#ma nessuno le ascolta queste voci poi
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Ogni volta che apro un social mi ricordo di quanto sia impellente il mio bisogno di scappare da questo paese, tra fas*i e censura e divari sociali, l'importanza di votare e i valori della costituzione dimenticati da tutti.
L'Italia è il posto in cui vorrei vivere la mia vita, ma non ha senso restare in un posto in cui nessuno ti ascolta.
#per carità la mia critica si estende al voto#ma anche al diritto di manifestare#le manifestazioni servono a far sentire la propria voce#ma nessuno le ascolta queste voci poi#e questo non rende inutile manifestare ma dimostra l'incoerenza di una classe governante che non vuole di certo farsi vece dei cittadini#ma agire per proprio tornaconto#forse un po' populista come discorso#ma l'impressione generale é quella#poi tanto appiattimento#dicendo che anche altri governi sono stati cosi#e allora iniziamo a eleggere gente che le cose le fa no#vabbe#pensieri e paroloni
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nel senso romantico del termine. (giardino, 24 ottobre, III anno) (giana #10)
[...]
Mac | Se quello è il crup che pensa sia una di quelle è Merrow. Infilando entrambe le mani in tasca decide di avvicinarsi, l’ultima volta diciamo che non ha fatto una buonissima prima impressione, magari si può migliorare «Hey!» - «Disturbo?»
C | «Ehyy» con forse un po’ troppa enfasi verso il compagno di classe «Ma figurati, stavo solo riempendo di complimenti Ophelia» e lo sguardo che torna sulla cruppina «Approfittiamo tutti del bel tempo eh?»
M | «No, non disturbi. Ma se dobbiamo parlare di che tempo fa oggi, io me ne vado.» [...] «Beh? Niente di eccitante da raccontare?» il viso tagliente immobile e la Merlino’s che le pende dalle labbra carnose.
Mac | Al sentirla nominare gli occhi azzurri del ragazzo si abbassano fino a posarsi su Ophelia «Mi sembra giusto, è carina.» commenta prima di sollevare il capo e posare lo sguardo su Merrow, accenna un sorriso un po’ imbarazzato «Sai, non credo di averti ringraziato abbastanza, per quello che mi hai detto, settimana scorsa.» [...] «Eccitante? Nah.» sbuffa «Però è stata una settimana strana» - «beh, in realtà più di una settimana.»
C | «Nah, come sempre» - «Tu, invece? Succede qualcosa in torre Grifa?»
M | Ophelia si prende tutti quei complimenti ben contenta, muovendosi al fianco della Loghain che, una volta accesasi la Merlino’s, rinfodera la bacchetta e comincia a passeggiare, forse aspettandosi che la seguano, agitando in aria la mancina al dire di Mac «Non c’è niente da ringraziare. Anzi, semmai è il contrario.» perché da come la vede lei, è palese che il lavoro maggiore tra le due, l’abbia fatto la Tassorosso. [...] «I Grifi sono i soliti str***i» ah, quanto amiamo la nostra casata «E Cad-» si blocca, dando un’occhiata a Mac, come a valutare rapidamente qualcosa «-el» conclude, perché alla fine un segreto per un segreto, no? «è strano ultimamente.» - «In classe ha qualche problema? Tipo scappa ogni volta che possiamo star tranquilli, si agita per niente, mi fa discorsi assurdi e litighiamo decisamente troppo spesso.»
Mac | Non ha confidenza con le ragazze quindi le segue ma stando leggermente in disparte. Ascolta in silenzio, spostando lo sguardo su Merrow quando nomina il compagno di corso, quello scambio di occhiate, soprattutto quello intenso che riceve gli fa infiammare le orecchie e deglutire a vuoto. Mac poco dopo scuote il capo. «In classe sembra il solito…» il suo inutile apporto alla questione mentre continua a camminare con loro.
C | «Mh» - «Anche a me sembra lo stesso, è sempre gentile» almeno quando lei ha avuto a che farci lo è stato «Non credo che abbia problemi in classe» uno sguardo a Mac «Lo sapremmo» sicura «Hai provato a chiedere direttamente?»
M | Fissa Nell non appena le fa quella domanda finale, con una faccia da "are you kidding me?" con tanto di sopracciglio sinistro inarcato «E secondo te non glie l’ho chiesto? Un giorno è stanco, un giorno sente voci di corridoio e dà di matto, il giorno dopo mi dice che voglio metterlo nei guai come se dovessi avere qualcuno che lo possa pestare se scoprisse che..» si blocca, un secondo appena e poi riprende «siamo amici.» - «Ma che ne so. Io quest`anno non ci capisco più niente dei ragazzi. Sono tipo tutti fuori di testa, per me.»
Mac | «Oh, sì.» annuisce all’ultima osservazione «La gente sta diventando matta, sì.» - «Ma Cadel non mi sembrava di quelli che stanno diventando matti.»
C | «Forse non lo sa nemmeno lui cos’ha» ipotizza «Forse è solo un periodo no» parli per esperienza, Cornelia? «Ma io non lo conosco bene come te» e qui cerca di includere Mac con lo sguardo nel caso avesse qualcosa d’aggiungere «Siamo “solo” compagni di classe quindi potrei sbagliarmi»
[...]
M | «Comunque..» - «Tu? Trovato nessuno d`interessante?»
chiede a Mac, così a bruciapelo, perchè si.
Mac | «Io?» un tono un po’ imbarazzato «N-non credo.» falsità che non sa nascondere «Interessante, in che senso?» aggiunge, come se non avesse capito, e forse non ha capito, insomma, sta iniziando a capire. Piano piano.
C | A quel “comunque” di Merr non può far altro che cercare il viso del coetaneo perché forse ha capito l’antifona e vuole vedere come si evolve il discorso. Pettegola come quasi tutti a quell’età, peccato che Mac non dica molto, anzi.
M | Infine è il momento di far arrossire nuovamente il Tassorosso, con quella splendida domanda «Interessante, dai. C’è qualche creatura antropomorfa che ti piaccia nel senso romantico del termine?» oh, guarda, più inclusivo di così! Pure i grandi paroloni, assieme ad un sorriso ferale.
Mac | quella domanda e quella situazione in cui si trova, con quelle parole così strane. «Ehm…» si schiarisce la gola perché all’improvviso s’è seccata, il viso che ormai lo sente molto più caldo del normale mentre un senso misto di vergogna e divertimento si mostra in volto. «Penso di sì. Cioè…» ma non prosegue. E in effetti qualche nome lo potrebbe pure fare, e nella sua testa ci sta pure già pensando, ma
«Credo di sì, ma non voglio dirvelo.»
e qui sia il volto che le orecchie assumono qualche sfumatura in più di giovane imbarazzo. «E penso… penso di dover andare…» perché la situazione s’è fatta scomoda, imbarazzante, sente caldo ed è pure evidente che Cornelia e Merrow abbiano cose da dirsi che Mac non crede sia il caso di sentire, cioè cose private tra amiche, e non crede d’essere amico loro, almeno per ora. «G-grazie.» e di che poi? boh «Ci vediamo dopo.» saluterebbe infilando ancora più in profondità le mani in tasca prima di allontanarsi camminando velocemente verso il castello.
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[Shoto's moment - Tattoo's Land]31.10.2020 - 7.00#SpookyRevenfire #Ravenfirerpg
*non ha quasi chiuso occhio quella notte Shoto, troppo nervoso per ciò che aveva deciso di fare e nel preparare quella sorpresa per Blake. Quell'ultimo tentativo di fargli capire che separati sono vulnerabili ed insieme sono forti. Si è recato presto al Tattoo Land, chiedendo a Jaxon il favore di fargli lasciare un cd e una lettera nello studio di Blake. Fortunatamente il fratello minore del dood sembra averlo in simpatia e l'ha lasciato fare.Non è stato difficile scegliere le canzoni da incidere sul cd, dopotutto le ascolta di continuo pensando a lui a loro due e piangendo, ormai da giorni. Il problema è stato sceglierne solo 13, perché tutto gli fa pensare a Blake, anche il proprio riflesso*"Caro Blake, Non sapevo più in che modo dirti ti amo, spero che questo cd ti aiuti a capirlo. Non sono debole, non sono Joanna. Non sei tu a rendermi vulnerabile, ma lo è vivere senza di te...questo mi fa star male. Pensaci ancora una volta, un'ultima volta. Ti aspetto alla festa di Halloween di stasera, se mi ami e mi vuoi ancora....se non verrai da me capirò che hai preso lantua decisione e la rispetterò. Spero tu ci sia. Ti amo da morire, Il tuo Luccichio"*poggia la lettera sul cd, senza riuscire a trattenere le lacrime e poo esce dallo studio, chiudendolo a chiave e passandole a Jax che ringrazia con un piccolo sorriso e un abbraccio prima di andarsene. Ha un terrore tremendo che, nonostante ciò, Blake non si presenti stasera...e anche se si è promesso di rispettare la sua decisione e lasciarlo in pace, non riesce a pensare di vivere senza di lui*
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/ Penso di dover spendere 4 parole a proposito di questo post, di quest’idea, di questo tutto così straziante eppur meraviglioso.È speciale ricevere qualcosa, così di punto in bianco.Ho provato sensazioni intense, è stato come essere Blake, nessun muro ci ha separati all’ascolto di questa musica e alla lettura di queste parole. È un’esperienza di profondissimo legame con ciò che si scrive e con ciò che si sente e con ciò che si riceve come un dono. Perché Al, questo post, è un regalo, un regalo non solo per Blake, ma anche per me che, nonostante i tentativi di questo pg, avevo addirittura pensato di chiudere. Invece, ci sei stata tu come un raggio di luce e Blake è sbocciato così com’è, grazie a te.È stato preziosissimo, è stato qualcosa che a parole non si identifica e l’ho apprezzato così tanto da stare qui a scrivere e cercare di dire qualcosa anche in off (perché sì, in on posterò), ma non riuscirò mai a trasmettere tutto.Grazie Al, grazie dell’intensità di ore passate a piangere, a vivere una vita diversa, ad essere più sensibile, ad essere ad un passo quasi da una letteratura più che di un roleplay. Grazie. Grazie per ogni minuto che spendi a scrivere, a ideare, a sopportarmi, grazie per essere la mia forza, la forza di Blake, per esserci.Io sono devastata, ma ti voglio veramente bene. Se potessi, ti abbraccerei.Sei una bella anima.Ti amo
//grazie a te, perché oltre ad avermi dato una delle storie più belle che si possano desiderare, mi hai anche donato la tua amicizia, il tuo cuore e il tuo aprirti con me...perché so che non è una cosa che fai spesso. Sopporti la mia creepy cuteness, il mio essere needy of love h24 ed è tanto per me, perché so di essere pesante. Per questo ti ringrazio, di essere una persona speciale per me e che io lo sia per te. Ti amo tantissimo
/Senza di te io non avrei potuto mai fare nulla di questo personaggio, sei tu la parte più bella di questa storia a 4 mani. No, non lo faccio spesso, ma donarti il mio cuore e aprirmi con te è parte di una decisione a monte: cercare di essere più prossima a te possibile, volerti bene, imparare anche ad essere parte di tutto questo needy of love che io, forse non te l’ho mai detto, ma adoro, perché so che sei tu. Sei semplicemente tu. Vorrei accorciare le distanze, vorrei farti capire che non sei per niente pesante, sei... soltanto speciale, hai solo bisogno di tanto amore, di una spalla. Io voglio essere quella spalla, appoggiati pure con tutti i pesi, li portiamo insieme, farà meno male la schiena. Sei una persona speciale, sei diventata importante, non dimenticarlo mai. Ti amo tantissimo anch’io ❤️
//SKDJSJSJDBHDUSUZUSJNSBEBESJJD IO UN GIORNO DI QUESTI TI STROPICCIO DI COCCOLE E POI NE RIPARLIAMOOOOO AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH 😭😭😭😭💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕
Blake Edward Hill
31.10.20 08.00 a.m. #SpookyRavenfire #Ravenfirerpg *L’ennesimo Halloween, l’ennesima festa schifosa anti-clericale dell’anno. Ha l’umore a terra. È andato in chiesa questa mattina proprio per pregare che nessuno compiesse peccati o subisca peccati, soprattutto Shoto che potrebbe cadere fra le mani di chissà chi, perché, si sa, le feste fanno impazzire la gente. Eppure Blake si sente un po’ Halloween, l’antivigilia di tutti i morti, compresa Johanna, ma tranne Shoto. È la sua natura orrenda che glielo detta, quella stessa che vorrebbe lacerare e strappare da se stesso. Ha ricevuto un messaggio da Jaxon, qualcosa di strano che deve dire a Shoto, ma lui alla festa non ci andrà. Non ha voglia, non è un bel periodo, seppur abbia scelto lui stesso molte delle conseguenze che ora si susseguono come tanti pezzi di un puzzle, o forse meglio di un cuore, infranto in mille pezzi. Estrae dalla tasca la chiave del suo ufficio nel Tattoo Land, ma un profumo familiare gli chiude lo stomaco. Sa di rose nere, è un aroma di persona, è un’essenza che gli risveglia perfino le budella. ”È stato Shoto qui dentro“, pensa prima ancora di vedere un piccolo cd con una lettera. È una cosa estranea alla sua postazione quindi non può non notarlo, ma ha paura. È il terrore delle emozioni. Chiude gli occhi, non riesce ad avvicinarsi, si sente... minato. Forse è la porta aperta. È così allora che con un “elegante” calcetto la chiude. Respira, una mano va a controllare la sua borsa e la presenza della morfina in essa. Fa un passo, il cuore gli batte forte, l’odore di Shoto aumenta. È sicuro che quella /cosa/ l’abbia toccata lui.* « Cazzo, Blake eh.. » *Mormora e alla fine una mano si allunga e prende la lettera. Aveva ragione, è Shoto. È inconfondibile l’essenza della sua pelle per i sensi di Blake. I suoi sensi ora tendono a lui. Il corpo di Blake non esiste più e nemmeno il suo narratore. Scorreranno, di conseguenza, soltanto i suoi pensieri, quelli confusi, quelli che caratterizzano la sua esistenza. È tutto un universo che si regge da solo, o forse non regge affatto. * “ Ciao anche a te, Shoto. Mhh.. quindi hai deciso tu le track del cd. Jaxon lo sapeva.. Quindi dovrei andarci? Tu sarai di nuovo ubriaco? Ah... allora no, già tutte quelle persone mi irriteranno. Il /mio/ Luccichio... “ *Golpe al cuore. * « Dio, quante canzoni... » ___________ Thoughts __________ Chapter I : I’ve a voice in my mind which talks about you. And this Voice seems to be immortal. { BORN THIS WAY - LADY GAGA “ È difficile mettersi ad ascoltare voci che parlano di te, che prestano le loro voci a te... Poi, Lady Gaga... Mi fa pensare al ballo, ma è diverso, il sound è trasgressivo, ma che dico, è aggressivo. Eppure.... I was born This Way... Dio, mi ha fatto mostro, Shoto.. Sono un mostro e ne sono consapevole, ma...Dovrei accettarmi? Dovrei fare cosa? Io non so vivere e neppure sopravvivere, io forse non mi amo...Quel Love yourself mi fa sentire un cretino...come faccio ad amarmi se non posso amarti? Perché mi fai questo? Non abbiamo lo stesso DNA... perché non capisci? “ { CAN’T HELP IN LOVE - ELVIS PRESLEY “ Ok... Questa canzone non la conosco, ma mi fa pensare a quei film vecchi che mi piacciono tanto. Non l’ho mai visto Hitchcock con Shoto... Ci rifar-no, Blake, no. Sto zitto, va. Shall I stay would it be a sin... Ma se pecco e ti perdo? Se... Ho paura e sono un imbecille. Mi manchi... ma queste canzoni sono devastanti... io l’altro ieri ti volevo scrivere, se lo avessi fatto mi sarei risparmiato queste lacrime? Ti amo già, non ho mai smesso di farlo, ma dovevi solo aiutarmi a farmi fuggire da te, non a perdermi ancora nel tuo... amore. “ { I GOT YOU - SONNY AND CHER “ Questa canzone è proprio il tuo sorriso. Il sound mi fa pensare a quando faceva freddo, a quando pranzavamo all’obitorio e avevi visibilmente freddo... Ah, i fiori! Quella rosa... Wear my ring. Sono andato a vedere un anello, Shoto. Ero convinto di poterci davvero provare, no, non era l’anello della promessa, era uno diverso, uno da... m-mar-Oddio, mi sto affogando.... Ho fallito e poi quei tuoi lividi.... Quanto ti faccio male... “ { TURNING PAGE - SLEEPING AT LAST “ Questo piano... è da brividi. Mi hai già fatto ascoltare questa canzone e poi siamo caduti uno sull’altro. L’hai messa di proposito?... Sono fragile, mi serve un fazzoletto. Cazzo, dov’è? Ah, in borsa. Voglio sorridere di nuovo quando arrossisci, mi piace questa frase, ma devi permettermi di insegnarti a difenderti da me... Shoto, fino a stasera, io... non ce la faccio. Sto piangendo, merda. Sei davvero quella turning page. Io volevo che durasse per sempre.. io... “ { DUST TILL DAWN - ZAYN & SIA “ Dove va il vento? Conosco un solo un vento nella mia vita, è quello che mi ha sempre portato a te Shoto.... Non respiro. Anch’io vorrei stare per sempre con te, toccarti... Tu nemmeno sei solo. Tu non sei solo, Shoto, io ti amo, io devo imparare ad amarti e a non farti del male e a non avere paura.... io.... Non lo so, vorrei non pensare, non piangere, non... “ [... continua ... ] · Rispondi · 3 g Blake Edward Hill [... continua... ] { THE TRUTH UNTOLD - BTS “......... La so a memoria, posso farcela. Posso ascoltarla... Salti tu, salto io... Dio, quanti ricordi di te. Sento il profumo ovunque sotto il naso come se la mia pelle avesse ormai il tuo profumo. Forse è la stanza.... Non respiro più, sto piangendo come un coglione io, dooddrear, una bestia che piange, ci credi? Ha mai pianto una bestia che tu sappia? Mi manchi. Io sono quel giardino secco e vuoto, solo, brutto, schifoso, bestiale... senza te. I still want you.... Dio, se potessi.... Shoto... Se fossi umano, se fossi qualsiasi cosa... se avessi te... “ { OTHER SIDE - RUELLE “Incomincio ad avere la gola chiusa, penso di non riuscire ad andare avanti. Adesso chiudo tutto.... però volevo ascoltarle....Blake, devi infliggerti dolore, l’hai voluto tu. Ok. Avvio. Ho i brividi. Ho freddo. I dooddrear possono sentire freddo mentre concepiscono di aver fallito? Possono sentire freddo mentre scavano la fossa a quei broken dreams? Io sì, lo sento, sento il freddo della tua mancanza, sono anch’io dall’altro lato, Shoto. E non vivo... Forse ho sbagliato. “ { I HAVE NOTHING - WHITNEY HOUSTON “ Whitney, sei arrivato al lastrico. Non stai mantenendo la promessa per mettermi questa canzone... Non ti ho mai detto di no all’amore che provi... Sono senz’armi, senza aghi, senza niente... Non ho più nulla anch’io, non ho mai avuto niente se non te... E non ti ho abbandonato, avrei voluto dirti che non ti amo, che... Shoto, quella porta è aperta. Non ti ho chiuso niente... Se lo avessi fatto avrei fatto davvero tutto quello al ballo? Per Dio.... E chi ha qualcosa tra di noi se anche tu non hai più nulla? Almeno la voglia di rivederci è lì sepolta e non si... muove. “ { I’LL NEVER LOVE AGAIN - LADY GAGA “ Questa te l’ho messa nella lettera anch’io.... non so se l’hai capito, forse no, vedendo ciò che hai detto quando eri ubriaco... Io non toccherò mai nessuno, non proverò più alcun amore, non mi interessano altri baci ed altre labbra se non le tue... Te l’avevo scritto... Shoto.... ho paura, la verità è che ho paura di vederti anche con un altro. Voglio abbracciarti, raffreddarti, voglio imparare... Non dobbiamo dare i cuori a nessuno... Se questa canzone me l’hai ricambiata è perché.... Dio, Shoto... Hai sorriso fino alla fine mentre io ti stavo distruggendo il cuore. Dove sei?