#lisbona cosa fare con i bambini
Explore tagged Tumblr posts
lillyslifestyle · 3 years ago
Text
Nella vecchia fattoria... di Lisbona!
Visitando la vecchia fattoria.... di #Lisbona. Una fattoria con 80 #animali tra i condomini di Olivais.
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
gloriabourne · 5 years ago
Text
The one where they got interrupted
Ormai aveva perso la cognizione del tempo.
Fissava il mare da minuti, forse ore, e non aveva più la minima idea di cosa succedesse attorno a lui.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era Ermal.
La decisione di fare vacanze separate - pur avendo entrambi l'estate quasi completamente libera da impegni - non era stata presa a cuor leggero. Anzi, avevano ragionato parecchio su come gestire quella situazione, su come comportarsi ora che stavano insieme (anche se in realtà nessuno a parte loro ne era a conoscenza) e che finalmente avevano entrambi del tempo libero per concedersi una vacanza.
Alla fine, nonostante a entrambi dispiacesse prendere quella decisione, avevano scelto di non trascorrere le vacanze insieme.
Ermal era partito prima per gli Stati Uniti con suo fratello, poi era stato in Grecia con degli amici, mentre Fabrizio aveva deciso di dedicarsi alla sua famiglia trascorrendo le vacanze in una graziosa villetta in Sardegna, insieme ai suoi figli ed estendendo l'invito anche a Giada.
I bambini erano stati subito felici di passare le vacanze insieme a entrambi i genitori, anche se Fabrizio e Giada avevano messo le cose in chiaro fin da subito spiegando che passare le vacanze insieme non significava che sarebbero tornati a vivere tutti sotto lo stesso tetto.
Insomma, entrambi avevano deciso di organizzarsi separatamente, anche per preservare la loro relazione di cui - così credevano loro - nessuno sapeva nulla.
Ma dopo quasi un'intera estate passata a vedersi e sentirsi solo grazie a un telefono, la situazione aveva iniziato a diventare insopportabile. Ed era stato in quel momento che Ermal aveva deciso di raggiungere Fabrizio.
"Non è poi così strano che qualcuno vada a trovare un amico in vacanza, no?" aveva detto durante una delle loro telefonate.
E così Fabrizio ne aveva parlato con la sua famiglia. Giada aveva risposto tranquillamente che per lei non c'era nessun problema, la casa era grande abbastanza per tutti, e i bambini avevano accolto la notizia con gioia.
Ed ecco che in quel momento Fabrizio se ne stava a fissare il mare, in attesa che Ermal arrivasse.
Era teso, agitato come lo era stato poche volte prima.
Sapeva che non lo avrebbe potuto salutare come meritava e come avrebbe voluto - sarebbe stato difficile spiegare la situazione alla sua famiglia - e non aveva idea di come avrebbe fatto a resistere alla tentazione di buttarsi tra le sue braccia.
Sospirò abbattuto e si voltò per rientrare in casa, e a quel punto lo vide.
Ermal se ne stava appoggiato allo stipite della porta a vetri che conduceva in giardino, e lo fissava sorridendo.
"Da quanto sei qui? Non ti ho sentito arrivare" chiese Fabrizio rimanendo immobile.
Ermal fece qualche passo verso di lui, tenendo le mani affondate nelle tasche dei jeans. "Qualche minuto. Sembravi così concentrato, non volevo disturbarti."
"Ma smettila" disse Fabrizio raggiungendolo e gettandogli le braccia al collo.
Lo strinse a sé, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo mentre Ermal gli stringeva i fianchi.
Gli era mancato così tanto.
Gli era mancato il suo profumo, il suo sorriso, la sua risata. Gli era mancato persino il suo modo esagerato di offendersi per ogni minima cosa.
"A che pensavi?" chiese Ermal a bassa voce, ancora stretto a lui.
"A te."
Ermal lo strinse un po' di più e chiuse gli occhi mentre il suo profumo gli invadeva i polmoni.
Anche lui aveva sentito la mancanza di Fabrizio, in quelle settimane. Era stato quasi insopportabile il vuoto che aveva sentito a trascorrere così tanto tempo lontano da lui.
"Mi spiace di non essere arrivato in tempo per il compleanno di Libero" si scusò Ermal scostandosi per guardare Fabrizio in faccia.
Il più grande scosse la testa. "Non importa. L'importante è che tu sia qui ora."
Ermal sorrise pizzicandogli leggermente un fianco, mentre Fabrizio si concedeva il lusso di accarezzargli una guancia e avvicinarsi a lui per baciarlo, approfittando del fatto che fossero completamente soli.
Erano a pochi centimetri di distanza quando sentirono la voce di Anita provenire dall'interno della casa.
"È arrivato Ermal!" esclamò la bambina uscendo in giardino e costringendo i due uomini ad allontanarsi.
Fabrizio gettò a Ermal un'occhiata dispiaciuta, ma il più giovane sorrise senza mostrare il minimo segno di fastidio.
Poi si voltò verso Anita, che nel frattempo li aveva raggiunti, e disse: "Ciao, principessa!"
La bambina sorrise allargando le braccia, pronta a farsi prendere in braccio da Ermal.
Fabrizio rimase a fissare la scena sentendosi quasi di troppo mentre il suo fidanzato prendeva in braccio sua figlia e la stampava un bacio sulla guancia.
Anita si sfregò una mano dove un attimo prima si erano posate le labbra di Ermal fingendosi schifata, ma poi gli allacciò le braccia al collo e appoggiò la testa sulla sua spalla.
Ermal guardò Fabrizio e sorrise. "Quanto potere ho su questa famiglia."
Fabrizio si ritrovò ad annuire. Sembrava davvero che tutti pendessero dalle sue labbra, lui per primo.
  "Questa è una delle cose che ho sempre amato delle cene a casa tua" disse Ermal, osservando il bicchiere di vino mezzo vuoto che teneva in mano.
Non era il primo della serata e probabilmente non sarebbe stato nemmeno l'ultimo.
A cena avevano bevuto più di quanto avrebbero dovuto e, dopo aver sparecchiato e lavato i piatti, avevano deciso di uscire in giardino con l'ennesima bottiglia.
Di certo il loro obiettivo non era ubriacarsi, ma in fin dei conti erano in vacanza e potevano concedersi qualche bicchiere in più.
"E io che pensavo che tu venissi a cena a casa mia solo ed esclusivamente per vedere me" rispose Fabrizio. Poi svuotò il proprio bicchiere e lo riempì nuovamente, passando la bottiglia a Ermal un attimo dopo.
Ermal riempì il proprio bicchiere - nonostante non fosse ancora del tutto vuoto - e poi posò la bottiglia a terra, sistemandosi comodamente sulla sdraio di plastica.
Fabrizio - sulla sdraio accanto - lo fissò per qualche attimo mentre cercava di sistemarsi senza rovesciare il contenuto del bicchiere.
Era bellissimo Ermal, quella sera.
Non che solitamente non lo fosse, ma quella sera sembrava esserlo un po' di più.
Le guance leggermente arrossate - un po' per il caldo e un po' per il vino - e lo sguardo lucido, ricordavano a Fabrizio la sera del loro primo bacio. Anche quella volta, salutandosi di fronte alle proprie camere d'albergo dopo la vittoria a Sanremo, Ermal aveva quella faccia. Anche quella volta avevano bevuto un po' troppo ed era stato inevitabile scambiarsi quel bacio. Un impulso dettato dall'assoluta mancanza di freni inibitori e di cui entrambi credevano si sarebbero pentiti, ma che in realtà era stato solo l'inizio di tutto.
E poi c'erano i capelli scompigliati dal vento, che a Fabrizio ricordavano tanto la sera prima della finale dell'Eurovision, quando si erano affacciati al balcone della loro camera - la camera di Fabrizio, ma in cui per tutta quella settimana aveva dormito anche Ermal - ed erano rimasti a fissare le luci di Lisbona stretti in un abbraccio.
Quella sera Ermal era così bello che Fabrizio lo avrebbe fissato anche per tutta la notte.
"Diciamo che tu sei una buona compagnia, ma se mi piace così tanto stare da te è principalmente merito del vino" replicò Ermal.
Fabrizio bevve un sorso e poi posò il bicchiere a terra, accanto alla bottiglia. "E se la prossima volta non ti facessi trovare nemmeno un goccio?"
Ermal si strinse nelle spalle mentre beveva un po' di vino e poi posò il bicchiere vicino a quello di Fabrizio.
"Ah, fai spallucce? Prima dici che a casa mia ci vieni principalmente per il vino e ora fai così? Allora non ti fa tanto schifo se manca il vino. Allora ti accontenti della mia compagnia" scherzò Fabrizio.
"Beh, non esageriamo. Dipende cosa offre la tua compagnia" disse Ermal, voltandosi verso Fabrizio e mordendosi il labbro inferiore con fare ammiccante.
Lo stava provocando e Fabrizio aveva tutte le intenzioni di cogliere le sue provocazioni.
"Non saprei. Tu cosa vorresti?"
Ermal si alzò rapidamente dalla sua sdraio e andò a sedersi sul bordo di quella di Fabrizio, mentre il romano si sollevava leggermente in modo da rimanere seduto e più vicino al compagno.
"Tu sai benissimo cosa voglio" sussurrò Ermal avvicinandosi pericolosamente a Fabrizio.
Il più grande inclinò la testa di lato, pronto finalmente a ricevere un bacio da parte del fidanzato.
Ma quando ormai le labbra stavano per toccarsi, la porta a vetri si aprì con uno scatto spingendoli a distanziarsi.
Giada uscì in giardino con la sigaretta già tra le labbra e un accendino in mano.
Sembrava non essersi minimamente accorta di loro, né di quanto fossero stati vicini fino a pochi secondi prima, ma nessuno di due aveva intenzione di rischiare.
Ermal si schiarì la voce e poi, alzandosi in piedi, disse: "Io vado a dormire. Ci vediamo domani."
Pochi secondi dopo scomparve all'interno della villetta, lasciando Fabrizio a cercare di trattenere una lunga serie di imprecazioni.
  Svegliarsi all'alba anche durante le vacanze, di certo non era tra i programmi di Fabrizio. Ma in realtà, a essere onesti, non aveva dormito affatto.
Non aveva fatto altro che fissare il soffitto e rigirarsi tra le lenzuola, con il pensiero che Ermal fosse nella stanza accanto alla sua.
Era stata di entrambi la decisione di dormire in camere separate vista la situazione e soprattutto visto che Fabrizio non avrebbe avuto la minima idea di come giustificare la cosa con i bambini. Ma dopo settimane di lontananza, per Fabrizio era davvero troppo difficile restare a dormire sapendo che Ermal era vicino a lui, ma oltre un muro.
Così alla fine non aveva chiuso occhio.
Appena il sole aveva iniziato a sorgere, si era alzato e si era diretto svogliatamente in cucina. Non aveva ancora avuto un attimo di tempo per restare con Ermal, ma nulla avrebbe potuto impedirgli di preparargli la colazione come gli piaceva fare quando si risvegliavano l'uno accanto all'altro.
Sapeva che Ermal non avrebbe dormito a lungo - ammesso che avesse dormito almeno un paio d'ore in tutta la notte - e che probabilmente si sarebbe alzato non appena avesse sentito odore di caffè nell'aria, quindi riempì la caffetteria e la mise sul fornello, dedicando poi le sue attenzioni alla scelta dei biscotti da mettere in tavola.
Aveva dimenticato di comprare i biscotti preferiti di Ermal e sapeva che odiava quelli che solitamente mangiava lui. I bambini però avevano insistito per comprare un pacco formato famiglia di Pan Di Stelle, che a detta di Ermal erano decisamente meglio.
Stava per afferrare il pacco dalla dispensa quando sentì improvvisamente un braccio stringergli la vita.
Sobbalzò sorpreso, rendendosi conto appena un secondo dopo che si trattava semplicemente di Ermal.
Si rilassò contro il suo petto e sorrise. Le braccia di Ermal erano senza dubbio il posto in cui preferiva stare in assoluto.
"Buongiorno" sussurrò Ermal al suo orecchio, chinandosi poi per lasciargli un bacio sul collo.
Fabrizio sospirò. "Buongiorno. Hai dormito bene?"
"No, per niente. Avrei dormito meglio insieme a te."
Fabrizio si girò tra le sue braccia e gli passò una mano tra i capelli. Quanto gli era mancato anche solo quel gesto così banale.
Ermal si sporse verso di lui per baciarlo, ma Fabrizio si scostò nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
"Oh, ma che fai? Non ti posso baciare?" chiese Ermal indispettito.
"Non mi sono ancora lavato i denti."
"E capirai che problema, Bizio."
Era sincero. Non era assolutamente un problema, non lo era mai stato.
Con Fabrizio non si era mai preoccupato di evitare di baciarlo appena sveglio, o cose del genere.
Fabrizio, però, sembrava di tutt'altra idea.
Senza spostarsi di un millimetro, cominciò a baciare il collo di Ermal, a mordicchiargli leggermente la pelle senza preoccuparsi di non lasciare segni.
Ermal inclinò la testa di lato, lasciandogli più spazio, e sospirò.
Da quando si erano visti, non erano riusciti nemmeno a scambiarsi un bacio e quelle attenzioni lo stavano mettendo in seria difficoltà.
Non poteva negare che Fabrizio gli fosse mancato anche fisicamente e che averlo così vicino in quel momento, dopo settimane di lontananza, lo stava tentando anche troppo.
Se solo avesse potuto, lo avrebbe trascinato nella prima stanza vuota e avrebbe fatto l'amore con lui fino a togliergli il fiato.
Ormai totalmente preso dalle attenzioni che Fabrizio gli stava riservando, Ermal lo spinse contro il bancone della cucina, finendo inevitabilmente per fargli notare l'erezione che si nascondeva dei suoi pantaloni.
Fabrizio sorrise compiaciuto, mentre la sua mano si avvicinava al bordo dei pantaloni del compagno, con il solo scopo di intrufolarsi al loro interno e dargli un po' di sollievo.
"Ti prego" mormorò Ermal.
"Cosa vuoi che faccia?" chiese Fabrizio sfacciatamente.
Vedere Ermal supplicarlo era già abbastanza divertente, ma non gli sarebbe dispiaciuto sentirlo dire esplicitamente che voleva che si prendesse cura di lui in quel preciso istante, in mezzo alla cucina.
Ermal, però, non ebbe tempo di replicare.
Poco lontano da loro, una porta si era aperta e Fabrizio - grazie al familiare cigolio che ormai aveva imparato a riconoscere - aveva capito che si trattava della camera dei bambini.
Si scostò velocemente da Ermal appena in tempo per vedere Libero entrare in cucina.
"Ciao, Lì" lo salutò Fabrizio, fingendo che fosse tutto normale.
Libero aggrottò la fronte e disse: "Ma non vi siete accorti che la caffettiera fa rumore?"
Fabrizio si precipitò verso il fornello, spegnendolo immediatamente.
"Stavamo parlando e ci siamo un po' distratti" disse Ermal, cercando di salvare la situazione.
"Doveva essere una cosa interessante se non vi siete accorti di niente" commentò Libero.
Ermal e Fabrizio si scambiarono un'occhiata, nascondendo un sorriso.
Sì, era decisamente qualcosa di interessante.
  "Non mangi?"
Ermal sollevò lo sguardo sentendo la voce di Anita. La bambina, seduta accanto a lui, lo fissava preoccupata.
In effetti, non aveva quasi toccato cibo da quando si era seduto a tavola.
"Non ho molta fame" rispose Ermal.
Non era esattamente quello il problema. Il fatto era che iniziava a essere nervoso.
Era arrivato da più di ventiquattro ore e ancora non era riuscito a dare nemmeno un bacio a Fabrizio. C'era sempre qualcuno o qualcosa che li interrompeva, ed era certo che le cose non sarebbero state diverse quella sera, visto che Claudio li aveva raggiunti.
Come se in quella casa non ci fossero già abbastanza persone.
Forse non era stata una grande idea raggiungere Fabrizio. Forse avrebbe dovuto aspettare che Fabrizio tornasse a Roma.
"Stai bene?" chiese Fabrizio, seduto di fronte a lui.
Ermal cercò di abbozzare un sorriso e annuì. Poi si alzò e disse: "Esco un attimo a fumare."
Appena uscì in giardino e l'odore del mare gli invase le narici, Ermal si sentì subito meglio. Pensava ancora che non fosse stata una grande idea raggiungere Fabrizio in Sardegna, ma almeno c'era il mare.
Il mare per lui era vita, era gioia, sarebbe sempre stato un rimedio a qualsiasi problema.
Prese una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto che aveva nella tasca destra, poi affondò la mano nella tasca sinistra alla ricerca dell'accendino, non trovandolo.
Probabilmente lo aveva lasciato in camera e in quel momento non aveva nessuna voglia di tornare in casa. Voleva solo restare lì per qualche minuto, a godersi il panorama e un po' di aria.
"Sicuro che sia tutto ok?"
Ermal sorrise. In fondo lo sapeva che Fabrizio avrebbe capito che qualcosa non andava e lo avrebbe raggiunto.
"Non è da te non toccare cibo" disse ancora Fabrizio qualche secondo dopo.
"Sono un po' stressato. Me lo immaginavo diverso il nostro incontro" rispose Ermal sinceramente. Non avrebbe avuto senso tenere nascosto il motivo del suo malessere.
"Lo so, mi dispiace."
"Possiamo trovare un momento per stare insieme, solo io e te? Ti prego, Bizio" disse Ermal voltandosi verso di lui.
Fabrizio sorrise teneramente, allungando una mano verso Ermal e intrecciando le dita con le sue. "Farò il possibile, amore. Intanto, però, visto che siamo soli..."
Ermal sorrise vedendo Fabrizio sporgendosi verso di lui.
Era solo un momento, pochi secondi di pace e solitudine. Avrebbero avuto giusto il tempo di un bacio, ma per il momento poteva farselo bastare.
"Ce la fai a baciarmi o devo farlo io?" mormorò Ermal, con le labbra che ormai stavano per sfiorare quelle del compagno.
Ebbe appena il tempo di terminare la frase, che Claudio uscì dalla villetta con il telefono tra le mani.
Fabrizio si allontanò di scatto, mentre Ermal sospirò frustrato attirano l'attenzione di Claudio, il quale li fissò per un attimo e disse: "Continuate pure, tanto ormai lo sappiamo tutti che non vedete l'ora di saltarvi addosso."
Poi si premette il cellulare all'orecchio e girò oltre l'angolo della casa, lasciando Ermal e Fabrizio nuovamente soli.
Rimasero in silenzio per un po' fino a quando Fabrizio trovò il coraggio di dire: "Forse non siamo stati così attenti a tenere la cosa nascosta."
"Ma dai, cosa te lo fa credere?" disse Ermal.
Si scambiarono un'occhiata e un attimo dopo scoppiarono entrambi a ridere.
Si era preoccupati inutilmente, non solo in quelle ultime ore insieme, ma anche e soprattutto nei mesi passati.
Avevano sempre cercato di tenere nascosto ciò che c'era davvero tra loro, di fingersi semplicemente amici agli occhi di tutti - soprattutto delle loro famiglie - e non era servito a niente.
Ermal si domandò per un attimo se fossero stati semplicemente poco attenti o se ciò che provavano l'uno per l'altro fosse così palese da non poter essere nascosto.
La seconda opzione era quelle a cui preferiva credere.
"Direi che questa notte puoi dormire in camera mia" disse Fabrizio.
"Ah, si dice dormire?" chiese ironicamente Ermal.
Fabrizio sorrise. Poi, senza aspettare un secondo di più, lo baciò.
Ermal si strinse a lui ricambiando il bacio, ed entrambi sentirono chiaramente la voce di Libero dire: "Era ora" e quasi contemporaneamente Anita dire: "Che schifo."
Così come un attimo dopo sentirono Giada sgridare i bambini dicendo: "Smettetela di spiare vostro padre dalla finestra."
Ma onestamente, a Ermal e Fabrizio non sembrava importare.
In quel momento avevano cose più interessanti da fare.
11 notes · View notes
internazionalevitalista · 5 years ago
Text
Raoul Vaneigem - Coronavirus
Contestare il grado di pericolo del coronavirus ha sicuramente a che fare con l'assurdità. Di contro, non è altrettanto assurdo che una perturbazione del corso abituale delle malattie sia oggetto di un tale sfruttamento emotivo e faccia riaffiorare quell'arrogante incompetenza che un tempo pretese di tenere fuori dalla Francia la nube di Chernobyl? Certo, sappiamo con quanta facilità lo spettro dell'apocalisse esce dalla sua scatoletta per impadronirsi del primo cataclisma che passa, rimestare l'immaginario del diluvio universale e affondare il vomere della colpa nel suolo sterile di Sodoma e Gomorra.
La maledizione divina ha assecondato utilmente il potere. Almeno sin dal terremoto di Lisbona nel 1755, quando il marchese di Pombal, amico di Voltaire, approfittò del sisma per massacrare i gesuiti, ricostruire la città secondo le sue concezioni e liquidare allegramente i suoi rivali politici a colpi di processi "proto-staliniani". Non faremo a Pombal, oer quanto odioso possa essere, il torto di comparare il suo colpo di scena dittatoriale alle miserabili misure che il totalitarismo democratico applica mondialmente all'epidemia di coronavirus.
Che cinismo imputare alla propagazione del morbo la deplorevole insufficienza dei mezzi medici messi in opera! Sono decenni che il bene pubblico è messo a mal partito, che il settore ospedaliero paga lo scotto di una politica che favorisce gli interessi finanziari a danno della salute dei cittadini. C'è sempre più denaro per le banche e sempre meno letti e infermieri per gli ospedali. Quale fumisteria potrà ancora a lungo mascherare il fatto che questa gestione catastrofica del catastrofismo è inerente al capitalismo finanziario dominante a livello globale, e oggi a livello globale combattuto in nome della vita, del pianeta e delle specie da salvare.
