#manifesto di gent
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L'HA DETTO VERAMENTE
Non voglio somigliare a quei blogger che mettono il succo della storia dopo sei pagine per trattenerti a lungo sul loro sito. Riporto subito l'assurda frase che mi ha lasciato di stucco. È una dichiarazione attribuita a Salvini dopo l'attentato a Trump: «Spero che questo serva a qualcuno che semina parole di odio contro le destre, i fascisti, i razzisti».
Ho visto che tanta gente ne parlava sui social network.
Ma all'inizio ho dubitato.
Sì, cara persona immaginaria con una vasta e inspiegabile conoscenza dei miei post, hai perfettamente ragione: lo scetticismo mi è capitato in altre occasioni e ne ho anche discusso, ma questa volta ho dubitato con veemenza inaudita, credimi. Però non voglio farti preoccupare: non nutro speranze sul fatto che Salvini abbia qualcosa di umano. Ho avuto dubbi per l'incredibile stupidità della frase pronunciata dal ministro, che rappresenta una confessione in piena regola, un'autodenuncia senza filtri, senza espressioni edulcorate, senza alcun tentativo di dissimulazione.
Sì, ho sopravvalutato Salvini. Ho pensato a fake news ben confezionate.
E allora ho cercato conferme sul web. Ho trovato notizie di agenzia: Ansa, Adnkronos. E c'erano quelle esatte parole che poi ho ritrovato in tanti articoli. Sul Manifesto, tanto per cominciare. Ma già immagino l'obiezione di tanta gente: sono comunisti, ce l'hanno con Salvini, farebbero qualsiasi cosa per metterlo in cattiva luce. E allora le mie ricerche non si sono fermate.
Ho trovato un riferimento a quelle parole in una vignetta di Makkox. Ma anche qui immagino le proteste: è la sinistra radical chic di Propaganda Live, non è affidabile.
Le stesse considerazioni dubbiose possono essere rivolte a Fanpage, in teoria.
Ma ne parla anche il Sole24Ore. E qui la sinistra e il comunismo mi sembrano distanti anni luce. Il Sole24Ore riporta stralci di un piccolo monologo di Salvini. Ci sono le affermazioni incriminate.
Poi ho trovato filmati diffusi su Twitter.
Pensate che io mi sia fidato dei filmati? Certo che no. I video che circolavano sul web sembravano riferiti al TG1, il principale megafono governativo dopo Bruno Vespa. E allora mi sono detto: «Mi resta una sola cosa da fare». Ho pensato a una mossa estrema, pericolosa, temeraria, autolesionista: guardare il TG1 su RaiPlay.
Le date dei tweet mi hanno subito indirizzato sulla strada giusta: l'edizione del mattino. Meno male. Guardare più di un telegiornale di destra è troppo per il mio fragile equilibrio psicofisico. Ho trovato la fonte con un solo tentativo. 14 luglio 2024: edizione delle ore 7.00.
Potete verificare anche voi. Non si tratta di un deepfake, anche perché Salvini non ha smentito. Non ha mica detto: «Al Tg1 c'era un impostore».
Non è l'opera di sintetizzatore vocale basato su un'intelligenza artificiale.
Salvini, raggiunto al telefono, ha detto realmente quelle cose, con seriosa gravità, con placida sicurezza, con atteggiamento da saggio della montagna. Senza rendersi conto di nulla. Senza intravedere l'inquietante corollario delle sue parole.
Bisogna accettarlo. È il paese in cui viviamo. È Salvini. È la realtà.
[L'Ideota]
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Storia Di Musica #300 - Miles Davis, Live-Evil, 1971
Quando si ascoltò questo disco per la prima volta, i critici ebbero un profondo senso di smarrimento: Come bisogna definirlo? Cosa è? È jazz? È rock? È qualcosa di altro? In parte era lo scopo del suo creatore, in parte perfino a lui, genio incontrastato delle rivoluzioni musicali, qualcosa "sfuggì di mano", divenendo addirittura qualcosa di altro dalla sua idea primigenia. Questo è un disco che parte da un percorso iniziato qualche anno prima, quando Miles Davis e il suo storico secondo quintetto iniziano ad esplorare le possibilità che gli strumenti elettrici e le strutture della musica rock possono dare al jazz. I primi esperimenti con Miles In The Sky (1968), poi con quel capolavoro magnetico che è In A Silent Way (1969), il primo con la nuova formazione elettrica, la quale sviluppa a pieno quella rivoluzione che va sotto il nome di jazz fusion con il fragoroso, e irripetibile, carisma musicale rivoluzionario che fu Bitches Brew (1970, ma registrato qualche giorno dopo il Festival di Woodstock, nell'Agosto del 1969). Davis è sempre stato curioso e non ha mai avuto paura di guardarsi intorno dal punto di vista musicale, ne è testimone la sua discografia. E nell'idea che il jazz stesse morendo, era sua intenzione innestarlo di nuova vitalità contaminandolo con altri generi, non solo il rock, ma anche il funk, il soul, la musica sperimentale europea. A tutto ciò, per la prima volta nel jazz (e questa fu l'accusa più viva di eresia), il ruolo del produttore, del suo fido e sodale Teo Macero, è proprio quello di cercare tra le sessioni di prove le parti migliori, o come amava dire Davis "le più significative", e metterle insieme in un lavoro sorprendente e meticoloso di collage musicale, che in teoria elimina la componente espositiva solista del musicista jazz, ma che allo stesso tempo regala una nuova filosofia musicale ai brani, del tutto inaspettata. Decisivo fu, nel 1970, il compito che fu affidato a Davis di curare la colonna sonora del film documentario A Tribute To Jack Johnson, di Bill Cayton, sulla vita del pugile che nel 1908 divenne il primo pugile di colore e il primo texano a vincere il titolo del mondo di boxe dei pesi massimi, quando sconfisse il campione in carica Tommy Burns. Per questa ragione fu considerato una sorta di simbolo dell'orgoglio razziale della gente di colore all'inizio del ventesimo secolo, soprattutto poiché nel periodo erano ancora in vigore le leggi Jim Crow, leggi che di fatto perpetuarono la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo uno status definito di "separati ma uguali" per i neri americani e per gli appartenenti a gruppi razziali diversi dai bianchi, attive dal 1875 al 1965.
