#lotta per il rinnovo contrattuale.
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FP CGIL. Il 14, 15 e 16 aprile il lavoro pubblico torna al voto. Alessandria
Le elezioni per le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) del 2025 rappresentano un momento cruciale per la vita lavorativa di milioni di dipendenti in Italia. Si tratta di un appuntamento fondamentale, che rappresenta una grande prova di democrazia e di trasparenza nei luoghi di lavoro. Oggi si conclude la prima fase, quella della presentazione delle liste: sicuramente non è, sempre, stato…
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Eyes on the world #207
In ferie sì, ma sempre sul pezzo in un modo o nell’altro.
Torniamo con una veloce carrellata di brevi per un contro-esodo pieno di argomenti di cui parlare. Ce n’è per tutti i gusti, credetemi.
Cominciamo subito 👇
🇨🇦 Giovedì, le compagnie ferroviarie canadesi Canadian National Railway e Canadian Pacific Kansas City hanno avviato una serrata, bloccando gran parte delle attività e sospendendo circa 10mila dipendenti dopo il fallimento delle trattative per il rinnovo contrattuale. La serrata riguarda principalmente i treni merci e potrebbe causare gravi disagi in Canada e negli Stati Uniti, con ripercussioni sull'economia di entrambi i paesi. I sindacati chiedono migliori condizioni di lavoro e stipendi più alti, mentre le aziende propongono un accordo di modernizzazione. Il governo canadese potrebbe intervenire, ma è ostacolato dagli alleati politici vicini ai sindacati.
🧫 Il virus dell’mpox, precedentemente noto come "vaiolo delle scimmie", è stato dichiarato un’emergenza sanitaria internazionale dall'OMS il 14 agosto. Endemico in Africa centrale e occidentale, tra il 2022 e il 2023 si è diffuso in diverse parti del mondo. Attualmente, è particolarmente presente nella Repubblica Democratica del Congo, dove una nuova variante, più contagiosa e pericolosa, ha causato oltre 14.000 casi sospetti e 511 morti quest'anno. In Europa, i casi sono stati pochi e d’importazione, con un solo caso della nuova variante “1b” rilevato in Svezia. Il virus si trasmette principalmente attraverso il contatto prolungato con persone infette o oggetti contaminati e può causare sintomi variabili, tra cui eruzioni cutanee e febbre. La malattia è particolarmente rischiosa per persone con difese immunitarie deboli e bambini in Africa centrale. Attualmente, sono disponibili due vaccini, ma le campagne vaccinali non sono ancora diffuse nei paesi più colpiti. L’OMS spera che la dichiarazione di emergenza favorisca una migliore coordinazione nella lotta contro il virus. In risposta, l'azienda farmaceutica danese Bavarian Nordic ha donato 40.000 dosi del suo vaccino alla Repubblica Democratica del Congo. Il vaccino, denominato Imvanex in Europa, Jynneos negli Stati Uniti e Imvamune in Canada, è considerato il più promettente per prevenire l’mpox. Attualmente, il rischio di diffusione del virus in Europa è basso, mentre in Africa – come detto – la situazione è più critica. La vaccinazione è raccomandata per persone a rischio, ma non è necessaria per la popolazione generale. Bavarian Nordic prevede di aumentare la produzione del vaccino, con una domanda crescente soprattutto dai paesi africani.
🇪🇺 La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha annunciato nuove misure per rafforzare i controlli alle frontiere dell'area Schengen. Dal 10 novembre entrerà in vigore il Sistema di ingresso e uscita (EES), che richiederà ai viaggiatori extracomunitari di fornire dati biometrici alla dogana, conservati per 3-5 anni. Entro maggio 2025 sarà introdotto l’Etias, un’autorizzazione elettronica simile all’ESTA statunitense, necessaria per cittadini extracomunitari senza visto, inclusi quelli del Regno Unito. L’Etias avrà un costo di 7 euro e sarà valida per tre anni, con un periodo di transizione di sei mesi.
🇮🇱 Torniamo a parlare della questione Gaza. Il ministero della Salute locale ha riportato un caso di poliomielite in un bambino di 10 mesi a Deir al Balah, nel centro della Striscia di Gaza, colpita dall'invasione israeliana dallo scorso ottobre. La poliomielite, che può causare paralisi permanente e morte nei bambini, era stata eradicata in gran parte del mondo grazie ai vaccini, ma il virus è stato trovato nelle fognature di Gaza a luglio. Le autorità sanitarie di Gaza hanno inviato campioni biologici in Giordania per confermare la presenza del virus. L'OMS ha chiesto un cessate il fuoco per vaccinare 640mila bambini palestinesi contro la malattia. Sul campo, martedì l’esercito israeliano ha bombardato una scuola a Gaza usata come rifugio dai civili, causando almeno 10 morti, tra cui due bambini, e 15 feriti. Israele ha giustificato l’attacco affermando che la scuola ospitava un centro operativo di Hamas, mentre il gruppo nega di utilizzare edifici civili per le proprie attività. Nel frattempo, le negoziazioni per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, iniziate il 15 agosto a Doha, sono fallite e dovrebbero riprendere al Cairo. Israele, mediato da Stati Uniti, Qatar ed Egitto, ha accettato una proposta americana, criticata da Hamas per essere troppo favorevole a Israele. La proposta prevede un cessate il fuoco di sei settimane, il rilascio graduale degli ostaggi israeliani e il controllo israeliano di parte del confine tra Gaza e l’Egitto, a cui Hamas si oppone. Israele, che ha occupato il corridoio durante un'operazione a Rafah, vuole mantenere una presenza militare per motivi di sicurezza, temendo il contrabbando di armi verso Hamas. L'Egitto, invece, chiede il ritiro israeliano, considerando la presenza militare una violazione dell'accordo di Camp David del 1978. Un altro punto critico riguarda il rilascio dei prigionieri palestinesi. Finora sono stati recuperati 13 ostaggi israeliani, ma 105 sono ancora in Gaza. Intanto, da oltre tre settimane, Israele e altri paesi del Medio Oriente attendono un attacco dall'Iran in risposta all'uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta il 31 luglio, presumibilmente per mano israeliana. Nonostante le minacce iniziali del leader iraniano Ali Khamenei, l'attacco non è ancora avvenuto, creando un clima di tensione nella regione. L'Iran ha dichiarato che l'attacco ci sarà, ma sta temporeggiando, forse per motivi strategici o per attendere l'esito di negoziati di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. La lunga attesa potrebbe indicare un cambio di strategia o la preparazione di un attacco diverso dal solito.
🇺🇸 In USA, la convention del Partito Democratico statunitense è iniziata a Chicago con il discorso di Joe Biden, originariamente previsto per la chiusura dell'evento. Nonostante alcuni problemi organizzativi, Biden ha ricevuto un'accoglienza calorosa dalle oltre trentamila persone presenti. Il discorso di Biden, che ha rivendicato i successi della sua amministrazione e ammonito sui rischi di una nuova presidenza Trump, ha lasciato poco spazio al futuro e a Kamala Harris, sua vice e candidata del partito. Durante la giornata, sono intervenute anche Hillary Clinton e Alexandria Ocasio-Cortez, entrambe critiche nei confronti di Trump. Contestualmente, si è tenuta una manifestazione contro i Democratici, con scarsa partecipazione rispetto alle aspettative, concentrata principalmente sulla critica al sostegno degli Stati Uniti a Israele e alla guerra in Ucraina. La convention è proseguita fino a giovedì, con il discorso conclusivo di Harris. La candidata Democratica ha sottolineato la sua storia personale e la sua carriera da procuratrice, presentandosi come una leader forte e determinata a difendere le libertà americane. Ha criticato duramente Donald Trump, accusandolo di mettere i propri interessi sopra quelli del paese, e ha promesso di proteggere la nazione, affrontando temi di politica interna ed estera. Harris ha chiuso il discorso con un richiamo al patriottismo e all'importanza delle elezioni imminenti.
🇱🇾 In Libia, la fragile stabilità post-guerra civile del 2020 è a rischio a causa di crisi politiche ed economiche interconnesse. Il paese rimane diviso tra due governi rivali: uno a Tripoli, guidato da Abdulhamid Dbeibah e sostenuto dall'ONU, e l'altro a Bengasi, controllato da Khalifa Haftar e i suoi figli. La banca centrale libica, che gestisce i proventi del petrolio, è al centro dello scontro, con il suo presidente Sadik al Kabir che ha rotto i rapporti con Dbeibah, spostando il sostegno finanziario verso Haftar. Questa mossa ha aumentato l'influenza degli Haftar, che ora minacciano di riprendere Tripoli, violando il cessate il fuoco. L'instabilità cresce, anche se una nuova guerra civile appare improbabile grazie alla presenza di truppe turche a protezione di Tripoli.
🇺🇦 Negli ultimi giorni, le forze ucraine hanno distrutto tre ponti nella regione russa di Kursk, che collegavano un'ampia area di confine con l'Ucraina al resto della Russia. Questa azione fa parte di un'offensiva ucraina iniziata due settimane fa, mirata a creare una «zona cuscinetto» per allontanare il fronte e prevenire attacchi russi sul territorio ucraino. Due dei ponti sono stati distrutti durante il fine settimana e il terzo lunedì, mentre l'esercito russo ha costruito due ponti provvisori di barche, di cui uno è stato già abbattuto. Non è chiaro il numero esatto di soldati russi presenti nell'area, con stime che variano tra 700 e 1.000. La riuscita dell'accerchiamento ucraino rappresenterebbe un successo significativo, ampliando il territorio conquistato lungo il confine. Tuttavia, i recenti avanzamenti ucraini sono stati limitati e la Russia ha inviato grandi quantità di truppe, comprese molte reclute, che potrebbero rallentare l'offensiva ucraina. Intanto, nella notte tra il 20 e il 21 agosto, l’Ucraina ha lanciato 10 droni sulla regione di Mosca, tutti abbattuti senza causare danni. Il sindaco Sergei Sobyanin ha descritto l'attacco come uno dei più estesi mai tentati contro la capitale. Gli aeroporti di Vnukovo, Domodedovo e Zhukovsky hanno limitato temporaneamente le operazioni. Inoltre, sono stati abbattuti altri 34 droni ucraini, di cui sei sulla regione di Belgorod e due su Kursk. Nella stessa notte, la Russia ha lanciato 50 droni contro l’Ucraina, tutti intercettati. Gli attacchi con droni sono ormai una costante nella guerra, con la Russia che colpisce frequentemente le città ucraine e l’Ucraina che mira a obiettivi strategici. Altrove i combattimenti nella regione del Donbass si sono concentrati su Pokrovsk, una città strategica per le linee di difesa ucraine. L'esercito russo è avanzato rapidamente, avvicinandosi a 10 chilometri dalla città, mentre i civili tentano di fuggire e l'esercito ucraino cerca reclute. L'importanza di Pokrovsk deriva dalla sua posizione, che controlla accessi a città cruciali come Zaporizhzhia e Dnipro. L'Ucraina sembra cedere rapidamente a causa della carenza di munizioni e soldati, nonostante un attacco in territorio russo per alleggerire il fronte. La battaglia per Pokrovsk potrebbe durare mesi e essere molto violenta.
