#maglia nera
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luigiviazzo · 1 year ago
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Maglia nera del Giro d’Italia, lo strano fascino dell’ultimo posto e un modo di dire divenuto imperituro in ogni campo dallo sport alla cultura financo all'immaginario collettivo.
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themhac · 1 year ago
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quest'anno l'as roma ha detto spiace per voi ma noi non sbagliamo una maglia
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fabriziosbardella · 1 year ago
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Cambiano i governi, ma le brutte abitudini rimangono e la nostra PA si conferma ancora, senza vergogna, come la peggiore pagatrice in Europa #italiamaglianera #pubblicaamministrazione #CGIAmestre #PAinadempiente #proceduradiinfrazione #comunitaeuropea #fabriziosbardella
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ci0k · 5 months ago
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Foto tette co maglia bianca e nera a righe?
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ilsalvagocce · 1 month ago
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trama e me
Cara mamma
ho ritrovato nelle scatole dell'inverno una maglia tua, forse tra le ultime che hai comprato da sola, in qualche magazzino vicino al supermercato per far passare il tempo per accumulare cose che forse serviranno, e se non serviranno saranno regalo, saranno scusa saranno motivo per qualcosa. ti ricordo poco con lei addosso, forse l'hai dismessa subito, e pure ci leggo tutto — gusto, sguardo, decisione, armadio, dimenticatoio. è bella sintetica, poliammide o come si chiama, nera a V, ampia e come di pizzo, tra le trame ci vedi oltre. sembra un nido fatto di rametti scuri di albero di loto, ci è cresciuta addosso la lana del tempo. l'ho indossata. sono un merletto nero vivente, e caldo, sto calda, ed è uscito pure il sole dopo che son affondata dentro, e sotto, siccome ha tutti i buchi di merletto, ho messo la maglia color terracotta che mi ha regalato sorella alla fine dell'estate, anche questa è a V. ho tutte rondini sul petto. ora penso di essere vestita, vestita davvero, e pure così come sono nata
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vintagebiker43 · 3 months ago
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Capiteli i disagiati razzisti e omofobi.
Capiteli se odiano le olimpiadi.
Dopotutto, come potrebbero reggere una donna che, conquistata la medaglia olimpica, va a baciare la sua compagna a pochi metri dalla "madre, donna, cristiana" urlatrice seriale?
Come potrebbero sopportare la vista di una ragazza nata in Islanda da padre tedesco che, con la maglia azzurra gioca e vince in collaborazione con una sarda? Oppure una veneta dalla pelle che più nera non si può che si precipita ad abbracciare una stangona bionda nata in Russia? O la altrettanto biondona americana che riconosce la sconfitta e abbraccia una campana mentre l'altra americana va ad abbracciare la sicula che ha conquistato il titolo di miglior schiacciatrice?
In parole povere: come fa un razzista, omofobo, ad amare lo sport, quella cosa che mischia le razze e le tendenze sessuali e cancella l'odio nazionalistico per sostituirlo con l'orgoglio per una medaglia?
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buscandoelparaiso · 4 months ago
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twuomini americani sotto la foto di ceccon con la maglia alzata, e' crisi nera
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asteriscoverde · 1 month ago
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XO (only if you say yes!)
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mondo si gentile con me questa è la prima storia che scrivo e decido di pubblicare.
“Se non apri questa porta ti uccido” la voce ovattata ed annoiata di Ethan risuonava al di là del portone, Lea rise di gusto “Va bene, va bene, arrivo” disse prima di aprire la porta facendo entrare il ragazzo zuppo dalla testa ai piedi che la guardò con uno sguardo bellamente arrabbiato ed infastidito.
“Grazie eh” mormorò Ethan entrando in casa, sfilandosi prima le scarpe per poi togliersi il giacchetto, rimanendo solo in abiti comodi, fradici, l'aria calda gli accarezzò il volto, dandogli delle sfumature rosee sulle guance.
“Quando vuoi” scherzò Lea, correndo a prendere una felpa dall’armadio di suo fratello Jasper che appena la vide piombare nella sua stanza le urlò contro di bussare. “Tieni metti questa e dammi pure la giacca e la tua felpa, la metto ad asciugare in bagno sul termosifone riscaldato, almeno non devi uscire zuppo”
“Ma che gentile che sei” scherzò Ethan sfilandosi la felpa che assieme si portò su anche la maglia nera che indossava sotto facendolo rimanere a petto nudo, Lea arrossì osservando il fisico del capitano di basketball della sua scuola ed il suo fisico marmoreo, aveva tutti i muscoli al posto giusto e non troppo marcati, il giusto per renderlo disgustosamente attraente.
Lea sentì il cuore accelerare mentre lo osservava. Il vapore che si alzava dalla sua pelle umida creava un'aura quasi mistica attorno a lui. Non aveva mai notato quanto fosse definito il suo addome, quanto fossero forti le sue braccia.
“Non…non posso lasciare che il capitano si ammali” disse balbettando Lea, abbassando lo sguardo, cercando di nascondere il rossore che le ardeva sulle guance.
Ethan sorrise, divertito dalla reazione di Lea. "Non preoccuparti, non mi ammalerò. Sono fatto di ferro, io." Si avvicinò a lei, prendendo la felpa dalle sue mani prima di infilarla.
scosse la testa passandosi una mano tra i capelli rossastri ancora un po’ bagnati.
Ethan fece un passo avanti, stringendola in un abbraccio umido che la avvolse come una coperta calda. Lea si irrigidì, sentendo il suo corpo caldo contro il suo. Il profumo di Ethan, un mix di shampoo e colonia, la inebriava, il suo cuore batteva come un tamburo. Gli strinse le mani in vita, reciprocando l'abbraccio, "Mi sei mancato," mormorò, la voce tremante. Strofinò il viso nell'incavo del suo collo, assaporando il calore della sua pelle. 
"Sono stato fuori solo cinque giorni per una partita, non sono mica andato in guerra," esclamò ridendo, ma il suo tono era più dolce del solito.
 La sua risata, profonda e melodiosa, riempì il soggiorno, creando un'atmosfera intima e intensa.
Ma la magia fu interrotta dai passi pesanti di Jasper che risuonarono lungo il corridoio. Lea si staccò da Ethan, il suo viso arrossato. I suoi occhi cercarono quelli di Ethan, ma lui aveva già girato lo sguardo sorridendo non appena Jasper entrò nel suo campo visivo.