Senza volere scivolare in quella rielaborazione della punizione divina che è l'idea di una Natura che si sbarazza dell'Uomo come di un parassita importuno e dannoso, non è tuttavia inutile ricordare che per millenni lo sfruttamento della natura umana e di quella terrestre ha imposto il dogma dell'anti-physis, dell’anti-natura. Il libro di Erix Postaire, Le epidemie del XXI secolo, pubblicato nel 1997, conferma gli effetti disastrosi della de-naturazione persistente, che denuncio da decenni. Evocando il dramma della "mucca pazza" (previsto da Rudolf Steiner fin dal 1920) l’autore ricorda che oltre a essere disarmati di fronte a certe malattie prendiamo coscienza che il progresso scientifico stesso può provocarle. Perorando la causa di un approccio responsabile alle epidemie e al loro trattamento, egli incrimina quella che Claude Gudin chiama "filosofia del fare cassa" nella sua prefazione: «A forza di subordinare la salute della popolazione alle leggi del profitto, fino a trasformare animali erbivori in carnivori, non rischiamo di provocare catastrofi fatali per la Natura e l'Umanità?». I governanti, lo sappiamo, hanno già risposto unanimemente SÌ. E che importa dal momento che il NO degli interessi finanziari continua a trionfare cinicamente?
Ci voleva il coronavirus per dimostrare ai più limitati che la de-naturazione per ragioni di convenienza economica ha conseguenze disastrose sulla salute generale - quella che continua a essere gestita imperturbabilmente da una OMS le cui preziose statistiche fungono da palliativo della sparizione degli ospedali pubblici? C'è una correlazione evidente tra il coronavirus e il collasso del capitalismo mondiale. Allo stesso tempo, appare non meno evidente che ciò che ricopre e sommerge l'epidemia del coronavirus è una peste emotiva, una paura nevrastenica, un panico che insieme dissimula le carenze terapeutiche e perpetua il male sconvolgendo il paziente. Durante le grandi pestilenze del passato, le popolazioni facevano penitenza e gridavano la loro colpa flagellandosi. I manager della disumanizzazione mondiale non hanno forse interesse a persuadere i popoli che non vi è scampo alla sorte miserabile che è loro riservata? Che non resta loro che la flagellazione della servitù volontaria? La formidabile macchina dei media non fa che rinverdire la vecchie menzogna del decreto celeste, impenetrabile, ineluttabile laddove il folle denaro ha soppiantato gli Dei sanguinari e capricciosi del passato.
Lo scatenamento della barbarie poliziesca contro i manifestanti pacifici ha ampliamento mostrato che la legge militare è la sola cosa che funziona efficacemente. Essa confina oggi donne, uomini e bambini in quarantena. Fuori, il cimitero, dentro la televisione, la finestra aperta su un mondo chiuso! È la messa in una condizione capace di aggravare il malessere esistenziale facendo leva sulle emozioni ferite dall'angoscia, esacerbando l'acciecamento della collera impotente.
Ma anche la menzogna cede al disastro generale. La cretinizzazione di stato e populista tocca i suoi limiti. Non può negare che una esperienza è in corso. La disobbedienza civile si propaga e sogna società radicalmente nuove perché radicalmente umane. La solidarietà libera dalla loro pelle di montone individualista individui che non temono più di pensare da sé.
Il coronavirus è divenuto il rivelatore del fallimento dello Stato. Ecco quanto meno un oggetto di riflessione per le vittime del confinamento forzato. All'epoca della pubblicazione delle mie Modeste proposte agli scioperanti, alcuni amici mi hanno illustrato la difficoltà di ricorrere al rifiuto collettivo, che suggerivo, di pagare le imposte, le tasse, i prelievi fiscali. Ora, ecco che il fallimento inverato dello Stato-canaglia attesta una disintegrazione economica e sociale che rende assolutamente insolvibili le piccole e medie imprese, il commercio locale, i redditi bassi, gli agricoltori familiari e persino le professioni cosiddette liberali. Il collasso del Leviatano è riuscito a convincere più rapidamente delle nostre risoluzioni ad abbatterlo.
Il coronavirus ha fatto ancora meglio. Il blocco delle emissioni produttiviste ha diminuito la polluzione globale, esso risparmia milioni di persone da una morte messa in programma, la natura respira i delfini tornano ad amoreggiare in Sardegna, i canali di Venezia depurati dal turismo di massa ritrovano un'acqua limpida, la borsa affonda. La Spagna si risolve a nazionalizzare gli ospedali privati, come se riscoprisse la sicurezza sociale, come se allo Stato sovvenisse lo Stato sociale che ha distrutto.
Niente è acquisito, tutto comincia. L'utopia cammina ancora carponi. Lasciamo alla loro vacuità celeste i miliardi di banconote e d'idee vuote che girano in tondo sopra le nostre teste. L'importante è "curare da noi i nostri affari" lasciando che la bolla affaristica si disfi e imploda. Guardiamoci dal mancare di audacia e di fiducia in noi stessi!
Il nostro presente non è il confinamento che la sopravvivenza c'impone, è l'apertura a tutti i possibili. È sotto l'effetto del panico che lo Stato oligarchico è costretto ad adottare misure che ancora ieri decretava impossibili. È all'appello della vita e della terra da riparare che vogliamo rispondere. La quarantena è propizia alla riflessione. Il confinamento non abolisce la presenza della strada, la reinventa. Lasciatemi pensare, cum grano salis, che l'insurrezione della vita quotidiana ha virtù terapeutiche inaspettate.
17 marzo 2020
Raoul Vaneigem
[Il pezzo "Coronavirus" datato 17 marzo e apparso il 19 marzo su Lundi Matin è, come dice la redazione stessa, un'anticipazione di una raccolta di scritti di Vaneigem in via di pubblicazione sotto il titolo "L'insurrezione della vita quotidiana" per Editions Grevis https://editionsgrevis.com/]
1 note · View note
themetamorosnsquadtwins · 6 years ago
Note
Ciao, innanzitutto adoro le cose scrivi. Stavo pensando a una cosa, a Lisbona Ermal ha detto che prende in giro Fabrizio davanti alle telecamere, ma dietro alle telecamere Fabrizio lo fa nero. Potresti scriverci qualcosa su? Che sia qualcosa di sessuale o meno, per me va bene lo stesso, è solo che mi piace l'idea che Fabrizio faccia rigare dritto il Meta, quando ci vuole.
Buongiornissimo anon!Intanto ti ringrazio tantissimo, sono davvero felice di sapere che le cose che scrivo ti piacciano
Allora, let’s go with it! E grazie per aver portato pazienza, sono un po’ incasinata in questi giorni, ma pian piano faccio tutti,  promesso.
Intanto premetto che non ho la minima idea di come lo renderò, sto iniziando a scrivere adesso, quello che succederà succederà. Quindi:
“Dietro alle telecamere è lui che mi fa nero - O di come Ermal Meta aveva bisogno di qualcuno che lo mettesse in riga (devo metterti in rigaaaaaa)”
(ambientata a Lisbona dai perché sono un po’ trash)Si ringrazia @bluebandit16 per le traduzioni in romano, perché ho immaginato che a fabrizio, nello scherzo e nell’enfasi, uscisse potentemente 
Allora. Partiamo dal presupposto che Ermal è, agli occhi di Fabrizio, un giovane uomo talentuoso, intelligente, capace, brillante, dolce, spiritoso (più o meno), bello, affettuoso e un sacco di altre qualità più o meno caste.
E permaloso.
Perché sì, come non manca mai di rimarcare, è permalosetto il ragazzo
Non che l’abbia mai trattato male, sia ben chiaro, ma offenderlo è abbastanza facile, sopratutto quando si tratta di impedirgli di fare di testa sua - particolarmente se ritiene poi che la sua idea sia a tutti gli effetti buona se non brillante
E a Fabrizio, quella cosa (inutile dirlo) un po’ piace
Anche perché Ermal solitamente se la prende solo per qualche minuto, per poi continuare semplicemente fingendosi offeso
Era diventato una sorta di gioco, ma la cosa che divertiva Fabrizio era vedere quanto potesse effettivamente stuzzicarlo
E, ancora meglio, metterlo effettivamente in riga
Ci sta rimuginando su mentre sono seduti a tavola nel ristorante e lui ripensa all'intervista di alcune ore prima, dove Ermal aveva affermato che dietro le telecamere era lui che lo faceva nero
Ed effettivamente non può negare che sia un’affermazione del tutto sbagliata
Davanti agli altri, lascia che sia lui a prenderlo bellamente per il culo (altra cosa che fuori dalle telecamere avviene al contrario ops) ma quando sono da soli, le cose non vanno esattamente in quel modo 
Accetta quel gioco perché, dal suo punto di vista, quello che Ermal fa davanti agli altri non è altro che un modo per attirare la sua attenzione e giocherellare con lui
Non che ne abbia bisogno, perché non manca mai di dargliela, ma nella sua testa Fabrizio è arrivato a paragonare il collega più giovane a un micino 
Micino che volendo l’attenzione del gatto adulto di turno, non manca di mordergli la coda e le orecchie e infilargli le zampine nel pelo, senza fargli male, ma semplicemente facendo sentire la propria presenza
E difatti, le sue prese in giro non sono mai offensive
Sono giocose, per lo più, anche affettuose a voler ben guardare
Non intende umiliarlo, anzi, è palese agli occhi di tutti che si vogliono bene e che tutto quello che Ermal dice o fa nei suoi confronti ha una sfumatura d’affetto più o meno nascosta
Dati questi presupposti, non gli da quindi per niente fastidio che sia così
E lui accetta il tutto con un sorriso e una risata, passandogli una mano tra i ricci o posandogli il palmo sulla coscia, lasciando in quei silenziosi gesti d’affetto il riconoscimento del suo scherzo e un bonario rimprovero che di rimprovero non ha di per sé nulla
Un po’ come a dire “Se, vabbè, ho capito, ce stai pure te qua, a posto, so che stai a scherzà, te voglio bene”
Certo, se Ermal intendesse offenderlo si arrabbierebbe anche lui, ma l’altro limita le prese in giro ai suoi modi di fare a volte un po’ grezzi e a volte un po’ “da anziano” (tra molte virgolette ma a volte bizio è propio quarantenne ammettiamolo) e in questo non ci trova nulla di male, anzi
E’ anche vero che, se fosse un po’ più permaloso (come il collega, appunto), probabilmente potrebbe prendersela anche lui in certe situazioni
Ma non lo è, per cui si limita a ridere a sua volta e basta
Tanto, appunto, fuori dalle telecamere non gli lascia così tanto campo libero
E non per cattiveria, ma perché in parte lo diverte guardare Ermal imbronciarsi come un bambino di due anni 
E in parte perché sente di dover preservare l’incolumità altrui dato che Ermal, certe volte, è veramente un pochino…beh, testa di cazzo
E dato che è lui l’adulto della situazione (più o meno dai), si risolve a dover, in poche parole, metterlo in riga
Cosa che non manca anche di fare a livello sessuale ogni tanto perché lol sono trash va bene? va bene. E insomma prima o poi ci dovrò scrivere un hc perché bizio che lo lascia li implorante insomma raga sono debole scusatemela ok? ok.
Come in quel momento
Momento in cui Ermal, braccia conserte al petto e broncio a incurvargli le labbra, lo sta guardando male
“A me pare un’ottima idea” gli rimarca di nuovo, sbuffando, lo zucchero a velo del suo dolce che si sparge in giro con gran disappunto di Fabrizio 
“A me pare na cazzata” insiste lui, mettendosi in bocca una forchettata del tortino (ottimo tra le altre cose)
“Sei solo geloso” si lagna Ermal, cosa che fa sbuffare Fabrizio a metà tra l’incredulo e il divertito 
“Ma de chi, de quello là?” dice, indicando un tavolo poco più avanti, dove Eugent ed Eleni stanno amabilmente chiacchierando tra loro, inarcando un sopracciglio 
“C’hai ragione” gli concede, ma quando lo vede gonfiarsi come un tacchino ghigna “In questo momento lo sono. E lo sto pure a invidià parecchio: Eleni è popo bona” lo stuzzica, sgonfiandolo all'immediato 
“Sì” gli rimbecca lui, imbronciandosi ancor di più “E anche Gent. Ora sei geloso di entrambi, congratulazioni” 
Ride. Ride perché non può fare a meno di farlo.
“Tanto è inutile che ce provi : no è, e no rimane” gli rimarca, perentorio 
Ermal sbuffa di nuovo, battendo appena il piede a terra, come i bambini di due anni
“Dai” riprova “Sarà divertente”
“E anche n'ottimo modo pe’ ammalasse, e io non ce tengo a fare una figuraccia mentre il mondo ce guarda per cui : no”
A questo punto, vede un filo di arroganza dipingersi sul suo viso mentre alza il mento 
“E chi mi impedirà di andare lo stesso con loro, tu?”
“Si”
Ermal ride, di una risata divertita ma appena arrogante
“Provaci” lo sfida, sporgendosi appena verso di lui, guardandolo
Un bambino, è un dannatissimo bambino
“Ho trentasette anni, faccio quel che mi pare” gli rimarca, e a Fabrizio verrebbe quasi da ridere se non fosse impegnato ad inarcare il sopracciglio, perché gli sembra tanto uno dei suoi bambini quando afferma “Ho tot anni adesso, sono grande!”
“Ermal” lo avverte, puntandogli contro la forchetta “T’ho detto no, chiaro?”
Non alza la voce.  Non alza la voce perché non è da lui farlo.
Ma il tuo tono non lascia spazio a una nuova obiezione
E quando vede Ermal aprire nuovamente la bocca per ribattere, interviene prima che parli “Ermal, no.Non me chiamo Vigentini. Non te lascio fà tutto er cazzo che te pare, soprattutto quanno te vengono ste idee der cazzo.” gli rimarca “Mo’ finimo de mangià e poi annamo a dormì, intesi?”
Vorrebbe non essere consapevole del fatto che quel tono su Ermal ha anche ripercussioni che non si limitano al capire che non lo sta prendendo in giro ma che è, in parte, serio
Ma lo è
Lo è perché la prima volta che l’ha usato con lui, esasperato perché il collega lo stava facendo disperare insistendo su una cosa che nemmeno ricorda, l’aveva visto sgranare gli occhi e poi arrossire, forse lui stesso imbarazzato dall’idea che quel tono perentorio gli risultava, in effetti, anche eccitante
E da quel momento non era mancata l’idea di usarlo anche a letto, perché anche lì Ermal spesso non mancava di essere un po’ comandino e un po’ capriccioso
E la maggior parte delle volte Fabrizio era bel lieto di accontentarlo, stando alle sue suppliche che sapevano un po’ di ordine
Ma altre volte si divertiva invece a lasciarlo frignare e implorare 
Senza dargli soddisfazione e anzi, invece, imponendosi con lo stesso tono che stava usando ora
Tono che, spesso e volentieri, con sua grande sorpresa, l’altro usava rispettare
A meno che non volesse provocarlo, ma quella era tutta un’altra storia e spesso si risolveva in orgasmi frenetici che lasciavano entrambi spossati
Ci avevano messo un po’ entrambi a capire (non senza un filo di imbarazzo) che quello era il tono che Fabrizio usava con i propri figli quando si impuntavano o facevano i capricci
Non era un tono di voce alto, perché lui odiava urlare, sopratutto addosso ai bambini, ma era serio e fermo, non secco ma comunque più duro rispetto al solito
Che non accettava, infatti, delle repliche. 
Non ne avevano parlato, perché la cosa poteva risultare imbarazzante, ma era diventato ovvio per entrambi che fosse così
Forse dipendeva dal fatto che Fabrizio sentiva una certa responsabilità verso il più giovane, forse perché quello era il suo modo di essere autorevole quando si trovava davanti qualcuno che si incaponiva permalosamente come un mulo
Fatto sta che di solito funzionava
E infatti lo guarda con una certa soddisfazione mentre, seppur imbronciandosi e seppur continuando a sfidarlo con lo sguardo, si ritira appena sulla sedia, poggiandosi ancora contro lo schienale
“E se io ci andassi comunque?” provoca, ma Fabrizio lo sa che a quel punto ha già ceduto, perché sta ragionando per un’ipotesi che sa che non si realizzerà
“Allora stanotte poi tornà nella tua camera da solo, visto che io starò ne'a mia”
Si guardano, si guardano per un lungo istante, Fabrizio che sembra dire “Ci siamo intesi?” con lo sguardo e Ermal che sta palesemente tentennando sul decidere se provocarlo ancora o meno 
E poi Ermal abbassa lo sguardo
Ssbuffa di nuovo, gonfiando le guance e poi sgonfiandole, riprendendo la forchetta e ricominciando a giocherellare con la sua torta prima di mettersene in bocca un pezzo
“Stronzo” borbotta a mezza voce
Fabrizio ride, allungandosi oltre il tavolo per dargli un buffetto sulla guancia e scompigliarli i ricci
E ride ancor di più quando Ermal finge un blando tentativo di scostarsi, da bravo duenne offeso
“Porello” lo percula, ironico, ridendo ancora, alleggerendo definitivamente l’atmosfera “Volevi annà a giocà co’ l'amichetti novi?”
“E smettila!” protesta lui, scostandosi ancora, anche se nel broncio nasconde il rossore leggero del viso e un sorriso appena trattenuto
Finiscono di mangiare battibeccando ancora scherzosamente
Ma quando si alzano, Fabrizio non riesce a impedirsi di pensare che forse, se si presentasse l’occasione…
E l’occasione si presenta pochi secondi dopo, mentre passano affianco al tavolo di Eguent e Eleni, che li guardano sorridenti mentre si avvicinano
Ermal quasi quasi vorrebbe sorpassarli
Andare dritto in camera
Ma sa che sarebbe maleducazione e oltretutto, Fabrizio gli mormora “Che fai, non li saluti gli amichetti tuoi?”
Cosa che lo fa stizzire, mentre arriccia il naso e schiocca la lingua, provocando una nuova risata da parte di Fabrizio 
“Allora” dice Gent, guardandoli, in italiano -a puro beneficio di Fabrizio e anche di Ermal che non è che ci capisca molto del suo albanese- “Ci venite a fare il bagno al mare?”
Ermal fa per replicare, ma Fabrizio coglie la palla al balzo
“No” dicono all’unisono, e poi si guardano
“Non ci va” dice Ermal, lanciando un’occhiata di sottecchi a Fabrizio, che sorride e sa, sa che gli sta passando qualcosa per la testa “Siamo stanchi, quindi penso che andremo a riposare. Sopratutto Fabrizio. Sai com’è…l’età” rimarca
Fabrizio non trattiene uno sbuffo incredulo
Gent li osserva, perplesso, prima di sorridere a sua volta “Oh, beh, mi spiace. Magari un’altra volta. Volete bere qualcosa prima di andare?” offre, già pronto a scostare la sedia per farli sedere
E Fabrizio, prima che Ermal possa parlare, scuote la testa
“No, grazie” dice, cortesemente, sorridendo “Lui non regge l’alcol e io ho già bevuto qualche bicchiere di vino. Ora, se volete scusarmi…” mormora, posando una mano sulla schiena di Ermal “devo andare a mettere a letto il bimbo. Ha fatto anche troppi capricci stasera”
Ermal si volta di scatto verso di lui, incredulo, la bocca socchiusa
E arrossisce, arrossisce violentemente, senza trovare davvero qualcosa con cui replicare, troppo preso in contropiede
“Eleni” saluta Fabrizio con un piccolo cenno “Eugent”
Gent che poverino li fissa senza sapere cosa dire, se ridere o meno
E poi si avvia, premendo delicatamente ma con fermezza il palmo sulla schiena di Ermal che, in automatico, lo segue, ancora troppo spiazzato alla sua uscita
Non appena mettono piede in ascensore, Ermal si volta, piazzandosi davanti a lui
 Fabrizio lo guarda e scoppia a ridere, non riuscendo più a trattenersi a causa della sua faccia tutta rossa e offesa
Ferito nell'orgoglio proprio, poverino
“Che c’è?” gli chiede, ghignando, prima di avvicinarsi a lui di mezzo passo dato che sono uno di fronte all'altra “L’hai detto pure tu che dietro alle telecamere te faccio nero”
E il suo sbuffo offeso, seguito da un “Che coglione!”, non fanno altro che accentuare la sua risata
“Guarda il lato positivo” gli dice “Ho detto che te devo mettè a letto, ma non ho detto come” gli fa presente
E nonostante l’orgoglio ferito, Ermal sorride, leccandosi appena le labbra
Fabrizio sorride a sua volta, avvicinandosi ancora per posare un bacio leggero sulla sua mascella “Perché non fai il bravo bambino” mormora, con la voce appena roca, guardandolo mordersi il labbro inferiore, stringendolo tra i denti superiori “E vai ad aspettarmi in camera tua?” chiede, mentre le porte dell’ascensore si aprono, spingendolo appena per farlo retrocedere e uscire.
Ermal lo guarda, schiudendo le labbra, gli occhi enormi fissati su di lui 
Lo bacia gentilmente, nel corridoio, prima di lasciarlo li ritraendosi appena e avviandosi verso camera sua -che non sta praticamente usando- e dicendo “Due minuti e arrivo”
“Bizio” lo richiama Ermal e lui si volta, trovandolo che lo fissa in corridoio “la prossima volta, ti faccio nero io”
E Fabrizio ride, aprendo la porta e entrando in camera
SIPARIO
(e non voglio dire che questa cosa avrà un continuo smut ma questa cosa avrà un continuo smut ciao)
EBBENE ANON, spero la cosa sia stata di tuo gradimento. Non lo so, così, volevo far prendere un po’ ermal per il culo (Non letteralmente sta volta), per cui spero sia venuto bene l’intento.
Alla prossima!
181 notes · View notes
itachi-with-a-chicken · 6 years ago
Text
BAGNINO AL LIDO FINALE
Se non finisce qui mi taglio le mani
(non è vero li amo tanto)
(carica 1, carica 2, carica 3: LIBEROA!)
First thing first: come anticipato sullo strumento di controllo e distruzione di massa, Facebook, questo è il setting di questa ultima parte (però di notte vbb)(che non ve ne frega niente ma ero al mare ed era bll)
Tumblr media
"conosco una scorciatoia" "Ma se ti perdi a casa tua"
Ma nonostante le lamentele Ermal segue Bizio dietro il baretto e lo osserva aprire la porta di servizio
MA NON È CHE COSTUI HA PENSIERI POCO ONESTI? Si domanda mr. Meta, che comunque non pare troppo schifato dalla cosa E TE VORREI VEDERE
Però Fabrizio è un uomo onorevole e dopo aver mezzo scassinato la porta (perché in teoria aveva la chiave solo per uno dei lucchetti) lo tira per mano nella semi oscurità
E mezza idea gli era venuta, sai com'è
La mano di Ermal calda nella sua, il corpo praticamente appiccicato al suo
Poi tutte le magiche implicazioni sentimentali
(MA LIMONATELO NO?!) (No.)
