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Luca Vige by Sascha Engel
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Luca Vige (thesquire) by Sascha Engel
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Ripubblichiamo le lettere di Nicoletta Dosio e Luca Abbà apparse su notav.info rispetto alla situazione nelle carceri…
Le Vallette, 5 marzo 2020
Cara X, compagne e compagni,
anche tra queste mura il tempo passa e, sia pure ingrigita dallo smog, si annuncia la primavera: il tubare dei piccioni dal cornicione del tetto, la mattina presto; gli apprendisti-giardinieri che interrano bulbi di tulipani nei bordi della terra, lungo i muri; i germogli che fanno capolino sui cespugli di rose all’ingresso del padiglione femminile…
Ma il tema del momento è il CORANAVIRUS che, declinato qui dentro, ha i suoi risvolti particolari.
Prima di tutto le restrizioni ai colloqui con i familiari: la rinuncia ad un’ora di colloquio settimanale è controbilanciata da una telefonata straordinaria di 10 minuti (!).
Chi non rinuncia, si vede arrivare il parente debitamente mascherato (se si abbassa la mascherina, il colloquio viene immediatamente sospeso).
L’obbligo delle maschere vale anche per gli avvocati, ma i secondini circolano liberamente a viso scoperto, anche se provenienti dall’esterno.
Ma l’effetto più notevole del corona virus è l’aumento dei prezzi del “sopravitto”, cioè di tutti i prodotti che siamo costretti ad acquistare al mercato interno per integrare il vitto assai carente o per il materiale che non viene fornito gratuitamente.
Tutta la frutta e la verdura è rincarata di almeno un euro al kg, La carne (argomento che non tocca me vegetariana, ma che invece riguarda molte detenute) è aumentata di almeno un euro e cinquanta all’etto).
Il Napisan (disinfettante) costa 5,90 euro (due euro di aumento).
Su questo argomento sale lo scontento, anche perché qui non si sciala e, per la maggior parte delle detenute, il fondo-cassa personale è costituito dalle poche decine di euro che caricano i parenti o dalle “paghette” che le detenute-lavoratrici percepiscono per i servizi interni….e per qualcuna non c’è neanche quello.
Inoltre, se in tempi normali molte di noi passano qualche ora impegnate a frequentare i corsi scolastici, ora che le scuole sono sospese, non resta che camminare su e giù nel corridoio delle sezioni o chiacchierare con le vicine di cella o rimanere incollate alla tv, sospese tra telenovele o notiziari e dibattiti sul corona virus.
Per quanto mi riguarda, mi salvo leggendo, scrivendo e, quando me lo consentono, scendendo in biblioteca.
Appuntamento non ancora sospeso è quello con i nostri avvocati che mi tengono aggiornata.
Cara X, so che si avvicina il tempo in cui sapremo l’esito delle vostre richieste, il che mi tiene in agitazione, perché la mia fiducia nel sistema che ci opprime, se prima era zero, ora è sotto zero.
Davvero viviamo in tempi bui, ma la forza del nostro amore è grande: “ciascuno e tutti, o tutti o niente…”
Vi voglio liberi, care compagne e compagni….Avanti, No Tav!
Nicoletta
—————————
Pochi giorni fa ci è stata comunicata la sospensione di permessi e licenze (per capire: è possibile trascorrere 3/4 giorni al mese a casa, previa richiesta e accettazione del magistrato di Sorveglianza) fino ad inizio aprile; e poi chissà… Inoltre sono stati limitati gli orari di uscita e rientro al solo tempo e percorso necessario per lavorare. In molti ora non lavorano a causa delle chiusure di varie attività commerciali, e rimangono tutto il giorno chiusi in sezione. Io attualmente esco tutti i giorni alle 6,30 e rientro alle 20, facendo gli spostamenti con mezzi propri (con costi notevoli) vista la limitazione di treni e autobus e il restringimento dell’orario di uscita. D’altro canto ho il “privilegio” di potermi muovermi sulle strade deserte della val di Susa e ammirare il clima da coprifuoco vigente. L’urgenza di provvedimenti, volti ad evitare contatti ed assembramenti di persone, imposta con rapida progressione sul territorio nazionale sembra viaggiare con altre velocità e modalità nell’assurdo e disumano mondo carcerario.
