#lenti vintage
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PawPant's Voice Actor
(Rabbidbot "Toyco" White-Rabbit - She cannot talking about not voice anymore but She can Hissing like a Snake)
Rabbidmini - Voice of Amber Hood on Stun Bunny (Nicktoon: Attack of the Toybots)
Attilio Von Chupacabra - Voice of David Kaufman on Danny Fenton (Danny Phantom)
Carly Von Chupacabra - Voice of Katie Crown on Izzy (Total DramaRama)
Donnie Von Chupacabra - Voice of Andy Berman on Dib Membrane (Invader Zim)
Jose Von Chupacabra - Voice of Dan Castellaneta on Grampa Simpson (The Simpsons)
Minnie Monarch-Butterfly - Voice of Tara Strong on Princess Unikitty (Unikitty)
Wallace Yellow-Crested Cockatoo - Voice of Steven Kelly on Byron (Brawl Stars)
Robert Fusibot - Voice of Michaela Dietz on Amethyst (Steven Universe)
Andrea Satyr - Voice of Barbara Dunkelman on Nerris (Camp Camp)
Eva "Ninety-One" Xoloitzcuintli - Voice of Kate Micucci on Dr. Fox (Unikitty)
Mackie Computer - Voice of Carlos Alazraqui on Walden (Wow! Wow! Wubbzy!)
King Balor Boitatá - Voice of Paul Greenberg on Manjimutt (Yo-Kai Watch)
Zella La-Llorona - Voice of Megan Cavanaugh on Nissa (Jimmy Neutron Boy Genius)
Mahavir Great White-Shark - Voice of John Stephen Goodman on Baloo (The Jungle Book 2)
Cosmo Vintage Toy-Robot - Voice of Lindsay Jones on Space Kid (Camp Camp)
Kenia Russian Blue - Voice of Marissa Lenti on Nita (Brawl Stars)
Winona Unicorn - Voice of Kimiko Glenn on Izzy (My Little Pony: A New Generation)
Mr. Dicky Water Python - Voice of Rowan Atkinson on Zazu (The Lion King)
Rasputin "Raz" Mountain Zebra - Voice of Kai Skrotzki on Chester (Brawl Stars)
Izzy Jerboa - Voice of Katie Snyder on Colette (Brawl Stars)
Bella Firefighter - Voice of Cristina Vee Valenzuela on Marinette Dupain-Cheng/Ladybug (Miraculous: Tales of Ladybug & Cat Noir)
Opal Petalmen - Voice of Maggie Roswell on Mona Simpson (The Simpsons)
Monday Poodle - Voice of Nicki Rapp on Lili Zanotto (Psychonants 2)
Eis "Eastern" Traffic Light - Voice of Howard Ryshpan on Geppetto (Pinocchio 3000)
Winter Polar Bear - Voice of Rachael MacFarlane on Hayley Smith (American Dad!)
Modem Sliverback Gorilla - Voice of Scott McCord on Owen (Total Drama)
Edward Pixie - Voice of Audrey Wasilewski on Tuck (My Life as a Teenage Robot)
Valentina Bilby - Voice of Wendy Schaal on Francine Smith (American Dad!)
Peter Pileated Woodpecker - Voice of Sonja Ball on Pinocchio (Pinocchio 3000)
Dexter Harpie - Voice of Jill Talley on I.Q. (Wacky Races 2017)
Cayden Jack In The Box - Voice of James Arnold Taylor on Wooldoor Jebediah Sockbat (Drawn Together)
Gravestone Black Flying Fox - Voice of Ed Mace on Mortis (Brawl Stars)
Blu Milk Snake - Voice of Kat Cressida on Dee Dee (Dexter's Laboratory)
Shay Ghoul - Voice of Steve Carell on Hammy (Over the Hedge)
Gina Green-Boost - Voice of Elsie Lovelock on Uzi (Murder Drones)
Stitches - Voice of Zane VanWicklin on Arnold Shortman (Hey Arnold!)
Corbin Black Panther - Voice of Jason Lee on Bones (Monster House)
Valentina Bilby - Voice of Wendy Schaal on Francine Smith (American Dad!)
Snow-White Polish Rabbit - Voice of Bella Ramsey on Hilda (Hilda the Series)
Hurricane Kirin -
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VINTAGE Dolls early '60s from around the world inc Lenti & Little Kiddle ebay fishbonela
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C'è una corrente, in Fotografia.
Come quelle pittoriche, tra poco lo vedremo.
