#massimo serrato
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Donald Sutherland (°July 17, 1935 - +June 20, 2024)
In Don't Look Now with Julie Christie and Massimo Serrato
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Trump condannato perchè ha corrotto una pornostar
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Trump condannato perchè ha corrotto una pornostar
“Colpevole” per tutte le 34 accuse: Donald Trump è rimasto impassibile alla lettura del verdetto storico raggiunto all’unanimità dai 12 membri della giuria dopo due giorni di deliberazione nel caso della pornostar, aggrottando le sopracciglia solo quando il giudice Juan Merchan ha chiesto ufficialmente alla giuria se quella fosse la loro decisione.
“È stato un processo farsa, è una vergogna. Sono un uomo innocente”, ha dichiarato il tycoon fuori dall’aula, dove ha annunciato che “continuerà a combattere”. “Il vero verdetto sarà il 5 novembre”, ha aggiunto, riferendosi all’ Election Day. “C’è un solo modo per tenere Donald Trump fuori dallo Studio Ovale: andare alle urne,” ha replicato Joe Biden su X. “Il verdetto di colpevolezza dimostra che nessuno è al di sopra della legge,” ha aggiunto la sua campagna elettorale.
Trump ha pagato una pornostar
Trump è così diventato il primo ex presidente americano condannato in un processo penale e il primo candidato presidenziale a correre con una condanna, uno status che comunque non gli impedisce di essere eletto e diventare il commander in chief.
Resta da vedere l’effetto sulla campagna elettorale, in un duello serrato che potrebbe essere deciso da poche migliaia di voti negli stati in bilico. Secondo i sondaggi, una parte degli elettori moderati e indipendenti non è disposta a votare per un candidato condannato. Intanto, il suo social network Truth è crollato in borsa nelle contrattazioni after hours.
La pena sarà stabilita in un’udienza fissata per l’11 luglio, alla vigilia della convention repubblicana che probabilmente lo incoronerà candidato per la Casa Bianca, non senza qualche imbarazzo. La condanna potrebbe variare da un massimo di 4 anni di carcere alla libertà vigilata o a una multa. La prigione sembra improbabile, considerando la sua età, la mancanza di precedenti penali e le complicazioni logistiche di dover prevedere agenti del Secret Service in prigione per proteggerlo.
In ogni caso, Trump farà appello e quindi potrebbero volerci mesi, se non anni, per la conclusione della vicenda. Nel frattempo, resterà a piede libero.
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Guerra ibrida, l'Italia nel mirino degli hacker internazionali
Attacchi informatici, Italia nel mirino dei cyber criminali. Gli incidenti gravi crescono del 65% contro il 12% globale: è l’allarme lanciato nel Rapporto Clusit. Lo scorso anno si sono verificati 2.779 episodi. Nuove minacce con l’IA. L’Italia è nel mirino degli attacchi informatici, con tecniche sempre più affinate, anche grazie al ricorso all’intelligenza artificiale. Lo scorso anno la crescita degli attacchi cyber gravi, cioè con un impatto ad ampio raggio, su ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica, si è rivelata maggiore rispetto al resto del mondo. Numeri alla mano si tratta del +65% rispetto al 2022, in Italia, contro il +12% a livello mondiale. L’11% degli attacchi sferrati in tutto il mondo, per un totale di 310 incidenti, è stato indirizzato, ed è andato a segno, nel nostro Paese. Nel 2022 il dato era fermo al 7,6%. Oltre la metà degli attacchi (il 56%) ha comportato effetti di gravità critica o elevata. Non solo. Ha visto come vittima l’Italia quasi un attacco su due (47%) di matrice hacktivism (ossia gli attacchi informatici per finalità politiche o sociali, soprattutto dimostrative. Caso tipico sono gli attacchi contro le forze dell’ordine). Sono alcuni dei dati raccolti nel Rapporto 2024, di Clusit, Associazione italiana per la sicurezza informatica, giunto al dodicesimo anno di pubblicazione, che sarà presentato in apertura del Security Summit, convegno dedicato ai temi della cyber security in programma a Milano dal 19 al 21 marzo prossimi. L’andamento degli attacchi non ha freni Non si arresta la curva di crescita degli incidenti gravi, con 2.779 episodi registrati lo scorso anno. Ogni mese è stata rilevata una media di 232 attacchi, con un picco massimo di 270 ad aprile 2023, che rappresenta anche il valore più elevato registrato negli anni. Dal 2018 al 2023 gli attacchi sono cresciuti del 79%, con la media mensile passata da 130 a 232. In otto casi su dieci, la gravità degli attacchi è elevata o critica. Dati allarmanti, ma che fotografano solo una parte del fenomeno, visto che molte vittime mantengono riservate le informazioni sugli attacchi cyber subìti e visto che in alcune zone del mondo la possibilità di accesso alle informazioni è molto limitata. Come anticipato, per quanto riguarda le tecniche, non bisogna abbassare la guardia sull’utilizzo dell’Intelligenza artificiale da parte dei cyber criminali per selezionare i target e scansionarli, con l’obiettivo di trovare falle, per analizzare codici e trovare nuove vulnerabilità e per produrre contenuti per phishing o codice per malware. Si tratta di una tendenza in rapida ascesa, di cui tuttavia i ricercatori di Clusit ritengono sarà possibile osservare gli effetti solo in un prossimo futuro. Attacchi in Italia: è boom
Tra il 2019 e il 2023, sono stati 653 gli attacchi noti e di particolare gravità messi a segno in Italia; di questi oltre il 47% (310, appunto) sono avvenuti lo scorso anno. Il ritmo di crescita, quindi, è serrato e indica sia la tendenza dei cyber criminali di mirare sul nostro paese, sia una scarsa capacità, da parte delle imprese, di difendersi, malgrado gli investimenti in sicurezza siano in aumento, come riscontrato dall’osservatorio Cybersecurity e Data Protection del Politecnico di Milano. «Le strategie adottate a oggi, anche a livello normativo a livello sia italiano che europeo, sono state sicuramente utili e importanti per cercare di limitare la crescita del fenomeno. Ma per poter far rallentare il trend e cercare di stabilizzarlo, e possibilmente ridurlo, devono essere concepite e adottate strategie nuove che si fondino sul knowledge sharing, sulla messa a fattor comune degli investimenti», commenta Gabriele Faggioli, presidente di Clusit, che aggiunge «Vogliamo mantenere alta l’attenzione anche sulla frammentazione di infrastrutture e servizi che caratterizza la cyber security nel nostro Paese, e che rischiano di produrre una moltiplicazione di sforzi, ciascuno in sé poco efficace, come ampiamente dimostrato dai settori di mercato maggiormente colpiti e anche considerando la spesa complessiva italiana in cybersecurity». Gli obiettivi nel mondo e in Italia I ricercatori Clusit, analizzando gli attacchi noti dello scorso anno, indicano una prevalenza di quelli con lo scopo di estorcere denaro (cosiddetto cybercrime), che sono stati oltre 2.316 a livello globale (più dell’83% del totale), in crescita del 13% rispetto al 2022. Un dato, a parere degli autori del Rapporto, che si traduce in un legame stretto tra criminalità “off-line” e criminalità “on-line”. Sono quasi triplicati, invece, nel mondo, gli attacchi con matrice di hacktivism, pari all’8,6% del totale (erano il 3% nel 2022), con una variazione percentuale rispetto al totale anno su anno del 184%. In significativa diminuzione, invece, i fenomeni di espionage (6,4%, 11% nel 2022) e information warfare (1,7%, 4% nel 2022). In Italia, nel 2023 gli attacchi con finalità di cybercrime sono stati pari al 64%; segue un 36% di attacchi con finalità di hacktivism, in netta crescita rispetto al 2022 (6,9%), con una variazione percentuale anno su anno del +761%. Il 47% circa del totale degli attacchi con finalità “hacktivism” a livello mondiale è avvenuto ai danni di organizzazioni italiane, a dimostrare l’attenzione di gruppi di propaganda che hanno l’obiettivo di colpire la reputazione delle organizzazioni. Questa tipologia di eventi, in particolare quelli avvenuti nei primi nove mesi dell’anno, secondo i ricercatori di Clusit, è legata per la maggior parte al conflitto in Ucraina, nei quali gruppi di attivisti agiscono mediante campagne dimostrative rivolte tanto al nostro Paese che alle altre nazioni del blocco filo-ucraino. A ulteriore conferma che siamo in una fase di guerra cibernetica diffusa ci sono gli attacchi con finalità di spionaggio e guerra delle informazioni (espionage e information warfare), aumentati da valori prossimi al 50% nel 2022 a valori intorno al 70% lo scorso anno. Questo andamento, infatti, si può spiegare con riferimento ai conflitti Russo-Ucraino e Israelo-Palestinese. Nel mirino obiettivi multipli A livello mondiale le principali vittime appartengono ai cosiddetti obiettivi multipli (19%). A seguire il settore della sanità (14%) che ha subito un balzo del 30% e inoltre gli incidenti in questo settore hanno visto un aumento della gravità dell’impatto, critico nel 40% dei casi (era il 20% nel 2022). E ancora: parte consistente degli attacchi è stata rivolta anche al settore governativo e delle pubbliche amministrazioni (12%); al settore finanza e assicurazioni (11%). Il settore più attaccato in Italia nel 2023 è stato invece quello governativo/ militare, con il 19% degli attacchi (+50% rispetto al 2022); seguito dal manifatturiero, con il 13% (+17%). Colpito dal 12% degli attacchi, il settore dei trasporti/logistica in Italia, ha visto invece un incremento percentuale anno su anno sul totale degli attacchi del 620%; analogamente, il settore della finanza e delle assicurazioni, verso cui è stato portato a termine il 9% degli attacchi nel 2023, ha visto una variazione percentuale sul totale del +286%. Le vittime appartenenti alla categoria degli “obiettivi multipli” sono state colpite nel nostro Paese dall’11% degli attacchi, segno di una maggior focalizzazione dei cyber criminali verso settori specifici negli ultimi mesi. I continenti più colpiti: le Americhe La distribuzione geografica percentuale delle vittime, secondo i ricercatori di Clusit, riflette la diffusione della digitalizzazione. Sono stati più numerosi, infatti, nel 2023 come nel 2022, gli attacchi alle Americhe, che corrispondono al 44% del totale. Gli attacchi rivolti all’Europa hanno rappresentato il 23% degli attacchi globali, scendendo di un punto percentuale rispetto all’anno precedente ma in crescita sul 2022 del 7,5%. Crescono invece di un punto percentuale rispetto al 2022 gli attacchi in Asia (9% del totale); stabili quelli in Oceania e in Africa, rispettivamente il 2% e l’1% del totale. Fonte: Scarica il PDF Read the full article
#attacchihacker#attacchiinformatici#cybersecurity#malware#piratiinformatici#pishing#sicurezzainformatica
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Bologna, nuovo incontro tra il presidente Bonaccini e le rappresentanze sindacali dello stabilimento di Crevalcore (Bo)
Bologna, nuovo incontro tra il presidente Bonaccini e le rappresentanze sindacali dello stabilimento di Crevalcore Massimo sostegno ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali finché non sarà trovata una soluzione positiva alla vertenza che coinvolge lo stabilimento Marelli di Crevalcore. A ribadirlo il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, che questa mattina in Viale Aldo Moro a Bologna, ha nuovamente incontrato, insieme all'assessore regionale allo Sviluppo economico e Lavoro, Vincenzo Colla, le rappresentanze sindacali dell'azienda: Massimo Mazzeo (Fim), Simone Selmi (Fiom), Giuseppe Di Stefano (Uilm) e Mariagrazia Vitello, Salvatore Parlato, Mimmo Lisi, Francesco Simeri e Sergio Manni delle Rsa. Un aggiornamento alla luce del vertice di ieri a Roma al tavolo del ministero delle Imprese e del Made in Italy. "L'incontro di oggi rappresenta un momento di aggiornamento importante della situazione, perché siamo in un passaggio cruciale. Da parte nostra- hanno ribadito Bonaccini e Colla- confermiamo e anzi rafforziamo la volontà della Regione Emilia-Romagna di restare al fianco dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali in questa vertenza. Il nostro obiettivo non cambia: evitare la cessazione della produzione, salvaguardare il sito produttivo e dare risposta a tutti i lavoratori. Finché non avremo certezza di questi risultati, la nostra attenzione sarà massima. Le proposte di acquisizione che sono in fase di valutazione rappresentano opportunità importanti: prevederebbero investimenti economici rilevanti e coerenti con quanto ci aspettiamo dal punto di vista dell'impatto sociale, risposte necessarie per confermare il livello di professionalità e competenza del sito di Crevalcore". Dunque, hanno proseguito Bonaccini e Colla, "prosegue serrato il confronto con la proprietà e con il Governo, affinché si possa arrivare il prima possibile a un risultato positivo". I tempi condivisi anche con il Governo prevedono che l'11 gennaio ci sia la presentazione dei nomi degli investitori e dei relativi piani industriali e a fine febbraio si arrivi al negoziato finale e alla scelta dell'acquirente. La crisi dello stabilimento Marelli di Crevalcore arriva a cinque anni dal passaggio dell'azienda da Stellantis alla giapponese Calsonic Kansei, controllata dal fondo americano Kkr, avvenuto nel 2018. Il sito è oggi impegnato nella produzione di collettori di aspirazione aria e di pressofusi di alluminio, entrambi componenti essenziali per motori. I lavoratori coinvolti sono 229.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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The path of doing
We are approaching the summer solstice, which in our hemisphere represents the longest day of the year. It is the event that marks the beginning of summer, in which the celestial star reaches its zenith and its rays strike our hemisphere perpendicularly. Since ancient times, this moment of welcoming the sun and the ultimate power of nature has been celebrated.
Walking through Lemmen's vineyards, vegetable gardens and orchards, one can clearly sense the apotheosis of the fertility and bounty of the earth and the ripeness and fullness of the plant world.
Flowers are everywhere, and with them come myriads of insects, including bees, bumblebees, wasps and butterflies, foraging for nectar or pollen. Vegetables and fruits take on color amid the endless shades of green given off by the grasses and leaves reaching their brightest and deepest hues.
As we tread the paths immersed in such beauty and diffused with graceful scents, our thoughts return to our own path: an endless apprenticeship and a close and continuous dialogue with the elements of nature.
As the daily toil and difficulties pale in the sunlight, what emerges instead is the gift of having to engage, day after day, in this inexhaustible confrontation.
