#marginalità
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Anche le ferite che non guariscono prima o poi smettono di sanguinare.
(M. Balzano)
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La marginalità è un luogo radicale di possibilità, uno spazio di resistenza.
Non... una marginalità che si spera di perdere via via che ci si avvicina al centro, ma piuttosto un luogo in cui abitare, a cui restare attaccati e fedeli.
Un luogo capace di offrirci la possibilità di una prospettiva radicale da cui guardare, creare, immaginare alternative e nuovi mondi.
bell hooks - elogio del margine
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Ucciso dallo Stato...
Dite quello che volete, ma ho come l'impressione che abbiamo il nostro esempio lampante di suicide by cop per disperazione.
#moussa diarra#persecuzione di stato#e dopo questo oggi si smette di leggere le news fino ad almeno lunedì
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“Ci sono due modi per tentare di combattere il divario Nord-Sud: c’è il Reddito di cittadinanza e le infrastrutture di cittadinanza. Il reddito era la risposta di chi non voleva risolvere il problema e manteneva le persone in una condizione di marginalità. Le infrastrutture di cittadinanza sono le risposte di chi investe sul territorio per cambiare le opportunità, perché il destino del territorio dipende da quanto può combattere a armi pari. È la risposta che cerchiamo di dare noi”.
Giorgia Meloni ha detto una cosa pur sempre statalista ma almeno intelligente, lungimirante, non ideal-superstiziosa.
via https://www.strettoweb.com/2024/03/ponte-stretto-meloni-risposta-scettici/1701079/
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Rimini ottava, nella triste classifica del numero di homeless deceduti nel 2023.
“La solita, invisibile, strage: 415 morti nel 2023 riporta il report curato dalla fio.PSD sui senza dimora che lo scorso anno hanno perso la vita a causa della condizione di grave emarginazione.
Aumenta il numero e si muore durante tutto l’anno, non soltanto d’inverno. Muoiono soprattutto uomini di nazionalità straniera.”
Servono risposte abitative nuove e strutturali adeguate a rispondere alla precarietà abitativa che colpisce sempre più persone.
Di precarietà abitativa si muore d’inverno come d’estate, e Rimini ancora una volta entra in una triste classifica.
Invece questa amministrazione, per volontà di un Sindaco indispettito che gestisce la cosa pubblica come un fatto personale, (non sopporta le critiche), deve fare fuori Casa Madiba Network... e quale miglior modo se non impiantare lì un progetto, quello del centro servizi a bassa soglia, che grazie all’aiuto della Lega, non sarà uno spazio di nuovi diritti per le persone senza casa, ma l’ennesimo palazzo del grigiore istituzionale, dove chi è senza casa deve sentirsi COLPEVOLE, non di certo incoraggiato a lottare per un diritto che dovrebbe essere universale come quello alla casa?
Intanto la gente muore nelle strade, mentre loro, sindaco e assessore ( e proni funzionari tecnici ) sono ancora lì a finire di scrivere il comunicato per il Piano freddo che non c’è, o peggio a strumentalizzare vicende umane e personali, come quella del signor Franco, alias Charlotte.
Intanto ci sono operator* della Marginalità adulta che lavorano con la partita iva, altr* che vengono minacciat* o screditat* se non si allineano, oppure volontar* su cui si scarica il peso opprimente di un lavoro sociale non riconosciuto e di un welfare sempre più frammentato.
Mentre la gente muore nelle strade, negli hotel abbandonati. E loro si occupano solo di scrivere comunicati stampa.
Non ci stupisce la loro ipocrisia e la loro strumentalizzazione, hanno persone pagate per scrivere e gestire la comunicazione del signor Sindaco, ci stupisce invece chi sostiene questo carrozzone, chi entra nei Cda di enti come ACER senza avere la capacità di muovere un millimetro, chi legittima un’azione istituzionale come quella del centro servizi, senza mai avere ascoltato le persone che da dieci anni a questa parte negli spazi di Casa madiba, tutti i giorni creano progetti, risposte, alleanze, relazioni contro la precarietà abitativa e per il benessere e la sicurezza di tutta la collettività con le persone in condizione homelessness.
