#marchesa balbi
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artthatgivesmefeelings · 2 years ago
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Anthony van Dyck (Flemish, 1599-1641) Marchesa Balbi, c.1623 National Gallery of Art
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canforasoap · 5 years ago
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Antoon van Dyck (Flemish, 1599 - 1641), Marchesa Balbi, ca. 1623. Oil on canvas, 196.5 x 133.8 cm; National Gallery of Art, Washington
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eirene · 2 years ago
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Marchesa Balbi, c. 1623 Anthony van Dyck
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gogmstuff · 2 years ago
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ca. 1623 Marchesa Balbi by Sir Anthonis van Dyck (National Gallery - Washington, DC, USA). From tumblr.com/eirene 1610X2400 @72 2.3Mj. This portrait of a beautiful person wearing a gorgeous dress is stunning and this is the best version I have seen.
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anthony-van-dyck · 3 years ago
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Portrait of Marchesa Balbi, 1627, Anthony van Dyck
Medium: oil,canvas
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thefashioncomplex · 5 years ago
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Fashion on Canvas, No. 105
Marchesa Balbi, Sir Anthony van Dyck, circa 1623
Oil on canvas 196.5 x 133.8 cm (77.38 x 52.69 in.) National Gallery of Art, Washington, DC, USA
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oncanvas · 5 years ago
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Marchesa Balbi, Sir Anthony van Dyck, circa 1623
Oil on canvas 196.5 x 133.8 cm (77.38 x 52.69 in.) National Gallery of Art, Washington, DC, USA
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eatingbreadandhoney · 7 years ago
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Marchesa Balbi by Anthony van Dyck 1623.
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joseandrestabarnia · 5 years ago
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Marchesa Balbi, ca. 1623, de Anton van Dyck (Amberes, 22 de marzo de 1599 - Londres, 9 de diciembre de 1641), óleo sobre lienzo, en general: 196.5 x 133.8 cm. Colección Andrew W. Mellon, National Gallery of Art.
VISIÓN DE CONJUNTO
En este majestuoso retrato de cuerpo entero, Marchesa Balbi se sienta frontalmente en una silla de respaldo alto, su elegante vestido de color verde oscuro adornado con brocado dorado ondulando a su alrededor. Ella mira directamente al espectador con una calidez desarmadora, dada la extraordinaria suntuosidad de su disfraz. Con una mano apoyada en su regazo y la otra colgando un abanico contra su vestido, parece relajada y natural, y el retrato se siente inesperadamente personal a pesar de su gran escala e imponente grandeza.
Anthony van Dyck tenía una habilidad notable para comprender las personalidades de sus clientes y reflejarlas en su retrato. Aunque no se conoce la identidad precisa de este joven y atractivo miembro de la familia Balbi, los Balbis eran miembros prominentes de la aristocracia genovesa. Encargaron una serie de retratos a Van Dyck a mediados de la década de 1620. Su relación con la familia Balbi puede incluso haber precedido su viaje a Italia, ya que una rama de la familia vivía en su ciudad natal de Amberes.
El gran y elegante estilo de esta pintura le debe mucho al antiguo mentor de Van Dyck Peter Paul Rubens, quien había viajado a Génova en las primeras décadas del siglo XVII y realizó una serie de retratos imponentes, como Marchesa Brigida Spinola Doria (también en la colección de la galería). Van Dyck habría visto estos retratos después de llegar a Génova en 1621. Aunque Van Dyck se inspiró en los retratos de Rubens, aportó un carácter expresivo completamente diferente a su propio trabajo. En este ejemplo, ha suavizado las cualidades arquitectónicas del traje de Marchesa e introducido elementos de informalidad en su pose y en la ondulación ondulante en la alfombra oriental debajo de sus pies, mejorando aún más la cautivadora ternura y franqueza del retrato.
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electronicgallery · 8 years ago
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Marchesa Balbi by Anthony van Dyck
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jeroendstoutart · 8 years ago
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Marchesa Balbi, Anthony van Dyck (1599—1641)
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mascati-nucis · 8 years ago
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Portrait of Marchesa Balbi.
Details.
Sir Anthony van Dyck.
ca. 1623.
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lacameliacollezioni · 5 years ago
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TRA REALISMO E SUBLIME BELLEZZA NELLE PIEGHE DELLA TESSITURA
ARTISTICA DELLA LIGURIA ITALIANA DAL XV AL XIX SECOLO
Introduzione
Siamo ai primi decenni del 1600, il secolo del Barocco, sfarzoso e ricco e le tre dame*, raffigurate nei loro sontuosi e magnifici abiti, rappresentano l’epitome della straordinaria qualità e raffinatezza raggiunta dalle manifatture tessili, nell’ambito della produzione ligure di sete, broccati, damaschi e velluti di pregevole fattura, che già nel Medioevo e nel Rinascimento avevano raggiunto traguardi ragguardevoli.
