#lo sa lei e lo sappiamo noi
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Mi immagino la meloni così in questo momento: "Cloroformizzare, Cloroformizzareeee"
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" È necessario comprendere il quadrante della vita: Fino a un certo momento la nostra morte è qualcosa di troppo lontano per destare il nostro interesse. È non vista e invisibile. Questo è il primo periodo della vita, il periodo felice. Poi però, improvvisamente, cominciamo a vedere la nostra morte davanti a noi, e non possiamo più liberarci di questo pensiero. Essa è con noi. E poiché l'immortalità è attaccata alla morte come Hardy a Laurel, possiamo dire che è con noi anche la nostra immortalità. E nel momento in cui sappiamo che è con noi, iniziamo a occuparci di lei febbrilmente. Per lei ci facciamo fare lo smoking, per lei ci compriamo la cravatta, con la paura che vestito e cravatta li scelgano gli altri e li scelgano male. Questo è il momento in cui Goethe decide di scrivere le sue memorie, il suo famoso Poesia e verità, il momento in cui chiama presso di sé il devoto Eckermann (strana concordanza di date: avviene nel 1823, lo stesso anno in cui Bettina gli manda la proposta per il monumento) e gli lascia scrivere le Conversazioni con Goethe, quel bel ritratto scritto sotto l'amabile controllo dell'effigiato. Dopo questo secondo periodo della vita, in cui l'uomo non riesce a staccare gli occhi dalla morte, ce n'è un terzo, il più breve e il più misterioso, del quale poco si sa e poco si parla.
Le forze diminuiscono e una disarmante stanchezza si impadronisce dell'uomo. Stanchezza: un ponte silenzioso che conduce dalla riva della vita alla riva della morte. La morte è così vicina che guardarla è ormai noioso. È diventata di nuovo invisibile e non vista: non vista come non vediamo gli oggetti che conosciamo troppo intimamente. L'uomo stanco guarda dalla finestra, vede le chiome degli alberi e pronuncia dentro di sé i loro nomi: castagno, pioppo, acero. E questi nomi sono belli come l'essere stesso. Il pioppo è alto e assomiglia a un atleta che ha alzato un braccio verso il cielo. Oppure assomiglia a una fiamma levatasi verso l'alto e pietrificata. Il pioppo, oh, il pioppo. L'immortalità è una ridicola illusione, una parola vuota, un vento intrappolato in un retino da farfalle, se la paragoniamo alla bellezza del pioppo che l'uomo stanco guarda dalla finestra. Per l'uomo stanco l'immortalità non ha più alcun interesse. "
Milan Kundera, L'immortalità, traduzione di Alessandra Mura, Adelphi (collana gli Adelphi, n° 47), 2023²¹; pp. 85-86.
[Testo originale: Nesmrtelnost, 1988]
#Milan Kundera#L'immortalità#Alessandra Mura#identità#letture#leggere#libri#letteratura europea del XX secolo#'900#scrittori cecoslovacchi#Moravia#intellettuali europei#Johann Wolfgang von Goethe#Ludwig van Beethoven#Napoleone Bonaparte#Friedrich Schiller#Richard Avenarius#Ernest Hemingway#romanzi#relazioni#imagologia#fine delle ideologie#vita#filosofia#narrativa#sentimenti#bellezza#anticomunismo#immortalità#fama
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Farmacia.
Interno giorno.
Concludo una vendita con una signora che fa pagamento con pos. Il dispositivo richiede il pin, lei lo inserisce, transazione effettuata” e fa:
“Chissà a chi ho pagato…”
Ed io: “Signora ha acquistato in farmacia, la carta è sua, il pin corretto…avrà pagato noi…”
E lei:”E che ne sappiamo noi…non è detto sa…non è detto…”
Non è detto.
Ma io voglio andare a casa.
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COSTA FATICA TENERSI INSIEME
Costa immane fatica.
Quando incontrate una persona rigida, composta, con le gambe chiuse, con le spalle a corazza che non vi dà una sensazione di sinuosità e flessibilità, lì troverete un immane sforzo.
Lo sforzo di tenere tutti i pezzi del suo essere insieme.
Quella persona sta faticando, sta provando dolore, è un’anima che è così concentrata a sorreggere ogni singolo pezzetto al suo posto, per mantenere l’immagine di quello che le hanno da sempre detto di essere, quella la gabbia che fin da bambina le hanno costruito intorno, che non ha spazio e modo di accogliersi e ascoltarsi.
Di stare di sentire chi è davvero.
Perché ha paura, sapete, è un tradimento ascoltarsi, significa tradire la propria famiglia, tradire chi ti ha generato
Significa Non Essere quello che gli altri si aspettano da te, quello che i tuoi genitori hanno voluto per te.
E alla minima distrazione lei lo sa, che potrebbe finire in 1000 pezzi e poi allora non la riconoscerebbero più perché sarebbe diversa e secondo lei sarebbe andata contro il patto familiare, lo avrebbe tradito, dietro alle spalle non avrebbe più nessuno, anche chi le ha fatto del male, perché il suo pensiero è che delle volte meglio avere qualcuno alle spalle che se pur ti fa del male almeno c’è, piuttosto che rimanere sola, e lei lo sa che rimarrebbe da sola con se stessa.
E questo le fa tremendamente paura.
E allora che cosa accade? Accade che Lei tiene, e continua, e vive nella parte che gli altri le hanno assegnato.
Nei vestiti che non sente più suoi. Nel lavoro o nella relazione che non l’appagano più
Quindi quando incontrate una persona così abbiatene cura.
Noi dall’esterno se ci siamo già passati, se abbiamo un po’ di sensibilità, avvertiremo il suo essere al limite. Altri penseranno che è soltanto una persona “impostata”, antipatica forse, senza emozioni o sentimenti. Piena di acciacchi e dolori, magari si lamenta anche.
Ma lo sappiamo dentro che prima o poi quando e se inizierà ad ascoltare il suo corpo, inizierà il suo processo di guarigione.
Si frammenterà sì, ed è solo una questione di tempo.
Ma le occorre quel tempo lì, anche vite intere sé occorre, insomma il suo tempo giusto.
Perché ci vuole coraggio, perché ci vuole amore e dolore, e allora il corpo in questo ci viene incontro. Manderà messaggi. E lo farà anche l’universo.
Perché arriverà ad uno stato tale di tensione per il continuo trattenere, chiudere così forte, che alla fine sarà insopportabile e il dolore la porterà davanti a una scelta.
Trattenere ancora o Lasciar andare
E quando sarà il momento del rilascio ci sarà anche la distruzione del suo mondo di carta, e sarà devastante e bellissimo quel momento in cui tutto questo accadrà e …cadrà sfasciandosi in 1000 pezzi
e allora
E allora poi,
da lì si ripartirà
Alessandro Catanzaro
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Amore e relazioni, perché non trovo la persona giusta? L'esperta: «Ecco come innamorarsi in 8 mosse»
Quanto è difficile trovare l'amore? Tante persone sono scoraggiate e non nutrono più speranza. Si arrendono all'idea che per loro è impossibile innamorarsi. Ma perché è così difficile trovare la persona giusta? Lo abbiamo chiesto alla psicologa Martina Stavolo: «Trovarla non è facile. Partendo da questo assunto si può analizzare se stessi e predisporsi all'amore».