“Ethan! Amico, che partitona Domenica! quel canestro proprio sul finire del tempo!” esclamò scansando Lea che indietreggiò prese i vestiti bagnati di Ethan e si diresse verso il bagno, sentendosi come se le avessero strappato il cuore. Appoggiò gli abiti sul termosifone, guardando il vuoto per qualche secondo. Il cuore le batteva ancora all'impazzata. 
Lea appoggiò la schiena al muro freddo, il respiro corto. Il rumore della pioggia che batteva contro la finestra la travolse, come i suoi pensieri confusi. Si strinse nel suo maglione, cercando un po' di calore. Ricordava la loro prima grande litigata, quando erano ancora alle superiori. Ethan si era rotto il crociato durante una partita di basket e si era presentato alla sua festa di compleanno la sera stessa con le stampelle. Lei lo aveva apprezzato moltissimo, ma si era sentita in colpa, quasi soffocata dal suo altruismo.
Ora, anni dopo, si ritrovava di nuovo a provare le stesse emozioni. Ethan la faceva impazzire, con la sua gentilezza, il suo sorriso contagioso. Ma era così lontano, così irraggiungibile. Si sentiva come una bambina che ammirava un supereroe, in grado solo di guardarlo da lontano.
Lea si voltò verso la porta, esitando un attimo. Sentiva la voce di Ethan mescolarsi a quella di suo fratello, creando una melodia familiare che la faceva sorridere e piangere allo stesso tempo. Con un profondo sospiro, si allontanò dalla porta, dirigendosi verso la sua camera.
Accese la lampada da scrivania, illuminando un piccolo angolo della stanza. Si mise a sfogliare i suoi appunti, cercando di concentrarsi sui concetti che aveva difficoltà a capire. Ma i suoi pensieri continuavano a vagare verso la presenza di Ethan nel soggiorno.
Infilò le cuffie e avviò la playlist condivisa, era un’accozzaglia di generi e di canzoni sconclusionate che però avevano un significato ben preciso. Le note familiari riempirono la stanza, riportandola indietro nel tempo. Ricordava quando avevano creato quella playlist, trascorrendo ore a cercare nuove canzoni, a condividerle e a commentare. Era stata una delle loro prime uscite da soli, dopo essersi conosciuti meglio.
Senza rendersi conto, si era addormentata sulla scrivania, la testa appoggiata ai libri. Al suo risveglio, vide Ethan disteso addormentato sul suo letto, il telefono in mano con un video sul basket ormai dimenticato. I raggi del sole non filtravano più dalla finestra. l’unica fonte di illuminazione era rimasta la sua lampada. 
Lea si alzò stirandosi arrivando vicino la finestra vedendo le gocce di pioggia battere incessantemente contro il vetro, il vento che spostava i rami del vecchio pino che era nel giardinetto condominiale, il meteo era peggiorato rispetto a quando era arrivato Ethan qualche ora fa. 
Lea guardò il suo letto occupato dalla figura familiare di Ethan, la luce soffusa illuminava il suo viso rilassato. Lea sorrise, ammirandolo. Sentiva il suo cuore batterle forte nel petto. Si mosse lentamente, cercando di non fare rumore. Uscì dalla stanza attenta a non disturbarlo, camminò verso il salotto dove Jasper era impegnato a guardare una qualche serie tv.
Percependo la sua presenza, suo fratello si mise seduto sul divano guardandola con un sopracciglio alzato.
“Perchè sembri un'anima in pena? Che è successo? Non vi ho sentiti parlare, non puoi dirmi che non prova la stessa cosa che provi tu”, disse Jasper, la voce tremante di un'emozione trattenuta a fatica.
Lea lo guardò storto come ogni volta che Jasper tirava fuori l'argomento Ethan Lee. Respirò profondamente e raggiunse il fratello sedendosi accanto a lui con il broncio sul volto.
“Ehy, parlaci, vedi che non te ne pentirai, parola di fratello ma sopratutto parola di scout!”, esclamò alzando il mignolo della sua mano, la sua voce più alta del solito, quasi strillata.
Lea sorrise lievemente 'non sei nemmeno mai stato uno scout', disse continuando a guardarlo male.
“Ascolta, conosci Ethan meglio di me, Dio, me lo hai presentato tu come il tuo migliore amico e già avevo i miei dubbi, lo vedevi a scuola come si comportava? I compiti li passava solo a te, le cheerleaders le ignorava tutte, al massimo ci parlava solo quando era costretto, suvvia Lea, non puoi dirmi che quel ragazzo non è innamorato di te! Stai soffrendo, Lea, e lui pure! Metti fine a tutto ciò e parlaci!” esclamò Jasper, schizzando in piedi, il volto contorto dalla frustrazione. Le mani le strinse a pugno, le nocche bianche.
"Jasper, non credo sia la scelta giusta, con quale coraggio posso dire ad Ethan che..."
"Dirmi cosa?" La interruppe proprio Ethan con ancora gli occhi lucidi e stiracchiando le braccia fino a sopra la sua testa, facendo alzare la felpa di Jasper e mostrando la parte inferiore dell'addome.
Lea arrossì violentemente, sentendo il calore salire alle guance fino alle radici dei capelli. I suoi occhi cercarono disperatamente un punto su cui fissarsi, ma ogni oggetto nella stanza sembrava brillare di una luce più intensa, sottolineando il suo imbarazzo. 
Ethan rimase fermo, a metà del suo stiramento, lo sguardo fisso su Lea. La sua espressione era un misto di curiosità e di un'amichevole attesa. Sembrava quasi divertito dalla reazione della ragazza, ma allo stesso tempo ansioso di sapere cosa stesse cercando di dirgli. 
Lea avrebbe voluto sprofondare nel pavimento. Ogni secondo che passava sembrava un'eternità, e la sua mente correva a mille all'ora cercando una via d'uscita da quella situazione imbarazzante. Il suo cuore batteva forte nel petto, quasi soffocandola.
"Ehm... niente, dimenticavo," balbettò infine, cercando di riprendere il controllo della situazione. Ma la sua voce tremante la tradì, e la sua faccia era ancora più rossa di prima.
Ethan la osservò per un attimo, un sorriso appena accennato sulle labbra. "Sicura? Sembravi sul punto di dirmi qualcosa di importante."