“ { TWO MEN IN LOVE - THE IRREPRESSIBLES “Non ho mai amato un principe, ma se fosse uno saresti tu. Non penso di aver provato qualcosa come con te. Penso di.... amarti, sul serio, ma chi mi insegna cosa sia davvero l’amore? Forse pensi che il problema sia.. l’omosessualità? Hai pensato questo? Se hai pensato questo sei... uno scemo. Voglio solo vederti vivo, di questo essere strano non mi preoccupo. Non riuscirei a nasconderlo. Dio, quant’è forte questo I’m in love... mi sembra addirittura urlato... e.. Shoto, Shoto, Shoto... “ ................. Broken Thoughts and a Lost Heart ................................... { AS LONG AS YOU LOVE ME - SLEEPING AT LAST “ Who I’m am, What I did... Quindi Johanna non ti fa paura davvero? Quindi che io abbia ucciso una persona non ti fa sentire pronto a scappare?... Io... Shoto come fai? Shoto... Ahi! Cazzo... sono caduto. Ma forse è meglio qui, sul pavimento... sono una nullità... perfino le sedie mi disprezzano mentre tu.... “ { LIGHT - SLEEPING AT LAST “ Che intro lunga.... Light. Light... Conosco soltanto una luce e quella sei tu... perciò, cosa vuoi dirmi? Hai perso la luce, Shoto? Cosa vuoi dirmi? Perché non parla?... Ah ecco. La luce sei tu... C’era luce intorno a me solo perché c’eri tu. Ora tutto è più buio, penso... pensavo di meritarmi questo buio, ma non riesco.... Mi sento amato, mi sono sentito amato dall’inizio, da quando ti sei preoccupato di me. Non devi fare.... promettere niente, hai fatto il meglio, fai sempre il meglio. Sei tu il meglio. Sono io che sono un coglione... Io dovrei prometterti di fare del mio meglio, io lo farò...Shoto... “ { FIRE ON FIRE - SAM SMITH “ Sono straziato. Come ho fatto a salvarti dal freddo se sono così ghiacciato? Ho anche gli occhi di ghiaccio... Shoto, io non sono perfetto per niente, sei tu quello perfetto... Siamo peccatori, ma tu che peccato hai fatto? Shoto... Già ho rovinato tutto... Dio... che devastazione. “ *Resta lì, le canzoni terminano, il narratore ritorna e anche il corpo. La sensazione di riavere un corpo, quel corpo, la sensazione di sentirlo, di sentirsi dopo essersi concentrato solo sull’astratto lo devasta maggiormente e lo immobilizza. Perfino i pensieri si immobilizzano, quegli stessi che prima vorticosamente si rincorrevano. Chiude gli occhi, alza il ginocchio, appoggiando la pianta del piede a terra. * « Voglio sognarti. Ora. »
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E’ arrivato in Italia Cesare Battisti, ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo, condannato all’ergastolo per vari capi di imputazione.
L’arresto è stato effettuato due giorni fa in Bolivia, paese che lo ha espulso a tempo di record verso l’Italia in quanto…migrante senza titolo di soggiorno.
Per lui, sei mesi in cella da solo e con isolamento diurno. Poi, l’ergastolo ostativo, ossia senza la possibilità di accedere ai benefici previsti dalla legge dopo anni di carcere.
Aldilà della complessa, e non scevra da molti punti di domanda, vicenda politica prima e giudiziaria poi di Battisti, quello che oggi va registrato è il clima da stato di terrore, tra bava alla bocca e livore, dei media mainstream, senza eccezione alcuna. Sotto processo, e dietro lo sbarre, nel pensiero unico dell’informazione non ci deve andare tanto Battisti, ma tutto un ciclo di lotte di classe – quella degli anni Settanta in Italia – da criminalizzare in toto per evitare che si possa ripetere, seppur con le forme della modernità, un nuovo possibile assalto al cielo.
Il caso Battisti, al di là dell’accanimento politico e mediatico, pone però nuovamente temi importanti, come quella della repressione, il rapporto con la storia della lotta armata e la necessità di un’amnistia, ignorati da politici e media mainstream, mai come oggi tutti allineanti, con la bava alla bocca, per l’arrivo del “mostro”.
Sul tema Radio Onda d’Urto ha realizzato due contributi.
Il primo di Salvatore Ricciardi, ex prigioniero politico e del collettivo Odio Il Carcere, e il secondo di Italo di Sabato, dell’Osservatorio Repressione. Ascolta o scarica[i]
La tesi dominante sui media e sui social ormai si riduce a questo: Battisti è un “terrorista”, ha ucciso quattro persone, deve marcire in galera!!!!
Di combattenti – e “lotta armatisti” anche “terroristi” – è pieno il mondo. Molti sono diventati capi di stato si pensi ad esempio a Pepe Mujica che ha un passato da guerrigliero Tupamaro, prima di diventare presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015.; la quasi totalità è rientrata nella vita normale, in patria o in altri paesi. In pochi stanno invecchiando in esilio da sfigati o marcendo in prigioni molto diverse, sotto regimi anche contrapposti. Il destino che tocca ai combattenti, a guerra finita, copre quasi l’intero arco delle possibilità umane. Ma ovunque – una volta che la guerra sia finita – si smette di perseguire gli sconfitti.
E’ accaduto anche in Italia; con i fascisti, addirittura, dopo la Resistenza; e nessuno li ha perseguiti per non aver rispettato i patti (non “ricostituire il partito fascista”, in primo luogo).
Ma – sempre in Italia – lo stesso non è avvenuto con la lotta armata di sinistra.
Per quale ragione?
Solo nel nostro paese la guerriglia – negli anni ‘70 fenomeno comune a tutti i continenti e tutti i paesi, Stati Uniti compresi (Weathermen, simbionesi, Black Panther) – non è stata riconosciuta per quel che era: unnormale movimento rivoluzionario.
Solo in Italia, si è imposta una “verità politica ufficiale” che faceva palesemente a cazzotti persino con la verità giudiziaria, fino a negare ogni “politicità” alla lotta armata e ai suoi protagonisti. Creando il curioso caso storico (un unicum) di un ventennio – in un solo paese tra i tanti che provavano in contemporanea l’identica febbre – attraversato da migliaia di combattenti ufficialmente “senza causa e senza ragioni”.
Solo in Italia, del resto, c’è stato un Partito Comunista “di lotta e di governo”, a lungo – e in anni decisivi – in bilico tra tensione al cambiamento radicale e propensione all’accomodamento subalterno.
Solo in Italia, dunque, c’è stata una repressione del fenomeno che è ricorsa ai dispositivi eccezionali “d’emergenza” (tortura compresa) qualificati comunque come “pienamente democratici” e come tali mantenuti in vigore anche al di là del tempo del conflitto.
Solo in Italia abbiamo avuto un “ex comunista” (del Pci, sia chiaro) che, dopo aver sostenuto per 20 anni la panzana del “doppio Stato”, ha ricoperto la carica di ministro dell’interno senza consegnare al paese – in tre anni – neppure un documento minore sulla strategia delle stragi e sul coinvolgimento diretto dei servizi segreti italiani e statunitensi. Fino all’inarrivabile paradosso di diventare “capo” di uno Stato sempre “doppio”, per la pubblicistica d’area, ma “unitario” sotto la sua copertura.
Solo in Italia si usa la più che monitorata pattuglia di “esuli” all’estero come “riserva di caccia” in cui andare a scadenza regolare a “catturarne” uno per far vedere a un paese ottenebrato che “questo è un governo del fare, non stiamo mica qui a pettinar le bambole”.
Un paese speciale, fatto di leggi speciali, di carceri speciali, di tribunali speciali(zzati), barricato dietro una “magistratura in prima linea” (fin quando, esaurita la bisogna, non s’è occupata d’altro) e un apparato mediatico giustificazionista e falsario (i “servi liberi e forti” non sono un incidente, ma la norma).
Un paese ridicolo e reazionario, incapace di fare i conti col proprio passato e quindi sempre di nuovo sull’orlo della guerra civile. Che crea e osanna personaggi inqualificabili, e dunque si merita d’esser svillaneggiato da un Salvini, un Di Maio o un Renzi.[ii]
Dal mondo dell’informazione poco sono le voci in contrasto con la canea giustizialista e forcaiola. Una tra questi è quella del giornalista Christian Raimo che dal profilo facebook chiede una soluzione politica per uscire dall’emergenzialismo. Inquietanti, ma purtroppo danno il segno del tempo, sono i commenti allo scritto di Raimo.
Ecco il post ripreso da facebook:
“Ieri ho scritto un post sulla vicenda di Cesare Battisti. Sono stato, diciamo, tra i pochi a non allinearmi all’orgia di vendetta di stato officiata dal ministro dell’interno e dal primo ministro brasiliano (“arriva il regalino”).
Non ho difeso politicamente Cesare Battisti, ma un paio di principi.
Non ho difeso Cesare Battisti, perché ha i suoi avvocati, è una persona che è quanto più lontana da me per ideologia politica, per militanza, perché ha fatto in anni il peggior servizio possibile alla causa della riflessione sugli anni settanta, perché mi sta antipatico come poche altre figure pubbliche, perché non ho neanche una simpatia intellettuale: i suoi romanzi sono per me respingenti.
Non ho idea se sia innocente o colpevole, e penso non sia il fuoco principale della questione. Ho letto ogni volta tutte le ricostruzioni e davvero non sono riuscito a farmi un’idea conclusiva. Ho parlato con i parenti delle vittime delle azioni di sangue che vengono attribuite a Battisti, e mi è sembrato che la loro sete non esaudita di giustizia fosse la ragione principale del dolore delle loro vite. Ma anche qui sono molto cauto con i giudizi sugli stati d’animo di persone colpite su quanto c’è di più caro.
Si può pensare a un’amnistia per un personaggio del genere? Sono sempre stato convinto di sì. La stagione delle lotte politiche degli anni settanta e ottanta doveva portare, dovrebbe portare ancora oggi a un processo prima storico e poi politico. Quarant’anni sono più che sufficienti direi. Come è accaduto in Sudafrica con la commissione Verità e Giustizia, paradossalmente come è accaduto dopo il fascismo con Togliatti. Questo avrebbe permesso di fare chiarezza sul senso politico di quegli anni e avrebbe permesso al più importante movimento politico europeo post-bellico di rendere vivo il tessuto democratico dell’Europa di oggi. Ma appunto chi la poteva pensare così, da Primo Moroni a Alexander Langer, sono stati vox clamans in deserto. Luigi Manconi è uno dei pochi rimasti a insistere su queste posizioni.
Le amnistie mostrano uno stato forte e non debole. La violenza di quegli anni confondeva violenza personale e violenza politica? Certo, come potrebbe essere altrimenti. Per questo c’è bisogno di una riflessione storica, e non della galera.
E in mezzo agli amnistiati ci possono essere anche i peggiori neofascisti. A chi dice: mettete in galera Battisti e allora perché Giusva Fioravanti e Francesca Mambro sono liberi a passeggio? Perché Roberto Fiore, condannato più volte, non è in galera? Non auguro la galera a nessuno, l’ergastolo men che meno, nemmeno ai fascisti di oggi, nemmeno a chi considero l’avversario peggiore da tutti i punti di vista, compreso per dire a Giuliano Castellino. Figuriamoci se posso pensare che la discussione intorno alla violenza politica degli anni settanta e ottanta si possa risolvere con la galera oggi.
Ma questo purtroppo non è stato nemmeno un aspetto marginale del dibattito. Da ieri il tema è il carcere e la repressione politica. Se la discussione sanguinosa che per anni è ruotata intorno a Battisti è andata molto oltre la vicenda personale ed è stata il frutto di leggi emergenziali infami a cui si rispondeva debolmente alle volte con deliri ideologici, o una spaccatura lacerante tra reducismo e pentitismo; quello che non è chiaro è che dopo ieri fare una anche una semplice manifestazione politica di piazza, anche contestare una legge ingiusta, fare un presidio, anche difendersi dalla violenza della polizia sarà difficilissimo.
La responsabilità politica di tutto questo è anche di Cesare Battisti, delle sue interviste inascoltabili, del non aver capito il ruolo centrale politico che la sua vicenda personale giocava per tutti. Ma la responsabilità è soprattutto di chi non comprende come ogni giorno, nel gioco al massacro dello stato di diritto che Salvini svolge con costanza, si sta perdendo e perdendo male.
Uno dei libri più belli che ho letto negli ultimi anni è “Il libro dell’incontro” del Saggiatore. Ci sono le testimonianze ravvicinate dei responsabili e dei parenti delle vittime delle violenze degli anni settanta. Magari, se c’è qualcuno che vuole riposarsi dal delirio orgiastico, sarà contento di sfogliarselo“.[iii]
Cesare Battisti consegnato alla giustizia italiana dopo quaranta anni e’ un trofeo di chi legge la storia solo come vendetta! Di chi ha bisogno di cavalcare la cultura dell’odio, di chi crede a un mondo di muri e di caccia all’uomo!
Di chi vorrebbe ripristinare la taglia con il wanted!!! Dopo quaranta anni dagli eventi….questa e’ la sensazione!
Quella stagione e’ finita definitivamente, una stagione che con i suoi drammi e anche ideali va riletta storicamente e collocata storicamente! Basta ad affrontarla dopo tantissimi anni sempre e solo con il carcere!
L’aver elevato Battisti al latitante “più cattivo di tutti” è servito e serve soprattutto a ricondurre un fenomeno di tale portata sul piano esclusivamente giudiziario e penale, e rimuovere totalmente il livello storico, politico e culturale di un contesto storico vicino e lontano al tempo stesso.
Per questo da tempo chiediamo una soluzione (o di “uscita”) politica per gli “anni di piombo”. Una amnistia per i reati politici. Perchè come ha scritto lo scrittore francese Daniel Pennac ” L’amnistia è il contrario dell’amnesia. Si tratta di chiudere una porta per permettere agli storici di capire un periodo in maniera meno passionale.”[iv]
Note:
[i]http://www.radiondadurto.org/2019/01/14/cesare-battisti-e-arrivato-in-italia-accanimento-di-politica-e-media-sul-caso/
[ii]http://contropiano.org/interventi/2011/06/09/il-paese-della-realta-virtuale-01844
[iii]https://www.facebook.com/christian.raimo.7/posts/10156256140407831?comment_id=10156256183612831¬if_id=1547459618388782¬if_t=feedback_reaction_generic
[iv]https://www.vice.com/it/article/8xpz34/catturato-battisti-problemi-anni-di-piombo
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Dostoevskij nel luogo indicibile, il Cimitero militare germanico della Futa. “Perché l’essere umano è cattivo?”