«Non siamo sbagliati o sbagliate»
Le difficoltà sono spesso frutto degli stili di vita: «Andiamo tutti di fretta, vorremmo trovare l'amore al primo appuntamento – dice –. E se non accade ci si butta giù: ci si sente sbagliati o pensiamo che gli altri sono tutti casi umani». È, quindi, importante guardare al futuro senza scoraggiarsi e in modo proattivo.
«Non va bene chiunque» «È importante capire cosa stiamo cercando e se siamo pronti a voler vivere una relazione. Se siamo predisposti a costruire una storia cerchiamo una persona speciale, non di certo una persona qualsiasi. Ognuno di noi – dice la professionista – cerca la persona giusta. Eppure spesso siamo portati a comportarci come se andasse bene chiunque».
«I social illudono» Spesso, spiega ancora Stavolo, basta un cuoricino sui social o nelle chat WhatsApp per «definire una persona carina. Ma ci vorrebbe ben altro. Per capirsi bisogna incontrarsi dal vivo: è l'unico modo per conoscersi davvero. Le chat velocizzano le impressioni, ma capita spesso che falsino la percezione dell'altro». Capire una persona richiede tempo.
L'errore «L'errore più frequente è concentrarsi sul piacere all'altra persona. Ci poniamo continuamente domande come: “Gli piacerò?”, “Sarò abbastanza?” Ancora prima di capire se l’altra persona piace a noi. Le domande che ci dobbiamo porre sono: “Mi piace?”, “ Sto bene con lui/lei?”».
Video correlato: L'amore non si sa | movie | 2021 | Official Trailer (Dailymotion)
Perché si sbaglia Si sbaglia per un unico grande motivo: il timore di non piacere e la paura del rifiuto. «Un "no" che confermerebbe le nostre insicurezze��. Il punto focale è, quindi, cambiare prospettiva: «Scegliere e non essere scelti dall’altra persona. Soprattutto all’inizio di una frequentazione concedendosi di essere così come è, anche con le proprie fragilità».
«Mai deresponsabilizzarsi» Dare la colpa all'altra persona è un errore. «Colpevolizzare l’altro porta spesso a usare terminologie improprie (come “é un narcisista”). Dire "Si è rivelata un'altra persona" è una banalizzazione, molto spesso non si guarda in faccia la realtà: ci si concentra troppo sulle paure. Concentriamoci, invece, sulla nostra capacità di scegliere», spiega l'esperta.
Cosa fare «Bisogna prendere contezza di un dato: la scelta non è dell'altra persona ma nostra». Cosa fare allora durante un appuntamento? «Dobbiamo – consiglia Stavolo – metterci in un atteggiamento di curiosità verso l'altro. È importante "Prendersi il momento, non la persona". Non bisogna uscire con l'altro con l'obiettivo di conquistare la persona a tutti i costi. Quando si esce le prime volte, non sappiamo se vorremo quella persona. È una decisione che richiede tempo. Bisogna godersi la scoperta. Solo dopo, se si è stati bene, si può decidere se continuare e se quella persona è quella giusta per noi».
«Mai buttarsi giù» La cosa che bisogna evitare quando una conoscenza fallisce è non generalizzare e non buttarsi giù: «Va capito che quella persona non è giusta per noi. Non è sbagliata la persona: semplicemente non c'è stato l'incastro giusto», chiosa Stavolo.
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𝗗𝗶𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗔𝘃𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼
𝟭° 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟯
Caro diario,
questo mese di dicembre mi sta stremando, sembra non finire mai.
In piena notte ho fatto di necessità virtù, quindi essendo rimasto a piedi con l'auto ho fatto l'autostop. Mai fatto prima in vita mia
Devo dire che ho avuto un discreto successo con il pollice all'insù, visto anche l'orario e la mia faccia, alla terza automobile mi hanno caricato.
La prima era un'auto di lusso e sappiamo bene che con le auto di lusso non si danno passaggi in piena notte. A parte qualche caso che ho potuto vedere con i miei occhi, ma si trattava di signorine lungo il bordo delle strade, altrimenti non è etichetta dei benestanti fare queste cosa. Non si sa mai cosa rischiano.
All'interno della seconda auto c'era una coppietta, lei mi ha guardato quasi come a dire "seeeee certo, proprio a te diamo un passaggio", mentre lui ha volutamente girato lo sguardo dall'altra parte.
La terza auto si ferma, li raggiungo. Sono tre extracomunitari. Mi guardano fisso e seri, molto seri. Rimango di sasso. Poi quello davanti dal lato passeggero, rivolgendosi agli altri due, dice:
- Oh, sembra brava persona.
- E se ci ruba? - risponde quello seduto dietro.
- Tu cosa dici? - dice di nuovo quello davanti rivolto a chi guida.
- Mmh, così sembra Gesù, tutto bagnato. Dai vieni - risponde quello alla guida, che mi invita anche con un cenno della mano.
- Infatti sono un povero Cristo - rispondo d'istinto facendo il brillante... con dei, probabili, mussulmani. Che idiota sono stato.
Non capendo se fossero seri o se mi stessero prendendo in giro, decido di salire. Del resto non mancavano molti chilometri a casa mia.
- Grazie - dico con un filo di voce quasi in tono reverenziale - grazie mille
- Noi non dare passaggi agli sconosciuti, molto pericoloso - dice quello che guida e gli altri due si mettono ridere.
Noto che quello seduto con me continua a fissarmi con molta insistenza, è uno molto alto si vede. Si fanno quattro chiacchiere sul perché fossi a piedi, su che lavoro facevano loro e da dove venivano. Insomma discorsi di normale routine.
Ma il tizio al mio fianco non ha mai parlato e mi fissava sempre tra il serio, il perplesso e il pensieroso.
Poi a un certo punto spalanca gli occhi, me ne sono accorto perché al buio con la loro pelle scura gli occhi e i denti erano uno spettacolo pirotecnico.
- Adesso mi ricordo di te - mi dice puntandomi il dito
In quel momento non avevo compreso se fosse una minaccia, un'accusa o una rivelazione spirituale.
- D-di me? Ti ricordi di me? - chiedo
- Si, tu uscivi da una pisseria con pissa in mano. Io passavo a piedi e avevo chiesto un'informasione. Tu ricorda?
- Io? - rispondo come quando mia madre mi accusava di aver sbafato tutta la Nutella - sei sicuro?
- Si, mi ricordo di te. Poi tu messo pissa in bagagliaio e dato me passaggio a casa.