Il disco di oggi somma tutte queste istanze, in maniera unica e per certi versi selvaggia, divenendo di fatto una sorta di manifesto che Il Signore Delle Tenebre ostenta alla sua maniera, cioè nel modo più sfavillante possibile. Live-Evil esce nel Novembre del 1971, ma è frutto di storiche serate live al The Cellar Dome di Washington DC, dove la band di Davis si esibì per diverse serate nel Dicembre del 1970, e una parte di registrazioni in studio sotto lo sguardo attento di Teo Macero, presso gli studi della Columbia di New York. Con Davis, nelle esibizioni al Cellar Dome, che come prima pietra dello scandalo usa la tromba elettrica, infarcita di pedali di effetti e di wah wah (amore trasmessogli da Jimi Hendrix) c'erano Gary Bartz (sassofono), John McLaughlin (chitarra elettrica), Keith Jarrett (piano elettrico), Michael Henderson (basso elettrico), Jack DeJohnette (batteria) e Airto Moreira (percussioni) e in un brano solo, come voce narrante, l'attore Conrad Roberts. Nelle sessioni in studio di aggiungono altre leggende, tra cui Herbie Hancock e Chick Corea (con lui nei precedenti dischi citati), Billy Cobham, Joe Zawinul e il fenomenale musicista brasiliano Hermeto Pascoal, la cui musica e i cui brani saranno centrali in questo lavoro. Tutto il magma creativo di queste idee sfocia in un doppio disco dalla forza musicale devastante, tanto che oggi alcuni critici lo definiscono un heavy metal jazz, che parte dalle origini più profonde ma sfocia in una musica caotica e sfacciatamente meravigliosa, trascinante e indefinibile, che gioca tutto sulle dissonanze, sugli ossimori, sui palindromi simbolici e musicali. E manifestazione più chiara ne è la copertina, bellissima, di Mati Klarwein, artista francese autore di alcune delle più belle copertine musicali, tra cui quella di Bitches Brew: lasciato libero di creare da Davis, pensò alla copertina con la donna africana incinta, come simbolo di creazione "primordiale", ma fu lo stesso Davis, a pochi giorni dalla pubblicazione, una volta deciso il titolo, che gli chiese un nuovo disegno, che accostasse il "bene" al "male" attraverso una rana. Klarwein in quel momento aveva una copertina della rivista Time che raffigurava il presidente Hoover, che fu presa come spunto per la rana del male, che campeggiò sul retro della copertina, e che vi faccio vedere:
Musicalmente il disco si divide in brani autografi di Davis, che diventano lunghissime jam session di sperimentazione, di assoli di chitarra, sfoghi di batteria, con la sua tromba elettrica che giganteggia qua e la, che raccolgono quel senso di rivoluzione, anche giocata sulla sua storica abilità di comunicazione (Sivad e Selim, che sono il contrario di Davis e Miles, la seconda scritta per lui da Pascoal, languida e dolcissima), il medley Gemini/Double Image, scritta con Zawinul, e le lunghissime e potentissime What I Say, quasi una dichiarazione di intenti, Funky Tonk, rivoluzionaria e la chiusura con Inamorata And Narration by Conrad Roberts, che è quasi teatro sperimentale, e le altre composizioni di Pascoal, Little Church e Nem Um Talvez, musica che stupì tantissimo lo stesso Davis, che considerava Pascoal uno dei più grandi musicisti del mondo: il brasiliano, polistrumentista, arrangiatore, produttore, è una delle figure centrali della musica sudamericana, e essendo albino è da sempre soprannominato o bruxo, lo stregone. Tutti brani vennero "perfezionati" da Macero, e addirittura nelle ristampe recenti è possibile leggere nelle note del libretto l'esatta costruzione dei brani, ripresi dalle sessioni live e dalle registrazioni in studio. Di quelle leggendarie serate al The Cellar Dome, nel 2005 la Columbia pubblicò un inestimabile cofanetto, di 5 cd, The Cellar Door Sessions 1970 con le intere esibizioni del Dicembre 1970: le parti usate in Live-Evil sono nel quinto e sesto disco, nei precedenti ulteriori esplorazioni musicali da brividi, per una delle serie di concerti storicamente più importanti del jazz.
Il disco verrà considerato il capolavoro che è solo dopo anni, in un periodo, quello degli anni '70, dove Davis accettò apertamente di sfidare la critica con la sua musica. Da allora però, per quanto in parte ancora enigmatico e "difficile", è considerato l'ennesimo pilastro della leggenda Davis, in uno dei suoi capitoli musicali che ebbe più fortuna, poichè buona parte dei fenomenali musicisti che contribuirono a questo disco erano in procinto, o già alle prese, con esperienze musicali che partendo dalla lezione del Maestro, ne approfondiranno i contenuti, e ne esploreranno i limiti: sarà quest'ambito che legherà le altre scelte di Novembre e questo omaggio, che come i precedenti numeri miliari (1,50,100,150,200,250) è dedicato al formidabile uomo con la tromba.
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Revolt in Aspromonte - An early 20th century's tale of hopeless poverty in Southern Italy's Calabria
Gente in Aspromonte (which was translated in English as Revolt in Aspromonte) written in 1930 by Italian journalist and novelist Corrado Alvaro, is a short but powerful novel of peasant life in Southern Italy's Calabria and is recognized by Italians as one of the classics of their modern literature.
Gente in Aspromonte is the story of the shepherd Argirò and his family––of their struggle for survival, and some shred of dignity, against the degrading oppression of the feudal family which controls their village. In his despair, Argirò believes that if only he can educate his youngest son, Benedetto, to be a priest he will achieve status and revenge on those who have wronged him. To this end, he sacrifices himself and the gentle older brother, Antonello. A simple tale––but told with a poetry of style which gives it a somber beauty.
Corrado Alvaro (San Luca, 15 April 1895 – Rome, 11 June 1956) was an Italian journalist and writer of novels, short stories, screenplays and plays. He often used the verismo style to describe the hopeless poverty in his native Calabria.
Gente in Aspromonte, which examined the exploitation of rural peasants by greedy landowners in Calabria, is considered by many critics to be his masterpiece.