Una corrente di Prelibati Ritrattori di visioni macro - o comunque ravvicinate - di flora resa onirica dalla peculiarità dello sfuocato.
E ci sono obiettivi specifici, per questo.
Magari dell'Est, magari "vintage", com'oggidì suolesi appellare.
Il loro sfuocato fa a volte vorticare.
Altre volte, dilatare.
Sì, non sto parlando del raffaelliano nitore del bokeh generato da un 300 mm f2,8 di fabbricazione nipponica.
E piuttosto, di lenti in grado di reinterpretare il visibile.
Ma dietro il vetro ci vuole chi pigi il bottone.
E sopra il dito di chi pigia il bottone, una testa imbottita di Poesia.
E Danuta Turkiewicz ce l'ha, una testa imbottita di Poesia.
Proprio farcita di sogno, come l'intende Shakespeare.
E quella cosa lirica lì che Danuta ha dentro la testa, la dimostra fabbricando lune.
Sì, Fabbricando Lune.
Le vedete, sopra il rosso fiore.
Anzi, una di luna.
Perché quella vera è in alto un poco a destra, del fiore.
Le altre sono cadute in disgrazia, o sono in procinto di farlo.
Sì, sparse nel fotogramma, alcune già giacciono al suolo.
Eccomunque, a Vasilij Kandinskij sarebbe piaciuta Danuta Turkiewicz.
Sapete, anche lui faceva quelle robe lì.
Quelle robe lì di nervosa vorticazione e lussureggiante cromia.
Oh, ne faceva anche di squadrate, di cose, Vasilij.
Ma il suo dipinto che in questo brano accosto alla fotografia di Danuta, sarebbe piaciuto - conversamente - a Danuta istessa.
Cheppoi, mica del tutto vero - come scrivono - che i Non Figurativisti creino composizioni "che possano esistere con un grado di indipendenza dalle referenze usuali del mondo".
Danuta e Vasilij sono qui apposta a dimostrarlo.
Perchè i loro sono mondi reali nella loro attingibilità e scaturigine.
Scaturigine da testa che comanda mano di pigiare bottone.
O da testa che comanda braccio di brandire pennello.
Sempre aligera estroflessione, è.
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Claudio Trezzani
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Occhiali da sole, una passione che si rinnova ogni estate: il fascino senza tempo dei Ray-Ban
Con l'arrivo delle giornate assolate, una passione si riaccede nel cuore degli amanti del bello e dello stile: quella per gli occhiali da sole. Non solo una barriera protettiva contro i raggi ultravioletti, ma anche un'icona di stile che si è evoluta attraverso i decenni. Tra i marchi che hanno fatto la storia, spiccano gli occhiali da sole Ray-Ban, un emblema di design e qualità che continua a conquistare con il suo fascino intramontabile. Quando si parla di occhiali da sole, Ray-Ban è sinonimo di una tradizione che intreccia moda e funzionalità. Fin dalla loro comparsa negli anni '30, questi accessori hanno abbracciato le sfide di ogni epoca, diventando un must-have per chiunque voglia esprimere la propria personalità e distinzione. Dalle linee sobrie degli Aviator, nati per proteggere gli occhi dei piloti, agli intramontabili Wayfarer che hanno segnato un'epoca, i Ray-Ban hanno saputo adattarsi e anticipare le tendenze, trasformando ogni modello in un pezzo di storia. Non è solo la visione di chi li indossa a essere schermata dai raggi del sole, ma è lo sguardo del mondo intero che viene attirato da questi emblemi di stile. Ogni paio di Ray-Ban è una testimonianza vivente di come la moda può diventare espressione di una personalità e di un'epoca. Gli occhiali da sole, qui, superano la loro funzione primaria, affermandosi come accessori capaci di raccontare storie, di evocare nostalgia, di simboleggiare il carisma di chi li indossa. E poi, c'è la qualità che non tramonta mai. Ray-Ban ha sempre investito nella ricerca e nell'innovazione dei materiali, mantenendo alti gli standard di resistenza, comfort e protezione. Anche per questo, generazioni di star del cinema, musicisti, icone della cultura pop e anonimi amanti del vintage si sono affidati alla solidità di questi occhiali. Con i Ray-Ban sul naso, ogni viso acquista un carattere, ogni look si definisce con maggiore chiarezza. Sono accessori che non solo completano un outfit, ma che aggiungono un capitolo nuovo al racconto personale di ognuno. E’ essenziale sottolineare come Ray-Ban continui a portare innovazione e freschezza nei suoi modelli, sperimentando con colori, materiali e tecnologie all'avanguardia, come le lenti polarizzate e le montature eco-sostenibili. Nonostante il passare degli anni, Ray-Ban riesce a mantenere un equilibrio tra tradizione e innovazione, consolidando la propria presenza non solo come produttore di occhiali, ma come un vero e proprio lifestyle. Read the full article
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Quello che trovo interessante, se così possiamo definirlo, riguardo alla ricomparsa della Umbro shirt nel 2023 -e di tutto il chiacchierare che ne è scaturito intorno-, è che anche ponendo il caso che siano davvero due magliette diverse, molti dimenticano che bisogna sempre guardare al contesto se si ha davvero l'intenzione di comprendere e formare un proprio pensiero indipendente al di là di quale parte del fandom si appartiene.