A quel punto come da un cassettino dei ricordi lontani mi esce un ricordo, di me che con una pizza calda nel cartone stavo per tornare a casa. Il tipo di colore sudato con un enorme zaino che mi incrocia sul marciapiede e mi chiede le indicazioni per un Comune della Val Seriana. Mi ricordo che con il dito gli indicai la direzione, quella che in effetti stava seguendo, salvo poi rendermi conto che a quella destinazione mancavano dodici chilometri.
Mi ricordo che glielo feci notare e alla domanda se avrebbe percorso tutta quella strada a piedi, lui rispose allargando una mano con uno sguardo che diceva "pensi che abbia altre alternative?".
Fu allora che buttai la "pissa" calda nel bagagliaio e gli diedi un passaggio. Mi ricordo che continuava a ripetermi che io ero davvero una brava persona, a mani giunte, durante tutto il tragitto.
- Ma si ora ricordo - gli dissi
La conversazione e i ricordi finiscono, sono davanti a casa.
Scendo li ringrazio e al tipo della "pissa" stringo forte la mano.
- Questo è karma - gli dico.
- Chi casso è karma? - mi risponde stranito.
Caro diario, siamo al primo giorno dell'Avvento e qui da me sono già passati i tre re Magi. Sotto il segno di una stella cometa di nome karma. Ma che non tutti conoscono.
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Le nostre ragioni.
Quali sono le sue ragioni? Me lo sono domandato spesso. Sicuramente in buona parte le ho scatenate io. Ma é anche vero che sono ragioni che vengono da lontano.
Spesso a recriminare, spesso ad essere insoddisfatta, spesso ad essere inquieta. Non è stata per questo una pessima persona, assolutamente no. Sostanzialmente non ha mai creduto fino in fondo in se stessa e spesso ha trovato più comodo dare la colpa dei propri insuccessi agli eventi della vita o a terzi, come se non fosse in buona sostanza anche lei artefice di quel che accadeva, sommando insicurezze su insicurezze e procrastinando all’infinito quello che, invece, tocca solo a lei risolvere. In fondo quel che racconto di lei è cosa comune tra tutti quanti noi, ma ammetterlo le è sempre costato molta fatica.
Nonostante questo il suo potenziale è enorme. Sa essere una persona amabile, quando vuole e frutto di una educazione che ho sempre definito, molto ironicamente, “svedese”. Persona intelligente, caparbia, ostinata e capace.
Quindi che cosa davvero scatta in lei? Nel momento in cui non riesce ad ottenere quello che lei desidererebbe nel profondo, la sua vita comincia a vacillare e ribollire. La sua vita comincia ad essere profondamente inquieta, insoddisfatta, triste. Tanto da associarla, scherzosamente ma non tanto, ad una Madame Bovary dei nostri giorni.
Io so bene di essere stato per lei uno dei tanti grimaldelli, forse il più grande, per far saltare il banco delle sue insoddisfazioni e dei suoi sogni irrealizzati. Con questo non voglio assurgere ad unico artefice del nostro disastro di coppia. Sicuramente ho avuto un ruolo determinante nelle nostre amare vicende (sono pesante, tendente all’umorale, pessimista di natura, di quelli “mai una gioia”) ma, altrettanto certamente, sono stato uno dei pochi che in qualche modo ha saputo comprenderla o ha saputo arginarla (vanto ancora il primato di sua relazione più lunga… cosa che spero, per lei, di poter passare la mano nei prossimi tempi). Ad un certo punto, però, il suo ribollire dentro è andato oltre. Io non l'ho più capita. Non sono stato capace di renderla sicura. Con i miei malumori, la mia tristezza, ho finito con amplificare le sue insoddisfazioni. Ho visto rabbia ed insofferenza nei suoi occhi, una persona incazzata, una persona che ha finito per odiarmi (sentimento reciprocamente ricambiato). Ho visto una persona che avrei voluto salvare, mia grande presunzione da crocerossino mancato, e quantomeno abbracciare, e qui non per presunzione perché è stato sempre l’istinto a muovermi nella sua direzione. Ma alla fine ho finito io per negarle gli abbracci. E nel momento in cui avremmo dovuto stringerci, nel momento in cui avremmo dovuto essere uniti anche di fronte a difficoltà esterne che non sono mancate, visto che siamo diventati parafulmini di disgrazie, nel momento in cui avremmo dovuto guardarci negli occhi e dirci che forse era quello il momento di mettere da parte le nostre amarezze, i nostri disagi per cercare di ottenere una vita migliore, ci siamo respinti e abbiamo cominciato a prenderci a calci.
Probabilmente in questo noi siamo stati altamente autodistruttivi, perché in fondo è la nostra natura. Noi non sappiamo tenerci le cose, noi non sappiamo valorizzare quel che abbiamo, noi fondamentalmente non ci vogliamo bene. Quindi, da eterni insoddisfatti, la sua ragione, giunta al proprio limite, è diventata sacrosanta ed irrinunciabile, perché, ad un certo punto della propria vita, una persona, stanca di aspettare, raccoglie il coraggio a due mani e si lancia a capofitto, anche conscia di poter andare a sbattere, per avere il coraggio di voltare pagina, il coraggio di cercare altrove quello che qui ed ora non si riesce più a vedere e a trovare.
Lei lo ha fatto. Io ci ho provato, sicuramente con scarsa convinzione, ed intanto mi accorgevo di essere diventato ossessionato dal suo pensiero. E anche quando sono riuscito a riottenere un momentaneo controllo della situazione, in un atto di pura follia ma soprattutto di vera idiozia non ho saputo agire, essere saldo, riacquistare punti e spazi perduti, attanagliato, come sono, dalla paura del fallimento, di non saper soddisfare quella persona, di non tenere a bada le mie criticità.
Probabilmente se avessimo avuto il coraggio di lasciarci, senza questo inutile e terribile stillicidio per entrambi, quando ancora le cose più o meno andavano bene, ma già consci della sfiammata del nostro amore, non avremmo sofferto, nessuno dei due, o avremmo sofferto in maniera ridotta, o avremmo finito con l’ancorare molto meno le nostre teste, i nostri desideri, ai nostri cuori, rendendo meno sofferto il nostro distacco.
Queste sono forse le nostre ragioni.
O, più banalmente, stavamo vivendo un amore consunto e finito sin dall’inizio. Una bolla sentimentale vissuta unicamente nelle nostre teste.
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Basterebbe avere il coraggio di chiudere una storia.
Di dire basta.
Basterebbe il coraggio di ammettere che e’ finita, e’ terminato il tempo dell’amore, del bello, delle promesse.
Basterebbe avere il coraggio di ammettere che c’è un’altra/o. Che la testa gira intorno ad un’altra persona.
Basterebbe dire che e’ finita, avere la forza di affrontare la rabbia dell’altro/a, la disperazione, il dolore. Di reggere il senso di colpa. Di sostenere il rompersi di uno schema sociale che ci vuole marito, moglie, compagna, compagno di.