The period coming to a close has been filled with challenges, one among them the great drought of last year. We like to think that it comes to an end now, with the summer solstice, at the height of brightness and fullness, and that from here it is heading with new strength and clarity toward the next harvest and the beginning of the tenth year of Stella di Lemmen.
Living and learning in nature is an honor and a privilege. Walking the paths of Lemmen is a plunge into the depths of life. Try it to believe: you are all invited.
Il percorso del fare
Ci avviciniamo al solstizio d’estate: il giorno più lungo dell'anno, in cui la luce del sole sconfigge definitivamente le tenebre. È l'evento che sancisce l'inizio dell'estate, nel quale l'astro celeste raggiunge lo zenit ed i suoi raggi colpiscono il nostro emisfero in modo perpendicolare. Fin dall'antichità si è celebrato questo momento di benvenuto al sole e di massimo potere della natura.
Camminando tra i vigneti, gli orti e i giardini di Lemmen si percepisce chiaramente l'apoteosi di fertilità e generosità della terra e di maturazione e pienezza del mondo vegetale.
Fiori ovunque e miriadi di insetti, tra api, bombi, vespe e farfalle, che ne bottinano il nettare o il polline. Ortaggi e frutti che prendono colore tra le infinite sfumature di verde sprigionate delle erbe e dalle foglie che raggiungono le loro tonalità più brillanti e profonde.
Calcando i sentieri immersi in cotanta bellezza e diffusi di leggiadri profumi, il pensiero torna al nostro percorso: un apprendistato infinito e un dialogo serrato e continuo con gli elementi della natura.
E allora la fatica e le difficoltà quotidiane impallidiscono sotto la luce del sole e quello che emerge è invece il dono di doversi cimentare, giorno dopo giorno, in questo inesauribile confronto.
Il periodo che si va a chiudere è stato colmo di sfide, una tra tutte la grande siccità dell'anno scorso. Ci piace pensare che giunga al termine adesso, con il solstizio d'estate, nel culmine della luminosità e della pienezza e che da qui si avvii con nuove forza e chiarezza verso la prossima vendemmia e verso l’inizio del decimo anno di Stella di Lemmen.
Vivere e apprendere nella natura è un onore e un privilegio. Camminare sui sentieri di Lemmen è un tuffo nelle profondità della vita. Provare per credere: siete tutti invitati.
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Killer Nun (Suor Omicidi) (The Killer Nun) (1979) Giulio Berruti
August 7th 2022
#killer nun#suor omicidi#the killer nun#1979#giulio berruti#anita ekberg#paola morra#joe dallesandro#massimo serrato#lou castel#louis castel#daniele dublino#laura nucci#alida valli
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Salvini, due pesi e due vaccini: ieri no vax, oggi scienziato Almeno quando si parla di salute la politica, o meglio la propaganda politica, dovrebbe avere il pregio di tacere. Così non è purtroppo. Scopriamo oggi che l'ex ministro degli Interni, Matteo Salvini, è diventato un fervente sostenitore dei vaccini. O meglio di un vaccino, quello di Pfizer-Biontech che 20 milioni di inglesi, su decisione di Boris Johnson, sperimenteranno sulla loro pelle, primi nel mondo, addirittura prima degli americani nonostante Pfizer sia un'azienda statunitense. L'Agenzia Europea del farmaco (Ema), il massimo organo che tutela le somministrazioni di medicinali nel nostro Continente, ha invece preso tempo con la cautela dovuta visto che parliamo della salute di milioni di cittadini. L'Ema, in pratica, ha detto che vuole altre prove sull'efficacia dell'antitodoto Pfizer. Matteo Salvini, quello che spesso e volentieri si è mostrato in pubblico senza mascherina, quello dei bagni di folla, quello che quando era a capo del Viminale diceva che i 10 vaccini obbligatori per l'infanzia erano "inutili e dannosi" (16 novembre 2018), quello che ha strizzato fin troppo l'occhio ai negazionisti, quello che i migranti portano malattie ma non i figli dei no vax a scuola, quello che i dietro i vaccini c'è il business delle case farmaceutiche, ecco quel Matteo Salvini ora vuole la punturina di Pfizer per gli italiani. Tutti gli italiani, e in fretta. Anche senza disegni, proviamo a spiegare brevemente al capo leghista, ma anche al presidente veneto Zaia che invoca anch'egli un carico di antidoto Usa nel ghiaccio secco, come funziona questo tipo di vaccino che utilizza la sequenza del materiale genetico del nuovo coronavirus, ossia l'acido ribonucleico (Rna). In pratica l'andidoto Pfizer, come quello di Moderna, prevede la somministrazione dell'mRna prodotto in laboratorio per controllare la produzione della proteina Spike di Covid-19. Quelli proposti dalle due aziende Usa - Pfizer e Moderna - sono due vaccini mai usati prima nella storia della medicina e perfino sulla stampa inglese c'è un serrato dibattito sui loro effetti a lungo termine. Salvini, nonostante l'antieuropeismo che lo ha contagiato da tempo, per una volta dovrebbe ringraziare l'Ema che chiede solo un po' di prudenza. E infine capire esattamente che un vaccino è roba seria, non un cocktail al Papeete e neppure una bandierina da sventolare a seconda di come gira il vento. Daniela Amenta
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ESTRENOS DE NETFLIX JUNIO 2020
Se viene junio en unos días y netflix tira la casa por la ventana con la gran cantidad de contenido que nos trae este mes, sin duda están salvando la cuarentena de muchos de nosotros. Acá te dejo el catalogo para que tomes nota y no pierdas de nada.
1º de Junio
Keeping Up with the Kardashians
Un reality que relata la vida doméstica de Kim Kardashian y su peculiar familia. Aunque los miembros de la familia siempre tienen discrepancias, siempre terminan apoyándose mutuamente.
The Real Housewives of Beverly Hills
Programa de telerrealidad que sigue la vida de unas mujeres ricas que disfrutan de sus vidas en Beverly Hills.
The Real Housewives of Atlanta
Amas de casa de Atlanta viven sus fabulosas vidas en la capital de Georgia, mostrando sus dramas personales y profesionales.
The Real Housewives of New York City
Cámaras capturan la vida de un grupo de mujeres ocupadas, influyentes, ricas y ambiciosas de Manhattan.
Below Deck
Las vidas de varios jóvenes que viven y trabajan a bordo de yates de lujo, embarcaciones privadas pertenecientes a clientes exigentes, difíciles de complacer y, muchas veces, de trato complicado.
Married to Medicine
Seis mujeres de Atlanta, todas médicas o esposas de doctores, tratan de conjugar sus carreras profesionales con sus vidas privadas.
Top Chef
Quince concursantes se enfrentan ante un jurado al competir por convertirse en el primer Top Chef España, escribir un libro de recetas y llevarse el premio de 100.000 euros.
Saving Private Ryan
Después de desembarcar en Normandía, en plena Segunda Guerra Mundial, unos soldados norteamericanos deben arriesgar sus vidas para salvar al soldado James Ryan, cuyos tres hermanos han muerto en la guerra.
The Titan Games
Un programa que ofrece una inspiradora competencia que pone a prueba a los participantes a través de desafíos de fuerza y mentales.
Devil's Gate
Un agente del FBI intenta resolver un caso de personas desaparecidas en un área rural, pero cuando descubre que unas criaturas misteriosas pueden ser responsables del crimen, debe aprovechar cada reserva de su valor e inteligencia para sobrevivir.
Last Holiday
Tras descubrir que sufre una enfermedad terminal, una mujer decide vender todas sus posesiones y vivir en un hotel europeo.
The Wife
Joan lleva 40 años casada con Joe, un escritor prestigioso. Joan ha sacrificado sus sueños en pos de la supervivencia de su matrimonio, pero, cuando a Joe van a concederle el premio Nobel, Joan no puede soportarlo más y altera el orden de las cosas.
Revolutionary Love
Una comedia romántica que narra la historia de tres personajes diferentes: Byun Hyuk, un chaebol de tercera generación que se esconde en una parte de la ciudad en pequeñas habitaciones, Baek Joon, quien se gana la vida trabajando en varios empleos a tiempo parcial, y Je Hoon, un joven inteligente y hábil que sueña con convertirse en rico.
Introverted Boss
Eun Hwan Ki es el CEO de una compañía de relaciones públicas, pero es extremadamente tímido. Debido a su personalidad sus empleados no lo conocen bien. Chae Ro Woon empieza a trabajar en la compañía de Eun Hwan Ki. Es muy energica y recibe un reconocimiento por su buen trabajo, sin embargo ella se interesa en el CEO Eun Hwan Ki y planea revelar quién es él realmente
Río Grande
Un oficial espera ansiosamente el permiso de cruzar la frontera entre México y Estados Unidos para atacar a los Apaches.
Midnight Diner: Tokyo Stories
En un pequeño restaurante llamado Meshiya, entre la medianoche y las 7 de la mañana, una multitud de clientes acuden al establecimiento para comer algo y visitar al propietario, conocido como el Maestro.
Jasón y los argonautas
El mítico héroe griego navega a través de las Arpías y las rocas que chocan con el vellocino de oro, protegido por la Hidra.
Reckoning
Los caminos de Mike Serrato y Leo Doyle se unen tras el asesinato de una adolescente. Desde ese momento, los dos hombres comienzan un viaje de destrucción mientras intentan proteger a sus seres queridos.
Mis queridos amigos
Dear My Friends Mis queridos amigos, representa la vida realista y agradable de las personas mayores.
2º de Junio
Fuller House
Las aventuras de la familia Tanner continúan. Al morir Tommy, su marido, y enviudar con tres hijos, D.J. recibe la ayuda de su hermana Stephanie y su amiga Kimmy, quienes se instalarán en la casa para colaborar con la crianza de los niños.
4º de Junio
¿Me escuchas?
Tres amigas de un barrio bajo encuentran humor y esperanza en sus vidas mientras se enfrentan a relaciones toxicas y familias disfuncionales.
Baki the Grappler
Baki the Grappler es una serie Manga escrita e ilustrada por Keisuke Itagaki. Fue originalmente publicada en Weekly Shōnen Champion desde 1991 hasta 1999 en 42 volúmenes Tankōbon.
5º de Junio
Queer eye
Cinco nuevos expertos en moda y estilo ayudan a hombres y mujeres de los Estados Unidos que los necesitan.
Perdida
Un hombre reporta que su esposa desapareció en su quinto aniversario de bodas, pero la imagen pública de una relación feliz empieza a desmoronarse por la presión de la policía y de los medios de comunicación.
The Last Days of American Crime
En un futuro no muy lejano, el Gobierno de los Estados Unidos planea activar una señal para detener todo comportamiento delictivo. Un ladrón se suma a un plan para dar el último golpe que pasará a la historia.
El castillo de cristal
Basado en una biografía; cuatro niños luchan para crecer en un ambiente pobre y muy poco convencional supervisados por sus disfuncionales y amorosos padres.
La extraña fuente de la fortuna
Una empleada bancaria abrumada por las deudas de su marido desempleado y sus sueños rotos encuentra una fuente secreta de dinero en su propia casa.
7º de Junio
365 Days
En un intento de salvar su relación, Laura, su novio y sus amigos vuelan a Sicilia. Sin embargo, se alteran de manera dramática sus vacaciones cuando a Laura la recoge Massimo, quien a ella le da 365 días para enamorarse de él. '365 dni' es un drama erótica polaco que está basado en la novela de Blanka Lipinska
El rey Arturo: la leyenda de la espada
Arturo fue robado al nacer y tuvo una educación espartana en una zona conflictiva de la ciudad, pero cuando extrae la espada Excalibur de la piedra en la que estaba clavada, la profecía se cumple y acepta el destino de liderar a su pueblo.
