#legami attraverso la lettura
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pier-carlo-universe · 18 days ago
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Il Club delle Lettrici di Jennifer Scott: Un Viaggio nell’Amicizia e nell’Amore per i Libri. Recensione di Alessandria today
Un romanzo che celebra i legami indissolubili creati dalla lettura condivisa
Un romanzo che celebra i legami indissolubili creati dalla lettura condivisa Il potere della lettura collettiva “Il Club delle Lettrici�� di Jennifer Scott è un romanzo che esplora l’intimità e la magia dei legami creati dalla lettura. Ogni libro diventa un ponte tra le protagoniste, consentendo loro di condividere emozioni, storie e riflessioni profonde. Pubblicato da Piemme, il romanzo si…
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lamilanomagazine · 7 months ago
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Bari, al via la 19esima edizione della festa dei popoli: spettacoli, concerti, enogastronomia e tradizioni
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Bari, al via la 19esima edizione della festa dei popoli: spettacoli, concerti, enogastronomia e tradizioni Torna a Bari dal 23 al 26 maggio la Festa dei Popoli, il Festival Interculturale che, giunto alla sua 19esima edizione, promuove l'incontro tra popoli e culture attraverso eventi, spettacoli, concerti e condivisione di enogastronomia e tradizioni popolari. Quattro giorni di vera e propria festa, con eventi gratuiti, musica, spettacoli, danze, artigianato e numerose attività pensate per i più piccoli. "Uomini e donne in cerca di pace" è il tema scelto per questa edizione della manifestazione, che si terrà nel Giardino Princigalli di Bari (quartiere Mungivacca, nei pressi del multisala Showville) ed è realizzata dal Centro Interculturale Abusuan, dai Missionari Comboniani e da Cgil, con la collaborazione del Comune di Bari, della Regione Puglia e di un'importante rete di associazioni, comunità straniere e istituti scolastici. L'evento è infatti frutto di un grande lavoro di rete e di relazioni intessute con le tantissime realtà associative del territorio che ogni anno si impegnano, tutte insieme, per creare e rafforzare legami e radici, per rendere la città di Bari una comunità sempre più interculturale. Tra le novità di quest'anno una masterclass di musica africana, per un massimo di 20 partecipanti a partire dagli 11 anni a cura della cantante franco-camerunense Valérie ��koumè, che insegnerà l'importanza della lettura e della scrittura ritmica insieme alla tecnica vocale e delle percussioni; in secondo luogo, l'istituzione di un premio alla memoria di Giacomo Princigalli, promotore del dialogo interculturale e protagonista della vita politica locale e nazionale, a cui è intitolato il Giardino in cui si svolge la Festa. Il premio, istituito dall'omonima associazione Giacomo Princigalli e con cadenza annuale, sosterrà progetti musicali e/o associativi interculturali nei quali la musica e le arti si propongono come occasioni per l'incontro e il dialogo tra persone, popoli e culture che si affacciano sul Mare Mediterraneo. E ancora, la direzione sempre più ambientalista ed eco-sostenibile della manifestazione, grazie anche alla collaborazione con i volontari di Legambiente Bari, dell'associazione di volontariato Plastic Free e dell'associazione Seconda Chance, un ponte tra carceri e aziende per creare opportunità di reinserimento, che, nei giorni precedenti all'avvio della manifestazione, hanno effettuato un'operazione di clean-up del Giardino e che, per l'intera durata dell'evento, affiancheranno il pubblico presente nell'attività di corretto conferimento dei rifiuti all'interno dei contenitori preposti alla raccolta differenziata. Tra le realtà partecipanti anche Bistrot Ethnic Cook, progetto che promuove l'integrazione tra i migranti e la comunità ospitante, nonché marchio registrato come impresa sociale dall'associazione Origens. Ethnic Cook offre infatti formazione gratuita per l'introduzione nel mondo professionale della ristorazione e della panificazione, nonché numerosi tirocini professionalizzanti per donne rifugiate. Nel corso della Festa dei Popoli 2024 i referenti di Ethnic