Proprio perché non riesci a sintetizzarlo in una didascalia, scassa ogni museruola creata ad arte dalla critica letteraria, è insopportabile. Fëdor Dostoevskij non lo puoi leggere, lo soffri, ti arriva addosso facendo un pagliaio del costato, un falò delle beate convenzioni che tengono in piedi la palazzina della tua vita, buona, sana, giusta. “Ma Dostoevskij, come i santi in cerca di salvezza, ascolta senza tregua una voce che gli sussurra: Osa! tenta il deserto, la solitudine. Sarai bestia o Dio. Fra l’altro, nulla è certo anzi tempo. Comincia col rinunciare alla coscienza che pretende di apprendere ogni cosa, e dopo vedrai”, ha scritto Lev Sestov, il grande filosofo russo, l’unico che abbia accolto, esaltandoli, gli aspetti esasperati, impossibili, a morsi in faccia, dell’opera di Dostoevskij. Così, quando leggo che Archivio Zeta – cioè: Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni – ‘festeggia’ vent’anni di attività teatrale in direzione anomala – hanno lavorato su Werner Herzog e Elie Wiesel, compiendo, soprattutto, una originale catabasi nel teatro greco antico – portando Dostoevskij nel Cimitero militare germanico della Futa, l’immane sepolcro, inaugurato 50 anni fa, dove sono accolti oltre 30mila soldati tedeschi morti durante la Seconda guerra, mi dico: è perfetto. Dostoevskij va brandito dove la Storia è una contraddizione permanente, una ferita che ancora sbraccia. Dostoevskij va nei luoghi imperdonabili, è lì, implacabile, dove non c’è più nessuno – lì a distillare l’ultimo grado di uomo dalla tenebra, a confermare che l’ultima parola non è stata ancora pronunciata, che ancora un gesto è da fare e che tutto può rialzarsi. Il lavoro di Archivio Zeta si intitola Pro e contra Dostoevskij ed è in atto al Cimitero militare germanico dal 13 luglio al 18 agosto (qui tutte le informazioni): denunciano di usare materiali tratti da Il sogno di un uomo ridicolo e da I fratelli Karamazov. Sono i testi cardinali, dove FD ci tenta a percorrere le vie estreme – l’assoluto nichilismo, l’indifferenza regnante –, ci induce alla crisi, alla ricapitolazione dei nostri errori, per sfogare nella conversione, radiosa, inaccettabile – non c’è risposta che dia pace. In mezzo, il discorso sull’Occidente – minato dalla tecnica, dal lavoro meccanico, che sottrae l’individuo al creato e al creare – compiuto da FD dopo i viaggi, soprattutto, a Parigi e a Londra (che leggete in Note invernali su impressioni estive). “Ciascuno di noi è colpevole davanti a tutti per tutto, e io più di tutti gli altri”, dice Zosima nei ‘Karamazov’. Ed è questo – la responsabilità verso il prossimo, la comune colpevolezza, la ‘catena’ umana nel crisma del perdono – il tema che ricorre, rincorrendo una ossessione, il punto dolce in cui polverizzare il male, nel lavoro esagerato di Dostoevskij. Da qui, se ne parla. (d.b.)
“Pro e contra Dostoevskij”: alcune fotografie preparatorie. Archivio Zeta è qui: www.archiviozeta.eu. Photo Franco Guardascione
Dostoevskij è materia che brucia. Qual è il punto centrale che avete toccato, il tema determinante?
Il tema dominante è questo: se si va al di là del bene e del male, allora tutto è permesso. C’è un capitolo di Se questo è un uomo di Levi che si intitola Al di qua del bene e del male. Questo è stato il punto di partenza verso Dostoevskij. Il lager è la destinazione finale di un lungo viaggio partito dalla Londra dell’Esposizione Universale. La civiltà occidentale voleva fare quel viaggio e lo ha fatto fino in fondo. Non ci siamo ancora ripresi. Come dice Elie Wiesel il fall out di Hiroshima continua a precipitare su tutte le questioni morali, sociali e politiche. Volevamo fare uno spettacolo sull’indifferenza e sul relativismo morale che circola dappertutto e appunto Dostoevskij è materia ancora incandescente. In esergo alla confessione di Ippolit nell’Idiota c’è la frase Après moi le déluge: è la sintesi del pensiero capitalista che sta distruggendo il mondo. La bellezza non salverà il mondo ma abbiamo il dovere di provare a modificare lo stato attuale delle cose, anche per quell’infinitesima percentuale che ci riguarda.
Nel “Sogno di un uomo ridicolo”, che vedo essere tra i materiali del vostro lavoro, c’è il tema della caduta, per gesti compiuti, sempre, “a fin di bene”. A fin di bene, ci dice FD, si finisce per fare il peggiore dei mali. Che caratura ‘politica’ ha il vostro lavoro?
Tutto il Novecento ha compiuto crimini a fin di bene, Dostoevskij lo aveva capito in anticipo. Nel Sogno poi c’è anche il tema del paradiso perduto e del volo cosmico. È un racconto visionario. Le infinite lapidi del cimitero germanico Futa Pass sono da quindici anni il campo di battaglia delle nostre visioni e la scenografia di senso dei nostri spettacoli. È il coro muto di ogni tragedia che mettiamo in scena. Lì dentro tutto è politico perché ogni nome ci parla dell’aberrazione a cui la politica può condurre l’essere umano. Nello stesso tempo ogni gesto artistico è politico quando interroga il tempo presente. Parise, autore che abbiamo messo in scena, diceva che il nazismo è nella vita quotidiana: dobbiamo prendere seriamente queste parole per capire a che punto siamo arrivati oggi nella civile Europa.
‘Politica’, per altro, è la scelta del luogo in cui realizzate il lavoro: il cimitero germanico della Futa, dove sono sepolti 30mila soldati tedeschi, i vinti, i ‘cattivi’… Raccontatemi perché quel luogo.
Il Cimitero della Futa è un’opera architettonica paragonabile, quanto a dimensioni e impatto sul paesaggio, al Cretto di Burri. Quando ci siamo entrati la prima volta nel 2002 abbiamo subito capito che poteva essere un teatro, il nostro Teatro di Marte, come lo chiamiamo riferendoci a Karl Kraus. È diventato il nostro “parlatorio” perché ci pone delle domande scomode, radicali, non retoriche, ci interroga in profondità, ci dice da dove veniamo: perché esiste il male, perché l’essere umano è cattivo? Le stesse domande che, con disarmante tragicità, si ponevano Eschilo o Dostoevskij.
All’accusa di questo mondo – nichilista, relativista, dominato dal Baal della tecnica – Dostoevskij risponde con una religiosità cruda. L’uomo ridicolo, infine, si converte, passa dal ritenere che nulla abbia senso all’amore universale. Eppure, egualmente, viene creduto pazzo dal ‘mondo’, dalla ‘società’ del bene perbenista, come se gli estremi del pensare siamo egualmente inaccettabili. Nel vostro lavoro questo slancio verso il ‘folle di Dio’ c’è?
Noi siamo atei ma la riflessione che Dostoevskij conduce a partire dal Sottosuolo, non appena tornato dal primo viaggio in Europa, il suo attacco frontale al Palazzo di Cristallo, dominato appunto dal Baal della tecnica, ci interessa perché è di una attualità sconvolgente. La sua cruda religiosità è parte di questa posizione filosofica estrema. Noi cerchiamo di leggerla nel vasto respiro della sua opera. Siamo affascinati dal sacro, perché lo abbiamo totalmente rimosso dalla nostra vita. Siamo combattuti. Siamo pro e contra Dostoevskij, come dice il titolo dello spettacolo, che è anche il titolo del cuore filosofico de I fratelli Karamazov. Nel nostro lavoro sicuramente c’è uno slancio folle, una fiducia quasi mistica nei confronti della parola poetica e filosofica. Da questo amore per le parole nasce il nostro lavoro teatrale.
Scrivete, al termine della scheda che narra il lavoro: “In quest’epoca di terrore e di follia insensata risaliamo in un volo cosmico fino a Dostoevskij, per andare alle radici della storia della società massificata dove potere, economia e politica si saldano per sfociare nei totalitarismi che abbiamo conosciuto e, forse ancor di più, nell’attuale sistematica distruzione del pianeta”. Che importanza può avere, messa in scena, la parola letteraria? E poi: non vi pare di essere disperatamente esagerati?
Sì, citavamo Zagrebelsky, che ha scritto il saggio forse più lucido e importante degli ultimi anni sul Grande Inquisitore, Liberi servi. Ci ha fatto da guida nella composizione del testo. Nel nostro spettacolo ci sono sia la scena del Diavolo che nel romanzo avviene molto avanti, sia il Grande Inquisitore. Sono vertici della letteratura e del pensiero filosofico. Ma la parola letteraria di Dostoevskij non è mai compiaciuta, è sempre drammatica, è orale, lui dettava i romanzi interpretando le voci dei personaggi: è il più grande (anche in senso quantitativo) drammaturgo moderno insieme a Ibsen. A volte leggendolo e rileggendolo si ha come l’impressione che abbia scritto un unico grande romanzo ossessivo e che questo grande romanzo altro non sia che una enorme opera teatrale fatta di confessioni, monologhi interiori, scene madri, allucinazioni, dialoghi platonici, fantasticherie. Tutti i suoi materiali sono pronti per essere detti, sono azioni, non descrizioni. Certamente, siamo disperatamente esagerati ed esageratamente disperati, altrimenti non potremmo accostarci a Dostoevskij che è molto più esagerato e disperato di noi.
Potrei concludere, “solo un Dostoevskij ci può salvare”. È così? Da dove giunge questa necessità di avvinghiare Dostoevskij dopo il lavoro di scavo che avete fatto, ad esempio, nel teatro antico?
È così: la sua opera è di una bellezza stordente. Abbiamo in programma di lavorarci per i prossimi anni. Un lungo lavoro di scavo quasi archeologico per disegnare una topografia tragica dispersa nei diversi racconti e romanzi. Dopo molte tragedie greche e dopo Kraus avevamo necessità di un altro monte da scalare e abbiamo pensato che la Russia e quel sottosuolo fossero la meta più giusta per noi.
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TU, NEI MIEI CENNI DI SOPRAVVIVENZA
Tu, nei miei cenni di sopravvivenza
Di Vincenzo Calafiore
24 Maggio 2020 Udine
“ … hai mai visto quanto è bella
quando è sovrappensiero, non lo sa,
ma è bellissima agli occhi di chi
la sa guardare, godendo di quall’infinita
meraviglia, senza avere bisogno di andare
senza alcun bisogno di chiudere gli occhi
perché è in quella meraviglia che si
vuole restare. “
Lei è dove i tuoi pensieri vogliono che sia.
Come i pensieri che non trovano mai pace, come le nuvole che raccontano le stagioni passando sopra tutti i cieli, senza mai fermarsi, nuvole svaporate, nuvole che diventano poesia, uragano.
Lei la puoi trovare sempre anche se distante, o lontana da ogni cosa, è quella donna che una volta amata non la dimentichi, l’ami e basta, perché lei non appartiene a nessuno.
E’ aria, che si respira.
E’ mare.
E’ così bella da volerla toccare, ma solo a provarci, è già in un altro altrove. L’amore è un sogno e l’amare è la sua certezza!
Ascolta o impara ad ascoltare il cuore, è il mio cuore a parlare di me, il tuo sapermi guardare mi ha fatto innamorare di te, ed è nella mia testa, nei miei ovunque tu sei sempre lì.
Sei quella luce a cui vado come una falena, mi emozionano i tuoi abbracci, divento uomo appena ti avvicini al mio petto, vorrei che mi amassi come io ti amo, vorrei che tu fossi qui ora adesso in questo luogo lontano da ogni cosa. Adesso io ti amo, come il mare ama la sua riva, dentro e fuori si amano senza smettere di farsi tempesta, vento, fuga, bonaccia. Amarti! Che bello, che meraviglia che c’è in quell’amarti. E’ un mondo che sogna, che si sta sognando, un mondo in un mondo più fondo dell’amare stesso, essere movimento senza posa nell’andare e venire e lì nei tuoi occhi non essere più uomo , essere uomo senza smettere di amare in quell’andare e venire. Amarsi piano piano senza fretta, senza corse. E’ un sentimento che si coglie nell’essenza e lo capisco nell’assenza, nella mancanza, perché l’amore riempie comunque la vita, è il legame di anime. Possederti un desiderio infinito, l’inizio di ogni cosa in un esistere primordiale, un rimanere in attesa del tuo tocco, un frutto che vuole essere gustato.
E questo io lo so, lo sanno gli angoli estremi del mio cuore, lo sa il mio amarti che avvicina alla vita, alla sua essenza in quegli abbracci, in quelle strette … dovremmo bastarci solamente amandoci. Dovremmo bastarci solamente a sfiorarci…
L’unica cosa che rimane,poi, è il sapore che concedono le tue labbra! Sono felice solo
quando chiudo il mondo fuori dalle tue braccia perché dentro ci siamo noi, un mondo che nessuno conosce oltre noi, quel respirare lento, affannoso coi tuoi seni puntati addosso
Perché, vedi? È solo qui che, nudi e assoluti, viviamo: in poco tempo!
Perché vedi? L’amare vale troppo per essere l’ogni tanto, il casuale di qualcuno!
C'è il rumore dell’amore sul tetto, anche in queste notti vuote, hanno voci e suoni diversi, strani, come i baci e desideri nascosti appena dalle labbra.
Sei in me, nelle pieghe di un sorriso, nelle gocce d’essenze, nel pensiero di un attimo, nella luna alta nel cielo, nella mia follia di volerti, nelle mie mani chiuse a pugno nel dolore di una vita nelle distanze…. Nell’amore che passa e va via lasciandomi solo
Tu mi ricami la pelle di brividi, con la punta del tuo pensiero, sei nelle mie parole, nella mia mente, non posso toccarti, non posso annusarti, ma sto in te tanto da sentirti ansimare.
Non lo saprà nessuno. Che abbiamo vissuto clandestinamente in uno spazio che abbiamo toccato, non lo saprà nessuno che abbiamo guardato il mare, dalle rive dove ci siamo amati, non lo saprà nessuno che siamo stati .. che noi siamo vita fintanto che il sogno ci porti via.
Abbracciami nel mio silenzio cupo fatto di desideri. Abbracciami in questo mio buio muto, fatto di mancanze e di assenza, amami senza parole, rimani dentro me, in questo mondo che muore. Nell’umore degli occhi, e l’aspra saliva, io sono dentro te nel misterioso amarti disciolto nel sangue mescolato al desiderio di averti. Come un respirarti dietro il collo, quando chini la testa senti strofinare le labbra che trattengono in se profumo fragile e intenso, come i baci che vanno dritti al cuore: tu amami!