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The one with the air conditioning
L'ondata di caldo che aveva colpito tutta Italia, aveva obbligato Ermal e Fabrizio a rimanere chiusi in casa, nonostante il programma iniziale di quel weekend fosse restare a mollo in piscina il più possibile. Il sole cocente e l'afa, però, avevano reso la piscina di Fabrizio vagamente simile ad una pentola di acqua portata a ebollizione e di certo nessuno dei due desiderava cuocersi in quel modo. "Mi dispiace che i programmi siano saltati. Non credevo avrebbe fatto così caldo anche in piscina" disse Fabrizio mentre rientravano in casa, mentre le gocce d'acqua sul loro corpo evaporavano fin troppo velocemente. Ermal sorrise guardando teneramente Fabrizio, che di fatto si stava scusando per qualcosa di cui non solo non aveva colpa, ma che era totalmente fuori dal suo controllo. "È tutto ok. Non potevamo prevedere che avrebbe fatto così caldo da rendere anche l'acqua della piscina troppo calda. Troveremo qualcos'altro da fare nel weekend" lo rassicurò Ermal, aprendo il frigorifero e prendendo una bottiglia d'acqua. Era gelida e sapeva che non gli avrebbe fatto bene berla con tutto quel caldo, ma la temperatura del suo corpo aveva raggiunto picchi mai visti prima e aveva assolutamente bisogno di raffreddarsi in qualche modo. Fabrizio gli lanciò un'occhiata maliziosa. "Io un'idea ce l'avrei." Ermal inclinò la testa guardandolo storto. "No, Bizio, fa troppo caldo anche per scopare." Fabrizio si avvicinò a lui toccandogli lascivamente un fianco con la punta delle dita, provocandogli un brivido di aspettativa lungo la schiena, ma nonostante Ermal volesse davvero fare l'amore con Fabrizio - in effetti non esisteva giorno in cui gli mancasse la voglia di sentirlo vicino a sé in quel modo - quel giorno faceva davvero troppo caldo ed Ermal non aveva la forza per fare nulla, se non accasciarsi sul divano. "Sicuro?" chiese Fabrizio avvicinandosi al suo collo e lasciandoci una scia umida di baci fino al lobo dell'orecchio. Ermal sospirò. "Davvero, amore, fa troppo caldo. Non ce la faccio." "Nemmeno se accendiamo il condizionatore?" disse Fabrizio con un luccichio eccitato negli occhi. Ermal valutò la proposta per un attimo. In effetti, il condizionatore avrebbe migliorato le cose, ma faceva talmente caldo che al massimo la temperatura in casa sarebbe arrivata a trenta gradi, che erano comunque troppi per anche solo pensare di fare qualsiasi cosa li facesse sudare ulteriormente. "Fa troppo caldo anche per farlo con il condizionatore acceso" rispose Ermal, quasi sentendosi colpevole perché mai prima di quel momento si era permesso di rifiutare Fabrizio. E mai l'avrebbe fatto, se non fosse stato per quel caldo atroce che gli rendeva la pelle appiccicaticcia e schifosamente sudata. Fabrizio sospirò. Purtroppo doveva ammettere che Ermal aveva ragione. Faceva davvero troppo caldo, stavano sudando pur rimanendo fermi e la prospettiva di accaldarsi ancora di più non era così allettante. "Però..." "Cosa?" chiese Fabrizio curioso. Ermal lo guardò con un ghigno stampato sulle labbra. "Possiamo farlo sotto il condizionatore. Ammesso che tu non ti senta troppo vecchio per queste cose." "Ti faccio vedere io se sono vecchio" replicò Fabrizio, prendendo il viso di Ermal tra le mani e iniziando a baciarlo mentre lo faceva indietreggiare fino al salotto. Senza nemmeno staccarsi dalle sue labbra, afferrò il telecomando accendendo il condizionatore. Pochi attimi dopo la stanza iniziò a raffreddarsi, provocando il sollievo immediato di entrambi. Ermal spinse Fabrizio contro il muro, direttamente sotto il getto dell'aria condizionata, e sospirò sentendo finalmente la propria pelle raffreddarsi e il sudore gelarsi sulla sua schiena. Sapeva che probabilmente così si sarebbe ammalato, ma avrebbe sopportato anche l'influenza pur di sfuggire per un po' a quel caldo soffocante. Fabrizio si voltò dandogli le spalle e appoggiando le mani al muro, mentre Ermal gli mordicchiava il collo, scendendo poi verso le spalle e tempestandogli la schiena di baci umidi, fino ad arrivare al bordo del costume da bagno che ancora indossava. Glielo abbassò lentamente, facendoglielo calciare via una volta arrivato alle caviglie, poi gli separò le natiche e iniziò a stimolare la sua apertura con la lingua. Fabrizio gemette continuando a reggersi al muro, anche se in quel momento era pericolosamente vicino al convincersi che sarebbe stato meglio farlo in un letto - nonostante il caldo insopportabile - perché non sapeva quanto avrebbe detto in quella posizione. Senza contare che era certo che quando finalmente avrebbe raggiunto l'orgasmo, sarebbe crollato a terra esausto facendo la figura del vecchietto e dimostrando che aveva ragione il suo compare. Appena sentì Ermal sostituire la propria lingua con un dito e farsi lentamente spazio dentro di lui, Fabrizio si fece sfuggire un altro gemito mentre appoggiava la fronte sulla parete fredda. Faceva un caldo tremendo anche sotto il condizionatore. Fabrizio si sentiva la pelle appiccicosa e sapeva che la situazione, almeno da quel punto di vista, poteva solo peggiorare. Ermal continuò a pentrarlo lentamente con le dita, preparandolo accuratamente ad accogliere la sua erezione, che ormai faticava a restare chiusa nel costume da bagno. Ad ogni gemito di Fabrizio, sentiva il costume tirare sempre di più e la sua erezione pulsare. Nonostante il condizionatore posizionato sopra di lui, il solo pensiero di affondare nel corpo del compagno lo fece accaldare e sudare di più. "Ermal, ti prego..." mormorò Fabrizio, con ancora la fronte premuta sulla parete. "Cosa?" "Scopami." Iniziava a fare decisamente troppo caldo e Fabrizio, per quanto volesse fare l'amore con Ermal, voleva anche arrivare subito al dunque e poi accasciarsi sul pavimento. Sentiva di non avere più nemmeno le forze per restare in piedi. Ermal non se lo fece ripetere. Penetrò Fabrizio con una spinta secca, senza nemmeno usare il lubrificante - non aveva la minima intenzione di andare a cercarlo in camera da letto e chiedere a Fabrizio di dargli una mano con la sua saliva probabilmente lo avrebbe fatto venire all'istante - e ancorandosi ai fianchi morbidi del compagno. Nonostante il leggero fastidio, Fabrizio non si lamentò. Anzi, doveva ammettere che gli piaceva che ogni tanto Ermal fosse un po' più brusco del solito, che lo prendesse senza troppi preamboli. Girò la testa leggermente, vedendo Ermal con la coda dell'occhio spingersi dentro di lui a un ritmo sempre più serrato. Gemmette più forte quando Ermal, affondando dentro di lui, gli sfiorò la prostata e tornò a premere la faccia contro il muro - la guancia, questa volta - mentre sentiva la mano di Ermal scivolare dai suoi fianchi e fermarsi tra le sue gambe. Ermal fece scorrere la mano sull'erezione del compagno, prima lentamente, poi sempre più velocemente fino a raggiungere il ritmo delle sue spinte. Il caldo era sempre più insopportabile ed entrambi erano sudati, anche se l'aria proveniente dal condizionatore rendeva tutto un po' meno faticoso. Ermal continuò a spingersi dentro di lui velocemente. Bastarono un paio di spinte affinché finalmente si svuotasse dentro di lui. Senza spostarsi di un millimetro e senza nemmeno riprendere fiato, continuò a muovere la mano sull'erezione di Fabrizio fino a quando lo sentì tremare contro di lui. Un attimo dopo, Fabrizio venne nella sua mano e le sue gambe rischiarono di cedere sotto il peso di quell'orgasmo che l'aveva spossato più del normale. Ermal lo tenne stretto a sé, evitando di farlo crollare a terra. Gli lasciò un bacio sul collo e poi si scostò leggermente, solo dopo essersi assicurato che fosse in grado di restare in piedi da solo. Si sedette a terra, seguito un attimo dopo da Fabrizio, e appoggiò la testa al muro godendosi per un attimo la sensazione dell'aria fredda sulla pelle accaldata. "Ermal." Sentendosi chiamare, il più giovane aprì gli occhi e guardò Fabrizio seduto accanto a lui. "Mi sa che m'è venuto il torcicollo" disse massaggiandosi la parte lesa. Ermal scoppiò a ridere. "L'avevo detto che sei vecchio per certe cose." Sì, l'aveva detto. Per una volta Fabrizio non cercò di difendersi. In fondo, Ermal lo aveva avvertito che non aveva più l'età per certe cose. Però, nonostante il torcicollo, ne era valsa la pena.
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Il mito del congiuntivo è assai antico. È un modo verbale che scavalca le barriere della semplice pulizia linguistica per arrivare a fare la differenza in diversi ambiti. L’uso del congiuntivo vuol dire qualcosa, o perlomeno è sempre storicamente stato così. Cosa poi non si sa e non si sa nemmeno in quale punto della storia l’utilizzo di un congiuntivo, in fondo un modo verbale esattamente come gli altri, abbia cominciato a delineare differenze anche sociali. Forse perché leggermente più complesso da declinare? Può darsi, ma non è questo il punto.
Da analizzare piuttosto ci sarebbe il motivo per cui gli italiani tentano di dribblarlo che manco Cristiano Ronaldo; italiani ai quali sfugge che un modo verbale non è solo una capriola del nostro parlare fine a se stessa, ma un modo, appunto, diverso di dire una cosa diversa. Anche se non sembra.
Allora è forse proprio lì che va cercata la natura di ciò che ha reso maledetto per gli italiani il congiuntivo. Ma per tutti gli amanti del presente indicativo c’è una buona notizia. Intanto, se ancora non l’aveste capito, ormai l’efficacia del nostro parlare, e la politica ce lo dimostra giornalmente, è direttamente proporzionale alla semplicità con la quale ci esprimiamo. Una volta l’uso di ardite declinazioni verbali era anche sinonimo di raffinatezza, oggi il congiuntivo è il più radical-chic tra i modi, culturalmente quindi il nemico pubblico numero uno. Talmente antipatico che i francesi lo hanno scaricato, come se fosse un trapassato remoto qualsiasi.
La politica non ha mai avuto questo grandissimo rapporto con il congiuntivo, come ricorda Il Corriere della Sera: “Dal fantozziano «mi facci finire» di Alessandro Di Battista al «come vi sareste comportati voi se questi accadimenti avrebbero riguardato altri partiti» di Michela Di Biase fino al "come se presentassi venti esposti contro Renzi, lo iscrivessero al registro degli indagati, poi verrei in questa piazza e urlerei Renzi è indagato» di Luigi Di Maio.
Alla fine del 1997, un panettiere di nome Luigi — entusiasta sostenitore del neosenatore Antonio Di Pietro — dichiarava in un’intervista: "Finalmente il partito del popolo ha candidato un uomo del popolo. Uno che sbaglia i congiuntivi come noi".
Di strage dei congiuntivi — stavolta per omissione — è stato accusato anche Massimo D’Alema (per frasi come "io ritengo che questa vicenda dimostra che lui è un prepotente") e, in epoca di prima Repubblica, Bettino Craxi ("io penso che le nostre possibilità sono limitate"). Commentava Luciano Satta: «Il potere logora i congiuntivi di chi lo detiene».
E pensare che nell’ottobre del 1947, in una seduta dell’Assemblea Costituente, uso e significato di un congiuntivo erano stati al centro di un serrato dibattito tra Giuseppe Dossetti, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti. «Spero che il gruppo democristiano non pretenderà di farci cambiare la grammatica italiana col peso dei suoi 207 voti", tuonò a un certo punto il segretario comunista.
Ma ciò che dona al congiuntivo uno statuto speciale resta ancora il fatto di abbinarlo, nell’immaginario collettivo, alla cultura. Uno che usa un congiuntivo di sicuro non può essere un ignorante. Fino ad arrivare a quel fenomeno che i linguisti chiamano “ipercorrettismo”, ovvero in pratica l’utilizzo del congiuntivo anche quando basterebbe un presente indicativo. Che evidentemente l’indicativo non fa fine. E così, come scrive in un bellissimo pezzo Rivista Studio:
“La retorica dell’estinzione, potenziata dall’ansia da prestazione, sta portando a due effetti paradossali. Primo, il congiuntivo potrebbe addirittura espandersi, occupando nicchie nuove alle spese di altri modi verbali. Secondo, si è sviluppata una forma di irritazione verso l’interlocutore affetto da congiuntivite: fa la figura dello smanioso infiltrato che, alla cena di gala, tradisce a ogni gesto la sua estraneità a quell’ambiente. Il risultato è che un campo già ricco di polemiche e conflitti si sta arricchendo di un nuovo elemento di divisione, complicando le nostre conversazioni, e minando ulteriormente la nostra sicurezza. L’idea è semplice: il congiuntivo è difficile da coniugare, cognitivamente complesso; l’indicativo invece è facile, prevedibile. Per questo, spinti dal risparmio energetico, tendiamo ad usare il secondo al posto del primo. È una spiegazione allettante, ma subdolamente denigratoria, perché implica che l’indicativo sia una sorta di congiuntivo for dummies, un surrogato che consente di esprimere la stessa idea con meno sforzo".
"Peccato che, secondo molti linguisti, i due modi non siano assolutamente interscambiabili. Alda Mari, ricercatrice italiana del CNRS a Parigi, suggerisce che c’è una sottile, cruciale differenza tra di loro: l’indicativo serve a esprimere una propria convinzione personale; il congiuntivo suggerisce invece che ci sia una verità oggettiva, e che chi parla si stia impegnando a ricercarla. Questo, secondo Mari, ci permette di imprimere diverse sfumature ai nostri messaggi, insulti compresi. Dire credo che tu sei un cretino, ad esempio, è meno offensivo di dire credo che tu sia un cretino: nel primo caso è pura opinione di pancia; nel secondo ha il sapore agghiacciante di un giudizio supportato da alacre ricerca empirica. In sostanza: trattare l’indicativo come surrogato del congiuntivo non è solo un torto nei confronti dell’indicativo. È anche una rappresentazione errata di ciò che succede nella lingua, la cui grammatica mette a nostra disposizione sofisticate risorse per comunicare, che noi possiamo modulare in base ai nostri scopi. Anche decidendo quale modo verbale usare”.
Non disperate, ciò che attanaglia i nostri pensieri da potenziali accademici della Crusca che non saremo mai, in realtà tiene sul filo del dubbio anche i linguisti. In uno dei primi libri di Fantozzi, in quarta di copertina, si legge “Il congiuntivo è una cagata pazzesca!” e ciò dimostra, qualora servisse e crediamo di no, come il personaggio di Paolo Villaggio ancora oggi rappresenti alla perfezione l’italiano medio.