Però erano là per una ragione e quindi salgono le due rampe di scale segui il corridoio sbaglia la porta torna indietro vieni asfaltato 4 volte da Ermal ma
FINALMENTE BECCANO LA PORTA GIUSTA
Fabrizio super bravo a fingere che non si fosse minimamente perso ed era tutto programmato
E spuntano sul tetto aka terrazzino aka posto in cui i poracci che stanno in spiaggia si vedono per i poracci che sono
"ce potevamo portare due birre" fa notare Fabrizio "ma da qua i fuochi si dovrebbero vedè bene. E poi è più tranquillo"
Ermal non dice niente e si siede affianco a lui lasciando quei dieci centimetri tattici che manco lo spirito santo ci sta per la tensione
E quindi mo' che fai? Non è che ti metti e limoni così a caso a tempo perso
anche se guarda ho i miei dubbi qualcuno si sarebbe lamentato vbb
No, te metti a chiaccherare del più e del meno
Della canzone che ti ha appena cantato, eh Ermal, parliamo delle canzoni dedicate con parole precise eh
"hai una voce pazzesca" dice finalmente, che è uno statement abbastanza oggettivo brv
Bizio sorride in quella maniera speciale che pare abbia di nuovo 5 anni e muove le gambe giù dal cornicione dov'erano seduti, imbarazzato
"l'inglese non è esattamente la lingua mia però" "ma guarda potresti usare solo suoni senza parole e andresti benissimo"
E che non lo sappiamo i bei suoni che vorresti sentire da Bizio
"no ma sul serio, in queste sere non cantavi mai e sono quasi offeso da sta cosa" "ma che ti offendi, al massimo sii onorato che a te l'ho fatto sentire" "eh ma mi hai privato di questo per un mese e oltre ti sembra il caso" "e non rompere, che sarai si e no la seconda persona che mi ha sentito cantare una canzone intera"
Ermal lo guarda, mentre si sentono i primi botti di avvertimento, e sorride più apertamente "se la metti così mi sento fortunato. Oserei dire speciale"
"beh, lo sei"
Ermal.exe stopped working
@ Fabbbbrizio non puoi uscirtene con queste cose che poi uno ci muore male
La scimmietta che batte i piatti nel cervello di Ermal ha cominciato ad andare a fuoco per il sovraccarico
"che poi è un po' ridicolo che non mi faccio sentire da nessuno, no? Per uno che dice di voler fare il cantante"
Fabrizio aveva detto quelle cose fissando il mare e di conseguenza ignorando il cataclisma emotivo in Ermal, che per un momento si riprende e quasi si illumina
"ANCHE IO VOGLIO"
hem. Ermal. Dai. "cosa?"
"fare il cantante. Non ridere, ma voglio fare la rockstar... Ma se per me è ridicola come idea, per te è ovvio cioè chi è il cretino che non ti scritturerebbe con il vocione che hai, il bel faccino e non parliamo dell'aria da figo e tenebroso"
"quindi ho una bella faccia e sono figo?"
Fabrizio e l'acquisizione dei concetti fondamentali 10+
Ermal stava....arrossendo? Mr faccio più figure di merda che tuffi in acqua? Arrossire? What kind of shojo nonsense is this
And yet te lo vedi là a fare i cerchietti in aria con i piedi perché si insomma che Fabrizio fosse bello era un dato oggettivo fattuale abbastanza riconosciuto da chiunque
Ma a Fabrizio frega un cazzo dell'opinione degli altri
Mentre i fuochi cominciano passa una mano attorno alle spalle, chiudendo quei pietosi centimetri che facevano più ridere che altro
"sai che pure a te ci vedo bene a fare la rock star?" Gli dice nell'orecchio e si Bizio stai certo che Ermal ha davvero capito che gli hai detto si si mica sta andando in autocombustione mannaggia ai calzoncini troppo leggeri e Fabrizio troppo vicino
Si azzarda a distogliere dai colori luminosi nel cielo per guardare il ragazzo affianco a lui e ABORT MISSION ABORT MISSION
Perché Fabrizio è bello bellissimo in generale
Pure dopo una giornata di sole caldo sale sabbia e lavoro risultava alla peggio caruccio alla meglio un pezzo di fregno su due gambe
Però in quel momento era da togliere ogni fiato
Che Ermal sarebbe riuscito a spiegare cosa muoveva le cose l'universo e tutto quanto
E stava guardando lui
Non ce sta a crede
Però era così
Fabrizio aveva allacciato lo sguardo al suo in quel misto di innocenza e divertimento e dolcezza e infinita bellezza che solo certe anime potevano avere
Ermal ringraziò il cielo che fossero seduti perché uno spettacolo del genere era da far tremare le gambe
E non parlava dei fuochi d'artificio, che proseguivano indisturbati
Senza pensarci veramente (lol con quale cervello, ormai aveva fatto sayonara) alza una mano e gli carezza leggermente il volto
Col cliché dei cliché così cliché che boh, uniscono i loro volti esattamente nel momento massimo dei fuochi e tutto l'universo pare essersi messo in ordine per stare dietro a loro
Fabrizio usa l'altro braccio per stringere Ermal e tirarlo a sé e com'è o come non é stanno a pomiciare per boh X tempo
X tempo a quanto pare era abbastanza perché 1- i fuochi finissero 2- la gente si levasse di mezzo e 3- i loro amici si rendessero conto che OPS CHE FINE AVRANNO FATTO ERMAL E FABRIZIO
(Marco: se l'universo mi ama, saranno a pomiciare)
NEWSFLASH MARCO!!!!! L'UNIVERSO (io) TI AMAAAA
e insomma li vedono sul cornicione del baretto e come tutti gli amici cagacazzo fanno partire L'APPLAUSO DELLA VITA CAMPIONI DEL MONDO BEPPE ANDIAMO A LISBONA ABBIAMO VINTO SANREMO IL CIELO È AZZURRO SOPRA QUESTO LIDO
also "A' NFAMI SCENNETE DAR TETTO PRIMA CHE VE BUTTO DE SOTTO" del capo (che volevo scrivere in pugliese ma ho la sensazione che ci capiremmo in 3)
(a onor di cronaca sarebbe "a' 'nfamun asc'nnit da ddà o v menc abbash")
E quindi forse, FORSE, dovevano scendere
A scendere hanno impiegato esattamente lo stesso tempo che a salire ma NON PER GLI STESSI MOTIVI IHIIHIHIHIHIHIHIHIHIHIHI
(giuro che la smetto)
E quindi sono tutti gnignini carini Fabrizio non molla la mano di Ermal manco per sbaglio e si guardano come se avessero appeso la luna in cielo e Vige sta per: vomitare
E siccome a sfotterli siamo tutti buoni, Andrea piglia la chitarra abbandonata PYKKOLA ANCYELA e inizia a intonare qualcosa di tremendamente simile a
Summer loving had me a blast, summer loving happened so fast. I met a CIUTAGLIONE crazy for me, met a BURINO cute as can be
E vi vorrei pure chiudere qua però dalla regia mi dicono che questi l'estate dopo tornano a lavorare là perché c'era bisogno di un animatore e vuoi che Ermal non si proponga?
(L'unica maniera per farli lavorare è mettere i turni in contemporanea o stanno là a rompersi i coglioni a vicenda) (fortuna che Bizio passa al bar in maniera stabile o la gente sarebbe allegramente affogata per il tempo che lui passava a fissare il suo ragazzo muoversi al ritmo della Cintura) (male, malissimo)
(also non vi stò a dire la maniera BRUTTA in cui la tizia che fa l'animatrice con lui ci prova) (mamma mia vergognoso) (e Fabrizio non è una persona gelosa, non ti fa le scenate)
(ma per scendere lui e mettersi a ballare asereje CAPITE IL LIVELLO)
(Ermal ovviamente se la ride ma fino a una certa perché Bizio sa muoversi) (HEY META HAI SETE? MI SEMBRI THIRSTY)
Rip i poveri bambini che hanno dovuto assistere allo scambio: la loro innocenza non sarà più innocente come una volta
(e rip pure la tizia che non ha proprio capito che deve andare a giocare più in là finché stava a fare tutta la snegnina in costume striminzito e Ermal si è alzato per andare a spalmarsi su Bizio appena uscito dall'acqua con la musica di Baywatch in sottofondo)
Questo conclude questa magica avventura in 4 parti che non sapevo neanche io fin quando non mi sono trovata a scriverla
Vi auguro si trovare il Bizio del vostro Gigi, e non tirategli le trecce
(AH BONUS: AVETE PRESENTE IL LATO DESTRO DEL TETTO IN CUI C'È LA ROBA DI FERRO PER EVITARE DI CADERE DI SOTTO? INDOVINATE IL GENIO CHE HA PROVATO A FARCI TITANIC)(che dico io se devi farlo almeno al piano di sotto che è fatta bene NO DOVE STA GIUSTO APPOGGIATA)(ecco perché Ermal non è corvonero)
123 notes · View notes
volevodirtj · 6 years ago
Note
Io sono una fan dell'angst (ma a lieto fine)... pensavo a questo. Tra Ermal e Fabrizio c'è una notte di passione (a Sanremo o l'ultimo giorno a Lisbona), dopodiché Fabrizio ha un momento di distacco per via della confusione che sente, non essendo mai stato con un uomo prima di Ermal. Ermal, dal canto suo, che già aveva una cotta seria per Fabrizio, si sente usato da Fabrizio e si fa mille problemi (anche per lui era stata la prima volta con un uomo, e si era concesso a Bizio).
Ciaoanon!
Comepotevo non risponderti, da fan dell’angst a lieto fine quale sono?
Inutiledire che ho amato scrivere questo prompt, anche se forse una semplice lista perpunti non basta per esprimere tutto come vorrei (ed è venuta lo stessochilometrica) e servirebbe una bella fan fiction, una di quelle intense estrappalacrime. Magari un domani mi impegnerò per scriverla, chissà…
Bandoalle ciance e passiamo al succo della questione!
L’Eurovision è terminato da pocoe le celebrazioni si sono spostate all'ultimo piano dell’hotel in cui alloggianotutti i partecipanti
La maggior parte degli invitatisi sta congratulando con la vincitrice, appena arrivata, e Fabrizio puòfinalmente tirare un sospiro di sollievo
Fino a poco prima era impegnatoin una conversazione, di cui aveva capito sì e no quattro parole, con un membrodi chissà quale delegazione
Per fortuna l’alcol l’avevaaiutato ad essere più spigliato ma, a giudicare dalle grasse risate del suointerlocutore, doveva aver sparato qualche stronzata
Poi era stato distratto anche luidalla tipa di Israele e se n’era andato così come era venuto
La festa si sta rivelando fintroppo noiosa e Fabrizio si è decisamente rotto le palle
Vuole solo ritrovare Ermal estare un po’ in sua compagnia, prima di concedersi qualche ora di sonno
Non deve cercare a lungo, perchélo trova seduto al bar in compagnia della cantante di Cipro
Stanno sorseggiando un drinkalcolico mentre parlottano fitto fitto in albanese
Lei ha un sorrisone che leillumina il viso e sta fissando Ermal in un modo che a Fabrizio dà decisamentefastidio
Non riesce a comprendere perchéalla vista di quella scenetta provi qualcosa di molto simile alla gelosia
Sa solo che Ermal lo vuole tuttoper sé e deve trovare il modo di portarlo il più lontano possibile da quella
Così si avvicina con moltanonchalance e si siede affianco al suo compare
Dapprima prova a simulare uncolpetto di tosse, per attirare l’attenzione su di sé
Ma viene completamente ignorato
Allora si allunga versol’orecchio di Ermal e gli sussurra con tono eloquente: “Sono stanco, miaccompagni in camera?”
Ermal coglie al volo la richiestapoco eterosessuale di Bizio e avverte un fremito
E se da una parte si fingescocciato, perché la sua opera di rimorchio stava procedendo alla grande
Dall’altra non può negare chequella frase così esplicita gli abbia suscitato cose ed è curioso di vedere dove voglia andare a parare
Sta già cominciando a farsifilmini mentali
Così saluta Eleni e senza batterciglio lo segue fino a dentro l’ascensore
Le porte fanno appena in tempo arichiudersi, che Fabrizio gli è già saltato addosso bloccandolo tra il suocorpo e lo specchio
E insomma limonano
Il cervello di Ermal fa fatica adelaborare la situazione: un Fabrizio abbastanza brillo sta limonando con luiall'interno dell’ascensore di un hotel a Lisbona, a seguito della piùimportante manifestazione canora a livello europeo, dove si sono classificatiquinti
La parte razionale continua aripetergli che Fabrizio non è sobrio, che probabilmente non sa cosa stiafacendo
Gli suggerisce di scansarlo, dinon approfondire ulteriormente perché l’indomani si sarebbe sicuramente trovatodavanti una brutta sorpresa e ci sarebbe rimasto di merda
Peccato che Ermal stiaricambiando quei baci con altrettanta foga, sbattendosene alla grande di tuttiquei consigli
Perché, inutile negarlo, Ermal lacrush per Fabrizio ce l’ha da un bel pezzo e in quel momento non gliene freganulla di tutte le conseguenze
Vuole solo vivere il momento
Impegnati come sono, a malapenasi accorgono che le porte dell’ascensore si sono aperte
Fabrizio lo trascina sulpianerottolo e lungo il corridoio, fino alla porta della sua stanza
Si stacca da lui solo perprendere la chiave nella tasca dei pantaloni e infilarle con fatica nella toppa
Ermal ridacchia mentre lo senteimprecare in romano contro la serratura
Non appena riesce nel suointento, Fabrizio lo mette a tacere con l’ennesimo bacio e lo spinge conimpazienza dentro la camera
La mattina successiva il primo asvegliarsi è, sorprendentemente, Fabrizio
Ha decisamente dormito male e glisembra di non essersi riposato per niente
Per questo ci mette un po’ arealizzare la presenza di Ermal steso affianco a lui, completamente nudo
All'improvviso tutte le immaginidella sera prima gli riaffiorano alla mente e può sentire ancoraindistintamente le mani di Ermal sul suo corpo
Sente l’urgente bisogno diallontanarsi da lì
Quindi si riveste velocemente edesce fuori per fumarsi una sigaretta
Fabrizio è: confuso
Soprattutto perché non era maistato con un uomo prima d’ora
Lui ed Ermal erano andati d’accordosin da subito e avevano un rapporto speciale e Fabrizio non voleva di certomandare tutto a monte
Quindi meglio restare solo amici,no?
Eppure era stato lui a cercareper primo il contatto ieri sera e non può negare che gli sia piaciuto
Ma è piuttosto convinto che Ermalnon ricambi i suoi sentimenti, farebbe meglio a sopprimerli e far finta chenulla sia mai accaduto
Quando Ermal si sveglia, Fabrizioè andato via già da un po’
L’altro lato del letto èsgradevolmente vuoto, ma le lenzuola hanno ancora l’odore di Bizio
Questo fa sentire Ermal ancorapeggio
Per una volta ha deciso dimettere da parte la razionalità e ne è rimasto ustionato
Il bello è che lo sapeva, sapevache sarebbe andata a finire così, ma ha deciso di rischiare lo stesso
Ha un magone in gola e gli occhiiniziano a pizzicargli in maniera quasi fastidiosa
Fabrizio l’ha usato, è l’unicacosa a cui riesce a pensare
Scende a fare colazione e lo vedeseduto ad un tavolo assieme ad Andrea e Paolo
Fabrizio si accorge in fretta dilui e scatta in piedi, sotto gli sguardi straniti degli altri due
È costretto a passargli accantoper uscire dalla sala
Tiene lo sguardo basso e glimormora un saluto a denti stretti
Ermal vorrebbe urlargli con tuttoil fiato che ha nei polmoni un “brutto stronzo!”
Si limita a servirsi, ad occupareil posto in cui prima stava seduto Fabrizio e a consumare la colazione insilenzio
Andrea si azzarda a chiedergli setutto vada bene, ricevendo come risposta un “fatti i cazzi tuoi”
Le cose non migliorano per nientein aeroporto, qualche ora più tardi
Fabrizio cerca di dimostrarsifriendly, più che altro per destare i sospetti di tutta la delegazione italiana
Peccato che Ermal abbia deciso digiocare al gioco del silenzio e si comporta come se non esistesse
Fabrizio è leggermente incazzato,perché lui vorrebbe anche chiarirsi ma la testardaggine e l’orgoglio dell’altronon lo aiutano per niente
Anzi, si sente ancora più incolpa
E mezzo secondo dopo si ritrova apensare che Ermal abbia tutte le ragioni del mondo per avercela con lui
Decide di aver bisogno di un po’di tempo per mettere in ordine fra i suoi pensieri confusi
Quindi passano tutto il viaggiodi ritorno in silenzio
Nei giorni seguenti Ermal è aRoma per registrare il nuovo videoclip e, sebbene Fabrizio sia tentato diraggiungerlo sul set, si riguarda bene dal farlo
Non avrebbe avuto nulla da dirglio un motivo valido per giustificarsi e sarebbero finiti a discutere davanti atutti
Perciò si rintana in casa e passatutto il tempo a scrivere e riflettere
A malapena mangia
Esce di casa solo per provare conla sua band per il concerto all'Olimpico, ma anche durante le prove si ritagliaquanto più tempo possibile per stare solo
Una sera, dopo aver messo ibambini a letto, si siede al tavolo della cucina e termina gli ultimi versi diuna canzone
L’aveva scritta di getto, sitrattava di frasi alla rinfusa buttate nero su bianco e necessitavaurgentemente di una revisionata
Ma, mentre la rilegge, non puòfare a meno di notare quanto quella canzone confusa parli di Ermal, di comequel ragazzetto gli abbia cambiato la vita e del fatto che non credevaminimamente possibile che a quarantatré anni potesse innamorarsi di nuovo, comese di anni ne avesse ancora venti e l’intera vita davanti da vivere assieme
E Fabrizio non ce la fa più anegare i suoi sentimenti
Non vuole più essere solo il compare di Ermal
Perché lui si è seriamenteinnamorato e non è una cotta passeggera
È intenzionato a dichiararsi,vada come vada
Quel mercoledì si ritrova aguidare in direzione di Genova, perché ha promesso a Libero di fargli conoscereTotti
Stanno andando alla Partita delCuore, dove giocherà anche Ermal e Fabrizio sta mentalmente ripassando ildiscorso da rivolgergli a fine partita
Non vuole farsi vedere primadell’inizio, quindi cerca di evitare gli spogliatoi
La partita, quella sera, se lagode a bordo campo con Libero affianco, attento come non mai
Il suo occhio ogni tanto cade suErmal e “meno male che non canta come gioca a calcio!”