Lea abbassò lo sguardo, cercando di nascondere il suo imbarazzo. "No, davvero, niente di importante."
Ethan annuì, ma il suo sguardo indagatore la fece sentire a disagio. Aveva la netta sensazione che lui avesse capito che stava nascondendo qualcosa, e l'idea la terrorizzava. 
"Eh no, non ci sto, ora basta, Ethan, Lea ti deve parlare, perciò parlate e Lea piantala di scappare!" Esclamò con la disperazione chiara nella sua voce Jasper, camminando dritto verso lo stesso corridoio da cui il primo era arrivato e chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Ethan e Lea da soli in salotto con sottofondo solo la scadente serie che Jasper stava guardando.
"Ok, che diavolo sta succedendo?" Chiese Ethan avvicinandosi a Lea, peggiorando l'imbarazzo della ragazza. Lea sentì il calore salire alle guance e il cuore batterle come un tamburo. 
"O la va o la spacca," mormorò, "Ethan io..." Cominciò, bloccandosi. Le parole sembravano intrappolate in una bolla di ovatta, impossibili da pronunciare. Rimase incantata dagli occhioni dolci di Ethan, che la fissavano con un'intensità che la faceva tremare. "Tu?" La incalzò dolcemente il ragazzo, sedendosi di fianco a lei.
"Ethan tu mi piaci," sbottò, la voce tremante. "Tanto," aggiunse prima di coprirsi il viso con le mani. Sentì Ethan muoversi di fianco a lei, pronta a vederlo alzarsi ed andare via. Lea strinse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere.
Ethan le prese i polsi delicatamente, scoprendole la faccia. Lea lo lasciò fare ed incrociò il suo sguardo. Ethan aveva sul volto uno dei sorrisi più belli del globo, un sorriso che le scaldò il cuore. "Sono felice che i miei sentimenti siano reciprocati," spiegò, sorpreso ma anche sollevato. "Anche se pensavo fosse ovvio dalle superiori che provassi qualcosa per te."
Lea sorrise timidamente, cercando di abituarsi all'idea che tutto quello che aveva sempre sognato stava finalmente accadendo. In quel momento, il mondo intorno a loro svanì, ridotto a un vago rumore di fondo. C'era solo lei, lui e il battito accelerato dei loro cuori, un ritmo sincopato che sembrava pulsare in ogni vena. Con un gesto lento, Ethan si avvicinò a lei, gli occhi scintillanti di un'emozione che lei non aveva mai visto prima. "Posso baciarti?" domandò il ragazzo, la voce rauca e tremante, accarezzandole uno zigomo con la punta delle dita. Il tocco leggero lo fece rabbrividire piacevolmente e un brivido le percorse la schiena. "Sì," sussurrò lei, la voce appena udibile.
I loro respiri si mescolarono, caldi e umidi, creando una nuvola tra le loro labbra. Ethan si avvicinò ancora, fino a sentire il calore del suo respiro sul viso di Lea. I loro occhi si incontrarono, pieni di un'intensità che la lasciò senza fiato. Poi, le loro labbra si sfiorarono in un bacio leggero, come una carezza, un'esplorazione timida e dolce. Era un bacio che prometteva mondi, un bacio che diceva ‘ci sono io, e ci sarò sempre’.
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Buon compleanno Heeseung, from an Italian Engene!
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bangtanitalianchannel · 2 months ago
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[ARTICOLO] Jin dei BTS partecipa alla sfilata della collezione primavera-estate 2025 di Gucci nel suo debutto da Ambassador del marchio
"Dopo un lungo viaggio da Seoul, capitale della Corea del Sud, Jin dei BTS ha fatto il suo debutto alla Milano Fashion Week direttamente dalla prima fila della sfilata della collezione primavera-estate 2025 di Gucci. E per un'occasione del genere, ovviamente, ha dovuto indossare qualcosa di adatto.
Jin ha sfoggiato quello che, a nostro parere, è il suo miglior look mai visto finora. Per posare davanti ai fotografi nel photocall rosso messo a disposizione, infatti, la star ha indossato un maglione lavorato a maglia iridescente che rifletteva una gamma di colori che spaziava tra il marrone, l'arancione e il viola. Il maglione, inoltre, lasciava scoperta parte del suo petto così da incorniciare perfettamente le svariate collane d'argento che Jin aveva indosso, una delle quali adornata con un ciondolo a forma di chiave che gli pendeva dal collo. A completare il look c'erano poi dei pantaloni marroni fatti su misura e retti da una cintura nera di Horsebit e i mocassini classici di Horsebit, anch'essi di colore nero. I capelli di Jin sono stati invece pettinati all'ingiù e con un effetto quasi 'bagnato' a coprire la fronte della star, uno stile sicuramente diverso da quello corto che abbiamo visto l'artista portare in tutte le sue apparizioni del periodo post-militare.
Prima di arrivare in Italia per la sfilata di Gucci, però, Jin era già stato fotografato all'aeroporto di Incheon mentre sfoggiava anche per viaggiare un look firmato dal brand di lusso di cui è ambassador (N/B: un 'brand ambassador' è il 'portavoce della marca', cioè un professionista o una celebrità che ha il compito di promuovere un brand e i suoi servizi). In particolare, la star indossava un completo di giacca e jeans in denim nero con uno zaino nero abbinato. Tutti e tre i pezzi erano decorati con le classiche strisce verdi e rosse di Gucci. Jin aveva poi completato il look con una maglietta da baseball sotto la giacca e un paio di sneakers bianche e nere.
Questa è stata soltanto la più recente delle avventure di Jin nel mondo della moda. Dopo la fine del suo servizio militare, infatti, l'artista è stato accolto a braccia aperte dall'industria del fashion. Prima è stato scelto per essere il primo ambassador globale di Fred Jewelry, un brand di LVMH (N/B: 'LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE', abitualmente accorciata in 'LVMH', è una multinazionale e conglomerato francese con sede a Parigi e proprietaria di oltre settanta marchi di lusso). In seguito, invece, è diventato ambassador mondiale di Gucci al fianco di altri volti noti come il membro del gruppo delle Newjeans Hanni, la star di How to Make Millions before Grandma Dies Billkin e l'attore indiano Alia Bhatt.