E per favore non parlateci dei percorsi partecipati svuotati di ogni significato che la parola partecipazione porta con se. Come ridurre un oceano... agli interessi degli Enti amici, ops.... ad una vasca da bagno.
Per questo oggi più che mai, dobbiamo gridare e lottare ancora più forte:
UNA CASA PER TUTT*
Casa Madiba Network
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Antigone, la tragedia (in senso greco) dell'inconciliabilità tra diritto dello Stato e libertà di coscienza.
antefatto: Appena terminata, la guerra dei Sette contro Tebe, con la sconfitta degli assedianti, il nuovo signore della città, Creonte ha ordinato che i due figli di Edipo caduti l’uno per mano dell’altro, Eteocle, difensore della patria, abbia onorata sepoltura mentre Polinice, aggressore, sia abbandonato in pasto ai cani e agli uccelli rapaci.
Ma Antigone, sorella di Polinice, non accetta il bando: se Creonte agisce così in nome delle leggi scritte per impedire che la città cada in preda all’anarchia, Antigone ritiene che le leggi degli dèi e i vincoli del sangue debbano essere salvaguardati ad ogni costo.
Antigone si appella al rispetto delle leggi «non scritte, e innate, degli dèi», che prevedono per un corpo la giusta sepoltura; Creonte rivendica la legittimità del diritto di stato, che punisce il ribelle. Antigone difende la sacralità della famiglia, Creonte il proprio governo. L’empietà proclamata da Creonte è per Antigone pietà, e i due non trovano mai un punto d’accordo.
Sofocle NON risolve l' aporia della giustizia che sarà fonte di sviluppo per duemilaquattrocento anni.
Antigone verrà ripescata come eroina del dissenso politico, come simbolo dell'esilio e della marginalità durante e dopo la guerra civile spagnola, come simbolo del perdono disilluso e tanto altro.
Antigone: "Forse il folle è chi m’accusa di follia" [come dubbio e pietra miliare nella coscienza europea].
Sofocle -Antigone 442 a.C.
-Lego Legis blog.
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LA MARGINALITÀ DEL VERO
LA MARGINALITÀ DEL VERO
di Domenico Rosaci Molti sono convinti che sia utile, o addirittura necessario, possedere una “verità” di qualche tipo. Per “verità” costoro intendono una serie di convincimenti sul modo “giusto” di vivere, su come raggiungere la felicità, sulle persone e su come interagire con esse, e spesso anche su qualche entità metafisica come un “Dio” capace di assicurargli tale felicità. Così costoro…
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
IL VELO DELLE COSE
Giorgio De Chirico è stato un pittore geniale e un personaggio da commedia dell'arte: di rara sensibilità e studi personali, si appassionò a Nietzsche e sentì l'influenza di Böcklin, ma elaborò una poetica originale che i surrealisti parigini non compresero e avversarono, difficilmente accostabile ad una corrente o movimento artistico novecentesco. Eppure, la riflessione sulle "cose", sugli oggetti del mondo, è quanto di più eminente e rappresentativo del '900: l'enigma che si barrica nelle viscere del fenomeno è esperienza di un istante, di una traccia apparsa all'improvviso, come un'epifania dell'essenza, come un velo strappato alla marginalità di una visione distratta dalla consuetudine. E' lo straniamento, concetto caro a Viktor Šklovskij ma ancora prima a Paul Cézanne, il quale tentò di rappresentare la realtà concentrandola intorno al fuoco dell'immediatezza dei sensi: nel solco di un'irrazionale percezione, pura impressione consumata nel tempo di un attimo. Anche Cézanne fu originale, unico, incompreso. Ma dettò la linea alle avanguardie storiche. Anche De Chirico fu ispiratore e faro: per Carrà come per Morandi. Ma alla ricerca di oggettività di Cézanne, De Chirico contrappone la visione come tratto intuitivo che la tela può cogliere solo come eterno enigma o come rivelazione individuale, percezione ineffabile. Non è sogno. Non è psiche nascosta. E' silenzio cosciente di fronte allo svelarsi del mondo.