Fabrizio scoppia a ridere e gliscompiglia affettuosamente i capelli
In realtà della partita nongliene frega nulla, il suo cervello è completamente altrove
Dopo mezz’ora, finalmente, Ermalesce dal campo e trova una giornalista ad attenderlo per una breve intervista
Fabrizio ne approfitta e agiscedi impulso
Gli piomba alle spalle e gliafferra i fianchi, abbracciandolo da dietro per poi scansarlo in modo scherzoso
Ermal contrae i muscoli quando lotocca, ha già capito di chi si tratta e le parole dell’intervistatrice glienedanno conferma
Ermal gli sorride e risponde atono alle sue provocazioni, ma Fabrizio sta bene che sta solo recitando
Lo capisce dai suoi atteggiamenti
Fabrizio si spinge un po’ troppoin là, ma se ne accorge solo quando lo sente irrigidirsi per la seconda voltain una manciata di secondi
Lo attira verso di sé e gli dà unbacio sulla guancia, mentre l’intervistatrice commenta la scena estasiata
Subito si rende conto dellacazzata immensa
Così, quando Ermal si allontanain direzione degli spogliatoi senza rivolgergli una parola, decide dirincorrerlo per scusarsi
Chiude la porta alle sue spalle,per essere certo che nessuno possa sentirli, ed Ermal sussulta
Si volta a guardarlo e nei suoiocchi Fabrizio ci legge una freddezza e un’indifferenza che mai gli ha visto involto
Deve averlo ferito davvero tantoe non sa se riuscirà mai a perdonarselo
Ermal lo interrompe prima chepossa cominciare a recitare il suo discorso
“Risparmia il fiato, non vogliosentire nessuna delle tue stronzate”
Il tono di voce è tagliente, manon come quando deve rispondere a provocazioni poco velate di qualchegiornalista
È distaccato, come se nonprovasse più nulla nei suoi confronti
Fabrizio si sente ancora peggio eall'improvviso non sa più cosa dirgli, tutte le parole che si era preparatosembrano inutili
“Volevo solo scusarmi…”
“Quindi dopo avermi umiliato eingannato in quel modo tu vorresti scusarti! Senti…”
Ma le parole gli muoiono in gola
Ermal vorrebbe vomitargli addossotutto quello che prova, o quantomeno mandarlo a fanculo
Però la voce gli si spezza eresta in silenzio, perché teme di scoppiare a piangere proprio davanti a lui esarebbe una dura botta per il suo orgoglio
Fabrizio approfitta del silenzioper portare avanti il discorso, ma Ermal lo interrompe prontamente
“Ermal…” “Va’ da tuo figlio. Noinon abbiamo più nulla da dirci”
E allora Fabrizio decide dibattere ritirata e se ne ritorna mogio mogio da Libero
Si richiude la porta alle spalleed è solo allora che Ermal si sfoga
Non riesce più a fermare le lacrimeche gli solcano il viso e vorrebbe tanto urlare a pieni polmoni, esprimere inquel modo tutto il suo dolore
Si limita a prendere a pugni unarmadietto
La verità è che vorrebbe odiarlo,perché si è preso gioco di lui
E lui, come uno stupido, gli haofferto i suoi sentimenti su un piatto d’argento
E l’ha fatto sapendo benissimoche non avrebbe ricevuto nulla in cambio, se non l’ennesima fregatura e nuovilividi sul cuore
Quindi la verità è che odia piùse stesso che Fabrizio
Odia la sua ingenuità
E vorrebbe solo non vederlo maipiù
Magari col tempo le sue ferite sarebberoguarite e si sarebbe dimenticato di quella cotta stratosferica
Speranza vana perché quattrogiorni dopo lui è a Roma per la puntata di Amici e Fabrizio è ospite
È intenzionato a non incontrarenessuno prima dell’inizio della registrazione, quindi se ne resta rintanato incamerino fino a che qualcuno non lo viene a chiamare
Scambia qualche parola con glialtri membri della commissione esterna, ma si vede troppo che non ci sta con latesta
Lui continua a ripetere di starebene, ma vuole convincere più se stesso che gli altri
Perlomeno non ha ancora visto Fabrizio
La semifinale comincia con iduetti con gli ospiti ed Ermal trattiene il fiato ogni volta che annunciano unnome
Sa che Fabrizio è uno di quegli ospitiche si deve esibire con uno dei ragazzi in gara (in questo caso, Irama)
Non sa se riuscirà a reggere quel duetto
Finalmente è il turno di Irama,che comincia ad intonare i primi versi di Pensa
Ermal vorrebbe tanto scapparefuori da quello studio, quando Fabrizio fa la sua comparsa in cima allascalinata
Sapeva già bene che quel duettolo avrebbe destabilizzato, ma non immaginava così tanto
Ermal osserva attentamente l’interaperformance con gli occhi lucidi
Ogni singola parola di quellacanzone lo sta logorando dentro
E si ritrova a canticchiare avoce bassissima senza rendersene conto
Per un attimo ha la sensazioneche Fabrizio si sia voltato a guardarlo per un paio di secondi, ma deveesserselo immaginato
Peccato che Fabrizio lo abbiaseriamente guardato e che si sia accorto della sua condizione
La performance finisce e per pocoErmal non si alza in piedi per fare una standing ovation
Batte le mani il più forte possibilee ricaccia indietro le lacrime
Maria De Filippi sta domandando aFabrizio qualcosa sul concerto all'Olimpico ed è proprio in quel momento che luilo nomina
Stavolta non ci sono dubbi cheabbia occhi solo per lui e gli sta rivolgendo uno dei suoi sorrisi più belli
Ed Ermal è ben consapevole chequel sorriso lo rivolge solo ai suoi figli esolo a lui
E non può fare altro che sorriderglidi rimando ed è la prima volta in tre settimane che gli sorride in quel modo
Non è un sorriso finto, diconvenienza
È sincero, vero come poche altrecose
Fabrizio lascia lo studio edErmal vorrebbe tanto che corresse da lui e lo stringesse in un abbraccio
Ne ha bisogno
Ma sa che non lo farà, è statopiuttosto chiaro alla Partita del Cuore
Lo segue con lo sguardo fino ache non sparisce del tutto
Se non fosse che sono in direttanazionale, che la gara deve andare avanti, Ermal si sarebbe già alzato, l’avrebberincorso e lo avrebbe baciato
Sente il bisogno urgente dibaciarlo fino a togliergli il respiro
Perché all'improvviso si èdimenticato il motivo per cui ce l’abbia tanto con Fabrizio
Perché lui, dopotutto, ci aveva sperato che Fabrizio si facesse vivo in tutti quei giorni che aveva passato a Roma, che gli facesse una sorpresa
Perché già alla Partita del Cuoreaveva avuto il presentimento che Fabrizio fosse davvero pentito delle sue azionie stasera ne ha avuto la conferma
Quel sorriso aveva cambiatotutto, gli aveva sorriso come un innamorato sorride al suo amante
E magari sta solo fantasticando,sono i suoi sentimenti a parlare
Ma Ermal vuole davvero fidarsi diquel sorriso e di quello sguardo e stavolta ha la sensazione che Fabrizio nonlo farà più soffrire
E, in fondo, non ce la fa adavercela con Fabrizio per troppo tempo, quello stronzo sa sempre come farsiperdonare
Lo odia per questo
Ermal decide di approfittaredella prima pausa pubblicitaria per precipitarsi nel camerino di Fabrizio eaffrontare quel discorso che era rimasto in sospeso per troppo tempo
Peccato che Simona Ventura, HeatherParisi e Rudy Zerbi si siano coalizzati per vedere chi riuscisse arompergli più il cazzo e non riesce ad uscire da quello studio fino alla finedella trasmissione
Ermal corre verso l’uscita,ignorando tutto e tutti, e prega letteralmente Iddio che Fabrizio non siatornato a casa
Va un attimo in panico quando vedeche il suo camerino è completamente vuoto
Fortunatamente, però, è solouscito fuori per fumarsi l’ennesima sigaretta
Fabrizio non fa in tempo nemmenoad accorgersi della sua presenza, perché Ermal gli si è letteralmente fiondatotra le braccia e lo sta stringendo con tutta la forza che ha
“Ti odio Fabrì, non sai quantocazzo ti odi”
Lo dice tra un singulto e l’altro,tra una lacrima e l’altra
Fabrizio sa bene che intende l’esattocontrario e si sente il cuore più leggero, perché quella è la conferma cheErmal ricambia i suoi sentimenti
Allora lo stringe un po’ più asé, permettendogli di poggiare la fronte sulla sua spalla e di bagnargli lagiacca di lacrime
“Scusami, sono un coglione.Perdonami”
Fabrizio non riesce a fare altro se non scusarsi ripetutamente
Restano così fino a quando Ermal non si calma
Solo allora ha il coraggio diguardare Fabrizio negli occhi e di scoccargli un bacio a fior di labbra
È il suo modo di fargli capire chel’ha perdonato
E che anche lui si è innamorato
“Andiamo a casa?”
P.S. Ragascusate, lo so che il finale è una merda. Non so scriverli, sono incapace.
45 notes · View notes
roses-symphony · 7 years ago
Text
Untiteled- Scene II
Pensavo che questa mi fosse venuta meglio, invece mi fa più schifo dell’altra ma vabbè -mi sento molto come una madre che ripudia i figli perché troppo brutti-
Io ve la lascio, se vi fa piacere leggetela. Di seguito la Scene I (non è necessario leggere la prima per  poter seguire questa, sono tutte autoconclusive) PS: Una pezzo di questa ff è ispirata ad una scena di uno dei miei manga preferiti; se indovinate qual’è....niente vuol dire che avete buon gusto in fatto di manga xD.
L’estate stava ormai prendendo il posto di quella primavera che li aveva visti dichiararsi il loro affetto e che li aveva accompagnati con il suo tepore, I suoi profumi, durante quegli incontri che restavano -in parte- segreti a molti. E di incontri ce ne erano stati tanti, più di quanto entrambi si aspettassero. C’era stato il concerto di Ermal a Milano ad Aprile, per il quale  Fabrizio aveva deciso fosse saggio partire un paio di giorni prima e restare fino ad inizio Maggio, “perché bisogna fare le prove, dobbiamo essere sicuri che tutto sia perfetto” , sarebbero più partiti da lì insieme per Lisbona nuovamente. C’era stata proprio la secondo visita a Lisbona, 10 giorni intensi nei quali avevano potuto dedicarsi, oltre che a quella esperienza unica, l’uno all’altro 24 ore al giorno perché le prove le facevano insieme, ai pranzi e alle cene dovevano partecipare insieme, così come alle interviste ma, più importante di tutto era il tempo che passavano insieme da soli, condividendo il letto e tutto lo spazio vitale che li circondava. C’erano stati tutti i weekend di Aprile da trascorrere a Roma per registrare quel programma che, se non gli avesse dato la possibilità di godere così tanto della vicinanza di  Fabrizio e fosse stata la scusa perfetta per “scappare” ogni weekend dal suo amante, avrebbe abbandonato dopo la prima serata.  E proprio per questi weekend romani Fabrizio aveva autonomamente deciso che no, non poteva restare in albergo una sera in più, si era stancato di passare ogni notte in stanze anonime, in lenzuola che profumavano di buono ma mai di loro, era stanco di creare ricordi in luoghi nei quali sarebbe difficilmente ritornato e visto che casa sua era fuori discussione perché c’erano i bambini - e Giada- aveva affittato un monolocale già arredato all’ultimo piano del palazzo difronte a quello dove c’era il suo studio di registrazione. Era piccolo, il letto posizionato, insieme a due comodini e una piccola scrivania, su quello che gli era stato descritto come un’ingegnosa trovata di interior design, ma altro non era che  un soppalco, talmente basso che Ermal, con il suo metro e ottantaquattro doveva far attenzione a non sbattere la testa contro il soffitto quando si alzava; da quel piano sopraelevato si poteva godere della vista  dell’openspace in cui c’era sia cucina che sala da pranzo e salotto, malamente arredati con un divano, un tavolino basso e un tappeto. Il bagno però, piccolo anche quello, sembrava essere diventato uno dei loro posti preferiti perché “ha la vasca” -così aveva quasi urlato Ermal quando l’aveva visto la prima volta -  Ma andava bene, perché alla fine ci passavano un paio di notti ogni tanto e, in realtà Ermal riteneva già quello in grande spreco. Lui non ne trovava il senso, gli alberghi andavano bene, perché prendere un posto che potesse essere identificato come il “il loro appartamento”  e avere il rischio di creare ancora più sospetti di quelli che le persone intorno a loro avevano già? Fabrizio però non ne aveva voluto sapere ed era andato avanti per la sua strada, aveva firmato il contratto a nome suo e il giorno stesso aveva fatto fare una copia della chiave che aveva dato ad Ermal con un fiocco attaccato sopra, da buon romantico quale era - anche se lo nascondeva sempre-. In realtà, l’unica cosa che Fabrizio desiderava, era  uno spazio che fosse loro, nel quale di potessero sentire sempre a loro agio, un posto dove rifugiarsi quando volevano ed Ermal, il senso di quel rifugio, lo comprese in una calda mattina di inizio Giugno.
Le riprese di Amici erano finite. Il concerto a Milano era andato alla grande. L’Eurovision era passato. E il tour ancora non era iniziato... ... si era quindi ritrovato in una quotidianità alla quale ormai era disabituato, intervallata solo dalle prove per i concerti. Una quotidianità fatta  dell’alzarsi e andare a dormire insieme alla sua compagna, dopo aver passato gran parte della giornata a condividere gli spazi e le situazioni , senza che tutto si concludesse con un “Torno tardi non mi devi aspettare” o “Domani parto, ci vediamo lunedì”. E si sentiva quasi intrappolato, un animale che fino a poco prima era libero di correre e che ora era stato messo in gabbia. Sapeva bene che la colpa di quel sentimento era solo e soltanto sua - e di Fabrizio anche, ma a lui non avrebbe mai fatto alcuna accusa - perché quella donna che per quasi dieci anni gli era stata a fianco, che l’aveva supportato e incoraggiato, lui l’aveva tradita, non solo in senso fisico ma principalmente emotivo. Le diceva di amarla quando ormai gli ultimi pezzi del suo cuore li aveva lasciati nelle mani ruvide di un uomo che, sapeva bene, li avrebbe custoditi a costo della vita, ed era stato tanto vigliacco da non trovare in quei mesi mai il coraggio di parlarle e dirle onestamente quello che provava, o meglio, quello che non provava più. E quella mattina si era svegliato particolarmente irritato, le aveva risposto male solo perché lei gli aveva chiesto cosa gli andava di fare, ma lui si era appena svegliato e con la voce ancora arrochita dal sonno aveva parlato senza pensare. Ma lei aveva voluto evitare la lite e l’aveva lasciato sbollire la rabbia da solo. Avevano passato la mattina in silenzio, ognuno perso in delle faccende che parevano richiedere tutta la loro attenzione e, alla fine, si erano ritrovati seduti al tavolo da pranzo. Lei lo guardava mangiare in silenzio, lo stomaco chiuso perché l’aveva capito, l’aveva sentito quando si era alzata quella mattina che qualcosa stava per cambiare ma non voleva forzare il destino. Questa volta, ormai stanca di dover ascoltare bugie sussurrate da quella voce dolce che tanto amava, aveva deciso di non agire ma semplicemente aspettava, aspettava che lui le vomitasse addosso la verità che avrebbe reso entrambi sicuramente tristi, ma più leggeri e più liberi di quanto non lo fossero ora. E alla fine il momento era arrivato; Ermal aveva spostato il piatto davanti a se con più forza di quella che ne richiedesse, poi l’aveva guardata e aveva sussurrato un “non hai fame?” A cui lei aveva risposto scuotendo la testa; lui era rimasto in silenzio per un po’, aveva poi preso un respiro profondo e, passandosi una mano tra i capelli già arruffati, aveva esordito con un “Silvia, ci siano delle cose che devo dirti...” e così aveva iniziato un flusso di parole lente e cadenzate che aveva ripetuto nella sua mente un’infinità di volte, lì dove  sembravano avere un peso più leggero ma che, una volta che le aveva fatte sfuggire dalle sue labbra, erano pesanti, più pesanti del silenzio che li aveva accompagnati negli scorsi mesi. Lei lo aveva ascoltato, conoscendo, o almeno avendo già intuito, parte delle cose che gli venivano rivelate. Ermal parlava di Fabrizio senza mai farsi sfuggire il suo nome, stando attento a non utilizzare pronomi maschili, nascondendo ancora, in quella verità, parte della realtà che stava vivendo. E Silvia lo ascoltava, lo sguardo basso e la consapevolezza che c’era stato qualcuno di così forte e importante da far sì che Ermal mettesse  in discussione una relazione come la loro che, non era certo perfetta, ma che aveva dato ad entrambi tanto in quei quasi dieci anni e che ora sembrava quasi impossibile potesse finire così. Non aveva detto molto Ermal, come al solito era stato conciso ed era arrivato dritto al punto, aveva inciampato un paio di volte sulle sue stesse parole però, perché era innegabile fosse agiato e vivesse quel momento con un immenso senso di colpa , ma lei era stata -ancora una volta- forte più di lui. Gli aveva sorriso triste, asciugando con il dorso della mano alcune delle lacrime che non era riuscita a trattenere “Mi chiedevo quanto ancora ci avresti messo prima di dirmi la verità” e lui pensò che sì, le donne erano proprio speciali, vivevano un’ empatia che gli uomini non potevano neanche vagamente immaginare.  Le aveva chiesto scusa, tendando di prenderle la mano poggiata  sul tavolo ma lei fu  pronta a tirarla via, alzandosi e dandogli le spalle. “Prenditi cura di te ora che io non posso più farlo io, ok?”  E quella donna, più che la Beatrice di cui Ermal cantava, si era dimostrata una Gemma innamorata del suo Dante che accettava la passione di questo per un altra donna e, da lontano, ammirava le opere nate che avevano l’altra donna come musa. Quella reazione era stata così matura ed elegante che gli fece ancora più male, avrebbe preferito che lei alzasse la voce contro di lui, lo prendesse a schiaffi, gli urlasse contro ma così non era stato. Non erano ragazzini; erano due persone mature e, se un amore finisce, non ha alcun senso tirare la corda o riprovare. La conversazione era continuata in camera da letto mente lei recuperava alcuni cambi e li buttava velocemente in una borsa: “Stai qui, vado via io” “No, davvero. Non riuscirei a stare un minuto in più in questa casa. Tornerò a prendere le mie cose un po’ per volta” e detto questo aveva chiuso la borsa e, guardandolo negli occhi un instante, gli aveva lasciato vedere il dolore e la delusione che li pervadeva prima di  dargli le spalle nuovamente andando via da lui e dalla sua vita.
Quella casa non gli era mai sembrata tanto grande e silenziosa come ora, mentre stava seduto sul divano ad ascoltare  musica che neanche si ricordava di aver messo su. Si sentiva opprimere da quel senso di solitudine che, prima di allora, non gli era mai pesato più di tanto e allora di era alzato di scatto e, dopo aver preso le sue cose era uscito per strada. Aveva pensato di chiamare Marco o Paolo per farsi venire a prendere e portare In stazione, ma considerò che fosse meglio coinvolgere meno persone possibili in quella situazione, aveva quindi preso un taxi e si era diretto alla stazione di Milano centrale mentre, durante il tragitto prenotava un biglietto per il primo treno in partenza per Roma. Fu il viaggio più inquieto della sua vita. Nonostante la comodità della poltrona di prima classe, nonostante la musica che si era costretto ad ascoltare e al libro che, infine, aveva tirato fuori dallo zaino che si era portato dietro - quello zaino che era di Fabrizio, neanche suo, che aveva dimenticato da lui lo scorso Aprile quando, all’improvviso, si era presentato di fronte casa sua il giorno del suo compleanno. Si ricordava ancora la faccia sorpresa di Silvia quando aveva aperto la porta e come Fabrizio l’avesse quasi ignorata per lanciarglisi addosso; inevitabilmente il suo sorriso si era allargato sul viso felice, nonostante poi avessero discusso perché “dovevi avvisarmi. Non sapevo come spiegarglielo” “Perché? Un amico non ti può venire a trovare il giorno del tuo compleanno?” “Un amico non si fa un viaggio in macchina da Roma a Milano per un Buon compleanno”  “Ma avevi il live, reggeva la scusa che ero venuto a supportarti, no?” Sapeva che quella reazione era stata sicuramente troppo esagerata e che Fabrizio ci era rimasto male, infondo lui non aveva fatto niente di sbagliato se non dare vita ad un desiderio di entrambi di vedersi,  ma era stato incauto a comportarsi così. Ermal avrebbe dovuto insegnargli meglio come mentire anche se, lui stesso, non era un esperto. Alla fine neanche si rese conto di essere arrivato a Roma Termini, perso come era in quei ricordi di quella stupida discussione che, dovette ammettere, gli lasciavano ancora l’amaro in bocca.