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Haddon Hall Bakewell 20.09.19 Snow Lynx and Wolf wedding Soundtrack Patrick Watson Sit Down Beside Me https://youtu.be/ESrVzHTZl54 Immagine centrale a colori by Eleanor D. Mills Mentre attendeva all'altare l'arrivo di Elizabeth, che non vedeva da mercoledì pomeriggio, molti pensieri si erano affacciati alla sua mente. La sua famiglia era lì con lui. Ne avevano passate tante in quell'anno ma la solidità non era mai venuta meno. Fino all'ultimo momento aveva temuto un'intervento da parte di Brian Chapman ma sapeva di poter contare su William, quel fratello che quattro anni fa non sapeva che esistesse ma che tanto aveva fatto per lui. Tanti pensieri, tutti belli. Finalmente si sentiva amato come non lo era stato mai. Merito era anche di quella donna che stava per diventare sua moglie. Chissà se si doveva aspettare un leggero ritardo, se doveva temere che lei ci ripensasse... "Oh shut up." disse basso quasi un ringhio da lupo. Sentì la mano di suo fratello sulla spalla. "La tua mente ti sta proprio torturando, soldato." Fece un lungo sorriso e annuì ma non aggiunse altro. Erano tutti lì. Tutte le persone che davvero contavano per lui e questo lo riempiva di gioia. Con la coda dell'occhio fece un lieve saluto alla fotografa e sicuramente lei avrebbe intuito quanto fosse teso. Felice ma teso. E poi all'improvviso sentì le prime note della canzone che avevano scelto. Era il momento che avevano tanto atteso. Finalmente la cerimonia stava prendendo forma e lui si stava sposando per la seconda volta. Il suo cuore stava scoppiando per la gioia. Quando la vide sgranò gli occhi. "Lords of Kobol, è bellissima" esclamò. Il suo sguardo incantato a fissarla mentre avanzava accompagnata dal padre. 𝑺𝒊𝒕 𝒅𝒐𝒘𝒏 𝒃𝒆𝒔𝒊𝒅𝒆 𝒎𝒆 𝒂𝒏𝒅 𝒔𝒕𝒂𝒚 𝒂𝒘𝒉𝒊𝒍𝒆 𝑳𝒆𝒕 𝒐𝒖𝒓 𝒉𝒆𝒂𝒓𝒕𝒔 𝒅𝒐 𝒕𝒉𝒆𝒊𝒓 𝒑𝒂𝒓𝒕 𝑾𝒊𝒕𝒉 𝒘𝒊𝒏𝒆 𝒂𝒏𝒅 𝒘𝒐𝒓𝒅𝒔 𝒕𝒐 𝒎𝒆𝒆𝒕 𝒕𝒉𝒆 𝒉𝒐𝒖𝒓𝒔 𝑺𝒐 𝒕𝒉𝒆 𝒅𝒂𝒚 𝒏𝒆𝒗𝒆𝒓 𝒔𝒕𝒂𝒓𝒕𝒔 Elizabeth: * Quando resta sola con suo padre, nel piccolo cottage prima di uscire dalla porta si lascia andare ad un profondo sospiro; si sa, la figlia è sempre più legata al padre in genere e in questo caso Elizabeth non era un eccezione.* " Sei pronta Lizzie? * le chiede quindi, con un sussurro tenero e un braccio offerto come appoggio per il tragitto. La pianista annuisce, incerta, con la paura dell'ignoto che suo padre conosce e per il quale le bacia dolcemente la testa con un sorriso* " My dear..hai affrontato molto di peggio e non devi aver paura di essere felice..questo sarà un giorno che ricorderai per tutta la vita..". A quelle parole, Elizabeth allunga un sorriso e inspira profondamente prima di uscire dal cottage e intraprendere il viottolo che portava alla sala adibita per la cerimonia; quella stradina, in mezzo alla natura le infondeva una sorta di calma, in quel momento apparente, ma che l'aiutava a sentirsi a casa. In fondo era la sua terra quella, non poteva non sentirsi un estranea. Sorride a questo pensiero e guarda piano dove mette i piedi; lo strascico è lungo e un ragazzino è stato appositamente incaricato nel non farlo toccare a terra fino all'entrata all'edificio. Attraversano quindi la corte, in religioso silenzioso ma la presa di suo padre è forte e rassicurante e solo in quel momento capisce il significato di averlo al suo fianco in quegli istanti che precedono l'arrivo in sala. Un magnifico significato che la fa sorridere ancora. Varcano la soglia della tenuta e, la prima porta a destra era la sala dove Samuel la stava aspettando ed è qui che si ferma; sente il cuore batterle forte, quasi in gola, lo stomaco chiuso e il fiato mozzato quindi socchiude le labbra..non deve farsi prendere dal panico. Suo padre la stringe ancora e le sussurra* " Quando sei pronta...andiamo..".I pensieri nella testa di Elizabeth sono indecifrabili, persino per lei e non vuole prestare attenzioni a quelle mille voci quindi annuisce piano, senza distogliere lo sguardo davanti a se e piano, oltrepassa l'arcata in trifoglio fatta appositamente per la cerimonia.Lo vede, rivolto verso di lei a guardarla e automaticamente sorride, mordendosi piano il labbro mentre avanza e non riesce..a percepire la presenza degli invitati che sono attorno a lei; dovrebbe andare più piano ma..inconsciamente il suo passo è quasi affrettato. * S: Sam dovette reprimere un sorriso divertito vedendola affrettare il passo verso l'altare. Per un impercettibile istante aveva temuto che cadesse, a causa del lungo strascico che non facilitava di certo i movimenti nonostante la sua costante e perenne eleganza che quell'abito rendeva ancora più evidente. Se, quando l'aveva conosciuta, aveva pensato che volasse sui tacchi ora, con quell'abito sembrava di vederla muoversi su una nuvola. Mancava l'aureola e le ali, e avrebbe potuto dire di vedere un angelo avvicinarsi a lui. Il suo istinto protettivo, però, l'aveva quasi spinto a correrle incontro per evitare il peggio. La sua mente razionale gli disse che la sua paura era immotivata e gli diede ragione quando se la vide accanto a sé. Le mani tremarono leggermente quando le sfilo il velo. La cerimonia ebbe inizio ma lui fece fatica a tenersi cosciente. La sua mente era fissa su Elizabeth, sulla felicità che stava provando. Rifletteva anche sulle parole che l'officiante stava pronunciando che per lui erano vere e sacrosante. Era convinto che quello che stava accadendo ora era scritto nel suo codice e niente e nessuno avrebbe potuto impedirlo. Si riscosse dai quei pensieri quando sentì chiedere gli anelli per pronunciare la promessa ma lui aveva in serbo una piccola sorpresa. Con arte da attore consumato chiese a Will se aveva gli anelli e lui gli resse il gioco, spalancando gli occhi, dicendo che erano rimasti nel suo alloggio. Si era messo d'accordo con suo fratello e sua madre per farle portare dal suo cucciolone Fenrir che era stato vestito o, meglio, aveva messo un papillon con dentro le loro fedi. Un piccolo fischietto si sentì risuonare e nel pieno silenzio risuonò il zampettare festoso del suo lupo che si avvicinò al suo alpha. "Che bel fiocchettino... oh ma guarda. Erano qui gli anelli. Bravo cucciolone!" La sala scoppiò in una fragorosa risata e la cerimonia poté continuare. Nuovamente le mani di Sam tremarono per l'emozione. ""Ho sempre affermato che la musica mi ha salvato la vita e ho sempre inteso seriamente queste parole, anche quando le persone non potevano comprendere davvero o pensavano che fossi esagerato. Quando..." fece una pausa perché la sua voce si era incrinata per l'emozione. "Quando mi hai incontrato la prima volta io stavo affidando alla musica il mio dolore e il mio essere un uomo con il cuore spezzato. E ho avuto la fortuna di essere visto da qualcuno che aveva la sensibilità per apprezzare. La musica è diventata la colonna sonora del nostro scambio di mail e, infine della nostra storia. The book of love has music in it, in fact that's where come from. * e dicendo quella citazione del brano fatto da Peter Gabriel le fa un cenno di intesa da uomo innamorato e continua: "Abbiamo costruito pagine importanti di quel libro finora ma quel che scriveremo dopo oggi... sarà meraviglioso. E voglio leggerlo insieme a te. Ti amo e..." ha gli occhi lucidi ora, scuote la testa per essere meno emotivo. "Passerò il resto della mia vita a renderti la donna più felice del mondo, a trattarti esattamente come meriti, e sai che io mantengo le mie promesse. Sempre." Trattenne ancora per un po' la mano di lei nella sua. Elizabeth: *Man mano che si avvicinava al suo futuro sposo, poteva mettere a fuoco con maggior precisione la sua innata eleganze che spesso e volentieri nasconde dietro ad un abbigliamento casual che, non valorizzano questo suo lato. E' meraviglioso in quel completo scuro, lo ha sempre dichiarato apertamente e l'ha sempre affascinata; quel giorno, quella sensazione è più forte, tanto da lasciarla quasi senza fiato. Non distoglie lo sguardo dal suo futuro sposo, che è visibilmente emozionato, forse più di lei e, nel momento in cui suo padre si ferma per lasciarla andare si gira a guardarlo e socchiude gli occhi quando riceve quel bacio sulla guancia. " Ti voglio bene Elizabeth..sei in mani sicure, fidati di tuo padre" le sussurra prima di farle fare quei passi che l'avrebbero "simbolicamente" separata da quel legame familiare e affettivo. La pianista, annuisce piano forse inconsciamente aveva bisogno di quella rassicurazione ulteriore e, inspirando a pieni polmoni muove quegli ultimi passi verso Samuel. Gli si affianca e con un sorriso che nasconde la tensione pronuncia un flebile " Hey you…" dopo aver provato un ulteriore pressione al petto, quando lentamente le aveva sollevato il velo per guardarla meglio negli occhi. Durante la cerimonia cerca la sua mano da stringere per tutto il tempo mentre ascolta le parole dell'uomo che li avrebbe uniti legalmente, per sempre; parla di percorso insieme, di difficoltà da superare, di crescita interiore, di compro messi…un percorso che hanno già iniziato qualche anno fa, di sottecchi guarda Samuel, il suo essere perso nei pensieri come immaginava e il suo riscuotersi per tornare con i piedi a terra nel momento in cui dovevano scambiarsi gli anelli. Si morde il labbro per trattenere una risata, era il solito con la testa fra le nuvole anche quel giorno…Non immaginava di certo che, nel momento successivo avrebbe provato una sorta di panico, un imprevisto che avrebbe rovinato la perfezione del momento; sgrana gli occhi senza dire nulla mettendosi una mano sulla fronte e, pronta a dire la sua quando un leggero fischio risuona nella sala e, appare dall'entrata Fenrir, il lupo di Samuel con un papillon al posto del collare con qualcosa di legato o ricamato sopra, che si dirige verso di loro. - Samuel…? - si deve bloccare quando, vede perfettamente le loro fedi agganciate al papillon del lupo e trattiene una risata, lasciandosi andare invece ad un sospiro di immenso sollievo, scuotendo appena la testa. Nel guardarlo ora negli occhi, mentre le prende la mano per pronunciare quelle parole, si perde…per l'ennesima volta in quell'amore che sprigiona in tutti i modi nei suoi confronti; mantiene un sorriso emozionato, talvolta si morde le labbra come a volerlo trattenere per la grande emozione mentre la fede scivola senza indugio nel suo anulare sinistro, nonostante tremasse anche la sua mano, leggermente. Alla sua volta, si china piano, per prendere l'anello destinato a Samuel e, si ferma guardandola per qualche secondo prima di prendere la sua di mano sinistra e, con un piccola risata nervosa lo fissa prima di aprire il suo cuore* - Eravamo due anime ferite, chi dalle troppe delusioni, chi dalle perdite importanti. La musica ci ha unito, è vero…e forse in quel momento ci siamo riconosciuti e senza nessuna pretesa, ci siamo avvicinati l'un altro sempre di più. Tu…con la tua immensa pazienza, con il tuo cuore grande, con il tuo affetto, la tua comprensione, il tuo rispetto e le tue parole..sei riuscito a trovare la chiave giusta per poter entrare dentro il mio di cuore, ferito profondamente e chiuso a tempo indeterminato, deciso a restare chiuso. Ci sei riuscito e ancora oggi non riesco a trovare una spiegazione logica se non qualcosa di inspiegabile chiamato amore che ha fatto sì che oggi, nonostante le difficoltà, le distanze, le incomprensioni…siamo qui. E io sono qui e ci sarò per sempre per te per renderti felice per tutto il nostro percorso insieme..i'm yours and i'll always be. I love you Samuel Alexander Chapman - * le ultime parole, quasi fossero intime le pronuncia piano senza distogliere lo sguardo dal suo mentre infila la fede nel dito del suo ora, sposo. S: Sorride compiaciuto per il leggero panico che aveva letto nel volto di sua moglie, ormai poteva a pieno titolo chiamarla così, quando aveva finto lo smarrimento delle fedi. La sorpresa non poteva riuscire meglio. Dovette però mordersi le labbra quando lei pronunciò la sua promessa e mimò un "I love you too." Quando l'officiante pronunciò quelle antipatiche parole "se c'è qualcuno che è contrario a questa unione che parli ora o taccia per sempre." Sam rivolse uno sguardo verso i partecipanti alle nozze con fare truce, temendo il peggio. Will o meglio il suo servizio di sicurezza era stato impeccabile. Gli aveva promesso che non ci sarebbero stati intrusi spiacevoli e così era stato. Ormai non si preoccupava più di dover ricambiare, no. Lui era parte della sua famiglia e, come tale, avrebbe potuto domandargli qualsiasi cosa e Sam avrebbe fatto in modo da farglielo arrivare senza nessuna protesta. Tirò comunque un sospiro di sollievo quando vide che nessuno si era fatto avanti. Ora mancavano solo le fatidiche parole. Lui si girò di nuovo verso il sacerdote che disse: "Con i poteri conferitomi io ora vi dichiaro marito e moglie. Ora può rilassarsi e baciare la sposa." La frase aveva suscitato l'ilarità di tutti, compresa la sua. Non si fece attendere per quanto riguarda il bacio. Prese con estrema dolcezza tra le mani il volto di Elizabeth e la baciò cercando di farle arrivare tutto quello che aveva provato fino a quel momento. Al diavolo per una volta potevano fare uno strappo alla riservatezza.... Elizabeth: * La reazione di Samuel, a quelle parole la preoccupano leggermente; sapeva e si vedeva che era teso..forse poteva anche aspettarselo visto la sua mania di avere tutto sottocontrollo che, potesse esserci una minima possibilità di un imprevisto; chi poteva mai, rovinare la loro unione? La sua ex, suo padre? Maybe...i suoi fantasmi del passato e forse Elizabeth, poteva aspettarsi quest'apprensione da parte sua. Quando nessuna intrusione da parte dei presenti, osa ostacolare la loro unione Samuel dopo essersi guardato attorno automaticamente si rilassa e quel respiro che inconsciamente la pianista aveva trattenuto per lui lo lascia scivolare dalle sue labbra, sentendo un moto di istantanea felicità. Quella felicità che traspare dal sorriso pieno di Elizabeth quando vengono proclamati marito e moglie, finalmente. Si volta a guardaro, ora visibilmente più rilassata e si avvicina di un passo quasi a facilitargli il compito; non vedeva l'ora di baciarlo, non aspettava altro. Si alza piano sulla punta dei piedi quindi e accoglie quel bacio senza remore che ricambia con fervore, circondando un braccio alle spalle del marito per stare più vicina. In quel momento gli invitati erano spariti, c'erano solo loro due e la loro unione perfetta.*
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Il Regina Coeli di papa Francesco del 3 maggio 2020
Papa Francesco https://youtu.be/7PGMFerZO7M Un tema, quello del Buon Pastore, ripreso da papa Francesco anche nel Regina Coeli, pronunciata, come ormai da qualche settimana, nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Ma ha anche citato che questa è la domenica delle vocazioni, e ha poi mandato una lettera, scritta l'8 marzo, ma letta per la giornata di oggi. Un pensiero particolare ai malati di Covid e ai bambini vittime di violenza. Ecco quello che ha detto il Santo Padre, come riportato dall'Editrice Vaticana: Cari fratelli e sorelle, buongiorno! La quarta domenica di Pasqua, che celebriamo oggi, è dedicata a Gesù buon Pastore. Il Vangelo dice: «Le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome» (Gv 10,3). Il Signore ci chiama per nome, ci chiama perché ci ama. Però, dice ancora il Vangelo, ci sono altre voci, da non seguire: quelle di estranei, ladri e briganti che vogliono il male delle pecore. Queste diverse voci risuonano dentro di noi. C’è la voce di Dio, che gentilmente parla alla coscienza, e c’è la voce tentatrice che induce al male. Come fare a riconoscere la voce del buon Pastore da quella del ladro, come fare a distinguere l’ispirazione di Dio dalla suggestione del maligno? Si può imparare a discernere queste due voci: esse infatti parlano due lingue diverse, hanno cioè modi opposti per bussare al nostro cuore. Parlano lingue diverse. Come noi sappiamo distinguere una lingua dall’altra, possiamo anche distinguere la voce di Dio e la voce del maligno. La voce di Dio non obbliga mai: Dio si propone, non si impone. Invece la voce cattiva seduce, assale, costringe: suscita illusioni abbaglianti, emozioni allettanti, ma passeggere. All’inizio blandisce, ci fa credere che siamo onnipotenti, ma poi ci lascia col vuoto dentro e ci accusa: “Tu non vali niente”. La voce di Dio, invece, ci corregge, con tanta pazienza, ma sempre ci incoraggia, ci consola: sempre alimenta la speranza. La voce di Dio è una voce che ha un orizzonte, invece la voce del cattivo ti porta a un muro, ti porta all’angolo. Un’altra differenza. La voce del nemico distoglie dal presente e vuole che ci concentriamo sui timori del futuro o sulle tristezze del passato – il nemico non vuole il presente –: fa riaffiorare le amarezze, i ricordi dei torti subiti, di chi ci ha fatto del male…, tanti ricordi brutti. Invece la voce di Dio parla al presente: “Ora puoi fare del bene, ora puoi esercitare la creatività dell’amore, ora puoi rinunciare ai rimpianti e ai rimorsi che tengono prigioniero il tuo cuore”. Ci anima, ci porta avanti, ma parla al presente: ora. Ancora: le due voci suscitano in noi domande diverse. Quella che viene da Dio sarà: “Che cosa mi fa bene?”. Invece il tentatore insisterà su un’altra domanda: “Che cosa mi va di fare?”. Che cosa mi va: la voce cattiva ruota sempre attorno all’io, alle sue pulsioni, ai suoi bisogni, al tutto e subito. È come i capricci dei bambini: tutto e adesso. La voce di Dio, invece, non promette mai la gioia a basso prezzo: ci invita ad andare oltre il nostro io per trovare il vero bene, la pace. Ricordiamoci: il male non dona mai pace, mette frenesia prima e lascia amarezza dopo. Questo è lo stile del male. La voce di Dio e quella del tentatore, infine, parlano in “ambienti” diversi: il nemico predilige l’oscurità, la falsità, il pettegolezzo; il Signore ama la luce del sole, la verità, la trasparenza sincera. Il nemico ci dirà: “Chiuditi in te stesso, tanto nessuno ti capisce e ti ascolta, non fidarti!”. Il bene, al contrario, invita ad aprirsi, a essere limpidi e fiduciosi in Dio e negli altri. Cari fratelli e sorelle, in questo tempo tanti pensieri e preoccupazioni ci portano a rientrare in noi stessi. Prestiamo attenzione alle voci che giungono al nostro cuore. Chiediamoci da dove arrivano. Chiediamo la grazia di riconoscere e seguire la voce del buon Pastore, che ci fa uscire dai recinti dell’egoismo e ci conduce ai pascoli della vera libertà. La Madonna, Madre del buon Consiglio, orienti e accompagni il nostro discernimento. Dopo il Regina Caeli Cari fratelli e sorelle, si celebra oggi la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. L’esistenza cristiana �� tutta e sempre risposta alla chiamata di Dio, in qualunque stato di vita. Questa Giornata ci ricorda quello che disse un giorno Gesù, cioè che il campo del Regno di Dio richiede tanto lavoro, e bisogna pregare il Padre perché mandi operai a lavorare nel suo campo (cfr Mt 9,37-38). Sacerdozio e vita consacrata esigono coraggio e perseveranza; e senza la preghiera non si va avanti su questa strada. Invito tutti a invocare dal Signore il dono di buoni operai per il suo Regno, col cuore e le mani disponibili al suo amore. Ancora una volta vorrei esprimere la mia vicinanza agli ammalati di Covid-19, a quanti si dedicano alla loro cura a tutti coloro che, in qualsiasi modo, stanno soffrendo per la pandemia. Desidero, nello stesso tempo, appoggiare e incoraggiare la collaborazione internazionale che si sta attivando con varie iniziative, per rispondere in modo adeguato ed efficace alla grave crisi che stiamo vivendo. È importante, infatti, mettere insieme le capacità scientifiche, in modo trasparente e disinteressato, per trovare vaccini e trattamenti e garantire l’accesso universale alle tecnologie essenziali che permettano ad ogni persona contagiata, in ogni parte del mondo, di ricevere le necessarie cure sanitarie. Rivolgo un pensiero speciale all’Associazione “Meter”, promotrice della Giornata nazionale per i bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza. Incoraggio i responsabili e gli operatori a proseguire la loro azione di prevenzione e di sensibilizzazione delle coscienze al fianco delle varie agenzie educative. E ringrazio i bambini dall’Associazione che mi hanno inviato un collage con centinaia di margherite colorate da loro. Grazie! Abbiamo da poco iniziato Maggio, mese mariano per eccellenza, durante il quale i fedeli amano visitare i Santuari dedicati alla Madonna. Quest’anno, a causa della situazione sanitaria, ci rechiamo spiritualmente in questi luoghi di fede e di devozione, per deporre nel cuore della Vergine Santa le nostre preoccupazioni, le attese e i progetti per il futuro. E poiché la preghiera è un valore universale, ho accolto la proposta dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana affinché il prossimo 14 maggio i credenti di tutte le religioni si uniscano spiritualmente in una giornata di preghiera e digiuno e opere di carità, per implorare Dio di aiutare l’umanità a superare la pandemia di coronavirus. Ricordatevi: il 14 maggio, tutti i credenti insieme, credenti di diverse tradizioni, per pregare, digiunare e fare opere di carità. Auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci. Read the full article
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Sii ambizioso. Combatti. Non dimenticarti di essere felice.