Basterebbe sostenere per un po’ l’immagine del cattivo/a di turno perché si sa - quando si lascia - carnefici e vittime sono a portata di clic.
Basterebbe essere responsabili di se stessi, di ciò che si prova. Ma sopratutto di ciò che non si prova più.
Piuttosto che arrivare ad odiare chi non sappiamo lasciare. Chi non amiamo più. Piuttosto che dividerci in due, in vite parallele, in cui da una parte diamo il peggio, da una parte il meglio di noi.
Basterebbe lasciare, dire addio, chiudere una storia piuttosto che arrabbiarci con chi ci e’ accanto, perché non ci piace più come prima, non lo/a amiamo come un tempo.
Non e’ come lei/lui.
Basterebbe dirsi addio.
Basterebbe saper lasciare.
Saper dire un doloroso “non ti amo più”.
Perché in quella mancanza di coraggio, quella che ci porterebbe ad essere quelli che chiudono una storia, quelli che cambiano scena, schema, vita e partner, proprio in quell’ incapacità di scegliere possono insinuarsi le doppie vite, le relazioni infelici, le bugie, le rabbie, i malcontenti, le liti, le frustrazioni.
E - ahimè - in casi peggiori - anche i mostri.
Nicolas Paolizzi
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“Senza deviazione dalla norma, il progresso non è possibile.”
Recita una frase, una delle tante, dello Zio Frank (Zappa) come tante altre che si trovano nelle ore ed ore di interviste che sono online e sicuramente ne esistono altre che non sono online. Analizzando la frase la parola "norma" si riferisce a tutto quello che viene normalizzato o sdoganato nella società, ma tutto quello che noi singolarmente sappiamo lo abbiamo acquisito dai libri, da qualcuno che ce l'ha spiegato o dalla nostra esperienza personale, oltre a concetti che vanno inculcati attraverso regole non scritte nella società. Tutto questo è una norma, in alcuni casi un dogma vero e proprio insito nella nostra mente. Oggi leggevo un post di un contatto di FB su Alda Merini e i manicomi come luoghi dove le persone 'diverse' venivano rinchiuse perché considerate pazze, sappiamo che anche lei ha subito questa angheria, ricordo il film The Magdalene sisters storia vera di reclusione di ragazze che non si adattavano alla società, se non erro, Irlandese e venivano infilate in questo convento dove venivano fatte lavorare come schiave e maltrattate. La società odierna è basata su delle norme non scritte che determinano l'andamento del vivere pacifico, norme a dir poco stupide, di inquadramento di castrazione verso l'individuo, certo non tutti hanno un carattere forte o il coraggio di agire di testa propria e chi ha questo elemento viene in qualche modo messo al confino, esiliato, additato come matto. Chi non si conforma alle regole viene escluso, non da un ordine superiore ma dalla società stessa che altre non sono che le persone che ci circondano, spesso quelle che conosciamo o almeno crediamo di conoscere. Nell'ambito musicale la norma è il mainstream, il flusso principale, che è dettato dai mass media, da quando esiste la radio più o meno, determinando il gusto dell'ascoltatore, ma chi lo dice che è così? Se un ascoltatore medio sente Pithoprakta di Xenakis, posto la composizione alla fine, dopo una trentina di secondi dice "questa non è musica", ultimamente c'è la famosa frase in bocca a tutti "che musica di merda". Questo perché tale composizione esce dal raggio di azione della norma imposta dai media, certo sappiamo benissimo che un ascoltatore attento e aperto a nuove sonorità non dirà mai una cosa del genere, ma nell'omologazione alla norma sonora in pochi oramai hanno l'ardire di un ascolto senza preconcetti, ci sono per carità ma sono pochi, pochi che hanno anche il tempo (parola che ha un significato fortissimo) di sedersi e ascoltare con attenzione quello che viene proposto o consigliato, tanti tantissimi sono rinchiusi in un loop di genere, il rock, il metal, il blues, e non vedono altro, ci sono quelli che vivono nel passato alla frase "non c'è più musica buona e l'unica è quella di una volta", quelli che guardano al tecnicismo del musicista spesso virtuoso e pensano che la musica sia una gara di velocità, quelli che se c'è una distorsione saltano per aria, quelli delle fanbase che sono come i tifosi di una squadra di calcio che se tocchi i loro idoli parte la shit-storm, ecc ecc. Ma tutto questo è norma, è rinchiuso nel dogma e nelle menti, chi può dire che quella è musica e un'altra no?
"Ma i gusti sono gusti e devi rispettarli" frase di convenienza detta da chi ha capito che sta davanti a chi ne sa di più e non vuole più discutere perché non ha più argomenti, un pò come "il cliente ha sempre ragione" come se il cliente ha mai lavorato in un ristorante e sa cosa vuol dire; il tuo gusto è determinato da quello che ascolti, se ascolti 100 band mainstream in croce dai vari media di distribuzione, spotify incluso, il tuo gusto è limitato a quello, quindi cazzate che i gusti sono da rispettare, ti rispetto se prima di parlare ti ascolti centinaia e centinaia di ore di musica, senza schippare, come ho fatto io, o se ascolti con attenzione e senza pregiudizi quello che ti consiglio, come faccio io se tu mi consigli un brano. Ieri nel solito video di Silvestrin lui parlava di coraggio, ci vuole coraggio a sperimentare, a proporsi con musica che non è la solita solfa, ecc ecc, ha tirato anche in ballo Battiato che negli anni 70 faceva sperimentazione, nulla di nuovo per le tecniche che usava, cose che venivano fatta nei decenni precedenti, ma con la particolarità che erano fatti in Italia in un periodo storico musicale importante, appunto gli anni 70. Penso che a distanza di 50 anni, più o meno, siamo esattamente in quella fase dove ci vuole coraggio a fare e proporre sonorità diverse da quelle che la norma impone, è vero ho fatto un giro larghissimo per arrivare a questa frase :D, magari senza inventarsi la ruota o senza proporre nulla che non sia stato fatto ma semplicemente non è mai stato ascoltato dalle persone che ci sono in questo momento, l'umanità ha una progressione generazionale quelli che c'erano 100 anni fa non ci sono più quindi è logico che le persone che vivono ora magari non hanno mai ascoltato Stockhausen per esempio. Ma con tutto questo coraggio che mi sento di avere in questo momento della mia vita mi sorge il dubbio che il lavoro che sto portando avanti di ricerca e sperimentazione vada in fumo semplicemente perché sono uscito dalla norma, che non è la pasta o l'opera di Bellini (anche se ci potrebbe stare ho fatto il liceo musicale Vincenzo Bellini, coincidenze? :D hahahah). Nel dubbio mi sento comunque di stare percorrendo la strada giusta e per non saper ne scrivere e ne leggere vado avanti come un mulo coi paraocchi, anche solo semplicemente per andare contro corrente, per anticonformismo. La parola a Xenakis, ci metto anche Stockhausen
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La gente si abitua sempre all'amore e alla morte. Della prima non ne ha mai abbastanza ma ne disprezza, la morte semplicemente la ignora, ma lei non ignora noi. Dettaglio da niente.