L'anno è il 2020, e la pandemia è al suo picco. Siamo (quasi) tutti confinati in casa per via del lockdown, quando a luglio Eleanor condivide una foto di Louis e Clifford. La maglietta viene subito identificata come un modello vintage della Umbro risalente agli anni Novanta, piuttosto difficile da trovare. Arriviamo a settembre. Harry, che, al contrario di Louis, non è mai stato avvistato indossare questa marca, si trova in Italia e una fan pubblica un selfie dove lui indossa una maglietta Umbro vintage anni Novanta.
Si tratta della stessa maglietta o di una molto simile? Come sempre il fandom è spaccato, fondamentalmente in chi ci vuole vedere la stessa identica maglietta (larries) e chi non vuole vederlo (antis/solos). Le ragioni sono ovvie, sebbene in questi casi spesso la ragione lasci spazio alla fantasia irrazionale da entrambe le parti.
Angoli diversi, luci diverse, filtri diversi, lenti fotografiche diverse e una miriade di altri fattori possono incidere sulla nostra percezione di ciò che osserviamo.
Per quanto mi riguarda, non mi posi tanto il problema se si trattasse o meno della stessa identica maglietta allora, e non me lo pongo nemmeno adesso. Non sarà certo un indumento a mettere in discussione ciò in cui credo. E comunque cerco di mantenere sempre la mia mente aperta, pronta a cambiare idea nel caso in cui mi si dimostri -con fatti provati- che mi sbagliavo. Purtroppo, sia il rispetto per le opinioni altrui, che il pensiero critico sono sempre più difficili da trovare all'interno di questa nostra bolla sempre pronta a scoppiare per un motivo o per un altro. In questo specifico caso, credo che ci siano i presupposti per definirlo una coincidenza estremamente strana. "Plausible deniability", negabilità plausibile. Con loro due è sempre stato così; può non piacere, ma è del tutto comprensibile. Da fans possiamo teorizzare quanto vogliamo, né Harry né tantomeno Louis ci daranno delle risposte certe. 1) perché non ci devono effettivamente nulla; 2) perché, considerata la situazione, la negazione plausibile, l'ambiguità e il dualismo sono i fili su cui devono correre, dovendo sempre stare attenti a non cadere mai.
Trascorrono tre anni e, del tutto inaspettatamente, la maglietta più unica che rara fa la sua sfacciata ricomparsa. Grazie, Harry!
Ora, sapendo come sia Harry che Louis abbiano dimostrato di lurkare costantemente e sanno quindi benissimo ciò che viene discusso nel fandom, trovo oggettivamente interessante il fatto che Harry, consapevole ormai del significato che viene attribuito a questa maglietta, abbia scelto di indossarla per essere fotografato dalla sua "amica" paparazza, mentre è in compagnia di Kid Harpoon e Tyler Johnson (tanto per segnalare che stia già lavorando ad HS4).
È un po' come la blue bandana e il Peace ring: in realtà da parte di Harry non c'è mai stata nessuna conferma sul significato di questi oggetti, ma non c'è alcun dubbio che è ben consapevole del simbolismo attribuito loro da noi fans, e di conseguenza le reazioni che scatena ogni volta che indossa uno o l'altro. Ancora più strano ("strano", così come viene interpretato nel mondo Larry) è il fatto che dopo la pap walk con quella maglietta, abbiamo cominciato a scherzare dicendo: quanto ci scommetti che stasera Louis canta 7?
n.b.: In programma c'era il concerto di Louis a Barcellona. E, guarda caso, la prima volta che ha cantato 7 è stato proprio a Barcellona, a marzo del 2020 (prima data del suo primo tour mondiale da solista, poi stoppato a causa del Covid).