🇩🇪 Venerdì sera a Solingen, in Germania, un uomo ha accoltellato diverse persone durante una festa cittadina, uccidendo tre persone e ferendone altre otto, di cui cinque gravemente. L'aggressione è avvenuta intorno alle 21:30 nella piazza del mercato, durante un evento per i 650 anni della città. La polizia ha avviato una vasta ricerca dell'aggressore, che è riuscito a fuggire tra il panico generale. Non ci sono ancora informazioni sull'identità dell'attaccante o sul suo movente. La festa, che avrebbe dovuto durare tre giorni, è stata annullata.
Alla prossima 👋
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Primo Maggio senza pace. Ora Draghi parli al Paese
MASSIMO GIANNINI
Per Lorenzo, schiantato da una putrella nel suo ultimo giorno di tirocinio a Udine. Per Luana, mangiata viva da un orditoio tessile a Prato. Per i 1.221 che se ne sono andati l’anno scorso. Per i 218 che sono caduti già quest’anno. Questo Primo Maggio è per loro, come ha detto il presidente della Repubblica: una Festa al contrario, perché non c’è niente da festeggiare quando il lavoro non è vita ma è morte, non è diritto ma sopruso. Ma la festa al contrario vale anche per tutti gli altri. Per chi di lavoro ci vive, o più spesso ci sopravvive. Per chi nel lavoro, insieme al dovere, vede anche il riscatto e il rispetto, ma non trova né l’uno né l’altro. Sergio Mattarella ha ancora una volta il merito di parlare chiaro, al Paese e al Palazzo. Il lavoro irregolare troppo spesso «varca il limite dello sfruttamento, persino della servitù». La precarietà è «una spina nel fianco della coesione sociale». Le condizioni salariali sono critiche per troppi «lavoratori poveri e pensionati poveri». Mai come quest’anno, il Primo Maggio di guerra ci interroga tutti. E pretende risposte, soprattutto dal governo e dalle classi dirigenti.
C’è un dovere di chiarezza sulla politica economica. Lo diciamo da almeno due mesi: anche se Draghi non lo conferma, noi in un’economia di guerra ci viviamo già. In un mondo in cui la crescita prevista si dimezza al 3 per cento, il Pil italiano torna a decrescere dello 0,2 per cento nel primo trimestre, l’inflazione ad aprile sale al 6,2 per cento, la spesa pubblica sfonderà il tetto dei 1.000 miliardi a fine 2020, i ricavi delle imprese crolleranno del 3,2 per cento l’anno prossimo. Sul versante prezzi-salari il quadro è ancora più complesso. La guerra fa esplodere un focolaio inflattivo già acceso da tempo su tutte le filiere: tra il 2019 e il 2021 i prezzi del gas sono cresciuti del 636 per cento, quelli del petrolio del 46, quelli del mais del 77, quelli del frumento del 57. Per contro, le retribuzioni medie orarie tra gennaio e febbraio sono ferme, e tra il 1990 e il 2020 i salari medi degli italiani sono calati del 2,9 per cento. Gli occupati precari sono 3,2 milioni, quelli a part time sono 4,8 milioni. I lavoratori che aspettano il rinnovo contrattuale sono 6,8 milioni. La media di attesa tra i vari settori merceologici è di 30,8 mesi. In queste condizioni disastrose, ci si aspetterebbero due cose. Un’operazione-verità sulle condizioni reali del Paese, un grande patto sociale sul modello di quello cui Ciampi vincolò le parti sociali nel 1993. Non abbiamo né l’una né l’altro. Abbiamo invece rigurgiti di lotta di classe tra imprese e sindacati. Abbiamo un tavolo negoziale, proposto dal ministro Orlando, che Confindustria considera “un ricatto”. E abbiamo un governo che centellina aiuti (il prossimo, in arrivo, di altri 8 miliardi) ma si ostina a non prendere di petto il vero nodo della fase: con la guerra che ha fatto saltare i conti del Def, non converrà rivedere le priorità indicate dal Pnrr, e magari riflettere anche su un ulteriore scostamento di bilancio? Ha ragione Veronica De Romanis: forse è il caso che Draghi parli al Paese, e spieghi come il governo intende affrontare i mesi durissimi che ci aspettano. Se mai ha avuto senso, il pacchetto “pace o condizionatori” ormai non si può più vendere alle famiglie e alle imprese italiane. C’�� un dovere di chiarezza sulla politica estera. I principi di base li conosciamo e li condividiamo: lo abbiamo detto e lo abbiamo scritto più volte. La Russia è il carnefice, l’Ucraina è la vittima. Questa guerra è frutto della nuova volontà di potenza di Putin, che negli ultimi vent’anni ne ha già fatte tre (Cecenia, Crimea e Siria) e ne porta fino in fondo le responsabilità. Sua è la colpa del massacro dei civili, dello stupro delle donne, delle torture ai bambini. Sua è la colpa dell’invasione di uno Stato sovrano, della devastazione delle città, del saccheggio dei villaggi. Sua è la colpa delle tre crisi che adesso squassano il pianeta: crisi economica, crisi energetica, crisi alimentare. Non abbiamo bisogno di ribadire da che parte stiamo: stiamo dalla parte dell’Occidente e dell’Alleanza Atlantica, delle liberaldemocrazie e del diritto internazionale, del multilateralismo e della globalizzazione. È la parte giusta della Storia, e lo ripetiamo con forza e con orgoglio. Respingiamo gli opposti ideologismi. C’è un ideologismo pro-russo e anti-amerikano (per usare una vecchia formula dei tempi della guerra in Vietnam): quello dei sedicenti martiri del Pensiero Unico, che in tv denunciano le odiose censure della fantomatica “informazione mainstream” mentre la medesima li lascia sdottoreggiare h24 sui talk e sui giornali, e degli indecenti cacadubbi della Sacra Rete, che sui social rimbalzano la bassa propaganda mosco-fila pronta a negare qualunque evidenza. Se servisse ancora una “firma” sui bombardamenti in territorio ucraino, l’abbiamo ottenuta con i due missili del Cremlino piovuti su Kiev durante la visita del segretario generale dell’Onu. Ma c’è anche un “occidentalismo” cieco e sordo (per usare la formula di Margalit e Buruma ai tempi dell’attacco qaedista alle Twin Towers). Quello degli intellettuali boots on the ground, che considerano intelligenza col nemico qualunque riflessione retrospettiva sulle vicende geo-strategiche di questi ultimi trent’anni. Capire come ci siamo illusi di ricostruire un Ordine Mondiale dopo la caduta del Muro di Berlino non significa affatto giustificare l’ingiustificabile (gli orrendi crimini di Putin). Ma aiuta a comprendere (possibilmente per non ripeterli) gli errori di prospettiva e i rapporti di causa-effetto che hanno contribuito a portarci fin qui. Cioè non dentro un nuovo Ordine, ma alle soglie della Terza Guerra Mondiale. «Xavier Solana, da alto rappresentante della politica estera europea, a metà anni 2000 disse chiaramente che non era più pensabile un rapporto tra la Nato e l’Urss come quello dei tempi della Guerra Fredda… Era necessario identificare gli interessi comuni tra europei e russi. E visto che loro erano alla ricerca di una collocazione, bisognava creare un sistema di sicurezza e di difesa comune fondato sugli interessi vitali di europei, russi, americani… L’errore non fu ampliare i margini dell’Unione fino alla Russia, come fece Prodi. Al contrario, fu di essere rimasti chiusi in noi stessi, e aver portato la vecchia Nato ai confini… Fiona Hill, bravissima consigliera di diversi presidenti Usa, ha raccontato i suoi colloqui alla Casa Bianca nel 2008, con George Bush e Cheney. Prima del vertice Nato a Bucarest cercò di dissuaderli dall’includere nell’Alleanza militare Georgia e Ucraina, scatenando l’ira di Cheney e la reazione contrariata di Bush, il quale replicò che lui amava la “diplomazia vigorosa”. Quanto vigorosa, l’avevamo capito qualche anno prima con la sciagurata invasione dell’Iraq. Sappiamo poi come sono andate le cose…». Chi articola questi pensieri non è un pericoloso agente della Fsb travestito da giornalista. E non è neanche il professor Alessandro Orsini, in uno dei suoi deliri onanistici sui bimbi felici sotto le dittature. È il presidente della Consulta Giuliano Amato, in un’intervista al “Venerdì”. A meno che non si pretenda di inserire anche lui nella lista nera degli utili idioti del nuovo Zar di San Pietroburgo, conviene ragionare su ciò che dice. Senza per questo offrire sponde alla mattanza russa o indebolire la resistenza ucraina. La fine della pace è ormai sancita. La fase due del conflitto russo-ucraino è una guerra permanente a bassa intensità. Il piano-monstre di aiuti militari da 33 miliardi di dollari annunciato da Biden è un vero salto di qualità. L’intendenza euro-atlantica segue, aprendo a Ramstein il primo arsenale delle democrazie. Parliamo non più solo di sistemi di difesa anti-carro e anti-aereo, ma di armi offensive importanti e imponenti. Anche l’Italia sta per varare un decreto bis sull’invio di nuove armi all’Ucraina. Ormai siamo co-belligeranti a distanza. Come ha scritto giustamente Domenico Quirico, siamo entrati in guerra anche noi, ma senza il coraggio e l’onestà di dirlo a noi stessi. Se la realtà è questa, allora tutti i governi a partire dal nostro hanno il dovere di spiegarlo alle opinioni pubbliche e ai Parlamenti. La domanda posta da Lucio Caracciolo è cruciale: dov’è la vittoria per noi occidentali? Stiamo armando Zelensky per consentirgli di resistere nell’attesa che le nostre sanzioni convincano Putin a fermarsi, o crediamo e vogliamo che l’esercito ucraino vada fino in fondo e vinca la guerra anche per conto nostro? Vorremmo saperlo: non è accettabile che la lista delle armi che stiamo inviando ai resistenti ucraini sia secretata dal Copasir. E dovremmo discuterne: non è possibile che Draghi non spieghi la posizione italiana alle Camere, cosa che finora è accaduta tre volte, il 25 febbraio, il 1° e il 23 marzo. La doppia missione del premier, prima a Kiev e poi a Washington il 10 maggio, segnala una positiva ripresa dell’iniziativa diplomatica. Ma è necessario un colpo d’ala nell’azione e nella comunicazione politica. Non basta dire «faremo quello che deciderà l’Europa», anche perché la Ue non decide ed è tuttora divisa sull’embargo energetico. Bisogna dire cosa abbiamo fatto finora, nel rispetto o meno dell’articolo 11 della Costituzione. Bisogna sapere cosa vogliamo fare d’ora in poi, e semmai cos’altro noi proponiamo all’Europa, visto che la richiesta di fissare un tetto al prezzo del gas è stata respinta con perdite. E bisogna capire se l’Italia e l’Europa hanno ancora un po’ di filo da tessere, per provare a dare una chance alla pace. Tenendo sempre a mente le parole di Robert Schumann, citato proprio da Mattarella nel suo splendido discorso a Strasburgo: «La pace non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano».