He was born in San Luca, a small village in the southernmost region of Calabria. His father Antonio was a primary school teacher and founded an evening school for farmers and illiterate shepherds. Alvaro was educated at Jesuit boarding schools in Rome and Umbria. He graduated with a degree in literature in 1919 at the University of Milan and began working as a journalist and literary critic for two daily newspapers, Il Resto del Carlino of Bologna and the Corriere della Sera of Milan.
He served as an officer in the Italian army during World War I. After being wounded in both arms, he spent a long time in military hospitals. After the war, he worked as a correspondent in Paris (France) for the anti-Fascist paper Il Mondo of Giovanni Amendola. In 1925, he supported the Manifesto of the Anti-Fascist Intellectuals written by the philosopher Benedetto Croce.
In 1926 he published his first novel L'uomo nel labirinto (Man in the Labyrinth), which explored the growth of Fascism in Italy in the 1920s. A staunch democrat with strong anti-Fascist views, Alvaro's politics made him the target of surveillance of Mussolini's Fascist regime. He was forced to leave Italy and during the 1930s he travelled widely in western Europe, the Middle East, and the Soviet Union. Journeys he later recounted in his travel essays. L'uomo è forte (1938; Man Is Strong), written after a trip to the Soviet Union, is a defence of the individual against the oppression of totalitarianism.
Alvaro is noted for his realistic, epic depictions of the Italian poor. His later work portrayed the contrasts between a yearning for the simple, pastoral way of life, and the aspiration to achieve material success that attracts people to the city. He died in Rome in 1956.
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Non conosco omissione di emozione.
Non so cosa significhi nascondere un impeto di rabbia, di gelosia, di gioia o di delusione.
Manifesto sempre tutto.
Sempre e a qualunque costo.
Non conosco orgoglio e non ne faccio uso.
Non tollero le strategie e non le metto in atto.
Chi mi conosce nella vita di tutti i giorni, sa che da me non arriveranno mai colpi bassi.
Non soltanto perché mi fanno schifo, ma perché sono abituata a dire sempre tutto e a non avere portavoce.
Che dire tutto non significa dover essere per forza aggressivi.
Qualche volta può significare anche soltanto avere il coraggio dei propri pensieri ed esprimerli con decisione, senza per questo diventare irrispettosi.
Chi dice tutto, non ha mai parole che avanzano.
Ecco, di me posso svelare questo.
Non ho mai parole che mi restano incastrate nella lingua.
O peggio, nel cuore.
Che a tenere dentro le parole, io potrei impazzire.
Ecco perchè quando smetto di parlare, smetto per davvero.
Non è che fingo per vedere l'effetto che fa sull'altro.
Di barare non me ne importa niente, non me ne è mai importato.
E quando pare che non me ne freghi un cazzo, vuol dire che non me ne frega proprio un cazzo.
Io sono esattamente quello che si vede.
Facciamocene una ragione di questo.
Esiste gente che non finge.
Serena Santorelli
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Non conosco omissione di emozione.
Non so cosa significhi nascondere un impeto di rabbia, di gelosia, di gioia o di delusione.
Manifesto sempre tutto.
Sempre e a qualunque costo.
Non conosco orgoglio e non ne faccio uso.
Non tollero le strategie e non le metto in atto.
Chi mi conosce nella vita di tutti i giorni, sa che da me non arriveranno mai colpi bassi.
Non soltanto perché mi fanno schifo, ma perché sono abituata a dire sempre tutto e a non avere portavoce.
Che dire tutto non significa dover essere per forza aggressivi.
Qualche volta può significare anche soltanto avere il coraggio dei propri pensieri ed esprimerli con decisione, senza per questo diventare irrispettosi.
Chi dice tutto, non ha mai parole che avanzano.
Ecco, di me posso svelare questo.
Non ho mai parole che restano incastrate nella lingua.
O peggio, nel cuore.
Che a tenere dentro le parole, io potrei impazzire.
Ecco perchè quando smetto di parlare, smetto per davvero.
Non è che fingo per vedere l'effetto che fa sull'altro.
Di barare non me ne importa niente, non me n'è mai importato.
E quando pare che non me ne freghi un cazzo, vuol dire che non me ne frega proprio un cazzo.
Io sono esattamente quello che si vede.
Facciamocene una ragione di questo.
Esiste gente che non finge.
Serena Santorelli
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“Il silenzio mi fece sentire depressa. Non era il silenzio del silenzio. Era il mio silenzio.Sapevo benissimo che le automobili facevano rumore e che la gente dentro le automobili e dietro le finestre illuminate delle case faceva rumore, e che il fiume faceva rumore, ma io non sentivo niente. La città era appesa alla mia finestra, piatta come un manifesto, luccicante e ammiccante, ma per quanto mi riguardava avrebbe potuto non esserci affatto.”
Sylvia Plath - Campana di vetro -
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Ora, capisco che sia una media e che c'è gente che sta peggio... ma a me sta cosa del taglio al cuneo fiscale stava sul culo prima, perchè è principalmente salario non percepito e adesso pare proprio una bella inculata.
E questo è il sole24ore... mica il manifesto.
#cuneo fiscale#flat tax#servizi#average income#average salary#salario medio#meloni#fdi#fratelli d'italia#lega#salvini
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"Weekend glory" Maya Angelou
La poesia dell’autrice americana una donna nera della classe operaia,è il manifesto esplicito di tutta quella gente onesta, che preferisce vivere la propria vita senza compromessi, sotterfugi e azioni illecite.
Descrive lo stato d’animo di quei lavoratori che non hanno bisogno di indebitarsi fino al collo per apparire.
Weekend Glory di Maya Angelou è una poesia che, malgrado sia stata scritta nell’ambito della lotta per i diritti civili e contro la discriminazione che colpisce i neri americani e in generale tutte le minoranze, può essere il simbolo di un modo d’intendere la vita.
In definitiva, la poesia celebra le gioie semplici e la resilienza della classe operaia.
***********
"Fine settimana" di Gloria di Maya Angelou
Alcune persone sciocche
non si rendono conto di come stanno le cose,
si atteggiano e si pavoneggiano
e si mettono in mostra,
tirandosela.
