho visto un paio di volte si sfuggita, secondo me il riferimento è proprio a Morgan, da Geppi mi aspetto questo e altro
11 notes · View notes
victoriarott · 3 years
Text
Se controlli le informazioni, puoi controllare la maggior parte degli imprevisti.
mood: sollevata. // craving: Monica. // ost: i rumori dell'aeroporto e dei povery come me che aspettano i voli di domani.
Mi mancavano tutti tantissimo prima di partire. Avevo tanta ansia, perché c'erano solo tre treni che facevano al caso mio, che mi avrebbero portata qui, sana e salva.
Ho preso quello più vicino all'orario di imbarco (04:45), cioè quello che mi avrebbe portata all'aeroporto alle 23 e qualcosa, del giorno prima.
Ho guardato su TripAdvisor se era effettivamente possibile sostare tutta la notte.
Quattro anni fa, dicono online, sì. Però meglio farsi trovare prima delle 22, ora di chiusura dell'aeroporto, a eccezione del terminal partenze, aperto H24.
Potevo fidarmi di un vecchio scambio di messaggi pubblici e assumere che ciò che veniva detto valesse anche ora in epoca Covid? Siete molto ottimisti, se pensate di no.
Cambio prenotazione e scelgo il primo treno della sera, che mi avrebbe portata qui alle 21:05.
Arriviamo comunque a qualche ora prima della partenza: tampone ancora da fare, valigie sfatte, nessuna bilancia in casa, fogli importanti da stampare, carta da caricare...
Alle 19:15 avevo appena terminato di fare gli zainetti (7 kg in tutto, alla faccia vostra, compagnie aeree & sfruttamenti).
Il treno + navetta aeroportuale previsti per le 19:58.
Ma né mamma, né soprattutto io, ci muoviamo.
Abbiamo parlato poco, litigato tanto e ci manchiamo già, io lo manifesto, lei meno.
Resto con lei e i gatti fino alle 20:15. Mangio in quel quarto d'ora fra le otto e le otto e un quarto.
Partenza prevista, a piedi, per le 20:15. Usciamo alle 20:30.
Torniamo indietro, lei ripone la bici (e sottolinea a caso che sono lenta, a nemmeno tre metri dal cancello di casa, con le scarpe che mi stritolano i piedi, kekzzvuoiii), prende le chiavi del furgone, saluto Elliot per "l'ultima volta" e partiamo.
In stazione siamo stranamente puntuali - stranamente, perché nessuna delle due è capace di controllare il tempo. Possiamo instradarci anche con ore d'anticipo, il modo per entrare in una dimensione spazio temporale solamente nostra, lo troviamo comunque.
Ho le lacrime agli occhi. Sta anche per vendere la macchina. Sta per cominciare il trasloco verso la nostra vera casa (per ora), senza di me.
Mi manca già tanto, glielo dico, lei guarda il cielo, come per dire "🤦".
Entriamo in stazione, scendiamo e saliamo usando le scale e ler una volta non l'ascensore coi valigioni pieni di vita, con calma, cosa che non accadeva da un anno.
E poi, boh, aspettiamo quella decina di minuti su un binario ormai fin troppo familiare, in una stazione che ormai è casa essa stessa.
E quei minuti sembrano non passare mai, non sappiamo che dirci, non riesco a calmare l'ansia del non sapere se mi faranno la multa (NB: coi regionali e i regionali veloci, non dovrebbero, mai, perché dovrebbe fare fede la prova d'acquisto, nei casi di ritardi, ecc. Così mi avevano detto, il giorno in cui dovevo assolutamente partire per Firenze e ho quasi fatto venire un attacco di cuore allo Shōgun, cioè alla genitrice, perché avevo perso il treno all'alba, primo di tante altre coincidenze ecc. Ecc.).
E poi, pensavo, avendo due biglietti (di cui uno non più valido, ma chi se ne, uno che avevo volutamente perso e l'altro che avevo volutamente ignorato, e trovandomi su "quello di mezzo" tra le due fasce orarie, avrei dovuto considerarmi "in ritardo" o "in anticipo"?
Il treno arriva e parte quando sono ancora faccia a faccia con mamma, io dentro, in piedi, nel corridoio e lei fuori, sulla banchina.
Il macchinista non aspetta nemmeno un po' e le porte scorrevoli si incontrano a metà, chiudendosi sull'immagine di mamma con gli occhi pieni di lacrime che non verserà perché almeno io posso partire ed esplorare un'altra piccola parte di mondo.
A lei, chissà quando toccherà. Chissà quando potrà permettersi di dire ad alta voce e con orgoglio "vado in ferie"?
Durante il viaggio in treno, mi scrivo con Monica e Abigail. A Moni, racconto il programma della serata, le mie ansie e le mie preoccupazioni, lei mi rassicura e dice che, in ogni caso, dovessi trovare l'aeroporto inagibile, la notte resterà (forse) sveglia a studiare. Mi basta, scherziamo un po', poi cerco di collegare il telefono alle prese del treno: non funzionano le mie e non funzionano quelle delle mie vicine tedesche.
"Vbb, tanto, ho il telefono di ricambio".
Il mio non va quasi più, ma mi ostino a usarlo. Lo sanno tutti e tutti si chiedono il perché.
Perché mi affeziono. Con poca cura, ma mi affeziono.
E poi, detesto gli sprechi.
Arrivo in stazione a Verona Porta Nuova con il cuore che batte ancora un po' perché non è passato alcun controllore.
Sono capace di mantenere questo stato d'animo irrequieto e inquieto anche quando ho perfettamente ragione perché non si ha mai perfettamente ragione.
Il mio cervello è così, non si spegne mai, è sempre in allerta, pronto a esaminare insieme una quantità esagerata e al limite dell'ossessivo, qualunque informazione.
Spero di fare presto quell'esame per l'ADHD, parte seconda di un capitolo infinito.
Esco nel piazzale insieme a una marea di altra gente, perlopiù tedeschi, e noto subito il tabellone gigantesco degli autobus.
"199".
È alla mia destra, poco più distante.
Ad accogliermi, un autista annoiato, che vorrebbe solo staccare dal turno e farsi i cavoli suoi. È gentile, comunque, a modo suo perché chiarisce in modo molto laconico e netto i miei dubbi sul nascere.
Partiamo, in due (l'autista e io), in un autobus ENORME e deserto.
Arriviamo all'aeroporto dopo una quindicina di minuti, proprio come indicato nell'orario.
Scendo, di fronte al terminal arrivi, e ricordandomi la mappa della stazione, mi dirigo alla mia sinistra.
Insicura e pigra come sono, finisco comunque col domandare, balbettando, se la direzione che ho preso è giusta e le guardie mi dicono di sì.
Ed ora, eccomi qui.
Accanto a me, si è seduta una combriccola di ragazzi, chissà se condivideremo anche lo stesso aereo?
Ormai non è nemmeno più il 3, direi che sta andando bene. Però non ho ancora scattato nessuna foto e sinceramente ha proprio bisogno di quella cioccolatMilka.
1 note · View note