In mezzo bambini e gatti.
C'è questa donna che fa l'infermiera 24 anni ex ballerina che sogna tutto il suo futuro e ad es. si fa grandi viaggi e ogni cosa che dice del futuro e di sé sembra uscita da una scatola di bambole.
Porcellane da comò del 1920-
E io aspetto il giorno che la porcellana si rompe per dire ah vedi, che poi a lei sai che gli importa, ma per dirlo a me perché, onestamente, viviamo di meschinità e quando una persona cade noi possiamo dirci questa favola cretina: lo sapevo! che vuol dire illuderci che "noi sappiamo le cose", noi le sappiamo prima di viverle e noi sappiamo e quindi possiamo fare a meno di provare di vivere di sognare di rischiare. Siamo scarafaggi. Onesti scarafaggi.
Ma sono forse io che sogno, perché la mia vita non la so così bene come mi credo di quella degli altri. E' la natura nostra questa.
Sappiamo tutto di tutto e potremmo vivere la loro cazzo di vita meglio di loro - ci diciamo da scarafaggi qual siamo - ma la nostra cazzo di vita non la sappiamo per niente e per nulla, noi ci barcameniamo e prendiamo tranvate in faccia e ci diciamo che nessuno capisce la nostra sofferenza la nostra peculiarità la nostra unicità,
nessuno capisce quanto siamo speciali !
continuiamo a osservare gli altri e a dirci e ma che culo sfrontato che hanno - avete notato quanto gli altri hanno sempre più culo di noi? - e che noi vivremmo meglio la loro vita
Noi non sogniamo siamo fessi.
Quando mi sento così apro un libro - un romanzo, un libro d'arte - e lo sfoglio, perché l'arte parla della vita, e ci ritrovo i pezzi minuscoli di me, ma riprodotti meglio fatti cioè topos, scultura, grandeur di principi.
Me credo. Me gonfio di inutili coglionate.
E poi? Torno a fare di me un esempio cretino di persona. Questo mi contraddistingue.
Io sono così, sono un fesso che sa le cose, ed è tragico, chi sa le cose capisce la specificità sua e analizza la sua infelicità e non ne esce meglio del burino che non la capisce. E ci resto così, di sasso.
Quando sei intelligente, lo sai che sei un fesso, mica te lo puoi nascondere-
E allora penso a Curzio Malaparte, lo scrittore italiano amato da Churchill, era fortunato Curzio, poi con quel nome che sembra inventato, e io avrei potuto vivere la sua vita cento volte meglio di lui.
Invece sono un cretino.
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Il Tempo delle Volpi
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Scheda informativa
Autore: Fiore Manni – sua è anche l'illustrazione in copertina Art Director: Francesca Leoneschi Editore: Rizzoli Prima edizione: ottobre 2024 Pagine: 558 Prezzo: € 18,00
Trama
La vita di Marian è profondamente cambiata. Ora che Aleister è al suo fianco, non c'è prova che non si senta in grado di affrontare, compreso il fatidico pranzo di Natale in cui il suo fidanzato verrà ufficialmente presentato in famiglia. Decisa a contenere le domande indiscrete di sorelle e cognati come farebbe di fronte a un'orda di hobgoblin all'assalto, sa che l'ostacolo vero sono in realtà i suoi genitori: non le permetteranno mai di trasferirsi a vivere con Aleister prima del matrimonio. A meno che a convincerli non sia lui, il carismatico e brillante Re delle Volpi, dotato di armi di persuasioni magiche capaci di far breccia nelle difese più ostinate. Ma proprio quando la strada verso la loro vita insieme sembra spianata, tutto precipita. Marian viene colpita da un nemico oscuro e potente mentre sta per raggiungere Faerie. Un Re delle Volpi ombra inizia a seminare panico e distruzione tra i Sidhe. Come se non bastasse, l'unico in grado di fare luce su questi misteri è il Negromante, rinchiuso in una cella inespugnabile. Pur di salvare l'unica persona per cui valga la pena di vivere, Aleister però è disposto a tutto, persino stringere un patto con il suo vecchio nemico, in una lotta contro il tempo che lo porterà alle sorgenti della magia del sangue e dei suoi inconfessabili segreti.
Recensione
Anche in questo secondo volume della saga si nota come l'attenzione per le leggende gaeliche sia la forza di questa trilogia* di Fiore Manni. All'atmosfera ottocentesca della società inglese che ne fa da sfondo viene data ancora più freschezza e contemporaneità, pur non snaturandola per farla comprendere meglio ai giovani lettori a cui il libro è rivolto.
Continuano a non mancare le similitudini con le altre storie, già viste nel primo romanzo della saga, e la lettura continua a essere gradevolmente scorrevole anche per un lettore lento.
Molto ben inseriti personaggi nello spettro autistico e con disturbi dell'attenzione e iperattività, rendendo il mondo ancora più reale e tangibile oltre che magico.
Se il primo volume aveva tutte le caratteristiche di una favola — comprensiva di introduzione dei personaggi, svolgimento di una storia che trae ispirazione dal mondo reale e quotidiano, culminando con le sorti dei protagonisti —, questo secondo volume è invece un po' più oscuro. È chiaramente un romanzo fantasy nel quale approfondiamo le vite dei protagonisti dopo gli avvenimenti del primo libro, ma ci regala un problema dietro l'altro. Solo in parte questi problemi vengono risolti, lasciando il lettore e Aleister in suspense: Marian Crawford dell'Altrove è viva? Noi lo sappiamo, ma Aleister non ne è certo al cento per cento. Che legame c'era tra Aleister e Thomas? Per tutto il romanzo si sottintende che Aleister e Thomas erano parecchio legati l'uno all'altro, ma non possiamo solo immaginare cosa è successo tra loro in passato, e cosa li ha portati a essere l'uno il nemico dell'altro (o, forse, è solo Aleister che considera Feardorcha suo nemico?). Qual è il vero scopo della vecchia fata, madre di Thomas il Negromante umano? Perché, in primo luogo, ha rapito, cresciuto e amato Thomas? Perché assicurarsi che il suo Thomas sia vivo e in salute mettendo in pericolo Faerie? Sappiamo troppo poco su di lei per fare una qualsivoglia congettura, ma il suo rapimento di un bambino umano è senza dubbio alla fonte di tutti i “problemi” che ha avuto e sta avendo Faerie in questi due primi volumi.
Di materiale per il prossimo volume della saga ce n'è, nell'attesa prepariamoci alla battaglia insieme ad Aleister e le sue volpi!
* L'autrice ha già rivelato, dopo le prime recensioni ricevute a questo nuovo libro, che la storia non è finita.