Nella sezione dove risiedo vige un notevole affollamento e promiscuità; per capire meglio elenco alcuni dati: sul piano dove vivo siamo in circa 40 persone in 8/9 stanze con tre bagni in comune, nella mia stanza siamo in 5 in 20 metri quadri con i letti distanti 80 centimetri fra loro. È spuntata ieri qualche mascherina qua e là tra le guardie e anche fra i detenuti, ma non esistono indicazioni e prescrizioni sanitarie; rilevano, nella guardiola di ingresso, la temperatura corporea di chi entra.
C’è da dire che, in maniera semi ufficiale, è stata fatta trapelare la possibilità di attenuazioni della misura carceraria a cui siamo sottoposti, previo esame, caso per caso, del Tribunale di sorveglianza. Abbiamo quindi provveduto, tutti quanti, a compilare i moduli chiedendo l’affidamento in prova o la concessione di arresti domiciliari, a seconda delle varie situazioni. Capiremo nei prossimi giorni quali sono le reali volontà dietro a questa opzione, e quanto non sia un tentativo di prendere tempo e allentare la tensione.
Vorrei sbagliarmi, ma sembra di fatto che stia sfumando, o quasi, la possibilità di provvedimenti generalizzati e l’applicazione di reali misure di prevenzione per la diffusione del virus. Vedremo che succede nel momento in cui potrà verificarsi un focolaio di contagio nelle carceri italiani. Potrebbe ingenerarsi un panico diffuso con le conseguenze che esso comporterebbe. Peraltro, il governo centrale, nella persona del ministro Bonafede, si sta rivelando del tutto inadeguato ad affrontare questa situazione e stiamo ancora aspettando che si faccia piena luce sui 14 morti (!) tra i carcerati durante le rivolte dei giorni scorsi. L’unica certezza è che sono volate abbondanti bastonate per punire i rivoltosi.
Non lasciamo cadere l’attenzione su questa vicenda. Amnistia e indulto sono provvedimenti, anche se non risolutivi, da caldeggiare e considerare come passi necessari per ripensare al sistema carcerario nel suo complesso. Sto seguendo con attenzione gli sviluppi e proverò ad aggiornare nel caso di novità. Ricordiamoci che, oltre all’amica e compagna Nicoletta, nel penitenziario di Torino ci sono circa 1500 detenuti.
Luca Abbà, semilibero NO TAV, domenica 15 marzo 2020
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PARTE II: EFFETTI DEL CATTIVO GOVERNO DI LUCA FALACE PARTE II: Effetti del Cattivo Governo in Città. In una delle due pareti laterali, quella a sinistra dell'Allegoria del Cattivo Governo, abbiamo i sui effetti sulla popolazione, a città e le campagne. La città è decadente, i cittadini distruggono ogni cosa, poiché ingiustamente privati di tutto. Le attività economiche falliscono; vige il caos. Gli effetti della tirannide arrivano fino in campagna, queste sono invase da eserciti. I militoni complici dei tiranni incendiano le abitazioni, inconsapevoli di bruciare se stessi. Superbia, Avarizia e Vanagloria, che affiancano il tiranno, sono i tre peccati capitali già presenti nella "Divina Commedia" dantesca. Nell'affresco sono chiari i riferimenti all'opera dantesca e come sappiamo, chi più di Dante, costruisce un vero e proprio immortale disegno Celeste e spirituale della realtà socio-politico della sua Firenze; quasi per avvertirci che tali archetipi sono insiti nella natura umana e nel loro eterno ritorno devono essere elencati, poiché le azioni, gli effetti e i risultati sono sempre gli stessi in qualsiasi epoca. _________________ Effetti Allegoria del Cattivo Governo, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena _________________ Continua nei prossimi post la descrizione degli affreschi del Lorenzetti _________________ #nocovid #sincronicità #libro #libri #book #books #leggere #instalibri #affresco #governo #arte #leggeresempre #poetry #libreria #leggerechepassione #ambrogiolorenzetti #nwo #manoscritti #editoria #scrivere #biblioteca #bookstragram #libridaleggere #scrittori #autore #autori #booklover #arte #arts https://www.instagram.com/p/CAnxBSchzQ3/?igshid=117ix6k9nnbbs
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Obiezione di coscienza preventiva, la nuova strategia
La polemica scatenata dalle associazioni abortiste contro il Campus Bio-Medico di Roma, per l'obbligatorietà della scelta dell'obiezione di coscienza richiesta ai suoi studenti, fa emergere un fatto nuovo: la possibilità - e la necessità - di obiezione non solo come scelta personale, ma come atto doveroso in base a un ordine etico oggettivo.