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Reposted from @corriere (✏️ Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini) Dal 15 ottobre l’Italia sarà il primo Paese europeo in cui non si potrà entrare in fabbrica, in ufficio, negli studi professionali e in qualunque altro luogo di lavoro senza un green pass valido in mano. Il confronto con i leader sindacali è stato serrato e anche aspro, ma il presidente Mario Draghi ha tirato dritto. Certificato verde per tutti, dipendenti pubblici e privati. Il criterio adottato per definire il perimetro del provvedimento è quello dell’accesso ai luoghi di lavoro, metodo che tiene fuori pensionati, casalinghe, disoccupati. La svolta dell’estensione generalizzata è stata pensata per incrementare il più possibile le vaccinazioni, prima che arrivi il freddo e la pandemia rialzi la testa. L’obiettivo di Draghi, che non ha paura di fare «anche più del necessario», è raggiungere in tre, massimo quattro settimane un numero di persone immunizzate così alto da consentire al nostro Paese di entrare «in una zona di sicurezza». Se non l’immunità di gregge, espressione che a Palazzo Chigi piace poco, una «immunità sociale» fondata sui numeri del commissario Figliuolo: 44 milioni di italiani vaccinati sui 54 vaccinabili, quindi cinque in più dei 39 milioni che hanno già avuto la seconda dose. Nelle prossime settimane il governo continuerà a monitorare la curva del Covid. E se con l’arrivo dell’inverno i dati dovessero peggiorare nonostante l’imposizione del pass a milioni di lavoratori, si prenderà in considerazione una stretta ulteriore. Il vaccino obbligatorio per tutti 👉 l'articolo completo sul sito del Corriere #greenpass #covid19 https://www.instagram.com/p/CT5DVv2sslq/?utm_medium=tumblr
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Guerra ibrida, l'Italia nel mirino degli hacker internazionali
Attacchi informatici, Italia nel mirino dei cyber criminali. Gli incidenti gravi crescono del 65% contro il 12% globale: è l’allarme lanciato nel Rapporto Clusit. Lo scorso anno si sono verificati 2.779 episodi. Nuove minacce con l’IA. L’Italia è nel mirino degli attacchi informatici, con tecniche sempre più affinate, anche grazie al ricorso all’intelligenza artificiale. Lo scorso anno la crescita degli attacchi cyber gravi, cioè con un impatto ad ampio raggio, su ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica, si è rivelata maggiore rispetto al resto del mondo. Numeri alla mano si tratta del +65% rispetto al 2022, in Italia, contro il +12% a livello mondiale. L’11% degli attacchi sferrati in tutto il mondo, per un totale di 310 incidenti, è stato indirizzato, ed è andato a segno, nel nostro Paese. Nel 2022 il dato era fermo al 7,6%. Oltre la metà degli attacchi (il 56%) ha comportato effetti di gravità critica o elevata. Non solo. Ha visto come vittima l’Italia quasi un attacco su due (47%) di matrice hacktivism (ossia gli attacchi informatici per finalità politiche o sociali, soprattutto dimostrative. Caso tipico sono gli attacchi contro le forze dell’ordine). Sono alcuni dei dati raccolti nel Rapporto 2024, di Clusit, Associazione italiana per la sicurezza informatica, giunto al dodicesimo anno di pubblicazione, che sarà presentato in apertura del Security Summit, convegno dedicato ai temi della cyber security in programma a Milano dal 19 al 21 marzo prossimi. L’andamento degli attacchi non ha freni Non si arresta la curva di crescita degli incidenti gravi, con 2.779 episodi registrati lo scorso anno. Ogni mese è stata rilevata una media di 232 attacchi, con un picco massimo di 270 ad aprile 2023, che rappresenta anche il valore più elevato registrato negli anni. Dal 2018 al 2023 gli attacchi sono cresciuti del 79%, con la media mensile passata da 130 a 232. In otto casi su dieci, la gravità degli attacchi è elevata o critica. Dati allarmanti, ma che fotografano solo una parte del fenomeno, visto che molte vittime mantengono riservate le informazioni sugli attacchi cyber subìti e visto che in alcune zone del mondo la possibilità di accesso alle informazioni è molto limitata. Come anticipato, per quanto riguarda le tecniche, non bisogna abbassare la guardia sull’utilizzo dell’Intelligenza artificiale da parte dei cyber criminali per selezionare i target e scansionarli, con l’obiettivo di trovare falle, per analizzare codici e trovare nuove vulnerabilità e per produrre contenuti per phishing o codice per malware. Si tratta di una tendenza in rapida ascesa, di cui tuttavia i ricercatori di Clusit ritengono sarà possibile osservare gli effetti solo in un prossimo futuro. Attacchi in Italia: è boom
Tra il 2019 e il 2023, sono stati 653 gli attacchi noti e di particolare gravità messi a segno in Italia; di questi oltre il 47% (310, appunto) sono avvenuti lo scorso anno. Il ritmo di crescita, quindi, è serrato e indica sia la tendenza dei cyber criminali di mirare sul nostro paese, sia una scarsa capacità, da parte delle imprese, di difendersi, malgrado gli investimenti in sicurezza siano in aumento, come riscontrato dall’osservatorio Cybersecurity e Data Protection del Politecnico di Milano. «Le strategie adottate a oggi, anche a livello normativo a livello sia italiano che europeo, sono state sicuramente utili e importanti per cercare di limitare la crescita del fenomeno. Ma per poter far rallentare il trend e cercare di stabilizzarlo, e possibilmente ridurlo, devono essere concepite e adottate strategie nuove che si fondino sul knowledge sharing, sulla messa a fattor comune degli investimenti», commenta Gabriele Faggioli, presidente di Clusit, che aggiunge «Vogliamo mantenere alta l’attenzione anche sulla frammentazione di infrastrutture e servizi che caratterizza la cyber security nel nostro Paese, e che rischiano di produrre una moltiplicazione di sforzi, ciascuno in sé poco efficace, come ampiamente dimostrato dai settori di mercato maggiormente colpiti e anche considerando la spesa complessiva italiana in cybersecurity». Gli obiettivi nel mondo e in Italia I ricercatori Clusit, analizzando gli attacchi noti dello scorso anno, indicano una prevalenza di quelli con lo scopo di estorcere denaro (cosiddetto cybercrime), che sono stati oltre 2.316 a livello globale (più dell’83% del totale), in crescita del 13% rispetto al 2022. Un dato, a parere degli autori del Rapporto, che si traduce in un legame stretto tra criminalità “off-line” e criminalità “on-line”. Sono quasi triplicati, invece, nel mondo, gli attacchi con matrice di hacktivism, pari all’8,6% del totale (erano il 3% nel 2022), con una variazione percentuale rispetto al totale anno su anno del 184%. In significativa diminuzione, invece, i fenomeni di espionage (6,4%, 11% nel 2022) e information warfare (1,7%, 4% nel 2022). In Italia, nel 2023 gli attacchi con finalità di cybercrime sono stati pari al 64%; segue un 36% di attacchi con finalità di hacktivism, in netta crescita rispetto al 2022 (6,9%), con una variazione percentuale anno su anno del +761%. Il 47% circa del totale degli attacchi con finalità “hacktivism” a livello mondiale è avvenuto ai danni di organizzazioni italiane, a dimostrare l’attenzione di gruppi di propaganda che hanno l’obiettivo di colpire la reputazione delle organizzazioni. Questa tipologia di eventi, in particolare quelli avvenuti nei primi nove mesi dell’anno, secondo i ricercatori di Clusit, è legata per la maggior parte al conflitto in Ucraina, nei quali gruppi di attivisti agiscono mediante campagne dimostrative rivolte tanto al nostro Paese che alle altre nazioni del blocco filo-ucraino. A ulteriore conferma che siamo in una fase di guerra cibernetica diffusa ci sono gli attacchi con finalità di spionaggio e guerra delle informazioni (espionage e information warfare), aumentati da valori prossimi al 50% nel 2022 a valori intorno al 70% lo scorso anno. Questo andamento, infatti, si può spiegare con riferimento ai conflitti Russo-Ucraino e Israelo-Palestinese. Nel mirino obiettivi multipli A livello mondiale le principali vittime appartengono ai cosiddetti obiettivi multipli (19%). A seguire il settore della sanità (14%) che ha subito un balzo del 30% e inoltre gli incidenti in questo settore hanno visto un aumento della gravità dell’impatto, critico nel 40% dei casi (era il 20% nel 2022). E ancora: parte consistente degli attacchi è stata rivolta anche al settore governativo e delle pubbliche amministrazioni (12%); al settore finanza e assicurazioni (11%). Il settore più attaccato in Italia nel 2023 è stato invece quello governativo/ militare, con il 19% degli attacchi (+50% rispetto al 2022); seguito dal manifatturiero, con il 13% (+17%). Colpito dal 12% degli attacchi, il settore dei trasporti/logistica in Italia, ha visto invece un incremento percentuale anno su anno sul totale degli attacchi del 620%; analogamente, il settore della finanza e delle assicurazioni, verso cui è stato portato a termine il 9% degli attacchi nel 2023, ha visto una variazione percentuale sul totale del +286%. Le vittime appartenenti alla categoria degli “obiettivi multipli” sono state colpite nel nostro Paese dall’11% degli attacchi, segno di una maggior focalizzazione dei cyber criminali verso settori specifici negli ultimi mesi. I continenti più colpiti: le Americhe La distribuzione geografica percentuale delle vittime, secondo i ricercatori di Clusit, riflette la diffusione della digitalizzazione. Sono stati più numerosi, infatti, nel 2023 come nel 2022, gli attacchi alle Americhe, che corrispondono al 44% del totale. Gli attacchi rivolti all’Europa hanno rappresentato il 23% degli attacchi globali, scendendo di un punto percentuale rispetto all’anno precedente ma in crescita sul 2022 del 7,5%. Crescono invece di un punto percentuale rispetto al 2022 gli attacchi in Asia (9% del totale); stabili quelli in Oceania e in Africa, rispettivamente il 2% e l’1% del totale. Fonte: Scarica il PDF Read the full article
#attacchihacker#attacchiinformatici#cybersecurity#malware#piratiinformatici#pishing#sicurezzainformatica
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Il Re della Memoria di Massimo Cotto vince il Premio Selezione Bancarella 2023
Il Re della Memoria di Massimo Cotto vince il Premio Selezione Bancarella 2023. Dopo la pubblicazione di oltre 70 libri di musica, Cotto ha esordito nella narrativa con il romanzo Il Re della Memoria, un noir che sorprende i lettori con il suo ritmo serrato e intrecci complessi che lasciano con il fiato sospeso. La trama: Sono trascorsi vent’anni dalla tragica notte che ha cambiato per sempre le vite di Ariel e Linda. Lei è una donna affascinante e complicata che torna e riporta alla luce quel passato. Lui è un uomo poco più che trentenne, misterioso, con alle spalle molto dolore. E nel suo presente c’è un’altra donna, Astrid, a cui non può e non sa rinunciare. Quando ciò che credevano di avere sepolto ricomincia a tormentarli, la fragile sicurezza di Ariel e Linda si sgretola. Riusciranno a liberarsi di quello che non hanno mai dimenticato? Pensavano davvero che le ferite potessero rimarginarsi? Certi ricordi possono anche uccidere.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Potenza del pollice (1)
Fino a qualche decennio fa la sua funzione non era altro che opporsi, anche se va precisato che questa opposizione è ciò che distingue i primati dagli altri animali, vale a dire, ad esempio, l’uomo dalla lucertola. Parlo del pollice della mano.
Gli abbiamo attribuito il potere di decidere nell’antica Roma della vita e della morte d’un gladiatore, ma è un’impostura: nel 1872 il pittore Jean-Léon Gérôme raffigurò in un quadro che titolò Pollice verso, quella che immaginava essere la scena finale d’un combattimento tra gladiatori in un’arena dell’antica Roma, o meglio in ciò che immaginava essere un’arena dell’antica Roma, con stucchi, marmi e drappi degni della corte del Re Sole. Il nostro attribuì alle vestali e alla plebe il gesto di rivolgersi al vincitore tendendo la mano chiusa a pungo col pollice proteso verso il basso nell’intenzione di incitarlo ad uccidere il suo avversario battuto. Qui il dettaglio in questione.
Le fonti storiche sulla effettiva esistenza di un simile gesto nell’antica Roma difettano, pare che al massimo si trattasse di un pollice serrato nel pugno o esposto in orizzontale per simboleggiare la spada nel fodero o sguainata; ma questo non impedì che il mito del pollice verso si creasse, anche se per più di un paio di secoli non si vedeva bene in quale contesto, se non scherzoso, questo gesto potesse trovar posto.
Comunque, a parte quanto vedevamo nei film in costume che enfatizzavano a dismisura l’uso del pollice verso, per quelli della mia generazione il pollice non è servito ad altro che ad afferrare, a stringere nella leva della mano, e a pochi altri gesti simbolici: quello di portarlo verso la bocca col pugno serrato a simboleggiare l’atto di bere (avrà a che vedere con la suzione infantile? Col fatto che appena nato il bambino si porta il pollice in bocca per succhiare?), quello di passarlo rapidamente rivolto verso se stessi, sempre col pugno serrato, a simboleggiare un taglio; o infine il gesto subdolo di serrarlo nel pugno ma di mostrarne la punta tra l’indice e il medio, nel famoso gesto delle fica il cui uso ha una lunga storia che tocca, questo sì, l’antica Roma.
Negli anni sessanta il pollice salì alla ribalta per effetto della cultura alternativa americana e dello stile di vita “on the road”, quando fu usato per fare quello che imparammo a chiamare autostop, cioè per chiedere un passaggio in macchina a bordo di una strada: il pollice, esposto su un pugno serrato, serviva a indicare la direzione in cui si voleva andare e a chiedere di fermarsi, e non mancava chi sostenesse che oltre alla collocazione strategica era la perentorietà del gesto a fare il buon autostoppista. Fu una moda tutto sommato passeggera, durò in tutto forse un paio di decenni, e fu surclassata dalla diffusione della motorizzazione, da una diversa percezione della sicurezza personale, e in ultima analisi da uno stile di vita che prese in disprezzo il minimalismo del routard.
Ma il vero cambiamento della funzione del pollice lo si ebbe negli anni novanta, e fu un fatto di una tale portata che, per quanto mi concerne, posso dire tranquillamente che fu a causa di questo cambiamento che ho cominciato a diventar vecchio.
Negli anni ottanta giocavo tranquillamente coi miei figli impugnando i joystick del Commodore 64 o dell’Atari ST: certo, loro mi battevano in velocità ed abilità dei movimenti del polso della mano che muoveva la leva, e velocità delle dita dell’altra mano che azionava il pulsante del fuoco, ma lo strumento in sé non mi discriminava. Qui l’elementare joytstick della stessa Commodore.
La rottura avvenne nel 1994, con l’avvento del joypad della Playstation. Fu un cambiamento radicale, di colpo il pollice divenne l’unico dito veramente importante per giocare, anzi essenziale: i movimenti venivano azionati articolando il pollice con scostamenti molto fini, ed il fuoco era azionato sempre dal pollice, per pressione; tutte le altre dita venivano relegate alla funzione di impugnare la tavoletta.
Non fui in grado di riconvertirmi, e mi dovetti rassegnare a non potere più sfidare i miei figli: ogni tanto me ne stavo tristemente a giocare i miei arcade su Commodore o Atari, esposto alla derisione di quelli che una volta erano i miei avversari ad armi pari.
È stato un cambiamento tale che ancora adesso mi chiedo chi abbia potuto concepire l’idea che si potevano assegnare al pollice compiti ben più vasti ed articolati di quanto tutta intera la storia dell’umanità non avesse documentato nella nostra corteccia cerebrale. Come ha potuto costui pensare che il pollice poteva fare delle cose così? Da dove gli è venuta l’ispirazione? Avrà sviluppato una funzione nascosta in qualche nicchia della attività motoria del genere umano? O ha lavorato solo di genio e fantasia?
In ogni caso, da quel momento nulla ha potuto fermare la presa di potere del pollice: l’arrivo dei telefoni cellulari gli ha attribuito la capacità di comporre numeri di telefono e scrivere messaggi, ed il successivo avvento degli smartphone lo ha specializzato in una miriadi di applicazioni: quando osservo qualcuno che sa veramente come si usa l’interfaccia di uno smartphone, non come me che mi muovo goffamente con l’indice della mano, non posso che restare sbalordito dalla agilità dei suoi pollici.