- Giorgio De Chirico (1888 - 1978): "L'enigma dell'ora", 1911, Firenze, collezione privata - In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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L’elezione di Elly Schlein a segretario del PD conferma solo quello che da anni affermo, l’elettore medio di sinistra che tratta gli altri con sufficienza in verità si sopravvaluta ed è costruito dalla narrazione dei media, poteva scegliere un amministratore che piaccia o no si è dimostrato capace e aggregante e invece ha votato un personaggio altrettanto costruito, vuoto, privo di contenuti e pieno solo di slogan classici del liberal progressista pensiero. Il destino del PD è la marginalità politica, si forse manterrà sempre % di voto a doppia cifra ma non conterà più quello che ha contato fino ad oggi, come rappresentante della classe lavoratrice non posso che plaudire a questo risultato, i pochi che in fabbrica ancora pensavano di votare sinistra oggi sono liberi.
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Padova: 3 milioni 200 mila euro per percorsi di autonomia per persone con disabilità, un futuro più autonomo e inclusivo grazie ai fondi PNRR Un progetto finanziato con 3 milioni 200 mila euro dai fondi del PNRR - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - "Servizi sociali, disabilità e marginalità sociale" – "Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore", nell'ambito dell'investimento per "Percorsi di autonomia per persone con disabilità", migliorerà l'autonomia e la qualità... 🔴 Leggi articolo completo su La Milano ➡️ Read the full article
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Immigrazione, carcere e rieducazione: le sfide di un sistema in bilico
Immigrazione, carcere e rieducazione: le sfide di un sistema in bilico
La questione dei detenuti stranieri in Italia e in Europa rappresenta una criticità che mette in luce le fragilità di un sistema che deve bilanciare due esigenze fondamentali: da un lato, la necessità di rimpatriare i cittadini stranieri che hanno commesso reati; dall'altro, l’obbligo costituzionale di garantire la rieducazione del condannato, qualunque sia la sua origine. Recenti dati rivelano che la presenza di stranieri nelle carceri italiane ed europee è una realtà significativa, che solleva questioni di giustizia sociale, efficienza amministrativa e rispetto dei diritti fondamentali.
I numeri che parlano
Secondo quanto riportato, in Italia il 31% della popolazione carceraria è composta da stranieri, una percentuale ben superiore rispetto alla media europea. Questo dato, purtroppo, non può essere letto semplicemente come un riflesso della presenza straniera nella società, ma piuttosto come il risultato di una serie di fattori strutturali. Tra questi, la difficoltà per gli stranieri di accedere a percorsi alternativi al carcere, come i lavori socialmente utili, e la maggiore esposizione a situazioni di marginalità sociale che spesso conducono alla commissione di reati minori.
A livello europeo, la situazione non è diversa: in molti Paesi gli stranieri rappresentano una quota significativa dei detenuti. Tuttavia, in Italia, i reati connessi all'immigrazione irregolare, come il semplice ingresso o soggiorno irregolare, non comportano la reclusione ma sanzioni amministrative, a differenza di quanto avviene per altri tipi di reato che possono coinvolgere cittadini stranieri, come il piccolo spaccio o i furti.
Il dilemma del rimpatrio
Per molti, la soluzione al problema dei detenuti stranieri sembra essere il rimpatrio. Tuttavia, questa misura non è semplice da attuare. Rimpatriare un detenuto significa affrontare una serie di ostacoli burocratici, diplomatici e logistici. Spesso mancano accordi bilaterali efficaci con i Paesi d'origine, e non sempre le autorità straniere collaborano per il rientro dei loro cittadini.