Mi piacerebbe proprio tanto poter dare una spiegazione razionale sul perché questo sia poi effetivamente successo. Rientra di buon grado nelle innumerevoli domande che pongo a me stessa, alla continua ricerca di risposte.
Anche Louis sa bene il significato che attribuiamo a quella canzone. Lo sai lui, lo sappiamo noi, lo sanno le antis e le solos, e lo sa pure Harry. E allora perchè? Perchè, tra tutti i giorni possibili, ha scelto di cantarla proprio la stessa sera della ricomparsa della ormai famigerata maglietta?
Non impazzirò cercando una risposta, che tanto so che non avrò mai. So solo che laddove c'è spazio per una negabilità plausibile, ci sarà sempre anche spazio per una plausibile conferma.
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Lenti Vintage per Mirrorless Sony A7(xxx) - Parte 2
Con l'arrivo della Sony a7II mi si è aperto il mondo. Trattandosi di una mirrorless e avendo un tiraggio minore rispetto al mondo reflex ho scoperto presto che avrei potuto utilizzare qualsiasi lente prodotta nella storia della fotografia (con qualche doverosa e rarissima eccezione, che non cito neanche perché direi quasi inutile). Presto tirai fuori la vecchissima SLR a pellicola di mio padre, una Pentax Kx che montava un Pentax-M 50mm 1.7. Come montarlo? Presto detto... Come per le mie lenti Nikon, acquistai un anello di conversione Pentax, per la precisione un anello NEX-PK e ancora una volta optai per la K&F che si era dimostrata precisa e affidabile. Comprai la versione Straight, senza accorgermi che esisteva, come per la Nikon, una versione con anello con controllo diaframma, che consente di montare e controllare tutte le varianti successive moderne firmate Pentax. E quindi mi riferisco agli Obiettivo Pentax con varianti K/M/A/FA/DA. Qui trovate esattamente l'anello a cui mi riferisco acquistabile anche su Amazon ad un prezzo inferiore a quello che si può acquistare sul sito omonimo della K&F.
K&F Concept Anello Adattatore PK/DA- NEX
Come potete immaginare, l'emozione di tornare a fare foto con un obiettivo appartenuto a mio padre, è stato incommensurabile. Tra l'altro, il Pentax-M 50mm f1.7 è un gran bell'obiettivo, quasi vicino ad un pancake, piccolo, comodo, sufficientemente definito e dal gradevole bokeh e che, ancora oggi, si riesce a comprare sul mercato dell'usato a circa 50 euro.
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William W. Larsen - 12 Illusionettes - Micky Hades International - 1975 (illustrated by Paul Lenti)
#witches#magicians#occult#vintage#illusionette#hades#william w. larsen#paul lenti#micky hades international#12 illusionettes#1975
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Lenti, 20-12-1955
Kellemes karácsonyi ünnepeket kívánok [...] Mszemenye (?), 55.12.19.
Postcards on Google Maps
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80s vintage, original anna lenti milan
MEN DNI
#fashion#me#vintage fashion#80s#80s fashion#italian fashion#pret a porter#lgbtq#queer#wlw#lesbian#lgbt#80s dress#80s clothing#queer women#sapphic#sustainable fashion#sustainability#ethicalshopping#thrifting#vintage shopping#vintage dress#men dni
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Perché c’è poco da ridere di chi credeva agli occhiali ai Raggi X I più giovani di voi, sicuramente, non hanno la più pallida idea dell’oggetto di cui stiamo parlando, o forse ne avranno sentito solo vagamente parlare: gli occhiali ai Raggi X. Fino agli anni 70/80 del secolo scorso, infatti, la pubblicità di questi mirabolanti occhiali faceva capolino nelle principali riviste e giornalini, come “Monello” o “L’Intrepido”. Per poche migliaia delle vecchie lire, promettevano a chi li avrebbe indossati degli incredibili poteri. Quanti hanno pensato di farci un pensierino nella speranza di vedere attraverso i vestiti delle persone? E quanti il pensierino, invece ce lo hanno fatto davvero ricevendo, ovviamente una sola? Parecchi. Gli occhiali erano di cartone, con due buchini nel centro delle “lenti” e, naturalmente, non assolvevano neanche in minima parte al loro scopo. Allora non c’erano le normative sulla privacy che ci sono ora, per cui il pacco arrivava pure con la scritta “Occhiali a Raggi X” in bella vista. Se aveste comprato un giocattolo sessuale, il postino avrebbe sicuramente sogghignato meno. Perché vi stiamo parlando di questo oggetto vintage? Perché oggi pensiamo a quanto quelle