#massimo magee
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musicmakesyousmart · 2 years ago
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Massimo Magee - Minimal Remixes
Poverty Electronics
2023
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datewithdeath · 2 years ago
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Listen/purchase: Ele1 (feat. Massimo Magee) by datewithdeath
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somebaconlover · 2 years ago
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A Clockwork Orange (1971)
Directed by Stanley Kubrick
Cinematography by John Alcott
Starring Malcolm McDowell, Patrick Magee, Michael Bates, Warren Clarke and John Clive
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"When a man cannot choose he ceases to be a man."
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downthetubes · 6 years ago
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Wildcat, one of Fleetway's last boy's adventure comics, to be collected
Wildcat, one of Fleetway’s last boy’s adventure comics, to be collected
The cover of the Wildcat Preview Comic given away with titles such as 2000AD and Eagle in advance of launch
Rebellion are to publish a collection of strips from Wildcat, Fleetway’s short-lived, last real attempt at a fortnightly boy’s adventure comic, launched in 1988.
There’s also a mention on Amazon for another Jinty collection, Fran from the Floods.
Published by Fleetway between October 1988…
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cosmic-navel-gazin · 3 years ago
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@dongtopus​ Oh boy oh boy, fasten your seat belt sir!
I’ll just go with the second question first and say: YES! This happens to me all the time! I distinctly remember this one time many years ago that really irked me. I was watching Barry Lyndon and this guy played by Patrick Magee suddenly appears:
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Basically the only difference was the placement of the beauty spots. I shook my fist at Kubrick, I was in awe at first but then so pissed for a while that he beat me to it lmao.
Back to the first question, here’s the the first neat faces that popped into my head:
Max von Sydow
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Basil Rathbone, I want his smug bastard energy
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Speaking of bastard energy, Siân Phillips and Glenn Close
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Our man Ian Mckellen
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Gael García Bernal put a spell on me and I’ve never been the same since
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Javier Bardem (that profile one!)
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Jeremy Brett
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These three...Omar Sy, Olivia Colman and Toni Servillo... their faces in general, but the million dollar smile just, arghh I want to capture that
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“poor lil meow meows” category: Zbigniew Zamachowski  and Anatoliy Solonitsyn
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Juliette Binoche
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Charles Dance
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Roger Hammond, Geoffrey Palmer, Cyril Shaps in   The Madness of King George (1994)
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John Hurt and Richard Harris, the last two are of them in The Field (1990)
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Philippe noiret and Massimo Troisi, love their contrast in Il Postino (1994) on the last pic
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Willem Dafoe
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Jonathan Pryce
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Rachel Weisz
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Peter O’Toole
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Peter Vaughan
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Daniel Day-Lewis
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Rui Rezende, here playing a romantic well-read werewolf in a renown brazilian soap opera: 
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The Name of the Rose (1986), the monks there is the gift that keeps on giving for me. I have nothing but love for all the diffferent and excentric looking characters  be it well known actors or lesser known,only appear for a couple of shots figures in the background
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Ivan the Terrible (1944) is also a gold mine for tons great and distinct looking faces
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I love this fella over here he looks like a small bird of prey
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Bonus: Kapellmeister Bonno from Amadeus (1984) played by Patrick Hines. He has the best facial expressions and reactions, every time... I can't take my eyes off him
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beavakarian · 5 years ago
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MORE THAN A TRICKSTER - ATTO XVIII (ITA)
Autore: maximeshepard (BeatrixVakarian)
Genere: Mature
Pairing: Loki/Thor
Sommario: questo è il mio personale Ragnarok. Si parte e si finirà alla stessa maniera, alcune scene saranno uguali, altre modificate, altre inedite. Parto subito col precisare che qui troverete un Loki che non ha nulla a che fare con il “rogue/mage” in cui è stato trasformato in Ragnarok, e un Thor che si rifà a ciò che abbiamo visto fino a TDW.
Loki e Thor sono stati da sempre su due vie diverse, ma quando il Ragnarok incomberà inesorabile su Asgard, le cose cambieranno. Molte cose cambieranno.
Capitoli precedenti: Atto I - Atto II - Atto III - Atto IV - Atto V - Atto VI - Atto VII - Atto VIII - Atto IX - Atto X - Atto XI - Atto XII - Atto XIII - Atto XIV - Atto XV - Atto XVI - Atto XVII
@lasimo74allmyworld @piccolaromana @miharu87 @meblokison @mylittlesunshineblog
Nda: HALP. E’ stata un’estate assurdamente impegnativa, ma sono in ferie. E la storia è quasi finita... Ci tenevo a postare, almeno in italiano, il nuovo capitolo prima di partire per Lanzarote - luogo in cui spero di finire la storia. ^^ Ormai manca poco. Due o tre capitoli, al massimo, dipende dall’ispirazione e se considererò una scena oppure no - potrebbe esserci un capitolo bonus.
Nel mentre... Godetevi il freddo. :p E grazie ancora, infinitamente per il supporto! <3
- Atto XVIII -
Sif riusciva a malapena a respirare. Si era gettata in avanti, obbediente, affiancando Heimdall nell’arduo compito di fermare l’avanzata di parte dei Non Morti e non si era voltata verso il suo Principe, fino a che ogni segno di attività da parte dei nemici atterrati fosse cessato.
Nei diversi secondi che scorsero inesorabili, aveva avvertito unicamente una sferzata di aria gelida, una luce azzurra e intensa e un rumore di un raggio, che graffiò le pareti della caverna.
Ma aveva un compito da fare. E lo fece. Nell’istante in cui Heimdall si alzò dall’ultimo nemico temporaneamente neutralizzato, i due cercarono i propri sguardi, ma il raggio magico impedì la visuale e una tormenta di ghiaccio e neve andò ad occupare l’intero covo, tingendo di blu, azzurro e bianco qualsiasi cosa.
Sif cercò di ripararsi da quella luce accecante con il proprio avambraccio: i suoi occhi cercarono la provenienza di quel potere e vide unicamente la sagoma nera di Loki, fermo, con le braccia innanzi a lui e il delirio tutto attorno.
Da parte sua, Loki, aveva evocato la reliquia nello stesso modo in cui aveva fatto all’epoca, quando cercò di neutralizzare il Guardiano e prendere il controllo del Bifrost: ora, con le dita serrate attorno ad essa, cercava di direzionare quello spaventoso potere al meglio, ghiacciando l’entrata della caverna e tutto ciò che vi era di mezzo.
Quando aveva lasciato la barriera, i mostri avevano rotto gli argini. In quei pochi secondi, aveva assistito all’immagine di un fiume in piena rompere la diga di contenimento. Fortunatamente per tutti, Loki non era una persona che si impressionava facilmente e sapeva bene che il Casket fosse un oggetto terribilmente potente e capace di arginare una furia simile – Heimdall aveva colto nel segno, come al solito.
***
Il raggio andò man mano ad affievolirsi: di fronte a lui, le sagome dei Non Morti erano state sbalzate verso l’ingresso, travolgendo gli altri e ghiacciandosi, formando un tappo. Non sapeva se il ghiaccio si fosse propagato anche all’esterno, non sapeva quanto sarebbe durato quel diversivo.
Sapeva solo che, al momento, aveva funzionato e che la reliquia pulsava leggermente innanzi a lui, fluttuando elegantemente, ora che l’aveva rilasciata.
Sentì gli occhi di Sif su di lui. Poteva immaginare l’espressione di orrore dipinta sul suo volto, perfettamente. Si morse il labbro, richiamando a sé la reliquia, sfiorandola delicatamente con quelle dita dal colore sbagliato: essa vibrò sommessamente e lampeggiò impercettibilmente.
La prima volta che aveva stretto quella specie di cubo, aveva provato sensazioni ben distinte, ma tutte terribili: la paura, l’orrore. I dubbi che prendevano una forma ben definita, la disperazione. La confusione.
La seconda volta, quando lo usò contro Heimdall e sprigionò il suo potere, provò rabbia ed ebbrezza. Ma, infondo al suo cuore, quell’oggetto era qualcosa di profondamente sbagliato, inadatto, insulso.
Questa volta, invece, era stato diverso. In un contorno di rassegnazione, vi era anche il primo spiraglio di accettazione. E il ghiaccio che lambiva le sue dita, non bruciava così tanto, come la prima volta. Sembrava solleticargli la pelle, accarezzarla. Chiuderlo in un abbraccio che non era caldo, ma riusciva lo stesso ad essere rassicurante.
Loki sapeva bene che la sua mente, in quel momento, stava viaggiando a velocità impressionante. Sapeva bene che era ad un passo dal ricadere vittima del suo passato recente e del disgusto che provava per sé stesso. Ma in quella sensazione nuova, trovò il coraggio di sollevare lo sguardo in quello di Sif e sostenerlo.
 Sif, dal canto suo, rimaneva immobile contro la parete della caverna – le mani atte a coprirle la bocca. I suoi respiri erano veloci, la sua bocca completamente asciutta. Cercò brevemente gli occhi di Heimdall, ma non riuscì a sganciarsi completamente dalla figura Jotun innanzi a lei.
“Sif…” sussurrò Loki, ma lei portò una mano avanti a sé, mettendo ancora più distanza tra i due.