Sembrano frasi fatte, lette e rilette un milione di volte. Quando riuscirai a scoperchiarle e a farle tue, faranno più male di un colpo in pieno volto e le odierai.
Sarebbe meglio non avere sogni, aspirazioni, desideri; sarebbe meglio vivere con disinteresse. Accontentarsi. Non essere intimorito dalla paura, prima o poi busserà alla tua porta. Non scegliere di vivere di mediocrità, ti divorerà prima che tu te ne accorga.
Scrivi i tuoi sogni, raccontateli ogni fottuto giorno; non aver paura di fare qualche follia, i rimpianti faranno più male.
Chiudi i libri, quelli che ti parleranno con saccenza pur non sapendo nulla di te e che crederanno di insegnarti la vita da pagina 40 a pagina 73. La vita è lì fuori e a volte non è nemmeno tanto dolce. Riapri il libro quando sentirai di aver toccato il cielo o di star bruciando dentro, ma a quel punto non avrai più voglia di leggerlo e sarai tu a voler scrivere.
Circondati di persone di valore, non di qualche buffone che cerca adulazione per rimediare al proprio sconforto interiore. Segui coloro che ti ispirano e che hanno una buona parola per te. Capirai che se a qualcuno è andata sempre bene, molti altri hanno dovuto rimediare la riconoscenza della vita a furia di porte sbattute in faccia, eppure ce l’hanno fatta e non si sono ancora arresi. Capirai che la tua storia non è nemmeno così speciale.
Sappi che per ogni scelta che fai c’è una strada da percorrere e nessuno può dirti se è quella giusta. Qualunque sia la tua scelta, ogni strada presa è meglio dell’inerzia.
Alcuni ti scoraggeranno ma nessuno conosce i tuoi sogni meglio di te stesso.
Non aver paura di dar fiducia agli altri, ma abbi sempre più fiducia in te stesso, perchè quando ci sarà bisogno di ricominciare, l’unica testa che non dovrà cadere sarà la tua.
Non aver paura di chiudere la porta a qualcuno o a qualcosa, non aver timore di rinunciare a rapporti ormai saturi, dove a vincere è solo l’abitudine mentre perdi pezzi poco alla volta. Il mondo emana un’energia misteriosa, coglila.
Fallisci. Imponiti di fallire. Provaci. Molti ti faranno sentire il più grande pezzo di merda sulla terra quando fallirai, non aspettano altro, ma vedrai che quelle voci arriveranno da persone che non contano nulla e che non hanno mai fatto niente di buono nella vita. Il fallimento ti permettere di apprendere. Vuoi perdere questa occasione?
Sorridi, sii felice. Non c’è nulla che faccia arrabbiare di più i tuoi detrattori. Molti ti odieranno per la tua ambizione, e ti farai molti nemici tra i mediocri e gli insoddisfatti, ma altri ti seguiranno.
Non smettere di combattere quando troverai slealtà, arroganza o indifferenza. Vai avanti, lavora di più e meglio.
Non domandarti troppo il perchè delle cose, molte cose accadono senza ragione. Domina le conseguenze.
Viaggia. Non rimandare. Con un paio di birre in meno al bar con i tuoi amici avrai pagato un volo; non avrai un resort ad attenderti ma avrai la vita.
Coltiva nuovi punti di vista. Parla con la gente. Ascoltala. Non sei una star e neanche un represso emarginato, impara a stare con tutti e allo stesso modo.
Forse c’è sempre una seconda possibilità ma non rischiare. Fai ciò che senti. Subito. C’è quella donna che ti piace, vai. C’è un’opportunità di lavoro, coglila. Non rimandare la tua vita.
Non avere paura di condividere la tua felicità con una donna. Non avere paura di dire a te stesso che ora hai bisogno di lei. Amala ma con amore, non per colmare i tuoi vuoti.
Senti il suo profumo, la sua voce, accarezzale i capelli, stringile le mani, mischiati con lei, guardate assieme il cielo. Vai con lei a Roma, Venezia, Parigi, ma portala anche dove nessuno la porterebbe. Non attendere.
Sii te stesso, sii interessante. Innovati. Non aver paura dei cambiamenti, se la tua vita fa schifo è perché non fai nulla per cambiarla se non sempre le stesse cose. Ascolta te stesso, chiudi gli occhi, accetta quando è ora di cambiare aria.
Cerca persone come te, con i tuoi stessi obiettivi, la tua fame, i tuoi interessi. Non temere le relazioni sociali, non ascoltare chi dice che stare da soli è meglio; sii socievole con tutti, ma preserva la tua individualità, ciò che ti rende unico, ciò che sei.
Ascolta molta musica ma se ne hai voglia non aver paura di comprare un biglietto per un concerto e canta, vedi film, leggi, studia, fai sport e riposa bene. Non definirti mai in nessuna di queste cose, fai di tutto il tuo io, ma ama qualcosa in particolare.
Sii astuto, valuta, agisci d’impulso, prendi fiato e non agire più d’impulso, quando sei nervoso fai lunghe passeggiate o corri, e se qualcosa ti devasta dentro non aver paura di mostrarti alle tue sofferenze.
Stai vivendo.
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Un cane e una culla
Era una giornata di sole primaverile, uno stormo di rondini, come ogni anno al loro ritorno, si era fermato sui fili elettrici che attraversano il giardino di Birba, la canina labrador tutta nera, amica di tutti gli animali. Il primo saluto è sempre stato per lei. Quella mattina la videro seduta sulla panchina del giardino, immobile che osservava attentamente una cuccia per umani a loro non degnava neanche di uno sguardo. Molto confusi si chiedevano fra loro il perché. Il loro cinguettio era molto alterato e facevano una gran confusione. Birba preoccupata di quel gran fracasso, alzò lo sguardo e con un mugolio pacato disse:
- Calma, piano piano, ora vi spiego!
L'altra mattina, come sempre, appena ho aperto gli occhi sono corsa in camera per svegliarli ma lui e lei erano già svegli. (per "lui e lei" intendo i miei padroni)
ho pensato: -strano, aspettano sempre che io mi svegli!
L'altra mattina no, erano già svegli. Mi sono avvicinata al loro letto, stavo per saltare, gustandomi già le loro coccole, ma niente.
Si sono alzati come e io non ci fossi. Lui ha messo i croccanti nella ciotola ed è andato in bagno. Sono rimasta male, avrei dovuto non mangiarli quanto ero triste, ma li ho divorati. Che posso farci, la mattina ho sempre una gran fame! Insomma, l'altra mattina mi è sembrato tutto strano.
Ho pensato: avranno bisticciato!- Sono sempre tristi quando battibeccano.
Menomale che accade di rado e quando capita, io me ne accorgo che sono di troppo. Così mi rifugio nella cuccia e faccio finta di dormire fin quando le loro voci si calmano. Poi uno di loro si avvicina all'altro, non so cosa si dicono, ma dopo poco sono abbracciati, felici e si fanno le coccole.
Io sono discreta, sto in disparte e aspetto che mi chiamino loro, e allora sono coccole, ma che dico, supercoccole.
Ma l'altra mattina era diverso, non erano tristi, erano agitati, tanto che lei lo incoraggiava:- Stai tranquillo pensa a Birba,che sarei io, è tutto pronto. Piuttosto chiama un taxi tu non mi sembri in grado di guidare, sei troppo agitato.
Oh aveva ragione lei!
Lui correva dal bagno alla camera dove lei si stava vestendo, chiedendole se aveva bisogno di aiuto, mentre lui era ancora in mutande.
- Ho già lasciato le chiavi di casa a Marta, si occuperà lei di birba in quei giorni.- riprese lei
Appena ho sentito Birba ho preso il mio pupazzo preferito e scodinzolando sono corsa da lei, pensando:- Stamani lui non è in grado di portarmi fuori, forse sta male, ma certo lei vorrà giocare con me. Anche lei era strana, mi ha guardato con i suoi occhi dolci mi ha detto:- Stamani no Birba, non si gioca, dobbiamo andare via; in questi giorni Marta penserà a te, fai la brava!!
Mi ha dato un bacio, fatto una carezza e poi mi ha detto:- Da brava vai a cuccia.-
IO, mogia mogia, ho preso il mio pupazzo e sono andata in giardino e mi sono accucciata sotto la panchina dove loro si siedono sempre.
Poco dopo si sono avvicinati alla porta si sono girati e le loro ultime parole sono state:-Stai brava, noi torniamo presto!-
Lo sanno che io mi comporto sempre bene.
In ogni modo avevo capito che non sarebbero tornati in giornata, come capitava altre volte. Avevano una valigia piccola, ma era una valigia quella che lui aveva in mano!
E quando prendono la valigia vanno in vacanza e non tornano subito.
Ma quando vanno in vacanza io vado con la nonna in campagna.
Mentre rimuginavo queste cose mi sono addormentata fino a quando il mio amico Baldo mi ha svegliata abbaiando.
Raramente io e lui comunichiamo così siamo cani ben educati, abbaiamo solo in caso di pericolo o di una certa urgenza. Questa mattina Baldo non mi ha vista ai giardinetti come tutte le mattine e, appena è tornato a casa è corso in terrazza preoccupato e mi ha chiamata per sapere se stavo bene, così ho saputo che ai giardinetti tutti parlavano di me, dicevano:- Povera Birba, speriamo bene, ma quando tornano lui e lei chissà se la terranno ancora con se!- Il mastino napoletano, che sempre sfiduciato, ha detto: -Anche se la terranno nulla sarà come prima, vedrete, la metteranno da parte, per lei niente più coccole e giardinetti, tempo per lei non ci sarà più! Solo Peggy, la mia amica del cuore, ha detto che non succederà perché lui e lei, amici dei suoi padroni, li conosce bene e sa che l'amavano davvero e mai l'avrebbero messa in disparte. Sentire questi discorsi non mi hanno certo rallegrato e mi chiedevo se Peggy avesse ragione.
Come me è un labrador, e noi labrador siamo particolarmente ottimisti. Così mi sono un po' tranquillizzata. Ho salutato Baldo e mi sono rintuzzata sotto la panchina speranzosa. Più tardi è venuta Marta mi ha fatto fare il giro del palazzo e siamo subito rientrate. Ha messo i croccanti nella ciotola, che ho subito divorato, mi ha fatto due coccole e se n'è andata.
Siccome cominciava ad imbrunire, sono salita dalla panchina e mi sono addormentata, ma prima mi sono detta: - Vedrai che prima di buio tornano!-
Il sonno non era vero sonno, ogni poco aprivo un occhio e drizzavo le orecchie, ma nessuno tornava. Tanto che mi sono detta: - Stai a vedere che hanno ragione cani del giardinetto?- e mi sono ributtata giù.
Quando ho sentito il rumore della chiave nella serratura ho gridato: - Eccoli!- e sono corsa alla porta.
Lui è entrato tutto felice, mi ha abbracciato, si è steso per terra e abbiamo cominciato a fare la nostra finta lotta, quella che a me piace tanto. Dopo si è seduto sulla panchina e si è acceso una sigaretta. Io mi sono seduta di fronte a lui aspettando mi dicesse qualcosa, magari: - Birba vai a prendere la palla!- invece a cominciato a parlare:- tu vedessi come è bella Birba! Ha due occhioni azzurri, non è nera come te, lei è bionda! E' piccola piccola, quando verrà a casa dobbiamo essere molto delicati con lei, Vedrai quando crescerà quanto giocherete insieme!- Poi mi ha detto: - Ora vado a letto sono sfinito, Oggi è stata una giornata speciale!- Dopo poco: - Oh, mi raccomando, domattina svegliami, voglio essere presto da loro, non vado nemmeno a lavorare ho da sbrigare tante cose, ma sono così felice!-
Allora mi sono detta: - Se è felice lui sono felice anche io, ma non capisco perché lei non tornata. Quello che ho capito che hanno preso una cucciola bionda e piccola e che presto l'avrebbero portata a casa. Già mi vedevo impegnata con la cucciola. Le sarei stata sempre vicina insegnandole dove non si poteva andare dove c'erano i pericoli e quando ci avrebbero portati ai giardinetti l'avrei protetta dai cani più agitati e irruenti che possono far male senza volerlo. Insomma non riuscivo a prendere sonno dato che non avevamo mai avuto un cucciolo vicino ed ero veramente emozionata.
Così più o meno sono passati quattro o cinque giorni.
Il quinto giorno è stato eccezionale. Lui non è andato al lavoro, ha rimesso tutta la casa a posto e poi mi ha portata al giardinetto; era veramente felice, mi ha detto: - Birba, oggi le porto a casa!-
Al giardinetto a tutti quelli che chiedevano di lei, rispondeva: - Tutto bene, oggi pomeriggio le vado a prendere.-
Era così felice che faceva tenerezza.Il pomeriggio prima di andare via mi ha parlato seriamente: - Mi raccomando Birba, sii delicata, lei è un po stanca e la piccola è veramente piccola!-
Un po mi sono offesa, lo sa come sono, quando c'è bisogno sono molto delicata, lo so da me.
Io in ogni modo ero veramente felice di questo rientro. Nell'attesa, rimasta sola, sono andata in giardino, visto che ra una giornata di sole, mi sono sdraiata sulla panchina e mi sono addormentata veramente rilassata. Prima che entrassero in casa ho sentito le loro voci, di scatto sono scesa dicendomi: - Stai calma, non farti prendere dall'euforia.- Mi sono seduta da una parte ma non riuscivo a fermare la coda, quando sono contenta non mi ascolta.
Aperta la porta per prima è entrata lei. Appena mi ha visto mi ha subito abbracciato dicendomi:- Birba, quanto mi sei mancata! Poi prima di entrare lui ha spinto in casa una cuccia da umani, che mi ha lasciata perplessa. Non capivo, doveva arrivare una cucciola bionda piccola piccola, tanto che io pregustavo già che dormisse con me, invece lui ha portato una cuccia da umani. Io come potevo tenerla con me?
In ogni modo mi sono tenuta in disparte, lui mi ha detto di essere delicata, ed io, quando non riesco a fermare la coda sono un po' impacciata.