generazioni fossero tanto ingenue da credere che un prodotto del genere funzionasse davvero, ma basta aprire la nostra home di facebook per renderci conto che, in realtà, c’è poco da ridere: a quei tempi, almeno, c’era l’attenuante nel voler toccare con mano e verificare in prima persona che l’articolo fosse una bufala (chissà, magari in molti lo acquistarono proprio con quell’intento, o solo per il gusto di avere questo oggetto del desiderio, pur essendo consapevoli del suo non funzionamento). Oggi questa attenuante non c’è: se ci capita sotto il naso una notizia di qualsiasi tipo, abbiamo tutti gli strumenti per verificarne quasi in tempo reale l’autenticità. Non ci vuole molto, se non fosse per la volontà di credere a tutti i costi a qualcosa che ci fa piacere credere. Se credere agli occhiali ai Raggi X era più che altro una questione di ingenuità, credere che il 5G diffonda il Coronavirus è ignoranza colpevole e senza giustificazioni. Così come per tutte le bufale che circolano massicciamente in rete: ce ne sono tante, ogni giorno ne fioccano di nuove, ma è anche vero che esistono strumenti e servizi adeguati per non abboccare a esse. analfabetifunzionali
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Lo-fi hip hop: musica triste per fogli di calcolo
Che suono fa la quarantena? Lo-fi hip hop. Che suono fa l’orizzonte distopico della pandemia? Lo-fi hip hop. Che suono fa la generazione Z? Lo-fi hip hop. E la tristezza?, internet?, la produttività?, il relax? Lo-fi hip hop, senza dubbi.
Si esagera, ma per chiunque ci si avvicini il lo-fi hip hop sembra capace di rispecchiare porzioni sempre più estese di un sentire comune in maniera immediata, prima di qualsiasi forma di comprensione. Intercetta alcuni tratti del mondo di cui riflette in cambio una versione quintessenziale, il minimo comun denominatore o il simbolo di non si capisce bene cosa; o forse interseca il nucleo di pulsioni alla base delle sue manifestazioni più allucinate: una scatola nera che contiene un mistero o una verità al più basso grado di astrazione.
Molto suona come il lo-fi hip hop, ma è più difficile dire come suoni il lo-fi hip hop. Didascalicamente, è un genere musicale che nasce a metà degli anni dieci e si diffonde quasi interamente su internet, in un iniziale disinteresse dell’industria musicale per cui si crea il fenomeno (molto Gen Z) di artisti con milioni di ascolti che, paradossalmente, nessuno ha mai sentito.
Influenze e origini sono materia di discussione: muzak, smooth jazz, il chopped and screwed e il rap sperimentale di J-Dilla, precursore, padre e pioniere; la disperazione atmosferica del soundcloud rap. Allo stesso modo si inserisce nel continuum della internet-music nostalgica (hypnagocic pop, chillwave, hauntology, vaporwave): l’hip hop oggi è anche un’enorme piattaforma che rimedia le estetiche di generi musicali passati. Qui forse siamo al suo momento vapor.
I canali di diffusione più tipici sono le playlist curate su YouTube, che trasmettono live 24/7. I numeri sono da fenomeno globale: Chilled Cow, per fare un esempio, conta milioni di iscritti e la playlist “lo fi hip radio – beats to study/relax to” viene ascoltata stabilmente da migliaia di ascoltatori.
A marzo 2020 YouTube ne ha interrotto per sbaglio lo streaming, generando uno dei video più lunghi della piattaforma – tredicimila ore – creando una piccola rivolta sui social, che ha attirato l’attenzione della stampa, dell’industria discografica, dei memer, di Tik Tok.
Le playlist oggi sono nell’ordine delle centinaia e sono diffuse su tutti portali di streaming. Ascoltarle significa immergersi in un flusso infinito di tracce strumentali dai suoni lenti (tipicamente tra i 70 e i 90 Bpm – la trap, per capirci, sta sui 140), morbidi, malinconici e, soprattutto, ossessivamente ripetitivi. Il procedimento più tipico è il loop di una base hip hop, con spesso elementi sonori del jazz. Di solito la fruizione è passiva: è un sottofondo musicale per studiare o rilassarsi o lavorare – il fatto che siano considerate attività equivalenti ne costituisce uno degli aspetti più interessanti e dà al genere quel tocco di distopia che fa molto al passo coi tempi; di solito si tira in ballo, e probabilmente a ragione, l’erosione della differenza tra tempo del lavoro e tempo dello svago del capitalismo del XXI secolo (qui ne parla approfonditamente Elia Alovisi su Vice).