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Che cosa è il cuneo fiscale e perché padroni, sindacati e Governo stanno per trovare un accordo finalizzato alla sua riduzione? Si tratta forse della panacea di ogni male trovata la quale l'economia si risolleverà con la crescita del Prodotto interno lordo e dei Consumi? Intanto tutti ne parlano ma pochi sanno cosa sia il cuneo fiscale, ossia la somma delle imposte (dirette, indirette, contributi previdenziali) che pesano sul costo del lavoro, in altre parole per cuneo fiscale si intende la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la busta paga netta incassata dai dipendenti.
I salari perdono potere di acquisto perché gravati da troppe tasse? Dati alla mano il cuneo negli ultimi anni è in calo ma la ragione per la quale i salari sono troppo bassi è ben altra, non tanto attribuibile alla tassazione ma al fatto che ogni rinnovo contrattuale viene calcolato con il codice Ipca che determina aumenti irrisori e incapaci di recuperare potere di acquisto. Qualcuno ha calcolato che per uno stipendio di 11000 euro il padrone ne paga, tasse incluse, circa 1900, praticamente il 90% in più di quanto arriva nelle tasche di un lavoratore. E cosa fanno con i soldi delle tasse? Una motivazione addotta da associazioni datoriali e Governo è che in Italia il cuneo non è diminuito al contrario di alcuni paesi almeno negli ultimi anni e questo sarebbe la causa della mancata ripresa economica. A chiedere la riduzione troviamo i giuslavoristi contrari all'articolo 18 (come Pietro Ichino), il Governo, i sindacati e anche la Borsa italiana e ovviamente le associazioni datoriali.
Gli sgravi fiscali e contributivi vengono così giudicati insufficienti perché non estesi a tutto il mondo del lavoro. Confindustria ha da anni idee chiare su come ridurre il costo del lavoro ossia cancellando l'Irap, l’imposta regionale con cui si finanzia la sanità pubblica, quella sanità che avrebbe piuttosto bisogno di fondi necessari ad assumere medici ed infermieri e per abbattere le lunghe liste di attesa per visite e diagnosi, per cure troppo volte negate.
La domanda che sorge spontanea allora è una sola. se riduco le tasse del lavoro, quali servizi saranno tagliati? Nel caso dei padroni ridurre la tassazione significa indebolire la già precaria sanità pubblica, per altri invece lo Stato dovrebbe reperire altri fondi (come?) sgravando le imprese e i salari dei lavoratori dal pagare troppe tasse. Allora il leit motive della riduzione del cuneo fiscale mette tutti d'accordo perché diamo per scontata la distruzione dei servizi pubblici.
Ridurre il cuneo fiscale è scritto anche nel Def e l'impegno è stato ripreso dal Governo proprio in occasione del 1° Maggio e, guarda caso, si ricollega al Patto per la fabbrica che prevedeva, guarda caso, l'impegno di sindacati e padroni per ridurre il costo del lavoro con la solita motivazione della ripresa dei consumi.
Probabilmente esiste un carico fiscale eccessivo sui redditi da lavoro dipendente e da pensioni ma la riduzione generalizzata del cuneo fiscale determina scelte che non possono mettere d'accordo lo sfruttato e lo sfruttatore che hanno obiettivi antitetici visto che un padrone può rivolgersi alla sanità privata al contrario di quanti sono costretti ad attendere mesi per una ecografia o una tac nelle strutture sanitarie pubbliche.
Altro argomento riguarda l'evasione fiscale, ci chiediamo come intenda combatterla un Governo incapace perfino di finanziare l'assunzione di ispettori Asl e delle direzioni territoriali del lavoro che quella evasione dovrebbero combattere, scovare e perseguire. E per vendere fumo, ma nascondendo i fatti, si arriva a menzionare i dati Ocse secondo cui il cuneo fiscale colpisce soprattutto i single e le famiglie con più figli ma senza prima riflettere sul sistema degli sgravi fiscali che probabilmente necessiterebbe di una riforma seria per favorire i redditi sotto 35 mila euro.
Dal palco di Cgil Cisl Uil del 1° Maggio oltre al sindacato unico (che ricorda l'epoca fascista) si è parlato di riduzione del cuneo fiscale con parole d'ordine e ragionamenti proni agli interessi di Confindustria, incapaci di tutelare il welfare state (tanto ci sono previdenza e sanità integrative cogestite dai sindacati) e senza una idea di tassazione che colpisca le rendite, i grandi capitali e non si presti a campagna contro le tasse con le quali poi smantelleranno la sanità, l'istruzione o la tutela ambientale.
Nelle settimane scorse proprio il taglio delle tariffe Inail da parte del Governo ha occultato il crescente disimpegno nella lotta contro infortuni, morti sul lavoro, contro le malattie professionali che continuano ad aumentare anno dopo anno. Il sindacato sta poi pensando di favorire il salario di secondo livello privandolo di ogni forma di tassazione e in questa ottica l'esperienza recente parla dello scambio diseguale tra aumenti salariali e welfare aziendale.
Federico Giusti – Redazione Lotta Continua Pisa
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Manovra finanziaria: ecco cosa prevede
Il presidente della Repubblica ha firmato l’autorizzazione per presentare la Legge di Bilancio 2018 alle Camere. Il testo arriverà prima in Senato martedì 31 ottobre nel tardo pomeriggio, presumibilmente alle ore 17. L’iter della Legge di Bilancio sta per entrare nel vivo. Rinviato al 2019 l'aumento dell'Iva, si amplia la platea dei beneficiari del bonus Irpef da 80 euro in modo da “salvare” il beneficio per gli statali che con il rinnovo dei contratti pubblici supererebbero la soglia dei 26mila euro, rafforzato il reddito di inclusione, che per le famiglie numerose sale fino a 534 euro, e tornano gli “sconti” per gli abbonamenti di bus e treni per i pendolari. Sono alcuni dei pilastri del testo finale della Manovra da 120 articoli, bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato, che da domani inizierà il suo iter parlamentare al Senato, con l'avvio della sessione di bilancio. Ma l'esame entrerà nel vivo solo a partire dalla prossima settimana con le audizioni e la presentazione degli emendamenti. Oltre 500 milioni di euro di entrate dovrebbero essere garantite dal settore giochi e scommesse. Scongiurato, come previsto l'aumento dell'Iva per il 2018, l'aggravio viene rimodulato e rinviato al 2019. L'aliquota al 10% salirà di 1,5 punti percentuali l'anno prossimo e di altri 1,5 punti dal 2020, mentre quella al 22% aumenterà di 2,2 punti percentuali dal 2019, di ulteriori 0,7 punti percentuali dal 2020 e di 0,1 punti dal 2021. Confermato l'aumento delle accise dal 2019. “Salvo” il bonus di 80 euro per gli statali. Il tetto di reddito sale da 24.000 a 24.600 euro e da 26.000 a 26.600 euro, assicurando così il beneficio per chi, per effetto degli aumenti del rinnovo contrattuale di 85 euro mensili, supera la soglia prevista di 26mila euro. Prevista una sforbiciata al fondo taglia tasse con una riduzione della dotazione di circa 756 milioni di euro nel biennio 2018-2019 e di altri 507,8 milioni nel 2020. Dal 2021 ulteriore taglio di 376,5 milioni. Una novità emersa all’ultimo momento è rappresentata dalla proroga della cedolare secca al 10% per gli affitti a canone concordato che non sarà strutturale, come previsto in un primo momento, ma varrà per il biennio 2018-2019. Tornano le detrazioni per l'acquisto degli abbonamenti di bus e treni fino a un massimo di 250 euro. Previste anche erogazioni e rimborsi per i dipendenti o per i familiari, da parte del datore di lavoro. Confermati gli sgravi contributivi al 50% triennali per l'assunzione di giovani under 30 che, per il solo 2018, valgono anche per i contratti stabili per chi non ha ancora compiuto 35 anni. Il bonus è trasferibile senza limiti di età e sale al 100% per l'assunzione dall'alternanza scuola lavoro. Sgravi contributivi al 100% per tre anni anche per imprenditori agricoli e coltivatori diretti under 40 che si iscriveranno alla previdenza agricola nel 2018. L'esonero è riconosciuto per un massimo di 12 mesi con un tetto del 66% e per un periodo massimo di altri 12 mesi con un tetto del 50%. Raddoppia la tassa sui licenziamenti che le imprese versano per la cig. Per ogni licenziamento effettuato nell'ambito di un licenziamento collettivo, la somma dovuta dal datore di lavoro, passa dal 41% all'82% del massimale mensile di Naspi (la nuova indennità di disoccupazione) per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Il ticket di licenziamento, così viene definito, è in vigore dal 2013 ed è pari a 489,95 euro per ogni anno di lavoro effettuato, fino a un importo massimo di 1.469,85 euro per rapporti di lavoro di durata pari o superiore a 36 mesi. In assenza di accordo sindacale, il ticket viene moltiplicato per tre e può quindi arrivare a 4.409,55 euro. Potenziate le misure per la lotta alla povertà: cresce la platea dei beneficiari del Rei, il reddito di inclusione, che per le famiglie numerose sale fino a 534 euro al mese. Per i nuclei con 5 o più componenti, gli unici per i quali è previsto un beneficio potenziale sopra il massimale, la misura aumenta il contributo massimo dagli attuali 485,41 euro mensili fino a circa 534 euro. Si amplia così la platea di