di Stefano Fontana (03-02-2020)
L’Università Campus Bio-Medico di Roma è sotto tiro per due motivi: nei suoi statuti chiama “crimine” l’aborto e chiede a tutti i suoi studenti e docenti di fare obiezione di coscienza nei confronti di prestazioni abortive. Non è una vaga richiesta lasciata alle scelte personali ma un dovere, in modo che dal Campus non è possibile che escano medici non obiettori. Le associazioni abortiste, come “AMICA” o “Luca Coscioni”, contestano il fatto che poi questi medici, godendo il Campus Bio-Medico di accreditamento, parteciperanno a concorsi pubblici e opereranno in strutture sanitarie ove vige la legge 194 che garantisce alle donne l’aborto di Stato. Chiedono quindi la revoca dell’accreditamento.
Dalla polemica emerge un fatto nuovo, che è bene mettere in luce perché da esso dipende la corretta strategia da adoperare in questi casi. Il fatto nuovo è questo: le associazioni abortiste non contestano il fatto che il medico, formato in una università accreditata, una volta assunto nella struttura pubblica possa fare obiezione di coscienza a termini di legge. Esse contestano che il medico dichiari di essere obiettore prima di partecipare al concorso pubblico in virtù di un titolo di studio meritato in una struttura universitaria accreditata. Il dopo e il prima fanno una notevole differenza e tutto dipende dalla concezione che si ha di obiezione di coscienza.
Le associazioni contestatrici si appellano ad un principio di libertà soggettivo e volontaristico, e in questa luce ammettono l’obiezione di coscienza, come ammettono altre manifestazioni di libertà sovrana in altri campi, come scelte non bisognose di giustificazioni in quanto legittimate dal puro fatto di essere delle scelte. Il Campus, invece, intende l’obiezione di coscienza come doveroso in ordine non ad una pura scelta privata, ma ad un ordine etico oggettivo che si impone alla ragione e alla fede e, come tale, assume un significato pubblico e politico, ossia dovrebbe essere osservato e difeso prima di tutto dall’autorità politica e dalla legge.
La pretesa delle associazioni che criticano l’operato del Campus, quindi, è che l’obiezione di coscienza rimanga chiusa nell’ambito privato e volontaristico, senza vantare giustificazioni non soggettive ma oggettive, perché in quel caso metterebbe in discussione, non occasionale ma sistematica, l’assetto istituzionale e giuridico. Per questo motivo, dichiarare di essere obiettori prima e non dopo trasforma l’obiezione da atto privato in atto pubblico, ossia politico.
Sostenendo che i propri medici possano accedere ai concorsi pubblici non solo in quanto medici ma anche in quanto medici obiettori, il Campus si appella a dei principi che precedono ogni libertà ed ogni scelta, ai quali dovrebbe appellarsi anche il sistema pubblico e mira ad inserire nel sistema delle persone con l’obiettivo di cambiarlo.