Valutazione
★★★★★ 5/5
Della stessa autrice
La serie Il Re delle Volpi
Il viaggio di Macbeth, 2024
Il Re de Volpi, 2023
Il Tempo delle volpi, 2024
Libri
Jack Bennet e la chiave di tutte le cose, Rizzoli, 2018
Jack Bennet e il viaggiatore dai mille volti, Rizzoli, 2019
Come le cicale, Rizzoli, 2021
Nel buio della casa, con Michele Monteleone, Sterling&Kupfer, 2021
Amore, sesso e altre cose così, con Elena Peduzzi, Rizzoli, 2022
Fumetti
4 o'clock. Patetico., Shokdom, 2015
Mask’d - The Divine Children, con Michele Monteleone e Ilaria Catalani, Star Comics, 2020
Una nuova Camelot, con Michele Monteleone, Marco Del Forno, Claudia Giuliani e Maria Letizia Mirabella, Edizioni BD, 2024
Curiosità sull'autrice
Fiore Manni ha, inoltre, un canale YouTube nel quale recensisce e parla di libri, anche insieme al marito Michele Monteleone, che recensisce e parla di libri anche sul suo personale canale YouTube.
Insieme a Michele, Fiore ha un gruppo di lettura: La Lega dei Lettori Straordinari (Telegram – Instagram).
Fiore ha, inoltre, un altro gruppo di lettura tutto suo: The Fox Book Club.
Supportami su Instagram!
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più di un mesetto fa, stavo riflettendo su Brian e Justin e ora ancora più di prima sono convinta che Brian abbia raggiunto Justin, dopo che quest'ultimo è partito, perché Brian non avrebbe mai potuto vivere il resto della sua vita senza Justin, lui lo rende migliore, lui è una parte fondamentale della sua vita, Brian non sarebbe mai sopravvissuto senza Justin anzi senza di lui probabilmente la sua vita sarebbe peggiorata.
quindi le opzioni possono essere solo 2:
Brian ha raggiunto justin dopo un paio di mesi e i due probabilmente si sono rimessi insieme. anche se justin voleva una famiglia e sposarsi, ora anche Brian la voleva perché amava Justin e il cambiamento di Brian è in positivo, non c'è niente di male ad amare una persona tanto da cambiare per lei.
Brian è morto. Se brian non ha mai raggiunto justin vuol dire che deve essersi rassegnato ad una vita senza di lui, ma Brian ormai non poteva più vivere senza justin (anche solo come amico) doveva averlo nella sua vita. Però senza justin nella sua vita lui si è sicuramente lasciato andare, ha ricominciato a fare tutto ciò che faceva prima, anzi più di prima e probabilmente è morto per qualche incidente in auto da ubriaco o perché gli si è ripresentato il tumore o altro.
però io sono sicura al 100% che Brian sa quello che fa, quindi sono sicura lo abbia raggiunto e gli abbia quanto meno chiesto di tornare insieme.
Che possano essere rimasti semplicemente amici (come hanno detto gli autori) non ci crederò mai. Justin e Brian non sono fatti per essere solo amici, non lo saranno MAI. Sappiamo tutti come sono fatti, sicuramente se si rincontrassero finirebbero di nuovo a letto di nuovo (anche se Justin fosse fidanzato, sposato e con figli) succederebbe sempre, di nuovo, perché ciò che li legava di più era proprio questo, il Sesso. il sesso era il perno principale nella loro relazione.
come dice un verso di una canzone:
"Amici mai per chi si cerca come noi..."
e penso questa intera canzone li rappresenti alla perfezione.
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Sabrina Ferilli risponde alle polemiche sulla sua dichiarazione sugli Oscar, rimandando Gramellini da un suo collega Ricapitoliamo: poco prima della consegna dei premi Oscar a Los Angeles, buona parte di noi, vip inclusi, faceva il tifo per la categoria del miglior film internazionale per un film bello e importante come Io Capitano di Matteo Garrone, nonostante le scarse speranze di vittoria contro un film più visto, ugualmente fondamentale e attuale come La zona d'interesse. Sappiamo tutti che Massimo Ceccherini, co-sceneggiatore di Io capitano, nel suo solito stile, se n'è uscito con una frase che ha fatto infuriare molti (vinceranno gli ebrei perché vincono sempre) e per cui poi si è scusato e ha chiarito. Poi ci si è messa Sabrina Ferilli, con delle parole sibilline per cui è stata attaccata sui social e non solo. Lei ha risposto con una storia IG. Sabrina Ferilli sugli Oscar, botta e risposta con Gramellini Nel caso di Sabrina Ferilli a scatenarle contro le ire generali non è stato quello che ha detto, ma quello che non ha detto. L'attrice aveva scritto, riferendosi a La zona d'interesse: "So perché vincerebbe, non certo perché è un film migliore di Io Capitano. Io tifo Italia, tifo Garrone". Quel "so perché vincerebbe" ha scatenato i giustizieri del web, che l'hanno in pratica accusata di dire la stessa cosa di Ceccherini senza dirla. A rinfocolare la polemica era stato Massimo Gramellini nella sua rubrica "Il Caffè" sul Corriere della Sera, in un pezzo intitolato "La zona di Sabrina", in cui scriveva: Pazienza per Ceccherini, ma ci si è messa pure Sabrina Ferilli, una che sembrava allergica ai luoghi comuni. Alla vigilia della cerimonia degli Oscar ha scritto: «Se dovesse vincere La zona di interesse, so perché vincerebbe, non certo perché è un film migliore di Io capitano», Allora ce lo dica, signora Ferilli, visto che lo sa. Tiro a indovinare: perché parla della Shoah e a Hollywood la lobby ebraica la fa da padrona; basta che uno ambienti il suo film nei dintorni di Auschwitz e le statuette gliele tirano dietro, mentre un racconto sui migranti come quello di Garrone non gode di protezioni in alto loco. Le ho letto nel pensiero? Spero di no, ma i pregiudizi sono così prevedibili. Immagino ne abbia messo al corrente il suo collega Roberto Benigni, che vinse l’Oscar nel 1999 con La vita è bella e già all’epoca gli addetti ai livori lasciarono intendere che ambientare la storia in un campo di concentramento era stata una furbata per sedurre la famosa lobby. Certo, vedere un film prima di giudicarlo in certi casi aiuta. Si scoprirebbe che La zona di interesse non è un film sugli ebrei, come sostiene l’arguto Ceccherini, ma su una famiglia che vive a ridosso di un lager senza curarsene. Racconta la miopia del nostro sguardo, la meschineria di chi non alza mai la testa dalle proprie rassicuranti certezze. Insomma, più che un film «sugli ebrei», è un film su chi pensa che La zona di interesse abbia vinto perché parla di ebrei. Sabrina Ferilli ha replicato a Gramellini in una storia IG, scrivendo: "...il caffè domani qualcuno lo può dedicare al suo collega di testata..", citando un pezzo del critico del Corriere Paolo Mereghetti, per dire che le sue perplessità erano solo di natura cinematografica e sottolineando le frasi in cui il critico dice: :"La zona d'interesse era più furbo che davvero bello, tutto costruito sulla banalità" (...) "E senza quello sguardo morale che invece Garrone aveva cercato con Io capitano". Insomma, questione di gusti (discutibili) e non di simpatie politiche o meno. E del resto tutto si può dire a Sabrina Ferilli, tranne che sia stupida e che sia una che parla di un film che non ha visto.