Inoltre, il rimpatrio solleva questioni etiche e giuridiche. È giusto privare un detenuto straniero della possibilità di completare un percorso rieducativo in Italia? È compatibile con i valori del nostro ordinamento espellere una persona che potrebbe reinserirsi nella società e cambiare la propria vita?
Il principio costituzionale della rieducazione
L’articolo 27 della Costituzione italiana stabilisce che "le pene devono tendere alla rieducazione del condannato". Questo principio, fondamentale per il nostro ordinamento, non fa distinzione tra cittadini italiani e stranieri. Garantire la rieducazione significa offrire a ogni detenuto, indipendentemente dalla sua nazionalità, una seconda possibilità. È un principio che tutela non solo i diritti del singolo, ma anche l’interesse collettivo a una società più sicura e inclusiva.
Tuttavia, per gli stranieri, questo percorso è spesso ostacolato da barriere linguistiche, culturali e sociali. Molti detenuti stranieri non hanno accesso ai programmi di formazione e reinserimento, spesso per mancanza di risorse o per una percezione discriminatoria che li considera "non meritevoli" di tali opportunità.
Le sfide del sistema penitenziario italiano
Il sovraffollamento delle carceri è un problema cronico in Italia e incide negativamente sulla possibilità di garantire percorsi rieducativi efficaci. Per i detenuti stranieri, questa condizione è spesso aggravata dalla mancanza di interpreti, mediatori culturali e programmi specifici di supporto.
D’altro canto, la presenza di stranieri nelle carceri italiane evidenzia la necessità di politiche più inclusive e mirate. Offrire opportunità di rieducazione ai detenuti stranieri non significa solo rispettare i loro diritti, ma anche contribuire a ridurre i tassi di recidiva e a costruire una società più sicura.
Verso una soluzione bilanciata
Affrontare il problema dei detenuti stranieri richiede un approccio integrato, che tenga conto sia delle esigenze di sicurezza dello Stato sia dei principi di umanità e rieducazione sanciti dalla nostra Costituzione. Ecco alcune proposte per un sistema più equilibrato:
Accordi di rimpatrio strutturati e responsabili Stringere accordi con i Paesi di origine per il rimpatrio dei detenuti, garantendo al contempo che questi possano accedere a percorsi di reintegrazione nei loro territori.
Accesso paritario ai percorsi rieducativi Promuovere programmi di formazione e reinserimento specifici per i detenuti stranieri, con il supporto di mediatori culturali e linguistici.
Riforma del sistema penitenziario Affrontare il sovraffollamento e migliorare le condizioni di detenzione, creando strutture adeguate a percorsi rieducativi personalizzati.
Conclusioni
Il sistema penitenziario italiano si trova di fronte a una sfida complessa: garantire sicurezza e rispetto delle regole senza tradire i principi di umanità e giustizia che sono alla base del nostro ordinamento. La presenza di detenuti stranieri rappresenta un banco di prova per la capacità dello Stato di coniugare fermezza e inclusione.
Investire in percorsi di rieducazione per tutti, italiani e stranieri, non è solo un dovere morale, ma anche una scelta strategica per costruire una società più giusta e sicura. Rimpatrio e rieducazione non devono essere viste come alternative inconciliabili, ma come strumenti complementari di un sistema che sappia essere al servizio di tutti.
Avv. Fabio Loscerbo
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Ecco, io vorrei chiedere a Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, quale fosse esattamente il merito del suo discorso di ieri durante un evento assai importante: la dimostrazione pratica e operativa di come si possa trarre forza dal dolore, fare del lutto privato una grande occasione collettiva di crescita, di consapevolezza, come abbiamo sempre visto con la famiglia Cecchettin.
Oggi io vorrei un’interpretazione autentica, una nota a margine, una spiegazione qualunque, perché, sinceramente, non arrivo a comprendere. Non comprendo perché evocare il patriarcato sia “un’operazione ideologica”, mentre mettere l’accento - contro ogni dato disponibile - sull’immigrazione illegale a proposito dell’incremento delle violenze sessuali e dei femminicidi invece non lo sia (effetto Albania? Ce lo hanno per contratto, di dare sempre la colpa ai migranti?).