Se io sono medico obiettore ma non lo dico, partecipo ad un concorso, lo vinco, entro in una struttura sanitaria pubblica, faccio obiezione davanti ad un fatto concreto … do una testimonianza personale importante ma che può essere derubricata a scelta privata concessa dal sistema. Se invece io, medico, chiedo di partecipare ad un concorso pubblico dichiarandomi pubblicamente obiettore e chiedo di essere assunto come tale, non solo come medico ma come medico obiettore, faccio non solo un atto personale ma anche politico e per nulla derubricabile ad una pura scelta individuale come tante altre.
Sono due strategie molto diverse e che assumono anche una importanza più generale, oltre lo stesso tema specifico dell’aborto. Da come stanno precipitosamente andando le cose, l’obiezione di coscienza sarà uno dei principali strumenti di lotta politica, oltre che di testimonianza deontologica personale. Anche in altri campi l’obiezione di coscienza farà la differenza. Non solo gli operatori sanitari, ma anche gli insegnanti, i dipendenti pubblici in settori delicati, i farmacisti e così via saranno chiamati a esplicitare preventivamente la loro convinzione di obiettori, e non solo appellarvisi davanti al caso concreto.
Passare quindi all’obiezione preventiva sarà l’esigenza strategica del futuro, dato che il potere politico si fa sempre più garante di un micidiale disordine. Con l’obiezione di coscienza preventiva, non si obietta solo davanti al singolo caso eticamente rilevante, ma anche rispetto al sistema politico e giuridico che lo sostiene. È questo che impaurisce il fronte libertario.
Ne consegue che una eventuale rivendicazione da parte del Campus Biomedico del proprio comportamento basata solo sulla libertà di coscienza sarebbe insufficiente e una concessione decisiva al fronte opposto. È proprio su una libertà di coscienza così intesa che il fronte dei nuovi diritti fonda le proprie pretese, compresa quella di sparare contro il Campus Biomedico che vorrebbe impedire la realizzazione di tale libertà nelle donne che intendono abortire.
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Show Yourself
Non vi è nulla di troppo piacevole o davvero spiacevole. Sono i giorni che scivolano pieni, fin troppo, all’interno della sua vita. Riempire ogni buco, ogni spazio, ogni attimo con qualsiasi azione che abbia un senso per essere compiuta. E ci mette tutta sé stessa nel ritrovare quell’equilibrio che a Lamarac si è incrinato, per recuperare le notti insonne, gli incubi, l’impazienza febbrile di ripartire. Abbiamo le coordinate. Ci rimugina sopra ancora e ancora. Sanno dove stanno i peccatori e gli innocenti. Si concentra per i giorni che verranno, si prepara a quello, Ha avuto quei giorni di tremore, di incertezza, forse anche di paura e di solitudine. Ma adesso sono passati, adesso è rimasto qualcosa di nuovo dentro di lei, qualcosa di più solido e forte. Saldo come le radici di un albero. Sta portando pazienza, sta aspettando e si sta impegnando al massimo per giungere al compimento di quello che voleva fare. E lo fa durante le lezioni con i suoi studenti aiutandoli a sviluppare le proprie capacità. E lo fa davanti ad un monitor assieme a Max mentre un’idea prende forma. Lo fa per le stradine con i volantini stretti tra le dita nonostante ci siano zero gradi. E lo fa andando a mediare in missione ma trovandosi poi un mostro da affrontare. Lo fa consolando gli amici e offrendo la sua spalla come sempre. Ma per quello che vale, io non ho alcuna intenzione di andare da nessuna parte. Lo fa fissando Jane con grandi occhi colmi di affetto. Lo fa guardando James in faccia perché loro sono due mosche bianche. E lo fa anche quando i messaggi di Brendan la fanno impensierire, quando le fanno intuire che c’è qualcosa sotto, che non le dice per non farla preoccupare ma facendo proprio l’inverso. Ma voi chiudete sempre tutto a chiave vero? Anche le finestre? Perché le sue parole non sono mai dette a caso e lei questo lo sa bene. E lo fa ancora, stando in piedi davanti ad Eldred, cogliendo alcuni raggi di sole con un sorriso, perchè facciamo tutti parte di un grosso meccanismo che porterà ad un cambiamento. E lo fa tendendo la mano verso Lucas, con familiarità, perchè siamo solo troppo orgogliosi per chiamare qualcuno, per cercare la mano di chi ci è vicino e ammettere che ci sentiamo soli.