Questi preziosi panni serici avevano dei costi molto elevati e se li potevano permettere solo i nobili o le classi molto agiate, per loro venivano confezionati abiti di seta, arricchiti da ricami e trame broccate dorate, sottolineando così una evidente differenza sostanziale tra gli abbienti, le classi di alto lignaggio e il popolino che vestiva sempre di scuro.
Un ulteriore impulso a questa manifattura venne favorito, nel 1500, dalla richiesta di tessuti pregiati per l’arredamento delle già opulente residenze, che si consolidò nel secolo successivo. Erano pannelli utilizzati come termoregolatori del caldo estivo e della rigidezza del rigore invernale, ma ben presto assunsero il ruolo di status symbol: gli interni delle dimore vennero ovunque rivestiti con preziosi arazzi di seta riccamente decorati, armonicamente assortiti nelle sfumature di colore tanto che, per un certo periodo, assunsero un valore aggiunto preminente rispetto alla pur apprezzabile mobilia.
Arte della seta a Genova: alcuni cenni storici
Fino all’ inizio del 1300 non si può parlare di una vera e propria produzione locale, ma piuttosto di commercio delle sete, perché Genova era il porto di transito per i tessuti provenienti da diverse zone del sud Italia e del Mediterraneo,che avevano come meta il nord d’Italia e diversi paesi europei.
Nella fase tumultuosa dei primi anni del XIV secolo, mentre Lucca era sconvolta dalla lotta fra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri, due mercanti lucchesi decisero di trasferirsi a Genova per tessere “zendado”, una stoffa impalpabile, simile al taffetà, che assunse tale importanza da essere citata più volte sia dal Boccaccio nel Decameron sia dall’ Ariosto nell’ Orlando Furioso, per descrivere l’abbigliamento della maga Alcina quando si reca all’ incontro amoroso col guerriero saraceno Ruggiero:
… benché né gonna né faldiglia avesse;
che venne avolta in un leggier zendado…
Durante il secolo successivo, nel 1400, il numero degli artigiani setieri, provenienti da altre città in crisi, come Venezia per esempio, aumentò e contribuì a consolidare le basi dell’industria serica genovese. Con gli Statuti approvati nel 1432, si riconobbe all’ Arte della Seta la supremazia sulle altre arti per numero di artigiani raccolti, per il prestigio che dava alla città e per l’incremento dei beni pubblici e individuali.
Nella seconda metà del 1500 si era giunti all’ apice di queste manifatture: la lavorazione, la produzione e il commercio della seta impegnavano circa 38000 abitanti di Genova su un totale di 60000 che allora vivevano nella città. A maggior gloria di questo straripante successo, un artista lucchese, tale Baldo, come si può evincere dagli atti notarili stilati allora, si impegnava a fornire di nuovi disegni per i broccati e i velluti un nutrito gruppo di “setaiuoli” genovesi di fama e, nella sua scia, altri ne arrivarono.
Gli artigiani di origine toscana, che giunsero a Genova per svolgere la loro attività,portarono con sé anche una certa confusione, perché oltre a possedere doti artistiche eccellenti, avevano anche buone cognizioni tecniche nel comporre e riparare i telai ma, soprattutto, c’era fra di essi un continuo scambio tra i ruoli di pittori, ricamatori e disegnatori,che finivano per sovrapporsi nei lavori da svolgere.
Le stoffe di Genova, dette “Jeane” dal nome della città d’origine, ormai non temevano confronti in nessun paese europeo. I ricchi, i nobili, i principi, persino i re facevano a gara per arredare i propri palazzi con i damaschi, i velluti, i broccati, le sete genovesi con ricami e decorazioni sempre nuove e dalle nuances sempre più varie e armoniose,a costi inverosimili. Persino nell’ inventario stilato dopo la morte di Enrico VIII, si trovano descritte varie tipologie di questi velluti.
Anche il potente cardinal Mazzarino, primo ministro di Luigi XIV, in Francia, chiedeva continuamente che gli fossero inviati campioni di broccati, velluti e damaschi in varie tonalità di colore, per il tramite di uno dei molti rappresentanti che Genova aveva dislocato in tutto il territorio europeo, perché curassero i suoi interessi e ne sviluppassero il commercio.