beneficiari che, per questa tipologia, passano da 100,1 mila a 106 mila, mentre nel complesso i beneficiari potenziali del Rei si attestano a 499,8 mila. E c'è anche il fondo per le politiche della famiglia con una dotazione di 100 milioni di euro l'anno a partire dal 2018. Prorogato il bonus energia e quelli relativi alle ristrutturazioni energetiche e all'acquisto di mobili. Tra le novità, uno sconto ad hoc, del 36% per una spesa fino a 5.000 euro, per la sistemazione a verde di aree scoperte come terrazzi e giardini. Arriva il credito d'imposta al 65% per le fondazioni bancarie, per promuovere progetti di welfare. Il contributo può essere utilizzato solo nell'ambito dell'attività non commerciale ed è di 100 milioni l'anno, per il triennio 2019-2021, assegnato in base all'ordine temporale con cui le fondazioni comunicano all'Acri l'impegno a effettuare le erogazioni. Prorogato l'iper e il super ammortamento, anche se quest'ultimo viene limato al 130%. Confermato il rinvio di un anno dell'Iri, l'imposta al 24% sul reddito per le ditte individuali e per le società di persona a contabilità ordinaria, che doveva valere dal 2017. Previsto anche l’arrivo di 330 milioni che serviranno per rifinanziare la nuova legge Sabatini per il rinnovo dei macchinari d'impresa: il governo stima investimenti pari a 4 miliardi grazie alla misura. Nel dettaglio, vengono stanziati 33 milioni di euro per il 2018, 66 milioni annui dal 2019 al 2022 e 33 milioni per il 2023. Confermata la marcia indietro del governo sul bollo del 2 per mille sulle polizze vita: la norma non compare nel testo finale della Manovra. Previste però alcune novità per il settore. Slitta dal 16 maggio al 16 novembre di ogni anno il termine per gli assicuratori per versare l'acconto dell'imposta dovuta per l'anno precedente, al netto di quella relativa alle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. E sale la percentuale della somma da versare: passa dal 12,5% al 55% per il 2018 e 2019 e al 70% per gli anni successivi. C'è anche la detrazione del 19 per cento ai fini Irpef per le polizze assicurative sulla casa, contro il rischio di eventi calamitosi come alluvioni o terremoti. Lo “sconto” sarà applicato alle polizze stipulate successivamente all'entrata in vigore della legge di bilancio. Secondo l'Ania, alla data di settembre 2016, il numero di assicurazioni contro i rischi calamitosi, risultavano pari a 400.000. Dal prossimo anno scatta un piano straordinario quinquennale di 7.394 assunzioni tra corpi di polizia e vigili del fuoco con l'obiettivo di aumentare il controllo del territorio e il contrasto al terrorismo ma anche per prevenire e combattere gli incendi. Il maxi-piano prevede 350 ingressi per il 2018, 700 per il 2019, 2.112 per il 2020, 2.114 per il 2021 e 2.118 per il 2022. Nel dettaglio si tratta di 1.953 entrate nella Polizia di Stato, 2.155 nei Carabinieri, 1.125 nella Guardia di finanza, 861 nella Polizia penitenziaria e 1.300 nei vigili del fuoco. Confermata anche la possibilità di erogare buoni pasto ai poliziotti quando non c'è il servizio mensa. In arrivo cento assunzioni, nel triennio 2018-2020, tramite concorso, per interventi urgenti in materia di sicurezza stradale quali, ad esempio, controlli su veicoli e sulle attività di autotrasporto. Confermata la dichiarazione Iva precompilata per gli autonomi che scelgono l'e-fattura. L'Agenzia delle Entrate metterà a disposizione le informazioni per i prospetti periodici, una bozza di dichiarazione annuale Iva e dei redditi e le bozze dei modelli F24 per il pagamento delle imposte. Sul fronte bancario, arriva una norma che modifica le disposizioni per intervenire in materia di gerarchia dei crediti in insolvenza, istituendo la categoria degli “strumenti di debito chirografario di secondo livello”, emessi da una banca o da una società di un gruppo bancario. Una misura tesa a dotare le banche, in caso di crisi, di maggiori strumenti per gestire le perdite ed evitare il ricorso al salvataggio pubblico. I bond 'cuscinetto' devono avere una durata minima di 12 mesi, un valore nominale di almeno 250mila euro e non devono essere collegati a derivati. Read the full article
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Un nuovo post è stato pubblicato su http://www.forzearmate.eu/2017/08/16/rinnovo-contratto-statali-torna-la-protesta-dei-sindacati/
Rinnovo contratto statali, torna la protesta dei sindacati
Roma, 16 ago 2017 - Sara' una "lotta" dura e lunga per il rinnovo del contratto. Non c'e' dubbio che 85 euro lordi (circa 45 netti) sono briciole rispetto a 8 anni di blocco contrattuale equivalenti a circa 3 contratti di lavoro persi. Come se ad ogni contratto rinnovato ci davano 15 euro! Segue articolo. Non c’è pace sul fronte del rinnovo del contratto degli statali. E non ci sarà finché non sarà messo nero su bianco. Per questo, però, si dovrà aspettare il prossimo autunno. Che si preannuncia già bollente. Con le risorse ancora da trovare. La nuova Legge di Bilancio. E le rattative sul rinnovo del contratto che non sono esenti da polemiche. Senza parlare degli aumenti stipendio, giudicati sempre troppo bassi. E anche irrisori se non nulli, se si pensa che sull’altare potrebbe essere sacrificato il *bonus Renzi* per alcuni soggetti. Tra gli ultimi sindacati che si uniscono al coro delle proteste, ecco il Coisp, il Sindacato di Polizia.
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"La schiavitù alla catena di montaggio non è la liberazione dalla schiavitù del lavandino di cucina. Quelli che lo negano negano anche la schiavitù della catena di montaggio, provando ancora una volta che se non si conosce quanto le donne sono sfruttate non si conosce realmente quanto gli uomini lo sono"
"Donne e sovversione sociale", Mariarosa Dalla Costa.
Nell'avvicinarci e costruire la data dell'otto marzo è stato prezioso il punto vista di alcune militanti operaiste, marxiste e femministe degli anni '70. Uno sguardo indirizzato verso la dimensione di classe all'interno della subordinazione femminile, distante da un'orizzontalismo delle rivendicazioni "di genere", soggette, in tanti casi, a un facile recupero nei processi di trasformazione capitalistica, capaci di tollerare e comprendere un'ampia differenziazione orizzontale della soggettività di classe senza però rincunciare un'alta gerarchizzazione verticale del comando su queste.
Di queste militanti è il merito di aver tematizzato il ruolo del conflitto nel lavoro riproduttivo e domestico analizzandolo all'interno dello scontro capitalistico in atto. Una lotta per il salario domestico, una lotta in cui produzione e riproduzione sociale venissero negate, in cui l'identità ed il ruolo sociale si ridiscutessero nel processi in divenire aperti sul conflitto del negarsi nella propria funzione-per. "Quando l'operaio salariato lotta per avere un aumento salariale attacca il suo ruolo sociale ma ne rimane all'interno. Quando noi lottiamo per il salario lottiamo direttamente e senza ambiguità contro il nostro ruolo sociale" (Mariarosa Dalla Costa, Potere femminile e sovversione sociale, Marsilio, Padova, 1972, p.35). È il "punto zero" della rivoluzione, quello più profondo: il porsi contro il proprio ruolo sociale, produttivo e riproduttivo, finanche simbolico, attraverso un conflitto per costruire una nuova identità nella cooperazione della lotta, "identità che appunto può consistere solo in un nuovo grado di potere sociale" (p. 32), perché è su questo nodo che uno scontro si apre.
Gli anni Settanta sono finiti, ma alcune contraddizioni rimangono e si approfondiscono nella nuova divisione internazionale del lavoro che ha ridisegnato centri e periferie del rapporto globale di capitale. In questra ristrutturazione è stata centrale la tendenza alla cosiddetta "femminilizzazione del lavoro": le caratteristiche dello sfruttamento prima riservate solo alle donne, a una determinazione storica, materiale e simbolica del femminile, nel loro lavoro domestico - in cui ad un'occultazione del valore del lavoro produttivo viene unita una naturalizzazione di quello riproduttivo, non considerandone la produttività - sono ora allargate ad una più ampia dimensione della subalternità proletaria, non solo in base al genere.
La crisi di valorizzazione del capitale cerca vie d'uscita nell'espropriazione di capacità umana vivente per rimercificarla dentro nuovi rapporti di sfruttamento: abbassandone il costo, trasformandone la soggettività. Il capitale accumula sulla distruzione dell'umano. È sulle spalle dei giovani e delle donne che quest'accumulazione affonda in questa fase della crisi alle nostre latitudini. La nevralgica contraddizione tra disoccupazione (considerata improduttiva, nella quale i costi della riproduzione sociale sono totalemtne scaricati verso il basso) e sfruttamento ottocentesco una volta trovato un lavoro descrive una parabola che forma una soggettività grata al padrone, disposta a tutto pur di avere un rinnovo contrattuale, ma sconvolta dal costo che questo ha per la propria vita. Si dà una dipendenza, un'assenza di autoderminazione alla quale sono però accompagnati comportamenti di rifiuto, per quanto nascosti, per quanto molte volte autodistruttivi.