Non ha ancora capito che cosa è cambiato in lei, forse qualcosa dentro la sua testa, forse anche merito della telepatia ora diventata più potente ma …no, non è nemmeno quello. E’ in uno stato di quiete apparente nonostante tutto il caos che vige a Philadelphia in questo momento. Un pò come se si stesse conservando.Non si era mai sentita così prima d’ora.
E adesso forse, semplicemente, la sua mente è sgombra. Non libera dai fardelli ma le pare cristallina, nitida e pulita, priva di imprecisioni. Libera dai dubbi.
Non vi è più solo il bianco ed il nero ma un’incredibile miriade di sfumature, di grigi.
Ed in un questi grigi, che cosa si potrà vedere o fare? Dentro la sua testa: una serie infinità di possibilità.
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The National Gallery, Nov 3 & 4 (Part 1)
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PARTE SETTIMA Colui che osserva cambia le cose. Il potere magnetico e alchemico della consapevolezza di Luca Falace, dal libro L’Opera Celeste Ogni cosa è legata a qualche altra cosa. Tutto vive un eterno collegamento, che non può essere etichettato o spiegato con la superficiale logica. Nulla è fisso tutto è in movimento. Nulla è stabile per sua propria natura. L’esistenza è un intreccio di avvenimenti, percezioni, desideri, emozioni, correlazioni tra persone e cose. Nell’uomo comune la conoscenza è indiretta, essa proviene dal mondo esterno. Tutti quelli che hanno sviluppato la consapevolezza della loro stessa esistenza, si sono accorti che facciamo tutti parte di un unico disegno. Non bisogna dimenticare che ogni realtà è soggettiva e relativa. Vige il libro arbitrio, così come la condizione evolutiva è in parte una scelta individuale. Il pensiero Orientale ci insegna e ci fa riflettere prima di agire o prima di non agire. Se la mente dimora nel Sé superiore, ossia l’anima, allora ella godrà di felicità continua. I pensieri si sviluppano nella mente, mentre il corpo è immerso nelle tre dimensioni o mondo fisico. Quel che uno pensa quello è il suo mondo. Ciò che pensa quello diventa, ciò che mangia quello incorpora e quello diventa. ________ Estratto dal libro “L’Opera Celeste” di Luca Falace Autore Libro: Luca Falace Titolo: L'Opera Celeste, romanzo alchemico filosofico Editore: Oro Edizioni, 2005 _________________ #DIO #GOD #libro #libri #book #books #leggere #instalibri #nocovid #music #arts #fitness #poetry #libreria #art #bookworm #read #manoscritti #editoria #scrivere #biblioteca #bookstragram #yoga #scrittori #autore #coronavirus #booklover #nocovid19 #editore #sincronicità https://www.instagram.com/p/CADCHAhhEXW/?igshid=6muq6fpmjjdg
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In questi giorni si è svolto un nuovo capitolo della tornata repressiva contro le lotte sociali che stanno attraversando l’Alma Mater e il territorio della zona universitaria da settembre ad oggi, tra la vertenza contro il caro-mensa, la lotta contro i tornelli in via Zamboni 36 e il contrattacco studentesco all’aggressione della celere contro quanti studiavano in biblioteca lo scorso 9 febbraio. Riepiloghiamo: per quanto riguarda la vertenza mensa, caduto il reato di estorsione, continuano ad essere sotto misure cautelari e in obbligo di firma giornaliera tre studenti e compagni, mentre in due fermati durante gli scontri sono stati assolti durante l’ultimo processo. Un altro compagno è tutt’ora costretto a vivere fuori città, colpito dalla misura preventiva del divieto di dimora sempre in riferimento alla battaglia contro il caro mensa. L’11 maggio ci sarà invece l’appello per un compagno fermato durante gli scontri del 3 novembre scorso in Piazza