E aggiungiamo a questo dilagante potere funzionale del pollice, l’uso devastante del gesto simbolico, tutto americano, del thumbs up.
Ma questa è un’altra storia.
(Nell’ultima immagine, l’attore inglese Sacha Baron Cohen nei panni di Borat ironizza da par suo sull’uso dilagante del thumbs up degli americani.)
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Dosso Dossi e la bambocciata come auto-ritratto di corte.
Dosso Dossi
7 aprile 2012 alle ore 1:01
La cospicua mole critica sulla produzione artistica ferrarese, e in particolare quella che analizza l’opera dei fratelli Dossi, (Giovanni e Battista), si è raramente misurata sul problema dei loro autoritratti. Non risulta infatti che ce ne siano giunti, ad eccezione di uno, come tale annoverato da un inventario della galleria degli Uffizi, ma in seguito rifiutato come spurio dalla più parte degli studiosi che sono entrati nell’argomento. Tale carenza di approfondimenti prende forse l’avvio dal fatto che i due autoritratti singoli che Girolamo Baruffaldi dichiara di aver veduto da fanciullo presso lo studio “dell’eccellente filosofo e antiquario Alfonso Gioia, accreditato ed erudito ferrarese” non sono più stati ritrovati e dal fatto che un secondo doppio ritratto dei due, in un affresco con Ercole e l’Idra lernea è andato distrutto.
La descrizione che Baruffaldi dà di Dosso (Giovanni Luteri) e di suo fratello Battista si innesta in una biografia, che finge fin dall’incipit una strenua competizione tra i due artisti, intrisa di invidie, colpi bassi e dati contraffatti, a discapito di ogni verità storica [Indice ragionato vol. I, p. 108]. Molte delle informazioni, si intende, sono di prima mano, e l’autore della Vita non lesina nel dichiarare l’attendibilità delle proprie fonti, e la loro provenienza. Il suo intento primario è quello di sfatare il giudizio deteriore e fiorentinocentrico montato dal Vasari, che, nella sua Vita di Dosso, non tesse lodi che, secondo Baruffaldi, il pittore ferrarese avrebbe invece meritato. Una volta scagionati i due artisti attraverso la dimostrazione che molti autorevoli scrittori ne hanno in seguito tessuto le lodi, come Vasari, anche Baruffaldi, tuttavia, non esita a ricostruire arbitrariamente le vicende biografiche dei due artisti per far risaltare la figura di Dosso e mettere in secondo piano quella di Battista. Tutto parte dalla citazione dei versi di Ariosto, che cita Giovanni nel suo poema, ma non il fratello. Per Baruffaldi sarebbe questa la causa scatenante della loro inimicizia. Il biografo crea cioè il mito della discordia tra fratelli, che si sarebbero divisi “se il Duca […] non li avesse voluti uniti sempre nel lavoro qualunque volta ordinasse loro qualche operazione pittorica di suo servizio: e certamente se la mano del padrone non fosse stata loro sopra, si sarebbero vedute fra d’essi scene assai luttuose [252]”. Addirittura! Più che abboccare all’esca di Baruffaldi, un lettore critico qui dovrebbe farsi un bel sorriso, riconoscere che si sta giocando con un esempio morale, tipico della retorica e della prammatica del genere letterario delle vite e prendere il testo con le pinze, anche perché, è stato dimostrato che la vera ragione delle probabili inimicizie tra i Dossi non fu tanto la non condivisa fama poetica, quanto piuttosto la divisione dell’eredità paterna. Detto ciò, saremo ora all’erta, e ogni dato o elemento che nella biografia baruffaldiana sia innestato a bella posta per indorare la pillola di questa montatura, sarà d’ora in poi da prendere con altrettanta cautela.
Ad aver letto il Bellori, e la descrizione che egli fa di Caravaggio “Era egli di color fosco, ed aveva foschi gli occhi, nere le ciglia ed i capelli, e tale riuscì ancora naturalmente nel suo dipingere” ci viene subito in mente che la fisionomia era spesso usata per creare un personaggio, cioè, come si credeva diffusamente, i tratti somatici di una persona erano lo specchio della sua interiorità, del suo carattere, o come si diceva allora, della sua complessione. Della stessa tecnica sembra far uso Baruffaldi quando dice: “Battista […] trasse dalla nascita uno spirito torbido” e ancora: “Battista magro e macilente di faccia, col naso schiacciato e simo, di barba rara, ma di molta capigliatura e tutta rabbuffata, picciolo e curvo di statura e di spalle, e piuttosto sembrava una ridicola e odiosa figura, che un uomo nato a cose insigni e virtuose com’era: e ben gli si vedeva per lo fuori trasparire quell’animo cattivo, che lo riempiva. [258]”. È dilettevole commentare col Della Porta [Della Fisonomia dell’huomo libri sei, Padova, Tozzi, 1627] la descrizione appena letta: il magro è disconvenevole [97v], il macilento corrisponde al mercurio infelice [52v]; il naso simo (ovvero schiacciato, come quello delle scimmie) è tipico segno di lussuria [59r]; la barba rara è legata a un proverbio: “poca barba e men colore / sotto il ciel non è peggiore” [154v]; la statura piccola denota frettolosità [166r]; e infine, delle spalle curve, ovvero di un accenno di gobba, si dice: “L’huomo gobbo con difficultà può esser huomo da bene” [91v].
Come viene descritto Dosso, invece? Ecco un esempio di virtù, in contrasto con la figura meschina dell’invidioso e malvagio fratello: “Dosso era bello d’aspetto, calvo di fronte, di prolissa barba, d’occhi azzurri e faccia allegra, e ben colorito, non che ben proporzionato di tutta la persona”. Va da sé che ci troviamo di fronte a una conclamata opposizione fisiognomica atta ad acuire lo scontro tra fratelli: uno, il maggiore, virtuoso e ben proporzionato; l’altro, il minore, vizioso e infelice. A questo punto mi chiedo se sia veramente il caso di dare conto e credibilità a una informazione che, come abbiamo dimostrato, è costruita a bella posta per dire qualcos’altro. Ovvero che Dosso non avesse effettivamente gli occhi azzurri, ma questi occhi angelicati servono a contrapporlo alla natura torbida del fratello. Un’altra cosa che ci può mettere in guardia dalla veridicità di queste affermazioni è che la descrizione della fisionomia dei due fratelli non è disposta, nel testo, in corrispondenza della descrizione fatta dei due autoritratti della collezione Gioia, ma in un’altra posizione, e cioè di seguito all’episodio del litigio avvenuto tra i due, a chiusa del momento di massimo conflitto raccolto dalla biografia [258]. Molti hanno creduto alle parole di Baruffaldi, non cercando nelle opere di Dosso un autoritratto, o cercando addirittura tra i personaggi coloro che potessero corrispondere a questa descrizione. Nessuno dei personaggi raffigurati, infatti, corrispondeva di fatto alla rappresentazione da lui descritta. Dal momento che, come è noto, è prassi comune che i pittori inserissero la propria effigie nelle loro opere, a guisa di firma, sarà bene controllare se questi autoritratti non siano stati effettivamente realizzati dal pittore. Una delle regole sintattiche fondamentali per identificare l’autoritratto è lo sguardo verso l’esterno. Questa posizione è dovuta al fatto che, come spiega Alberti, l’artista è costretto a guardarsi nello specchio mentre si dipinge. La quasi totalità dei personaggi che guardano verso l’esterno, cercando l’attenzione e il contatto visivo degli spettatori, a meno che si tratti di ritratti dichiarati di altre persone, è da valutare e soppesare come autoritratto, proprio per questa ragione prammatica. L’identificazione, poi, può essere avvalorata grazie alla presenza di simboli, o alla somiglianza con altri autoritratti noti di epoche diverse della vita dei pittori.
Nel caso dei Dossi la questione è più difficile: come abbiamo visto c’è un solo Autoritratto agli Uffizi, noto come tale ma rifiutato, e un doppio ritratto a esergo della vita del Baruffaldi, inciso, che a detta di Gibbons è apocrifo e ottocentesco. In ogni caso esistono alcuni ritratti di personaggi anonimi, ma presi dal vero, che ci portano a credere, sia per somiglianza, sia per simboli e attributi distintivi, che si tratti proprio di autoritratti. Alcuni di essi sono quasi certi, per gli stessi motivi intuitivi per cui un conoscitore attribuisce un dipinto a un artista: è pressoché fulmineo, al momento dell’incontro con lo sguardo di un artista, il brivido di agnizione che getta un ponte nel tempo e ci pone di fronte al suo volto. È sufficiente quindi uno sguardo per dichiarare la propria identità? Molto spesso lo è, soprattutto se si tratta di un’epoca in cui alla struttura delle immagini era sottesa una serie di regole ben note e ampiamente diffuse e attuate. Vale a dire che, anche se un biografo non mette nero su bianco che un pittore si è ritratto in una determinata opera (o se non troviamo menzione di un autoritratto nei suoi scritti) la validità del documento figurativo supera l’importanza di ciò che quello di seconda mano non dice, la supera in qualità di fonte primaria, ovvero di autografo. Se quindi né Vasari, né Baruffaldi, né altri hanno salvato dall’oblio gli autoritratti dei Dossi indicandoceli, ciò non significa che sulla base della prassi artistica, e grazie al serrato confronto con gli altri autoritratti noti, noi non possiamo almeno porci il problema.
Il primo intenso e riconoscibile sguardo auto-identificativo, unito a una conclamata e beffarda dichiarazione di genialità e al brillante sorriso giovanile è nel cosiddetto Ritratto del buffone Gonella, alla Galleria Estense di Modena. Vi fu un primo tentativo di identificare il modello con Dosso stesso in Mendelsohn, tentativo che esula dalle conseguenze del presentarsi “in maschera” e da ciò che queste comportano. Da allora l’idea non è più stata ripresa. La storia critica di questo dipinto lo allontana dall’intentio auctoris, mano a mano nel tempo. È sufficiente leggere la scheda di Mauro Lucco, nel catalogo della mostra di New York, per comprendere come un certo approccio formalista, che passa sottogamba l’originaria e filologica ricostruzione del codice illocutivo di un testo figurativo, nuoccia alla comprensione storica più di un incendio negli archivi. Lucco infatti, come tutti gli altri prima di lui, parte dall’idea scontata che il personaggio effigiato sia un Buffone. Egli non lo descrive nei suoi attributi identificativi, ma assume per scontato il titolo dato al dipinto nella sua linea storiografica. Egli ignora completamente ogni problema iconografico, non si pone neppure il problema del fatto che a questo buffone manca tutto: la marotte, ovvero lo scettro figurato, le campanelle o i sonagli, che normalmente ne adornano i vestiti, l’abito divisato e multicolore, proprio del Jolly, del Fool, anche nell’iconografia degli arcani maggiori dei Tarocchi. Peraltro Lucco rifiuta anche l’integrazione proposta da alcuni autori riguardo alla scritta sul cartiglio definendole come “inconcludenti”. Egli cita una seconda “versione” (copia) del dipinto che si trova nella collezione Anacleto Frezzati a Venezia, senza però averla vista, in essa si legge chiaramente la scritta: “Sic Genius” [fig. 1], sarà quindi nostra premura integrare le lettere mancanti in questo modo: SIC GI[E]NIUS anche nella versione modenese, e se non bastasse l’errata grafia, diremo che era norma, in un sostrato basso, e da parte di un artista non necessariamente colto, fare errori grammaticali nel latino, che poi, in mancanza di una norma generale, nel Rinascimento ferrarese, e all’alba del XVI secolo, proprio errore non era, visto che la lettera i che segue la g serve solo a enfatizzare la pronuncia dolce della consonante affricativa postalveolare sonora (ʤ), che senza i potrebbe essere equivocata per una occlusiva velare sonora. Quello che Lucco non considera, però, è che nella traslazione di contesti collezionistici, e in particolare in quella seguita alla devolution dell’intero patrimonio mobile estense, era piuttosto semplice che le identificazioni dei soggetti dei quadri fossero passibili di cambiamento, in particolar modo se, supportate da un mito letterario assai in voga, alcune iconografie si prestavano, dopo la morte dell’autore, a tradirne con più efficacia la popolarità. A maggior ragione, considerando il dipinto come un autoritratto, non aveva più senso, dopo la morte dell’autore, conservarne anche il vero soggetto, e la coincidenza di un sorriso (ritenuto all’epoca piuttosto volgare, perché mostrava i denti, come in certi quadri di genere dei Campi) fu il perno sul quale innestare il cambio di soggetto. L’autoritratto giovanile (1510) di Dosso Dossi corrisponde all’epoca della fine della sua formazione artistica e lo ritrae all’incirca all’età di ventiquattro anni. Il cursus studiorum di Dosso fu supportato dal Duca stesso, con viaggi nei centri artistici nevralgici della penisola. Tale ritratto, perdendo ogni valenza ritrattistica e cortigiana, divenne in seguito una sorta di pezzo da galleria, davanti al quale si potevano raccontare ai propri ospiti, divertenti aneddoti letterari: Gonella prese le sembianze di Dosso e lo sostituì. È del tutto plausibile infatti che all’epoca si fosse già persa l’identità del modello nel ritratto e che questa fosse sostituita da un soggetto più divertente, in deroga al bellissimo sorriso della figura. Ma come possiamo meglio argomentare l’identificazione con Dosso di questo giovane dal sorriso turlupinatore (non testimoniata se non da attributi e fattezze somatiche)? Oltre alla notevole somiglianza coi più tardi autoritratti, di cui parleremo più oltre, egli presenta due caratteristiche di notevole importanza: veste un copricapo nero con una medaglia dorata, che lo accomuna a molti altri autoritratti di pittori cinquecenteschi, e in particolare quello di Giovanni Paolo Lomazzo come Abate dell’Accademia della Val di Blenio, [J. B. Lynch, "Giovanni Paolo Lomazzo's Self-portrait in the Brera," GBA, 64, 1964, 189-97]. Sappiamo che Lomazzo, nel suo Trattato [ Trattato, lib. VI, cap. xlvi, p. 413: “sì come fa fede oltra le molte facciate dipinte in Italia da diversi, quella del Palazzo Ducale a Ferrara dipinta da Dosso & suo fratello di bellissime figure, dove con mirabile arte si vede che i termini sostengono l’architrave”], disse molto bene di Dosso. A meglio osservare il dipinto, si scorge un altro particolare in comune: l’ alloro, pianta tipica di artisti e poeti, che nell’autoritratto di Lomazzo è disposto sul cappello, mentre in quello di Dosso è addirittura sottoforma di albero alle sue spalle, le cui foglie sembrano spuntare dalla calotta come piume inserite nella tesa. Ovviamente questo simbolo botanico riporta al concetto di gloria eterna, guadagnata dall’artista in qualità di servitore del suo duca.