Si trasferiscono in condomini
sopra i ranghi,
impegnano le loro anime
alle banche locali.
Comprano auto di grossa cilindrata
che non possono permettersi,
girano per la città
facendo finta di annoiarsi.
Se vogliono imparare a vivere bene la vita
dovrebbero studiare me il sabato sera.
Il mio lavoro in fabbrica
non è una grande scommessa,
ma pago le bollette
e non ho debiti.
Mi faccio i capelli
per il mio bene,
così non devo raccattare
e non devo fare soldi a palate.
Prendo i soldi della chiesa
e vado dall’altra parte della città
a casa della mia amica
dove organizziamo il nostro giro.
Incontriamo i nostri uomini e andiamo in un locale
dove la musica è forte
e al punto giusto.
La gente scrive di me.
Non riescono a capire
come faccio a lavorare tutta la settimana
in fabbrica.
Poi mi metto in ghingheri
e ridere e ballare
e allontanare le preoccupazioni
con uno sguardo sorridente.
Mi accusano di vivere
di vivere alla giornata,
ma chi vogliono prendere in giro?
Anche loro.
La mia vita non è il paradiso
ma di sicuro non è un inferno.
Non sono al top
ma mi sento soddisfatta
se riesco a lavorare
e di essere pagata bene
e ho la fortuna di essere Nera
il sabato sera.
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FOTO DI GRUPPO DI UNA STRAGE
La CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro è la principale organizzazione dei lavoratori in Italia, simbolo di un passato conflittuale e combattivo di lotta per la giustizia sociale ed emblema di un presente consociativo all’insegna della pace sociale che ha reso i lavoratori italiani i meno pagati d’Europa e i più precarizzati.
Tutto potevamo aspettarci dall’attuale CGIL ma non che volasse in Ucraina davanti alla Casa dei Sindacati di Odessa, teatro di una strage di lavoratori, facendosi un selfie con i loro assassini o mandanti.
Portando sostegno e solidarietà allo stesso Regime criminale, quello di Zelensky, che ha messo fuorilegge i sindacati e perseguita ferocemente le organizzazioni dei lavoratori del suo Paese.
Sto parlando dell’assalto alla Casa dei Sindacati di Odessa da parte delle forze neonaziste ucraine armate e finanziate dalla NATO, dagli USA e dell'Unione Europea.
Fu una strage che la "libera stampa occidentale" si guardò bene dal raccontare, per non far sgretolare tutto il castello di ipocrisie e di doppiezze dietro cui i nostri sinceri democratici si nascondono.
Dopo che le bande squadriste su mandato degli USA avevano attuato il colpo di stato e deposto in maniera violenta il legittimo Presidente Viktor Janukovic - eletto solo un anno prima e considerato eccessivamente filorusso - si aprì ufficialmente la caccia all'uomo nei confronti di tutti i comunisti, i sindacalisti, le persone di sinistra o quelle accusate di essere troppo vicine alla Russia.
La strage di Odessa avvenne in questo clima.
Il 2 Maggio 2014 Pravy Sektor e altre milizie paramilitari neonaziste assediarono la Casa dei Sindacati di Odessa. Decine di persone terrorizzate si barricarono dentro e come risposta i banderisti ucraini circondarono l'edificio e appiccarono il fuoco.
Decine di persone morirono bruciate vive.
I pochi che riuscirono a fuggire dall'incendio buttandosi dalla finestre furono sgozzati dai neonazisti che circondavano il palazzo.
Alla fine del rogo i testimoni trovarono i corpi carbonizzati di almeno 42 persone, a cui vanno aggiunti i cadaveri delle donne seviziate e violentate, tra cui una donna incinta strangolata con dei cavi telefonici, e delle persone colpite da armi da fuoco e mutilate con armi da taglio.
Quando i vigili del fuoco si avvicinarono all'area per poter intervenire, furono attaccati frontalmente dagli estremisti di destra che impedirono il loro intervento.
Nessun processo è stato mai intentato dal governo ucraino per quell'eccidio, anzi buona parte dei responsabili furono premiati e promossi a ruoli istituzionali e cariche governative.
Nei giorni successivi il massacro fu celebrato attraverso un manifesto in cui si festeggiava la carneficina dei filorussi paragonandoli a delle "coccinelle rosse" che venivano arse vive.
Questa è la gente a cui la CGIL è andata a stringere la mano.
Maurizio Landini non ha nulla da dire?
Roberto Vallepiano
Da quando la CGIL non è più un sindacato ma un'accozzaglia di servi dei padroni e dei padroncini e succursale del PD?
Povero sindacato, Di Vittorio si starà rivoltando nella tomba.
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Sônia Braga
https://www.unadonnalgiorno.it/sonia-braga/
Sônia Braga è l’attrice brasiliana più famosa al mondo.
Grazie a eclettismo, tenacia e grandi doti recitative ha compiuto un’impresa che pareva impensabile, passare con naturalezza dalle telenovelas a Hollywood.
Il suo nome completo è Sônia Maria Campos Braga ed è nata Maringá, l’8 giugno 1950.
Quinta di sette figli, perse il padre quando aveva solo otto anni. La passione per la recitazione era nata quando era giovanissima. Il suo debutto è stato in un programma TV per bambini, poi, nel 1969 partecipò al musical Hair.
In Brasile ha raggiunto la popolarità nel 1975, con la trasposizione televisiva e poi cinematografica del romanzo Gabriella, garofano e cannella di Jorge Amado.
Mentre il paese era in pieno regime dittatoriale si producevano drammi sentimentali, che volevano essere una distrazione dalle tragedie che la politica attuava impunemente.
La fama mondiale è arrivata con la sua interpretazione di Giulia in Dancin’ Days, arrivata sulle tv locali italiane nei primi anni ottanta e subito diventata un fenomeno molto seguito tanto da scalzare le serie statunitensi.