“No.” fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Il cuore di Loki si frantumò sul suo sguardo terrorizzato, sconcertato, incredulo: aveva immaginato questa reazione – aveva immaginato altresì che Sif gli si gettasse contro, pronta ad ucciderlo – ma vederla con i propri occhi, faceva un male terribile.
Heimdall si mosse. Loki fece per fermarlo, ma lui scosse la testa: si fermò innanzi a lei, la osservò con quegli occhi d’ambra così intensamente che la guerriera portò finalmente l’attenzione su di lui.
“Cosa diavolo significa?”
 ***
“Thor lo sa?”
Loki annuì brevemente a quella prima domanda, dopo che Heimdall aveva spiegato per filo e per segno tutta la faccenda. Sif si era appoggiata alla parete, palmi sulla ruvida pietra, in cerca di appiglio – il suo animo si era calmato, ma appariva ancora molto scossa.
“L’ha scoperto da poco” commentò “Quando siamo fuggiti da Asgard, ho esaurito il mio Seidr per attivare una delle vie che conduce al di fuori. Questa cosa deve aver interferito temporaneamente con l’incantesimo di Odino e finché non ho avuto modo di riprendere controllo della mia magia, sono rimasto così” aggiunse, gesticolando brevemente, abbassando gli occhi velati da una luce di disgusto.
Heimdall osservava in silenzio, appoggiando il peso sulla spada del Bifrost.
Era chiaro che Sif avesse mille domande, ma Loki portò nervosamente gli occhi sul cumulo di ghiaccio.
“Dobbiamo andare” sentenziò, lasciando intendere che – almeno per ora – il discorso si sarebbe esaurito lì. Si voltò rapidamente, il mantello che ondeggiò al gesto, la reliquia tra le sue mani.
“Perché non ce l’hai detto?”
A quella domanda, Loki non riuscì a contenere una risata sprezzante. Si voltò verso di lei, unicamente con il capo.
“Ho mai avuto scelta, Sif?” fu la sua replica. Il suo timbrò raschiò per l’astio che sfuggì in quelle parole. “Ho mai avuto una chance con voi?”
In un gesto misurato, ritirò il Casket nella sua poket dimension e lentamente, le sue sembianze tornarono Asgardiane. Sif osservò rapita il cambio di colore della sua pelle, il dissolversi di quei marchi particolari e il verde riapparire negli occhi di Loki. Passarono istanti di inesorabile silenzio.
“Appunto”.
***
I rumori del combattimento tra Thor ed Hela potevano essere avvertiti anche dalla loro posizione. I tre avevano radunato nella piazza principale i pochi superstiti che non erano riusciti a seguire Heimdall al rifugio ma erano riusciti, in qualche modo, a sfuggire e nascondersi dall’armata di Hela.
Una trentina, poco più. E qualche soldato della guardia reale, con sollievo di Sif.
“Troverete Banner e la Valchiria alle prese con Fenrir, nel peggiore dei casi. Nel migliore dei casi, il ponte sarà sgombro e l’astronave potrà prelevarvi e rimanere in orbita” spiegò Loki, fermandosi all’imbocco del viale che conduceva al Palazzo Reale.
“Voglio venire con te” aveva rimarcato Sif, per l’ennesima volta. E per l’ennesima volta, Loki le aveva risposto di no.
“Sono il capo della Guardia Reale, Loki!”
“Non per molto, se continuerai a stare qui, Sif!” aveva urlato lui di rimando, guadagnandosi un’occhiataccia confusa della donna. Loki prese fiato, cercando di calmare i nervi.
“Hela non è al vostro livello. E non credo che lo sia neanche per noi, se io e Thor non ci inventiamo qualcosa. Ci ha quasi uccisi la prima volta e ha ammazzato i Warriors Three-“
“Proprio per questo-” replicò lei, impugnando spada e scudo, ma il braccio di Heimdall la fermò. Sif tentò di liberarsi, ma la presa del Guardiano era d’acciaio.
“Andate” ordinò Loki, scambiando consenso con Heimdall in un gesto del capo che sapeva di addio. Un muto saluto a fronte dell’incertezza degli eventi.
“Non puoi impedirmi di vendicarli, Loki!” gridò la guerriera, lottando con tutta sé stessa per imporsi alla forza di Heimdall, il quale la stava praticamente trascinando con sé.
Loki si voltò per l’ultima volta, lo sguardo severo e l’espressione imperturbabile. Strinse le labbra per qualche istante, mentre il vento gli scompigliò i capelli e il sole tingeva il cielo di un rosso accecante.
“Se questo serve ad impedirti di morire in una maniera stupida, sì”.
***
***
Per quanto stringere Gungnir tra le dita fosse la garanzia di possedere un potere superiore e per quanto i suoi fulmini, ora, colpissero senza pietà il bersaglio, Hela continuava a rialzarsi. Inesorabilmente.
La sala del trono era stata quasi distrutta completamente: le colonne erano state scheggiate e mezze distrutte, gli ornamenti anneriti e sciolti in più punti. Le scalinate accoglievano macerie su macerie di quello che una volta componeva il soffitto e il sole del tramonto filtrava dalle ampie crepe.
Thor digrignò in denti quando, per l’ennesima volta, la vide rialzarsi: il suo corpo era ricoperto interamente di saette che serpeggiavano qua e là, pronte a difenderlo dagli attacchi della sorella. I fulmini si sprigionavano dai suoi pugni e dalle sue dita con una semplicità e una potenza imbarazzante, ormai.
Ciononostante, gli sembrò di rivivere l’esito del combattimento contro Hulk avvenuto poco prima: Hela continuava ad incassare e rialzarsi. Certo, il suo umore non era più così roseo, ma la sua resistenza appariva imparagonabile. Di questo passo, Thor sapeva di non poter resistere ancora per molto.
Era davvero a corto d’idee. E questo ricercare incessantemente un piano per sbarazzarsi di Hela, lo stava portando a distrarsi e a sprecare ulteriori energie. E fu per questa ragione che una delle daghe di Hela gli si conficcò nel fianco e la mano della sorella andò a serrarsi atrocemente attorno alla gola.
Cercò di conficcare Gungnir dapprima a terra, poi di direzionarla contro di lei, ma fu tutto inutile: Hela strinse la sua gola senza pietà, sollevandolo da terra – lo sguardo furente. Quando provò ad evocare una scarica radiale di fulmini, sentì un’altra inesorabile fitta nell’altro fianco.
Il suo occhio, fino a poco fa illuminato ed ora tornato alla sua normalità, si posò in quello della sorella. Vide l’orrore.
Hela era terrificante. Ed era disarmante. Thor si continuava a chiedere il motivo per il quale tutto questo si fosse verificato, cosa c’entrasse lui, cosa c’entrasse Asgard. Cosa avesse fatto per meritarsi tutto questo – e non aveva avuto neanche il tempo di sedersi sul trono, per dire.
In quel momento, osservando gli occhi glaciali di Hela – la quale sibilava parole intrise di odio e risentimento, come se lui fosse colpevole alla stessa maniera di Odino – arrivò a maturare il pensiero di mollare tutto.
Accettare il suo destino, serrare l’occhio e arrendersi. Al diavolo Asgard, Hela e tutto il resto. Ma il suo cuore continuava a battere al ritmo incalzante della battaglia e dei sentimenti, che divampavano intensi come i suoi fulmini.
Hela poteva sentire dolore. Lo capiva da come la sua stretta si intensificava attorno alla sua gola.
E a mezz’aria, scambiando uno sguardo quasi privo di emozioni, continuava ad aumentare l’intensità di quel flusso, proporzionalmente a quanto la stretta di Hela aumentasse.
Thor era curioso dell’esito: avrebbe ceduto prima lei ai suoi fulmini, oppure prima il suo collo alla sua forza?
“Non potrai mai uccidermi su Asgard” sentenziò Hela, materializzando questa volta una spada e puntandola alla bocca dello stomaco. “E’ finita”.
 L’occhio umido di Thor venne colpito improvvisamente da una ventata d’aria gelida: cercò di mettere a fuoco Hela e la spada puntata al suo petto, ma un bagliore chiaro, alle spalle della sorella e dei suoi fulmini, catturò la sua attenzione.
Un fiocco di neve attraversò lo spazio tra i loro volti, mentre Hela faceva forza sulla spada e le mani di Thor andavano a stringersi attorno alla lama, per opporsi alla sua forza.
Hela non vide quel dettaglio, ma Thor seguì il percorso di quel fiocco di neve finché non si appoggiò sulla lama e si sciolse. E fu in quel momento che il suo occhio inquadrò il pavimento.
Una lastra di ghiaccio si stava formando attorno ai piedi della sorella. E, pochi istanti dopo, nel momento in cui la punta dell’arma penetrò la sua corazza e si conficcò nelle carni, la temperatura precipitò di botto.
Per quanto la sua vita fosse appesa ad un filo, Thor sorrise, chiudendo gli occhi.