Nonostante questa non sia la prima esperienza di Jin come ambassador globale di un brand di lusso, è certamente la prima volta che la star ricopre questo ruolo da solo. In precedenza tutti e sette i membri dei BTS - RM, Jin, Suga, J-Hope, Jimin, V e Jungkook - avevano insieme rappresentato in tutto il mondo il marchio Louis Vuitton sotto la direzione artistica del compianto Virgil Abloh. Successivamente, i membri si sono imbarcati in progetti individuali anche nella moda. RM è diventato un testimonial per Bottega Veneta, Suga per Valentino, J-Hope ha continuato a collaborare con Louis Vuitton, Jimin ha partecipato alla Settimana della moda di Parigi come ambassador di Dior, V si è unito a Cartier come ambassador globale del brand e Jungkook ha continuato a fare il modello per Calvin Klein.
Ora che Jin ha concluso i suoi primi impegni come ambassador di Gucci, però, non vediamo l'ora di vedere cos'altro ci aspetta".
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©jimindipityR) | ©TeenVogue
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yourdirtiestdreams · 10 months ago
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Eravamo in una di quelle case vacanze che si affittano temporaneamente per trascorrere qualche giorno con gli amici e il sole mattutino di metà luglio illuminava tutti gli ambienti rendendoli quasi eterei.
Gli altri erano già a sguazzare nella piscina della casa mentre io stavo sul letto ad ascoltare un po' di musica e a leggere. “Hai altra roba da lavare?” mi chiedi da qualche porta di distanza, oggi il turno del bucato spetta a noi. Indossavo un paio di calze sopra il ginocchio bianche con due righe nere, dell’intimo bianco e una mini canotta nera. Ero abbastanza sicura di aver già portato in lavanderia tutto ciò che volevo lavare ma per una maggiore sicurezza decisi comunque di raggiungerti. “Cosa lavi? Scuri o chiari?” chiesi sporgendomi dalla porta. “Scuri”. Entrai del tutto nella stanza, la porta finestra aperta lasciava entrare un po' di arietta fresca facendo muovere la tenda avanti e indietro. “Scuri? Beh, a pensarci bene questa notte ho sudato parecchio, sarebbe meglio rinfrescassi anche questa maglia” dissi togliendomi la canotta. Non portavo il reggiseno, lo trovavo scomodo in casa, soprattutto viste le temperature estive. Con un lancio perfetto lanciai il capo in questione dentro la lavatrice dicendo “Grazie” e uscii dalla stanza dirigendomi verso quella che, per due settimane, è stata effettivamente la nostra camera da letto. Camminai lungo il corridoio incurante dei finestroni che si affacciavano sul giardino, erano tutti presi da altro. Una volta raggiunta la camera rimasi ad aspettarti vicino alla porta.
Aspettai poco.
Appena entrato feci scorrere la porta alle tue spalle chiudendola, finendo del tutto di fronte a te.
“Hey Gnocco” sussurro con le braccia sulle tue spalle, mani tra i tuoi capelli, le mie labbra sul tuo collo. “Ciao Fregna” mi rispondi con le tue braccia attorno alla mia vita e le mani che mi stringono il culo. Ti spingo lentamente verso il letto, continuando a tenere le mie mani e le mie labbra su di te, vestito solo dai pantaloncini da basket. Ti sdrai e mi porti con te, le mie cosce a lato delle tue ginocchia. Mi avvicino delicatamente, il mio petto contro il tuo, pelle a pelle, e riprendo da dove ho lasciato. Baci, leggeri morsi e percorsi con la lingua su quel tuo tatuaggio che tanto mi piace, per poi passare dall'altro lato. Le tue mani vagano su tutto il mio corpo e ti sento spingere contro il mio stomaco. “Vieni qui, sali su” mi dici con voce rauca prendendomi da dietro le cosce e posizionando la tua erezione contro le mie mutandine sempre più umide. Iniziamo a strusciarci l'una sull'altro mentre ricambi le mie attenzioni con succhiotti e baci decisi. Le tue mani sui miei fianchi mi guidano al ritmo che preferisci mentre una delle mie è finita sotto i tuoi pantaloncini a toccarti e a tenerti saldo contro di me. Continuiamo così per un tempo indefinito, finché la situazione non diventa insostenibile. Il mio petto si stacca dal tuo e mi siedo poco sotto la mano che continua a muoversi su e giù attorno a te. Non perdi tempo a copiarmi e a sederti portando la tua bocca sul mio seno, giocandoci.
Poco tempo e il tuo tocco diventa frenetico, il tuo respiro si spezza a causa degli ansimi sempre più forti e inizi a scoparmi la mano senza un senso preciso, con i tuoi fianchi che si alzano da sotto di me, finché non vieni sulle mie dita. Tolgo la mano tra di noi e la pulisco minuziosamente con la lingua, mentre tu mi guardi sorridente e soddisfatto. Guardo in basso, i tuoi pantaloncini neri sono leggermente sporchi. Ridiamo.
“Fortuna che non hai ancora avviato la lavatrice.”
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dallapartedegliultimi-last · 3 months ago
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E niente oggi mamma ha deciso come debba vestirmi, ho un bermuda blu e una maglietta classica nera e ha detto che devi fare con sto blu e nero.
Mettiti una maglia colorata con qualche diaegno
Cit.
Il bello è che se ne accorge solo ora, dato che spesso metto blu e nero ma magari la maglia con qualche fantasia
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nospiderpls · 6 months ago
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<<Greengrass>>
Silenzio. Esco dalla cucina andando verso il salotto.
<<Greengrass?>>
Altro silenzio. Corro dal salotto verso il corridoio.
<<Greengrasssssssss!>> quasi urlo.
<<Ti ho sentita, ti ho sentita, pazza che non sei altro mi hai appena cacciato dalla cucina perchè avevi i tuoi affari super segr...>>
Lo ignoro, ovviamente.
Ma per tutta risposta mi lancio addosso a lui senza che concluda la frase. Lo vedo per un attimo impacciato cercando di tenermi al volo, ma mi aggancio al suo collo guardandolo più allegra che mai:
<<Buon compleanno Greengrass! È mezzanotte e zero minuti!>>.
Lui mi guarda per un attimo, e quando capisce fa un sospiro quasi rassegnato ma con quel mezzo sorriso che adoro.