L’attenzione di Hollywood è arrivata col suo ruolo di protagonista del film Dona Flor e i suoi due mariti sempre tratto da un romanzo di Amado.Pur all’interno di uno stereotipo culturale che la voleva come icona sexy latina, Sônia Braga è riuscita a imprimere la sua unicità. Tanti e diversi i ruoli interpretati in film e serie tv, da Il bacio della donna ragno a Milagro, diretta dal compagno dell’epoca Robert Redford.Di lei, il celebre fotografo Steve McCurry disse che è stata la modella più interessante che abbia fotografato.Nel 2016, è riuscita a riconquistare un nuovo interesse globale grazie al film brasiliano Aquarius, presentato a Cannes. Il ruolo più bello e a tutto tondo della sua carriera, in cui veste i panni di una donna che rivendica il diritto di esprimere la sua identità culturale, politica e sessuale, il diritto di essere sola e libera in un’opera che ha i colori della controcultura e delle rivendicazioni femminili.
Molto amato dal pubblico, è diventato un vero e proprio manifesto di libertà e resistenza, dando il via a una discussione politica in Brasile sullo sviluppo incontrollato e sui costi umani per il boom edilizio.
Impegnata anche in temi di giustizia sociale e ambientale, ha contribuito a fondare la National Hispanic Foundation for the Arts, per promuovere la presenza delle persone latine nei media e nelle comunicazioni.
È stata vista con le mani dipinte di rosso a simboleggiare il sangue, durante le proteste in difesa dell’Amazonia e in altre battaglie civili, ha anche conosciuto e appoggiato le battaglie di Marielle Franco, l’attivista delle favelas, uccisa dal regime di Bolsonaro. L’aveva incontrata mentre stava girando Bacurau in cui interpreta Domingas, personaggio complesso e conflittuale con modi burberi e il vizio dell’alcol.
Un film corale composto da professionisti e persone native di un villaggio nell’entroterra brasiliano, la storia di una comunità assediata da politici corrotti e mancanza di risorse che riesce a unirsi per combattere contro le avversità.
Sônia Braga è una donna che non teme il passare del tempo, le rughe e le esperienza vissute senza rincorrere il mito dell’eterna giovinezza.
E rivendica la tanta televisione fatta, perché in Brasile, sostiene, la gente va poco al cinema, non ha i soldi per permetterselo. Non disdegna i social come amplificatori di notizie che certi regimi politici vorrebbero tacitare.
Il suo percorso artistico e culturale ha vissuto tappe intense e controverse per i ruoli interpretati e per l’opinione che la critica e il pubblico, di volta in volta, si facevano di lei. È stata sempre se stessa, in tutti gli step della sua vita, una donna libera che ha sempre osato e non si è mai tirata indietro di fronte alle sfide.
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Shanghai una folla si è radunata e ha alzato fogli di carta bianchi, segno di protesta contro la censura che corre a cancellare ogni voce contraria alla linea delle autorità. Davanti a cordoni di polizia, la gente ha cominciato a gridare slogan.
A Shanghai si sono sentite grida contro il Partito comunista e anche: «Basta, vogliamo libertà, Xi Jinping si dimetta». Queste stesse parole erano state scritte in un manifesto appeso a un ponte di Pechino a ottobre, pochi giorni prima del Congresso del Partito che ha assegnato a Xi il terzo mandato da segretario generale: quel giorno era stato un contestatore solitario a sfidare la polizia, lo avevano arrestato dopo pochi minuti, ma le foto della sua protesta erano state diffuse sul web. Quelle parole sono rimaste nella memoria dei cinesi che sabato notte sono scesi in strada.
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#17annipertuttalavita
Ricordo avevo 16 anni e uno specialino che volava, quel posto era una famosa discoteca dei Parioli che poi cambio di nome in nome fino a divenire un ristorante per parvenu, nel suo giorno di chiusura però era di più, nel suo giorno chiuso Chicco che era il boss, molto più grande di noi pischelli organizzava delle riunioni del Fuan. Alcuni erano molto più grandi me come Bruno o Angelino gente che idolatravo poiché sapeva farsi rispettare solo con uno sguardo, si parlava di politica nulla di segreto o di sovversivo noi eravamo pischelli e attaccavamo giusto qualche manifesto per sentirci impegnati in un credo quasi spirituale, poi la vita passò e così anche quel fuoco mistico, quelle emozioni si affievolirono fino quasi a svanire, complice la pochezza politica e la totale mancanza di statisti nel panorama politico di allora e oggi divenuto addirittura un ricettacolo di Papponi, mignotte e affaristi. Però alle volte la memoria del cuore mi riporta a quegli incontri innocui dove ci pensavamo semidei e questo ricordo mi procura ancora un sorriso che sempre mi fa pensare al tricolore...
La vede solo chi ci ama
la bandiera che ci sventola nel viso,
la verità per cui lottiamo,
il sogno ancora non ucciso.
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Storia Di Musica #288 - Frank Zappa, Hot Rats, 1969
Nella classifica di chi, facendo musica rock, ha sempre cercato una dimensione tecnica e strumentale da musicista “classico” (mi si perdonino le virgolette) al primo posto non può esserci che lui. Frank Zappa è stato uno dei personaggi più bizzarri e creativi della musica rock. Figlio di Francis, perito industriale originario di Partinico (Palermo), nasce a Baltimore. Per problemi respiratori suoi, la famiglia si trasferisce prima in Florida e poi a Los Angeles. Agli inizi degli anni 60′, bazzica studi di registrazione, con l’idea di fare musica orchestrale. Quello che però riesce ad ottenere sono solo jingle pubblicitari (determinanti comunque nello sviluppo della sua musica), qualche canzoncina da poche copie e due composizioni per gli Animals (il disco di riferimento è Animalism). Non si sa come, verso la fine del 1965 viene ingaggiato dalla Verve, la leggendaria etichetta del Jazz, e Zappa, che aveva fondato nel giorno della festa della mamma il suo gruppo, The Mothers Of Invention (chiamati in un primo momento provocatoriamente The Mothers, un gruppo di strampalati personaggi ma musicisti con i controfiocchi), sperimenta in pochi anni una quantità enorme di stili, musica, provocazioni che sarebbero bastate per intere carriere ad altri. Si inizia subito con il botto. Freak Out! (1966) e Absolutely Free (1967) esprimono al meglio l’ideale musicale zappiano: un miscuglio post apocalittico di generi, con canzoni doo-woop, canzoni politiche, collage musicali, cabaret. Alcuni pezzi sono già inni, come The Duke Of Prunes (1967) e i primi esperimenti orchestrali. Già da subito emerge la sua maestria impareggiabile nella chitarra (Invocation And Ritual Dance Of The Young Pumpkin, da Absolutely Free). Zappa ha il tempo di prendere in giro il sogno della stagione dell’amore facendo il verso ai Beatles con We’re Only In It For The Money (album grandioso, la copia pessimistica e sarcastica di Stg.Pepper’s sin dalla copertina 1968) e di scatenare la sua fantasia in Lumpy Gravy (1968, uno dei suoi dischi preferiti) dove, tra le altre bizzarrie, assembla assurdi discorsi di gente che parla nella coda di un pianoforte. La Verve, che non sa come ha a libro paga un tipo così, gli dà un’ultima possibilità, stanca di zero risultati commerciali. Nell’estremo tentativo di farsi trasmettere dalle radio (parole di Zappa) esce Cruising With Ruben And The Jets (1968), che fa un nostalgico pop anni ‘50, con annessa brillantina a go-go e abiti sgargianti, ma è l’ennesimo fiasco. Con il manager Herb Cohen fonda la sua etichetta, Bizzarre (nomen omen), e finalmente ha la libertà che cerca: Uncle Meat (1969) è il primo grande capolavoro zappiano, un doppio album dalla ricchezza stilistica e compositiva pazzesca, dominato dalla suite in 6 parti King Kong. In pieno furore creativo, scioglie i Mothers e pubblica sempre nel 1969 un album solo a suo nome, il primo della sua carriera solista. Hot Rats è una gemma assoluta.