“Asgard ucciderà te, Hela…” sussurrò, per poi immettere tutta la sua forza rimanente in un colpo di reni. Calciò il suo fianco, per liberarsi della sua morsa: le unghie di Hela crearono profondi solchi nella tenera pelle del suo collo, lo sforzo fu immane, ma poteva ammirare la sagoma della sorella ghiacciarsi completamente mentre il suo corpo impattava il terreno gelato e il suo occhio si posava sulla figura di Loki, nella sua forma Jotun, al centro della sala del trono, alle spalle di lei.
Per la seconda volta, quel giorno, Thor rabbrividì. E non per il freddo.
Suo fratello aveva portato l’Inverno di Jotunheim nel palazzo di Asgard: il Casket of the Ancient Winters galleggiava nell’aria, davanti a lui, mentre le sue mani direzionavano le correnti di ghiaccio per mantenere il più possibile Hela in quello stato.
Il contrasto dell’elmo dorato con la sua pelle azzurra e marchiata, accentuava ancor più il rosso dei suoi occhi e la sua espressione contratta per la concentrazione. Ma mentre Thor si alzava da terra, massaggiandosi la gola, Loki seppe accennare un mezzo sorriso.
“Ce ne hai messo di tempo…” commentò Thor, mentre Loki abbassava le braccia e la reliquia affievoliva la sua luce.
“Era divertente vedervi combattere. Raccogli Gungnir dal pavimento” lo rimbeccò Loki, passando accanto ad Hela e saggiando con le dita la resistenza del ghiaccio: lo sentì tremare sotto le dita. Thor si avvicinò, estraendo i pugnali dalle sue carni con una smorfia contrita sul suo viso.
“Saresti un ottimo puntaspilli…” commentò ironicamente.
“E tu hai quattro corna. Quanto tempo abbiamo?”
Loki portò lo sguardo sul viso del fratello, stringendo le labbra.
“Molto poco. Trenta secondi, forse”.
Si guardarono negli occhi, respirando profondamente: quella era la prima volta che Loki non provava timore nel mostrare chi realmente fosse. Né di fronte a Thor, né di fronte ad Asgard.
Thor prese le sue mani e le strinse, portandole a sé appoggiando poi le labbra sulle nocche della mano destra di Loki: sentì il gelo propagarsi sulla sua pelle. Loki alzò le sopracciglia, sorpreso dal gesto e dal calore di quel maledetto sguardo.
Sentì lo stomaco contrarsi e le gambe tremare.
“Thor… Stai bene?” chiese, esitando. Perché quel gesto, sebbene fosse un qualcosa di estremamente tenero, aveva una nota così amara? Perché quello sguardo?
Il ghiaccio cominciò a gemere sotto la forza di Hela. Loki portò velocemente lo sguardo a lato, per poi riportarlo in quello di Thor.
“Sei con me?” sussurrò il fratello, lasciando scivolare via le mani. Loki passò le dita sulle nocche, accarezzando la zona di quel bacio e annuendo impercettibilmente.
Thor raccolse la lancia da terra e la rigirò tra le mani: in quel momento, il ghiaccio esplose.
***
Heimdall osservava la scena innanzi a lui con occhi preoccupati: tra lui, Sif e i superstiti, si estendeva un’orda di Non Morti, i quali avevano ingaggiato battaglia con Brunhilde e parte del suo esercito disceso dall’aeronave – la quale stazionava, ora, sopra il Bifrost.
Poco più indietro, Hulk stava combattendo con Fenrir. Valutò la situazione per qualche istante: il vuoto sotto al Ponte Arcobaleno poteva fare la differenza, in quello scenario e l’avevo capito anche gli uomini della Vachiria, che, passo dopo passo, avevano cominciato a disfarsi dei loro corpi lanciandoli oltre la balaustra.
Ciò che restava da fare, era far sì che la loro inferiorità numerica non rappresentasse uno svantaggio e sfruttare al massimo l’arena di combattimento.
***
Il tetto della sala del trono, ormai, era crollato su sé stesso. Loki si passò distrattamente una mano sui pantaloni, pulendosi dalla polvere alzata dalle macerie: la reliquia di Jotunheim volteggiava sopra di lui, seguendo i suoi movimenti e, più di una volta, Thor ne era rimasto affascinato.
Hela aveva dato fondo ad ogni sua abilità. Tuttavia, con il suo nuovo potere acquisito, Loki poteva mettere argine a quella furia: più usava il Casket, più riusciva a modellare il ghiaccio come desiderava. La fatica era greve su entrambi, però.
La Dea della Morte, prese a giocherellare con uno spadone nero, passandolo da mano a mano – una smorfia ironica sul suo viso.
“Quanto, esattamente, volete andare avanti così?”
Loki sibilò tra i denti in maniera sprezzante. Erano fermi in un loop: ad ora, le forze di entrambi, unite assieme, erano sufficienti a rivaleggiare con Hela, ma la situazione sarebbe stata momentanea.
Thor risultava parecchio stanco, anche se non voleva darlo a vedere: era ferito e sanguinante, la sua pelle era lucida e i suoi riflessi cominciavano inesorabilmente a calare. Ed entrambi lo sapevano, come lo sapeva Hela.
Loki si mosse verso suo fratello, il quale si ergeva al centro della stanza distrutta in tutto il suo essere possente, senza staccare gli occhi dalla sorella.
“Thor…”
Il Dio del Tuono piegò impercettibilmente le labbra in una smorfia, poi si voltò a guardare il fratello, tendendogli Grugnir. Loki schiuse le labbra con fare interrogativo.
“Devi cercare di tenermela occupata per qualche minuto. Pensi di farcela?”
A Loki scappò una risata sommessa.
“Ti stai vendicando per la faccenda con i soldati della Valchiria?” domandò, chiudendo le dita attorno alla lancia, per poi superarlo di qualche passo: osservò Hela negli occhi, la quale aprì le braccia con fare accogliente. Thor rispose con una breve risata a quel commento.
“Cosa vuoi fare?”
“Scatenerò una tempesta. La affronterò in volo, cercando di spedirla verso il Bifrost”. Mentre pronunciava quelle parole, il suo occhio si illuminò del colore del fulmine e strinse i pugni.
Loki, al contempo, strinse le labbra.
“E’ rischioso portare Hela al Bifrost, lo sai? Non so se i nostri siano già giunti all’aeronave e abbiano evacuato” commentò, per non rendere ovvio i pensieri che quel piano comportavano.
Ormai avevano entrambi capito che Hela, su Asgard, non poteva essere sconfitta. Ma potevano veramente rischiare di cacciare Hela da Asgard e creare la distruzione randomica di qualsiasi luogo in cui sarebbe finita, nel caso fossero riusciti a farla precipitare oltre il Ponte Arcobaleno?
Loki era sopravvissuto al void. Hela, in tutta probabilità, avrebbe fatto lo stesso.
“E’ l’unica chance che abbiamo, per ora” rispose Thor. Loki annuì, voltandosi per un breve istante: vide le saette formarsi tutte attorno al fratello maggiore, vide le vene ingrossate alle sue tempie e al suo collo, vide l’orgoglio ferito e la sua rabbia, ma, in tutta onestà, non sapeva se essere più preoccupato per il suo intrattenersi con Hela o la fatica che traspariva da quel volto che conosceva da oltre un millennio.
“Sei con me?” chiese, rigirando la domanda.
Thor sorrise, annuendo con il capo. E innanzi a lui, il blu e il verde scintillante, tinsero di luce le macerie della loro giovinezza.
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freethejazzblog · 6 years ago
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Free The Jazz Special #01 - Astral Spirits
1 - Kuzu - Fontanelles 1 (edit) (from "Hiljaisuus", 2018 Astral Spirits)
2 - Matthew Lux's Communication Arts Quartet - Camisa Sete (from "Contra/Fact", 2018 Astral Spirits)
3 - Crazy Bread - Chiasto Mirror (edit) (from "Vocoder Divorce", 2018 Astral Spirits)
4 - Tony Irving / Massimo Magee - Blinking, Wheezing & Choking (from "The Fog", 2018 Astral Spirits)
5 - Mako Sica / Hamid Drake - The Old Book (edit) (from "Ronda", 2018 Astral Spirits)
6 - Barker Trio - Ageist (from "Avert Your I", 2018 Astral Spirits)
7 - East of the Valley Blues - Reassemblera (edit) (from "Ressemblera", 2018 Astral Spirits)
8 - Arrington de Dionyso / Ted Byrnes - 2 (from "The Ballot Or The Bullet", 2017 Astral Spirits)
9 - Brandon Lopez - vanitas (from "quoniam facta sum vilis", 2018 Astral Spirits)
10 - William Hooker Trio - Never In Doubt (from "Remembering", 2018 Astral Spirits)
11 - Quin Kirchner - The Ritual (from "The Other Side Of Time", 2018 Astral Spirits)
Hear it first on 8K Sundays 11amNZT (Saturdays 10pmGMT)
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yahoonewsphotos · 6 years ago
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Photographer travels the globe to capture the world's most beautiful libraries
This photographer has an incredible body of work after traveling the globe in to capture images of some of the world’s most beautiful of libraries. Massimo Listris’s 30-year pursuit has taken him to the likes of medieval chambers and 19th-century wonders. In some mages, rich mahogany lights up rooms, and in others, grand statues, globes and ceiling installations capture the eye. The photographer, from Florence, Italy, said that everything about these grand venues attracts him — from the simple smell of dust, leather and wood, to the pleasure of opening an aged book. (Caters News)
See more photos of World's most beautiful libraries and our other slideshows on Yahoo News.