Appena chiusa la porta lei si è avvicinata alla cuccia e mi ha chiamata: - Birba, vieni, guarda c'è Mirta, mi raccomando, non perderla mai di vista. Mi sono avvicinata e lìho vista...era la bimba più bella del mondo. Ci siamo guardate e quello sguardo ci ha legato per tutta la vita. Non avrei mai immaginato che una bambina così piccola si facesse sentire tanto. E' peggio di me, ha sempre fame e quando ha fame piange. Ha una voceee... la notte sveglia tutti. Lei mi chiama spesso: -Birba portami il pannolino pulito, porta via il pannolino sporco.
Ho imparato tante cose: dove sono gli oggetti per la pulizia di Mirta e i contenitori per la roba sporca. Lei ha tanto bisogno del mio aiuto ed io... faccio il possibile! Certe volte sono un po' stanca, stanca ma felice. Non ho mai provato tanta felicità come ora, che c'è Mirta.
Bene, ora sapete cosa faccio seduta su questa panchina, vicino alla cuccia di Mirta.Sorveglio la piccola che sta per addormentarsi, come mi ha detto lei e restare zitte... anche io vorrei fare un pisolino!!!
Amneris Regoli - novembre 2018
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GRIMOIRE OF BALANCE - CAPITOLO 1: UNA SPLENDIDA LUNA
Lo conobbi da piccola, avevo sei anni e mia madre mi portò ad uno zoo, parecchie miglia lontano da casa. Gli animali erano divisi in diverse fosse profonde e recintate. L'animale che ero più interessata a vedere era la Tigre bianca, tuttavia se ne stava accucciata in una piccola caverna artificiale, o almeno così avevo capito dalle voci degli altri visitatori. Dopo pochi minuti, arrivò lui, si mise di fianco a me con le braccia incrociate, sorrise e disse ad alta voce: "Ei tu! Sai che è maleducazione dare le spalle?". La scena mi fece un po ridere, sarà che, anche se gridò quella volta, in mezzo alla folla si riusciva a sentire appena la sua voce, figurati se riuscisse a sentirlo la Tigre. Eppure dopo pochi attimi si vide il di dietro della Tigre sporgersi dalla caverna, si spostava come per girarsi, ed infine uscì, era splendida, la sua pelliccia chiara splendeva alla luce del sole. Si avvicinò verso il nostro lato, e guardò dritto nella nostra direzione, con un aria parecchio malinconica. "Sono le persone" disse, spostai la testa per far intendere che non avevo capito, e senza spostare gli occhi dalla Tigre continuò "Hai notato? Da quando è uscita il chiasso è aumentato, hanno incominciato a riprendere con i videofonini, fare foto con il flash, alcuni bambini le lanciano noccioline come se fosse una scimmia." poi disse alzando la voce come per farsi sentire anche da lei "Domani mi trasferirò lontano, non potrò più venire tutti i giorni a trovarti... forse.. forse non potrò venire mai più. Sono venuto a dirti addio." fece un leggero inchino, aveva uno sguardo molto triste, la Tigre mi sembrò che gli rispose, dato che abbassò la testa, e quando mi rigirai verso di lui, non c'era più. Credevo fosse stato un sogno, invece era il mio primo incontro con Satoshi, di anni 7. "In seguitò mi trasferì nella stessa città di Amy, abbiamo frequentato la stessa scuola media, e ora siamo in seconda liceo" "Tu non metti nessuna emozione quando parli di come ci siamo conosciuti!" "Ma nessuno ce lo chiederà mai. Non siamo mica fidanzati." "Quanto sei freddo" Satoshi ha i capelli neri, lunghi fino al'inizio delle spalle, rigorosamente all'indietro, neanche un cenno di barba, sopracciglia sottili, occhi verdi, corporatura snella ma muscolosa. Ed è seduto sul letto di Amy, per parlarle prima del primo giorno di scuola. Amy invece ha i capelli lunghi fino al fondo schiena, molti dread bianchi con striature nere, in onore al suo animale preferito (Amy sostiene sia la Tigre bianca, ma Satoshi continua a dire convinto che in realtà sia la zebra). Ha gli occhi scuri, ed il fisico più somigliante a quello di un ragazzo, rispetto a quello di una ragazza, ed una terza di seno (N.d.S. So che volevate sapere quest'ultimo dettaglio). Rimane in piedi di fronte a Satoshi, con gli occhi chiusi e l'espressione un po nervosa. "Senti-" "Ti accompagnano i tuoi a scuola giusto?" "Si, perché?" "Allora è certo che non ci chiederanno come ci siamo conosciuti, non arriveremo neanche insieme" Satoshi si alza e si avvicina alla porta mettendosi le cuffie ed avvia You've Got Time [YouTube] uscendo dalla porta senza lasciare che Amy dicesse una parola. Esce dalla casa, ed inizia a camminare sotto il sole caldo, con un vento fresco che gli accarezza i capelli, guarda le espressioni dei passanti, chi controlla l'orologio temendo di fare ritardo a lavoro, chi sorride e saluta il vicinato, i vagabondi addormentati sui cartoni, ed il tempo passò velocemente nel tragitto che lo portò a scuola. Non aveva molti amici, anzi sarebbe più preciso dire che non aveva amici, di solito la gente se hai un comportamento strano come quello di Satoshi non si avvicina neanche per fare amicizia. Entrò nella scuola, e salì le scale, poggiò la cartella sulla sedia accanto alla sua, e continuò ad ascoltare la musica finché la classe non si riempì. Arriva Amy, che si siede accanto a lui "Potevi almeno salutarmi prima di uscire" "Tanto ci saremmo visti in classe" Entra subito la Professoressa di Matematica e le lezioni incominciano. "Non ci chiede neanche come sono andate le vacanze? Parte subito con la correzione dei compiti. Che noia questa prof" Satoshi rimane in silenzio, quasi immobile. "E' successo qualcosa?" "No.." Si guarda intorno, come se qualcuno lo stesse osservando. "No.. mi sembrava solo..-" "Silenzio voi due, e controllate se avete svolto bene gli esercizi" Arrivano le 10:00 e Satoshi si è sempre comportato in modo più strano del solito. Entra in aula una Professoressa sorridente, la Professoressa di Inglese. "Beh, come sono andate le vacanze?" Gli studenti iniziano a parlare di ciò che hanno fatto, ed Amy guarda preoccupata Satoshi, non capendo cosa gli stia succedendo. "Satoshi... puoi dirmi se è successo qualcosa.." "La porta." E l'istante dopo si aprì la porta, con la bidella che aveva una lettera per Satoshi consegnata da un ragazzo che aveva detto di essere il cugino. La professoressa da subito la lettera, senza neanche aspettare la fine delle lezioni, e continua a parlare con gli studenti. "Hai un cugino che abita in questa città?" "Non ho cugini, i miei genitori sono figli unici" "Allora chi..." Satoshi aprì la lettera, contenente un singolo foglio, con una frase scritta al centro. Il sigillo è stato rotto. Satoshi rimane immobile, leggendo quelle parole. Amy si avvicina per leggerle, e le trova strane e poco intuitive. "Qualcuno ti ha fatto uno scherzo?" Satoshi non rispose, per qualche minuto rimase in silenzio a guardare il foglio, con uno sguardo preoccupato. Non cedette a nessuna domanda di Amy. Poi ruppe il silenzio dicendo con un filo di voce una frase. "Cosa? Che hai detto?" ".... Non ci vedremo per un po di tempo.." "Cosa vuoi dire? Mi fai preoccupare." "Devo partire per un lungo viaggio." Sistema lo zaino con velocità e precisione, ed esce dall'aula senza badare alle lamentele della professoressa. Amy rimase sbigottita per qualche istante, e pensò "Se sta andando via non potrò salutarlo, non potrò chiedergli dove sta andando e quando tornerà..." "Professoressa mi scusi ma devo andare anch'io" Amy butta tutto nello zaino ed esce dall'aula correndo.Non raggiunge Satoshi, esce dalla scuola e lo vede in lontananza che cammina, cerca di raggiungerlo andando molto velocemente, ma ogni volta che lo perde di vista si allontana di più, inizia a sentirsi girare la testa, come se fosse appena sveglia. Dopo poco tempo raggiunge la casa di Satoshi, la porta principale è aperta, sale le scale e raggiunge l'ingresso della sua camera, trovando la porta socchiusa, cosa insolita, ma non ci pensa granché ed entra chiudendola alle spalle. "DOVE CREDI DI ANDARE?" Dice lei col fiatone, mentre lui coperto con una mantella nera, riempie uno zaino con diversi oggetti, alcuni presi da uno strano cassettone. "Hai chiuso la porta?" "MA SONO QUESTE LE DOMANDE DA FARE?" Satoshi alzò lo sguardo dallo zaino, guardandola con aria adirata. "Dovrai rimanere in camera mia per un po di tempo." "MA... Ma... perché?" Amy si gira verso la porta e nota che è piena di strani simboli rossi che emanano una luce fioca. "C..Che succede?" "Rimani qui, entro un paio d'ore dovrebbero sparire" Satoshi si mette lo zaino in spalla, alza il cappuccio della mantella, prende una lampada ad olio, ed apre la porta.Amy mostra sorpresa e una leggera paura a guardare cosa c'è fuori dalla stanza.Il buio, nonostante la stanza fosse illuminata, fuori non c'era la sagoma di un oggetto, il pavimento nero pece sembrava continuasse per miglia, date le tenebre che lo coprivano.Satoshi fa un respiro profondo ed esce, mentre la porta lentamente incomincia a chiudersi. "Non puoi andare così senza dirmi niente!" Satoshi sente una porta sbattere alle sue spalle. "E così entrò anche lei" Si gira guardando Amy illuminata dalla luce fioca della lampada. "Sai che non potrai tornare indietro?" Con la faccia stupita lei rispose "Cosa?" "Per una volta non potevi ascoltarmi? Chissà quando torneremo." "COSA? MA MI SPIEGHI DOVE STIAMO ANDANDO?" "Verso la mia terra natale" "Londra?" "Ti piacerebbe. Le risposte le avrai al tempo debito, quella che non ha ascoltato e che si è cacciata nei guai sei tu, non io." Amy rimase in silenzio, mentre Satoshi torna a camminare, lei lo segue stando in silenzio, capendo di aver sbagliato. "Quanto cammineremo? Non si vede nulla di fronte a noi.." "Arriveremo in dieci minuti, se stai in silenzio anche prima, ascolta il rumore dei tuoi passi" Tuttavia, non c'è nessun rumore, Amy l'ha appena notato, se si sta in silenzio non si sente proprio nulla. Dopo pochi secondi percepisce un leggerissimo suono, che aumenta di volume mentre camminano. Una sfera luminosa blu si forma sopra di loro, da cui escono piccoli puntini, che si spargono per tutto il soffitto. "Non è un soffitto. Ma è il cielo, si sta formando" Amy sorride, mentre ha il viso illuminato da una luce azzurra "Non ho parole per dire quanto sia bello" La sfera rilascia tante piccole sferette, che si avvicinano al terreno, e raggiunta una precisa altezza, e distanza dai due viaggiatori, mostrano il loro contenitore, quelle luci sono lampioni, prima si vede il palo, poi si formano i due muretti su cui stanno poggiati, formando due muri paralleli e distanti un paio di metri dai due. Il pavimento lentamente prende forma, un sacco di pietre ben incastrate tra di loro, illuminate dalla luce dei lampioni, il pavimento forma una lunga strada in discesa, e mentre camminano si nota un piccolo villaggio alla fine di quello che è il ponte che stanno percorrendo, si formano boschi intorno al villaggio, con alberi dal tronco scuro e dalle foglie azzurre. Si vedono altre persone che attraversano il ponte, ma sembrano come fantasmi, quasi senza una forma. "Chi sono?" "Viaggiatori come noi, è così che ci vedono" La sfera nel cielo si fa vedere come una splendida luna, e mentre Amy la ammira non si rende conto del fatto che hanno appena attraversato il ponte.
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Sviluppare un cuore empatico
Krishna, il più grande psicologo
Sviluppare la qualità dell’empatia ha molti benefici per gli aspiranti devoti del Signore.
Quando stavo facendo tirocinio in psicoterapia clinica presso una scuola di specializzazione, un docente, per farci sentire più vicini ai nostri pazienti, ci faceva praticare l’empatia. La maggior parte dei suoi studenti provenivano da famiglie benestanti e lui sentiva che noi avevamo bisogno di qualcosa di più di una semplice comprensione teorica della sofferenze che provavano i pazienti.
La mia prima sessione di “empatia in pratica” fu con Doris, che ha soffriva di schizofrenia. Era una ragazza piuttosto magra sui trent’anni, con un viso attraente ma segnato dalla sofferenza, che spesso sceglieva di vivere sulla strada piuttosto che a casa sua.
Doris molte volte rimaneva nella sala d’attesa e continuava a conversare con persone immaginarie che però a lei sembravano reali.
Doris non rispondeva molto alla terapia, eppure il suo medico ed io cercavamo di aiutarla. Di tanto in tanto, la sua malattia le dava un pò di tregua e lei parlava delle sue numerose sconfitte, tra queste le sue relazioni andate male, e del suo sogno di diventare un’insegnante.
Dopo le mie esperienze iniziali con Doris, il mio insegnante mi fece passare un pomeriggio in una sessione progettata per farci sviluppare dell’empatia nei confronti degli schizofrenici. Attraverso delle cuffie, una miriade di voci cominciò ad assalirmi con delle parolacce e trattandomi male in tutti i modi. Durante l’ascolto di queste voci, mi era stata data una lista di compiti semplici da eseguire, come andare al negozio dell’angolo per acquistare delle batterie. Dopo due ore di ascolto di quelle voci registrate e di fare quello che mi era stato chiesto, mi sentivo stremata. Fisicamente e mentalmente spossata, mi sono poi ritrovata con gli altri studenti a condividere le nostre esperienze.
Quella pratica aveva raggiunto il suo scopo. Avevo potuto capire di più sulle persone afflitte da quella malattia debilitante e provavo più compassione per loro.
Il mio paziente successivo era un uomo di mezza età con una sclerosi multipla. Era su una sedia a rotelle e mostrava dei sintomi di depressione, così il suo medico gli aveva detto di rivolgersi a uno psicoterapeuta.
Ormai avevo compreso l’implacabile convinzione del mio docente per insegnarci l’empatia in pratica, quindi non mi sorpresi quando nel suo ufficio vidi che mi aspettava una sedia a rotelle. Nell’ora successiva, mi fece fare delle piccole commissioni per tutto l’ospedale mentre cercavo di imparare goffamente a manovrarla.
Riflettendo su quelle esperienze, apprezzai il modo in cui il mio insegnante aveva compreso questo fattore importante della terapia unita all’empatia. L’empatia ci aiuta a prenderci cura delle persone, a comprendere la loro sofferenza.
Ci aiuta anche a evitare di cadere nella trappola di pensare di essere superiori agli altri. E ci aiuta a sviluppare l’umiltà come mezzo per compiere progresso spirituale e sviluppare una relazione d’amore con Dio.
Sri Caitanya, lincarnazione più misericordiosa, non tollera di vedere le persone soffrire in questo mondo materiale.
L’aiuto di Krishna
Krishna aiuta i suoi devoti principianti purificandoli da ogni tipo di mentalità che impedisce loro di avvicinarsi a Lui. Quando ci facciamo delle opinioni riguardo le persone e le loro situazioni, dovremmo farlo con il desiderio di essere di aiuto e di far piacere al nostro guru e a Krishna. Questo tipo di pensiero ci aiuterà ad avanzare nella coscienza spirituale. Ma se giudichiamo gli altri con l’idea di sfruttarli o di minimizzarli per elevare il nostro senso di importanza, quel tipo di giudizio ostacolerà il nostro progresso spirituale.
Una delle qualità più sgradite nel cuore di un praticante del bhakti-yoga è la tendenza a giudicare gli altri senza preoccuparsi del loro benessere spirituale.
Questo porta alla critica e ci mette a rischio di vaisnava aparadha, l’offendere i devoti di Krishna. Se siamo fortunati, Krishna correggerà questa tendenza nel nostro cuore. Qualche volta Krishna, il creatore originale dell’apprendimento empatico in pratica, ci metterà in una situazione simile a quella della persona che stiamo giudicando.
Anche se può sembrare sconcertante, questo è un favore del Signore per aiutarci a sradicare quelle caratteristiche presenti nel nostro cuore che sono di ostacolo allo sviluppo dell’amore per il Signore e per i suoi devoti.
Quando ero una giovane devota, ero molto ligia nel partecipare a tutti i programmi del tempio. Ma mi sono ritrovata ad essere critica nei confronti di quei devoti che non lo facevano regolarmente. Una delle devote era spesso malata, ma faceva del suo meglio per essere presente quando poteva. Nonostante ciò, io pensavo che avrebbe potuto fare meglio. Poco dopo che quei pensieri contaminarono la mia coscienza, mi ammalai, e spesso non fui più in grado di partecipare al mangal-arati, l’adorazione mattutina.
Krishna compie molte cose con una sola azione, e uno dei risultati della mia malattia fu una diminuzione della mia mentalità critica. Krishna mi metteva spesso in situazioni simili a quelle delle persone verso le quali non avevo empatia, proprio per aiutarmi a sviluppare una maggior comprensione delle difficoltà altrui.
Il detto ‘atmavan manyate jagat’ significa che noi tendiamo a vedere negli altri le nostre stesse caratteristiche. Spesso un aspetto che troviamo riprovevole in un’altra persona è un tratto negativo che si annida dentro di noi. Quindi è prudente riflettere su questo quando ci facciamo delle opinioni sugli altri e guardare nel nostro cuore per scoprire i nostri difetti.