6 brani manifesto tutti strumentali, eccetto uno, fu registrato con per l’epoca le più avanzate tecniche di registrazione, con i primi banchi mixer a 16 piste, per un suono pienissimo e coinvolgente per la gioia della perfezione zappiana. Peaches En Regalia è il brano più famoso, gioiosa composizione dove l’assolo di chitarra si snoda tra meraviglia tecniche, momenti blues e le solite chicche meravigliose (mi riferisco in particolare all’omaggio ai jingle dei cartoni animati della Looney Tunes), Son of Mr. Green Genes è un arrangiamento nuovo di Mr Green Genes presente in Uncle Meat, e ha una storia curiosa: non si sa perché, ma dopo che Zappa pubblicò la prima edizione della canzone, omaggio dei suoi a Green Jeans, star di una famosa trasmissione televisiva americana famosissima negli anni ’50, su Uncle Meat, si diffuse la notizia che Zappa fosse un figlio segreto di Hugh Brannum, l’attore che lo impersonava nella trasmissione (ovviamente una bufala ma Zappa amava queste cose e ci giocò su con la solita ironia); Little Umbrellas è dominato dai fiati di Ian Underwood, uno dei pochi Mothers che Zappa porta con sè. The Gumbo Variations (il gumbo è una zuppa di riso, pesce verdure e pollo del Sud degli Stati Uniti, soprattutto della Louisiana, fatta con l'ocra, un ortaggio di origini africane portato dalla colonizzazione forzata degli schiavi africani in quelle zone) è il lungo pezzo strumentale, di chiaro stampo jazz rock, dove la chitarra iperbolica di Zappa dialoga con i fiati di Underwood e il violino di Don “Sugarcane” Harris, il quale diventerà in seguito uno dei suoi musicisti più fidati. Due brani leggenda: l’unico cantato (forse meglio dire sbraitato) è Willie The Pimp (Willie il pappone) con la voce di Don Van Vliet, in arte Captain Beefheart, che sempre nel 1969 pubblica con Zappa il leggendario Trout Mask Replica; l’altro, It Must Be A Camel, che deve il nome alle particolari “gobbe” che l’andamento musicale faceva sullo spartito, vede la partecipazione del violinista francese Jean Luc Ponty, che diverrà grande amico di Zappa, tanto da dedicargli nel 1970 un meraviglioso disco, King Kong, dove riprende parti di precedenti pagine di Zappa e con il maestro compone una Music For Electric Violin And Low Budget Orchestra da mozzafiato. La copertina fu ideata da Cal Schenkel ritrae la groupie Christine Frka mentre fuoriesce da una piscina vuota di una villa a Beverly Hills, e fu scattata all’infrarosso. Da questo disco la parabola zappiana procederà sempre all’insegna della qualità musicale, spessissimo con relativa bassissima fama commerciale della sua musica, e qualche volta persino con qualche caduta di stile, ma rimarrà un percorso unico (e gigantesco, per la quantità di dischi, raccolte, compilation, i leggendari live) che ha avuto uno zoccolo duro di spericolati appassionati. Zappa continuerà per tutta la vita a lavorare al suo concetto di musica, spesso orientata alla massima cura dei dettagli e alla precisione delle esecuzioni strumentali, fin quando un tumore alla prostata non se lo porta via nel 1993, a 53 anni. Vale la pena scoprirlo o riscoprirlo perchè è uno di quegli artisti mito di cui tutti parlano ma pochi davvero hanno mai ascoltato.