Cook saranno presenti con un proprio stand nel quale daranno vita ad un laboratorio di decorazione di biscotti con i più piccoli. Programma Si parte giovedì 23 maggio con un pomeriggio ricchissimo di appuntamenti: l'apertura della XIX edizione della Festa dei Popoli, alle ore 17.30, sarà dedicata al concerto che rappresenta la restituzione di un laboratorio che il compositore e musicista palestinese Ramzi Aburedwan, accompagnato dal suo ensemble musicale Dal'Ouna e dai musicisti baresi Fabrizio Piepoli, Nabil Bey (Radio Dervish) e Anna Rita Di Leo, ha svolto negli scorsi giorni a Bari, in collaborazione con gli studenti del Conservatorio e del Liceo Musicale, nonché delle scuole secondarie di I° Michelangelo di Bari e Capozzi-Galilei di Valenzano. Un'esibizione che spazierà dalle composizioni originali ad un ampio repertorio di musica araba e, in particolare, palestinese, classica e folkloristica: un vero e proprio viaggio attraverso un universo musicale originale e innovativo. Seguiranno alle ore 20.00, le performance de La Galleria della Danza, che presenta al pubblico, con il suo gruppo avanzato diretto da Antonella Serini, due coreografie hip hop dai titoli Energy e Beach Ball e, alle 20.25, del gruppo barese Fabularasa: un sound di chiara matrice jazz e fusion, con inserti ispirati alla musica etnica, in particolare mediterranea. Alle ore 21.00 spazio al progetto speciale italo-palestinese dal titolo"La musica tra i due mondi": un lavoro di residenza realizzato a Bari, negli scorsi giorni, dallo stesso artista internazionale Ramzi Aburedwan مزي أبورضوان e dal suo Ensemble Dal'Ouna – formato da Abo Gabo, Youssef Hbeisch dalla Palestina, e Ziad ben Youusef dalla Tunisia – con lo scopo fondamentale di dare rilancio, attualità e qualità alla musica dal mondo. Ramzi Aburedwan è, infatti, noto per la sua dedizione alla musica come strumento di resistenza e cambiamento sociale. Nato nel campo profughi di Al-Amari, Ramzi ha fondato l'associazione Al Kamandjâti, che si impegna a fornire educazione musicale ai bambini palestinesi, soprattutto a quelli che vivono sotto occupazione o in condizioni difficili. In particolare, durante la residenza artistica, i musicisti franco-palestinesi e italiani/pugliesi, Fabrizio Piepoli, Nabil Bey e Anna Rita Di Leo hanno realizzato una produzione inedita durante la residenza artistica, utilizzando strumenti particolari della tradizione araba, mediterranea, occidentale e mediorientale, con canti in italiano e arabo declinati in poesia. A partire dalle 21.55 sul palco il concerto del quartetto 4Troubles e, a seguire, sarà la volta delle Sister Queen: quattro donne dalle sonorità vocali differenti e ben assortite che entusiasmeranno il pubblico attraverso un viaggio sonoro che spazierà tra le influenze musicali internazionali degli anni '70, '80 e '90. Venerdì 24 maggio sarà un pomeriggio dedicato alle esibizioni delle scuole: a partire dalle 17.30, infatti, si alterneranno gli studenti degli istituti "Alessandro Leogrande", "Michelangelo", "Riccardo Monterisi", "Margherita", "Nicola Zingarelli-Anna Frank", "Amedeo d'Aosta". Alle 20.10 sarà la volta dell'esibizione musicale delle protagoniste dell'associazione di volontariato In...Canti di Donne, che presentano cinque brani della tradizione africana, italiana ed ebraica a che toccano i temi della pace, della coesione, dell'umanità. A seguire, si svolgerà un reading a cura di Alma Terra e Squola senza confini Penny Wirton. La serata musicale prosegue con il concerto di Perla Catucci in duo con Domenico Mercurio, che spazierà tra brani originali da lei stessa scritti e composti ai grandi successi della musica italiana (cover di famosi pezzi di Pino Daniele, Cesare Cremonini, Brunori Sas, Mina) e della musica internazionale (con successi di Lady Gaga, Jassie Glynne, Miguel Bosè). E ancora, si continuerà con l'esibizione dell'Associazione sportiva dilettantistica Samira Oriental Academy e si concluderà con il concerto del progetto CCM – Cantiere Comune Mediterraneo, un'orchestra e collettivo di sensibilizzazione e ricerca sul valore delle diversità disseminate nel nostro mare, che uniscono i popoli oltre i confini. Sabato 25 maggio inizierà con un evento al