Infine sembra che non sia stato notato da nessuno che, con la mano sinistra, il ragazzo tiene una tavoletta, sulla quale è imposto il cartiglio con la scritta di cui abbiamo già parlato. L’attenzione della critica infatti si è concentrata soltanto sull’epigrafe. Questa tavoletta potrebbe essere proprio un supporto pittorico, o persino un libro, considerando che la tela sarebbe stata decurtata, ciò avviene di solito quando si vuole eliminare un attributo e cambiare soggetto a un dipinto, forse, una mano con un pennello. Ma queste sono solo illazioni. Un altro elemento tralasciato dalla discussione è cosa sia dipinto sulla medaglia d’oro (tipico segno di riconoscimento dei pittori) che pende dalla falda ripiegata del copricapo sul lato destro. La presenza di un capretto, invece, mi conforta nella discussione della plausibilità della mia ipotesi, in quanto l’animale torna solo tre volte nelle opere dei Dossi, e credo funzioni come una sorta di firma criptata. Una capra con le mammelle piene di latte e pronte per la mungitura è inserita nel fregio della scala del Castello del Buonconsiglio di Trento [fig. 2], una decorazione a fresco portata a termine da entrambi i fratelli intorno ai primi anni Trenta del Cinquecento, per il vescovo Bernardo Clesio.
Non manca infine un caso in cui (senza ulteriore discussione) si propone il Buffone come un autoritratto giovanile [Mendelsohn, 1914]. Grazie a questo precedente possiamo qui affermare che il soggetto della tela fu cambiato (probabilmente dopo la morte di Dossi) in un più generico ritratto di buffone, grazie anche al fatto che il personaggio sorride in modo piuttosto evidente. Non bisogna dimenticare, comunque, che i Dossi - secondo Baruffaldi - erano “piuttosto cari al Duca per le loro buffonerie” [242]. E questo ritratto si sposa perfettamente col clima allegro e ridanciano della corte ferrarese. Di grande interesse è notare che la provenienza della famiglia dei Dossi da Trento (città con la quale intrattenevano rapporti, che li portarono a decorare il Castello del Buon Consiglio) è una provenienza montana, mentre Ferrara era una corte di pianura per eccellenza, questo potrebbe avvalorare la presenza del capretto in braccio al personaggio, identificandolo giocosamente con il montanaro Zanni, o Vanni, personaggio della Commedia dell’Arte che incarna l’ingenuità volgare e di matrice maccheronica degli abitanti delle valli scesi in pianura per fare fortuna. Questa identificazione corrisponderebbe sia al nome di Dosso, Giovanni, appunto, sia al suo abbigliamento e all’ambientazione pastorale. Non è peraltro casuale che contadini col costume di Zanni siano raffigurati negli affreschi del mese di marzo a Palazzo Schifanoia, da Francesco del Cossa. Una descrizione del quadro infine è sfuggita alla critica, si tratta di un diario di viaggio del critico letterario John Addington Symonds, che riporto qui di seguito:
“In the picture-gallery at Modena there is a masterpiece of Dosso Dossi. The frame is old and richly carved; and the painting, bordered by its beautiful dull gold, shines with the lustre of an emerald. In his happy moods Dosso set color upon canvas as no other painter out of Venice ever did; and here he is at his happiest. The picture is the portrait of a jester, dressed in courtly clothes and with a feathered cap upon his head. He holds a lamb in his arms, and carries the legend, Sic Genius. Behind him is a landscape of exquisite brilliancy and depth. His face is young and handsome. Dosso has made it one most wonderful laugh. Even so perhaps laughed Yorick. Nowhere else have I seen a laugh thus painted: not violent, not loud, although the lips are opened to show teeth of dazzling whiteness; but fine and delicate, playing over the whole face like a ripple sent up from the depths of the soul within. Who was he ? What does the lamb mean? How should the legend be interpreted? We cannot answer these questions. He may have been the court fool of Ferrara; and his genius, the spiritual essence of the man, may have inclined him to laugh at all things. That at least is the value he now has for us. He is the portrait of perpetual irony, the spirit of the golden sixteenth century which delicately laughed at the whole world of thoughts and things, the quintessence of the poetry of Ariosto, the wit of Berni, all condensed into one incarnation and immortalized by truthfullest art. With the Gaul, the Spaniard, and the German at her gates, and in her cities, and encamped upon her fields, Italy still laughed ; and when the voice of conscience sounding through Savonarola asked her why, she only smiled—Sic Genius.”
Dalla lettura del passo risulta chiaro che il Symonds alla data del suo viaggio in Italia (1879), non aveva i problemi di lettura della scritta sul cartiglio, interpretata chiaramente per quello che anche la copia della collezione veneziana testimonia: “sic genius”. La frase significa letteralmente “così il genio”. Di grande suggestione è poi l’interpretazione che viene data da Symonds, non del tutto scorretta.
A questo proposito risulta piuttosto interessante notare che gli studi di Giulio Cesare Scaligero sul De die natali di Censorino, sebbene successivi al nostro dipinto, testimoniano un ampio interesse nei confronti di questo testo. Tale interesse trova la sua più intensa concentrazione proprio alla corte ferrarese, come sappiamo dagli studi di Aby Warburg su Palazzo Schifanoia e sulla Rinascita del paganesimo antico. In particolare è Lilio Giraldi, un umanista ferrarese che nel 1541 pubblica il trattato: De Annis et Mensibus, caeterisque temporum partibus, difficili hactenus et impedita materia, dissertatio facilis et expedita. Eiusdem Calendarium et Romanum et Graecum, gentis utriusque solennia, ac rerum insigniter gestarum tempora complectens, magno tum historiis, tum caeteris autoribus cognoscendis usui futurum, [Basileae 1541] che tratta del computo calendariale. Una delle poche citazioni del sintagma sic genius anteriori alla data del dipinto si trova in un epigramma dell’umanista siciliano Antonio Geraldini.
Seguendo la descrizione di Censorino, sappiamo che il genius è il dio sotto la tutela del quale ciascuno di noi nasce:
“Genius est deus, cuius in tutela ut quisque natus est vivit. Hic sive quod ut genamur curat, sive quod una genitur nobiscum, sive etiam quod nos genitos suscipit ac tutatur, certe a genendo genius appellatur. 2 Eundem esse genium et larem multi veteres memoriae prodiderunt, in quis etiam Granius Flaccus in libro, quem ad Caesarem de indigitamentis scriptum reliquit. Hunc in nos maximam quin immo omnem habere potestatem creditum est. 3 Nonnulli binos genios in his dumtaxat domibus, quae essent maritae, auctores putaverunt; Euclides autem Socraticus duplicem omnibus omnino nobis genium dicit adpositum, quam rem apud Lucilium in libro saturarum XVI licet cognoscere. Genio igitur potissimum per omnem aetatem quotannis sacrificamus, 4 quamquam non solum hic sed et alii sunt praeterea dei conplures hominum vitam pro sua quisque portione adminiculantes, quos volentem cognoscere indigitamentorum libri satis edocebunt. Sed omnes hi semel in uno quoque homine numinum suorum effectum repraesentant, quocirca non per omne vita spatium novis religionibus arcessuntur: 5 genius autem ita nobis adsiduus observator adpositus est, ut ne puncto quidem temporis longius abscedat, sed ab utero matris acceptos ad extremum vitae diem comitetur. Sed cum singuli homines suos tantum modo proprios colant natales, ego tamen duplici quotannis officio huiusce religionis adstringor: 6 nam cum ex te tuaque amicitia honorem dignitatem decus adque praesidium cuncta denique vitae praemia recipiam, nefas arbitror, si diem tuum, qui te mihi in hanc lucem edidit, meo illo proprio neclegentius celebravero: ille enim mihi vitam, hic vitae fructum adque ornamentum pepererunt.”
http://books.google.it/books?ei=2Rt3T7_qB8iKswbAxKiWBA&hl=it&id=nddPAAAAcAAJ&dq=intitle%3Adie+intitle%3Anatali+inauthor%3Acensorinus&q=sic+genius#v=onepage&q=sic%20genius&f=false
http://www.csus.edu/indiv/r/rileymt/PDF_folder/de_genio_Socratis.PDF
[…]
Altri due verosimili [auto]ritratti a mezzobusto, questa volta possibilmente di Battista Dossi, il fratello minore, possono essere riconosciuti sulla base della reciproca somiglianza dei tratti somatici, e vanno identificati in due dipinti che si trovano oggi a Firenze, e a Los Angeles, si tratta rispettivamente del San Giovanni Battista [fig. 3] e del San Giorgio
[fig. 4 http://www.getty.edu/art/gettyguide/artObjectDetails?artobj=134718 ], essi sembrano presentare analogie genetiche col modello dell’autoritratto di Modena, sono leggermente più tardi, e rappresentano il pittore alla svolta della juventus, una delle sette età dell’uomo. Non è un caso che il primo dei due sia da identificare in un San Giovanni Battista, soggetto che gioca anche sull’omonimia del Dosso minore, e potrebbe essere un gioco di allusione retorica tipico della corte estense, (e più latamente delle corti rinascimentali), dove sappiamo che i componenti del seguito del Duca erano spesso celati in personaggi letterarii e ritratti in veste di santi. Un altro elemento che ci permette di identificarlo come un autoritratto nelle spoglie di San Giovanni Battista è il gesto deittico che invece di essere puntato verso il cielo (come spesso avviene) è appoggiato flemmaticamente sul petto, quasi a dire “io”. Un terzo autoritratto con evidente gestualità deittica e a figura intera è rappresentato dal San Giovanni Battista [fig. 5] di Genova (già Coll. Gnecchi) in cui il modello ritratto si sporge verso l’aspiciente in modo piuttosto squilibrato e indica il cielo con un gesto della mano destra, che potrebbe provenire dal prototipo del san Giovanni Battista di Leonardo da Vinci, o da modelli raffaelleschi da esso desunti. Questi ultimi tre dipinti raffigurano lo stesso modello, ma - nella fizzione - diversi personaggi o diversi tagli di inquadratura. L’analisi dei tratti fisiognomici ci spinge a credere che si tratti di una stessa persona. Lo sguardo diretto è inoltre un secondo elemento sintattico che riporta al tema dell’autoritratto in veste di santo.
Infine, è da identificare in un autoritratto di Dosso, in veste di pittore di corte, il personaggio che guarda verso l’esterno nella cosiddetta Allegoria di Ercole degli Uffizi, che presenta una linea ermeneutica piuttosto vessata. Nessuno dei commentatori infatti analizza strutturalmente i singoli elementi in essa raffigurati, cadendo così nel problema della iperinterpretazione. Il primo ad approntare uno studio monografico del dipinto è Gibbons, prima in un articolo, poi in un capitolo della sua monografia sui fratelli Dossi, che riprende l’articolo già pubblicato. Calvesi si distanzia dall’interpretazione del dipinto come un’Allegoria di Ercole, attribuendo indimostrabili valenze dionisiache. Infine Lucco e altri riprendono le idee dei precedenti studiosi, facendo una sintesi delle loro ricerche.
Né l’iconografia di Bacco, né quella di Ercole possono essere giustificate dalla totale assenza degli attributi di riconoscimento: il personaggio seduto, con le spalle scoperte, che tira una sfera verso di sé, e indossa una corona di rose, identificato da Gibbons con Ercole (ed Ercole II d’Este), non può essere un ritratto del Duca, in quanto, all’epoca, egli avrebbe avuto una trentina d’anni [cfr. Lucco scheda 42, p. 219: “non sfugge allo studioso…a petto d’un duca giovane, atletico, vitale, qui si vede rappresentato un Ercole vecchio, debilitato”], né può essere identificato con l’eroe mitologico in quanto manca dei principali segni di riconoscimento: la leontea e la clava. Tantomeno si può pensare (neppure con uno sforzo di fantasia) che si potesse scambiare il personaggio per Bacco, ché non ha né vino, né uva, né corone di pampini o d’edera, e soprattutto ha la barba bianca, caratteristica che a quanto mi consta sarebbe un hapax nell’iconografia del dio del vino. Si può spiegare la suggestiva caduta ermeneutica di Gibbons che pubblica il suo studio nel 1965, con l’influenza molto intensa che nel pensiero iconologico, a Princeton, poteva avere il saggio di Panofsky su Ercole al bivio: [Hercules am Scheidewege und andere antike Bildstoffe in der neueren Kunst, Leipzig Teubner, 1930] e con una sua impermeabilità all’idea di cercare le identità dei personaggi nei quadri, che lui stesso definisce in altri casi “intrinsically unlikely” [Cfr. Gibbons, scheda 107, p. 230].
Ciò che va messo in atto per leggere il significato di una simile immagine è l’analisi della struttura del dipinto; si tratta a primo acchito di una scena di genere, ma dalle connotazioni squisitamente cortigiane. La presenza di elementi cortesi infatti riporta al clima delle arti che fiorivano alla corte estense, al collezionismo di animali rari, per cui Alfonso aveva una vera passione, e alla questione dinastica della fertilità. Se partiamo dall’alto a sinistra troviamo un uomo vestito elegantemente, che guarda verso il pubblico, egli stringe con la mano una corona di pampini, mentre sulle sue ginocchia è disposta una capra Jamnipari, probabilmente di sesso maschile. Marco Masseti, zoologo dell’università di Firenze mi scrive: [Ti confermo che la capra che mi hai mandato è di origine indiana. Si tratta di un maschio (vedi cornetti), forse adulto, di razza Jamnapari, diffusa nell'Uttar Prardeh. E' all'origine dell'attuale razza anglo-nubiana, dova anche i maschi sono acorni.]. Tale identificazione ci permette di avvalorare l’identificazione di Dosso nel personaggio che guarda verso l’esterno, essa infatti riprende il precedente autoritratto in veste di giovane artista, che abbiamo testé analizzato, e condivide con esso l’attributo di riconoscimento: il capretto. Essa non sarà quindi un simbolo di lussuria come è stato più volte erroneamente ipotizzato, ma un vero e proprio attributo di riconoscimento. Come abbiamo visto Dosso era noto a corte non solo come pittore, ma anche per le sue buffonerie, e ciò riporta al personaggio dello Zanni, che condivide con lui le origini montane e una sorta di maschera arcadica di pastore. I pastori oltre a produrre latte e carne avevano la possibilità di commerciare con le pelli degli animali macellati, che in ferrarese erano detti “dossi” (cfr. Voci di terre estensi : glossario del volgare d'uso comune (Ferrara - Modena) da documenti e cronache del tempo secoli XIV - XVI, Fondazione di Vignola. Giuseppe Trenti. Iconografia a cura di Achille Lodovisi, Vignola, 2008, p. 214, s.v. “do[s]so”). Non è da escludere che i Dossi integrassero la loro attività di pittori con quella di conciatori di pelli o pergamene, e che avessero preso questo soprannome dalla loro attività, anche solo nella finzione sociale cortigiana. Ma anche queste sono illazioni. Sta di fatto, però, che il tipo di capra raffigurata è piuttosto raro, e diffusamente raffigurato come elemento prezioso ed esotico in diversi dipinti e opere d’arte dell’epoca. In particolare in alcuni teleri di Carpaccio (storie di san Gerolamo) e in un bronzetto di Andrea Riccio (Giove che munge la capra Amaltea).