Il termine lo-fi sta per low-fidelity. Si riferisce alla pulizia del suono, che è bassa; è un suono sporco. Ma è una faglia concettuale che al netto della sonorità crea un solco in cui si tracciano i confini tra diverse estetiche contemporanee: secondo la distinzione di Adam Harper (si può leggere in Musica Hi-tech, di Riccardo Papacci, Aracne): di solito è lo-fi la musica di “controcultura”. Il suono sporco rimanda all’immediatezza e all’autenticità (il garage rock, il punk, l’indie rock, il grunge), a qualcosa di umano, al calore del passato e si oppone a tutto quello che ne costituisce il contrario: il mercato, il non umano, le macchine, i suoni digitali.
La trap è al versante opposto: è tutto accelerato: l’iperviolenza, l’identificazione spirituale con le campagne di posizionamento dei brand globali, l’immaginario sempre eccessivo, la sacralità dei soldi e l’autotune che disegna traiettorie vocali solo parzialmente umane. Oggi Lo-fi è una categoria slegata dal contesto tecnologico in cui nasce: i produttori aggiungono effetti che sporcano la qualità sonora su un materiale di partenza che di solito è pulito, per creare una patina analogica, nello stesso modo in cui si aggiunge la grana alla foto sui social.
Suoni lenti, artisti senza nome, malinconia, ritmi ossessivi e ipnotici, ossessione per il passato; un senso di stasi sonoro: l’effetto di queste playlist è quello di partecipare a un umore (Kina, producer italiano, tra i principali esponenti del genere, per riferirsi alle sue tracce parla di “mood”) o di esplorare un paesaggio emotivo. Qualcosa di caldo, dolce e accogliente che sa di calma, di un isolamento dal mondo, di casa o di un rifugio e cosparge i timpani di liquido amniotico; qualsiasi cosa stia nel punto logico opposto a un modo accelerato.
Tutto, veramente tutto, nel lo-fi hip hop cospira precisamente a produrre questa sensazione, come una formula alchemica. I beat strumentali teoricamente servono a studiare, rilassarsi o eccetera, ma come fai musicalmente a creare le condizioni per una concentrazione assorta? Qual è il non detto su cui si fonda questo discorso?
In realtà di non detto c’è poco ed è tutto in bella vista: basta scorrere le discussioni sulle live-chat, i commenti sotto le tracce su Youtube o le dichiarazioni dei musicisti per comprendere l’oro verso cui stanno correndo. “It’s the feeling of losing all my anxiety”, dice Beowulf a Mtv.
Fudasca, invece, altro esponente italiano, a Repubblica ha dichiarato che è una musica “motivazionale e generazionale”, che vuole essere “non una medicina, ma un aiuto” e va al punto senza mezzi termini “noi ci rivolgiamo a chi ha problemi di ansia o depressione, e tra quelli nella mia generazione sono in tanti” – incidentalmente, ha ragione, le statistiche denunciano numeri da epidemia su suicidi, ansia, depressione e solitudine per la generazione Z.
Che sia una musica che si prefigga uno scopo, per quanto vago, è evidente nel rapporto con il passato. Veniamo da almeno un decennio di discussioni sulla retromania della cultura contemporanea. La tesi di Simon Reynolds, semplificando, è che potendo disporre dell’enorme archivio di internet e incapaci di creare una novità stilistica, la cultura degli anni zero non ha fatto che riproporre in continuazione gli stili del passato. La nostalgia rimanda a una dimensione più semplice, più autentica e in fin dei conti a una verità più piena, più umana – il luogo dove attingere a dei depositi di senso di cui il presente sembra sprovvisto. “The genre”, dice ancora Beowulf, “is in itself nostalgia” e verrebbe da pensare di essersi trovati di fronte al ritorno in grande stile dellaretromania. Ma le cose sono più complesse.
Se prima il passato era un fine, un oggetto estetico in quanto tale (il vintage, per dirne una) qui la nostalgia è cosciente di sé, del suo uso e della sua funzione. Come i ritmi ossessivi, il rumori della pioggia, un certo immaginario kawaii che ne è la controparte visuale (la gif della sad girl che studia in loop), come i testi tristissimi o romanticissimi (di solito le tracce sono strumentali, ma non sempre, death bed, hit globale di Powfu, è letteralmente una fantasticheria di morte freudiana con tanto di “rifatti una vita, spero troverai qualcun altro, guarda il tuo futuro marito e suo figlio” sussurrato all’amata) insomma il passato come tutto il resto è uno strumento per creare il mooddelle tracce.