mattino: alle ore 11.00, infatti, nello stesso Giardino Princigalli si terrà una masterclass di musica africana, per un massimo di 20 partecipanti a partire dagli 11 anni (prenotazione obbligatoria all'indirizzo e-mail [email protected]) a cura della cantante franco-camerunense Valérie Èkoumè, che insegnerà l'importanza della lettura e della scrittura ritmica insieme alla tecnica vocale e delle percussioni. Seguirà, alle ore 17.00, il reading dal titolo "Uniti per l'Ucraina" e, alle ore 18.00, il flash mob di S-Confin-Arti. Il pomeriggio entrerà poi nel vivo alle 18.10 con la Conferenza sulla Pace alla quale prenderanno parte Monsignor Giovanni Ricchiuti, Presidente nazionale di Pax Christi, Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, introdotti e coordinati da Vito Micunco, Coordinatore della Rete dei Comitati per la Pace in Puglia. Seguiranno, poi, a partire dalle ore 20.00 e fino alle ore 23.30, le esibizioni a cura delle associazioni Alma Terra, Le Aquile di Sera – che porteranno nel Giardino Princigalli balli e canti tipici della terra albanese – e degli artisti I Maltesi, band pugliese in formazione acustica, Naib Abid – che si esibirà in una performance coinvolgente in cui il pubblico sarà chiamato ad imparare ed interpretare canti in italiano, inglese e spagnolo inerenti i temi dell'unità, dell'umanità della gentilezza , Valérie Èkoumè insieme al batterista e percussionista Guy Nwogang e Papa Buju & Dub Fevah Band, gruppo musicale nato a Bari alla fine del 2019 dall'incontro tra musicisti di diverse età e provenienze accomunati dalla passione per la musica reggae. L'ultima giornata della Festa dei Popoli 2024, domenica 26 maggio, partirà alle ore 17.00 con lo spazio dedicato all'esibizione musicale a cura dell'associazione Culture Organization of Bangladesh Debi e Sabana Suresh & Vidya, con musica, danza e animazione tipica del Bangladesh a cui seguiranno i reading a cura dell'Associazione di Promozione sociale Gianni Ballerio e della comunità Baha'i e Gep (Gruppo Educhiamoci alla Pace). Alle 19.15 sarà la volta di "Approdi – Danze in viaggio", esibizione di danza a cura di Artidea Cultura, che proporrà al pubblico presente danze tradizionali come occasione per conoscere altre culture, scoprendo che la danza etnica-popolare è danza collettiva, armonia di gesti, passi, espressioni, sorrisi, vicinanza che permette di sentirsi uniti. Seguirà, alle 19.40, l'esibizione di Darwish Dream, a cura dell'associazione culturale BandeRumorose: una profonda interpretazione vocale e strumentale delle più significative poesie del grande poeta palestinese Mahmoud Darwish. E ancora, Kabila, gruppo italo-libanese che propone una fusione di lingue (arabo, inglese e italiano) e sonorità, tra rock, elettronica, world music, progressive rock e pop, suoni e arrangiamenti e alle 21.05 il duo ucraino Masha Ruta & Tetiana Rohocha, che interpreteranno brani di racconto della bellezza della terra e del popolo ucraino, nonché della rinascita, della bellezza della vita e della forza d'animo dei popoli. A partire dalle 21.20 sul palco i progetti Let's Funk Under The Disco Sky, con un medley di canzoni funky e disco ispirate alla pace, Spiff Onyuku, musicista nigeriano che si pone l'obiettivo di coniugare la tradizione musicale africana con le sonorità dell'elettronica e Lu Rusciu Nosciu, gruppo di pizzica salentina con sonorità caratterizzate dal ritmo di tamburelli, insieme a colpi ritmici di percussioni etniche, chitarre e nacchere uniti a suoni melodici. Festa dei Popoli KIDS (attività̀ per bambini) - Venerdì, sabato e domenica pomeriggio, sul prato, a cura di "Help A.T.T.": laboratori manuali - Sabato pomeriggio, davanti al proprio stand, a cura di "Le Aquile di Seta": laboratorio ambientale - Sabato pomeriggio, all'interno del proprio stand, a cura di "Migrantes Arcidiocesi cattolica Bari-Bitonto": laboratorio sulla pace - Domenica pomeriggio, all'interno del proprio stand, a cura di "bistrot Ethnic Cook": laboratorio di decorazione di biscotti - Domenica pomeriggio, davanti al proprio stand, a cura di "Le Aquile di Seta": laboratorio sulla mondialità - Domenica pomeriggio, sul prato, a cura di "AGESCI Bari 18": attività ludiche "Ancora una