Puntoni, condannato a più di due anni e ancora sottoposto a misure cautelari che gli impediscono di entrare nel centro storico della città. Per quanto riguarda invece la lotta contro i tornelli in via Zamboni 36 è stata accolta l’istanza per due compagni colpiti dall’obbligo di dimora fuori Bologna che sono potuti rientrare in città, mentre a Morgan costretto già a firmare, è stato confermato il divieto di vivere in città, al compagno si aggiunge anche l’iniziativa repressiva dell’Alma Mater che lo ha sospeso per alcuni mesi dagli studi, insieme a molti altri compagni e compagne del nostro collettivo. Gioiosa notizia invece quella di Sara, studentessa e compagna liberata venerdì scorso dopo 3 mesi di domiciliari. Il suo caso, ennesimo di accanimento giudiziario contro chi lotta, è stato corredato di varie iniziative repressive come il divieto di comunicare con l’esterno cui è stata sottoposta per settimane e in ultimo, ad una delle udienze del processo per direttissima tenutosi pochi giorni fa, la goffa decisione della procura e della digos di aggiungere altre prove a carico della compagna. Il nostro avvocato ha immediatamente rilevato l’irregolarità riguardo all’accumulazione di prove in un processo per direttissima, e il giudice è stato costretto a rimandare il tutto ad ottobre non sapendo che fare. Alla faccia della direttissima! Peccato per i signorotti in divisa che le gaffe si pagano e, in pochi giorni, Sara è tornata in libertà, a testa alta e con il suo solito e inscalfibile sorriso stampato in faccia, grande e beffardo. Le numerose iniziative repressive contro il nostro collettivo vengono motivate dagli inquirenti dalla pericolosità espressa da quegli elementi che definiscono da più parti “capi” o “protagonisti” di lotte ancora attive. Quindi tutte le misure vengono giustificate dalla necessità di mozzare le teste e le mani al conflitto sociale nella zona universitaria. La riduzione questurina della generosità dei nostri compagni e delle nostre compagne ci fa ridere a crepa pelle e dall’altra parte ci fa valutare positivamente lo sviluppo delle lotte che hanno saputo rispondere con i fatti al castello accusatorio della procura: le battaglie infatti sono andate avanti determinate e forti come prima, puntando dritte all’obiettivo in un contesto di partecipazione e solidarietà davvero significativa…come sempre accade d’altronde quando vengono aggrediti i percorsi dell’autonomia cittadina. Riteniamo la repressione, volenti o nolenti, intrinseca al conflitto, alla sua qualità e potenzialità. L’efficacia si misura nel grado di solitudine sociale che nel tempo il nemico è capace di imporre intorno ai compagni o alle compagne aggrediti. Che pena, che patetico trionfo di debolezza sarebbe stata annunciare le iniziative repressive in conferenze stampa da quattro gatti davanti ad un paio di telecamere, lamentando colpi che non solo sono congeniti alla natura delle nostre scelte di vita, ma in fin dei conti pure poco energici. La grande libertà per la quale lottiamo di giorno in giorno è prima di tutto un’attitudine dello spirito collettivo, il rifiuto coraggioso delle lacrime e del lamento in faccia ai peggiori nemici. E’ la lezione che abbiamo imparato nell’esperienza e nei racconti di quanti prima di noi e come noi hanno tenuto alta la testa e disteso il sorriso. L’opportunità di non pronunciare a sproposito parole come lotta, conflitto e dignità passa anche per questi piccoli comportamenti quotidiani. Ad ogni modo è prima di tutto nello scontro sociale che abbiamo imparato l’umiltà che dovrebbe contraddistinguere l’etica di ciascun rivoluzionario, quella stessa etica che giustamente ci fa saldamente