Non comprendo come si possa seriamente pensare che citare Massimo Cacciari - quindi una fonte “di sinistra”, per zittirci tutte e tutti, noi ideologici impenitenti - sia sufficiente a liquidare il patriarcato come tema cruciale del nostro mondo (anzi, letteralmente il ministro ha parlato di “risolvere la questione femminile”. Cosa sarebbe, la “questione femminile”? È tipo una questione meridionale ma più grande? La violenza sulle donne e i femminicidi sono la “questione femminile”? Non è una questione sociale in cui le donne sono le vittime?). Con l’aggiunta che, ormai ha detto il ministro - come “fenomeno giuridico” la famiglia patriarcale non esiste più, quindi di cosa parliamo quando parliamo di patriarcato?
Per esempio, parliamo di mansplaining, guarda un po’. Parliamo di squilibri di potere tra uomini e donne, della “storica asimmetria di potere fra uomini e donne” (una cosa che persino la ministra Roccella ha sottolineato, nella stessa circostanza). Parliamo di squilibri di salario, di ruolo, di riconoscimento. Parliamo di strutture economiche manifeste e di strutture culturali profonde. Parliamo di quel “machismo” che Valditara ha menzionato come “residuo” trascurabile, preferendo sottolineare la “grave immaturità narcisista del maschio, che non sa sopportare i no”. Ma guarda, un maschio che non sa sopportare la parità, la possibilità che una donna gli dica no o si rifiuti di essere controllata: che strano, non sono queste su cui si edifica il narcisismo “le braci del patriarcato” (come le ha chiamate Massimo Recalcati)?
Non comprendo lo spazio che il ministro ha dato “alla diffusione di pratiche che offendono la dignità delle donne”, a opera dei “nuovi venuti”: sappiamo perfettamente come in tante parti del mondo le donne siano marginalizzate e sottomesse da regimi e teocrazie infami, e siamo molto sensibili a questo (ahinoi, anche lì c’entra il patriarcato, dietro il paravento della religione: possiamo dirlo o sarà ideologia? E il ministro lo sa che a volte i profughi e i “nuovi venuti” fuggono proprio da quello?). Tutte abbiamo chiesto giustizia per Saman Abbas, sorella la cui morte ancora ci offende. Peccato che il massacratore di Giulia Cecchettin fosse immigrato dal Padovano, tutt’al più.
Poi, con doppio salto mortale, il ministro, dopo avere evocato i “nuovi venuti” (regolari? Irregolari? Non importa: sono “altro da noi”, portatori di cose brutte per definizione), dice che l’ “incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”. Ignorando che la stragrande maggioranza di violenze avviene in famiglia e nelle relazioni, e ha come autori e protagonisti gli italiani. E lasciamo perdere l’altro salto mortale: l’immigrazione illegale provoca marginalità e devianza. Che strano, pensavamo che relegare le persone ai margini, privarle della possibilità di vita civile producesse devianza, di cui più facilmente sono preda gli ultimi degli ultimi (ricordatemi chi ha smantellato l’”accoglienza diffusa”, l’unica dal volto umano…). Bello, il rovesciamento logico (uno dei tanti): sono gli emarginati a produrre marginalità, non il mondo che hanno attorno a spingerli ai margini. Un po’ come pensano ancora in troppi - lo leggiamo ancora troppe volte in certi resoconti, in certi articoli, in certi interrogatori: non saranno le femmine, a causare i femminicidi?
Bello anche il momento edificante finale, roba da pubblicità del pandoro: proteggiamo i buoni, i deboli, i miti. Le donne saranno buone, deboli o miti, e quindi bisognose “per natura” di protezione (e se non è patriarcato questo, non so proprio cosa possa esserlo)?