Scese dal treno lentamente, seguendo la processione di corpi che si accingevano all’uscita dove, trovata una panchina si sedette e scrisse un messaggio, le dita che si muovevano veloci sulla tastiera:
<<Sono in stazione. Vienimi a prendere>> Passarono pochi secondi e ricevette la risposta. <<Ma quale stazione? Che stai a dì E’?>> La risposta di Ermal fu una foto che lo ritraeva sorridente, gli occhiali da sole ancora poggiato sul naso e in cui era chiaramente visibile alle sue spalle la stazione di Roma. Una risposta a quel l’ultimo messaggio non l’aveva ricevuta ma il messaggio era stato visualizzato; non si preoccupò minimamente perché sapeva che Fabrizio non l’avrebbe lasciato lì , avrebbe potuto - fosse stato nei suoi panni l’avrebbe fatto patire un po’, prendendolo in giro e minacciando di lasciarlo lì tutta la notte- ma lui era buono, sempre, e una cosa del genere non l’avrebbe mai fatta. E infatti non passò molto tempo prima che vedesse arrivare il suo amico -termine sicuramente improprio per lo stato attuale della loro relazione- che lo cercava smarrito con lo sguardo; si tranquillizzò quando Ermal gli andò in contro e lo salutò con la mano, un sorriso sulle labbra e negli occhi. Ma Fabrizio neanche si soffermò a guardarlo perché lo strinse forte a se in un gesto che ricordava più quello di un padre che, dopo un grosso spavento, ritrova il figlio che si era nascosto dietro ad uno scaffale al supermercato, ma poi gli aveva preso  il viso tra le mani, prima per analizzarlo per essere sicuro fosse illeso,  per poi scrutarlo con quegli occhi nocciola pieni di sentimenti e fu davvero difficile, per entrambi, non baciarsi lì, in mezzo alla folla di persone che partiva e arrivava e che, troppo impegnata nei propri percorsi, non si rendeva conto di quei due uomini fermi che si scrutavano e si analizzavano e, anche in quel momento, si amavano senza far nulla se non perdersi negli occhi dell’altro. Ma quel loro universo personale svanì quando il lato paterno - e ipocondriaco- di Fabrizio  prese il sopravvento. “Ma stai bene? Che è successo? Come mai sei qua all’improvviso? “ era inquieto Fabrizio e lo si capiva, probabilmente si era fatto mille paranoie sul motivo di quest’arrivo improvviso ed Ermal si sentì, per l’ennesima volta quel giorno, in colpa. “Sto bene, non posso farti un’improvvisata se mi viene voglia di vederti? ” aveva ribattuto per poi continuare  “tu piuttosto... come cavolo sei vestito?” E rise scrutandolo meglio: il pantalone grigio della tuta che aveva sicuramente visto giorni migliori, la solita t-shirt nera che usava quando era in casa, i capelli scompigliati, più di quanto non lo fossero di solito e gli immancabili occhiali da vista sul naso. E quel suo essere “domestico” gli piaceva da morire ma, come un colpo ben assestato dietro la nuca, arrivò violenta la realizzazione che, fino a prima che lui gli chiedesse, senza minimamente riflettere, di andare a prenderlo, Fabrizio probabilmente era a casa con i bambini a rilassarsi e lui si era intromesso in quella sua realtà calma e rassicurante; l’aveva strappato via da quel suo rifugio sicuro senza una vera ragione e questo momentaneo sconforto fu palese sul suo viso tanto che Fabrizio dovette scuotergli la spalla leggermente per farlo tornare alla realtà. “Sicuro di stare bene? Faccio così schifo vestito così ?” Si era sentito chiedere per l’ennesima volta da un Fabrizio con tono apprensivo che, era chiaro, non fosse per niente convinto delle rassicurazioni ma aveva smorzato quella preoccupazione con una battuta alla quale Ermal rispose annuendo, accettando l’assist che gli aveva lanciato Fabrizio per metterlo di buon umore e aveva risposto con un tono poco convinto  “...almeno hai finalmente abbandonato il giubbotto da pescatore”. Ridendo si avviarono verso l’auto del più grande, quest’ultimo, che portava in spalla il suo zaino, gli teneva la mano stretta nella sua e, camminando velocemente, come se fosse impaziente di poter finalmente stare insieme, solo loro due, lo tirava con se facendogli strada verso il parcheggio. E a quel gesto Ermal sorrise; guardava la schiena ampia di Fabrizio davanti a se e sorrideva perché gli sembrava che, in quel momento, quello fosse il suo scudo a tutte le difficoltà alle quali poteva andare in contro - e a quelle che aveva sofferto e ancora lo tormentavano-. Volle godersi il momento che stava vivendo con infinita intimità, senza dire nulla neanche a Fabrizio, lasciandosi solo trasportare da quello uomo e l’affetto che provavano entrambi, sperando che nessuno li riconoscesse o notasse che quelle mani legate nascondevano un significato molto più grande di quello visibile agli occhi. Volle godersi pienamente quel momento in cui , nonostante fossero entrambi un po’ troppo cresciuti, si sentiva come un ragazzino che aveva bisogno di fuggire via da tutte le certezze e le sicurezze che poteva avere perché non gli bastavano più, perché alla stabilità aveva preferito l’incertezza dell’amore, e allora andava a rifugiarsi a casa - o nelle braccia - di quell’unica persona che lo capiva, che condivideva le sue stesse emozioni e che lo trascinava e si lasciava trascinare in questo flusso di sensazioni senza logica e razionalità. Si lasciò andare a quei pensieri mentre, stringendo ancora un po’ di più la mano di Fabrizio, si sforzò di dimenticare preoccupazioni e i sensi di colpa che l’avevano assalito poco prima, perché per una volta voleva essere egoista e godersi tutto quell’amore, nonostante tutto
Il suo umore era migliorato e, fortunatamente il viaggio in macchina lo passarono tra battute idiote di Ermal, con Fabrizio che rideva in quel modo particolare e tutto suo, nascondendo gli occhi con la mano quando era in imbarazzo, ma facendo risuonare la risata sincera e cristallina nell’abitacolo  - e quindi Ermal continuava a fare battute con l’unico fine di poter godere ancora di quella risata che amava- e tra silenzi confortevoli come era sempre stato tra di loro. E proprio in questi silenzi Fabrizio si distraeva dalla strada di tanto in tanto per guardarlo di sottecchi, credendo che con quegli sguardi mal nascosti potesse trovare la risposta a quell’ improvvisa visita per la quale, nonostante avesse chiesto varie volte, non aveva ancora ricevuto una risposta concreta. Quando arrivarono al loro appartamento Fabrizio aprì la porta di ingresso con la sua chiave e, una volta entrati, qualcosa sembrò diverso agli occhi di Ermal; di solito quando ci ritornavano c’era sempre il forte odore di chiuso che aleggiava nell’area, l’intera stanza buia per via delle tapparelle perennemente abbassate ma, questa volta, l’aveva accolto una casa “vissuta”.La luce del tramonto filtrava dalla finestra, sul divano c’era una felpa di Fabrizio insieme alla sua chitarra, delicatamente riposta e il posacenere sul tavolo in cucina vedeva già i resti delle Malboro che Fabrizio fumava. Ermal l’aveva guardato, una muta domanda che però non ebbe risposta -per il momento- Entrambi consapevoli che non avrebbero avuto risposte dall’altro molto presto, decisero di evitare ulteriori domande e, piuttosto, si dedicarono a recuperare il tempo che avevano passato lontano: “è quasi un mese” fu il pensiero del più giovane quando, finalmente, poté sentire nuovamente la bruciante sensazione di essere tenuto tra le braccia dell’altro e, come se l’avesse compreso solo in quel momento, gli sussurrò un “mi sei mancato da morire” prima di lasciare un bacio leggero sull’orecchio di Fabrizio, soffermandosi un po’ più del dovuto su quella pelle accaldata. Nonostante Ermal parlasse continuamente d’amore nei suoi testi, non diceva mai a voce alta “ti amo”, “ti voglio bene” o , “ mi sei mancato”; lui preferiva articolare le le sue emozioni, spiegare l’amore a parole sue, senza rendere quei sentimenti un ripetersi di frasi fatte. Il suo modo di dimostrare affetto era particolare e, anche se dall’esterno poteva essere frainteso o non capito, la persona a cui erano dedicate le sue attenzioni lo comprendeva perfettamente e non poteva che gioirne, così come faceva Fabrizio, che comprendeva il senso dietro tutte le battute che Ermal gli rivolgeva e ne leggeva dentro amore, per questo motivo le accettava e, a volte, si trovava a desiderare quel tipo di attenzioni. Però in quel momento, con il piacere pulsante che cresceva dentro di se, non aveva fatto in tempo a trattenere le parole che gli erano rotolate via dalle labbra in un suono armonioso. Quella dichiarazione improvvisa era arrivata alle orecchie del suo amante come se fosse una delle rivelazioni più preziose ed importanti, come se la sua vita dipendesse da quelle parole e, come se fosse fisicamente possibile, lo strinse ancora di più a se, lasciando che la loro pelle, i loro corpi, diventassero una cosa sola e, ad entrambi sembrò che in quel momento si stessero amando davvero, per la prima volta, liberi di poterlo fare senza alcuna paura -perché forse liberi lo erano diventati davvero ora, ma non lo sapevano ancora-
“Me lo dici adesso come mai sei piombato qui così?” Era stata la voce di Fabrizio a riecheggiare nel piccolo bagno  mentre entrambi rilassavano i corpi nell’acqua tiepida della vasca. Quella era diventata ormai un’abitudine; era stato Ermal ad uscirsene con l’idea una sera “perché fare il bagno mi rilassa, e poi se non possiamo andare  al mare possiamo almeno far finta” e, dopo la prima volta, era stato difficile non passare un po’ di tempo insieme in quella vasca che era però un po’ troppo piccola per accogliere due uomini adulti. Se ne stavano seduti ai due lati opposti, Fabrizio teneva le gambe stese difronte a se, le braccia appoggiate ai lati della vasca e il viso leggermente piegato sulla destra mentre, con uno sguardo reso morbido e leggermente lucido dal vapore dell’acqua e della passione appena consumata, guardava il suo interlocutore, in attesa di una risposta. Ermal sedeva tra le gambe teste e divaricate di Fabrizio, le sua raccolte al petto sulle cui ginocchia aveva poggiato il mento e ricambiava quello sguardo, il suo leggermente coperto da alcuni riccioli  bagnati dai quali cadevano lentamente delle piccole gocce d’acqua. Non gli aveva risposto subito, stava soppesando attentamente le parole da dire per informarlo su quanto era accaduto quella mattina. La realtà era che Ermal non voleva confessare  di aver lasciato la sua compagna perché teneva che questa sua decisione potesse influenzare Fabrizio e spingerlo a fare qualcosa che avrebbe avuto un effetto troppo grande da sopportare . Lui era -relativamente- libero, non aveva nessuno a cui dare conto e, in quel momento, la scelta migliore era stata quella di lasciare Silvia e vivere liberamente il suo amore con Fabrizio, ma per lui era diverso. Fabrizio aveva dei figli, una famiglia bellissima e non voleva che, per colpa sua, quell’equilibrio che aveva messo anni a costruire, venisse distrutto e, soprattutto, non voleva che i suoi figli soffrissero a causa di una scelta avventata del padre. Lui sapeva bene cosa volesse dire vedere una famiglia spezzarsi e tutto desiderava tranne che far provare le stesse sensazioni a Libero e Anita - anche se il paragone tra suo padre e Fabrizio non era neanche minimamente pensabile. Fabrizio sarebbe stato un padre fantastico, sempre-.  Ma a volte Ermal dimenticava di non avere il controllo su tutto e che, nonostante i suoi possibili sensi di colpa, alla fine Fabrizio avrebbe scelto da solo cosa fare. E mentre il silenzio si protraeva troppo a lungo nel tempo, fu nuovamente la voce roca dell’altro uomo a interromperlo “Hai litigato con Silvia, non è così?” il suo viso l’aveva tradito ed era chiaro capire che si, Fabrizio aveva colto nel segno. Alla fine si fece coraggio e, stringendosi un po’ di più le gambe magre al petto, sussurrò “L’ho lasciata…” dopo essere riuscito a dare il “la” a quel discorso, fu semplice spiegare a Fabrizio tutto il resto, tutto quello che era accaduto, la sua forte sensazione di inadeguatezza e frustrazione e, infine, il forte senso di colpa e solitudine che l’area pervaso e l’aveva fatto correre a Roma. “…ma con questo non voglio che anche tu faccia lo stesso. A me va bene così. Certo non vorrei doverti condividere con …lei - Ermal non la chiamava Giada mai per nome, forse per paura che se avesse detto quel nome, la presenza della donna sarebbe diventata troppo reale nella sua mente per poterla ignorare-  ma ci sono i bambini, le vostre famiglie sono coinvolte, non è semplice per voi. E poi li devi proteggere quei bambini, loro hanno bisogno di te più di quanto ne abbia io” e mentre parlava gesticolava più del solito, e Fabrizio lo ascoltava finché non ne poté più, gli strinse le mani tra le sue e se le potrò alle labbra, baciandole. “Io Giada l’ho lasciata un mese fa” e sembrava che quella serata fosse stata fatta per le loro confessioni “Quando ci siamo visti l’ultima volta ho capito che non potevo più andare avanti così. Ho sempre professato la libertà ma non la stavo vivendo; era necessario che facessi ciò che era giusto per entrambi. I bambini stanno bene, lei …starà meglio e anche io. Ma non potevo continuare a mentire e a vivere la nostra relazione come se fosse qualcosa da cui nasconderci per sempre.” E sicuramente Giada aveva avuto una reazione molto meno pacata rispetto a Silvia,  ma alla fine aveva capito, si erano chiariti e, fortunatamente, le cose sembravano andare bene, nonostante lei ancora soffrisse per questa separazione. “Perché non me l’hai detto?” aveva chiesto Ermal in tono leggermente irritato ma che nascondeva un’incredibile felicità. “Per lo stesso motivo per cui tu non volevi dirlo a me” “….ma alla fine io ho resistito poco, tu l’hai tenuto nascosto per un mese!!!!” aveva scosso la testa e aveva immaginato come si fosse sentito Fabrizio. Lui non era stato capace di resistere un giorno a quella sensazione di vuoto e senso di colpa, non immaginava quindi come lui avesse resistito così a lungo. Avrebbe voluto essere lì con lui, dirgli che avrebbero potuto superare tutto insieme, ma da buoni testardi quali erano, avevano deciso entrambi di agire da soli, cercando di arrecare meno preoccupazioni possibili all’altro. Senza dire più nulla, Ermal portò a se le mani di Fabrizio, che ancora stringevano le sue, e le baciò così come aveva fatto lui poco prima,  poi rise piano prima di parlare: “Quindi ora sei il mio “ragazzo”?” Aveva chiesto ammiccando con le sopracciglia , stando attento ad apostrofare la parola ragazzo “forse il mio “vecchio” è un termine che si adatta meglio....” e rise nuovamente dopo l’occhiata  storta di Fabrizio che commentò con un poco elegante  “ma sei proprio stronzo “ prima di ridere e, ancora una volta, nascondere i suoi bellissimi occhi dietro il palmo della mano tatuata perché l’idea di essere il suo “ragazzo” l’aveva imbarazzato ed emozionato allo stesso tempo. “Vabbè tanto sei bello anche con le rughe, me le farò andare bene” aveva continuato con un tono meno scherzoso e molto più amorevole mentre, con uno slancio veloce, che aveva fatto smuovere l’acqua, ormai quasi fredda, intorno a loro, si fece più vicino e carezzò il viso di Fabrizio come se fosse la cosa più preziosa che le sue mani avessero mai toccato.
Ermal riusciva ora a capire il perché di molte cose, prima fra tutte il senso di libertà e serenità che aveva provato mentre facevano l’amore, ora che sui cuori di entrambi non gravava più il peso del senso di colpa nel tradire le loro rispettive compagne, ora che non dovevano più nascondersi - almeno non ai loro amici- e potevano vivere il loro amore in serenità; e ora capiva anche  perché quell’appartamento spoglio gli fosse sembrato improvvisamente più vero, vissuto, che profumava di buono  - di Fabrizio- perché era stato lui a riempirlo nei giorni passati con la sua presenza ed Ermal non vedeva l’ora di lasciare, finalmente, anche la visibile impronta del suo passaggio in quella che era il loro rifugio; ma per ora decisero che, nonostante fosse ormai già notte, Roma era ancora troppo bella per non essere vissuta e troppo sveglia per andare a dormire. Nelle sue strade si sentiva forte il chiacchiericcio e la musica che si propagava dai locali  e dai pub ancora aperti. Ritennero opportuno festeggiare. Non sapevano bene cosa festeggiavano, forse la libertà, forse l’amore, forse festeggiavano solo e soltanto loro stessi, ma decisero di festeggiare a modo loro, camminando per le strade illuminate dalle luci dei lampioni, fermandosi a prendere un paio di birre e poi ricominciare la loro passeggiata. Videro posti che di giorno non avevano mai notato, sentirono storie raccontate dalla voce dell’altro che, alla luce del sole, probabilmente non si sarebbero mai detti, si baciarono nei vicoli della vecchia città, con le labbra che sapevano di birra e di risate  soffocate e,ancora una volta, si sentirono liberi di amarsi e di viversi ed entrambi sperarono, anche se non se lo dissero, che ogni giorno, per quanto iniziato male, avesse un finale come quello ed erano convinti che, finché  avessero avuto l’altro al proprio fianco, non sarebbe stato poi difficile far si che ciò accadesse.
11 notes · View notes
goodbearblind · 7 years ago
Link
Napoli è una città strana, non a caso uso il termine strana. Mai città fu così tanto bistrattata, insultata, dileggiata. Ieri come oggi. Una città antica, nel suo nome i secoli, i millenni. Nea-Polis, così si chiama, significa "nuova città", prima era la grande Cuma, ai piedi del vulcano si piangeva con le tragedie di Eschilo, si rideva con le commedie di Aristofane, pensate anfiteatri dove rimbombavano ironia, sarcasmo, critica alla società di allora, feroce satira. Tutto questo, ora, è dimenticato (o mai saputo) dai discendenti delle palafitte del nord, che urlano disprezzo e odio nei confronti di una città che ha reso tanto. Soldatini verdi che credono di essere i novelli "Giussano", ma Alberto, cari miei, non era Alessandro Magno, non montatevi la testa. Napoli è sporca, così dicono, eppure quando scesi dal treno la prima volta, una vita fa, il primo odore che sentii fu di bucato, si di bucato. In vicoli stretti che mi ricordavano l'amata Genova, erano stesi chilometri di panni, il profumo mi entrava dentro e mi accompagnava in altri vicoli, anch'essi del sapore della lavanda. Certo ho visto immondizia buttata in giro. Ho pensato: <Che vergogna, che tragedia>. Ma quell'odore acre di immondizia che sentivo non era di Napoli, no, era invece l'odore che ero solito sentire a Milano o Torino, città immense avvolte nelle ciminiere. Solo ricordi di ragazzo, nessuno si senta offeso, tutte le città puzzano, non è Napoli, è la città. Esiste una Napoli sotto Napoli, lì, in quei sotterranei si respira invece la Storia con la S maiuscola. Non esiste città al mondo di tale spessore. Roma, la "caput mundi", che a scriverlo vien da ridere, è stata fondata più di mille anni dopo. Solo Agrigento e Siracusa possono competere con l'età delle pietre di Cuma. Mio Padre l'amava profondamente, amava la gente, la povertà ricca di dignità, la solidarietà concreta, la laica religiosità. Napoli alla fine della seconda guerra mondiale fu liberata non dai signori che masticavano chewingum ma dai bambini; Le quattro giornate di Napoli diedero la spinta alla rivolta in mezza Italia, contro i fascisti. Amava Edoardo, Totò, di loro diceva che non erano attori, il termine era troppo stretto, ma giganti. Un giorno mi raccontò che andò a vedere Edoardo alla fine della guerra, in un teatro mezzo sepolto dalle macerie, ne rimase profondamente colpito. Mi disse che le espressioni del viso erano come pennellate su una tela, la sua potenza nel trasmettere concetti fondamentali come altruismo e fratellanza erano pari ai colori di un quadro antico. Secondo lui nessuno, al mondo, era bravo e artista quanto Edoardo, nessuno. Forse solo Totò lo raggiungeva in alcuni meravigliosi monologhi. Poi, mio padre dovette ricredersi almeno in parte. Negli anni 70, usci da un paese piccolo della provincia napoletana, un ragazzino svogliato, dagli occhi color del porto: Massimo Troisi. Mio padre rimase folgorato. <Si>, mi diceva sempre <Qualcuno immenso come Edoardo c'è e si chiama Massimo, il menestrello dalle infinite parole>. Seduto su una sedia sghangherata, piena di buchi dei tarli, davanti il cavalletto logoro da mille battaglie, mio padre 30 anni fa mi disse queste parole: <Vedi piccolo, tutte le città hanno un colore predominante, non solo per la loro latitudine ma soprattutto per le cromature e i riflessi che danno gli esseri umani che vi abitano. Milano, mi spiace ma è grigia, la nebbia, le fabbriche, la gente che corre con cappotti scuri e pesanti, la malinconia della mancanza del vento. Torino è nera, anche se guarda la neve, è scura di superstizioni. Venezia è cobalto, c'è Marghera e questo cancella le meraviglie di quei canali. Bologna dicono sia rossa, ma io la vedo più Vermiglio, le nuvole basse plumbee che minacciano le torri, il freddo invernale mischiato ai mattoni dei portici. Firenze è d'oro, quanto sfarzo e nazionalismo in quella città rinascimentale, quanta ricchezza. Parma è bianca, l'eleganza mischiata alle note di Verdi, è una città anonima, elegante e provinciale, sai piccolo lì viveva Maria Luigia, la parente di Napoleone, una stronza che te la raccomando. Ancona, beh Ancona è la casa di Malatesta, difficile darle un colore, forse il Magenta delle scarpe del ricercato d'europa. Carrara, la mia amata, è tutta sfumature di vaniglia e fango, il marmo trasportato da noi anarchici, la città dei ribelli, una spruzzata di marrone scuro come le barbe e un alito di argento come le canne dei fucili che diedero il giusto dialogo ai fascisti. Roma è porpora, clericale ma con una velatura di rosso rubino, tempestato da anelli intrisi di oppressione, la chiamano la città eterna, mannaggia ai libri di storia piccolo, la città eterna è Baghdad. Sai figliolo, Roma non te la consiglio, le genti sono belle figurati, ma si respira l'aria di tradimento, usurpazione, colonialismo, i nostri fratelli e sorelle in quella città sono stati ghigliottinati fino a poco tempo fa, è la città del Papa, la città più pericolosa che conosco, non per la criminalità che manco so cosa vuol dire, ma per i poteri che nasconde. Palermo è smeraldo come le onde che si infrangono sugli scogli, ho abitato due anni a Palermo, con una donna bellissima con gli occhi color smeraldo, ecco, palermo è smeraldo>. Poi si girò verso la tela e continuò a dipingere, un sorso di vino rosso, un tirata di esportazioni senza filtro e il pennello ritornava a ballare. Io un pò stizzito, ero giovane e volevo sempre intervenire in tutto, gli dissi in un fiato: <E Napoli? Non fai altro che parlarmi di Edoardo, Totò, Troisi, che Malatesta è nato lì, che colore gli attribuisci?> Lui si girò, pose gli occhiali, l'odore di trementina copriva il fumo della sigaretta e mi faceva bruciare gli occhi, mi sorrise, come si sorride a un bimbo un pò agitato e poi mi disse: <Ah Napoli, ma Napoli non ha un colore stupidotto, li ha tutti, è come l'arcobaleno, solo che l'arcobaleno lo puoi riprodurre su tela, Napoli no>. Capii, mi accesi una sua sigaretta, senza filtro, fortissima poi mi alzai e uscii dallo studio monolocale. Due ragazze ventenni dell'accademia erano sedute sugli scalini, stavano aspettando di entrare, gridai: <Pà, ci sono due ragazze che ti cercano!>, silenzio, alcuni secondi, poi con voce rauca da cento anni di sigarette rispose: <Mandale via, che girino il mondo, che assaltino le banche, la pittura la impareranno più avanti, anzi digli di mollare l'accademia che non si diventa artisti in quelle mura>. Non ci fu bisogno di dare il messaggio, le ragazze avevano sentito, si alzarono e una mi disse: <Comunque tuo Padre è proprio uno stronzo, prima ci dice di venire poi ci manda via, cazzo!> Era così, amato dai giovani scapestrati, ribelli, adorato nei centri sociali, seguito da giovani artisti senza casa ma non sopportava i figli dei borghesi che volevano dipingere per darsi un tono, per occupare le loro giornate annoiate. Quando Troisi Morì, lo vidi piangere. Vidi piangere mio padre solo due volte nella mia vita, quando morì Troisi e quando a un chilometro da casa sua fecero scoppiare la stazione dei treni di Bologna. In quel tragico giorno, corse trafelato verso le macerie e vide un braccio di un bambino sul selciato, pianse per giorni, maledicendo lo Stato e i suoi scagnozzi, lui anarchico da una vita, lo sapeva chi era stato. Quando, poco dopo la morte di Troisi uscì il Postino, volle che lo accompagnassi, era già malato (all'epoca vivevamo a milano) ma insistette. Una mano il bastone, l'altra stretta alla mia, non lo avrei lasciato cadere neanche se fosse giunta una tempesta di neve. Finito il film, questa volta piansi io, a dirotto, capii solo in quel momento chi era stato Massimo Troisi, non era stato un attore ma come diceva mio padre era stato un artista, che vale mille volte di più, anzi non ha valore. Il valore è un concetto che non esiste nell'arte. Oggi di attori siamo pieni, idioti che si arricchiscono con pellicole da cesso, mai fare l'errore di confondere questi individui inutili con i magnifici versi della scuola napoletana, mai. Cento metri, una gelateria, mio padre che mi vuole offrire una granita per farmi smettere di piangere, ci sediamo. Il titolare del locale si avvicina, guarda mio padre schifato e poi guarda me con espressione comprensiva, per lui io ero il bravo ragazzo che porta un barbone a mangiare un gelato. Mio padre girava per la città in ciabatte, spesso in pigiama con un cappotto verde di lana pesante, certo, per i signorini tutto ufficio e lingua sui culi, un senzatetto. Gli allievi dell'accademia e i ragazzi del centro sociale lo proteggevano, ma spesso veniva insultato per strada dai bastardi razzisti, figli di papà. Il titolare si avvicina e senza degnarlo di uno sguardo mi dice: <Desidera?> io ero viola, all'epoca ero talmente impulsivo che mio padre dovette tenermi per mano per evitare che lo prendessi a pugni. Aspettai e contai fino a dieci, poi, risposi calmo: <Una granita per me e un bicchiere di champagne per il maestro>. Ghiaccio, un vento siberiano si posò sul titolare della gelateria, non era coglione pare, si rese conto: <Come scusi?> rispose quasi balbettando. <Non ci sente? Ho detto una granita per me e un bicchiere di champagne per il maestro>. <Ma non abbiamo lo champagne, è una gelateria!> Sempre più imbarazzato. Io guardai mio padre, tratteneva il sorriso ma mi tenne il gioco. <Maestro, sono costernato, non hanno champagne!> Mio padre si alzò, guardò il titolare negli occhi, con i suoi occhi grigi come quelli dei vicoli di lisbona, e in francese puro gli disse <Che locale di merda, una gelateria senza champagne, non torno più in questa città provinciale e inutile>. Poi in ciabatte e pigiama e la mia mano si diresse lontano. Gli avventori attoniti. Mio Padre era così: matto, ribelle, con il sangue napoletano nelle vene, anarchico barbone, grande artista e pezzente, era così, era mio padre.