L’esempio di Prabhupada
Con il suo esempio, Prabhupada ci ha insegnato a essere clementi con gli altri e severi con noi stessi.
Lui era determinato a servire Krishna e a seguire le sue pratiche spirituali quotidiane. Ma mostrava comprensione e compassione verso i suoi discepoli neofiti, che spesso faticavano a seguire le pratiche di base del bhakti-yoga. Man mano che i suoi discepoli maturavano, a volte li correggeva severamente, ma solo per dovere, per aiutarli a progredire nella loro vita spirituale.
Nei primi tempi del movimento Hare Krishna, Prabhupada chiese a uno dei suoi primi discepoli, Syamasundara das, che era un esperto scultore, di scolpire nel legno una divinità di Sri Jagannath. Ad un certo punto Prabhupada andò a vedere come procedeva il lavoro. Quando entrò nella stanza, vide un pacchetto di sigarette sulla testa di Jagannath. “Va tutto bene,” Prabhupada disse al suo discepolo imbarazzato e contrito.
Prabhupada non aveva bisogno di avere un’attaccamento alle sigarette per capire la difficile situazione del suo discepolo. Disse a Syamasundara di ridurre ogni giorno di una il numero di sigarette che fumava, fino a quando l’abitudine non sarebbe scomparsa. Prabhupada era un puro devoto, la sua coscienza era cristallina.
Poiché non aveva alcuna contaminazione nel suo cuore, era libero dalla propensità di trovare difetti o di condannare.
Nella Bhagavad-gita (6.32) Sri Krishna dice ad Arjuna che le persone spiritualmente avanzate possono comprendere sia la felicità che l’angoscia degli altri. Grazie alla loro esperienza nel mondo materiale, comprendono che le persone soffrono perché dimenticano il Signore e sono felici quando sono uniti a Lui.
Salvare il cappotto
Come tutte le qualità spirituali, l’empatia, o compassione, ha una controparte nel mondo materiale. Il mio insegnante mi stava aiutando a sviluppare l’empatia, ma poiché non sapeva dell’anima eterna all’interno del corpo, il suo comprendere il dolore dell’altro, era basato solo sulla sofferenza del corpo. Prabhupada racconta la storia di qualcuno che si getta in un lago per salvare un uomo che sta annegando e torna solo con il suo cappotto. Nato dalla mente materiale, questo tipo di empatia avrà un valore solo temporaneo se non è impiegata nelle nostre vite spirituali.
Srila Prabhupada sentiva profondamente il dolore e la sofferenza delle anime in questo mondo.
Una volta, a Mayapur, vide una scena dal suo balcone che gli fece venire le lacrime agli occhi. Dei bambini stavano litigando con dei cani per avere del cibo che era avanzato dai piatti [di foglie di banane] buttati via. Prabhupada disse allora che nessuno entro dieci miglia dal tempio dell’ISKCON di Mayapur avrebbe dovuto soffrire la fame; tutti dovrebbero essere nutriti con il prasadam che li avrebbe elevati spiritualmente. La compassione di Prabhupada era fatta per elevare la coscienza delle persone, in modo che potessero essere liberate da ogni tipo di sofferenza.
L’empatia è una qualità naturale dell’anima. Seguendo le orme di Prabhupada, mentre ci impegniamo a comprendere il vero scopo della vita, nel contempo dovremmo coltivare la preoccupazione di comprendere le sofferenze altrui . Questo non significa che dobbiamo utilizzare i mezzi ideati dal mio insegnante per comprendere le condizioni di sofferenza di un altro.
Ma possiamo fare cose pratiche per sviluppare empatia.
La prima di queste cose è di avere la mente di uno studente, una mente curiosa, che cerca di comprendere i continui insegnamenti che provengono dal nostro ambiente. L’undicesimo canto del Bhagavatam ci dà l’esempio di un brahmana che descrive ventiquattro esseri che considerava i suoi guru. Ad esempio, dice di aver imparato delle preziose lezioni da un piccione, da un’ape e da una prostituta. Essere aperti a ciò che possiamo imparare dagli altri ci aiuterà ad apprezzare le loro difficoltà e a sentire una connessione con loro che non pensavamo nemmeno di avere.
Un’altra tecnica che può aiutarci a capire i sentimenti di un altro è l’ascolto riflessivo. Conosciuto anche come ascolto empatico, esso necessita che chi ascolta sintetizzi sia le parole del suo interlocutore che i sentimenti che stanno dietro di esse.
Un’altra attitudine molto importante è quella di fare la pratica di vedere le persone per il loro potenziale, piuttosto che per chi erano nel passato o chi sono nel presente. Siamo tutti anime pure che hanno una relazione eterna con Krishna. Ricordare questo può aiutarci a vedere oltre il condizionamento materiale delle persone, e ci permette di prenderci cura di loro e di desiderare di aiutarli.
Infine, vogliamo avere un’attitudine di servizio verso gli altri. Quando cerchiamo dei modi di servire piuttosto che di sfruttare, i nostri cuori si aprono e proviamo naturalmente quella connessione che esiste eternamente tra tutti gli esseri viventi.
Questi sono solo alcuni suggerimenti su come noi, da persone che praticano la spiritualità, possiamo muoverci nel mondo, in modo tale da espandere una mentalità favorevole allo sviluppo dell’empatia.
Grazie alla sua perfezione spirituale, Prabhupada poteva sempre vedere con chiarezza le nostre sofferenza e operare instancabilmente e pazientemente per darci la cura. Nonostante una volta abbia detto che i nostri cuori erano difficili da pulire tanto quanto il carbone, non ci ha mai abbandonati. Ora che Srila Prabhupada non è più fisicamente presente sul pianeta, dobbiamo estendere la sua natura compassionevole e la sua empatia verso tutti gli esseri viventi che possono avere l’opportunità di rifugiarsi nel movimento di Sri Caitanya.
Quando un guru lascia questo mondo, i suoi discepoli devono essere pronti a raccogliere l’eredità del loro amato insegnante. Il guru darà ai discepoli sinceri la forza di portare avanti la sua missione. I sinceri discepoli di un guru vaisnava sono anch’essi dei vaisnava, meritevoli della preghiera che si offre ogni mattina nei templi della ISKCON:
Offro i miei rispettosi omaggi a tutti i vaisnava, i devoti del Signore. Come alberi dei desideri essi possono soddisfare i desideri di ognuno e sono pieni di compassione verso tutte le anime condizionate.
Arcana Siddhi Devi Dasi
(Iniziata da Srila Prabhupada nel 1976, Arcana Siddhi devi dasi vive con suo marito e suo figlio a Sandy Ridge, North Carolina, USA, dove lavora come terapista famigliare)
(dalla rivista Back to Godhead)
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IT Security – E’ necessario un cambio di approccio da parte dei Managers e dei Responsabili
Premessa: A me non interessa sapere Chi, nel nostro campo, ce l’ha più lungo di chi. A me interessa semplicemente il confronto, percui non sarà necessario commentare sottolineando l’ovvietà di quanto mi appresto a descrivere, perché ne sono cosciente io stesso che queste parole le sto scrivendo. Per quanto sembri assurdo, ancora oggi, nel 2017, sembra che tutto quello che diamo per scontato, tanto scontato non sia. Ancora oggi, per chi si occupa di IT Security, tanti concetti non sono così scontati, non sono proprio così banali ma, soprattutto, non esistono proprio.
L’Approccio è sbagliato, l’approccio va cambiato e le regole vanno migliorate. Iniziamo con la doverosa precisazione (se mai fosse necessaria) che tutto quello che seguirà questa stessa precisazione, è il punto di vista personale dello scrivente, quindi, in quanto tale, assolutamente opinabile e criticabile, financo insultabile. All’interno d ogni grande Realtà aziendale esiste un processo di IT Security ben delineato, preciso, affidabile (secondo standard interni, ovviamente), e soprattutto inattaccabile da un punto di vista della Governance. Ogni grande Realtà, ritiene la propria infrastruttura sicura, anche quando la realtà (delle cose) non sostiene la medesima affermazione. Se all’inizio dell’avventura (l’IT Security) la politica era “Preveniamo e difendiamoci”, oggi la politica è quasi simile, “Preveniamo e cerchiamo di difenderci”. Gli standard moderni sembrano suggerire un cambio di visione, ovvero…: ”Siamo sicuri che qualcuno, in qualche modo, ci attaccherà e riuscirà nel suo intento, quindi teniamoci pronti a rimettere in piedi i sistemi alla situazione pre-attacco; teniamo una copia di ogni dato, quando succederà, saremo pronti a restorare la situazione”. Oggi la visione è ancora legata al vecchio; oggi si cerca ancora di prevenire, e per certi versi io dico che è quasi del tutto naturale. Non puoi startene con le mani in mano mentre attendi qualcuno che sferri un attacco ai tuoi sistemi, sarebbe da perfetti idioti. Il punto è che la prevenzione, spesso, è fatta male. L’IT Security, come altre voci aziendali, deve fare i conti con i tagli. I tagli riguardano ogni voce di spesa, trasversalmente, dalle risorse alle tecnologie. Ma nelle grandi Realtà non è sempre così. Si limano le tariffe, si gioca al vuoto per pieno, ma le risorse sono sempre quelle, e quando occorre, i budgets vengono stanziati. Ci sono quindi eserciti di consulenti (anche molto esperti) seduti tra le fila del personale della grande Realtà pronti ad attingere al loro Know-how per servirlo sul classico piatto d’argento al Cliente di turno. Il problema è come vengono utilizzati questi consulenti. Qui sottolineamo il pensiero personale. L’esercito di Consulenti è usato male. Il Manager di turno, gestisce male le risorse che paga (in alcuni casi) a peso d’oro. Il Manager in questione si muove come un ariete, va avanti per la sua strada e non ascolta niente e nessuno, dando per certo che le sue conoscenze siano quelle giuste, quelle corrette e soprattutto AGGIORNATE. Beh no caro Manager/Ariente, non è così. Quando decidi di chiamare un’azienda di Consulenza, devi sapere che decidi di chiamare un’Esperienza pesata e misurata, un’esperienza che sul mercato ha un valore preciso e il tuo dovere è quello di USARLA al meglio.
Lo Scenario d’esempio. Sei un’azienda che offre, su rete pubblica, un tot di applicazioni. Le tue applicazioni, passano da un processo che sembra affidabile e che può garantire la protezione dei dati, dei sistemi e dell’infrastruttura. E invece no.
Nell’ambito Secure Code Development hai le tue precise regole (o almeno credi di averle, in realtà mancano di solide basi culturali, non hai pensato bene ad un processo di evangelizzazione). I tuoi developers seguono le regole (o almeno te lo fanno credere), poi offri loro anche gli strumenti per eludere tali regole. Quindi perché spendi tutti questi soldi ? Perché perdi letteralmente del tempo se metti in piedi un processo e le sue regole e poi scrivi un “codice di applicazione delle regole” pieno di escamotages legali per eluderle ?
Da te Grande Realtà io mi aspetto un’organizzazione logica lineare e semplice, non una serie di attività completamente slegate tra loro. Ma quanto sarebbe semplice, per qualsiasi Realtà, di qualsiasi dimensione, mettere in piedi un processo che prevede degli steps uguali ed obbligatori per tutti ? • Sviluppi il codice; > Prima di rilasciarlo lo passi ad un qualsiasi tool SAST; > Scrivi un report; • Prendi un tool DAST, passi una pettinata all’applicazione appena passata dall’ambito SAST; > Scrivi un report; • Prendi i report preparati in precedenza, prepari una mappa delle vulnerabilità rilevate da entrambe le sessioni, prepari un penetration test mirato, così non perdi tempo e denaro.
Ma ci vuole veramente così tanto per delineare delle procedure così semplici ? Hai tutto in casa, strumenti, personale, competenze, perché non lo fai ? Perché insegui solo ed unicamente la tua idea che hai “di sicurezza” che è assolutamente lontana dalla realtà che ti circonda e che è fatta di vulnerabilità reali e tutte in campo ? A voi l’argomento, fatene quello che volete.
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Torino 2 giugno 2017. Ogni anno il due giugno lo Stato italiano festeggia se stesso con parate e cerimonie militari. Gli antimilitaristi si mettono di mezzo per contrastare la retorica nazionalista, l’atrocità bellica messa in mostra tra lustrini e divise tirate a lucido. Il corteo attraversa il centro cittadino con numerose azioni comunicative. Dopo un lungo fronteggiamento con la polizia arriviamo in piazza Castello: i militari hanno chiuso in fretta il loro rito. Siamo qui perché l’Italia è in guerra. Qualcuno ascolta, si avvicina, chiede. I più vengono assorbiti da gelati, bancarelle, artisti di strada, bagni nella fontana di piazza Castello. La guerra c’è, ma è lontana. Non ci riguarda. Non ci tocca. Torino 3 giugno 2017. A Cardiff si disputa la finale di Champion’s League tra Juventus e Real Madrid. In città è un tripudio di vessilli bianconeri, ambulanti con magliette, stendardi, fischietti, tifosi con la sciarpa. La Juve ha perso tutte le sette finali cui è arrivata. Quest’anno potrebbe essere quello del “triplete”: campionato, coppa Italia e coppa dei campioni. Tanti ci sperano. In piazza San Carlo c’è il maxi schermo. L’appuntamento è lì. Finirà con 1527 feriti ufficiali, di cui quattro molto gravi. Mentre scrivo è arrivata la notizia che una delle donne schiacciate dalla folla si è spenta dopo 12 giorni di agonia. Quando il Real chiude la partita infilando il quarto goal alla Juve, piazza San Carlo è ormai in preda al caos, al sangue, alla paura. Io stavo cenando in una trattoria di Barriera. Il televisore trasmetteva il mesto secondo tempo juventino. Esco sul tre a uno. Mentre sono alla cassa la proprietaria dice “in piazza San Carlo c’è uno che spara con il mitra”. Apro internet e leggo di un attacco ai civili. È la serata dell’assalto sul London Bridge e mi convinco che non stia capitando nulla. I tifosi si riversano in strada mesti e silenti. Le voci si moltiplicano: ora si parla di una bomba, anche da giornali e agenzie on line comincia a trapelare che qualcosa di grave stia succedendo. Davanti al gelataio dove mi sono traghettata arriva trafelata una donna con un vistoso taglio sulla gamba, due amici la sorreggono. Siamo a chilometri da piazza San Carlo, ci sono le famigliole con i bimbi, le panchine, la fontanella. Un buon posto per fermarsi, lavare la ferita, chiedere del ghiaccio. Non si fermano: corrono barcollando come se fossero inseguiti. Ma non c’è nessuno. Non c’è mai stato nessuno. Non è successo niente. Nelle due settimane successive si susseguono le ipotesi sulla causa scatenante del panico. Un petardo, una transenna, un falso allarme, i motori dell’impianto di aerazione del parcheggio sotterraneo che ripartono all’improvviso. Serve una ragione che nasconda l’unica verità possibile. Quella che qualcuno sussurra ma i media e le istituzioni tacciono. L’Italia è in guerra. Facciamo un passo indietro. L’Italia è in guerra da molti anni. Su più fronti, interni ed esterni. Il paradigma bellico e la sua cornice propagandistica sono cambiati in modo radicale negli ultimi trent’anni. Il pacifismo degli sconfitti ma “brava gente” è morto da tempo. Una finzione potente ha chiuso in un sarcofago gli orrori coloniali, l’intervento in Spagna e la seconda guerra mondiale. Il sarcofago è ancora chiuso. Quando lo apriranno davvero sarà ormai inerte, come ogni passato che non è divenuto memoria, coscienza collettiva, forza reattiva. Truppe italiane combattono per l’umanità, la giustizia, l’ordine internazionale o per battere il terrorismo, ma la guerra è sempre altrove. Lontana. E lontane, remote, estranee sono le vittime. I media eruttano di tanto in tanto immagini e notizie per offrire il giusto contorno emozionale alle missioni belliche delle truppe tricolori. Si consumano in fretta senza effetti collaterali. Il ripudio della guerra è una frase dell’articolo 11 della Costituzione, quello che nessuno legge per intero e quindi pochi sanno che è l’articolo che stabilisce le condizioni per farla. Poco importa. La notizia che l’Italia è in guerra tarda ad arrivare, come quelle vecchie lettere che il caso faceva perdere nei magazzini delle Poste. Recapitate dopo decenni diventano l’archeologia di un rimpianto e nulla più. In questi anni non sono mancati movimenti di opposizione al militarismo e alle missioni all’estero, ma faticano a permeare il corpo sociale, a divenire il fulcro di un agire che superi la dimensione testimoniale per farsi azione diretta. Eppure la guerra non è solo altrove. A pochi passi dalle nostre case si producono e si testano le armi impiegate nelle guerre di ogni dove. Le usano le truppe italiane nelle missioni di “pace” all’estero, le vendono le industrie italiane ai paesi in guerra. Queste armi hanno ucciso milioni di persone, distrutto città e villaggi, avvelenato irrimediabilmente interi territori. In provincia di Torino l’industria bellica aerospaziale è uno dei settori trainanti, un business che non va mai in crisi. Queste perle della nostra produzione manifatturiera hanno il plauso bipartisan dei Pentastellati al Comune e dei Dem alla Regione. Quest’anno all’Alenia di Caselle