E sì, l’unica cosa giusta che il ministro ha detto (statisticamente doveva pur accadere) è quella: la violenza è un fatto culturale. Esattamente. E la sua eliminazione passa per l’educazione sentimentale e sessuale, passa per l’uguaglianza, per le pari opportunità, per l’azione su quei “residui di machismo”, su quel narcisismo patologico. Il suo ministero cosa ha fatto, quindi, in questi due anni? Ah già, un progetto sperimentale, facoltativo ed extracurricolare. Non sia mai che lo prendano per ideologico.
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Music for Change 2024: vince Acquachiara
Acquachiara vince le quindicesima edizione di Music For Change, il premio a sfondo civile organizzato dall’Associazione Musica contro le mafie. La giovane cantautrice romana ha trionfato con il brano Piacere, Sofia sul tema “Disuguaglianze e Marginalità Sociale” superando un lungo cammino di selezioni in un’edizione record che ha visto ben 917 iscritti di cui soltanto 8 in finale. Un programma…
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[Femminismo terrone][Claudia Fauzia][Valentina Amenta]
Femminismo Terrone: una rivoluzione culturale dal Sud che ti sorprenderà. Scopri come la marginalità può diventare un punto di forza e come le donne del Sud stanno cambiando le regole del gioco.
Marginalità come opportunità: il femminismo terrone e la decolonizzazione del Sud Titolo: Femminismo terrone. Per un’alleanza dei marginiScritto da: Claudia Fauzia e Valentina AmentaEdito da: TlonAnno: 2024Pagine: 180ISBN: 9791255540762 La sinossi di Femminismo terrone di Claudia Fauzia e Valentina Amenta «Dev’essere dura essere una donna, e per di più queer, in Sicilia»: Claudia Fauzia e…
#2024#Claudia Fauzia#femminismo#Femminismo terrone#Italia#la malafimmina#LGBT#LGBTQ#Meridionalismo queer#nonfiction#Per un&039;alleanza dei margini#Saggi#Saggistica#Tlon#Valentina Amenta
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#NewsPA - PNRR: al via il Progetto ¿Reddito Alimentare¿ nella città di Palermo
Ai nastri di partenza il progetto “Reddito Alimentare” presentato dal Comune di Palermo a valere sull’Avviso 1/2023 promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali finanziato con risorse del PNRR – Missione 5 “Inclusione e coesione”, Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore”, Sottocomponente 1 “Servizi sociali, disabilità e marginalità sociale” – e…
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Credo infatti sia opportuno fare un piccolo approfondimento proprio sulla scelta politica delle parole (dalla campagna elettorale in poi) adottata da Meloni e dal suo partito, per comprendere appieno quanto queste poco abbiano a che fare con la “comunicazione” e quanto invece abbiano il sapore inconfondibile della propaganda di regime. Già, perché se non fosse chiaro, quello del governo Meloni ha tutti i connotati per chiamarsi in questo modo: criminalizzazione del dissenso, uso della forza tramite il braccio armato dello Stato, cancellazione delle marginalità con limitazione dei diritti fondamentali di intere comunità, controllo dei corpi, controllo dei mezzi di comunicazione, finanziamento dell’esercito israeliano, accordi con la cosiddetta guardia costiera libica, silenzio stampa su vicende al retrogusto di MSI e una spietata quanto irriverente apologia di fascismo commessa a giorni alterni. In questo quadro che ha qualcosa dell’autarchia e qualcosa dell’assolutismo, la comunicazione non basta per sedare gli animi dei cittadini. Serve invece la propaganda, ovvero una serie di espedienti tesi a ribaltare l’ovvietà dei fatti mistificando la realtà e i reali interessi che ha questo governo, per convincere l’elettorato attivo e smuovere quello potenzialmente passivo. Per vedere rinnovato con legalità un incarico, una fiducia in un modus operandi che non potrebbe mai passare come innocuo se raccontato con la spietatezza che invece lo contraddistingue.
MELONI, PISTA E FICHI
Differenze tra propaganda e comunicazione
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