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UGUALE A ME (FEAT. MARCO MENGONI)
Oggi c’è qualcosa di diverso piove forte piange un manifesto sull’asfalto cielo bianco c’è una cosa che mi fa un po’ male ma mi fa sentire viva pure senza respirare
Però mi piace che mentre litighiamo l’acqua viene giù a secchiate e dai palazzi in giù
C’è qualcosa di speciale come me e te persi nelle strade sbagliate e non fa niente dici non vengo troppa gente accenti strani non siamo male solo persone
E tu sei uguale a me e tu sei uguale a me e tu sei uguale a me pensieri strani non siamo male solo persone
Scusami se dico ciò che penso ma se non lo faccio poi mi pento io cambio idea e non ci riesco a stare ferma e respirare dentro convinzioni che a vent’anni fanno solo male
E un po’ mi piace che per due cazzate il cielo cade sulle strade tutti i palazzi blu
C’è qualcosa di speciale come me e te in mezzo a queste case invecchiate e non fa niente dici non vengo, troppa gente accenti strani, non siamo male, solo persone
E tu sei uguale a me e tu sei uguale a me e tu sei uguale a me pensieri strani ma niente male solo persone
Mi guardi male se ti do il mio cuore ma non so cos’altro fare ho bisogno dell’amore e poi mi piace che in fondo
Io sono uguale a te io sono uguale a te io sono uguale a te sono uguale a te
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27 giu 2024 10:51
"SU USTICA MANCA LA VERITÀ, CHIEDIAMO COLLABORAZIONE AI PAESI AMICI” – IL MESSAGGIO DI SERGIO MATTARELLA PER L’ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DEL DC9 ITAVIA: 44 ANNI FA, L’AEREO BOLOGNA-PALERMO FU ABBATTUTO E LE 81 PERSONE A BORDO RIMASERO UCCISE – I MISTERI E LE OMBRE SULLE RESPONSABILITÀ FRANCESI: DUE SETTIMANE DOPO I FATTI, SANDRO PERTINI AFFRONTÒ A MUSO DURO VALERY GISCARD D’ESTAING: “DOVREBBERO CHIEDERSI PERCHÉ MAI SIA STATA SCELTA L’ITALIA COME BERSAGLIO…” -
USTICA: MATTARELLA, MANCA LA VERITÀ,PAESI AMICI COLLABORINO +
(ANSA) - Nel cielo di Ustica, 44 anni or sono, si compì una strage di dimensioni immani. Rimasero uccise tutte le 81 persone a bordo del DC9 in volo da Bologna a Palermo. La Repubblica fu profondamente segnata da quella tragedia, che resta una ferita aperta anche perché una piena verità ancora manca e ciò contrasta con il bisogno di giustizia che alimenta la vita democratica".
Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 44/mo anniversario della strage di Ustica. "La Repubblica non si stancherà di continuare a cercare e chiedere collaborazione anche ai Paesi amici per ricomporre pienamente quel che avvenne".
LE OMBRE FRANCESI SUL CIELO DI USTICA: LA STRAGE 44 ANNI FA
Estratto dell’articolo di Daria Lucca e Paolo Miggiano per “il manifesto”
È il 12 luglio del 1980. Due settimane prima un Dc9 Itavia da Bologna a Palermo, con ottantun civili a bordo, è stato abbattuto nel cielo di Ustica. Pochi giorni più tardi, a metà luglio, un Mig-23 libico precipiterà sui monti della Sila. Tre settimane dopo, il 2 agosto, una bomba abbatterà l’intera ala sinistra della stazione di Bologna, causando ottantacinque morti e oltre duecento feriti.
Ma è ancora il 12 luglio 1980 e Sandro Pertini, presidente della Repubblica italiana è in vacanza sui monti di Entreves, in Val d’Aosta. Va a mangiare in un ristorante frequentato anche, tre volte l’anno, dal presidente francese Valéry Giscard D’Estaing. Pertini è attorniato dalla gente del posto, che ha paura e chiede se la minaccia di terrore e guerra finirà.
«Non sono qui per predire il futuro», risponde il presidente, ma prosegue: «Noi abbiamo il terrorismo e certi governanti stranieri che guardano con disdegno all’Italia… dovrebbero chiedersi perché mai sia stata scelta l’Italia come bersaglio… l’Italia è un ponte democratico che unisce l’Europa all’Africa e al Medio Oriente. Se, per dannata ipotesi, questo ponte democratico saltasse, ci sarebbero gravi conseguenze: lo sconvolgimento degli equilibri nel bacino del Mediterraneo e un pericolo per la pace mondiale».
Una donna lo incalza: «Vai avanti». E Pertini sbotta: «Se salta il ponte democratico rappresentato dall’Italia non se ne potranno rallegrare né la Francia, né la Germania, né l’Inghilterra. Parliamoci chiaro. E ditelo al signor Giscard D’Estaing».
COSA RIMPROVERA Pertini a Giscard? Solo l’ospitalità offerta ai terroristi rossi italiani fuggiti in Francia? Oppure anche qualcosa di storto successo, per colpa francese, sul cielo di Ustica, due settimane prima? Difficile saperlo.
La prima volta che la Francia viene tirata in ballo per la strage di Ustica è nell’immediatezza dei fatti. Una telefonata alla sede romana del Corriere della sera accredita Marco Affatigato come esponente dei Nar, i neofascisti dei Nuclei armati rivoluzionari, e lo racconta imbarcato sul volo Bologna – Palermo. […] il terrorista stesso si affretta, tramite la madre, a smentire. Lui è vivo e vegeto in Francia. E’ un depistaggio, non conta. Ma intanto l’attenzione immediata è diretta verso una bomba, i Nar sono accreditati come bombaroli e la prua geopolitica è diretta a nord ovest.
LA SECONDA VOLTA, la cosa è più seria. Il 17 dicembre 1980, il quotidiano britannico Evening Standard pubblica la notizia di «fonte romana» secondo cui il Dc9 Itavia è stato abbattuto per errore durante un’esercitazione da un missile lanciato da un aereo militare decollato da una portaerei francese: «Si pensa che il missile abbia agganciato per errore i motori del Dc9, che erano più potenti di quelli del radiobersaglio, il vero obiettivo»,
In realtà, la Francia era comparsa nella vicenda fin dalla sera stessa della strage, solo che magistrati e opinione pubblica dovranno attendere anni per venirlo a sapere. La stessa notte dell’incidente il capitano Giancarlo Trinca, secondo pilota del primo elicottero di soccorso aereo decollato da Ciampino, sente chiamare a più riprese in lingua inglese la Clemenceau, portaerei dei bleus, sulla frequenza di emergenza aerea internazionale, la 6715 della rete SiprNet.
Un torrente di comunicazioni che viene ascoltato anche al sottocentro soccorso di Ciampino, prima e dopo l’abbattimento del Dc9, dal sottufficiale Massimiliano Bozicevich. Parlavano così tanto che non riuscivamo a comunicare col nostro elicottero, testimonierà anni dopo Bozicevich ai magistrati.
Il torrente di parole in inglese avremmo potuto ascoltarlo anche noi. Degli otto registratori audio del centro di controllo del traffico aereo di Ciampino, uno è dedicato proprio alle comunicazioni terra-bordo-terra del soccorso. Ma il nastro del soccorso, assieme ad altri nastri registrati quella sera a Ciampino, non sono mai arrivati a periti e magistrati. Ne sono arrivati, pare, tre su otto.