Torinese, oltre a costruire un nuovo lotto di cacciabombardieri Eurofighter, faranno anche droni da combattimento. Gli aerei senza pilota che estraniano chi uccide dalla morte che infligge. A migliaia di chilometri di distanza, seduti ad una consolle, misurano, prendono la mira, calcolano la velocità e l’impatto. Come in un video gioco. Solo i morti sono veri. Veri ma con la stessa immaterialità di un film. Ogni giorno qualcuno muore nel Mediterraneo. Nei prossimi mesi ne moriranno di più: il governo ha deciso di mettere sotto controllo le navi dei volontari che assistono i migranti sui barconi. Presto guardia costiera e militari imporranno la loro presenza sulle imbarcazioni. A chi non ci sta verrà vietato di approdare in Italia. Tra i sommersi e i salvati ci sono robusti muri materiali: la guardia costiera, le leggi sull’immigrazione, le prigioni per i senza carte, gli accordi con i paesi di transito per trattenimenti e rimpatri. In quei posti la gente in viaggio viene picchiata, torturata, stuprata, uccisa. I mandanti sono a Roma. Gentiloni, Minniti sono alla consolle: ad ogni click qualcuno muore. Chi promuove guerre in nome dell’umanità paga il governo della Libia, della Turchia, del Niger, del Ciad, perché i profughi vengano respinti e deportati. La guerra è in casa. Nelle strade delle nostre periferie, dove i nemici sono i poveri, gli immigrati, i senza tetto, chi si oppone ad un ordine sociale feroce. Tra sommersi e salvati c’è anche una spessa muraglia simbolica. Noi e loro. Senza quella muraglia sarebbe più facile riconoscere la guerra. In Afganistan, in Iraq, nel Mediterraneo e dietro casa nostra. Magari tra le bancarelle del mercato di Porta Palazzo dove il sangue di un ragazzo senegalese bagna le scarpe e il marciapiede, durante una normale operazione di polizia. È successo proprio a Torino dieci giorni dopo piazza San Carlo. Succede ogni giorno. Qualche volta qualcuno fa un video. La retorica sulla sicurezza alimenta l’identificazione del nemico con il povero, per spezzare la solidarietà tra gli oppressi, affinché non si alleino contro chi li opprime. La retorica della sicurezza alimenta l’immaginario della guerra di civiltà, della paura della Jihad globale, mentre il governo italiano è alleato di paesi che finanziano chi semina il terrore. Criminalizzare migranti e profughi mantiene salda l’illusione che la guerra sia altrove. Governo e opposizione soffiano sul fuoco della guerra tra i poveri come guerra di civiltà. Serve, nel male di vivere quotidiano, a rinforzare la sciocca speranza di stare dalla parte dei salvati. Poi capita il catino infernale di piazza San Carlo. Le istituzioni cittadine e nazionali se la cavano moltiplicando divieti, puntando il dito sui venditori abusivi, blindando le piazze. Un altro pezzo di libertà che vola via nell’afa estiva. Piazza San Carlo è ben altro. Dovremo imparare ad attraversarne lo spazio simbolico e reale se vogliamo che i nostri percorsi contro la guerra, il militarismo, l’estendersi dei meccanismi disciplinari trovino nuovi compagni di strada. Probabilmente non sapremo mai cosa sia successo, quale scintilla abbia innescato le tre grandi ondate di panico, che hanno trasformato il salotto buono di Torino nell’anticamera di Kabul, Aleppo, Baghdad, Mosul… In fondo conta poco, molto poco. Sappiamo però che piazza San Carlo è lo specchio del nostro vivere, di un tempo, dove la guerra, che si finge non ci sia, ha infiltrato l’immaginario, colonizzandolo. Nei prossimi mesi il governo ci ruberà un altro pezzo di libertà, per proteggerci dalla paura di una guerra che non si deve nominare. I semi della paura hanno attecchito nel profondo del corpo sociale. L’uomo con il mitra non c’era, nessuno ha sparato, ma il bilancio è quello di qualsiasi battaglia: morti e feriti. Per anni ci siamo chiesti perché tanti, troppi, si girassero dall’altra parte di fronte agli uccisi, ai bambini annegati, alla gente che nella morsa dell’inverno guadava i torrenti della Macedonia, sfidava il deserto, le bande armate e gli eserciti. Per anni ci siamo chiesti perché si combattessero tante guerre senza significativi movimenti di opposizione. Sebbene qualcosa in più sia successo nell’opposizione alle basi, ai poligoni, agli aeroporti militari, sarebbe inutile nascondersi che spesso le ragioni dell’antimilitarismo sono state rinforzate da lotte ambientali e per la salute. È finito il tempo delle illusioni. Siamo in guerra e questa guerra ha un ampio consenso. È finito anche il tempo dell’ambiguità possibile. Lo hanno capito bene i pentastellati, che dopo anni vissuti pericolosamente sullo spartiacque del razzismo di Stato, hanno fatto una veloce scelta di campo. Sono stati abili, miscelando corruzione e accoglienza. Dopo aver imbarcato e poi sbarcato i peggiori attrezzi di Mafia Capitale, Virginia Raggi si schiera contro il business dell’immigrazione e chiude le porte a profughi e migranti. A Torino Chiara Appendino, sindaca No Tav con nuance ecologista, ha fatto un rimpasto in giunta, nominando assessore all’ambiente Unia, uno che si è fatto le ossa nei comitati per lo sgombero delle baraccopoli rom. A Mirafiori, dove i tetti della vecchia fabbrica sono distese di amianto, potranno dormire sonni tranquilli. Il governo aveva battuto tutti d’anticipo, con le nuove leggi sull’immigrazione e la sicurezza urbana. Fanno leva sulla paura per stringere le maglie del controllo, moltiplicare i dispositivi disciplinari, creare nuove prigioni. Piazza San Carlo rappresenta uno spartiacque. Dal 3 giugno sappiamo che la paura ha spinto nella propria rete il pallone. Un autogol. Peccato non fosse un gioco. Qualcuno, dall’interno della piazza ha osservato e poi scritto dell’incapacità di riconoscersi nell’altro, nel governare collettivamente la paura. Al di là di qualche episodio di solidarietà, il panico ha avuto la meglio su tutto. Il governo della paura è la scommessa dei cacciatori di poltrone di ogni colore. Una partita che giocano con determinata ferocia. Torino 12 giugno 2017. Al mercato via Porpora un uomo di mezza età ha rifiutato un volantino sulla campagna fascista contro le baraccopoli rom, dicendo “Devono bruciare vivi. Tutti.” È calmo, freddo, distante. Nonostante l’afa un brivido mi scende lungo la schiena. Attraversare e comprendere la paura è necessario per sconfiggerla, per impedire che si trasformi in altra violenza, in pogrom, in baracche che bruciano, in blocchi stradali per fermare una dozzina di profughe. In plauso per la polizia che massacra un ragazzo africano. Quando si muore di nulla, diventa più semplice uccidere per nulla. O, peggio, firmare una delega in bianco agli imprenditori politici del terrore. La strada è in salita. Ma nella cassetta degli attrezzi dei movimenti di opposizione sociale si sono sedimentate pratiche e saperi capaci di spingere in direzione opposta e contraria la paura. Aprire le piazze, moltiplicare le reti di mutuo appoggio, far crescere nelle periferie luoghi di incontro, scambio conoscenza, opportunità di lotta è una scommessa forte ma necessaria. La paura può cambiare di campo. Le ragioni di chi punta su una società di liber* ed eguali sempre più devono farsi pratica quotidiana. Non è un gioco facile. Ma è l’unico che vale la pena giocare. Maria Matteo (quest’articolo è uscito sull’ultimo numero di Arivista)
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Thomas Dylan: intervista e recensione
Padre musicista e collezionista di vinili, un’ispirazione evidente fin dallo pseudonimo, il maudit gallese Dylan Thomas, idee cantautorali un po’ laterali: queste le premesse della carriera di Thomas Dylan, che dietro lo pseudonimo cela una voglia di raccontare, anche con idee psichedeliche, condensata nell’ultimo lavoro Spleen delle sorgenti. Lo abbiamo intervistato.
Puoi raccontare la tua storia fin qui?
Sono di Bergamo e abito in Valle Seriana. Ho iniziato a scrivere canzoni verso i quindici /sedici anni e praticamente non ho mai smesso. Dai diciotto dipingo, e anche con la pittura non ho mai smesso. Ora ho trentanove anni. Scrivo canzoni in italiano, brani acustici, un po’ bucolici folk, e dipingo soprattutto alberi.
Ho composto e inciso undici lavori tra dischi, ep, demo e collaborazioni (molti con i gruppi con cui suonavo: Violaspinto, Myblake e Uma; con i Violaspinto ci suono tuttora). Tutto indipendente. Tecnicamente, grazie all esperienza maturata in questi anni, mi sento più consapevole e sciolto, la mia arte è molto semplice, potrebbe farla chiunque. Probabilmente c’è qualcosa di più elaborato a livello vocale perché ho studiato canto sia in Italia che in India, ma nulla di trascendentale.
Nel disco ci sono idee di songwriting alla Nick Drake, ma anche spunti psichedelici sorprendenti. Quali sono i tuoi capisaldi musicali?
Nick Drake e Barrett sono artisti estremamente luccicanti… vanno davvero oltre…. anche Bob Dylan, lui (ovviamente attraverso i suoi dischi) ha il potere di darmi molta energia… adoro i Black Sabbath con Ozzy; in questo periodo sto ascoltando Serge Gainsbourg. Come psichedelia, seppur potrei risultare scontato, mi piacciono i primi Pink Floyd e ovviamente Barrett solista; Robyn Hitchcock, Julian Cope, Twink Pink, Hight Tide.
Come nasce “Nel bosco”, probabilmente la canzone più interessante del disco?
L’idea nasce dalle basi dell’Ermetismo, dove in sintesi si lavora con gli elementi. E’ stato semplice poi costruire la canzone come se si interrogassero i guardiani chiedendo loro il permesso di poter entrare nel bosco. A questo punto dopo che io e mio figlio abbiamo avuto il permesso di entrare (che poi è metaforico – micro e macro) le cose si sono fatte ancora più semplici e scorrevoli e non ho fatto nient’altro che spiegare al piccolo alcuni insegnamenti universali basilari.
Racconta che spesso si fa un grande giro per poi scoprire che va già tutto bene. E’ sicuramente un tema che mi sta molto a cuore e che emerge spesso nei miei testi. Mi piace filtrare la realtà attraverso la mia visione delle cose, attraverso ciò che vivo e attraverso i miei studi. Praticamente il 90% del lavoro sta nella ricerca. I risultati a volte funzionano a volte meno. Grazie, mi fa molto piacere che ti sia piaciuta.
Tecnicamente per questa canzone sono partito da un giro ipnotico e dai ritornelli e quindi poi ho dilatato il tutto. Cerco sempre comunque di stare in schemi piuttosto delineati quando compongo. Ho poi lavorato alla prospettiva con le sovraincisioni e mixaggio.
Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?
Chitarre acustiche e voci, ci sono anche un flauto e un paio di chitarre elettriche pulite. Nessun effetto artificiale sulle voci, e francamente pochissimi in tutto il disco, un po’ del mio pedale delay e una macchinetta che mi ha prestato mio fratello da DJ. Per il resto nessun copia e incolla. Per le voci ho inciso diverse tracce, un paio anche sfasate per ottenere una sorta di effetto simile a un delay.
E’ praticamente tutto naturale. Anche il master fatto è stato delicatissimo. Il master (accanto alle collaborazioni musicali di altri artisti) è stato l’unico passaggio non eseguito interamente da me. Il mixaggio è stato il momento più creativo a livello di produzione di questo disco, perchè ho lavorato sulle profondità, sugli incastri e risulta tutto molto delicato e a volte fragile. Come un mosaico.
Puoi descrivere i tuoi concerti? Quali saranno le prossime date che ti vedranno coinvolto (solo se hai già delle date fissate prossimamente)?
Certo, i miei concerti si basano sulla sola chitarra acustica, su voce e tampura. Si crea quindi un atmosfera intima e ci si impegna per renderla calda. In scaletta ho inserito canzoni di questo disco, del precedente “Cielinoncuranti” e di quello che sto attualmente realizzando. Non è un set lungo poichè preferisco non appesantire la serata. Alterno canzoni tranquille “ipnotiche” a qualcuna più sostenuta e siccome quasi tutte le mie canzoni parlano di sentimenti, è stato difficile trovare il giusto equilibrio della scaletta, ma dai concerti precedenti ho comunque imparato molto; mi sono reso conto anche che ci sono canzoni che sento meno. Ma credo sia un processo naturale. Non le suono comunque tutte.
Per ora ho ho due date confermate : il 23 aprile all Edonè di Bergamo (aprirò la serata agli Ella Goda, nel loro Show Case). E ho una serata al Museo Maglio di Ponte Nossa l’ultima settimana di agosto con l’amico cantautore Luca Dai (due set separati)… cornice pazzesca e grande energia che scorre…
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?
Nessuno in particolare, direi tutti quanti. Perché parto sempre dal presupposto che non si riesca a dividere l’arte dalla vita, non voglio però fare un discorso estremo con cose del tipo” i dischi sono come figli ” e roba simile, però credo sia ovvio che ciò che si vive emerga in ciò che si crea e questo produce inevitabilmente un bisogno di esprimersi e di confrontarsi che, anche grazie ai mezzi attuali, ha creato prodotti e circuiti indipendenti molto forti. Tanto di cappello.
Hai già iniziato a lavorare al prossimo disco? Puoi fornire qualche anticipazione?
Sì… Sto lavorando al nuovo disco e sta venendo più scorrevole dei due precedenti, proprio sul piano pratico di realizzazione. Suona, almeno finora, un po’ più sporco, anche perché sto registrando le acustiche attraverso l’amplificatore e non solo in modo naturale. Hanno già collaborato due ospiti con cui ho suonato per lungo tempo in passato.
“Labo” che in un brano ha messo le sue chitarre e i suoi effetti, ha creando uno spiritato tappeto sonoro, un sottofondo perfetto all’arpeggio portante a mò di mantra che dirige tutta la canzone. Brian invece, in un altro brano, ha suonato il piano e il sintetizzatore preparandosi in modo preciso già da casa; il fatto curioso è stato che una volta registrata la sua parte, che già andava bene, abbiamo trovato insieme una formula semplice che ci ha stupiti. Non abbiamo avuto più bisogno di toccare nulla.
I temi trattati in questo nuovo lavoro a mio parere appaiono più lucidi e quell’ attimo meno onirici dei precedenti, leggermente meno ermetici. Per assurdo però la musica sta andando proprio in quella direzione. Entrando un po’ nello specifico, una traccia fa riferimento ai grandi insegnamenti dettati dal fondatore dello spiritismo Allan Kardec; per scrivere questo brano ho approfondito e studiato le sue teorie e i suoi lavori; poi ho esposto tutto ciò con parole mie, ponendo anche domande dettate dalla mia sensibilità…
Una seconda traccia invece si rifà maggiormente ad un discorso legato al Thelema, quindi a un testo legato alla magia con la specifica di saper vivere il proprio tempo, cosa che a volte pare messa in secondo piano proprio perché attualmente ci si ascolta meno che in passato… a mio parere. Una terza invece è forse quella che si avvicina maggiormente alla poetica di Spleen delle sorgenti… un po più decadente; una canzone d’ amore delicata, una sorta di acquarello, anche un po fragile se vogliamo, che racconta del prendere senza mai chiedere.
Ne sto scrivendo una quarta invece che parla delle maschere, delle pose che poi portano ai classici clichés… ho cercato di descrivere e fermare quell attimo in cui una coppia (in questo caso) si rende conto, dopo aver puntato il dito a lungo, di essere dentro a quelle dinamiche che ha tanto criticato. Ce ne sarebbe anche una che ho già finito ma proprio non mi riesce di registrarla, magari non va d’accordo con le altre…
Thomas Dylan traccia per traccia
Otto palazzi (scolpiti nei cristalli) apre il lavoro illustrando caratteristiche standard del songwriting pensoso è influenzato dal folk, anche se si va più verso Nick Drake che verso Bob Dylan, in particolare con questo pezzo che ha spunti psichedelici. Nel bosco presenta un profilo più aggressivo e narrativo. Dopo poco sembra spegnersi, ma in realtà sta soltanto riprendendo forza in vista di una seconda fase fluida e scorrevole, con qualche accenno quasi progressive (in senso floydiano).
Ad altri che a te finisce vittima di una malinconia importante anche se dolce. La reiterazione delle frasi finisce per cullare l’ascoltatore. C’è maggiore impatto in Ultimo lamento, che allarga le armonie della chitarra e varia l’intensità del cantato offrendo una certa varietà di sfumature.
La breve e bucolica Strambotto fa da introduzione a Dietro il sole nella luna, che presenta un doppio livello di chitarra e un notevole senso diffuso di sensibilità e delicatezza. Si chiude con Per quella che sei, ancora chitarra e voce, in prevalenza, ma con una buona linea di basso e qualche idea vintage nella costruzione armonica. Piacevole la coda strumentale finale.
Il lavoro di Thomas Dylan è convinto e convincente. La poetica sviluppata ha caratteristiche di stile ben precise e quando lascia correre la fantasia dimostra dosi di talento notevoli.
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