"Il punto zero della rivoluzione è la trasformazione della nostra vita quotidiana e la creazione di nuove forme di solidarietà", scrive Silvia Federici. Solidarietà e cooperazione sociale antagonista nella lotta. Il punto zero, quello della quotidianità nei suoi più diversificati aspetti, è punto di partenza e di arrivo. Di partenza: dai quartieri popolari, dai posti di lavoro, dalla casa, dai rapporti con i servizi sociali e i lavori di cura. Di arrivo: perchè questi non sono ambiti a sé stanti ma si interconnettono nella vita come dimensioni dello sfruttamento (nella riproduzione sociale, nel consumo oltre che nella produzione) tra sé comprenetranti. Il punto zero perché nella lotta si mettono in discussione le contraddizioni che venano la nostra vita, i rapporti di potere tra i generi e nei generi, emergono una solidarietà e cooperazione antagoniste al sistema capitalistico.
Per questo l'8 marzo sarà una prima tappa, ma non un punto d'arrivo. Combattere la violenza di genere è un processo che passa per la riconquista del potere di contare, di valere, di rifiutare le imposizioni considerate "normali". Nella quotidianità – nella media della trasversalità di classe della condizione femminile - esser donne implica un'ulteriore violenza: parte delle attività che svolgiamo ogni giorno sono un carico solo nostro. Si tratta della cura della famiglia, delle preoccupazioni per l'affitto e le spese, delle visite mediche, dell'assenza di reddito che colpisce noi o il nostro compagno o compagna, quando lo abbiamo. È un ricatto a cui è considerato normale sottostare.
Nella questione abitativa possiamo trovare anche il fulcro dei diversi tipi di violenza a cui principalmente le donne (e le dimensioni femminilizzate dello sfruttamento) sono sottoposte. Per sostenere i costi di un affitto o di un mutuo, dunque per avere una casa, è necessario acconsentire a dei ritmi di lavoro massacranti. L'intermittenza o scarsità di reddito permettono un maggiore sfruttamento per la ricattabilità a cui si è sottoposti, per la paura di perdere il tetto sopra la testa.
Nel momento in cui il reddito a disposizione non basta per sostenere i costi di un mercato immobiliare inflazionato, la violenza (a volte anche fisica e ogni volta psicologica) viene perpetrata dai padroni di casa. Umiliazioni e giudizi nei confronti delle famiglie; violenze e minacce nei confronti delle donne. Di qui il tentativo di accedere a delle forme di welfare previste per l'emergenza abitativa. In questo caso la violenza è quella delle istituzioni e degli assistenti sociali: disciplinamento, colpevolizzazione e umiliazione.
Perché se lo stipendio misero che guadagni lavorando come una schiava non basta per comprare i libri a tua figlia E' COLPA TUA; perché se per pagare bollette e affitto non hai più i soldi per la spesa E' COLPA TUA e vieni mandata al supermercato della caritas in cui ci sono solo cibi scaduti. Perchè se per riuscire a portare a termine la quantità di lavoro che ti è assegnata ti fai male non c'è la malattia E' COLPA TUA. Perchè se vieni molestata mentre lavori da sola E' COLPA TUA.
Combattere la violenza di genere è individuare dei responsabili per le condizioni di ricattabilità lavorativa e abitativa; è pretendere dei servizi dignitosi e funzionanti per salute ed educazione; è costruire la sicurezza di attraversare i propri luoghi; è rifiutare ogni discriminazione.
La condizione di indebitamento e impotenza in cui ci schiacciano come donne è direttamente proporzionale alla forza che possiamo esprimere, al male che possiamo fare negandoci nel nostro ruolo. Ogni volta ancora, quando la violenza dei rapporti sociali vorrebbe ricondurci a noi stesse, o meglio al nostro ruolo per la riproduzione dell'esistente a quel noi-per-loro. Il punto zero va ristabilito di continuo. È questa la natura di una battaglia su un rapporto dinamico e variabile e in quanto tale revocabile nei suoi termini. Risalire i diversi livelli di sfruttamento e violenza è un processo, ed è a partire dal conflitto e dalla riconquista di una quota di reddito nello scontro che si aprono nuovi spazi di lotta e di dignità. Come già visto nella partecipazione straordinaria alla giornata del 26 novembre, lo sciopero internazionale dell'8 marzo è un momento da attraversare in tutta la sua complessità e potenzialità: è la possibilità di aprire un ambito di conflitto strategico. Questa specificità ci parla delle forme della crisi e dell'attacco neoliberista in atto, ci interroga tutti e tutte sul come a nostra volta rispondere. Per questo, al di là delle bandiere già alzate sulla testa delle donne, nelle tante iniziative di natura istituzionale che vorrebbero normalizzare nel già noto un'istanza di sovversione e trasformazione, quello che è importante è non lasciar persistere una separazione tra campi aperti e chiusi, tra ciò che si è già dato e tutto quello che ancora deve emergere.
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Pubblichiamo di seguito il comunicato del neonato comitato dei lavoratori e delle lavoratrici licenziati di Almaviva Contact che ha lanciato un corteo per il prossimo 21 gennaio a Roma alle 15 da piazza della Repubblica Siamo i 1666 licenziati di Almaviva Contact di Roma. Secondo il Governo e la stampa dei suoi amici padroni, saremmo noi i colpevoli del nostro stesso licenziamento e non un’azienda che l’ha sempre voluto, che da anni usa questa minaccia per intascare soldi e commesse pubbliche, che da anni vessa i propri dipendenti e li mette gli uni contro gli altri. Un’azienda che mentre chiude le sedi di Roma e Napoli dove i lavoratori sono più anziani e le costano di più perché hanno ancora dei diritti, non si fa scrupolo di delocalizzare in Romania e chiedere ore di straordinario nelle sedi di Milano e Rende. L'accordo che Roma ha rifiutato, dopo che il Governo ha fatto la mossa criminale di dividerla da Napoli quando per mesi le vertenze avevano corso insieme, non interrompeva i licenziamenti. Li avrebbe congelati per tre mesi, il tempo necessario a farci accettare condizioni che avrebbero decurtato stipendi già miseri, reso ancora più insopportabile la nostra vita lavorativa vessandoci e umiliandoci. La verità è che l'azienda con la complicità del governo è riuscita ancora una volta ad andare a trattare sul costo del lavoro e sul controllo a distanza. Tutte proposte avanzate dall’associazione padronale di categoria (ASSTEL) per il rinnovo del contratto nazionale dei dipendenti delle telecomunicazioni e che i sindacati in quella sede hanno dichiarato intrattabili! Questo il bluff per guadagnare tempo, che ha portato su Roma da un esubero di 918 persone alla chiusura del centro di casal boccone con 1666 licenziamenti. Il bluff consiste nel facilitare le aziende a cancellare la forza lavoro con più anzianità contrattuale, permettendogli di approfittare con la politica sul lavoro e con leggi inique di settore a vantaggio solo degli imprenditori . Questa è ormai storia. Una storia purtroppo simile a tante altre nel nostro paese, in cui si moltiplicano i ricatti ai danni dei lavoratori, costretti ad accettare condizioni sempre più umilianti pur di portare a casa uno stipendio. Questa volta però, nonostante le incertezze e i tentennamenti che nessuno può non provare di fronte a situazioni così tragiche, quando la scelta sembra essere quella tra la miseria e il nulla, il copione è stato diverso dal solito: un accordo che non salvava niente ma che campeggiava nei titoli dei giornali ancor prima di essere approvato è stato rifiutato, facendo imbestialire i cosiddetti salvatori della patria. All'improvviso siamo diventati “irresponsaibili”, “masochisti”, quasi terroristi. Perché così viene dipinto in questo paese chi non accetta di essere un servo pur di lavorare. Ora la nostra lotta va avanti, per conquistare innanzitutto ammortizzatori sociali dignitosi. Ed è una lotta che porteremo avanti tutti uniti perché al di là delle divisioni passate noi ci sentiamo molto vicini, perché questa situazione la viviamo sulla nostra pelle, a differenza di quelli che hanno strumentalizzato le nostre incertezze e difficoltà, di quelli che ci si sono gettati come sciacalli. Ma soprattutto continua la lotta per il rispetto della dignità di chi lavora. Per questo è il messaggio che abbiamo voluto mandare a tutti i lavoratori, disoccupati, studenti che vivono in questo paese: c'è un limite che non vogliamo più superare, perché bisogna fermare a tutti i costi questa corsa al ribasso che sta distruggendo i nostri diritti, che sta impoverendo tutti noi per arricchire le tasche di pochi. Per questo ci appelliamo a tutti i lavoratori, a tutte le organizzazioni sociali e culturali di questa città per manifestare con noi SABATO 21 GENNAIO alle 15.00 a Piazza della Repubblica. Perché sentiamo che la nostra lotta è la lotta di tutti. BASTA RICATTI, BASTA SFRUTTAMENTO! Comitato 1666 ex Almaviva