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ISSUE N. 10 - FEBBRAIO 2023
Cosa credi sia l'equilibrio?
** La pienezza risiede nel vuoto **
Guardo questa carta ed è come se la stessi vedendo per la prima volta. All'improvviso davanti a me non vedo una donna danzante ma un funambolo che cerca l'equilibrio aiutato da ciò che tiene tra le sue mani: una bacchetta e una boccetta (nel mazzo Camoin- Jodorowsky). Se questa carta è per antonomasia la carta della pienezza e della realizzazione allora cosa ci sta raccontando di questo stato dell’essere?
La guardo mentre vuole raccontarmi qualcosa che io fin’ora non ho compreso. La vedo serena nello stare su un piede, cercando la perfezione nello squilibrio che sente. Non è preoccupata. Lei sa che è così la vita. Sono io che non lo so.
Non ho ancora imparato, anzi mi dimentico, che la vita è come la fune di un funambolo che passo dopo passo, con pazienza e molta pratica, dobbiamo imparare a percorrere cercando di non cadere. Trovando la capacità di attraversare lo squilibrio costante che danza in noi. Le fase di pieno e di vuoto, le pause e le azioni, la gioia e la tristezza, l’espansione e il ritiro.
Che benedizione riconoscere che tutto ciò che abbiamo creduto fino a oggi era sbagliato. Che l’idea di equilibrio che avevamo ci ha intrappolato dentro un ideale che semplicemente non è realizzabile. Che siamo nella pienezza solo quando rispettiamo il nostro vuoto. Che siamo in armonia solo quando sappiamo rispettare le nostre dissonanze.
Che benedizione il malessere che ci conduce a trovare nuove scarpe per camminare la nostra fune. E la paura che ci invita a cambiare gamba o trovare una nuova postura. E che bellezza quando capiamo che la strada percorsa fino ad ora era solo una parte e che ancora abbiamo tanto da vivere per imparare e imparare ancora.
Chi dice che questa non è la pienezza dell'essere?
Non immagino nulla di più nutriente per l’anima mia, se non divenire questa qualità di essere umano. Capace di ricordare ad ogni passo che l’universo mi sostiene e fa il tifo per me. Non importa cosa accada e non importa ciò che mi è possibile capire con la mente che fatica a comprendere la forza misteriosa che ci anima.
Che benedizione riconoscere che tutto ciò che abbiamo creduto fino a oggi era sbagliato. Che l’idea di equilibrio che abbiamo ci ha intrappolato dentro un ideale che semplicemente non è realizzabile.
La donna del Mondo cammina con fiducia e non è la sola artefice del suo percorso. È sostenuta dalla forza dell’amore (l’angelo), dalla forza della terra che le è madre (il bue), dal fuoco della vita (il leone) e dallo spirito che non appena la mente si acquieta, si manifesta cantando (l'aquila).
La fiducia nella vita è il frutto raccolto grazie ad ognuno dei passi fatti. La fede si alimenta ogni giorno, si sente ad ogni preghiera, a ogni gentilezza rivolta a qualcuno, a ogni sfida. La fiducia si conquista con ogni scelta di coraggio presa nel rispetto di ciò che sentiamo profondamente. Quando lascio che il vuoto che temo mi guidi in un altrove più vivibile allora io mi ascolto e coltivo la fede in me e nella vita. Così divento il migliore dei funamboli per questa unica fune che ho a disposizione.
E allora, è la grazia.
Divengo un essere pieno di grazia.
Ispirante, bello, fiero, calmo, gentile, delicato nei suoi passi.
Perché questi passi si fanno silenziosi, discreti, rispettosi e la fune diviene un'opera di cristallo di cui avere una profonda cura e per cui provare una sentita devozione.
Che bellezza la vita. Che bellezza sei.
Buon cammino.
E allora divengo un essere pieno di grazia.
Fabiana Spagnuolo
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(2/2)
ma come chi? non ve lʼho detto? frank si-nʼatre. frank sei un altro, nome dʼarte del famoso
trasformista abruzzese francesco merenda. spero tanto che mi faccia lavorare con lui, ho
un colloquio fissato per oggi. i mille euro erano per il biglietto dellʼaereo, ma tuttavia non
sono serviti, siamo arrivati così in fretta! E LO DISSE CON UN SORRISO PIENO DI
GIUBILO, GIUBILAVA INSOMMA, AL CHE SANCHEZ SI SENTì IN DOVERE DI
PRECISARE: sì, ma chi lo paga il taxi?
mio buon sanchito, ma è possibile? abbiamo preso un taxi, non la guerra. eppoi, ricordati
che ci siamo risparmiati un volo in aereo!
e io lʼaereo lʼavrei preso volentieri!
ma, ma, DONCHI COMINCIAVA QUASI AD ESSERE INMBARAZZATO PER LE
INTEMPERIE DEL SUO AMICO, QUANDO IL TASSINARO BUONO E CON ARIA DA
SAIBERPUNK CHE CONOSCE TUTTO, MA TUTTO FORSE NO PERò SICURAMENTE
NE SA PIù DI VOI, O ANCORA PIù CERTAMENTE SA QUALCOSA CHE VOI,
NOVELLINI DI QUESTA DIMENSIONE PARALLELA DOVE SI INCROCIANO PASSATO
PRESENTE E FUTURO, IGNORATE, A BUON DIRITTO, AGGIUNGO IO, E DONCHI
STAVA PENSANDO LA STESSA COSA, DI FATTO ERA UN TIPO NON
IMPRESSIONABILE, QUANDO CI SI METTEVA A FARE IL GLACIALE...
ma guarda un poʼ questo che fa il mago merlino, sancho che pare abbia la spm
(SINDROME PRE-MESTRUALE) e cenerentola che ci sta aspettando con aria di
speranza e quel profumo che, oh, lo sto notando solo adesso, ma lo seguirei in capo al
mondo! uh-oh! E DETTO QUESTO SI RINGALLUZZì, mio buon uomo mi pare evidente
che lei sa qualcosa che non sappiamo noi, quindi le chiedo: cosa fare? cosa facciamo?
non vede qui che la situazione urge di riposte, pregna di domande?
mai guardarsi indietro. DISSE IL CONDUCENTE. ora uscite, fuori dal mio taxi, non vi
voglio più vedere, ma è stato un piacere.
piacere nostro! URLò CENERENTOLA, MA ERA GIà SULLE SCALE DEL LINCLON
CENTER E DONCHISCIò FU COSTRETTO A FARLE DA PORTAVOCE:
è stato un piacere, ha detto la nostra compagna.
sì, un piacere,SOTTOLINEò SANCHI
mi piace quando sai stare al gioco DISSE IL BUON VECCHIO SUA ALTEZZA REALE DEI
CESSI DONCHI (è COSì CHE LO CHIAMAVA NELLʼINTIMITà SANCHEZ) NONCHé
EROE DELLA PIPPA MONDIALE. E SI DIRESSERO SOTTOBRACCIO A SEGUIRE
CENERENTOLA CON ARIA BRIOSA E SODDISFATTA, FRIZZANTE DIREBBE
QUALCUNO CHE CONOSCO, E FORSE ANCHE TU HAI QUALCUNO CHE CONOSCI E
USA QUESTʼESPRESSIONE. IN ALTRE PAROLE, EFFERVESCENTE.