Lo scoppio del Dc 9 della compagnia Itavia sul cielo di Ustica fu causato da «un oggetto non identificato che ha attraversato la zona dell’incidente da ovest ad est ad alta velocità e approssimativamente nello stesso momento in cui l’incidente si è verificato»…. c’è da appurare la natura dell’oggetto non identificato che è entrato in collisione con il Dc 9.
Si avanza l’ipotesi di un missile partito per sbaglio da un caccia non italiano e non americano
QUANDO I GIUDICI SCOPRONO […] l’esistenza di comunicazioni riguardanti la Clemenceau, chiedono riscontri a Parigi, che nega: le loro porte-avions, Foch e Clemenceau il 27 giugno erano in porto a Tolone. Tuttavia, i dati non coincidono alla perfezione. Ad esempio, su Cols Bleu, rivista ufficiale della marina d’oltralpe, la Foch non compare in alcuna collocazione, in porto o in mare, per la giornata del 27.
Paradossalmente, mentre gli Usa si preoccBupano di smentire subito ogni coinvolgimento della Navy […], la Francia non apre bocca. isognerà arrivare al 1986, il 4 settembre, perché il direttore del Sismi chieda ufficialmente conto all’omologo francese. Due settimane dopo, lo Sdece risponde che la caduta del Dc9 non costituisce «affaire de terrorisme» e pertanto non hanno informazioni. Non è terrorismo. E’ forse un affare di stato?
Il direttore del Sismi in quel momento è l’ammiraglio Fulvio Martini. Ascoltato in Commissione stragi, […] dirà […] che in quell’area un missile può «essere solo americano o francese». A quel punto, i commissari chiedono se abbia svolto attività specifica su Stati Uniti e Francia e Martini dichiara: «Per farlo avrei dovuto essere attivato dai politici», intendendo che non lo fu.
PARIGI TORNA prepotentemente in ballo quando il giudice Priore mette assieme i tracciati radar di Ciampino e Poggio Ballone, che guardano ambedue sul Tirreno centrale. E allora si scoprono un gran numero di tracce in movimento, decollo e atterraggio, dalla prospiciente base di Solenzara, in Corsica.
[…] Che i cugini francesi non avessero all’epoca scrupoli ad agire sul territorio italiano è provato da una serie di fatti.
Il 14 agosto una serie di candelotti fanno saltare i ponti radio di una società all’Elba che serve anche Radio Corsica International. Si sospetta sia opera dei servizi di Parigi. Sempre nel 1980, a Genova la nave libica Dat Assawari subisce un attentato, rivendicato da un fantomatico FLM, cioè Fronte di Liberazione Maltese. Sigla dietro a cui sembrano muoversi i servizi segreti francese e inglese.
Ma torniamo a Pertini. Subito dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto, Gheddafi gli invia un messaggio di cordoglio che il presidente italiano decide di non rendere pubblico, con «particolare rammarico» del Colonnello. Così l’ambasciatore italiano a Tripoli, Alessandro Quaroni, descrive l’umore di Gheddafi, in un telegramma cifrato del 14 settembre 1980 inviato alla Farnesina: il «colonnello – cui stampa italiana viene abbondantemente tradotta – era rimasto colpito da mancata menzione del messaggio di cordoglio al Presidente Pertini». Anche questo è contenuto del dossier Ustica desecretato da Matteo Renzi.
Insomma gli eventi accaduti nel cielo tra Ponza e Ustica sono sicuramente complessi. Come disse Rino Formica a La Stampa nel 1990, «questo incidente copre qualcosa di più importante dell’incidente stesso… Non voglio dire che il Dc9 sia stato abbattuto intenzionalmente, ma se si è trattato di un incidente non lo si è voluto dire subito perché, evidentemente, la causa è ancora più drammatica della tragedia». Formica era il ministro dei Trasporti a cui il direttore del Registro aeronautico italiano, Saverio Rana, nell’immediatezza degli eventi, aveva mostrato il tracciato del radar di Ciampino che mostra la manovra d’attacco di un caccia e un secondo aereo che fugge.
Passano i decenni e il dito socialista sui francesi, alzato per primo da Pertini, viene di nuovo puntato da Giuliano Amato che, nel settembre dell’anno scorso, chiede al presidente francese Emmanuel Macron di riconoscere il pasticcio che sarebbe stato combinato dal suo predecessore Giscard.
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mi preoccupa quasi meno "scrivi ciocca e vota lega"(cantato) che non capire se la Salis sia colpevole o meno, perché una che è saltato fuori essere un'abusiva(non paga l'affitto da tot anni a quanto pare) e che non ho capito se abbia o meno aggredito chiunque fosse in non ricordo che stato MI ANGOSCIA PIÙ DI AVERE IN TESTA QUELLA CAZZO DI CANZONCINA DEL LEGHISTA CHE HA FATTO CAMPAGNA ELETTORALE COL VIDEO DA BALLETTO DI TIKTOK CON UNA BASE ORECCHIABILE CHE TI RIMANE IN TESTA, PORCA TROIA.
tra le altre cose sul manifesto c'è scritto "no insetti" o "basta insetti"(MO MI SFUGGE, OK?) e me ne sono accorta oggi DOPO CHE UNA VESPA MI SI È INFILATA SOTTO AL CARDIGAN E MI HA PUNTO SULLA SCHIENA
HAI RAGIONE, TI AIUTO A STERMINARE CIMICI, LOCUSTE E CAVALLETTE IN TUTTA EUROPA... ah no intendeva nel cibo, farina di grilli.
OK QUESTE ELEZIONI MI HANNO LASCIATO PERPLESSA MA SE LO SCRIVO SU INSTAGRAM LA GENTE LEGGE A PEZZI E VIENE A DISCUTERE E NON HO OGGETTIVAMENTE VOGLIA DI DISCUTERE.
#pensieri#me#idk#elezioni#elezioni europee#la lega e i video di tiktok#prossimamente al cinema#non ho capito se Ilaria sia colpevole#ne se sia una pessima persona oppure no#boh che ansia#mi mettete l'angoscia#e già soffro di mio d'ansia#europarlament
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