Olmo
(Questo è uno dei capitoli del libro a cui sto lavorando. Stamattina è così, avevo voglia di condividerlo. Domani mi pentirò e cambierò idea, ma in fondo cambiare è l'unica attitudine che non potranno mai toglierci.)
21 notes · View notes
fashioncurrentnews · 6 years ago
Text
Just one day out of life
«Chiariamo bene una cosa, questa intervista per Vogue Italia – comprese le immagini che l’accompagnano – è sulla mia vita a Lisbona, sull’anno in cui ci ho vissuto. Quindi non ha molto senso parlare d’altro, giusto?». Così Madonna, che il prossimo il 16 agosto compirà 60 anni, ha voluto spiegare che preferisce parlare del presente.
Il presente è l’anno trascorso in Portogallo con quattro dei suoi sei figli: David Banda e Mercy James, 12 anni, e le gemelle Stella ed Estere, 5. Tutto è nato dalla passione di David per il calcio e dal suo desiderio di diventare un giocatore professionista. Ma dai paesaggi e dai suoni di Lisbona, città di cui si è innamorata, sono poi nati nuovi brani musicali, che verranno raccolti in un album in uscita entro la fine dell’anno. La sua casa è nel quartiere Lapa, ma per cavalcare, una delle sue grandi passioni, va a Comporta, o a casa di amici, o ad Alcácer.
Lisbona, dice ancora «è una città antica e nessuno, per così dire, ha fretta di fare». Nel suo cuore c’è anche il Malawi, dove ha una fondazione a sostegno dei bambini orfani e dove torna regolarmente.
Con le foto scattate in esclusiva da Mert & Marcus e l’intervista di Xerxes Cook, Vogue Italia ha voluto celebrare la musicista di maggior successo di tutti i tempi.
Vogue Italia, agosto 2018, n.816, pag.126
Vogue Italia di questo mese è in edicola da venerdì 3 agosto a Milano e nei prossimi giorni nel resto d’Italia.
  L'articolo Just one day out of life sembra essere il primo su Vogue.it.
from Vogue.it https://ift.tt/2KhU3tk from Blogger https://ift.tt/2KejVX1
0 notes
pangeanews · 4 years ago
Text
“Fernando Pessoa sente le cose, ma non si smuove, nemmeno interiormente”
Se parli di Fernando Pessoa è come ingravidare un prisma. Un lato rimanda all’altro e poi all’altro, dio è un crocevia di specchi, le identità esistono per scomposizione. In un libro appena pubblicato da Quodlibet, Teoria dell’eteronimia, utilissimo – sono raccolti i testi che Pessoa dedica ai suoi eteronimi e i saggi in cui gli eteronimi parlano tra loro, dando avvio a un labirinto di relazioni fittizie – ho contato, nell’elenco in appendice, 46 eteronimi. In un libro pubblicato nel 2013 da Jéronimo Pizarro e Patricio Ferrari, Eu sou uma antologia, invece, gli eteronimi risultano 136. Balocco coi numeri: chi sono quei 90 spettacolari spettri rimasti fuori dalla somma italiana? Amici di amici immaginari, giù, fino a un cavalcavia di nebbie. In effetti, cosa sogna un eteronimo? E se nel sogno di un eteronimo un eteronimo sogna Pessoa?
*
Pessoa ha risolto l’egotismo in un polline di identità diffuse. Ha assopito l’io in una caffettiera, per definire i propri indecifrabili io. Mette a servizio la personalità per evacuare le persone che la abitano. Pare un esercizio mistico: al posto di annullare l’ego, decimando la sua autonomia, esiliarlo in sproporzionati alter ego. “Dare a ogni emozione una personalità, a ogni stato d’animo un’anima”, scrive, il creatore, nel 1930.
*
Pessoa è un genio tanto particolare – incardinato nella sua Lisbona, a sorseggiare i racconti di Poe – da apparire universale. New Directions ha appena pubblicato The Complete Works of Alberto Caeiro, per la traduzione di Margaret Jull Costa, super esperta di letteratura portoghese (ha tradotto nei mondi inglesi tutta l’opera di José Saramago, tra l’altro). La sua introduzione, ricalcata su “The Paris Review” – e pubblicata qui sotto – gioca a bocce con gli eteronimi, rievoca gli anni di “Orpheu”, il trimestrale fondato da Pessoa con Mário de Sá-Carneiro nel 1915, durato due numeri, emblema di un’epoca in cui si faceva avanguardia nei cafè, negli spazi d’ozio, tra le ombre di una copisteria.
*
Di Alberto Caeiro sappiamo quasi tutto. Nato a Lisbona nel 1889, “morto prematuramente nella stessa città, nel 1915, come assicura Ricardo Reis” (cito dal libro Quodlibet), l’anno in cui Pessoa si forza a fondare “Orpheu”. “Di statura media, fragile, anche se in apparenza meno di quanto lo fosse realmente, biondo e con gli occhi azzurri… della sua vita dimessa si sa che è orfano, che non ha quasi ricevuto istruzione, che vive di piccole rendite”. Caeiro fu maestro di Ricardo Reis e di Álvaro de Campos, che ne scrive così: “Il mio maestro Caeiro non era pagano: era il paganesimo… lo stesso Fernando Pessoa sarebbe pagano, se non fosse un gomitolo ingarbugliato dall’interno”. La sua insoddisfazione soddisfatta (“All’improvviso chiesi al mio maestro, ‘è soddisfatto di se stesso?’, e rispose, ‘no: sono soddisfatto’”) era una forma di speculazione mistica. Morì felice: “Non ho mai visto triste il mio maestro Caeiro”.
*
Gli eteronimi di Pessoa sono raffinatissimi pupi in attesa del puparo. Certe didascalie di personaggi meno nitidi, irrisolti, intendo, sembrano i blocchi di partenza di un romanzo. Friar Maurice, ad esempio, “mistico senza Dio, cristiano senza credo”, probabile alter ego di Alexander Search, “il più prolifico eteronimo di lingua inglese” di Pessoa, autore di raccolte come Death of God e Documents of Mental Decadence. Oppure Dr. Gervásio Guedes, che appare per darci una caustica descrizione del popolo inglese, “sonnambuli che camminano verso il precipizio… bambini che giocano a barchette di carta in un pitale”. Oppure il Barone de Teive, figura apocrifa, suicida, invalido – gli mancava la gamba – aristocratico; si ammazzò nel 1920, dal suo manoscritto (“La professione dell’improduttivo”) Pessoa stralciò qualche passo per inserirlo nel Libro dell’inquietudine, il cui autore più importante, tuttavia, è Bernardo Soares, che con Pessoa “condivide lo stesso lavoro, gli stessi posti della città, la stessa solitudine, la passione per lo scrivere… la coincidenza di cenare entrambi alle nove e mezzo di sera”. Insomma, sogno una città di nome “Pessoa” abitata da tutti gli eteronimi del sommo portoghese, desidero un editore visionario che affidi a differenti romanzieri, a casaccio, uno per ciascuno, uno degli eteronimi di Pessoa dicendogli, di questo tizio, ora, scrivetemi la biografia. Immagino la delizia.
*
La cosa curiosa sarebbe assemblare i giudizi e le opinioni che gli eteronimi hanno del loro creatore, Pessoa. Uno pseudonimo non fa che esagerare il nostro ego – un esercito di eteronimi è quasi un esercizio di cannibalismo. “Fernando Pessoa sente le cose, ma non si smuove, nemmeno interiormente”, scrisse di lui, nel 1931, Álvaro de Campos. Questo forse è il carisma di tutti i creatori, una audace, immotivata indifferenza: parlano, e dalle labbra appare un volto, poi una vita in miniatura. (d.b.)
***
La vita di Fernando Pessoa si divide in tre periodi. In una lettera al “British Journal of Astrology”, l’8 febbraio del 1918, lo scrittore ammette che sono solo due le date che ricordi con precisione: il 13 luglio 1893, la data della morte del padre per tubercolosi, quando aveva solo cinque anni, e il 30 dicembre del 1895, il giorno in cui la madre si è risposata, evento che coincide con il trasferimento a Durban, dove il patrigno era stato nominato console portoghese. Nella stessa lettera Pessoa segnala una terza data, il 20 agosto del 1905, il giorno in cui lasciò il Sudafrica per tornare definitivamente a Lisbona.
Il primo breve periodo fu segnato da due perdite: la morte del padre e del fratello minore. La terza perdita fu Lisbona, l’amata. Nel secondo periodo della sua vita, a Durban, Pessoa imparò a parlare con agio in francese e in inglese. Non era uno studente comune. Un suo compagno di scuola ha descritto Pessoa come “un piccolo uomo dalla testa enorme. Decisamente brillante, intelligente, piuttosto arrabbiato”. Nel 1902, sei anni dopo essere arrivato a Durban, vinse un premio per aver scritto un saggio sullo storico britannico Thomas Babington Macaulay. In effetti, passava il tempo libero a scrivere o a leggere, aveva già iniziato a forgiare i suoi alter ego immaginari, o meglio, come li definì più tardi, eteronimi, per i quali è famoso e con cui ha scritto racconti e poesie: Karl P. Effield, David Merrick, Charles Robert Anon, Horace James Faber, Alexander Search… In uno studio recente, Eu sou uma antologia, Jéronimo Pizarro e Patricio Ferrari elencano 136 eteronimi, fornendo biografie e bibliografie di ogni autore fittizio. Di questi eteronimi, nel 1928, scrisse Pessoa, “Sono esseri con una vita propria, con sentimenti che non mi appartengono e opinioni che non accetto. I loro scritti non sono miei, ma a volte lo sono”.
Il terzo periodo della vita di Pessoa iniziò a 17 anni, quando rientrò a Lisbona senza fare mai più ritorno in Sudafrica. Per vari motivi – problemi di salute, scioperi studenteschi, tra gli altri – abbandonò gli studi nel 1907, divenne un visitatore abituale della Biblioteca Nazionale, leggeva di tutto: filosofia, sociologia, storia, in particolare letteratura portoghese. All’inizio visse con le zie, dal 1909 in camere prese in affitto. La nonna gli aveva lasciato una piccola eredità, nel 1909 usò quei soldi per comprare una macchina da stampa necessaria per creare la sua casa editrice, Empreza Íbis. La casa chiuse nel 1910, senza aver pubblicato un solo libro. Dal 1912, Pessoa iniziò a collaborare con varie riviste, nel 1915 fondò la rivista “Orpheu”, insieme a un gruppo di artisti, tra cui Almada Negreiros e Mário de Sá-Carneiro, entrando a far parte dell’avanguardia letteraria di Lisbona, coinvolto in movimenti letterari effimeri come l’Intersezionismo e il Sensazionalismo.
Faceva il traduttore commerciale freelance di inglese e francese, scriveva per i giornali, ha tradotto La lettera scarlatta di Hawthorne, i racconti di O. Henry, le poesie di Edgar Allan Poe. In vita pubblicò poco: un esile volume di poesia in portoghese, Mensagem, e quattro saggi sulla poesia inglese. Quando morì, nel 1935, all’età di 47 anni, lasciò nei suoi bauli fatali (almeno un paio) un tesoro di scritture – circa trentamila pezzi di carta – ordinati grazie all’aiuto di amici e di studiosi, che ne hanno esaltato il genio.
Pessoa viveva per scrivere e scriveva su qualsiasi supporto: pezzi di carta, buste, volantini pubblicitari, sul retro di lettere commerciali, nelle pagine bianche dei libri che leggeva. Attraversò tutti i generi – poesia, posa, teatro, filosofia, critica, politica – sviluppando un profondo interesse per l’occultismo, la teosofia, l’astrologia. Ha elaborato oroscopi non solo per se stesso e i suoi amici, ma anche per molti scrittori, per celebri morti come Shakespeare, Oscar Wilde, Robespierre, oltre che per i suoi eteronimi, un termine adatto – rispetto a pseudonimo – per descrivere con maggiore accuratezza l’indipendenza stilistica e intellettuale di queste creature dal loro creatore. Talora gli eteronimi interagivano tra loro, criticando o traducendo uno il lavoro dell’altro. Alcuni erano semplici abbozzi, altri scrivevano in inglese e in francese, i tre eteronimi lirici – Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Álvaro de Campos – hanno scritto in portoghese, producendo, ciascuno, un’opera autonoma, autentica.
Margaret Jull Costa    
*In copertina: Fernando Pessoa nel ritratto di José de Almada-Negreiros (1954), tra i cofondatori di “Orpheu”
L'articolo “Fernando Pessoa sente le cose, ma non si smuove, nemmeno interiormente” proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/3fBVIts
1 note · View note
lillyslifestyle · 5 years ago
Text
Fine settimana a Lisbona eventi 27-29 dicembre 2019
Fine settimana a #Lisbona #eventi 27-29 dicembre 2019
Siamo giunti all’ultimo appuntamento del 2019 con la mia rubrica del giovedì dedicata agli eventi imperdibili del fine settimana a Lisbona. Siete pronti a prender nota? Vi ricordo che gli eventi per capodanno li potete trovare qui.
Tumblr media
Cosa fare questo fine settimana?
Veleggiare sul fiume Tago con aperitivo
Cena con Fado
Un viaggio attraverso il Portogallo con un brunch unico (sabato)
Andare…
View On WordPress
0 notes
gloriabourne · 6 years ago
Text
The one where Ermal takes a break
"Sei sicuro di questa decisione?"
Fabrizio gli aveva posto la domanda con tono preoccupato.
Quando Ermal gli aveva comunicato la sua intenzione di prendersi una pausa per poter lavorare con calma al suo prossimo album, Fabrizio lo aveva lasciato parlare senza dire nulla.
Non era la prima volta che Ermal parlava di prendersi una pausa, ma poi finiva sempre per ripensarci.
Aveva parlato per mesi di un anno sabbatico che in realtà sembrava non iniziare mai, quindi quando Ermal disse a Fabrizio che era davvero intenzionato a fare un ultimo concerto e poi prendersi un po' di tempo per sé stesso, Fabrizio non gli aveva creduto.
Ma quando Ermal aveva comunicato la notizia sui social, Fabrizio aveva capito che questa volta la pausa ci sarebbe stata davvero. E così - mentre se ne stava accasciato sul divano di casa sua, a guardare i bambini che aprivano i dolci trovati nelle calze della Befana - aveva preso il telefono, lo aveva chiamato e con tono preoccupato gli aveva chiesto se fosse davvero certo della sua scelta.
"Sì, Bizio. Ho bisogno di riposarmi un po'. Sono esausto e allo stesso tempo non voglio fermarmi, ma se non mi prendo una pausa va a finire che impazzisco" disse Ermal.
"Non sei in grado di stare lontano dal palco per troppo tempo" gli fece notare Fabrizio.
"Lo so" disse Ermal sospirando.
La musica, il palco, i suoi fan erano la sua vita. Sarebbe stato difficile prendersi una pausa, ma doveva farlo.
Si sentiva come se negli ultimi tre anni fosse invecchiato più velocemente che in tutto il resto della sua vita e non poteva continuare così. Doveva fermarsi, riprendere fiato, concentrarsi sulle altre cose importanti della sua vita: la sua famiglia - che ormai vedeva fin troppo di rado -, il nuovo album, e Fabrizio.
Fabrizio era il pensiero che lo assillava maggiormente.
Le cose tra loro avevano iniziato a prendere una piega diversa a Lisbona.
Ermal non ricordava nemmeno bene come fosse successo, semplicemente una sera si erano ritrovati a baciarsi nella sua stanza come due ragazzini ed Ermal si era sentito così bene che aveva capito che Fabrizio era quello giusto.
Era la persona che lo avrebbe sempre accettato, nonostante tutto. Era la persona su cui avrebbe potuto appoggiarsi nei momenti difficili, che lo avrebbe salvato quando ne avrebbe avuto bisogno.
Ma il loro lavoro, il fatto che abitassero in città diverse e soprattutto le paure di entrambi - che non sapevano come affrontare una situazione simile senza creare troppo scalpore - li avevano frenati, spingendoli a godere dei piccoli momenti che riuscivano a ritagliarsi ma senza mai andare troppo oltre.
Non avevano mai detto di stare insieme, anche se facevano tutto ciò che avrebbe fatto una coppia. Non avevano mai detto di amarsi. Non avevano mai fatto progetti che includessero la loro vita privata.
E ad Ermal quella situazione iniziava a stare stretta.
Prendersi una pausa avrebbe significato avere più tempo, avere la possibilità di ritagliarsi più momenti per stare con Fabrizio, riuscire a fare dei progetti e magari riuscire a farsi passare le paure.
Perché - Ermal ne era certo - se avesse passato più tempo con Fabrizio, si sarebbe reso conto di cosa si stava perdendo e le paure sarebbero passate in secondo piano.
Quindi era anche - forse soprattutto - per Fabrizio che Ermal aveva preso quella decisione. E sapeva benissimo che sarebbe stata dura, ma per Fabrizio, per stare anche solo un po' di più insieme a lui, avrebbe fatto qualsiasi cosa.
  La sera del 19 aprile, la casa di Ermal era diventata il luogo di ritrovo della band.
Beh, la band più Fabrizio, che a differenza degli altri ospiti previsti per il concerto del giorno successivo era arrivato a Milano con un giorno di anticipo.
Marco aveva insistito per vedersi quella sera e aspettare la mezzanotte insieme per festeggiare il compleanno di Ermal, visto che il giorno seguente sarebbe stata una giornata pesante per tutti e probabilmente non avrebbero avuto modo nemmeno di bere qualcosa insieme con calma.
Ermal avrebbe preferito di gran lunga passare la serata da solo con Fabrizio, visto che non si vedevano da parecchio tempo, ma nessuno dei suoi amici era a conoscenza di quale fosse davvero la situazione tra loro due quindi non aveva potuto tirarsi indietro.
Così, appena dopo cena - e fortunatamente dopo che Fabrizio aveva avuto l'accortezza di infilarsi qualcosa addosso e di smettere di girare per l'appartamento di Ermal in mutande - i ragazzi della band si erano fiondati lì, carichi di birre.
E anche se all'inizio Ermal aveva immaginato di passare la serata a recuperare il tempo perso con Fabrizio, dovette ammettere che era felice che i suoi amici fossero lì.
Si sentiva leggero e sapeva che non era merito delle birre che aveva bevuto.
Semplicemente era felice di stare con i suoi amici e con Fabrizio, era felice di vedere come Fabrizio si sentisse a suo agio con la sua band e gli sembrò, per la prima volta, di vivere una vita normale in cui per avere una bella serata bastava restare a casa insieme ai suoi amici e al suo fidanzato.
Si voltò verso Fabrizio, seduto alla sua sinistra, e sorrise vedendolo chiacchierare tranquillamente con Andrea.
"Scusa, ma che dovrei vedere? Io non vedo un cazzo!" disse Fabrizio a un certo punto, mentre stava guardando un video sul cellulare di Andrea.
"E certo, sei vecchio! E con la vecchiaia, la vista peggiora" disse Ermal, non perdendo l'occasione di prenderlo un po' in giro.
Fabrizio si voltò verso di lui e disse: "Non sei tanto più giovane di me."
"Giovane quanto basta per non avere problemi di vista. Tu, alla mia età, già li avevi!"
"Hai sempre detto che sono carino con gli occhiali!" rispose Fabrizio fingendosi offeso.
Ermal sorrise. "È vero. È una delle tante cose che mi ha fatto innamorare di te."
Poi, come se non fosse successo niente, come se non avesse appena confessato a tutti di essere innamorato di Fabrizio, si alzò e si diresse verso la cucina per prendere un'altra birra.
Fabrizio rimase immobile a fissare il punto in cui un momento prima era seduto Ermal.
Non gli aveva mai detto di essere innamorato di lui. Non se l'era mai lasciato sfuggire nemmeno mentre facevano l'amore.
Fabrizio non pensava nemmeno che la provasse, una cosa del genere. In fondo, Ermal non aveva mai dato segno di voler ufficializzare la loro relazione - ammesso che il loro rapporto potesse essere definito in quel modo - o di volerne parlare con le persone a lui care.
Sollevò lo sguardo notando lo stesso stupore sulle facce dei ragazzi della band.
"Ci siamo persi qualcosa?" chiese Dino a un certo punto.
Fabrizio non fece in tempo a rispondere che Ermal tornò a sedersi accanto a lui, come se niente fosse.
"Che succede?" chiese Ermal notando tutti gli sguardi dei presenti su di sé.
"C'è qualcosa di cui vuoi parlarci?" chiese Marco.
Poi Andrea aggiunse: "O magari qualcosa di cui non vorresti parlare, ma che ormai sei obbligato a dirci."
Ermal si voltò verso Fabrizio, cercando di capire di cosa stessero parlando, ma lui teneva lo sguardo basso e sembrava voler evitare di guardarlo.
Il fatto era che Fabrizio aveva paura. Anzi, era spaventato a morte!
Ermal non gli aveva mai detto di essere innamorato di lui e non poteva credere che lo avesse fatto per la prima volta nel bel mezzo di una battuta, quindi si era convinto che fosse una di quelle frasi dette così, tanto per scherzare. Temeva che se i ragazzi avessero fatto altre domande, Ermal si sarebbe giustificato dicendo che stava solo scherzando. E temeva che a quel punto la delusione nei suoi occhi sarebbe stata impossibile da nascondere.
Lui era innamorato di Ermal dalla prima volta che si erano baciati - una sera di maggio a Lisbona - e da lì non aveva smesso di amarlo nemmeno per un secondo.
Ma non glielo aveva mai detto perché sapeva che per Ermal era una situazione nuova, che non aveva mai provato attrazione per un uomo prima di lui. All'inizio semplicemente non voleva complicare le cose e poi, quando ormai si frequentavano da un po', avevano raggiunto un equilibrio che Fabrizio non avrebbe voluto rovinare per niente al mondo. Nemmeno per i suoi stessi sentimenti.