<<Mi hai quasi spezzato la schiena lo sai?>>
Rido e gli porto le mani sulle guance, stampandogli un bacio <<Ma se sono un fuscello>>
<<Sì, certo, intanto sono io a tenerti in braccio però>>
Gli premo un altro bacio, e lui sembra rifletterci.
<<Forse così va meglio>>
Gli accarezzo il viso, e solo in quel momento mi accorgo di avere le mani ancora sporche di zucchero a velo, che ora sta regolarmente sulla sua guancia.
Stringo le labbra, cercando di non ridere.
<<Cosa c'è? Che hai fatto ora?>>
<<Niente, ti ho fatto dei dolcetti per il compleanno>> li indico vagamente verso il ripiano, dove attendono dalla forma confusa.
Ma lui non sta osservando dove indico, ma guarda come da proverbio il dito. Mi guarda:
<<Con quelle mani bianche?>>
<<Giuro, non l'ho fatto apposta!>>
<<Non ti credo neanche un po'>> mi guarda serio e per tutta risposta mi lascia andare portando le mani dietro la schiena.
<<No no no no, argh!>> urlo aggrappandomi al suo collo per reggermi. Mi avvinghio stringendomi a lui e agito appena le gambe prima di avvinghiarmi a lui ridendo.
<<Perchè dovrei crederti?>>
Rido guardandolo negli occhi: <<Perchè ti amo>>.
Lui mi guarda sbuffando, e sento le sue braccia stringermi nuovamente.
<<Sleale>> sibila, ma sorride.
Sorrido sulle sue labbra, un istante prima di lasciargli un altro bacio: <<Buon compleanno, amore>>.
Sembra soddisfatto, e annuisce osservandomi: <<Dolcetti, mh?>>.
<<Certo, uno spuntino veloce prima di partire>>
<<Partire, ora? Per andare dove?>>
<<Aspetta, prima una foto!>>
<<Oh no...>>
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<<Ok, Travers. Quindi dove stiamo andando?>>
<<Mh>> mormoro lasciandogli un altro bacio accarezzandogli i capelli scompigliati da quella piacevole brezza che ci accarezzava a sprazzi.
<<Non che mi lamenti eh, ma mi hai fatto guidare la moto, ripeto la moto, per ore e siamo in mezzo a...beh al nulla>> si guarda intorno cercando un punto di riferimento <<Dov'è che siamo?>>
Gli accarezzo il colletto della maglia nera, cercando le parole. Mi sistemo meglio sul sedile della moto, le gambe sulle sue a tenermi in equilibrio.
<<Tempo fa, mi avevi detto di scegliere dove volevo stare>>. Alan sa essere incredibilmente paziente. Non lascia trasparire nulla da quegli occhi che mi ipnotizzano, è calmo e sembra sempre ascoltare le mie parole. Mi fa vacillare il cuore ogni singola volta.
<<Penso di aver già deciso dove voglio stare nella vita>> lo osservo e mi avvicino appena per farmi liberamente spiazzare da quegli occhi. <<Io voglio stare dove sei tu>>.
Sento le sue dita accarezzarmi, mentre gli occhi mi guardano fin dentro l'anima come solo lui ha sempre potuto fare:
<<So che sei una testa calda, che un giorno puoi volere un posto e il giorno seguente considerarla una prigione da cui voler scappare. Io dal canto mio ho vissuto per tutta America latina, mezza europa dell'est e mezza Inghilterra, non c'è un posto dove ho sentito il bisogno di legarmi>> prendo un respiro come se le parole stesse ora mi scorressero fuori dalle labbra <<quindi andiamocene dove abbiamo voglia, non mi importa. Sarò ovunque vorrai, perché io voglio te. Sei tu l'unica casa a cui voglio essere legata>>.
@alanmgreengrass
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dispensatricediemozioni · 10 months ago
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Ieri sera al bar ho incontrato un tuo sosia, la cosa che dovrebbe indurmi a farmi una domanda e darmi da sola la risposta è il fatto che per quanto fosse pieno il bar, il mio sguardo si è soffermato subito su questo ragazzo con gli occhiali, seduto al tavolo con gli amici. Aveva capelli neri e barba nera lunghetta, come te... e poi ti somigliava proprio tantissimo. La cosa sconvolgente è che il mio sguardo si è posato lì, perché ho riconosciuto nella maglia che indossava il ragazzo, un colore a me molto familiare nei miei ricordi con te e il mio pensiero è stato "questo colore lo indossa anche lui, anche lui ha una maglioncino di questo colore" e poi dopo, scorrendo le storie di instagram, ho scoperto che guarda il caso, tu ieri sera indossassi proprio quel maglioncino lì.
Da quando sono rientrata a casa ho l'umore sotto terra, sono ancora più antipatica ed irascibile e sono chiusa al buio in camera sotto le coperte, senza voglia di far nulla. Mi sarebbe piaciuto raccontarti questo accaduto con il sorriso, ma non ti scriverò; ho già fatto troppi danni e non voglio rompere le scatole a nessuno, non voglio continuare a farti star male per me, quindi lo scrivo qui... che anche qualora tu dovessi trovarti a leggere, è pur sempre il mio diario di sopravvivenza, questo spazio.
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et3rnauta · 2 years ago
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La bellezza del monologo di Paola Egonu non cercatela nelle parole, molto semplici, quasi ovvie, e neppure nei concetti espressi, che pure sono condivisibili dal primo all’ultimo.
No, la bellezza del suo discorso cercatela nella sua emozione palpabile, quasi infantile (nel modo più nobile del termine), nei suoi inciampi di voce, nell’impaccio con cui muove quel corpo di 193 centimetri che in campo è esplosione pura ma che sul palco dell’Ariston non sa bene dove tenere.
Cercatela nella donna costretta ad essere forte, vincente, sottoposta a pressioni infinite, che di colpo si riscopre semplicemente quella bambina di 13 anni che lascia i suoi amati genitori per gettarsi in una realtà aliena, spesso e volentieri razzista nei confronti di quella ragazza troppo nera per essere dei “nostri”, troppo alta per essere una donna, e poi troppo forte per non vincere ogni partita da sola e in ogni occasione con quella maglia azzurra che qualcuno considera ancora oggi un gentile omaggio, un prestito con diritto di riscatto.