Infatti del passato è esibita la finzione. Può essere quella di un Giappone immaginario che rimanda all’infanzia o un passato inventato. Non ricordato, ma creato (e il pubblico ne è assolutamente cosciente: commento tipico su Youtube: mi fa sentire la mancanza della ragazza che non ho mai avuto). Nessuno zoomer si sognerebbe di aprire un hamburgeria gourmet e cercare il senso della vita nelle ricette autentiche di una volta, ma di passeggiare dentro quella nostalgia, di usare quel senso di calma per rendere tollerabile un presente spettrale ed esausto (e quindi usarla per lavorare, studiare), quello sì.
Non c’è un reale feticismo degli anni Ottanta, dei Novanta o di qualsiasi epoca più semplice: l’aspirazione più pura del lo-fi hip non è di “suonare come”, ma proprio quella di essere una benzodiazepina. Di produrre quel senso di dissociazione da sé stessi, di distanza dai propri conflitti irrisolti, di produrre il ronzio chimicamente indotto che sostituisce i pensieri e ossessivi e, muto, ti racconta che persona potresti essere senza i pesi psicologici che trascini.
Non è una novità, la xanax music è una tendenza che ha travalicato i generi e si è imposto come vero e proprio trend per tutti gli anni dieci. Innerva il nucleo bifronte della trap (a ogni Versace salmodiato dai Migos fa eco il Percocet – che è un forte antidolorifico a base oppiodi, in realtà – ripetuto ossessivamente da Future in Mask off) il pop malinconico di Lana Del Rey e qualsiasi cosa sia quello che fa Billie Eilish. Qui è nella sua forma pura, distillata.
Il rapporto tra la musica e la chimica è sempre stato una cartina di tornasole per indagare lo spirito del tempo: la voglia di un mondo nuovo della nuova stagione del rock è tutta nella visione degli psichidelici, le opposte pulsioni nichiliste del punk e della musica da club sono incorniciate idealmente dagli oppiodi e dalla cocaina. L’uso degli empatogeni nei rave, con la possibilità di creare qualcosa di simile a un amore infinito, ma per una sera, racconta tutto di una sottocultura che voleva creare degli spazi temporaneamente utopici.
Il suono ansiolitico del lo-fi hip hop resta contradditorio: è presto per capire quali sia la forma del desiderio di una generazione. Ma qualcosa si sente forte e chiaro, è detto con dolcezza ed è detto ossessivamente. Parla dell’ansia di un presente impossibile, lamenta la proverbiale assenza di alternative, la voglia di un rifugio dal quale navigare ed esprime una pulsione nichilista, una pulsione di morte, ma ecco, senza morte, la ricerca di vuoto lambito da una calma amniotica e da una tristezza pulviscolare. Più che un sogno o un desiderio, è uncerto modo di rifiutare capace di essere cinico e allo stesso tempo dolce, e però di rifiutare un intero mondo, in blocco.