"Ma di che state parlando?" chiese Ermal, riportando lo sguardo sui suoi amici.
"Non ti sei accorto di quello che hai detto?" chiese Dino, ovviamente conoscendo già la risposta. Se Ermal si fosse reso conto di ciò che era uscito dalla sua bocca, di certo in quel momento non sarebbe stato così tranquillo.
Ermal continuava a guardarli perplesso. "Ma quando?"
"Ermal, hai detto che sei innamorato di Fabrizio" disse Emiliano.
Ermal spalancò gli occhi, rendendosi conto solo in quel momento di aver detto una cosa simile.
Gli era semplicemente sfuggito. Quel pensiero si era formato nella sua testa ed era uscito dalle sue labbra in maniera così naturale che nemmeno se n'era accorto.
Fabrizio si voltò verso Ermal e, vedendo che tardava a rispondere, ingoiò il nodo che gli si era formato in gola e disse: "Dai, mi pare ovvio che stava scherzando. Allora, facciamo una partita a carte?"
Gli altri, seppur non convinti che quella di Ermal fosse una battuta, annuirono e lasciarono cadere il discorso.
Nessuno parlò di ciò che era successo per il resto della serata, ma quando poco dopo l'una i ragazzi iniziarono a dire che si stava facendo tardi e che sarebbe stato meglio andare a dormire, Ermal capì che non poteva continuare a scappare. Poteva evitare l'argomento con i suoi amici, ma non con Fabrizio.
Appena i ragazzi uscirono dall'appartamento, Ermal sospirò e raggiunse Fabrizio - che stava riordinando la cucina - con l'intenzione di riprendere il discorso di qualche ora prima. Ma Fabrizio continuava a evitarlo, cercando di tenersi impegnato e di non rivolgergli nemmeno uno sguardo.
"Bizio..." lo richiamò Ermal.
"Vai pure a dormire, io finisco di rimettere a posto qui" rispose Fabrizio senza nemmeno sollevare lo sguardo.
Ermal gli tolse dalle mani una bottiglia vuota di birra e la appoggiò sul tavolo, costringendo Fabrizio a prestargli un minimo di attenzione.
"Dobbiamo parlare, Bizio."
Fabrizio scosse la testa. "Non c'è niente da dire. È tutto ok."
Cercò di allontanarsi da lui, di sfuggire da quella conversazione che lo stava mettendo con le spalle al muro, ma Ermal lo trattenne per un polso.
"Ti amo" sussurrò Ermal.
Sentì il battito di Fabrizio accelerare di colpo e vide i suoi occhi spalancarsi sorpresi.
Sorrise e poi ripeté: "Ti amo, Bizio. Non so per quale motivo non te l'ho mai detto. Forse perché avevo paura. Ma questa sera c'è stato un attimo in cui mi sono sentito così bene che i miei sentimenti sono semplicemente usciti, senza che io potessi controllarli. E so che farti sapere che sono innamorato di te dicendolo davanti a tutti non è proprio il massimo, ma è una cosa talmente naturale, amarti è una cosa così semplice, che nemmeno mi sono accorto di averlo detto."
"Quando gli altri hanno chiesto spiegazioni e tu sei rimasto in silenzio, ho pensato davvero che lo avessi detto per scherzo" disse Fabrizio.
Ermal scosse la testa. "No, è solo che non ne abbiamo mai parlato e non sapevo se tu saresti stato d'accordo a dirglielo oppure no. Non sapevo come reagire."
"Sono i tuoi amici. Se vuoi dirgli di noi, per me va bene" disse Fabrizio.
"Allora c'è un noi" disse Ermal sorridendo.
"C'è sempre stato" disse Fabrizio prima di baciarlo. Poi si allontanò per un attimo e disse: "Ah, comunque ti amo anch'io."
  Il giorno seguente, stare vicino ad Ermal era impossibile.
Era un fascio di nervi e ogni cosa sembrava andare storta.
Prima se l'era presa con la sveglia che non aveva suonato, spingendolo ad insultare il suo cellulare come se servisse a fare miracolosamente tornare indietro il tempo.
Poi se l'era presa con Fabrizio, incolpandolo di averlo fatto andare a dormire tardi e proprio per quel motivo le sue occhiaie erano più profonde del solito.
Fabrizio aveva cercato di ironizzare, facendogli notare che erano andati a dormire tardi perché avevano passato la notte a fare l'amore a sussurrarsi che si amavano come due ragazzini. A quel punto, la cosa era peggiorata ulteriormente, Ermal si era innervosito ancora di più e aveva detto: "Ecco, forse sarebbe stato meglio se tu fossi arrivato solo per il concerto."
Fabrizio non aveva replicato - consapevole che Ermal avesse parlato senza riflettere e che in realtà non pensasse davvero quelle cose - ed era rimasto in silenzio per quasi tutto il giorno, proprio per evitare di peggiorare le cose.
Ermal aveva iniziato a calmarsi solo quando erano arrivati al Forum.
Per quanto fosse visibilmente agitato, stare sul quel palco - anche solo per le prove - gli dava un senso di tranquillità e di pace.
Fabrizio lo aveva guardato per tutto il tempo, godendosi la sua espressione felice e il suo sorriso.
Nel frattempo, al Forum erano arrivati gli altri ospiti della serata ed Ermal - grazie alla presenza di tutte quelle persone, che non solo erano suoi colleghi ma soprattutto erano suoi amici - aveva iniziato sentirsi meno teso.
Non vedeva l'ora di salire sul palco, di cantare con loro e di salutare il suo pubblico.
"Visto che è il compleanno di Ermal, io proporrei un brindisi" disse ad un certo punto J-Ax, afferrando una bottiglia di vino e dei bicchieri di plastica.
Elisa lo aiutò a riempire i bicchieri e a distribuirli ai presenti, fino a quando tutti si ritrovarono con un bicchiere pieno tra le mani in attesa che il festeggiato parlasse.
"Credo di non avere niente da dire, se non: grazie. Davvero, grazie a tutti. Non solo perché siete degli ottimi colleghi, ma soprattutto perché siete dei buoni amici" disse Ermal. Poi si voltò verso Fabrizio, che era in piedi accanto a lui, e aggiunse: "Qualcuno è anche più di un amico."
Fabrizio sorrise mentre faceva scivolare una mano in quella di Ermal e intrecciava le dita con le sue.
Tutti notarono lo scambio di sguardi e le loro mani che si univano, ma nessuno disse nulla. Forse perché in fondo tutti avevano sempre saputo che tra Ermal e Fabrizio c'era qualcosa.
Forse alcuni di loro lo sapevano da prima che se ne rendessero conto loro stessi.
"Buon compleanno" disse Elisa alzando il bicchiere, seguita subito dopo da tutti i presenti.
Ermal sorrise e, mentre tutti bevevano e riprendevano a chiacchierare tra loro, si voltò di nuovo verso Fabrizio.
Il più grande non gli aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno per un attimo e, anche in quel momento, continuava a guardarlo con il sorriso sulle labbra.
"Buon compleanno" mormorò a un certo punto.
"È il compleanno migliore di sempre" disse Ermal. Poi si avvicinò a Fabrizio e lo baciò, senza preoccuparsi degli sguardi degli altri.
Era il suo compleanno, aveva accanto la persona che amava e stava per festeggiare cantando davanti ai suoi fan. Tutto il resto non aveva importanza.
  "Non sei preoccupato?"
"Per cosa?" chiese Ermal voltandosi curioso verso Marco.
"Per quello che dirà la gente."
"Ma di che parli?"
"Lo so io di che parla" disse J-Ax accasciandosi malamente sul divano di Ermal.
Dopo il concerto, Ermal aveva invitato tutti a casa sua per passare ancora un po' di tempo insieme. L'adrenalina continuava a scorrergli nelle vene e non si sentiva nemmeno lontanamente stanco.
"Cioè?" chiese ancora Ermal, cercando di capire quale fosse il problema.
"Credo che tutti si siano accorti che nel nostro pezzo hai detto lui invece di lei" disse J-Ax.
Ermal sospirò.
Non sapeva nemmeno lui per quale motivo lo avesse fatto.
In parte, forse, era perché ora che i suoi amici sapevano tutto gli sembrava più semplice uscire allo scoperto. In parte, semplicemente aveva cantato con il cuore e il suo cuore ormai era di Fabrizio.
"Lui, lei... non c'è poi molto differenza, cambia solo una vocale. Se qualcuno dirà qualcosa, potrei sempre dire che hanno capito male" rispose Ermal.
"Potresti. Ma la vera domanda è: lo farai?" chiese Andrea.
Ermal si voltò verso Fabrizio, che sembrava totalmente preso da ciò che gli stava dicendo Elisa, e disse: "No, non lo farò."
Fabrizio era uno dei motivi per cui aveva deciso di prendersi una pausa.
Non gli importava di ciò che avrebbe detto la gente, non gli importava se le persone avrebbero capito perché aveva deciso di cambiare il testo e se questa cosa gli avrebbe portato delle conseguenze.
In quel momento non gli importava di nient'altro se non di Fabrizio e della loro storia. E un po' anche del suo nuovo album, che sicuramente sarebbe stato pieno di riferimenti a quell'uomo fantastico che aveva la fortuna di avere al suo fianco.
"Sei ancora sicuro della tua decisione?" gli chiese Fabrizio qualche minuto più tardi, sedendosi accanto a lui e facendogli di nuovo quella domanda che gli aveva posto poco più di tre mesi prima.
Nella mente di Ermal si formarono le immagini di tutto ciò che avrebbe potuto avere in quel periodo di pausa.
Più tempo per stare con la sua famiglia, più tempo per scrivere, più tempo per stare con Fabrizio.
Sorrise e, con una sicurezza che non aveva mai avuto prima quando si parlava di quell'argomento, disse: "Sì, sono sicuro."
51 notes · View notes
cercotebc · 5 years ago
Text
Volevo raccontare una storia,
Dal 2016 mi piaceva qualche ragazza ma per nomea che avevo era abbastanza impossibile avere sue attenzioni,ricordo ancora quando la vidi seduta a dei tavolini di un bar con due sue amiche,a prendere un caffè con quegli occhiali tondi,però era fidanzata in tutto ciò.L’anno successivo(2017) caso volle che cambiai scuola ma nulla era ancora fidanzata e diciamo che le feci arrivare un mazzo di chiavi in testa per errore e ricevetti un bello schiaffone😂,dopo ciò chi si sarebbe mai immaginato...
La ragazza dopo un’anno si lasciò ed io la iniziai ad avere come pensiero fisso in testa lo tenevo stretto per me fin quando non mi inziò a salutare e questa cosa per me già sembrò molto,finché ad una serata ricordo che mi avviciniai ma fui allontanato da lei dalle sue amiche.
Successivamente era pasquetta 2018 vado a Ischia mi arriva la notizia che anche lei stava venendo,io non potevo crederci speravo di avere qualche attenzione da lei,così fù con una scusa le dissi entra con me nella fila per andare a ballare e dire di essere la mia ragazza,da lì fu colpo di fulmine dopo qualche canzone ricordo ancora che sentì lei dietro ed era come se lo aspettassi da sempre non scorderò mai quel brivido di quel bacio letale,andammo sulle scale a parlare parlare sembrava di conoscerci da una vita,finisce la serata passata assieme e viene verso casa di questo mio amico amico a riposarsi ma intanto da lì non mi pensò più e poi se ne andò.
Passano i miei giorni per una settimana tra insicurezze e felicità,finché non arriva il ballo della scuola mi feci coraggio e le scrissi e lì ci vedemmo successivamente era il 6 aprile mi vidi e andai a prendere due coca cole vicino al mare ricordo ancora le sigarette che fumava,stettimo proprio bene assieme,da lì inziò tutto..dopo poco tempo il lunedì diventò il nostro giorno si andava vicino al mare tutto il tempo stretti l’uno all’altra giorno dopo giorno la sento sempre di più e con le mie insicurezze continuo sempre di più e pian piano mi lasciò andare ma notavo non del tutto lei..
Arrivò il 23 aprile ci fidanzammo ufficialmente da lì andò tutto bene venne il viaggio in crociera con la scuola e fu il mio pensiero fisso arrivarono i miei 18 anni ed ero la persona più felice al mondo visto che le fosse con me anche se era un po’ fredda ma dopo scoprì i perché era giugno andammo a ballare assieme capì che qualcosa non andasse e mi mentì dicendo che era per via di episodi passati io cercai di darle forza e le stetti sempre più vicino anche se un po’ soffrivo perché non mi portava sempre con lei però dissi fa nulla basta che sto con lei e nel frattempo avvenne la sua maturità il suo compleanno la nostra prima volta in cui sembrava di conoscerci da sempre era bellissimo,arrivammo a luglio ormai 3 mesi assieme partiamo io Malta lei Mykonos successivamente sarei andato anche io a Mykonos e ci saremo incontrati..
Parto a Malta appena arrivò mi faccio il nostro giorno tatuato sulle labbra e le giurai che sarebbero state solo sue quelle labbra finché non torno a Napoli il giorno dopo sarei stato a Mykonos con lei ed ebbene si fui tradito mi crollò il mondo addosso mi sentì preso in giro ma non riuscivo a volerle male...
Quella notte ebbi un messaggio..si tagliò la mattina appena arrivai a mykoson corsi da lei avevo il cuore a mille non riuscivo ad avere odio avevo però una fottuta paura per lei e per me di rifidarmi,stetti il primo giorno con lei in ospedale le tenevo la mano con quando non mi dissero che dovevo andarmene le diedi un bacio .La sera andai a ballare bevvi e si andai a letto con un’altra ma le dissi che erano due per sentirmi più forte ma non furono affatto due fu una e subito dopo scoppiai in lacrime perché non era ciò che volevo corsi da lei caddi dal motorino ma nonostante tutto andai fuori il suo ospedale ma mi impedirono di vederla aspettai le 7 del mattino solo per vederla prese l’aereo e tornò.Passai tutta la vacanza a sentirla e pensarla.Tornai è appena tornai la trovai lì all’aeroporto che mi aspettava da lì facemmo tutto il mese di agosto in cui ero molto triste ma dimostravo rabbia per non mostrarmi debole ma la amavo follemente finché non mi chiese un figlio e ci provammo ma nulla..andai a Procida a Sorrento e Procida diventò il nostro posto il nostro equilibrio quel tetto di casa sua e quella strada in cui facemmo pace...un mese di convivenza la amavo davvero elle giurai di sposarla e che sarebbe stata l’amore della mia vita ma le dissi non tradire più la mia fiducia le rivelai delle mie cose del passato che tutt’oggi sa solo lei.
Settembre torniamo avevo paura io ancora in 5 superiore lei iniziava l’università io ero impaurito di questo suo cambiamento tremavo all’idea che potesse conoscere altre persone e la potessi perdere.Le regalai un Pitbull perché disse che le sarebbe piaciuto e visto che un figlio non uscì le diedi la prima prova che volessi costruire qualcosa di serio con lei il piccolo Pako era tutto perfetto.Una mattina si svegliò e il cane non vi era più fu un colpo al cuore iniziai ad essere arrabbiato vidi di Nuovo crollare tutto ma cercai sempre di renderla felice.Arriviwmo ad ottobre Halloween e lì sbagliò disse tutto alla sua amica tutta la mia storia e non capi mai quanto fu per me destabilizzante e di Nuovo si taglio le stetti vicino e lascia scivolare di nuovo tutto le stetti vicino la Aiutai a superare tutto ma per darle una botta baciai un ‘altra quando mi lasciò ma perchè mì sentì ferito vedevo che la mia bontà veniva presa in giro in certi senso e lì vidi che lei diventò più buonw allora diventò la mia arma lei non lo ha mai saputo ma io e versavo lacrime per quel che feci ma volevo farle vedere che fossi uomo e nascondevo così le mie insicurezze avevo paura di risultare pesante.Ancora mi lasciava mi sentivo preso in giro pesavo io la aiuto in tutto perché lasciarmi allora dissi finché mi mostro debole non avrò mai il giusto valore e andai a letto con un’altra di Nuovo lacrime glielo dissi mi inziò ad odiare ma io davvero lo feci solo per farle capire che non doveva lasciarmi non ho mai avuto piacere a farlo per me era davvero l’unica a Natale la portai a Barcellona tutto bello ma appena tornammo scoprì dei messaggi in cui diceva l’amica fai il viaggio e lascialo è così fu per me fu bruttissimo mi sentì usato in tutto il mio cuore era ferito non ebbi nessun regalo nulla ma la cosa più importante non era con me nella magia nel natale mi dannai perché la amavo alla follia da lì si stabilizzò pian piano tutto fino a marzo in cui le regalai un nuovo cane il nostro bimbo diventò ma ancora partì per Lisbona viaggio di 5 e mi lasciò io non feci nulla pensavo a lei ma ciò non lo ha capito anche se ero ferito che in un viaggio fossi lasciato mi sentivo un piccolo oggetto inutile tornai e subito andai la lei ancora era fredda volevo solo un’amore dolce ma la verità era che l’amavo così come fosse poi sbagliai e in una serata diedi un mezzo bacio a stampo a questa ragazza ma ciò non glielo avevo mai detto(ovviamente a distanza le fu detto altro ma io non ero creduto ..)perché davvero ero solo ferito a vedermi così rimpiazzato cioè come ci fossi bene non ci fossi meglio nonostante fossi stato la soluzione della sua vita....Arriviamo ad aprile io lei ed il cane tutto bellissimo tornò la nostra famiglia era composta ormai è per un.’anno le regalai Parigi bellissimo partimmo andammo anche Disneyland tornammo bambini è strainnamorato provammo a fare un figlio nuovamente ma tornammo ed ecco che arrivò la notizia già c’era.All’inizio ero spaventato ma era ciò che volevo,volevo un figlio dalla donna della mia vita so che siam piccoli ma è la donna della mia vita,ma la decisone finale fu di non tenerlo e lì commise l’errore più grande di pensare a lei e non a me non glielo feci pesare ma io ero ferito vidi distrutto tutto ciò che avevo costruito ma io la amavo davvero lasciavo scorrere tutto però mi dannavo avrei tanto voluto la domanda come stai tu cosa senti..Nascondevo me dietro sorrisi ma stavo male ma la amavo troppo cercai solo di renderla contenta partì in America e non stette con me al mio compleanno ci rimasi male ma pensai è una cosa bellissima quindi tenni io il cane e aspettavamo solo che tornasse tornò e per una scemitá invece di saltarmi addosso prese il cane e se ne andò allora dissi dopo tutto ciò che ho fatto per meritare questo?Ancora lasciai scorrere arrivammo al suo compleanno litigammo per quell episodio perché le dissi che doveva scegliere me o gli altri o io al primo posto o gli altri?Quella sera la mezzanotte andò a ballare senza me e lì il mio cuore si ruppe in mille parti mi sentì davvero un oggetto di compagnia
0 notes
aneddoticamagazinestuff · 5 years ago
Text
COP25: FALLIMENTO SU SCALA GLOBALE
New Post has been published on https://www.aneddoticamagazine.com/it/cop25-fallimento-su-scala-globale/
COP25: FALLIMENTO SU SCALA GLOBALE
A Madrid, in Spagna, si sono spente le luci sulla COP25. Chi si aspettava grandi novità dall’edizione del 2019 è rimasto deluso. I giorni della COP21 sono lontani. Anche la presenza di Greta Thunberg, di ritorno dagli USA da cui è arrivata dopo una lunga traversata in barca a vela dal fiume Tago fino a Lisbona, non è riuscita a salvare la COP25 dal lento naufragio. Tra le promesse dei (pochi) leader presenti, farcite di dichiarazioni mediatiche alle quali non crede più nessuno e gli appelli accorati del segretario generale Antonio Guterres, alla fine non si è giunti a nessun risultato concreto e soprattutto immediato. Sin dall’inizio dei lavori è apparso evidente che, al di là di chi sia realmente responsabile dell’aumento delle temperature medie (ammesso che possano esserci ancora dubbi), quello che è certo è che le misure promesse durante le decine e decine di riunioni e meeting tenuti finora non sono bastate a evitare l’aumento delle emissioni di CO2: il rapporto annuale del Global Carbon Project parla di 36,8 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 alla fine del 2019, un livello mai raggiunto nella storia. Anche l’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), che ha comunicato che le concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera hanno raggiunto il livello record di 407,8 parti per milione nel 2018 (e continuano ad aumentare). Le conseguenze sono innegabili: dall’innalzamento del livello del mare, accelerato dallo scioglimento delle calotte glaciali in Groenlandia e Antartide, all’aumento della temperatura e del pH dei mari. “Su base giornaliera, gli impatti dei cambiamenti climatici si manifestano in condizioni meteorologiche estreme e anormali”. I paesi che vanno dalle Bahamas al Giappone al Mozambico hanno subito l’effetto di devastanti cicloni tropicali. Incendi violenti attraversarono l’Artico e l’Australia”, ha dichiarato il segretario generale dell’OMM Petteri Taalas. Come abbiamo detto più volte uno dei problemi fondamentali è la quantità di CO2 che un paese può emettere, i cosiddetti NDC. A Parigi, i leader mondiali promisero di rivedere questi limiti ogni cinque anni per adattarli alle esigenze del pianeta per adattarli alle necessità. Ebbene, non solo molti paesi si sono rifiutati di farlo, tanto che il Giappone “ha perfino affermato di non voler rivedere i propri NDC”, ha denunciato Lucile Dufour del Climate Action Network, rete di associazioni ambientaliste che partecipa alla COP25, ma la cosa più grave è che alla fine dei lavori, a Madrid non è stato raggiunto alcun accordo sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, quello riguardante l’ETS, l’Emissions Trading System, il sistema per lo “scambio di emissioni”. Questo sistema da alcuni definito “diabolico”, dato un livello di emissioni da non superare su scala globale, prevede la possibilità di effettuare scambi e compensazioni tra stati e aziende del “diritto ad inquinare”. In altre parole, consente ai paesi meno sviluppati e con minori emissioni di vendere le proprie “quote” ad imprese o stati che inquinano oltre i limiti consentiti. É questo il nocciolo della questione: i paesi più “sviluppati”, maggiori responsabili delle eccessive emissioni di CO2 nell’ambiente, invece di adottare misure concrete o di ridurre le emissioni hanno preferito non fare nulla e continuare ad inquinare. Né alla Cop22 di Marrakech, nè alla Cop23 di Bonn, né alla Cop24 di Katowice. Ovviamente, però, nel farlo non hanno dimenticato di farcire i propri discorsi di belle parole, di titoli pieni di “verde”… e torna alla mente il Green deal europeo. Chi sperava, anche viste le scadenze importanti e lo stato dell’ambiente, di vedere qualcosa di concreto a Madrid, al termine dei lavori della Cop25 è rimasto deluso: i discorsi sull’argomento, iniziati sabato scorso, si sono subito arenati sul disaccordo su diversi punti. Intanto in tutto il pianeta la situazione continua a peggiorare. In Brasile, in Siberia, in Australia gli incendi stanno distruggendo centinaia di migliaia di ettari di bosco con conseguente aumento della CO2, e solo in Australia le emissioni sono aumentate del 50% su base annua. Ma i cambiamenti climatici hanno anche altre conseguenze: milioni di persone lavorano esposti a temperature eccessive, con conseguenze spesso mortali. Ormai non è inusuale sentire parlare di “shock climatici” e di focolai di malattie infettive che nell’ultimo anno, insieme ad alcuni conflitti aperti, avrebbero causato, un aumento dei “bisogni globali” per circa 22 milioni di persone, come ha dichiarato Mark Lowcock ai giornalisti a Ginevra, in occasione del lancio dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari umanitari (OCHA) Global Panoramica umanitaria. “Nel 2020, quasi 168 milioni di persone in tutto il mondo avranno bisogno di assistenza e protezione umanitarie”, ha detto, “una persona su 45 sul pianeta. È la cifra più alta degli ultimi decenni”. E a pagare il prezzo più alto, come sempre, sono i bambini: i conflitti armati “stanno uccidendo e mutilando un numero record di bambini”, ha detto Lowcock. Un altro rapporto, il Climate risk index, curato dall’organizzazione non governativa tedesca Germanwatch, parla di 500mila persone che hanno perso la vita negli ultimi 20 anni a causa degli oltre 12mila eventi meteorologici estremi. L’OMS, ha scritto in un rapporto che, nel 2016, 600mila bambini sotto i 15 anni sono morti a causa di malattie riconducibili all’inquinamento dell’aria. Solo in Italia l’esposizione al particolato, al biossido di azoto e all’ozono troposferico, avrebbe causato la morte di 76.200 persone solo in un anno, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente. “Il cambiamento climatico non sta solo accumulando un conto per le generazioni future da pagare, è un prezzo che le persone stanno pagando ora con la propria salute”, ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo alcuni, la COP25 era l’ultima opportunità per fare qualcosa di concreto per l’ambiente. Ma i paesi più potenti (economicamente) del pianeta hanno deciso di non approfittarne: Stati Uniti d’America, Russia, Australia, Brasile, India, Cina, Arabia Saudita e anche l’Europa il cui “Nuovo patto verde”, a leggere bene i numeri, non pare poter fare molto. Le parole su Twitter del Segretario Generale delle NU Guterres trasudano sconforto e delusione: “I have come back to #COP25 to appeal for a successful conclusion of the conference and increased #ClimateAction and ambition”. “The enormous opportunities linked to #ClimateAction are overlooked too often”, ha detto oggi Guterres. Il punto è che a chi inquina sembra non importare nulla delle conseguenze. Per questo dopo la COP25 la situazione non cambierà. E la gente sembra averlo capito. Anche le beghe e le liti della piccola Greta con questo o quel capo di stato (prima con Bolsonaro poi con Trump) non servono ad altro che a fare spettacolo. Ma al pianeta queste sceneggiate non servano più. Servono fatti concreti. A ben guardare, ora che i riflettori a Madrid si sono spenti, il compito dei leader mondiali non sarà facile: convincere i cittadini che i governi si sta facendo qualcosa di concreto per l’ambiente non sarà affatto facile.