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Oggi pomeriggio stavo parlando con una ragazzina di 12 anni che abita nel mio stesso condominio e che conosco praticamente da quando é venuta al mondo.
L’argomento principale della conversazione era l’imminente gita organizzata dalla sua scuola, la prima che prevede alcune notti da passare fuori.
Come é successo a tutti noi anche lei é super elettrizzata ed emozionata all’idea e mi ha dato veramente tanta gioia sentire i suoi pensieri in merito.
Fino a che, inesorabile e tagliente come lo é stato e sarà per ogni gita di più giorni che si rispetti, siamo giunte a trattare l’argomento CAMERE.
Sappiamo tutti che, soprattutto per le ragazze, organizzare le camere é decisamente il momento più complicato che esista e si finisce puntualmente per litigare. Questo perché, purtroppo, c’é sempre quella persona che nessuno vuole in stanza con sé.
La cosa deprimente é che non é mai una singola ragazza a volerne escludere un’altra, ma sempre tutto il gruppo completo. Perché nella fase combattiva e trasformista dell’adolescenza sono veramente pochi quelli che scelgono di imboccare la propria strada invece di comportarsi da pecora. Chi ha un carattere più forte attrae al punto da essere imitato/a in tutto ciò che fa, soprattutto nelle cose brutte.
Un adolescente vuole far vedere al mondo che é ormai adulto e quindi capace di poter fare qualsiasi cosa. E cosa c’é di meglio di una cattiveria gratuita per farlo capire?
Peccato che queste dimostrazioni di onnipotenza vanno a discapito di chi sceglie di non omologarsi o non ce la fa a farlo perché, pur volendo, non ha lo stesso tipo di carattere degli altri. Magari tende ad essere timido/a, preferisce un colore rispetto a quello che tutti scelgono, é attratto dai maschi invece che dalle femmine o viceversa, ha qualche chilo in più rispetto a quello che la sciocca e dannata società impone con tanta naturalezza.
Insomma, di motivi per il quale una persona può essere diversa dalla fottuta massa ce ne possono essere a migliaia e, diciamocelo, non é normale nemmeno sentire il bisogno di elencarli.
Eppure questa ragazzina di 12 anni che ho visto nascere e crescere davanti ai miei occhi, é furiosa dopo aver scoperto di essere costretta a stare in camera con una sua compagna di classe che, guarda caso, a nessuno/a oltre a lei sta simpatica.
Premetto che non conosco questa ragazzina, ma mi viene da chiedere quanto si possa essere antipatiche a dodici anni per meritarsi tanto odio da parte di una sezione intera. Cosa potrà mai aver fatto di tanto terribile? E, soprattutto, chi, tra tutti loro, ha deciso per primo/a di odiarla?
Qualunque sia il motivo, nessuno vuole trascorrere quelli che, diciamocelo, sono i migliori momenti di una gita, con questa ragazzina. E un’altra domanda mi viene spontanea: lei che ne pensa? Sa di essere disprezzata da tutti i suoi compagni? Con chi vorrebbe stare di loro se dovesse essere lei a scegliere? Si rende conto che stanno soltanto fingendo di darle questa possibilità?
Ho guardato negli occhi questa mia vicina di casa e ho provato a farle qualcuna di queste domande, ma lei ha sempre cambiato discorso facendo in modo di non tornare più sull’argomento.
Io invece non riesco proprio a smettere di pensarci perché c’é stato un preciso momento della mia vita in cui nessuno mi voleva con sé al momento di decidere le camere per la gita. Io non avevo 12 anni, ma 17 ed ero molto più consapevole di ciò che mi accadeva intorno di quanto mi piace ammettere.
Mi sembra ancora di vedermi appoggiata alla ringhiera delle scale a scuola mentre ascoltavo i discorsi delle mie compagne al piano di sotto, ignare che fossi lì.
La cosa che mi ha fatto più male, e lo dico da adulta, fu la semplicità con cui sputavano tanta cattiveria su una persona alla quale davanti proferivano tanta dolcezza. É vero ero una ragazza difficile, soprattutto in quel periodo. Non lo dico per giustificare la loro cattiveria, ma perché é un dato di fatto. Il ragazzo che mi piaceva, quello del mio primo bacio e delle prime esperienze si era fidanzato da poco con una delle mie più care amiche. Tutti quanti si erano coalizzati per far si che io non venissi mai a sapere della loro relazione che avveniva indisturbata alle mie spalle mentre io sognavo ad occhi aperti.
Reagii male, troppo considerando che ancora non avevo idea di come si facesse a fingersi forti pure nei momenti più difficili e a nascondere il proprio dolore come la società ci impone di fare. Perciò, inevitabilmente, nessuno mi voleva intorno perché frignavo troppo.
Sfortunatamente in classe eravamo dispari e indovinate chi era l’unica a rimanere fuori da ogni lavoro di gruppo e organizzazioni varie? Ovviamente la frignona.
Quando, un giorno, provai a chiedere perché ero sempre io a rimanere sola, una mia compagna di classe mi rispose: “beh dovresti iniziare a farti qualche domanda no?” Non aveva idea di quante me ne facessi ogni fottuto secondo in quel periodo, talmente tante da farmi scoppiare la testa.
Evidentemente non bastava.
Quando, anche solo per un secondo, pensate di poter decidere le sorti di qualcuno solo perché si comporta in un modo che non capite o non ha la forza necessaria per dare valore ai propri pensieri e paure, sappiate che rischiate di rendere insicura una persona per il resto della vita. Anche quando sarà circondato/a dalle persone giuste continuerà sempre ad aver paura di chi é e persino di dare origine a qualsiasi proprio pensiero.
Persino quando sa di sapere come muoversi e cosa dire, preferirà fingere il contrario e rimanere in silenzio.
A me succede ogni giorno e ci combatto con tenacia, con il passare degli anni ovviamente va sempre meglio, ma sono anche consapevole che in un piccolo angolo di me queste paure rimarranno per sempre.
Chissà magari riuscirò a spiegarlo anche alla mia vicina di casa prima di questa tanto attesa gita, magari eviterà di riempire per sempre di paranoie la vita di una coetanea che non ha fatto nient’altro di sbagliato a parte rifiutarsi di seguire la massa.
Spero sinceramente di riuscirci 🩵
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