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wprbfm · 5 years ago
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OUT TODAY from 577 records: the UK’s Tony Irving & Massimo Magee and their new free jazz live album, Vitriol and the Third Oraculum! Listen to the expert improvisation of this up-and-coming drums-sax duet.
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feyfeu-blog · 7 years ago
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World of Warcraft e Final Fantasy XIV!
Hey hey, Fey a rapporto con l'argomento di oggi. Due giochi che hanno segnato una buona parte degli ultimi nostri anni, quelli che hanno preceduto Blade and Soul e ci hanno principalmente educato nelle vie degli MMO. Stiamo parlando di Final Fantasy XIV e World of Warcraft, e delle esperienze che hanno portato rispettivamente a me e Feu. Abbiamo deciso di dividere questa discussione in più punti su cui focalizzarci, così da non spaziare troppo. Prima di iniziare, qualche parola da parte di Feu.
Premetto che quando ho smesso di giocare a World of Warcraft era appena arrivata la patch Pandaria, e che ho giocato principalmente su server privati sia italiani che internazionali, ma anche sull'ufficiale. Grazie a ciò ho potuto vedere le differenze che ci sono tra i server privati e quello ufficiale, partendo dalla community ai vari fix del gioco stesso. Sul server ufficiale l'esperienza di leveling è meno pesante rispetto a quella dei server privati, perchè ci sono spezzoni di video che ti introducono delle parti di storia interessanti e sono piacevoli, le quest sono quasi divertenti e dinamiche, ma sopratutto funzionano tutte. Nei server privati molte di queste cose non ci sono, invece, o non funzionano e così i gestori dei server ripiegano su cose che non sono il massimo per il gameplay. La community è molto diversa tra ufficiale e privati; negli ufficiali - e nei privati internazionali - da quello che potevo notare le gilde erano divise in "competitive", dove ti richiedono di eliminare la tua vita sociale, e "social", dove se si chiudeva un contenuto insieme era festa - se, per l'appunto. Diciamo che ho visto due estremi davvero poco conciliabili. Mentre sui privati italiani, dove le persone scarseggiavano, c'era una situazione tra il social e il competitive- una situazione molto piacevole. Nel mondo di WoW ci ho giocato per parecchi anni prima di mollare tutto, ma devo dire che la mia esperienza da Priest Healer me la sono goduta appieno e ripeterei ogni cosa!
Partiamo da quello che di solito mi motiva nel provare un MMO: la scelta della classe. Nel caso di Final Fantasy la creazione di un personaggio è parecchio libera: le razze costituiscono un fattore puramente estetico, le loro statistiche sono irrilevanti, e la cosa mi ha -ammetto- viziato. Parimenti, le Grand Company (le fazioni che ti viene richiesto di scegliere una volta arrivati ad un punto della main story) hanno davvero poca roba diversa fra di loro ed è principalmente legata al gioco di ruolo e all'aspetto estetico di determinati equipaggiamenti. Una volta determinava il PvP 8vs8, ma questo è stato cambiato relativamente recente - ci arriveremo dopo. Forse questo è quello che spiazza molte nuove persone, che spesso chiedono quale sia la giusta fazione o cosa cambia. In fin dei conti è molto probabile che la scelta ricada su quale dei leader della fazione piaccia di più, o se la filosofia combaci - ma l'assenza di ripercussioni se non come determinate persone si rivolgono al tuo personaggio può essere un difetto. Le classi sono principalmente basate sui tre ruoli (DPS/Healer/Tank) e comprendono anche classi crafter e gatherer; fuori dal combat e dai contenuti come dungeon è possibile cambiare in una qualsiasi classe (oltre che livellarle a proprio piacimento) permette di effettivamente scegliere di fare quello che si vuole. La classe iniziale si limita a definire il punto di partenza. La classe che gioco io è il Monk, un melee dal danno sostenuto e caratterizzato da colpi deboli ma molto veloci.
Il mondo di WoW è invece diviso in due fazioni, Orda ed Alleanza; entrambe dispongono delle stesse classi però con razze differenti. Nell'Alleanza ci sono Umani, Nani, Elfi della notte, Gnomi, Draenei, Worgen e Pandaren - mentre l'Orda ha Orchi, Non Morti, Tauren, Troll, Elfi del sangue, Goblin e Pandare. Ogni razza ha delle abilità razziali o bonus razza che - se abbinati a determinate classi - risultano più efficaci di magari altre combinazioni. Quindi è importante abbinare al meglio la razza con la classe scelta. Quando iniziai a giocare abbinai la classe Priest/Prete al Draeneo, ma con il passare del tempo mi resi conto che i bonus che aveva questa razza non erano del tutto compatibili con la classe da me scelta. Quindi passai Umano, peril bonus sulla stat. Spirito e una skill che puliva da ogni debuff e status. Quando iniziai questo gioco, mi affascinò subito il fatto di poter fare la crocerossina tanto carina che salva le persone. Solo più tardi mi resi conto che era un ruolo ingrato, quello dell'Healer. Ebbene scelsi il Priest o prete, come preferite chiamarlo, con specializzazione Holy PvE e Discipline per il PvP, visto che su WoW ogni classe ha 3 specializzazioni (spesso abbreviato spec) ma se ne possono impostare due che possono poi essere cambiate liberamente. Il Priest Holy PvE è uno degli Healer che maggiormente preferisco. Come altre classi ho sperimentato tutti gli altri Healer, e devo dire che tra lo sciamano "monotasto", il dio paladino e il druido alberello, beh...la mia scelta ricadde su quest'ultimo. Il druido healer con le sue Healing over time (HoT) e il suo aspetto da albero mi è piaciuto parecchio, però in Cataclysmnon solo si era andata a perdere la forma albero da healer - ma gli HoT quasi non esistevano più, quindi come è stato col priest, ho preferito gli Healer per come erano impostati nel Lich King. Come unico dps che ho provato è stato il Mage con spec. fire, che ho trovato divertente in entrambe le patch che ho giocato, anche se sono una vera pippa nel fare danno...Infine ho adorato il paladino spec. tank, anche lui in entrambe le patch. Diciamo che la spec. principale che ho sperimentato è quella dell'Healer e successivamente per via di necessità di gilda, quella del Tank che pian piano ho apprezzato, anche se in WoW la maggior parte dei Boss non devono essere gestiti più di tanto da quest'ultimo- così, spesso, si rivela un ruolo un tantino monotono rispetto agli altri.
Le specializzazioni di WoW in Final Fantasy non esistono. Una classe è fortemente delimitata dal ruolo che ha e dall'identità che assume in maniera più definita appena si raggiunge il livello 30, momento in cui si ottiene il "Job Crystal" che permette di trasformare la "classica" classe (ad esempio gladiatore) in una versione avanzata (in questo caso paladino) che permette di avere accesso alle abilità più forti. Ci sono poche classi che hanno modi 'diversi' di venir giocate, l'unica che ha effettivamente questa capacità è l'Astrologian con le sue due stance che definiscono se le abilità avranno proprietà di rigenerare continuamente la vita o di scudare dai danni. Alle volte questo mi pesa, perché significa che esiste solo un "aspetto" della classe invece di averne una dalle multiple identità (pensavo a MMO come Guild Wars e BnS dove ci sono diversi modi per giocare classi), però poi mi rendo conto di quanto complesso potrebbe essere ribilanciare tutte quante le classi da questo punto di vista- specialmente quando già ora si stanno avendo un po' di difficoltà. In fin dei conti, il grado di complessità delle classi (seppur variabile) le rende godibili da sole a mio parere.
Il PvE su Final Fantasy ha diversi gradi di difficoltà a seconda del tipo di contenuto, una tendenza che col tempo mi ha aiutato ad ambientarmi in contenuti man mano più tosti. Generalmente nelle mappe aperte la difficoltà è minima, esclusi una manciata di nemici speciali che vanno affrontati in una ventina di persone, poi da lì i contenuti sono istanziati. I dungeon da 4 sono i più semplici, fatti per essere spammati ogni giorno per guadagnare i token per comprare l'equipaggiamento base. Nonostante siano semplici e prevalentemente corti, alcuni hanno meccaniche interessanti che li rendono un po' dinamici. Poi ci sono i raid da 8 persone, divisi fra normali e "savage", entrambi settimanali con equipaggiamenti diversi. I savage sono il contenuto più difficile. Ogni due patch viene rilasciato un raid da 24 persone, molto più facile di quelli da 8 ma più ampio e spesso molto migliore esteticamente. Una via di mezzo fra i raid sono le "trial", dei contenuti sempre da 8 con solamente un boss da affrontare; sono quelle che preferisco. Sono quelle più curate a mio parere, caratterizzando molto bene i boss sia con i loro attacchi che le loro peculiarità che con la musica (uno dei punti più forti di Final Fantasy, a mani basse), rendendo molti combattimenti memorabili e godibili.