trattenere dal salire su pulpiti traballanti, in aule vuote, e pontificare al vento dando indicazioni su come affrontare la repressione. E’ una patologia da escluso guardare la punta del proprio naso, chiamare “sociale” quel millimetro quadrato di mondo ed ignorare che là fuori c’è bisogno di conflitto attivo e vivace c’è bisogno di esperienze concrete capaci di comunicare in base ai risultati che producono, c’è bisogno di spalle accanto ad altre spalle, di fatti e racconti che calcifichino nella testa di milioni di coetanei la possibilità del conflitto, l’efficacia del conflitto, l’attualità del conflitto. Intanto l’11 maggio ci sarà l’appello per Luca e arriveremo a quell’appuntamento con la riapertura del fronte di lotta dedicato al caro-mensa e rispondere dalla piazza mentre il nostro avvocato risponderà punto su punto alle accuse contro il compagno, combattendo contro una procura che ha fatto degli studenti, degli occupanti di case, e degli inquilini resistenti della nostra città la propria ossessione tentando ogni sorta di stratagemma, anche goffo e fuori dalle “loro regole”, pur di sabotare lo sviluppo del conflitto sociale nel nostro territorio. Nostro compito anche questa volta sarà quello di denunciare pubblicamente sia gli abusi e le irregolarità, che le ossessioni e le intimidazioni delle autorità. Stando però attenti a non cascare nel “si salvi chi può” che per quanto ci riguarda riteniamo pessima abitudine da non fare propria o enfatizzare. Con questo metodo torneremo ad affrontare la questione delle misure disciplinari comminate (su suggerimento della digos) dall’Alma Mater agli studenti e alle studentesse più attivi nelle lotte all’università, e senza mai presentarci come vittime frignose, con l’orgoglio di chi c’era e sa indissolubilmente di avere ragione, affermeremo conflittualmente l’istanza abolizionista. Riteniamo infatti che il Codice Etico che permette l’attuazione di queste misure vada completamente abolito. Deve essere immediatamente cancellato questo status di “doppia pena”, doppia e preventiva, secondo cui l’Alma Mater e la Procura possono condannare arbitrariamente uno studente o una studentessa. Non è questione di tornare comodamente nell’alveo del diritto e far impietosire qualcuno per l’ennesimo caso di mala-giustizia, qui è questione di dire che le lotte sono legittime e non si puniscono, punto. Ora a maggior ragione che la contraddizione vige anche e per di più secondo la logica del diritto stesso. Infatti i compagni e le compagne colpiti dalle misure disciplinari vengono colpiti a partire dalle segnalazioni della digos e dalle denunce della procura, e prima ancora che un “regolare” processo si possa svolgere, vengono preventivamente puniti dall’università. Ma anche in questo caso è giusto ribadire che non sarebbe certo una condanna di un tribunale a mettere in discussione la legittimità delle azioni e delle lotte in questione. Nelle prossime settimane molte battaglie potrebbero concludersi vittoriosamente e vogliamo lottare per fare in modo che a raggiungere gli obiettivi collettivi ci siano anche i nostri compagni e le nostre compagne nel mirino della repressione. Per questa ragione invitiamo tutti e tutte a mantenere questo importante clima di solidarietà e a spingere in avanti con lo scontro e il conflitto sociale ogni volta se ne presenti l’occasione, trovarla e coglierla è il nostro dovere – anche per continuare a rendere concreto lo slogan “liberi tutti libere tutte”! Nel tempo del riscatto possibile avanti con le lotte! Aboliamo la doppia pena all’Alma Mater! Collettivo Universitario Autonomo Bologna
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