Potrebbe trattarsi di un dono del Duca a Dosso per i suoi servigi, sappiamo infatti che il pittore era particolarmente benvoluto, un dono che gioca comunque sulla sua identità letteraria di montanaro arcade sceso alla corte ferrarese. Altresì i due autoritratti costituiscono per la ripresa del sintagma autoritratto/capra una coppia: il primo raffigura l’artista giovane appena giunto a corte dopo il suo periodo di formazione, l’altro invece raffigura l’artista a corte, in un ritratto di famiglia. Analizzare la propriocezione dell’artista in questo secondo caso è di fondamentale importanza: la possibilità di ritrarsi come artista di corte, mentre tiene in mano una corona vegetale (di vite e non di alloro) ci testimonia il desiderio di eccellenza di Dosso, come artista ufficiale, che compare in un ritratto della famiglia d’Este, tutto giocato sull’umorismo che lo contraddistingueva. In secondo luogo, comparire come un personaggio che porta in braccio una capretta in un contesto faceto, e con un sorriso bonario, ci trasmette la sua soddisfazione per ciò che egli ha raggiunto, a pochi anni dalla morte, e al tempo stesso l’onore di poter essere parte della famiglia ducale, non tanto come un pari, quanto piuttosto come un famiglio. Inoltre, se ci fossero ancora dubbi sull’autografia di Dosso Dossi per questo dipinto, la sua firma figurata, cioè l’autoritratto stesso, li fugherà completamente.
Gli altri personaggi vanno identificati sulla base delle somiglianze e delle età, che essi avevano in corrispondenza della data assegnata al dipinto (1540-2). A quell’epoca Alfonso I era deceduto, e non è una coincidenza trovarlo in veste all’antica, che tira a sé una palla di cannone. Gibbons ha ipotizzato che si trattasse di un martello e della relativa attività atletica, che tuttavia fu rifondata soltanto nel 1910 [Gibbons, art. p. 493: “On the table is a mask and a tambourine, as well as two stone balls, at least one of them yoked to a cord, like the device used in the event of a track meet known as the hammer throw” nel libro p. 98]. Conosciamo invece la passione per la balistica di Alfonso, che vinse la flotta veneziana grazie alla avanzata tecnica balistica dei suoi cannoni, prodotti proprio a Ferrara. Le due sfere corrispondono in grandezza e in materiale (pietra) alle palle di cannone, usate nelle battaglie del Cinquecento. Non è un caso che diversi ritratti di Alfonso, di mano dello stesso Dossi, o copie da originali, raffigurino sempre il Duca con una mano sulla bocca di un cannone e alle spalle un campo di battaglia. È possibile che, non potendo inserire un cannone in questo contesto, Dosso abbia deciso di caratterizzare il personaggio di Alfonso con una coppia di palle di cannone, che descrivevano in modo altrettanto sagace una delle sue principali passioni. Alfonso era già morto da sei anni nel 1540, ma la somiglianza con la ritrattistica nota è davvero sorprendente. La barba grigia, il naso con una sorta di allargatura in corrispondenza del setto (tipico di tutta la famiglia) denotano una conoscenza del modello da parte di Dosso, che aveva lavorato per lui, e una probabile trasposizione su tela di una maschera funebre [??].
Dalla sua posizione di profilo che lo distingue strutturalmente da altri personaggi, che non lo sono, possiamo dedurre che il taglio laterale sta a significare che il personaggio era già deceduto all’epoca del ritratto. Questa ipotesi è confortata da altri due volti: quello soprastante di Ercole I d’Este, che richiama in maniera sorprendente le fattezze fisiognomiche dell’avo della famiglia. Non è un caso che egli sia disposto al di sopra di Alfonso, ma a lato di Ercole II, con il quale condivide il nome. In ogni caso, essendo nato nel 1490 ca. Dosso avrebbe potuto comunque conoscerlo prima della morte, avvenuta quando egli aveva circa 15 anni, nel 1505.
La medaglistica e alcuni ritratti in marmo (oggi al Louvre), altresì di profilo, ad opera dello scultore di corte Sperandio Savelli, ritraggono Ercole I d’Este con una quasi totale sovrapponibilità col personaggio che sta di fronte all’autoritratto di Dosso, e anzi restituiscono il colore che invece non fa parte della ritrattistica bronzea o marmorea.
Dietro Ercole I è invece un personaggio con barba lunga e castano scura, che sorride e rivolge lo sguardo verso Alfonso. Si tratta di Ercole II, suo figlio e legittimo erede, che allora aveva circa 32 anni, età che corrisponde con le sembianze del personaggio, e che era Duca di Ferrara. Egli non presenta attributi, se non la vicinanza con la consorte, Renata di Francia, che sta quasi nascosta sotto di lui. Ai suoi lati invece si possono identificare i due fratelli, tutti gli eredi sono accomunati dallo sguardo rivolto al padre: Francesco d’Este, duca di Massalombarda, di circa 24 anni, che tiene in mano un fuso con un rametto di sambuco, e che nella riflettografia era stato originariamente dipinto con un’armatura (egli infatti intraprese la carriera militare). È essenziale dire che il fuso con la stecca e la matassa di lana, così come il ramo di sambuco su di esso inserito alludono più che all’iconografia di Ercole e Onfale, alla quale sono stati messi in relazione, all’uso popolare di fare dono di questi oggetti alle future spose. La provenienza della consorte di Francesco, la vedova Maria di Cardona, marchesa di Padula, nel Principato di Citra e contessa di Avellino, avvalora questa suggestiva ipotesi, in quanto come è noto la regione era in origine abitata dalle famose streghe di Benevento [Paolo Diacono, Hist. Lang.]. Il loro matrimonio si svolse nel 1536, con il beneplacito di Carlo V [DBI, s.v. Francesco d’Este, p. 346]. Francesco presenta una straordinaria somiglianza con il più invecchiato ritratto noto ad acquerello [F. Rodi, Annali(Ms. Classe I, 645) Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea]. È inoltre possibile che l’attributo del fuso alluda al fatto che più d’una volta Francesco recitasse nelle commedie che si allestivano a corte, con un senso di rovesciamento carnascialesco tipico di queste manifestazioni. Alla sinistra di Ercole II si trova Ippolito I d’Este, di 31 anni, che all’epoca era già stato nominato cardinale, e che prediligeva i tessuti cremisini che indossa, con la barba e i capelli castano rossicci, e che corrisponde ai ritratti noti che sono giunti fino a noi, nonostante non ne esistano di lui così precoci. Anche il cane maltese che probabilmente Ippolito tiene in braccio allude al concetto di fedeltà [???].
Rimangono solo le due donne: una, Renata di Francia, quasi sommessa, al di sotto del proprio marito all’età di trent’anni, unita in un legame matrimoniale, che è anche di prossimità; l’altra, invece, con il seno nudo e un coltello in mano rivolto verso il proprio cuore, e un piatto di frutta. Il coltello allude all’iconografia di Lucrezia, e quindi alla sua identità: si tratta infatti della Borgia, moglie di Alfonso I d’Este, e madre dei tre rampolli presenti nel dipinto. Non è un caso che ella sia ritratta di profilo in quanto all’epoca era già deceduta (già dal 1519), ed è per così dire congiunita al marito dalla corda, che è legata alla sfera di pietra, disposta sul tavolo. Di fronte a lei stanno anche una maschera e un tamburello, simboli di musica e teatro, che fiorirono alla sua corte. Il tamburello è in particolare uno strumento femminile, che si addice alla duchessa. Il piatto di frutta che tiene con la mano sinistra allude certamente alla sua fertilità, che diede al consorte i tre eredi maschi, qui effigiati. I ritratti delle donne risultano meno caratterizzati dal punto di vista somatico, ma sono identificabili grazie alla prossemica e al rapporto con altri personaggi maschili. Dopotutto, quello della donna in particolare era un ritratto che alla corte di Ferrara incarnava un archetipo di bellezza omologata, pensato per esprimere caratteristiche morali più che somatiche. Si pensi ai ritratti di Laura Dianti di Tiziano, e alla vicinanza di questi ultimi con un tipo di ritratto femminile quasi universale. Non deve stupire il fatto che il seno di Lucrezia sia scoperto, anche questo escamotage è finalizzato a simboleggiarne la fertilità, peraltro già più volte adottato dalla ritrattistica ufficiale. Quello di renata di Francia invece è coperto dalle figure che si trovano di fronte a lei, forse anche per simboleggiare il suo rigore calvinista.
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5 Motivi Genuini per Ottenere un Taglio Ronzio
Siamo hung-up sui capelli. Gli uomini non piace ammetterlo, ma ci sono. Fate un rapido scorrere il Beardbrand Canale YouTube, e vedrete che è proprio lì in quei commenti, in bianco e nero. Abbiamo forti opinioni su ciò che gli altri uomini devono e non devono fare con i loro capelli. Forse ci proietta nostra hang-up e le credenze su ciò che si dovrebbe e non dovrebbe fare con i nostri propri capelli.
Siamo stati cresciuti con culturale capelli norme radicata—letteralmente—nelle nostre teste. In fondo, i nostri capelli hanno un impatto come ci sentiamo su di noi, forse più di ogni altra parte del nostro corpo.
La nostra fiducia è profondamente radicata come la nostra acconciatura. Quante volte avete in programma un appuntamento con qualcuno intorno a un taglio di capelli? O, in ritardo, ha detto la data fino a quando si potrebbe ottenere un taglio di capelli?
L'inferno, un parrucchiere ha commissionato un'indagine di 10.000 uomini Europei. I risultati? “Molti uomini sarebbe meglio avere un pene piccolo di andare calvo.”
Sì, abbiamo cura dei nostri capelli. Perchè allora, chiunque nella loro giusta mente—e con una testa piena di capelli effettivamente optare per un taglio ronzio?!
Beh, si può pensare di cinque motivi per considerare un taglio ronzio, taglio di equipaggio, o simili, a breve su tutto il taglio per il vostro prossimo taglio di capelli—anche se non sta perdendo i capelli. Ci sarà anche cadere alcuni suggerimenti su come ottenere il perfetto taglio ronzio, bava di taglio o taglio di equipaggio per la vostra forma del viso.
5 MOTIVI PER OTTENERE UN TAGLIO RONZIOUN TAGLIO RONZIO CONSENTE DI REINVENTARSISe la fiducia è così serrato per i nostri capelli, quindi ciò significa che il nostro ego è troppo. Il taglio ronzio, quindi, è la possibilità di rimuovere il velo di vanità che siamo così spesso appesantite dalle.
Guarda, servizi igienici campo a parte, c'è un motivo per il militare ronza la testa di ogni nuova recluta—rimuove o almeno riduce individualità—rafforzare la singolarità dell'unità. Allo stesso modo, monaci Tibetani buzz loro teste come un modo per prendere le distanze dalla vanità e l'ego.
Pensate, quante volte al giorno si fa a controllare i vostri capelli nello specchio il riflesso della vetrina di un negozio? Spendiamo un sacco di tempo a scrutare il nostro aspetto fisico. I nostri capelli è una grande parte di questo.
Dalla tosatura di una delle nostre più coccolato-sulle caratteristiche, il taglio ronzio ci permette di rimuovere alcuni dei nostri focus esterno e ruotarlo verso l'interno. Si tratta di una possibilità di ricominciare da zero; per distruggere e ricostruire.
È facile battuta sul drastica post-rottura tagli di capelli che le donne spesso, però, sarebbe negligente di agire come gli uomini non fanno drastica cose con i loro capelli durante i momenti difficili. Mentre questo in genere comporta la crescita della nostra barbe e capelli lunghi, un taglio ronzio di un importante cambiamento radicale che raggiunge lo stesso risultato di reinventarsi.
Capelli cambia il modo in cui ci sentiamo su noi stessi. Prendendo clippers a partire da zero può essere catartico.
UN TAGLIO RONZIO PUÒ CAMBIARE LA PERCEZIONE DELLA GENTE DI SICapelli è una delle prime cose che notiamo su un'altra persona, e noi inconsciamente—e a volte consapevolmente—formulare la nostra opinione iniziale di qualcuno sulla base dei loro capelli. Naturalmente, altri fattori influenzano le nostre prime reazioni di persone così, ma i capelli è sicuramente una parte dell'equazione.
Quando si tratta di capelli e altre percezioni, una delle domande più frequenti è se le donne sono più attratte da uomini con pochi capelli che gli uomini con i capelli lunghi. Non c'è una chiara risposta, e se si cerca in internet abbastanza a lungo, è possibile trovare i dati per supportare entrambe le direzioni.
Detto questo, c'è un sottoinsieme della popolazione che considera gli uomini con i capelli corti più maschile e più attraente. E, alcune donne dicono che sono spenti da un uomo che passa troppo tempo sui suoi capelli.
Parlando di spendere troppo tempo su capelli...
BUZZ TAGLI SONO A BASSA MANUTENZIONEIl taglio ronzio drasticamente riduce il tempo necessario per prepararsi. E ' il massimo in assenza di una manutenzione acconciatura.
Si poteva letteralmente rotolare fuori dal letto e saltare la doccia. Nessuno sarà il più saggio—fintanto che non saltare la doccia troppi giorni consecutivi.
Anche quando fai la doccia, non c'è bisogno di spendere tempo condizionata, blowdrying, o stile.