Su WoW il PVE si divideva in Dungeon Normal e Hero da 5 players (1 tank,1 healer, 3 dps) Raid Normal e Hero (10 players, 25 players e in patch se non ricordo male in Burning Crusade vi era una mappa a 40 player) e World Boss. I Dungeon su WoW nelle patch in cui ho giocato io (sino a Cataclysm), erano particolamente lunghi e lenti e spesso erano un parto da finire, però le ambientazioni e il contesto in cui erano inserite rendevano quasi piacevole il loro svolgimento. Per quanto riguarda i raid nella patch del Lich King li ho apprezzati quasi tutti. Quasi, perchè purtroppo Ulduar non sono mai riuscita a vederla fino alla fine e questo mi ha lasciato un piccolo vuoto essendo stato molto acclamato e apprezzato dalla maggior parte dei player. Ma il mio raid preferito rimane Ruby Sanctum versione Hero, per la sua particolare meccanica di doppia dimensione e per il loot figherrimo; il trinket da Healer (:Q) bramato da quasi tutti i curatori durante quell'espansione. Inoltre vi era il raid Vault of Archavon, che cambiava fazione in base a quale di queste due aveva vinto la battaglia PvP di Wintergrasp.
Premetto dicendo che io non sono particolarmente patito del PvP, men che mai nei giochi non-action. Diciamo semplicemente che non ci sono portato, e che non sono capace di subire tranquillamente le sconfitte. Il PvP ha da sempre avuto un interesse meno nelle masse in questo gioco, ed è triste da dire poiché i developer hanno tentato di tutto sino a quest'espansione per mantenerlo interessante e dargli attrattiva - ma è da davvero pochissimo che il PvP ha iniziato ad andare nella direzione con cui avrebbe dovuto in realtà iniziare a mio parere. Il revamp intenso che c'è stato ha fatto sì che le meccaniche di classe venissero semplificate all'interno delle instance di PvP, senza eliminare l'identità della classe stessa, così da lasciar spazio alle abilità specifiche che prima inevitabilmente riempivano le barre già piene di tasti da dover premere nel PvE. Quel che manca ora è una spinta che porti la comunità ad iniziare attivamente queste skill, e modalità/contenuti che invoglino a studiarsi per bene come fare. Ora come ora il PvP viene sfruttato solamente per livellare e per farmare i token necessari a prendere il gear del mercante PvP, e anche quello si fa unicamente per l'aspetto estetico. La modalità più popolare ora come ora è la Frontline, tre squadre (una per fazione) di otto o ventiquattro persone ciascuna che si avvicendano secondo regole marginalmente diverse ma che si possono sintetizzare nel catturare basi o distruggere obiettivi per ottenere punti e/o sottrarli agli altri. Il PvP competitivo consiste nel "Feast", un 4 vs 4 con qualche specifica, ma anche qui le ricompense sono un gear unico e dei titoli - in poche parole, lo si fa unicamente per prestigio.
Il PVP in WoW era suddiviso in Battleground - i classici ruba bandiera e ruba la base - Arene 2v2, 3v3, 5v5, PvP a Wintergrasp (durante Wrath of the Lich King) e Pvp Open World. La mia esperienza in PvP è stata una delle prime che ho avuto; iniziai a giocare a WoW su un server privato, dove i contenuti principali riguardavano il PVP. Feci talmente tanti Battleground che arene che ben presto mi stufai e addirittura abbandonai per un certo periodo di tempo, finché che non trovammo un server dove sia PvP che PvE erano equilibrati nei vari contenuti. Così ripresi la mia avventura su WOW. Anche nel PvP vi è un equip diverso con statistiche completamente diverse da quelle del pvE. Piccola parentesi, il PvP non è poi così slegato dal PvE, perchè nelle patch in cui ho giocato io vi erano trinket e anche pezzi di equipaggiamento che erano ottimali prevalentemente nel PvP.
Su WoW vi era la possibilità di poter inserire i cosiddetti add-on, dei plugins che andavano ad inserire delle funzioni aggiuntive al gioco, come il recount (un calcolatore del danno per secondo fatto per tener traccia delle performance) o il quest helper (mostrava le destinazioni delle quest) oppure semplicemente andava a migliorarne l'interfaccia. Nella gilda in cui mi trovavo quando giocavo ancora, in base al ruolo che si decideva di ricoprire, vi erano add-on obbligatori Il ruolo che ricoprivo maggiormente era quello dell'Healer quindi come Addons richiesti vi erano HealBot o Vuhdo, un'interfaccia che ti permetteva di ottimizzare l'healing su tutto il party/raid, e Decursive che era un'ennesima interfaccia che permetteva un rapido dispell dei debuff. Per il resto vi erano anche altri addons a tratti utili, a tratti necessari, senza quali alla fine la comunità non riusciva più a far meno.
Su Final Fantasy la situazione è un po' diversa - questi add-on esistono, ma a pensarci bene non li definirei obbligatori. Molto utile è il 'parser', la definizione data al programma che  tiene sotto controllo i log di combattimento del gioco per catalogare il danno fatto, quello ricevuto e tantissime altre cose che nelle fasi di apprendimento di un fight permettono di rendersi conto di cosa c'è di sbagliato (magari capire se un preciso attacco che ha devastato il tank non è stato mitigato dalle abilità, o se era colpa degli Healer), oppure di mettere degli allarmi sonori che si attivano quando nel log del combattimento avviene l'attivazione di un'abilità da parte del boss, e così via. Questo penalizza un po' chi gioca dalla PS4 perché non può accedere al parser, ma come ho detto non lo ritengo obbligatorio in ogni caso - basta che una persona lo utilizzi. Questo purtroppo nelle ultime patch con l'introduzione di un sito che classifica questi log, ha creato una tendenza un po' balorda che è quella del creare party per chiudere contenuti dalla difficoltà media...ma solo con gente che ha una certa posizione all'interno della classifica della propria classe. Chiedere gente dal dps alto quando si crea l'annuncio del party è una cosa stupida, ed è una tendenza che spero la community impari a mettere da parte quando si tratta di contenuti che non sono l'endgame serio. Ma qui divago.
Tutto sommato direi che le nostre aspettative sui MMO partono, e dovrebbero sempre partire, da giochi come questi. Final Fantasy e WoW hanno anche delle versione prova, se volete dare una sbirciatina - e vi consigliamo di darla! Alla prossima!
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musicmakesyousmart · 2 years ago
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datewithdeath · 2 years ago
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Listen to: Minimal (datewithdeath Remix) by Massimo Magee
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levysoft · 8 years ago
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Un lago che scompare. Delle volte c'è, altre no. E non stiamo parlando di un piccolo specchio d'acqua africano che il caldo fa evaporare, bensì di Loughareema, altrimenti noto come The Vanishing Lake, il lago che scompare di Ballycastle, nella Contea di Antrim, in Irlanda del Nord.  
Nel corso dell'anno, senza una stagionalità precisa, capita infatti di costeggiare l'intero lago senza che una minima traccia d'acqua sia presente. E la sua «scomparsa» avviene così rapidamente e senza lasciare alcuna traccia tanto che in certi periodi potrebbe sembrare impossibile che proprio in quell'ansa le cartine indichino la presenza di un lago bello grosso.
Questo fenomeno non poteva che alimentare miti e leggende. Loughareema rappresenta infatti una delle leggende irlandesi che vengono raccontate ai bambini. La tradizione popolare vuole che nelle notti in cui le acque del lago raggiungono il livello massimo i fantasmi delle persone affogate infestino le sue coste. Fra loro anche quello del colonnello John Magee McNeille che, nel 1898, aveva un gran fretta di andare a Ballycastle per prendere un treno, tanto da ordinare al cocchiere di attraversare il lago, pensando che fosse poco profondo, causando l'annegamento di tutti i presenti.
Eppure una spiegazione alla scomparsa c'è. Questo lago sorge infatti sopra una cavità che conduce ad un canale naturale sotterraneo: quando il varco d'ingresso non è ostruito dalla torba, la gola rende possibile il completo assorbimento delle acque, che vengono condotte sottoterra. E il lago si riforma quando il canale si ostruisce nuovamente a causa delle forti piogge che caratterizzano la zona.  
Insomma, la presenza del Loughareema è imprevedibile e resta un’incognita se siete interessati a una visita. Una caratteristica che comunque non scoraggia i turisti. Ed anche per questo che gli irlandesi non hanno desistito dal realizzare una strada asfaltata che costeggia il lago, per rendere più comoda la visita con o senza acqua.  
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musicmemov2blog · 8 years ago
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Sketches for the Chapel : Massimo Magee : Free Download & Streaming : Internet Archive
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torentialtribute · 6 years ago
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Francesco Totti considering offers from Sampdoria and Fiorentina after emotional goodbye from Roma
Francesco Totti offers series A clubs after leaving Rome
The 42-year-old admitted that I left Giallorossi after 30 years was & # 39; dying & # 39;
By Tom Caldon for Mailonline
Published: 11:16 BST, June 18, 2019 | Francesco Totti is considered to be a director in Sampdoria and Fiorentina after he resigned his position in Rome in an emotional press conference.
The Rome legend ended the 30-year relationship with Rome after he revealed that he had been banned by club advisor Franco Baldini and President James Pallotta.