Paola ieri è tornata a farsi piccola, non come ritirata dalle responsabilità ma per rivendicare il suo sacrosanto diritto a sbagliare (“Ho perso molte più finali di quelle che ho vinto, e questo non fa di me una perdente”) e quello di chiunque altro (“Chi prende un voto basso a scuola e non riesce a realizzare il proprio sogno al primo colpo”), quel diritto alla fragilità che dovrebbe essere inserito in Costituzione.
Si è ricucita addosso quella maglia della Nazionale che qualcuno non sopporta di vederle indossare, ma guai a chiamarli “razzisti”.
Ha provato a descrivere cos’è il razzismo con i bicchieri d’acqua come se lo spiegasse a bambini di otto anni, sopravvalutando decisamente le capacità di comprensione del razzista medio.
Ma ha anche detto che non ha nulla da insegnare alla sua età, ma solo da imparare.
È stato bello vederla semplicemente così, fragile, consapevolmente fragile, senza per questo per una volta sentirsi sbagliata. Nessuno lo è. Non lo ha detto, lo ha mostrato su quel palco, ecco cos’è riuscita a fare ieri Paola Egonu, ecco perché è arrivata e ha toccato tanti, ecco cosa resterà.
L. Tosa
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Presente. Capitolo 3 - Inizio giugno 2021
“Allora siamo ufficialmente migliori scopamici!”  
“Se è così voglio un aggiornamento del mio titolo.” 
(TW: NSFW, smut, OC, MiloxOC, riferimento a MiloxCamus, Coppia HET, riferimento a coppia HOMO, D/s, Dom!Milo, Scarlett Needle/Cuspide Scarlatta con uso creativo)
Dopo la loro ultima battaglia, in cui tutti erano risorti, grazie a Lyfia e alla sua intercessione presso Odino, il mondo delle divinità sembrava aver trovato una sorta di equilibrio e tutto era tornato a una forma di normalità. Anzi, da quando Nike fungeva da Grande Sacerdote, aveva lasciato molte più libertà ai Cavalieri, incluso, per chi era in grado, quella di usare il loro modo di spostarsi per fini personali, quali visitare il mondo nel tempo libero ed in vacanza, e, soprattutto, rivedere le loro famiglie di origine ogni volta che volevano e potevano. Però i loro doveri al Santuario non potevano essere dimenticati. Tra questi, in tempo di pace come quello, il più importante per i Cavalieri D’oro era istruire tutti coloro che nel mondo manifestavano il Cosmo, sceglievano di seguire Athena ed erano nati sotto il loro segno. Una cosa che Milo davvero non amava.  
Rientrando all’ottava abbastanza frustrato dalla sessione di insegnamento appena finita, ricordandosi che Camus era via quella sera, contattò Nike col Cosmo. 
‘Mi fai un favore? Intercedi per me con Aphrodite, la dea non il tuo vicino di casa, e le chiedi se per cortesia può smettere di fare nascere così tante persone sotto il mio segno?’ 
‘Non penso sia opera sua, piuttosto del consumismo. Se fai i conti, nove mesi prima dello Scorpione siamo più o meno intorno a San Valentino’ 
‘In questo caso, ho davvero bisogno di cominciare a bere pesantemente’ 
‘Allora vieni a trovarmi che c'è uno Sbagliato col tuo nome sopra. Ho anche portato la cena direttamente dal Quadrilatero, stavo per chiamarti io’  
‘Mi levo questa ferraglia d’oro, doccia veloce, e arrivo’ 
‘Sì ma muovi il tuo bel culo, che ho già aperto il prosecco’  
Neanche venti minuti dopo era da lei, con le patatine greche che lei adorava, prese al volo dal centro di Rodorio nel suo posto preferito. 
“Tempismo perfetto” disse lei sulla soglia porgendogli il bicchiere colmo fino all’orlo. Milo prese un gran sorso e si sedette sul divano dove aggiunse il suo cibo alle varie delizie già disposte davanti a lui. 
“I tuoi non sono via questo mese? Cosa sei andata a fare a Milano oggi?” 
“Shopping ovviamente. Altrimenti la mia Black Amex si sente trascurata. Ho preso qualcosa anche per te e il ghiacciolino” disse indicando due sacchetti, uno di Prada e uno di Armani. Milo guardò dentro e trovò le quattro più belle camicie che avesse mai visto.  
“Turchese intenso e rosso fuoco per te che sei Spring Bright, verde acqua e avorio per Camus che è Spring Light” 
“Non avresti dovuto. Grazie. Adesso dovrò trovare qualcuno che mi aiuti a pensare a come indossarle” 
“Sì come no. Mr. Metrosexual ha dei problemi ad abbinare le camicie. Ah e raccontami poi quanto si incazza Camus quando scopre le marche. Da buon parigino, detesta la moda milanese. Avevo mezzo pensato di portargli la maglia del Milan di Zlatan, ma poi ho deciso che non ci tengo a scoprire se posso sopravvivere a un’Aurora Execution senza armatura” 
“La maglia di chi?” 
“Ibrahimovich” sospirò Nike frustrata. Come faceva a passare tutto quel tempo con Camus e ancora non capire una sega di calcio? 
“E per te cos'hai preso?”  
“Vuoi la sfilata completa” 
“Perché no?”  
Nike lo accontentò. Tra un sorriso di Negroni Sbagliato e uno po’ di cibo, indossò tutti i numerosi nuovi outfit che aveva acquistato quel pomeriggio, prendendo nota dei commenti e dei consigli dell'amico che, oggettivamente, di stile ne sapeva. 
L’ultimo outfit fu una nuova sottoveste di seta nera di La Perla, che si sarebbe aggiunta alle decine di altre che usava come abito da casa, e un paio di Louboutin Bianca 140 Nude col tacco a spillo.  
“Come fai a camminare con quelle cose? Ti fanno alta quasi come me” 
“Quattordici centimetri, uno e novantadue. Mi fanno alta esattamente come te. Ho studiato danza classica comunque. Sono niente al confronto delle punte” 
“Anche tu però sei una traditrice della patria con quelle scarpe francesi” 
“Ma io non sono mica nazi come Camus. Ho l’armadio pieno di Chanel e Dior. A Milano ho addirittura una stanza coi muri coperti di Birkin e Kelly” spiegò lei finalmente sedendosi a fianco di Milo, finendo il secondo Sbagliato e assaporando le patatine con la feta che lui aveva portato. 