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Il Fronte di Lotta No Austerity esprime la propria solidarietà e il proprio appoggio alla giusta lotta dei diplomati magistrali, che rivendicano il loro sacrosanto diritto all'inserimento nelle graduatorie permanenti (gae) e all'assunzione in ruolo. Recentemente, una sentenza ingiusta del Consiglio di Stato, contraddicendo precedenti sentenze dei giudici, ha stabilito l'esclusione dei maestri che hanno conseguito il diploma magistrale entro il 2002 dalle graduatorie a esaurimento. (le graduatorie che permettono una relativa stabilità nelle supplenze e che, soprattutto, sono funzionali all'assunzione in ruolo). E' una sentenza gravissima, di carattere politico, che dimostra una volta di più, come già avvenuto in casi analoghi (si pensi alla vicenda Transcom), che la magistratura non è per nulla indipendente. E' evidente, infatti, che alla base di questa sentenza c'è una precisa volontà di licenziare decine di migliaia di maestri e maestre, con conseguente risparmio per le casse del governo. Risparmio che, come sempre, servirà a finanziare banchieri miliardari, a sperperare soldi negli stipendi e nelle pensioni d'oro di manager pubblici e carrieristi della politica, a finanziare le missioni militari e le scuole private. Oggi, sono circa 60 mila i maestri che, dopo anni di lavoro, rischiano il licenziamento in tronco. E' un attacco anzitutto alle donne, dato che la maggioranza di questi insegnanti sono donne. E' un attacco anche alla qualità dell'istruzione: estromettere questi insegnanti significa privare milioni di studenti del diritto alla continuità didattica. Ma quello ai diplomati magistrali non è¨ l'unico attacco di questi giorni alle lavoratrici e ai lavoratori della scuola. Molte altre decine di migliaia di precari (quelli cosiddetti di "seconda fascia", che hanno già svolto carissimi e impegnativi corsi abilitanti ma sono stati estromessi dalle assunzioni in ruolo della "Buona scuola") saranno costretti a svolgere un umiliante concorso regionale, che rischia di stravolgere le graduatorie già esistenti senza nessuna garanzia di assunzione in ruolo (il ministero parla di assunzione "entro 10 anni" dallo svolgimento del concorso!). Ancora peggiore è¨ la condizione dei precari di "terza fascia" (quelli che svolgono supplenze brevi), per i quali non esiste ancora nessuna certezza nemmeno di concorsi pubblici (anche se si chiede loro di iscriversi a costosi corsi universitari che probabilmente non serviranno a nulla!). Ricordiamolo: la famigerata legge 107 ("Buona Scuola") prevede che dopo 36 mesi di lavoro nessun precario potrà più essere assunto! Non dimentichiamo nemmeno che sono decine di migliaia gli insegnanti che sono già stati assunti in ruolo con la Buona scuola e che sono stati letteralmente catapultati a decine di migliaia di km lontano da casa (chi non accettava la deportazione era automaticamente licenziato), magari per svolgere mere mansioni di manovalanza per una scuola sempre più centrata sull'alternanza scuola-lavoro. Anche questo è stato un colpo durissimo per decine di migliaia di donne lavoratrici non più giovani, che hanno dovuto scegliere tra un lavoro malpagato e continuare a vivere accanto ai propri figli. A tutto questo si è aggiunto, alla vigilia di Natale, la vergognosa firma di un rinnovo contrattuale dei lavoratori del pubblico impiego che aumenta gli stipendi di poche briciole, aggravando le condizioni di lavoro di tutti gli statali. Il Fronte di Lotta No Austerity fa appello a sostenere le mobilitazioni dei diplomati magistrali e dei precari della scuola. Invitiamo i lavoratori e le lavoratrici della scuola a diffidare da quei rappresentanti della politica che, dopo aver approvato in passato leggi che hanno contributo allo smantellamento della scuola pubblica, ora si fingono loro sostenitori in funzione di qualche rendiconto elettorale. Crediamo sia necessaria e urgente la costituzione di un coordinamento di tutte le realtà della scuola in lotta, con il sostegno attivo delle altre categorie di lavoratori, lavoratrici e degli studenti, per pianificare iniziative incisive, condivise e congiunte. E' soprattutto urgente unificare tutte le vertenze in corso - dalla scuola alle telecomunicazioni, dai trasporti alla logistica, alle cooperative sociali - in un'unica azione di lotta contro il governo e contro i centri del potere economico e finanziario. L'8 gennaio 2018, sarà una prima giornata di sciopero e mobilitazione dei precari della scuola. Saremo al fianco dei precari e delle precarie in lotta! Fronte di Lotta No Austerity www.frontedilottanoausterity.org per contatti: [email protected] Lavoratori della scuola Auto-organizzati; Coordinamento Lavoratori - Lavoratrici della Scuola "3 Ottobre"; Diplomati magistrali Cub Sur Modena; Autoconvocati-e Milano; Usi S.U.R.F. (Scuola Università Ricerca e Formazione)
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“Il sistema italiano si è messo in moto”. Con questa entusiastica dichiarazione il premier Gentiloni ha salutato i dati Istat che certificano una crescita del Pil superiore alle attese: 1,8%. Questi dati segnalano che al momento l’economia italiana è uscita dalla fase più pesante della crisi e ciò permette al governo di varare una legge di stabilità meno dura degli anni precedenti. Tuttavia si sarebbe autorizzati a pensare, se i dati Istat sono veri, a interventi governativi volti a restituire, almeno in parte, ai lavoratori quello che è stato tolto loro in anni di manovre “lacrime e sangue” che hanno imposto sacrifici pesantissimi alle classi subalterne. Niente di tutto questo. Il governo a guida Pd continua a imporre provvedimenti a favore dei padroni, mentre nega ogni benché minima concessione a operai , impiegati, donne e giovani. In una manovra che prevede un impiego di risorse per circa 20 miliardi, di cui quasi 16 usati per sterilizzare l’aumento dell’Iva (aumento che non è cancellato ma solo rimandato al 2019. Scelta del tutto ovvia se il centrosinistra vuole avere qualche minima speranza di vincere le elezioni nella prossima primavera), i soldi rimasti vanno ai soliti noti. Come accennavamo in un precedente articolo, sono previsti tagli contributivi a favore delle aziende che assumono. Questo vuol dire che l’assegno pensionistico di questi lavoratori subirà una riduzione. È confermato il cosiddetto superammortamento per investimenti delle imprese in beni strumentali, con una aliquota maggiorata per investimenti legati alle nuove tecnologie. Ed è grazie a questi investimenti in tecnologie che i padroni giustificano i licenziamenti. I lavoratori pagheranno con le loro tasse queste agevolazioni alle imprese, e a causa di ciò saranno licenziati. Oltre il danno la beffa. Ovviamente il governo prevede questa eventualità. E quindi? Verranno stanziati incentivi per corsi di riqualificazione professionale: altra truffa attraverso la quale vengono finanziati enti bilaterali tra padroni e sindacati. Questi ultimi avranno soldi per riqualificare, loro sì, settori di apparato in esubero garantendo uno stipendio sulle spalle di chi dovrebbero difendere. Ecco spiegato il perché la Cgil evita come la peste la proclamazione di uno sciopero generale contro il governo. Non viene abolito il ticket sulle prestazioni sanitarie nel servizio pubblico e per milioni di dipendenti statali sono previste briciole per il loro rinnovo contrattuale. Non viene bloccato l’innalzamento automatico dell’età per andare in pensione se non per un numero esiguo di lavoratori. Quanto previsto in questa legge di stabilità è solo un assaggio di ulteriori manovre di austerità. La Commissione europea ha già fatto sapere che nella prossima primavera sarà necessaria una correzione dei conti pari a 3 miliardi per coprire il buco creatosi a causa del credito fiscale concesso alle banche. Ha inoltre segnalato che il debito pubblico del Paese rimane pericolosamente alto (oltre 130% del Pil). Già si stanno rincorrendo voci di ulteriori interventi sulle pensioni per ridurre questo enorme macigno che grava sulle finanze pubbliche. Il gioco delle parti nello schieramento politico borghese E queste iniziative in campo economico proposte dal governo sono accettate da tutte le frazioni in cui oggi si divide lo schieramento politico borghese. Ovvio che essendo a pochi mesi dalle elezioni politiche che decideranno la nuova maggioranza governativa, ascoltiamo promesse di un futuro fatto di fine dell’austerità e dei sacrifici. Ma sappiamo benissimo che si tratta, appunto, di sola propaganda elettorale. Centrodestra, centrosinistra e Movimento cinque stelle si propongono in realtà come i gestori dello status quo, fatto di politiche antioperaie che hanno impoverito milioni di lavoratori, italiani e immigrati, in questo ultimo decennio. Specialmente i Cinque stelle, che potrebbero essere il partito di maggioranza alle elezioni, e quindi incaricato di formare il nuovo esecutivo, stanno abbandonando sempre più la retorica, falsa, di forza antisistema, per proporsi come soggetto responsabile, garante degli interessi della grande borghesia imperialista tricolore. La partecipazione a vari convegni della Confindustria, il viaggio negli Usa del leader Di Maio, sono tutte tappe di un percorso volto a proporre i Cinque stelle come forza responsabile in grado di evitare eccessivi scossoni all’economia nazionale. Lo stesso Salvini, fino a poco tempo fa paladino del sovranismo e campione della retorica “no euro” in salsa nazionale a autarchica, è costretto a modificare il suo linguaggio propagandistico. Ormai nessuno, nei tre maggiori schieramenti politici, parla più contro l’Europa e la moneta unica. Un'alternativa ai tre maggiori schieramenti borghesi non può essere certo rappresentata dai diversi spezzoni in cui si è divisa l’area a sinistra del Pd. Pisapia, che mesi fa veniva visto come potenziale federatore in una versione 2.0 dell’Ulivo, ora quasi certamente finirà fagocitato in una lista totalmente subalterna al Pd. Non poteva essere diversamente per chi, è bene ricordarlo, da sindaco di Milano ha, come primo atto, aumentato il prezzo del trasporto pubblico locale, sostenuto un’operazione di propaganda di Israele nel giugno 2012 e, soprattutto, difeso con le unghie e i denti l’Expo 2015, vero scempio ambientale, corruttivo, e distruttore dei diritti dei lavatori coinvolti. A sinistra del Pd nessuna alternativa reale I settori borghesi che manifestano oggi indisponibilità ad accordarsi col Pd, lo fa in realtà perché vede nel progetto di Renzi non un attacco ai lavoratori ma alla sopravvivenza del ceto politico di cui è parte. Bersani, uomo di raccordo tra Pd e Comunione e Liberazione, ministro negli anni peggiori dei governi ulivisti, D’Alema, premier dell’aggressione imperialista alla Serbia, non sono minimamente credibili come difensori dei più deboli. Ciò non vuol dire che il loro risultato elettorale non potrà essere significativo, ma che come rappresentanti della “sinistra di governo”, come coerentemente dicono, è molto probabile che dopo elezioni possano rendersi disponibili a sostenere, se ce ne fosse bisogno, un esecutivo a guida Pd o addirittura di larghe intese o di “salvezza nazionale” nel caso la situazione economico finanziaria nazionale e internazionale dovesse volgere al brutto. La fine del QE, cioè della creazione di moneta e di bassi tassi di interesse adottata dalla Bce, potrebbe avere ripercussioni sulle economie più deboli del vecchio continente. E già si preannuncia quale sarà l’obiettivo da colpire in questo ultimo caso. Il 28 e il 29 novembre due articoli apparsi sul Corriere della Sera, a firma rispettivamente