The 42-year-old refused an offer to stay in Stadio Olimpico as a technical director, and said that leaving the club looks just like dying & # 39; and admits that it was a day I hoped & # 39; would never have come & # 39 ;.
Francesco Totti said on Monday that he resigned because of his position as technical director at Rome "that he resigned from his role as technical director in Rome"
Francesco Totti said Monday that he will resign from his function as technical director in Rome
<img id = "i-571905741ba7105e" src = "https: // i.dailymail.co.uk/1s/2019/06/17/13/14889680-7149903-image-a-20_1560775003520.jpg "height =" 423 "width =" 634 "alt =" [In een emotionele persconferentie legde Totti uit waarom ik besloten had af te treden] In an emotional press conference Totti explained why he had decided to resign
In an emotional press conference, Totti explained why he had decided to resign
& # 39; I sent an e-mail saying something that seemed unthinkable, I wrote my resignation, I hoped it wasn't necessary, but the fateful day came, what happened g is ugly and painful, & he said.
& # 39; Given the circumstances, it was only good that I made this abrupt decision, especially I never had the chance to work with Rome in the technical field.
I thought long and hard. Let's say it wasn't my fault that I had to make this decision.
<img id = "i-1c57c1907680d7ea" src = "https://dailym.ai/2Y4fnKs 11 / 14889676-0-There_was_a_large_media_turnout_as_Totti_opened_up_on_his_negati-a-17_1560852238838.jpg "height =" 422 "width =" 633 "alt =" There was a large turnout when Totti opened his negative experiences in his role
[194520] There was a large media rise when Totti opened his negative experiences in his role
Rome President James Pallotta (pictured in 2017) was accused of limiting Totti's influence "<img id =" i-1cf3032ec3236396 "src =" https://dailym.ai/2IP0uWk "height =" 482 "width =" 634 "alt =" Rome President James Pallotta (shown in 2017) was accused of limiting Totti's influence "<img id =" i-1cf3032ec3236396 "src =" https: // i. dailymail.co.uk/1s/2019/06/17/14/14890564-7149903-i mage-a-24_1560776584418.jpg "height =" 482 "width =" 634 "alt ="
Rome President James Pallotta (pictured in 2017) was accused of limiting Totti's influence
& # 39; They knew what I mean and what I wanted to give so much to this club and team, but they never wanted me, in all honesty. They excluded me from any decision. "
For a large contingent Totti confirmed: & # 39; another club owner wants to put his trust in me & # 39 ;, and it is believed that the offer sent in by Sampdoria.
According to Sky Sports Italy and La Gazzetta dello Sport, Sampdoria President Massimo Ferrero Totti a month ago.
& # 39; At the moment there are many things I can do. I evaluate, calmly, all offers on the table and the one that makes me feel happiest, I will give it to my heart.
<img id = "i-8e23b13a319903a1" src = "https: //i.dailymail .co.uk / 1s / 2019/06/18/11 / 14889684-0-He_explained_that_the_club_knew_his_intentions_but_he_was_exclud-a-18_1560852265704.jpg "height =" 422 "width =" 633 "alt =" <img id = "i-8e03a1" s3103a1 " = "https://dailym.ai/31EQwzq" height = "422" width = "633" a lt = "He explained that the club knew his intentions but was excluded from all important decisions
He explained that the club knew his intentions but he was not excluded. & # 39; of all important decisions
<img id = "i-5df302f5b86aab1b" src = "https://dailym.ai/2Xkalt9 17/14 / 14890562-7149903-image-a-25_1560776587784.jpg "height =" 408 "width =" 634 "alt =" When he was questioned about the relationship he has with Franco Baldini (L), Totti was destructive as reaction "class =" blkBorder img-
& # 39 "I am not here to blame one or the other. We have embarked on a journey, it was not respected, so I continue," Totti added.
& # 39; I will not be left unemployed, I received some offers from Italian clubs, including one this morning.
& Juve of Napoli, let's not let go here … No, out of respect for Rome would I don't do that, I mean things like FIFA, UEFA, etc.
& # 39; Some things I read first in the newspapers and then I came from Rome, so imagine how much they kept me informed. & # 39;
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colospaola · 7 years ago
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Biagio Proietti, sceneggiatore, autore, regista, negli ultimi anni ha pubblicato romanzi gialli ma principalmente il suo nome è comparso in molti lavori in televisione o al cinema.
Per il cinema horror ha firmato alcune sceneggiature, come Black Cat (Il gatto nero) del 1981, diretto da Lucio Fulci, film basato su un soggetto che lo stesso Proietti ha tratto da un racconto di Edgar Allan Poe, con protagonisti Patrick Magee e Mimsy Farmer.
In televisione il suo primo successo è stato Coralba, una miniserie in cinque puntate di cui ha firmato il soggetto e la sceneggiatura, con la regia di Daniele D’Anza e protagonisti Rossano Brazzi, Valerie Lagrange, Mita Medici e Glauco Mauri.
Un’altra miniserie di 6 episodi fu Un certo Harry Brent, da un soggetto di Francis Durbridge, interpretato da Alberto Lupo, Stefanella Giovannini, Carlo Hintermann, Ferruccio De Ceresa, Claudia Giannotti.
Il 23 febbraio 1974 la Rai trasmise in quattro puntate Ho incontrato un’ombra, diretto da Daniele D’Anza e scritto da Biagio Proietti, con Giancarlo Zanetti, Laura Belli, Beba Loncar. Ma il suo sceneggiato di maggior successo fu senza dubbio Dov’è Anna?, un giallo di sette puntate diretto da Piero Schivazappa, creato e scritto (soggetto e sceneggiatura) dallo stesso Proietti e da Diana Crispo, interpretato da Mariano Rigillo, Scilla Gabel, Pier Paolo Capponi, Teresa Ricci, fu il primo sceneggiato italiano di gran successo, visto nel 1976 da qualcosa come 24,6 milioni di telespettatori, con il record di 28 milioni per l’ultima puntata.
Sempre di Proietti è la sceneggiatura di Philo Vance, miniserie di tre romanzi per 6 puntate protagonista Giorgio Albertazzi, regia di Marco Leto.
Come autore e regista ha firmato Storia senza parole, premiato dai giornalisti televisivi come miglior film Tv nel 1981 e presentato in molti festival cinematografici, e Sound un film tv in 2 puntate con Peter Fonda.
Ha scritto molto romanzi, fra i quali citiamo Dov’è Anna? (tradotto in albanese), Una vita sprecata, Io sono la prova, Chiunque io sia e La prima domenica di giugno.
Signor Proietti, come si definirebbe?
Cito le parole di un grandissimo come John Ford che dichiarava di essere un artigiano con gli stivali, io non ho mai portato gli stivali ma sono orgoglioso di essere un artigiano che ha costruito con passione i suoi lavori. Credo che il problema della società italiana sia stato quello di sminuire e persino distruggere la grande categoria degli artigiani, nel campo dello spettacolo troppe persone dopo un film o un libro o una fiction si considerano grandi autori e alla seconda opera spariscono.  Io nel 2018 sto festeggiando 60 anni di carriera avendo cominciato a lavorare quando avevo 18 anni.
Quando ha iniziato a interessarsi al mondo della sceneggiatura nell’ambito televisivo e cinematografico?
Ho detto in molte interviste che da ragazzo, negli anni cinquanta, la scoperta del mondo della cultura è stata attraverso la radio che allora aveva una posizione superiore a quella che poi ebbe la televisione dagli anni sessanta in poi. Altra passione il cinema – merito dei miei genitori che lo amavano e ricordo  mi portarono a vedere Roma città aperta quando uscì nelle sale. Avevo cinque-sei anni- e il teatro, allora era davvero troppo caro per le nostre tasche. Cominciai ad andare molto spesso a teatro quando divenni maggiorenne, a diciotto anni, e così potei far parte della claque, un’organizzazione che smistava in tutti i teatri gruppi di persone, di varia età, per far scattare l’applauso in certi momenti precisi, così scoprii Peppino de Filippo che aveva un suo teatro adesso purtroppo chiuso, Il teatro delle arti, e un grande come Dario Fo. Con i miei esigui risparmi, andavo a vedere Eduardo e il Piccolo di Milano, troppa concorrenza per ottenere di andare gratis con la claque. Queste passioni si svilupparono all’inizio in una forma maniacale di archivista: cominciai a riempire quaderni, alcuni li conservo ancora – dove compilavo filmografie, elenchi di autori e direttori di musica e di teatro. Infine cominciai a scrivere le inevitabili poesie (ho smesso a venti anni) e racconti ma subito compresi che la vera passione era il cinema, la televisione che a quei tempi ancora non si conosceva. Il primo televisore mio lo si acquistò nel 1956, se non ricordo male, e la nostra casa si riempiva di gente che veniva a vedere Lascia o raddoppia?