Da quando Camus, insieme a tutti gli altri, era tornato in vita, Nike pensava che sarebbe stato tutto per quella strana avventura emotiva che lei e Milo avevano condiviso nel periodo di tempo dall'attacco alle Dodici Case fino alla lotta contro Hades e poi l’avventura ad Asgard. Non solo, lei aveva deciso, chiaro e tondo, che coi suoi amici a letto preferiva non andarci più. E poi la coppia perfetta del Santuario era tornata più innamorata che mai, tutti avevano ancora vivido il bellissimo ricordo della loro riconciliazione. Non era gelosa, per nulla, anzi era molto felice per loro ed era contenta di aver aiutato Milo a fare i conti col proprio dolore quando ne aveva bisogno. E quando anche lei ne aveva bisogno. Per questo fu incredibilmente sorpresa quando Milo, pochi istanti dopo, la baciò.  
Si tirò indietro di scatto. 
“Cosa c'è?” chiese lui sulle sue labbra. 
“Camus c’è”  
“Con lui è diverso”  
“Non voglio essere l’altra”  
“Non lo sei. La relazione che abbiamo io e lui non è monogama. Camus è… è amore, quasi platonico ma è amore. Tu sei la mia migliore amica con cui a volte vado a letto e soddisfo le mie fantasie meno… vanilla”  
“Quindi lui sa?”  
“Sa che quando ho certe voglie, le sfogo… diversamente. Lui fa lo stesso e va bene così” disse Milo riprendendo a baciarla e infilando una mano sotto l’orlo sottile della sottoveste di seta. 
“Se non vuoi però dimmelo”  
‘Se sta bene a voi’ pensò lei. 
“Sei tu in fondo che hai detto...” lei lo zittì, rispondendo finalmente al bacio.  
“Fammi venire, Scorpione, e dammi un po’ del tuo veleno” 
Come una vecchia abitudine presa quando avevano iniziato a scopare dopo la morte dei loro amici, Milo la prese in braccio e la portò nella sua camera da letto. Lei fece per sfilarsi le scarpe che ancora indossava, ma lui le ordinò di tenerle. Dei due, quella con autorità sull'altro era lei, ma, quasi ironicamente, nel sesso le piaceva essere comandata, farsi dire da lui esattamente cosa fare.  
Milo adocchiò uno specchio a figura intera in un angolo della stanza.  
“Quello da quando tempo è lì?” 
“Da anni, credo sia di Saga…” 
“Allora usiamolo” e la mise giù proprio lì davanti. 
“Credo di avere un po’ troppi vestiti” sentenziò lui levandosi la maglia e i jeans, rimanendo coi boxer aderenti che evidenziavano la sua crescente eccitazione. Lei lo guardò sospirando. Dei, quanto era bello. Il suo viso, i suoi muscoli definiti e tesi, le vene in evidenza sulle braccia, le proporzioni del corpo. La V. Il pacco. Tutto sembrava troppo perfetto per essere umano. Nike si domandò se Athena scegliesse apposta i propri cavalieri in base alla loro bellezza e avvenenza fisica.  
“Inginocchiati tu, questa volta” le ordinò. Lei eseguì continuando a guardarlo negli occhi ma scorrendo le mani sulla sua straordinaria muscolatura. Quando arrivò giù le fu abbastanza ovvio cosa fare, soprattutto perché lui cominciò a scostarle i capelli dal viso e a raccoglierglieli dietro alle spalle. Sempre mantenendo il contratto coi suoi occhi, Nike abbassò i boxer fino alle sue caviglie e cominciò a leccare la punta del suo pene eretto. Dopo poco lui la invitò a prenderlo tutto in bocca spingendo leggermente con le mani sulla nuca. Lei non si tirò indietro e cominciò a muoversi su e giù ritmicamente, arrivando sempre più in fondo ogni volta. Lui osservava la scena nello specchio andando su di giri ancora di più. Nonostante non fosse ormai più la prima volta, faceva sempre fatica a crederci. La dea della vittoria, letteralmente la donna più bella, sexy ed eccitante, nonché letale, che esistesse sulla Terra, era in ginocchio davanti a lui col suo cazzo in bocca. Lei lo sentì dichiarare il proprio orgasmo imminente e trattenne il respiro in attesa. Ingoiò fino all'ultima goccia mentre lui la guardava dall’alto e nello specchio, eccitandosi di nuovo nonostante fosse appena venuto. La fece alzare, la prese di nuovo in braccio e la sdraiò sul letto, levandole la sottoveste ma non le scarpe.  
“Quel tacco a spillo rosso… mi ricorda la mia Cuspide” le disse infilandole la lingua praticamente in gola, afferrandole il seno e sdraiandosi su di lei, penetrandola con un’erezione più dura di prima.  
“Quanto sei stretta e bagnata. Lo adoro”  
Lei come sempre era una macchina per il piacere. Suo, ma anche del fortunato uomo, lui in questo caso, a cui concedeva le proprie grazie. Alla soglia del godimento ultimo di entrambi Milo si preparò. Stringendole il collo leggermente, le bloccò il respiro. Lei aprì gli occhi. 
“Fidati di me. Quando te lo dico, prendi un respiro profondo” 
Diede altri due colpi portandola davvero al limite, spostò la mano destra sul suo petto, e aumentò il Cosmo per caricare la Cuspide. 
“Adesso Μωρό. Respira” disse, lasciando la presa dal suo collo. Lei eseguì. In quel momento lui le diede l'ultimo colpo che le serviva per venire, e allo stesso tempo 
“Scarlett Needle” e lanciò due stelle.  
Come previsto, lei perse la testa. Il suo sistema nervoso, attaccato dal veleno, amplificò l’orgasmo, che già era molto intenso, oltre ogni limite. Vedendola, sentendola, anche Milo finalmente si lasciò andare al piacere più forte mai provato prima, che fece perdere la testa e i sensi anche a lui per quasi un minuto. 
Quando Nike si risvegliò Milo le era sdraiato accanto, su un fianco. Le accarezzò il viso e la baciò dolcemente. 
“Com’è stato?”  
“Davvero hai bisogno di chiedermelo?” 