In estate (o in vacanza), è possibile passare facilmente dalla spiaggia alla piscina, al bar, senza dover prendere alcun tempo fuori della vostra giornata per modificare lo stile dei capelli.
Non è necessario preoccuparsi di una giornata di vento che scompiglia i capelli. Si può rotolare le finestre sulla strada senza subirne le conseguenze capelli.
I vostri amici vi chiedete a strofinare la testa per buona fortuna, e bene, il tuo stile non soffrire a causa di esso.
BUZZ TAGLI RISPARMIARE DENAROGli uomini spendono più soldi in prodotti per la cura che mai, e la verità è, più a lungo i capelli ottiene, il più costoso diventa per farlo sembrare grande.
I capelli più lunghi significa che utilizza più della vita di tutti i prodotti per capelli per avere lo stesso effetto. Inoltre, la qualità dei prodotti utilizzati realmente fa una differenza significativa nel modo in cui il capello si presenta e si comporta. Cercando di domare e di stile di capelli lunghi con prodotti a basso prezzo in grado di scoraggiare la maggior parte degli uomini dà i capelli lunghi un vero e proprio provare.
Come Trav Bianco e Greg Berzinsky sottolineano nel loro video, 5 motivi per cui odio avere i capelli lunghi, si può davvero drenare il vostro portafoglio.
Il taglio ronzio, invece, quasi completamente elimina la necessità per la maggior parte dei prodotti. Non hai bisogno di usare un condizionatore su un taglio ronzio. E prodotti per lo styling? Inutile.
È possibile applicare un po ' di Utilità Balsamo per cuoio capelluto per mantenere la pelle morbida e idratata, ma più che altro, l'unico prodotto avrete bisogno di usare di più è la protezione solare.
BUZZ TAGLI PUÒ NASCONDERE IL GRIGIOPer la maggior parte degli uomini, i capelli grigi cominciano ad apparire di età compresa tra i 34 e i 44. Tuttavia, questi radi peli tendono ad essere evidente quando il pelo è più lungo. Quando i capelli ronzavano breve, è quasi impossibile da individuare eventuali grigio outlier a meno che non siete già andati completamente in argento.
Se ti senti subconscio di andare grigio, il ronzio può ritardare il noticeability per un po'.
TIPI DI BUZZ TAGLIOra che abbiamo dato 5 motivi per prendere in considerazione un taglio ronzio diamo uno sguardo alle diverse buzz taglio stili a tua disposizione.
IL TAGLIO RONZIO AKA L'INDUZIONE DI TAGLIOTradizionalmente, il taglio ronzio che è fatto senza guardia i clippers, e il pelo è tagliato per essere la stessa lunghezza di tutto. È il più breve si può andare senza prendere un rasoio per la testa. È il più estremo del buzz tagli, e se siete alla ricerca di un nuovo inizio, questo è un totale pulsante di reset.
Il taglio ronzio marche al passo con i militari evoluzione. Può essere fatta risalire, almeno nella storia Americana—Washington governare standard per l'Esercito Continentale durante la sua nascita, nel 1775. Tuttavia, il taglio ronzio non è diventato lo standard militare fino alla 2 ° Guerra Mondiale.
Da allora, il taglio ronzio è diventato parte della induzione in campo militare, che è dove il nome di “induzione taglio” deriva dal.
LA BAVA DI TAGLIOIl burr taglio è fatto con la 1, 2, o 3 guardie sui clippers. Lascia un po 'più di tempo di quanto il taglio ronzio, il che rende un po' meno estrema. La bava di taglio è tradizionalmente la stessa lunghezza su tutta la testa, ma burr tagli con una pelle di dissolvenza o bassa conicità sono più popolari varianti.
IL BUTCH TAGLIOIl butch taglio è il più lungo, di pari all-over ronza ed è fatto con un 4 guardia sui clippers. I capelli sono ancora mobili, e se avete i capelli ricci, il butch taglio lascia ancora un po ' di quantità di texture. Con un butch taglio, c'è ancora abbastanza capelli che una piccola quantità di Styling Balsamo possono aggiungere volume e la forma se ne avete bisogno.
IL TAGLIO DI EQUIPAGGIOIl taglio di equipaggio si dice essere stato chiamato dopo Ivy League vogatori nel 1930. Si differenzia dal taglio ronzio, che è la dissolvenza sul retro e sui lati, lasciando più di lunghezza sulla parte superiore. Per un tradizionale taglio di equipaggio, si dovrebbe andare con butch lunghezza e 4 di guardia in cima sbiadito nei lati più corti.
Check out questo barbiere video di un classico taglio di equipaggio.
Ci sono un paio di altre varianti del taglio di equipaggio, tra cui l'alto e stretto, il taglio ronzio dissolvenza, e la superficie piana.
Alto e stretto Un taglio di equipaggio con molto più alto e molto più alto di dissolvenza. È come un undercut, ma senza i capelli lunghi a coprire tutto il lato. Simile per l'induzione di taglio, alta e stretta, ha un look militare ad esso.
Il taglio ronzio fade Un taglio ronzio o burr cut, con una dissolvenza è uno dei più popolari acconciature. C'è ancora abbastanza contrasto tra la parte superiore e sui lati per evitare di guardare come una palla da tennis, ma con tutte le facilità di manutenzione del buzz.
Il taglio ronzio fade sembra migliore, con una pelle di dissolvenza sul lato, soprattutto se i vostri capelli è più leggero. Questo consente ancora ottenere una buona quantità di contrasto.
Check out questo barbiere video di Eric Bandholz il taglio ronzio di dissolvenza. Notate come la parte superiore è conservato un po ' di più per consentire di contrasto in più. Con i capelli scuri, si può andare ancora più in alto, come dimostrato in questo taglio ronzio dissolvenza con l'aggiunta di un chirurgico linea.
La superficie piana La superficie piana popolarità a spillo nel 1950. Era quanto di più Americano di un taglio di capelli, come si potrebbe ottenere. Johnny Unitas, forse il più importante viso in pro di calcio, al momento, sfoggiava uno, e il cantante country George Jones mantenuto la sua cima piatta in anni ' 60. È difficile non pensare al classico, a superficie piana, se si pensa di baseball, hot dog, e torta di mele.
Come Elvis Presley tolse e la Beatlemania invaso gli stati, rock n ' rulli superò il loro cime piatte, e pompadours prese il sopravvento. Con anti-guerra sentimenti in aumento nel Corso del 1960 e ' 70, il taglio ronzio (e flattops) è diventato un simbolo della creazione. La maggior parte dei giovani abbandonati in favore di shag e tagli di capelli lunghi.
La cima piatta, alta e dissolvenza, è diventato un importante taglio di capelli tra uomini Neri nel corso degli anni 1980 e primi anni 1990. È diventato un punto di riferimento dei primi giorni di hip hop e potrebbe essere visto sulla notevole stelle che vanno da Big Daddy Kane per il Principe.
Abbiamo visto una ripresa di flattops negli ultimi anni, in concomitanza con la crescente popolarità dei classici degli anni ' 90 stile.
BUZZ TAGLI E LA FORMA DEL VISOUn sacco di ragazzi rinunciare al taglio ronzio, per paura che essi hanno un grumoso o dispari-a forma di testa. La verità è, alcune forme del viso (ma non molti) dovrebbe probabilmente passare nel più breve buzz tagli per evitare di guardare come un uovo, o un alieno.
Molti di noi hanno buzz tagli quando siamo stati a otto o nove anni, in un momento in cui il nostro proporzioni erano tutti fuori whack—stiamo parlando di orecchie troppo grandi per le teste e teste troppo piccolo per i corpi. Anni di duraturo coloro mamma-somministrato estate buzz tagli potrebbero essere stati sufficienti a dissuadere da sempre considerando lo stile di nuovo. Abbiamo capito.
Ma, ora che la tua testa è un po ' più proporzionata, vale la pena di dare un taglio ronzio o taglio di equipaggio di una seconda possibilità. E, le probabilità sono il vostro capo non è che tutti i grumi.
Ci sono, tuttavia, specifiche forme di viso che di lavoro migliori per un brusio, burr, o butch taglio. Se non siete sicuri di ciò che la vostra forma della testa è, check out questa guida pratica L'Arte della Virilità.
Come un riassunto, ci sono sei forme del viso:
OvaleOblungo/RettangoloGiroPiazzaDiamanteTriangoloIn genere, l'obiettivo di scegliere un taglio di capelli centri intorno creando un aspetto ovale del viso.
Quelle ovali, oblunghe, volti in genere hanno più libertà di provare diverse acconciature, perché più o meno, che ovali, oblunghe, forma viene mantenuta indipendentemente dal taglio di capelli.
Quando si tratta di buzz tagli, può funzionare molto bene per tutte le forme del viso, con l'eccezione di triangoli là fuori. Caratterizzato da un ampio e mandibola prominente, e la fronte stretta, un taglio ronzio su un viso triangolare è andare a dare un definitivo uovo look.
Facciamo abbattere da forma.
Ovale Brusio lontano. Qualsiasi lunghezza buzz, burr, butch, e taglio di equipaggio sembra grande.
Oblungo/Rettangolo, Se hai quello classico a forma di uovo, andare con un più buzz in cima, come una sbavatura o butch taglio. L'aggiunta di un basso cono può aiutare a ridurre a forma di uovo troppo. Un taglio di equipaggio è una grande opzione qui. Evitare l'alta e stretta come che sta andando davvero disegnare messa a fuoco per la ristrettezza della tua corona. Il rovescio della medaglia, se la mascella è più stretto di fronte, un taglio ronzio può lasciare cercando come un alieno. Fortunatamente, è possibile aggiungere una barba di compilare la vostra mascella.
Giro Buzz, burr, e butch tagli tutti di grande lavoro per il turno di facce. Per il taglio di equipaggio, prendere il fade un po ' di più per dare un aspetto ovale.
Piazza Buzz, burr, e butch tagli tutti di grande lavoro per i volti quadrati. Per il taglio di equipaggio, prendere il fade un po ' di più per dare un aspetto ovale.
Diamanti, Un classico taglio di equipaggio è un'ottima opzione per chi ha un viso a diamante. La lunghezza in eccesso sulla parte superiore con un livello medio di dissolvenza aiuta a dare un aspetto più arrotondato.
Triangolo Per gli uomini con facce triangolari, in genere si desidera mantenere i lati più, che non si presta particolarmente bene per il taglio ronzio. Se avete intenzione a breve, bastone con una butch lunghezza di taglio, e se l'aggiunta di un cono, di tenere molto basso.
BUZZ TAGLI E BARBEUn taglio ronzio combinato con un sostanziale barba è uno dei nostri look preferiti, e va un lungo cammino per aiutare a non apparire come un extra in Full Metal Jacket.
Di nuovo, la vostra forma del viso dovrebbe fattore nel vostro stile di barba decisione.
Ovale Uomini con il viso ovale sono abbastanza libero sfogo quando si combinano la barba con un taglio ronzio. Andando con sei mesi di alimentazione barba sembra grande. Però, Eric Bandholz rende il cantiere impressionante con un basso conico bava di taglio. Di nuovo, il vantaggio di avere una forma ovale del viso è che tutto ciò che tende a lavorare.
Oblungo/Rettangolo Simile a l'ovale, ma evitare di andare troppo a lungo con la barba. Conservare in azienda per potere barba lunghezza; in caso contrario, si corre il rischio di davvero accentuando la tua lunga e stretta, la forma della testa. Se la fronte è più piccolo della tua mascella, tenere la barba che da troppo rotonda sulle guance. Se la mascella è più sottile rispetto la tua fronte, mantenendo la barba un po ' più rotondo aiuterà a compilare il tuo volto.
Round aziendale a potenza-lunghezza barba funziona alla grande sul giro facce. Avere il vostro parrucchiere cono guance per tenere la barba che da troppo rotondo. Tenere la barba un po ' più stretti in fondo, per contribuire a dare una aspetto ovale.
Piazza Tenere la barba un po ' più corto e più rotondo in basso. Chiedi al tuo parrucchiere per dissolvere le guance di tenere la barba da aggiungere troppa larghezza di lì.
Diamante Aggiunta di una barba di un diamante a forma di viso è una buona mossa, in quanto aiuta ad ammorbidire i bordi della mascella. Sei sicuro di aggiungere la lunghezza qui, ma evitare di essere troppo appuntite e con la barba. Il tuo viso è abbastanza angoli, non c'è bisogno di aggiungere altro.
Triangolo Mantenere una leggera barbetta accentuare la mascella, senza aggiunta di più di massa anche in questo caso.
SI POTREBBE ANCHE GODERELa Guida Definitiva per le Triglie C'è un IDGAF atteggiamento circa la triglia che amiamo. C'è una sfida per la libertà di spingere i confini. È questo lo stile giusto per te? Scopri come aumentare le dimensioni e lo stile fresco, moderno, triglia.
25 Esperti Cura dei Capelli Consigli per gli Uomini: Come Prendersi Cura dei Tuoi Capelli non C'è dubbio che un uomo di capelli è una parte importante del suo aspetto generale. C'è così tanto da prendere in considerazione in stile, lunghezza, quando tagliare e quali prodotti utilizzare. Parleremo di tutto, da come prendersi cura dei capelli quotidianamente, come migliorare la qualità dei capelli, e cosa fare (e non fare) quando stai lasciando crescere i capelli fuori.
La Guida Definitiva per gli Uomini Prodotti per Capelli (Ogni Tipo, ha Spiegato), Non importa che tipo di capelli hai, si sta andando ad avere bisogno di qualche aiuto nella ricerca di un taglio sopra il resto. Certo, un esperto parrucchiere è un must, ma utilizzando i prodotti giusti per i capelli è altrettanto importante. Gli uomini prodotti per capelli sono venuto un senso lungo e c'è qualcosa per tutti.
TL;DRIl classico taglio ronzio non è solo per bambini di otto anni, enlistees, e gli uomini con diradamento dei capelli. Infatti, possiamo pensare di 5 solidi motivi per falciare il dome, anche se hai una testa piena di capelli.
Un taglio ronzio permette di reinventare se stessi.Un taglio ronzio può cambiare la percezione della gente di si.Un taglio ronzio è un taglio di capelli di manutenzione.Un taglio ronzio di risparmiare denaro.Un taglio ronzio può nascondere i capelli grigi.Se stai pensando di ottenere un taglio ronzio, si evidenziano i diversi tipi e modalità di approccio è basato sulla forma della testa, in modo da non finire per sembrare un alieno.
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