Le prime cose che feci concretamente nel mondo dello spettacolo furono legate alla mia passione per il cinema, diventata per fortuna una notevole competenza critica e storica, nonostante la giovane età, per cui quando m’iscrissi all’Università di Roma, dove mi sono laureato in giurisprudenza, anche se non ho mai esercitato, cominciai a occuparmi del CUC (Centro Universitario Cinematografico), uno degli storici cineclub romani, per il quale feci programmi e scrissi schede, che ancora conservo. Poi mi occupai del FILMCLUB, uno storico cineclub che al cinema Planetario faceva proiezioni di capolavori rari e che per questo attirava non solo il pubblico degli appassionati ma anche degli autori di cinema. Così ne conobbi molti, da Luigi Di Gianni, grande documentarista, a Francesco Maselli, del quale divenni assistente alla regia e poi aiuto e poi anche autore di soggetti e di sceneggiatura. Fino a volare con le mie ali.
Come ha conosciuto Daniele D’Anza?
Facendo l’aiuto di Maselli per due film (Gli indifferenti e Fai in fretta a uccidermi…ho freddo con Monica Vitti, di cui scrissi il soggetto e la sceneggiatura), conobbi Oscar Brazzi fratello di Rossano e organizzatore generale della Vides di Franco Cristaldi, per il quale scrissi la sceneggiatura di un film, Salvare la faccia diretto da Rossano con il nome di Edward Ross. In tv era stato un grande successo Melissa tratto da Durbridge e la Rai chiedeva a Brazzi e D’Anza di fare un nuovo sceneggiato, allora cominciavano a nascere i primi telefilm prodotti con tecnica cinematografica per la Rai ma fuori dai suoi studi, così i Brazzi mi chiesero di scrivere un soggetto da proporre: io scrissi una storia lunga Per amore di Carol che la Rai acquistò come romanzo inedito (l’ho pubblicato ampliato e rivisto come E-book per la Delos da due anni ed è ancora in vendita, per chi volesse leggerlo) e così conobbi Daniele D’Anza con il quale scrissi la sceneggiatura. Lui era uno dei re della televisione, io un ragazzo di 27 anni pieno di speranze e di fame, sia di lavoro sia di successo. Da quel momento diventammo amici e scrivemmo insieme tanti successi, fino al triste anno della sua morte, il 1984. Sono lieto di aver scritto con un grande giornalista, ottimo scrittore e adesso nella rara categoria dei miei amici-fratelli, Mario Gerosa, un libro Daniele D’Anza- Un rivoluzionario della Tv dove abbiamo sottolineato la grande importanza di un regista e sceneggiatore eccezionale, a volte dimenticato, come accade spesso purtroppo. Coralba fu un grosso successo in Germania, Francia, Svezia (a colori) e anche in Italia dove usci i primi di gennaio del 1970, in bianco e nero. Da qui cominciò la mia carriera televisiva: il potente direttore degli sceneggiati di Rai Uno Giovanni Salvi mi chiamò per scrivere la versione italiana di Un certo Harry Brent tratto da Francis Durbridge, per il quale lui voleva coinvolgere in un giallo il divo televisivo per eccellenza, Alberto Lupo, ma all’attore non piaceva il personaggio proposto, così Salvi mi chiese di lavorare sul testo, di avere un’idea tale da convincere l’attore, io ci riuscii, facendo di Harry Brent, che nell’originale inglese era solo un nome nel titolo, si parlava molto di lui ma non si vedeva mai, il vero protagonista della storia con un finale tragico che giustamente fece scalpore. Alberto disse di sì, così nacque un grandissimo successo ripetuto l’anno dopo con Come un uragano e soprattutto una grande amicizia. Alberto era un grande attore non solo un divo e un uomo eccezionale che seppe anche superare i traumi violenti e dolorosi di una malattia terribile.
E’ stato difficile adattare i romanzi di Francis Durbridge?
Quelli di Durbridge non erano romanzi ma serie televisive che lui scriveva per la BBC con puntate di 20/25 minuti, una misura che in Italia non esisteva, perché la prima serata richiedeva opere che durassero almeno un’ora, così fu per La sciarpa e Paura per Janet raggiungendo il massimo del successo con Melissa ripetuto da Giocando a golf, una mattina gli ultimi tre riscritti da Daniele D’Anza che ne fece anche la regia. Io fui chiamato per Un certo Harry Brent poi ho ripetuto il successo con Come un uragano fino al mitico Lungo il fiume e sull’acqua, dove cambiamo il titolo, The other man, e persino il colpevole, oltre che molte altre cose della trama. Tre enormi successi che mi permisero di affermarmi come un autore gradito dal pubblico, con la possibilità di portare avanti un discorso personale di giallo ambientato in Italia, con tutte le sfumature possibili passando dalla love story di Ho incontrato un’ombra alla serie realistica Dov’è Anna al fantastico La mia vita con Daniela. Il lavoro che io e gli altri autori italiani, che hanno lavorato su Durbridge, facevamo consisteva in un vero e proprio lavoro di sceneggiatura, considerando le serie inglesi come soggetti che andavano non solo allungati ma ampliati nella trama, arricchiti con personaggi nuovi, con soluzioni diverse dagli originali anche nel meccanismo giallo, basti pensare che in Lungo il fiume ho persino cambiato il carattere del protagonista e il colpevole.  Al punto che dopo non volli più farne altri, perché per me un ciclo si era concluso. Devo riconoscere che il pregio di Durbridge è quello di costruire una macchina gialla molto efficace e di agganciare il pubblico con belle sorprese, alla profondità dei personaggi ci abbiamo sempre pensato noi, approfittando anche di avere a disposizione ottimi attori, poiché si trattava di grosse produzioni destinate ad avere indici di ascolto molto alti, per quel che mi riguarda tutti oltre i venti milioni di pubblico
Nella Rai di quegli anni si respirava un clima molto più propenso alla sperimentazione nel contesto delle miniserie televisive…
Io preferisco usare il vecchio termine di sceneggiato che all’inizio stava a significare opere tratte da romanzi, poi comprendeva anche gli originali, cioè le opere scritte appositamente per la televisione come molte delle mie. La prima cosa che va sottolineata è l’alta qualità media di tutti i lavori, dovuta alla buona se non ottima scrittura, a regie a volte lente, anche per colpa della vecchia tecnologia e del montaggio su nastro a 2 pollici, ma in ogni caso molto efficaci e in grado di stringere un forte contatto con il pubblico, per finire con uno standard di recitazione di ottimo livello, dovuto alla partecipazione di attori che lavoravano soprattutto per il teatro, come si vedeva e si sentiva. E poi c’era il coraggio di sperimentare generi e stili non solo in settori sperimentali ma anche nei lavori destinati, in prima serata, al grosso pubblico. Se pensiamo al genere giallo è stata proprio la televisione a lanciare il giallo italiano, contribuendo all’apertura, anche in campo letterario, fino ad allora dominato dalla letteratura anglosassone, a romanzi non solo scritti da autori italiani ma ambientati nel nostro paese.  Lo dice uno che è considerato un maestro del giallo televisivo ma anche di quello letterario. E non me lo sto dicendo da solo, ovviamente, ormai me lo ripetono in tutte le salse, anche con premi alla carriera e targhe quasi commemorative, e sono felice di averlo potuto fare godendo di una libertà che aveva regole e limiti forti sul piano politico e censorio, ma aveva il coraggio di provare sempre nuove strade perché, anche se non c’era concorrenza sfrenata, tutti aspiravano ad avere il massimo ascolto del pubblico, che spesso coincideva anche con l’indice di gradimento.
So che ha anche lavorato nel medium della radio, c’è una differenza profonda tra scrivere per la radio e la televisione?
Chi fa questo mio mestiere, se è un artigiano onesto, ha uno scopo, qualunque sia il mezzo che sta usando in quel momento: raccontare una storia e tenere il pubblico inchiodato davanti a schermo cinema o televisione oppure a una radio. Una delle cose più gravi che ha fatto la Rai è stato di eliminare dai suoi palinsesti tutto quello che, in mezzo secolo, è stato uno dei punti di forza: la prosa radiofonica sia che se intenda quella scritta appositamente o adattando romanzi famosi oppure mandando in onda classici di teatro.  Per ragioni di concorrenza e della disgraziata teoria che il pubblico non ha tempo per seguire un programma di prosa ha ridotto la radio a uno juke box di musica e di notizie, con tante parole inutili in libertà. Le rispondo più direttamente con un esempio: con Diana Crispo mia partner abituale abbiamo scritto Tua per sempre Claudia un originale radiofonico in molte puntate, che è stato tradotto in francese e trasmesso in Belgio, dove ebbe un tale successo che ci chiesero di fare una versione televisiva: noi curammo il testo, che rimase molto simile a quello radiofonico, con un solo spostamento fondamentale: l’ambientazione a Bruxelles invece che a Roma. Qualche anno dopo anche la Rai decide di farne uno sceneggiato televisivo. cambiando il titolo in Doppia indagine e l’ambientazione per motivi produttivi fu spostata a Genova, città meno sfruttata dal punto visivo. Ebbene in questi passaggi fra radio e tv ci sono stati adattamenti ma la sostanza della storia e soprattutto i dialoghi sono rimasti quasi gli stessi perché erano la parte migliore di quel lavoro. In fondo chi scrive non è altro che la vecchia nonna che, una volta seduta vicino al camino, raccontava storie che sembravano favole ma invece era un modo per insegnarti a vivere.  Anche facendoti paura.