“No, non in quel senso. Intendevo la Cuspide” 
“Meglio ancora di come ricordavo. Grazie” 
“Avevo un po’ paura in realtà. L’altra volta, perdonami, ma non c'era niente da perdere. Adesso, c'è tutto” 
“Non è la prima volta che mi colpisci. Nei tuoi giorni migliori sei arrivato a otto se non sbaglio” 
“Il mio record con te è dieci in versione divina. Ma in allenamento è diverso. Hai il Cosmo attivo e la guardia alta. Comunque sembra che la reggi bene anche con le difese abbassate” 
“E a te piace sempre?” 
“Non hai idea. Mi manda fuori di testa. Vederti e sentirti quando vieni in quel modo… mi ridiventa duro solo a pensarci” 
“Tienine un po’ anche per Camus” 
“Ma no, con lui è diverso”  
Poi, allarmato, 
“Dei, cosa penserebbe di me?” 
“Ma sì, dai, scherzavo” 
“No seriamente però. Credi che dovrei preoccuparmi?” 
“Di cosa?” 
“Ma non lo so. La mia migliore amica, che indipendentemente è anche la mia Dea, nonché per definizione la donna più bella del pianeta, mi concede il privilegio di fare sesso con lei. E io cosa faccio? La colpisco col mio veleno” 
“Ma dai non essere così duro con te stesso. In fondo è nella tua natura di Scorpione essere un pochino sadico. Altrimenti perché tutti gli altri attacchi dei nostri amici, per non parlare dei miei, si concludono in una mossa sola, mentre al tuo ne servono quindici dolorosissime?”  
Lui la guardò negli occhi. 
“Lo sai vero che non ti farei mai del male per davvero? Al di là del voto che ho fatto di proteggerti perché sei la mia dea…” 
“Athena è la tua dea, e anche la mia” interruppe lei. 
“Sì ma tu arrivi seconda di poco. Comunque, anche se non facessimo questa vita, se ti avessi conosciuta che ne so, all’università, ricordati che per te morirei e ucciderei” 
Quell’affermazione che gli era uscita di bocca d’impulso lo scioccò. Non si era reso conto che forse, oltre all’attrazione, per lei potesse provare qualcosa. Qualcosa di oltre l’amicizia. Sperò che lei non avesse sentito bene, o che non ci desse troppo peso. 
“Milo, accetta questo lato di te. Non farne un dramma, io per esempio lo adoro. Lo so che non mi faresti mai del male per davvero”  
Lui sorrise, sollevato. Non era pronto a fare i conti coi suoi sentimenti, non in quel momento. 
“Perché facevi tanto la difficile?” 
“Dai, te l’ho detto perché” 
“Seh, seh, Camus e quella storia che tu coi tuoi amici a letto non ci vai. Non ci credevi nemmeno tu mentre ti uscivano le parole di bocca” 
“Ma sai il problema è quando gli amici con cui scopo finiscono per innamorarsi. Già ne ho perso uno così...” 
Milo deglutì, ripensando a quello che aveva detto e pensato solo un minuto prima. Ma no, dai, non c’era pericolo. Doveva essere stato l’afterglow a parlare. E poi perderla? Perdere la sua amicizia? No, non l’avrebbe lasciato succedere, a qualunque costo. 
“Comunque grazie per aver insistito. Ancora un po’ e tornavo vergine” Nike lo riscosse. 
“Aspetta… da quanto non…” 
“Sei stato tu l’ultimo qui dentro. Fai i conti” 
La notte prima dell’inferno. 
“In effetti anche tu sei stata la mia ultima donna, mi hai rovinato per tutte le altre! Ma mi sembra strano che una come te abbia difficoltà a trovare da scopare. C'è la fila lì fuori se si sparge la voce” 
“Ma ti sembro una che va in giro a rimorchiare per una botta e via? Non è mai stato tanto il mio stile. E adesso con tutto quello che c'è da gestire qui non avrei neanche il tempo. E comunque ho degli standard di bellezza e performance piuttosto alti. Posso giusto farmi uno di voi. Ma poi, come ho detto, si rovina l’amicizia se non si sta attenti. Anzi, a proposito, io e te siamo ancora migliori amici vero?” 
“Μωρό sono Scorpione. Il sesso per me è praticamente come respirare. E con la storia che abbiamo, aver paura di rovinare un'amicizia come la nostra col sesso sarebbe come aver paura di rovinare le patatine mettendoci sopra la feta” 
“Quindi non ti dispiace se questa cosa tra noi la manteniamo attiva?” 
Lui sorrise. 
“Se devo scegliere una con cui applicare il mio accordo con Camus, non potrei sognare di meglio. A cosa servono se no i migliori amici maschi?” 
“Allora siamo ufficialmente migliori scopamici!”  
“Se è così voglio un aggiornamento del mio titolo. Milo Nomikos, Cavaliere d’oro dello Scorpione, Scopamico ufficiale di Nike Martinelli della Vittoria Alata. Credo che mi farò fare i biglietti da visita” 
Nike lo colpì col cuscino e scoppiò a ridere fino alle lacrime mentre lui diceva tutto questo. Quanto gli era mancato passare il tempo così con lui! E da ora in poi che non era più né depresso né incazzato col destino, sarebbe stato mille volte meglio. Meglio ancora di quando si erano conosciuti da ragazzi. 
“Cosa dici, finiamo di mangiare?” le chiese lui appena finì di ridere. 
Teletrasportarono il cibo dalla sala al letto, e lo gustarono come avevano fatto tante volte e avrebbero continuato a fare, ridendo, scherzando, confidandosi, finché non si addormentarono.  
Finalmente, dopo anni di sofferenza e sacrifici, tutto era esattamente dove doveva essere. 
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raffaeleitlodeo · 2 years ago
Quote
"Noi le diamo la maglia azzurra, la Egonu ci dà dei razzisti" (*) è un titolo favoloso. Perché questa distinzione tra "noi" e "lei" sicuramente non può essere basata sulla cittadinanza (è italiana, nata a Cittadella). Quindi c'è solo un'altra interpretazione: noi bianchi, lei nera (per la precisione: noi bianchi buoni che le concediamo la maglia azzurra nonostante sia nera, lei nera irriconoscente di tanta bontà). In sostanza, ti stai confessando apertamente razzista nel momento stesso in cui tenti di negarlo. (*) titolo in prima pagina di Libero di oggi.
Alessandro Gilioli, Facebook
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