Industria serica genovese: tecnica e commercio
Il grande apprezzamento che suscitavano i manufatti serici genovesi era dovuto all’ altissima qualità del prodotto. In origine, per la lavorazione, veniva utilizzata la seta greggia proveniente dalla Cina e dall’ Asia Minore ma, in seguito, tra il Cinquecento e il Seicento, il quantitativo maggiore di materia prima arrivava dall’ Italia meridionale.
Il livello di perfezione raggiunto era il frutto di una complessa filiera produttiva, a cominciare dal baco da seta per arrivare al manufatto, alla quale lavoravano numerosi artigiani molto abili ed esperti, che compivano al meglio ogni fase della lavorazione fino alla tessitura, coadiuvati dai tecnici, che si occupavano dei telai, delle loro componenti e della manutenzione.
L’industria serica genovese, dopo aver raggiunto l’acme nel 1500, vide l’avvio del suo declino nella seconda metà del 1600 quando, all’ interno della città, diminuì in modo drastico il numero degli imprenditori, a causa della crisi finanziaria che aveva provocato il rialzo del prezzo degli alimentari, della manodopera e una diminuzione del potere d’acquisto dei mercati europei, tartassati dalle guerre e dalle epidemie.
Il mercato, comunque, conservò una sua nicchia, grazie a facoltosi clienti aristocratici che prediligevano le stoffe genovesi, rinomate per qualità e resistenza e grazie all’ ascesa di nuove famiglie facoltose o di fresca nobiltà come Balbi, Durazzo, Moneglia, Saluzzo, Brignole, desiderose di emulare i nobili di antico lignaggio.
Il setaiolo doveva godere di cospicua disponibilità finanziaria per poter sostenere la sua impresa, poiché esercitava diverse tipologie di attività, anche se apparentemente affini. Svolgeva il ruolo di mercante, commerciante, ma anche di imprenditore che, in quanto proprietario sia delle materie prime sia del prodotto finito, rispondeva del successo o dell’insuccesso dell’intero processo produttivo ed era responsabile anche di tutte le maestranze che ne facevano parte.
A lungo andare, si crearono anche contrasti tra artigiani e imprenditori per le retribuzioni, sempre a causa della crisi finanziaria e la conseguenza fu l’esodo dei tessitori dalla città verso le zone rivierasche,causando molti problemi ai tessitori rimasti.
Questo fenomeno si rivelò positivo per la manifattura della seta, perché bilanciò la pesante diminuzione della produzione cittadina,strozzata dai problemi economici e,anche se non vennero raggiunti nel corso del secolo seguente i successi passati, tessuti come il velluto piano, operato e i damaschi mantennero sempre una qualità altissima e il primato anche in ambito europeo, senza cedere ai dettami della moda, che propendeva per l’introduzione di nuovi disegni; la parola d’ordine rimaneva sempre la medesima: alta classe e qualità indiscussa.
Tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento questo orientamento si affermò sempre più, grazie anche alla maggiore diversificazione tra tessuti destinati all’arredamento e quelli destinati all’abbigliamento, ognuno caratterizzato da una gamma di diversificazioni ben distinta. I primi erano contrassegnati da elementi decorativi di grandi dimensioni, spesso incorniciati da temi vegetali disposti a specchio ai lati della pezza. I secondi, invece, presentavano piccoli motivi sempre più soggetti a variazioni col procedere del secolo.
La vigilanza dei setaioli sulla produzione è sempre ferrea sia sulla qualità sia  sulla esecuzione tecnica, a scapito però della creatività e delle novità proposte dalla moda.
* n. 1 –  Dama genovese con bambino
* n. 2 –  Marchesa Balbi
* n. 3 –  Dama rossa di Bernardo Castello
Un articolo di Maria Cristina Cantàfora  ©  per “La Camelia Collezioni” 
STORIA DELLA TESSITURA LIGURE – I ° PARTE di 5 TRA REALISMO E SUBLIME BELLEZZA NELLE PIEGHE DELLA TESSITURA ARTISTICA DELLA LIGURIA ITALIANA DAL XV AL XIX SECOLO…
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martinmcmeowest2015-blog · 8 years ago
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Marchesa Balbi by Van Dyck
Highlight of my adventures at the National Gallery today. Her face is so dainty yet so unenthused
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anthony-van-dyck · 3 years ago
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Portrait of Marchesa Balbi, 1627, Anthony van Dyck
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quo-usque-tandem · 7 years ago
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Marchesa Balbi by Anthony van Dyck
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