Da dove ha tratto l’idea per Dov’è Anna?
Nella letteratura crime o gialla, come la definiamo noi italiani, schematizzando ci sono due scuole: quella inglese, con la caposcuola Agata Christie, dove il meccanismo giallo predomina rispetto all’introspezione della realtà e della società; quella americana, l’hard boiled, dove il realismo della scrittura serve a far emergere le violenze e le incongruenze di un mondo difficile, spesso dominato dalla criminalità. Due modi di guardare il mondo, diversi di sicuro, forse opposti, io ho sempre preferito la letteratura americana e i miei maestri sono sempre stati Raymond Chandler (del quale feci, come autore e come regista, un adattamento radiofonico in otto puntate per otto ore di programma de Il lungo addio con un cast eccezionale, da Arnoldo Foà a Ileana Ghione)  e Dashell Hammett al quale ho dedicato un testo teatrale, incentrato sui mesi di carcere che lui fece per colpa della caccia alle streghe del Maccartismo. Tutto questo per dire che quando, dopo i successi ottenuti con storie più tradizionali, ho finalmente avuto la possibilità di imporre una mia scelta, proposi alla struttura di Rai Uno con la quale lavoravo, l’idea di fare un originale televisivo in molte puntate basato su un tema giallo – la scomparsa di una donna e la ricerca che fa di lei suo marito – ma teso a sviluppare temi scabrosi e drammatici della realtà italiana, di solito affrontati in trasmissioni culturali o giornalistiche da seconda serata, qui invece elevati a storie da prima serata, destinata ad avere un grosso pubblico, anche se non ci aspettavamo la risposta che fu eccezionale: una media per le sette puntate di quasi 25 milioni di spettatori con il record di 28 milioni per l’ultima puntata quella dove si svelava che cosa era successo ad Anna, tale da meritare addirittura le prime pagine sui giornali.
Io che ho inventato la serie e scritto le sceneggiature di tutte le puntate con Diana Crispo, mia partner abituale, (non solo nel lavoro ma è anche mia moglie) mi sono spiegato il successo per le stesse ragioni che ci avevano spinto a scrivere questa storia: il pubblico i riconosceva nei personaggi, nelle situazioni drammatiche che non erano avulse dalla realtà, ma riguardavano la vita di tutti noi (la difficoltà di adottare bambini, la situazione dei manicomi in Italia, le difficoltà della vita quotidiana di una coppia, che all’improvviso venivano portati alla ribalta da una storia che, nello stesso tempo, aveva i ritmi e gli stilemi di un racconto giallo. Mi dispiace che c’era un’ottava puntata che non fu mai realizzata, con la motivazione dell’eccessivo costo, ma la verità era che per l’epoca era troppo audace, perché parlava di prostituzione. Quando sempre nel 1976, abbiamo pubblicato il romanzo tratto dalle sceneggiature per un’importante casa editrice come la Rizzoli, la puntata mai andata in scena fu invece il corpo centrale del romanzo che aveva l’inizio e la fine identici alla versione televisiva, ma aveva un sapore più realistico e malinconico. Un bel romanzo a mio avviso.
Recentemente ha adattato alcune delle sue sceneggiature, come La mia vita con Daniela e Dov’è Anna, in una serie di romanzi, il passaggio da un medium all’altro è stato complesso da elaborare? 
Non per correggerla ma il romanzo Dov’è Anna è uscito nel 1976 pochi mesi dopo la fine del teleromanzo e fu un buon successo, anche se i lettori conoscevano già l’esito della storia.  Un paio di anni fa un editore giovane, la 21 edizioni 0 ci chiese di ristamparlo, noi ci rimettemmo mano lavorando soprattutto sullo stile di scrittura rendendo ancora più secco e realistico, lasciando intatta la storia e soprattutto l’epoca di ambientazione. Dagli anni settanta a oggi la tecnica ha creato innovazioni, basti pensare al cellulare, che modificano molto la nostra vita quotidiana e cambiano il modo di ricercare una persona scomparsa, quindi la storia di Anna andava lasciata in quell’epoca e in quella società italiana di allora.  Il lavoro è andato bene e ha creato anche una versione albanese Ku este Ana? pubblicato l’altro anno, spero con successo.
Sempre nel 1976 anno ottimo per me e Diana, pochi mesi dopo Dov’è Anna? in televisione creò successo e scalpore La mia vita con Daniela, una storia misteriosa basata su l’altra faccia della realtà quella che non si vede e spesso proprio per questo non si capisce. Il tema ci sembrava talmente affascinante che decidemmo di farne un romanzo cambiando il titolo nel più esplicito Chiunque io sia dove una donna s’interroga sulla sua vera identità e sulla possibilità che cose che riteniamo assurde e impossibili possono succedere anche a noi, cosiddette persone normali. Il ritratto di una donna che ci affascina e ci coinvolge sia se ci appare sugli schermi televisivi sia sulle pagine di un libro.  Continuo a ripetere che le storie, quando sono valide, non sono influenzate dal mezzo di comunicazione, importante è conoscere le differenze dei vari linguaggi e sapere agganciare il pubblico, coinvolgendolo. Non è una regola generale ma se uno sa scrivere per il cinema e per la televisione o per la radio sa anche scrivere romanzi, basta dedicare più tempo allo stile di scrittura, ma se questo è condizionato dalla tua capacità di raccontare per immagini non è un difetto ma anzi un pregio. Mi piace quando il lettore mi dice che, mentre leggeva, vedeva la scena. Io ne sono felice, non amo la letteratura che si arrotola su se stessa e ha un respiro corto. Personalmente ho sempre trovato divertente e affascinante raccontare una storia, con linguaggi differenti, mi sembra una sfida che vale la pena affrontare e vincere. A volte mi sembra di esserci riuscito.
Crede che la Rai, con il passar del tempo, si sia standardizzata troppo, producendo serie su temi ormai usurati, come la famiglia e il giallo di stampo classico?
Il difetto sta nella serialità che produce per antonomasia ripetizione e nella fedeltà tardiva a m modello americano di serie a episodi che in Usa hanno in parte abbandonato, per seguire il modello europeo italiano e francese. Cioè il romanzo sceneggiato in poche puntate, la cosiddetta miniserie, facilmente ripetibile se ha successo, con seguiti sempre strutturati però in forma di romanzo. La differenza sta nello spessore che si dà alla trama e ai personaggi: nelle serie a episodi da un lato ci sono i protagonisti che hanno storie personali e caratteri ben definiti ma vengono investiti da vicende sempre diverse che hanno respiro corto anche per la necessità di risolversi in pochi minuti per lasciare il passo a altre storie. La struttura del romanzo televisivo è la stessa di ogni romanzo letterario e varia a seconda del genere ma permette di offrire un panorama vasto e differenziato; in Italia dove siamo stati i re di questo genere abbiamo finalmente ricominciato a fare qualcuno ma ci vuole tempo perché le cose migliorino: gli autori di oggi si devono adeguare a regole diverse, gli attori della fiction attuali sono molto carenti e la dimostrazione è data dagli esempi al contrario: quando ci sono attori del calibro di Zingaretti, di Marco Gialini e testi nati da romanzi il successo non manca. Io sono ottimista, la ripresa ci sarà anche se si continua nell’errore di non sfruttare i cosiddetti maestri, ultimi superstiti. Il mio è un conflitto d’interessi, spero di potermelo permettere.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Scrivere tante altre storie soprattutto per la letteratura perché per la televisione sono considerato vecchio, ma la cosa non mi fa arrabbiare molto perché quelli che la dirigono ai vari livelli sanno poco di televisione ed è più interessata a inseguire il pubblico, il segreto dei dirigenti degli anni sessanta era che loro il pubblico lo creavano, con il lancio di proposte molto varie fra loro. Si viveva in regime di monopolio ma la concorrenza non è sempre sinonimo di benessere e di felicità.
Io adesso mi occupo soprattutto di diritto d’autore, sono stato nel consiglio di gestione della Siae per quattro anni, adesso vedremo se con le prossime elezioni qualcosa cambierà, la cosa pericolosa è che stanno cercando di inserire la concorrenza anche nel campo della tutela del diritto d’autore e questo è un male non un bene, perché alla fine lede i sacrosanti diritti degli autori. Il nostro diritto non è una merce ma è un valore sacro: la libertà di creare.
Io continuo a scrivere libri per il gusto di farlo, mi godo che fra qualche mese uscirà un volume dedicato alla mia opera, scritto da persone che stimo e che considero amici, mi batto per i diritti degli autori, anche a livello internazionale il che mi permette anche di fare bellissimi viaggi e di conoscere nuovi amici, infine cerco di vivere al meglio. Mi rende felice lo stupore che leggo negli occhi della gente, quando, dopo avermi visto in azione, scoprono la mia età.
In realtà sono molto vicino ai sessant’anni di carriera e ho cominciato che ne avevo diciotto. Fate i conti …
I grandi sceneggiati Rai: domande a Biagio Proietti Biagio Proietti, sceneggiatore, autore, regista, negli ultimi anni ha pubblicato romanzi gialli ma principalmente il suo nome è comparso in molti lavori in televisione o al cinema.
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