Fubini e Stella, hanno lanciato l’allarme sulle pensioni. Il mantra seguito è il solito: il sistema non regge, le prestazioni superano i contributi (ma nessuno dice che ciò accade perché l’Inps è gravata di oneri che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale, altro tema delicato visto che i grandi evasori, multinazionali, non certo piccoli commercianti e artigiani, godono di enormi favori anche in questo campo), ulteriori sacrifici sono necessari, e perciò la Cgil dovrebbe mettere da parte velleità barricadere. Un clima sociale tutt’altro che pacificato. nonostante la Cgil Tutto si può dire del sindacato della Camusso tranne che sia attraversato dalla volontà di lottare seriamente. La Cgil ha affermato, nell’ultimo direttivo, che non sussistono le condizioni per uno sciopero generale contro il governo (come se queste dovessero cadere dal cielo e non fossero in realtà il frutto dell’azione politica e sindacale). Questo a tutt’oggi si traduce in una mobilitazione farsa: sabato 2 dicembre si sono svolte cinque manifestazioni territoriali del sindacato il cui unico scopo è tentare di accreditare un qualche ruolo politico nei confronti della nuova maggioranza da parte della burocrazia dirigente, e in secondo luogo apparire agli occhi dei lavoratori un soggetto che non si piega ai diktat di padroni e governo. Se c’è un tratto distintivo comune in questi anni di crisi è che più la posta in gioco diventa alta e più la risposta sindacale appare inadeguata. Oggi ciò è vero ancora di più, specie da quando la Fiom è rientrata a pieno titolo nei ranghi della maggioranza confederale e quindi si è posto fine a quello stucchevole gioco delle parti in cui i dirigenti dei metalmeccanici (Landini, ecc.) fingevano di essere un’alternativa ai tentennamenti e tradimenti della Camusso. In questa situazione la Cgil, intesa come il suo gruppo dirigente, non è una soluzione inadeguata al problema, ma parte integrante del problema stesso, cioè del peggioramento repentino e costante delle condizioni di vita delle masse sfruttate. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro prossimo, tuttavia le più recenti lotte, Alitalia, trasporto pubblico locale e nazionale, da ultimo lo sciopero nel più importante centro della logistica in Italia, la sede Amazon di Piacenza, dimostrano che scintille di lotta di classe continuano ad accendersi qua e là nel Paese e indicano un potenziale prezioso: i comunisti devono contribuire ad alimentarle per favorire l'apertura di una nuova stagione di conflitto di classe aperto. Alberto Madoglio - Partito di Alternativa Comunista
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Manovra finanziaria: ecco cosa prevede
Il presidente della Repubblica ha firmato l’autorizzazione per presentare la Legge di Bilancio 2018 alle Camere. Il testo arriverà prima in Senato martedì 31 ottobre nel tardo pomeriggio, presumibilmente alle ore 17. L’iter della Legge di Bilancio sta per entrare nel vivo. Rinviato al 2019 l'aumento dell'Iva, si amplia la platea dei beneficiari del bonus Irpef da 80 euro in modo da “salvare” il beneficio per gli statali che con il rinnovo dei contratti pubblici supererebbero la soglia dei 26mila euro, rafforzato il reddito di inclusione, che per le famiglie numerose sale fino a 534 euro, e tornano gli “sconti” per gli abbonamenti di bus e treni per i pendolari. Sono alcuni dei pilastri del testo finale della Manovra da 120 articoli, bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato, che da domani inizierà il suo iter parlamentare al Senato, con l'avvio della sessione di bilancio. Ma l'esame entrerà nel vivo solo a partire dalla prossima settimana con le audizioni e la presentazione degli emendamenti. Oltre 500 milioni di euro di entrate dovrebbero essere garantite dal settore giochi e scommesse. Scongiurato, come previsto l'aumento dell'Iva per il 2018, l'aggravio viene rimodulato e rinviato al 2019. L'aliquota al 10% salirà di 1,5 punti percentuali l'anno prossimo e di altri 1,5 punti dal 2020, mentre quella al 22% aumenterà di 2,2 punti percentuali dal 2019, di ulteriori 0,7 punti percentuali dal 2020 e di 0,1 punti dal 2021. Confermato l'aumento delle accise dal 2019. “Salvo” il bonus di 80 euro per gli statali. Il tetto di reddito sale da 24.000 a 24.600 euro e da 26.000 a 26.600 euro, assicurando così il beneficio per chi, per effetto degli aumenti del rinnovo contrattuale di 85 euro mensili, supera la soglia prevista di 26mila euro. Prevista una sforbiciata al fondo taglia tasse con una riduzione della dotazione di circa 756 milioni di euro nel biennio 2018-2019 e di altri 507,8 milioni nel 2020. Dal 2021 ulteriore taglio di 376,5 milioni. Una novità emersa all’ultimo momento è rappresentata dalla proroga della cedolare secca al 10% per gli affitti a canone concordato che non sarà strutturale, come previsto in un primo momento, ma varrà per il biennio 2018-2019. Tornano le detrazioni per l'acquisto degli abbonamenti di bus e treni fino a un massimo di 250 euro. Previste anche erogazioni e rimborsi per i dipendenti o per i familiari, da parte del datore di lavoro. Confermati gli sgravi contributivi al 50% triennali per l'assunzione di giovani under 30 che, per il solo 2018, valgono anche per i contratti stabili per chi non ha ancora compiuto 35 anni. Il bonus è trasferibile senza limiti di età e sale al 100% per l'assunzione dall'alternanza scuola lavoro. Sgravi contributivi al 100% per tre anni anche per imprenditori agricoli e coltivatori diretti under 40 che si iscriveranno alla previdenza agricola nel 2018. L'esonero è riconosciuto per un massimo di 12 mesi con un tetto del 66% e per un periodo massimo di altri 12 mesi con un tetto del 50%. Raddoppia la tassa sui licenziamenti che le imprese versano per la cig. Per ogni licenziamento effettuato nell'ambito di un licenziamento collettivo, la somma dovuta dal datore di lavoro, passa dal 41% all'82% del massimale mensile di Naspi (la nuova indennità di disoccupazione) per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Il ticket di licenziamento, così viene definito, è in vigore dal 2013 ed è pari a 489,95 euro per ogni anno di lavoro effettuato, fino a un importo massimo di 1.469,85 euro per rapporti di lavoro di durata pari o superiore a 36 mesi. In assenza di accordo sindacale, il ticket viene moltiplicato per tre e può quindi arrivare a 4.409,55 euro. Potenziate le misure per la lotta alla povertà: cresce la platea dei beneficiari del Rei, il reddito di inclusione, che per le famiglie numerose sale fino a 534 euro al mese. Per i nuclei con 5 o piu' componenti, gli unici per i quali è previsto un beneficio potenziale sopra il massimale, la misura aumenta il contributo massimo dagli attuali 485,41 euro mensili fino a circa 534 euro. Si amplia così la platea di beneficiari che, per questa tipologia, passano da 100,1 mila a 106 mila, mentre nel complesso i beneficiari potenziali del Rei si attestano a 499,8 mila. E c'è anche il fondo per le politiche della famiglia con una dotazione di 100 milioni di euro l'anno a partire dal 2018. Prorogato il bonus energia e quelli relativi alle ristrutturazioni energetiche e all'acquisto di mobili. Tra le novità, uno sconto ad hoc, del 36% per una spesa fino a 5.000 euro, per la sistemazione a verde di aree scoperte come terrazzi e giardini. Arriva il credito d'imposta al 65% per le fondazioni bancarie, per promuovere progetti di welfare. Il contributo può essere utilizzato solo nell'ambito dell'attività non commerciale ed e' di 100 milioni l'anno, per il triennio 2019-2021, assegnato in base all'ordine temporale con cui le fondazioni comunicano all'Acri l'impegno a effettuare le erogazioni. Prorogato l'iper e il super ammortamento, anche se quest'ultimo viene limato al 130%. Confermato il rinvio di un anno dell'Iri, l'imposta al 24% sul reddito per le ditte individuali e per le società di persona a contabilità ordinaria, che doveva valere dal 2017. Previsto anche l’arrivo di 330 milioni che serviranno per rifinanziare la nuova legge Sabatini per il rinnovo dei macchinari d'impresa: il governo stima investimenti pari a 4 miliardi grazie alla misura. Nel dettaglio, vengono stanziati 33 milioni di euro per il 2018, 66 milioni annui dal 2019 al 2022 e 33 milioni per il 2023. Confermata la marcia indietro del governo sul bollo del 2 per mille sulle polizze vita: la norma non compare nel testo finale della Manovra. Previste però alcune novità per il settore. Slitta dal 16 maggio al 16 novembre di ogni anno il termine per gli assicuratori per versare l'acconto dell'imposta dovuta per l'anno precedente, al netto di quella relativa alle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. E sale la percentuale della somma da versare: passa dal 12,5% al 55% per il 2018 e 2019 e al 70% per gli anni successivi. C'è anche la detrazione del 19 per cento ai fini Irpef per le polizze assicurative sulla casa, contro il rischio di eventi calamitosi come alluvioni o terremoti. Lo “sconto” sarà applicato alle polizze stipulate successivamente all'entrata in vigore della legge di bilancio. Secondo l'Ania, alla data di settembre 2016, il numero di assicurazioni contro i rischi calamitosi, risultavano pari a 400.000. Dal prossimo anno scatta un piano straordinario quinquennale di 7.394 assunzioni tra corpi di polizia e vigili del fuoco con l'obiettivo di aumentare il controllo del territorio e il contrasto al terrorismo ma anche per prevenire e combattere gli incendi. Il maxi-piano prevede 350 ingressi per il 2018, 700 per il 2019, 2.112 per il 2020, 2.114 per il 2021 e 2.118 per il 2022. Nel dettaglio si tratta di 1.953 entrate nella Polizia di Stato, 2.155 nei Carabinieri, 1.125 nella Guardia di finanza, 861 nella Polizia penitenziaria e 1.300 nei vigili del fuoco. Confermata anche la possibilità di erogare buoni pasto ai poliziotti quando non c'è il servizio mensa. In arrivo cento assunzioni, nel triennio 2018-2020, tramite concorso, per interventi urgenti in materia di sicurezza stradale quali, ad esempio, controlli su veicoli e sulle attività di autotrasporto. Confermata la dichiarazione Iva precompilata per gli autonomi che scelgono l'e-fattura. L'Agenzia delle Entrate metterà a disposizione le informazioni per i prospetti periodici, una bozza di dichiarazione annuale Iva e dei redditi e le bozze dei modelli F24 per il pagamento delle imposte. Sul fronte bancario, arriva una norma che modifica le disposizioni per intervenire in materia di gerarchia dei crediti in insolvenza, istituendo la categoria degli “strumenti di debito chirografario di secondo livello”, emessi da una banca o da una società di un gruppo bancario. Una misura tesa a dotare le banche, in caso di crisi, di maggiori strumenti per gestire le perdite ed evitare il ricorso al salvataggio pubblico. I bond 'cuscinetto' devono avere una durata minima di 12 mesi, un valore nominale di almeno 250mila euro e non devono essere collegati a derivati. Read the full article