lofi hip hop radio - beats to relax/study to: https://www.youtube.com/watch?v=5qap5aO4i9A
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Tyesse Occhiali da sole da uomo polarizzati per uomo vintage
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Occhiali da sole da uomo, i consigli da non trascurare mai
Che si tratti di uomo o donna, poco importa, gli occhiali da vista e da sole oggi rappresentano uno degli accessori più in voga che si possa indossare. Non un oggetto qualsiasi ma un qualcosa scelto ad hoc che, abbinato alle lenti scure, dona carisma e anche un pizzico di mistero mischiato al sex appeal per gli uomini, fascino e curiosità per le donne. Per quelle da vista non cambia molto. Le montature entrano in sintonia con il viso e dettano anche lo stile con il quale ci si pone, bigliettino da visita che colpisce al primo sguardo. È chiaro che scegliere gli occhiali giusti non sia mai facile ed immediato. C’è bisogno di ponderare bene la scelta ma anche farsi consigliare da chi se ne intende, vero esperto di un settore molto variegato. Per la scelta degli occhiali da sole da uomo, ma anche per tutte le altre tipologie, ci si può affidare a VistaExpert, la vetrina online punto di riferimento per il settore gli occhiali a 360 gradi, nato dalla passione e dalla lunga esperienza del suo fondatore, Claudio Mariniello. Sempre al passo con le mode del momento e costantemente aggiornato sulle tecnologie più avanzate del settore ottico, propone qualità e servizio a prezzi sempre convenienti sfruttando le grandi potenzialità del web. È per questo che gli addetti alle vendite sanno sempre proporre consigli mirati in base alla forma del volto, alle richieste degli utenti e a esigenze particolari che variano da caso o caso. La proposta da sole per uomo è veramente variegata, dalle ultime novità del mercato a modelli vintage e iconici che sono dei veri evergreen. Quando si acquista un paio di occhiali è necessario ricordare che bisogna sempre scegliere la qualità e la certezza di avere un buon prodotto. Nel caso degli occhiali da sole, le lenti devono proteggere dal sole, in quelli da vista correggono e migliorano le prestazioni visive. Anche i materiali di cui si compongono le montature sono essenziali: stanno a contatto con la pelle e per questo devono essere anallergici, in più si tratta di presidi medici e dunque chi li produce deve essere registrato al Ministero della Sanità. Ogni volta che ti approcci ad un acquisto del genere ricordati tutte queste dritte perché non sono da sottovalutare. Se poi il referente è fidato e di alta gamma come VistaExpert allora queste rappresentano solo le basi di partenza per accogliere tanti altri servizi. Foto di 👀 Mabel Amber, who will one day da Pixabay Read the full article
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Vintage Eurovision Aesthetics
Italy 1984: I Treni di Tozeur
Requested by anon
E per un istante ritorna la voglia ¦ And for a moment returns my desire
Di vivere a un'altra velocità ¦ Of living at a different pace
Passano ancora lenti i treni per Tozeur ¦ Still the trains for Tozeur are passing by slowly
#eurovision#italy#esc aesthetic#I pray these are good XD#though this was easier since it was more trains and Tunisia aesthetics since Tozeur is an actual place pfft
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Lenti Vintage per Mirrorless Sony A7(xxx) - Parte 1
In molti mi chiedono quali attrezzature fotografiche uso quando scatto e quali sono le soluzioni tecniche che adotto con la mia fotografia. Premessa: da oltre 3 anni ho sposato il mondo Mirrorless, dopo aver abbandonato il mondo DSLR (avevo Nikon). Nello specifico uso una Sony A7II che adoro e che se mai dovessi sostituirla, prenderei ancora lo stesso modello (visto il costo estremamente contenuto per un corpo Full Frame che è un trattore meraviglioso). Come seconda macchina uso una Sony a6000, una APSC, che mi porto dietro ovunque per la sua compattezza e la sua velocità.
In entrambe i casi, sono due corpi macchina perfetti per me visto che scatto esclusivamente con lenti vintage e quindi non necessito in alcun modo di tutte quelle features aggiuntive che i modelli più recenti offrono.
Il passaggio dal mondo DSLR a quello mirrorless è stato assolutamente indolore, sebbene quando feci il salto ero particolarmente preoccupato nel dover abbandonare il mirino ottico per quello elettronico. La scelta non fu mai più azzeccata di così...
All'epoca mi ritrovai a vendere dunque il mio vecchio corredo DSLR Nikon, ma innamorato del mondo ottico Nikkor, decisi di tenere tutte le lenti, anche su suggerimento del venditore, visto che da quelle lenti non avrei ottenuto un corrispettivo economico interessante dalla loro vendita.
Mi ritrovai dunque a tenere un Nikon AIS 85mm f2, un Nikon AIS 105mm f2.5, un Nikon 50mm AFS G f1.4 il cui motore di messa a fuoco automatico era bruciato. Lenti che ancora uso e dalle quali non mi separerò mai.
Come ho risolto la fase di transizione, considerando che da li a pochi giorni sarei partito per Cuba con l'intenzione di realizzare un libro su Cuba?
Ho acquistato un anello di conversione Nex-Nikon, la versione G con anello per diaframma, così da poter utilizzare anche le lenti Nikon AF (non dotate di anello diaframma).
Casualmente optai per la marca K&F, produzione tedesca, che a confronto della Novoflex ha sempre mantenuto costi più che accettabili, dimostrandosi nel tempo affidabile, precisa e veramente ben fatta. Per chi fosse interessato, fate attenzione a non acquistare la versione normale (ovvero solo per lenti Pre AI, AI e AIS) nel caso prevediate di riciclare anche lenti più moderne AF dal mondo Nikkor; non potrete controllarne il diaframma.
Fine parte 1
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