0 notes
giancarlonicoli · 6 years ago
Link
13 ago 2018 17:02
SOLO IL ''FATTO'' E LA ''VERITÀ'' NON MOLLANO L'OSSO DELLE SOCIETÀ DEI RENZI - MARCO LILLO CHIEDE ALLA MADRE DELL'EX PREMIER DEI SOLDI INVESTITI DAL GENERO ANDREA CONTICINI NELLE SUE AZIENDE, CHE I PM RITENGONO SIANO PARTE DEL MALLOPPO SOTTRATTO AI BAMBINI AFRICANI. LA SIGNORA BOVOLI, GENTILE, RISPONDE. MA TRONCA IL DISCORSO QUANDO… - AMADORI VA IN PORTOGALLO A TROVARE GLI IMMOBILI DA DUE MILIONI IN CUI SAREBBERO STATI INVESTITI PARTE DEI 6,6 MILIONI. E TROVA…
-
1. FAMIGLIA RENZI, I 38 MILA EURO PER L' AFRICA ANCORA IN CASSA
Estratto dall'articolo di Marco Lillo per ''il Fatto Quotidiano''
La signora Laura Bovoli, mamma di Matteo Renzi, è una persona cortese. Quando la contattiamo per capire che fine abbiano fatto i soldi versati nella società di famiglia nel 2011 da Alessandro Conticini (indagato dai pm insieme al fratello, Andrea Conticini, il marito della figlia Matilde Renzi e all' altro fratello, Luca) la signora non ci prende a male parole, come pure era lecito attendersi, ma ci risponde. La domanda era un po' rude: signora Renzi, perché la società di famiglia non regala all' Unicef i soldi incassati nel 2011 da Alessandro Conticini, visto che i pm sostengono che li avrebbe distolti dai fini previsti, insomma 'rubati' all' Unicef stessa e ad altre organizzazioni?
Per i pm, Alessandro Conticini, 42 anni, come titolare della Play Therapy Africa Ltd e poi dell' Ida S.a. e dell' Ida Ltd, avrebbe incassato 10 milioni di dollari in gran parte da Unicef (3 milioni e 882 mila euro) e dalla Fondazione Ceil and Michael E. Pulitzer (5,5 milioni di dollari) per portare il sorriso sulla bocca dei poveri bambini africani.
Invece di fare la terapia del gioco, secondo i pm, Conticini avrebbe fatto passare i soldi sui suoi conti di Bologna e Capo Verde.
Secondo i pm l' appropriazione indebita sarebbe pari a 6 milioni e 600 mila euro. Il rivolo più velenoso del fiume di soldi è rappresentato dai 133 mila e 900 euro finiti nel periodo 21 febbraio-7 marzo 2011 alla società Eventi6, di cui Matteo Renzi è stato un dirigente in aspettativa fino al 2014, mentre la mamma e le sorelle di Matteo sono socie.
Nel 2011, quando Eventi6 non se la passava bene, Conticini fece un finanziamento per 130 mila euro e un aumento di capitale con sovraprezzo per 50 mila euro.
La mamma di Matteo Renzi replica sul punto: "La nostra società ha restituito totalmente ad Alessandro Conticini il finanziamento infruttifero ricevuto l' otto marzo 2011". Poi prosegue: "La prima e la seconda rata, ciascuna di 26 mila euro, tramite Unicredit Banca il giorno 11 marzo del 2013. La terza rata di 28 mila, con la stessa modalità il giorno 26 giugno 2013. La quarta rata di 10 mila euro il 4 luglio 2013. La quinta rata sempre di 10 mila euro il 12 novembre 2013. Il giorno 24 marzo del 2014, con l' ultimo bonifico di 30 mila euro, il finanziamento è stato azzerato".
Un mese dopo il giuramento di Matteo Renzi la famiglia del premier aveva chiuso i conti con il finanziamento contestato dalla Procura di Firenze ad Alessandro Conticini e Andrea, il marito di Matilde Renzi. Andrea - quale procuratore del fratello - è accusato di avere impiegato parte del provento criminoso nella società dei Renzi. I pm contestano solo il finanziamento soci per 133.900 euro.
Al Fatto, però, risulta che Conticini entra nella società dei Renzi partecipando a un aumento di capitale e versa il 21 febbraio 2011 altri 50 mila euro per comprare una quota che ha un valore nominale di 12 mila euro, con il meccanismo del sovraprezzo. In pratica il capitale passa da 10 mila a 60 mila euro ma a pagare per l' aumento è solo un socio: Conticini. Alla fine lui avrà solo il 20 per cento della società, mentre le sorelle, senza tirar fuori un euro, avranno il 36 per cento a testa (di un capitale di 60 mila) e la mamma di Matteo l' 8 per cento.
Quando Conticini esce nel 2013 però retrocede a Matilde Renzi la sua quota al prezzo nominale di 12 mila euro. Quindi nel capitale della società restano i 38 mila euro di differenza. Alla signora Bovoli abbiamo chiesto: "Perché non donate i 38 mila euro rimasti all' Unicef?". Inizialmente ha tentato di sostenere che non c' era la differenza. Dopo avere ricevuto via Whatsapp la foto dell' atto, ha corretto il tiro: "Grazie del consiglio ma scelgo da sola () domani con l' aiuto del commercialista risolvo il resto".
(…)
2. DOVE COMPRA CASE IL PARENTE DI RENZI CON I SOLDI SOTTRATTI AI BIMBI AFRICANI
Giacomo Amadori per ''La Verità''
Ci siamo messi sulle tracce del parente di Matteo Renzi accusato dalla Procura di aver sottratto fondi destinati alla beneficenza per l' infanzia. Scoprendo che risulta gestore di un' immobiliare in uno dei posti più belli del Portogallo.
Ai fratelli Conticini devono piacere le case reali. Infatti Andrea, indagato per riciclaggio in un' inchiesta della Procura di Firenze, ha sposato Matilde (nome nobile per definizione, dalla contessa di Canossa alle regine inglesi) Renzi, diventando membro della casata di Rignano sull' Arno, quella dell' ex sovrano Matteo I. Il consanguineo Alessandro Conticini ha invece spostato i suoi affari in Portogallo, e precisamente a Cascais, nel distretto di Lisbona, poco distante dall' hotel 5 stelle Grande Real Villa Italia, che prima di diventare un resort è stata il rifugio dorato dell' esilio dei Savoia in fuga dall' Italia liberata.
Per la Procura toscana Alessandro e Luca (gemello di Andrea) Conticini avrebbero utilizzato fondi delle organizzazioni umanitarie per realizzare affari poco limpidi: nel settembre 2015 hanno sottoscritto un prestito obbligazionario da 798.000 euro emesso dalla società «Red friar private equity limited Guernsey» e hanno effettuato «un investimento immobiliare per euro 1.965.445», tra il 17 novembre 2015 e il 4 aprile 2017, in Portogallo.
Per gli inquirenti, i fratelli si sarebbero appropriati di 6,6 milioni di dollari di donazioni destinati ai bambini denutriti dell' Africa e avrebbero effettuato «attività economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative» per schermare la provenienza delittuosa del denaro (autoriciclaggio).
Le tracce dei Conticini in Portogallo, soprattutto in queste assolate giornate d' agosto, sono poche, ma dai contorni nitidi. Il nome che emerge in terra lusitana è quello di Alessandro. Il giovanotto è il perno dell' inchiesta. È lui che ha lavorato per l' Unicef in Africa con tre società, e in particolare con la Play therapy e su Internet si trovano ancora alcuni suoi report e i riferimenti alle sue attività nel Continente nero, come quando ebbe l' idea di salvare i bambini denutriti, con bombe caloriche come la pasta di arachidi.
In Portogallo è indicato come gestore di una società immobiliare, la Cosmikocean sa, una specie di ditta in accomandita semplice che si può aprire con pochi euro. Da Internet apprendiamo che è stata creata nel gennaio 2017 e appare ancora attiva, con un capitale sociale di 50.000 euro. Tra le attività, oltre alla compravendita di immobili, anche la loro costruzione, e l' affitto di alloggi per turisti e non.
L' indirizzo è quello di una stradina del sobborgo di Areia, non distante dalle meravigliose spiagge del Forte da Cresmina, di Praia da Agua doce o di Praia Grande do Guincho. Questo arenile è uno dei più amati dai surfisti e fa parte di un parco nazionale di non grandi dimensioni, ma che sembra un pezzo di deserto africano ai confini dell' Europa.
Ai bordi di quest' area selvaggia ville, piscine e anche un centro di equitazione e un campeggio. Nella traversa Sao Carlos, dove ha sede la Cosmikocean, risulta domiciliato pure il consolato del Nicaragua. Nella viuzza non mancano le dimore di pregio: tra queste una color mattone dalle forme cubiche e altre dall' aspetto più classico. Allo stesso indirizzo della Cosmikocean si trova anche un' altra società immobiliare, la Peaceful galaxy sa. Evidentemente in zona gli affari con il mattone vanno per la maggiore.
Anche perché da quando il governo portoghese ha concesso la carta oro (una specie di green card) ai cittadini extracomunitari che investono almeno mezzo milione di euro in Portogallo i prezzi sono schizzati alle stelle e pagare un immobile con assegni a sei zeri è una prassi in zone esclusive come Cascais, la Beverly hills del distretto di Lisbona.
Il bollettino del Consiglio comunale della capitale lusitana ci informa che a giugno 2018, quando i pm avrebbero voluto interrogare i Conticini (che non si sono presentati in Procura), la Cosmikocean è diventata una Ltd, una specie di Srl, in grado di effettuare operazioni più importanti. Il che farebbe pensare a un allargamento degli affari e del portafoglio clienti dell' immobiliare. La sede della Ltd è in un' altra zona e si trova a circa cinque chilometri dalla traversa del sobborgo di Areia.
L' indirizzo preciso è Rua de Santa Marta 66, e il quartiere è quello di Cobre. La strada appare ancora più elegante della precedente, punteggiata com' è di dimore signorili e giardini lussureggianti.
Tra i gestori della Cosmikocean su Internet è citato anche A.R., lombardo. Su Facebook condivide diversi contatti con i Conticini, per esempio l' amicizia di Valérie Quéré, francese trapiantata a Cascais, che con Alessandro Conticini ha realizzato uno studio sulla «stimolazione emotiva per bambini gravemente malnutriti» in una regione dell' Etiopia, in particolare attraverso il gioco a cui vennero educate le madri.
Federico Bagattini, l' avvocato dei Conticini (e di Tiziano Renzi e di altri esponenti del Giglio magico), non ha voluto affrontare la questione del Portogallo: «Sto partendo per qualche giorno di vacanza. Se ne riparla a settembre», ha esclamato con tono scherzoso, dribblando il cronista.
Prima o poi qualcuno, se non ai giornalisti, dovrà spiegare almeno ai magistrati a che cosa servano le proprietà portoghesi e le società immobiliari. Per realizzare progetti per i bambini africani? L' Unicef e la Fondazione Pulitzer che hanno affidato 10 milioni di euro a Conticini ne sanno qualcosa? Da New York, ancora nessuna risposta.
0 notes
tmnotizie · 7 years ago
Link
ROCCAFLUVIONE – Il progetto “Muri a perdere” nasce dalla sinergia tra due street artists ascolani, Andrea Tarli AT eUrka, e l’Associazione Culturale Defloyd che da tre anni porta avanti il progetto Arte Pubblicacon il quale promuove progetti di arte urbana. L’edizione 0 del progetto vede la collaborazione con il Comune di Roccafluvione e si svolgerà tra dicembre 2017 e gennaio 2018 con 4 interventi di pittura murale.
I primi 3 artisti Andrea Tarli AT, Urka e ICKS dipingeranno sulle pareti esterne di un’abitazione situata nella frazione di Colleiano. L’edificio, che ha svolto per anni la funzione di punto di ritrovo per i giovani residenti, negli ultimi tempi ha ospitato gli operatori della Protezione Civile giunti nella zona per l’emergenza post sisma.
Il quarto intervento pittorico sarà effettuato dall’artista UNO su un piccolo rudere di proprietà privata, un vecchio rimessaggio crollato dopo il sisma situato nella località Mulino Arena del Comune di Roccafluvione. Il progetto mira a contribuire alla rinascita sociale e culturale di quelle aree picene colpite duramente dagli eventi sismici, al fine di testimoniare che, a distanza di 1 anno, nonostante la situazione, soprattutto nelle zone montane, risulti essere disastrosa, la vita nelle comunità colpite continua.
“Muri a perdere” vuole riaccendere i riflettori su ciò che è stato fatto e su quello che si può e deve ancora fare, cercando quindi di riportare l’attenzione e la curiosità su quei luoghi quasi dimenticati dall’opinione pubblica. Il progetto, oltre che strumento di denuncia, vuole essere simbolo di speranza per il futuro, di fiducia nella rinascita di un territorio, come quello piceno, fortemente colpito e martorizzato.
L’Associazione Culturale Defloyd (http://ift.tt/2kbwp7S) è un’ associazione culturale del territorio Piceno, riconosciuta nell’elenco delle associazioni giovanili della Regione Marche. Dal 2011 organizza eventi musicali come il Villa Pigna Blues Festival (7 edizioni) e Un Festival alle Corde (3 edizioni), in collaborazione con il Comune di Folignano. Collabora con il Comune di Roma per L’immaginario sonoro degli Etruschi – Concerto tra sperimentazione e archeologia svoltosi presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia in Roma durante la Notte dei Musei nel 2013.
L’anno seguente, in partenariato con il Comune di Ascoli Piceno, si occupa della cornice musicale, in qualità di direttore artistico, della Festa della Creatività, realizzata nell’ambito del progetto AP Art UP. Gioventù creativa II edizione, finanziato dalla Regione Marche. La collaborazione con il Comune di Ascoli Piceno continua grazie al progetto SPACE_Spazi creativi contemporanei, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale e dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), ancora in attuazione.
L’Associazione, grazie al progetto Arte Pubblica (www.artepubblica.org), nato nel 2015, promuove progetti di arte urbana: interventi di street art, site specific, con l’obiettivo di creare opere d’arte permanenti, liberamente fruibili. Restyling, comunità, rivitalizzazione, sviluppo, rigenerazione le parole che raccontano il progetto, pensato per impreziosire e valorizzare edifici, per educare la cittadinanza alla street art, per riqualificare e rivitalizzare zone periferiche, per dar vita a nuovi percorsi turistici.
Nei tre anni di vita del progetto sono state realizzate dall’Associazione Culturale Defloyd 15 opere d’arte contemporanea in partenariato con la Regione Marche, Comune di Ascoli Piceno, Provincia di Ascoli Piceno, Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, Camera di Commercio di Ascoli Piceno, Pro Loco Musiano, Comune di Mosciano Sant’Angelo, sponsor e donatori privati. Infine, MARCHE di Fabbrica, un circuito online che ha lo scopo di promuovere artisti marchigiani su tutto il territorio nazionale.
Andrea Tarli AT (www.badtrip.it). Nato ad Ascoli Piceno il 2 luglio 1973 e laureato in scienze geologiche nel 2000, Andrea è un autodidatta, inizia il suo percorso artistico dopo una mostra di Andrea Pazienza che sarà vera e propria fonte di ispirazione ed emulazione per il primo periodo di formazione. Associazione Culturale Defloyd C.F. e P.I. 02098230440 Via Cremona 42 – 63040 Folignano (AP) Contemporaneamente al corso di laurea collabora con diversi studi grafici per logos e illustrazioni per bambini fino all’approdo alla grafica web e all’animazione multimediale. Espone in varie gallerie d’arte (Ascoli Piceno, Padova, Roma, Francoforte, San Benedetto del Tronto, Piestany) ma dal 2013 abbandona le sovrastrutture dell’arte contemporanea e scende a dipingere in strada prima nella sua città natale poi a Lisbona dove partecipa a varie iniziative promosse dalla Galeria de Arte Urbana GAU.
URKA (http://ift.tt/2kHXxLd). Davide D’Angelo, nasce ad Ascoli Piceno e sin da giovane dipinge in strada col nome di Urka. Oltre a rulli e pennelli, nella sua arte in strada, utilizza spesso il poster, fogli di carta stampati o disegnati di varie dimensioni che vengono incollati sui muri, una tecnica molto usata nella scena street contemporanea. Partecipa a numerose iniziative artistiche in varie città italiane come Roma (International Poster art, 2007; Strike the Street,2009), Ancona (Pop Up, 2009), Torino (Across rewriting, 2009) ma anche in giro per l’Europa: Madrid (Madrid Poster Art, 2009) e Bruxelles (Stick me Hard 2, 2009). Più recentemente le sue manifatture, così come le definisce lui stesso, sono realizzate con i più tradizionali pennelli e vernici, caratterizzate da uno stile caricaturale che ben si sposa con messaggi di critica sociale e ambientalista.
ICKS (http://ift.tt/2kFiAOg). Artista molisano, è considerato nella scena italiana dell’arte urbana tra i maestri dello stencil, tecnica pittorica in cui si utilizza una mascherina intagliata per riprodurre un’immagine o una forma desiderata. Grazie al procedimento grafico dell’halftone, o mezzatinta, la figura è tratteggiata attraverso singole linee accostate una all’altra, lo stesso effetto del retinato delle stampe industriali. Spesso ritrae volti di gente comune di varia estrazione sociale o situazioni pseudo familiari. Ha partecipato a vari festival italiani ed europei, tra cui Cvtà a Civitacampomarano (CB), Ancona Crea (AN) e Draw the line (CB).
UNO (http://ift.tt/2kFdgut). Ha una predilezione per i poster, la ripetizione di elementi iconici, i collage, i decoupage e ogni cosa che abbia a che fare con la carta e la sua manipolazione, con la strada e l’effimero, con il perenne e incessante bisogno di vagare di notte bruciati dal fuoco. Accogliendo e attualizzando la lezione di Warhol, di Debord, e di Rotella, UNO, attraverso la ripetizione all’infinito e il frequente uso di spray e pitture fluorescenti, gioca con la tecnica pubblicitaria e la cambia di segno. Partendo dal volto simbolo della famosa pubblicità di una cioccolata, lo rende un’icona della possibile rivoluzione del singolo nei confronti della società di massa. Un volto liberato dal ruolo assegnatogli dai suoi creatori che diventa paradossalmente lo strumento ideale per una critica alla pratica pubblicitaria stessa.
The post A Roccafluvione prende il via il progetto Muri a perdere appeared first on TM notizie - ultime notizie di OGGI, cronaca, sport.
0 notes