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Ritorniamo su un tema già posto all'attenzione poco tempo fa sul nostro sito: gli eventi di carattere emergenziale che si sono resi protagonisti durante quest'estate in Italia, da giugno ad agosto, prima dei vari nubifragi nel Nord Italia e prima del terremoto ad Ischia; gli incendi che hanno coinvolto vastissime aree boschive del centro-sud del paese, in maniere forse mai viste prima. Avevamo evidenziato la responsabilità ed il ruolo del capitalismo come sistema in queste emergenze, con il proprio modello economico incentrato sulle energie fossili che porta al cambiamento climatico, dove tra le sue conseguenze si riscontrano lunghi periodi di forte siccità. Come la stesse commissioni di studio dell'ONU prevedevano già nel 2007: «...le emissioni di CO2 e di metano porteranno siccità frequenti e prolungate con rischi d'incendio... Il problema dell'acqua aumenterà nell'Europa centrale e meridionale, dove i flussi estivi potrebbero ridursi dell'80%». Responsabilità poi aggravate a valle attraverso gli interessi particolari delle imprese capitaliste (aziende privatizzate dell'acqua che preferiscono distribuire i lauti dividendi agli azionisti piuttosto che investire nella riparazione delle tubature) e le politiche dirette dei governi del capitale (in primis taglio drastico degli investimenti nella protezione civile realizzato da tutte le leggi finanziarie dell'ultimo decennio). Di quest'ultimo ruolo, quello del governo (centrale e locale), questo articolo vuole dare ulteriori elementi di denuncia. Come gli incendi non sono poi tanto fenomeni casuali, lo è ancor meno l'emergenza ad esso legata, in questo caso proprio prevedibile. Parliamo allora del ruolo dei Vigili del Fuoco, che da tempo si vedono impegnati in maniera costante in macroemergenze territoriali. Effettivamente ne finisce una e ne comincia subito un'altra. I fenomeni sono naturali (incendi, alluvioni, terremoti), ma la causa emergenziale si evidenzia ogni volta, in modo netto, nelle responsabilità insite in un sistema economico e sociale basato sulla legge del profitto. Un corpo, quello dei VVF, sotto organico (3.500 uomini in meno secondo la pianta ufficiale, decine di migliaia di uomini in meno secondo gli standard europei) costretto a innumerevoli turni di lavoro straordinario, che risulta sottopagato e senza adeguate tutele, che opera con scarsi e vecchi mezzi (perfino con camion di oltre quarant'anni) talvolta perciò pericolosi. E pensare che gli interventi dei Vigili del Fuoco sono raddoppiati, passati da 24.000 registrati lo scorso anno agli oltre 45.000 di quest'anno, mentre sono addirittura triplicati quelli aerei, sfiorando i 2.000, così come i lanci da elicotteri e canadair per lo spegnimento delle fiamme: circa 21.000, sempre nel periodo giugno-luglio, rispetto ai 7.300 registrati nello stesso periodo del 2016. Ma sugli incendi boschivi c'è un capitolo ancor più particolare. Sono le Regioni, che sono investite, attraverso una legge nazionale, della tutela del patrimonio boschivo e della lotta agli incendi boschivi. Per tale compito lo Stato dota le Regioni di adeguati contributi (milioni di euro) che servono per stipulare di anno in anno apposite convenzioni con chi effettivamente spegne gli incendi: parliamo principalmente appunto dei Vigili del Fuoco e delle strutture di Protezione Civile e di volontariato (un tempo rientrava anche la Forestale). Grazie a queste intese i Vigili del Fuoco possono disporre di squadre aggiuntive per questo tipo di emergenze. E guarda caso le Regioni in cui si sono verificati questi eventi di emergenza incendi da anni non sono attrezzate con convenzioni AIB (Anti Incendio Boschivo) con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, sancite dalla legge. La flotta aerea nazionale (canadair ed elicotteri) gestita dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e coordinata dal COAU (Centro Operativo Aereo Unificato) del Dipartimento di Protezione Civile non può sopperire in modo completo alla mancata pianificazione delle regioni, semmai può essere di supporto per gli eventi più gravi. Dove esistono le convenzioni si fa sentire la diminuzione dei finanziamenti centrali dello Stato alle regioni; in più le stesse regioni risparmiano tagliando le risorse indirizzate agli enti preposti, con una semplice scusa. Visto che quest'anno il Corpo Forestale dello Stato non esiste più, si arriva perfino a dimezzare le spese complessive, facendo finta di non sapere che le funzioni di questo corpo soppresso, inerenti agli incendi boschivi, siano passate totalmente di competenza ai Vigili del Fuoco. Tutto questo pesa chiaramente sull'organizzazione e sull'operato del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco oltre che sul carico di lavoro dei singoli operatori, chiamati a turni di lavoro esasperanti e senza tregua. Si comprendono subito quali sono le priorità per le classi dominanti. In un battibaleno e senza problematicità è stato predisposto con i VVF un piano di preallertamento per il G7 di Taormina, mentre manca totalmente una politica seria sul territorio per far fronte alla minaccia costante di richieste di soccorso non risolvibili con squadre e piani ordinari. Ma c'è appunto anche tutto il capitolo della soppressione del Corpo Forestale dello Stato da raccontare, che senza dubbio ha influito negativamente ed in maniera decisa in questa emergenza incendi. L'eliminazione del corpo dei forestali, divenuta effettiva il primo gennaio 2017, è stata fatta attraverso una riforma - la riforma Madia - senza testa né coda. Una riforma inqualificabile perfino dal punto di vista democratico borghese, con grandi vuoti normativi e margini di incostituzionalità. Il personale del Corpo Forestale dello Stato (corpo ad ordinamento civile) è passato forzatamente per oltre il 90% nell'Arma dei Carabinieri (corpo ad ordinamento militare) e per il resto diviso tra Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza e Polizia di Stato. Una suddivisione anche qui molto dubbia dal punto di vista democratico (oltre che in contrasto con direttive europee e con gli stessi progetti del Governo di riordino dei corpi di polizia), disperdendo un bagaglio inestimabile di competenze e conoscenze non più recuperabile. La competenza sull’estinzione degli incendi boschivi dell'ex CFS è passata ai Vigili del Fuoco (compresa la gestione della flotta antincendio aerea), ma senza un adeguato aumento di uomini e mezzi per sostenere a pieno questo compito. Inoltre, questi 361 lavoratori del CFS transitati nei Vigli del Fuoco sono restati e restano in un limbo operativo. Molti comandi hanno ufficialmente dichiarato che, dato che dagli organi centrali mancano direttive precise per i transitati componenti delle squadre di AIB (anti incendio boschivo), non è possibile impegnarli in alcuna operazione. Si deve aggiungere poi che la gran parte degli elicotteri dell'ex CFS sono stati trasferiti ai Carabinieri, ma questi vengono ora usati per scopi militari e non in funzione antincendio. Così molti componenti del reparto volo ex CFS passati ai Vigili del Fuoco restano a terra (su 17 ne vengono impegnati appena 7) perché senza mezzi o perché ingabbiati (personale ed elicotteri) da non definite direttive burocratiche. È vero che non manca la parte individuale criminale nello sviluppo di questi incendi, ma anche questa è sempre legata a dinamiche di profitto. Da una parte la criminalità organizzata, dall'altra un pugno di sedicenti “volontari” (in realtà pagati sulla base delle ore di intervento). Siamo di fronte ad un sistema irrazionale e parassitario, che si poggia su un'anarchia economica ed amministrativa. Nessun problema se si tratta di difendere interessi di settori economici o apparati burocratici. Ma totalmente inutile se si tratta di risolvere problematiche che si conoscono dal sorgere dell'umanità, pur oggi avendo raggiunto un elevatissimo grado della scienza e della tecnica. Per garantire al cittadino una adeguata salvaguardia e tutela occorre rivendicare prima di tutto una adeguata dotazione organica dei Vigili del Fuoco, con almeno 40.000 unità, integrati da un volontariato puro, no profit, localizzato nelle zone in cui i tempi d'intervento risultano eccessivi. Rivendicare le risorse necessarie per il ripristino dei mezzi e delle attrezzature ormai vecchie e usurate, rivendicare tutele adeguate ai lavoratori del soccorso (sempre più maltrattati), attraverso un degno rinnovo contrattuale. Occorre poi pensare ad un nuovo sistema di protezione civile, unico, centrale e ordinato, e basato sulla direzione dei professionisti (Vigili del Fuoco). Così come rivendicare anche la soppressione dell'Arma dei Carabinieri attraverso un primo passaggio in un corpo di polizia ad ordinamento civile. È necessario programmare un investimento sulla prevenzione e sulla cura del patrimonio paesaggistico e faunistico del nostro paese, sul risanamento ambientale. Quindi un grande piano di lavori pubblici, capace oltretutto di creare milioni di nuovi posti di lavoro per lavoratori italiani e immigrati. Dove si prendono i soldi? Abolendo il debito pubblico verso le banche e nazionalizzando le banche, senza indennizzo per i grandi azionisti e sotto il controllo dei lavoratori. Tutto ciò può farlo solo un governo dei lavoratori, mediante il rovesciamento del capitalismo e la riorganizzazione della società su nuove basi. Unica soluzione realista. 29 agosto 2017 Elder Rambaldi - pclavoratori.it Fonte
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