volta, dopo ben diciannove anni, siamo orgogliosi ed entusiasti di proporre alla città di Bari la sua Festa dedicata all'integrazione e allo scambio interculturale – spiega Koblan Amissah, organizzatore della Festa dei Popoli –. Mai come in questo periodo di difficoltà e di scenari di guerra a livello internazionale, crediamo nell'importanza del dialogo tra le culture e le comunità che abitano, insieme, la nostra città. Questo evento, divenuto nel tempo un appuntamento ricorrente del panorama culturale barese, torna ogni anno a ricordarci che ogni differenza rappresenta una ricchezza e che, a prescindere dai contesti sociali, professionali, culturali che ciascuno di noi vive, il denominatore comune deve rimanere sempre l'umanità. Quella di uomini e donne che oggi, a Bari, si riuniscono in cerca di pace". "La Camera di Commercio di Bari ha voluto dedicare a Futurae – programma imprese migranti, uno stand nell'ambito della Festa dei Popoli, in coerenza con le attività già svolte per favorire la nascita di imprese di immigrati nel nostro territorio di competenza e nella certezza che sia il contenitore più giusto per favorire ulteriori adesioni alla seconda edizione tutt'ora in corso – ha dichiarato Luciana Di Bisceglie, presidente della Camera di Commercio di Bari –L'accordo di recente stipulato da Unioncamere nazionale con Banca Etica e PerMicro, che offre agli imprenditori migranti che partecipano al progetto la possibilità di richiedere finanziamenti per l'avvio dell'attività, è la conferma che siamo sulla strada giusta: per i benefici in termini di integrazione dei cittadini stranieri e di opportunità di crescita per l'intero sistema economico". Festa dei popoli è promossa e organizzata da :Centro Interculturale Abusuan, Missionari Comboniani, CGIL, Stop Border Violence. Associazioni partecipanti Afghanistan, A.I.B.A. (Costa d'Avorio), Alma Terra, APS Gianni Ballerio, ArtiDea cultura, Balasua, BANDERUMOROSE, Bari in jazz, Bari Sviluppo - Progetto Futurae 2, Brasile, C.A.M.A. - L.I.L.A, CAPS - Casa Shalom, Centro Missionario - Migrantes - Caritas Arcidiocesi cattolica di Bari-Bitonto, Communitas, Comunità baha'i di Bari, Comunità ortodossa di Etiopia, Comunità Palestinese di Puglia e Basilicata, CSV San Nicola, Culture organisations of Bangladesh - DEBI, Digiuno di Giustizia in solidarietà con i Migranti, Dioubo Diame Africa (Senegal), EMI - Editrice Missionaria Italiana, Equanima, bistrot Ethnic Cook, G.E.P. - Gruppo Educhiamoci alla Pace, Govinda (Mauritius), G.U.A.P. (Ghana), Help ATT, Iraq, Le Aquile di Seta (Albania), Legambiente, Nawa Wax (Senegal), Nazma's Kitchen (Bangladesh), Nigeriani di Bari e Puglia, PER.I.P.L.O, Plastic Free, Refugees Welcome, S-CONFIN-ARTI, Squola Senza Confini Penny Wirton, Stop Border Violence, Suore Missionarie Comboniane, Tessere di Solidarietà, Uniti per l'Ucraina, Unsolomondo Partner solidali Agriturismo "Al Verneto", Balafon Film Festival, Bistrot "Buò – crudo, cotto e mangiato", bar "Caffè portineria", boutique "Charity Chic", autofficina "Dentico", OdV "Eco Eventi", libreria "La Campus", libreria "Svoltastorie", APS "Teatro Osservatorio – ImprOfficina", società di consulenza "SAMO Security & Business Solutions" Scuole partecipanti S.S. 1° G. "Amedeo d'Aosta" - Bari, I. "Margherita" - Bari, I.C. "Michelangelo" - Bari, S.S.1° G. "Riccardo Monterisi" - Bisceglie, I.C. "Nicola Zingarelli - Anna Frank"- Bari, C.P.I.A. 1 "Alessandro Leogrande" - Bari... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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weirdesplinder · 4 years ago
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I figli della terra di Jean M. Auel
Dal momento che ho citato questa serie di libri nel post precedente, mi sembrava giusto dedicarle lo spazio che merita e parlarvene più ampliamente in modo che possiate decidere se fa per vio oppure no.
La serie  I FIGLI DELLA TERRA di Jean M. Auel è composta da 6 libri,  è già conclusa ed è ambientata nell’era preistorica.
In questi romanzi possiamo seguire la crescita e la vita di Ayla, dall'infanzia col Clan (uomini di Cro Magnon), all'incontro con gli Altri (Homo sapiens sapiens), al suo amore per Giondalar, al suo lungo viaggio per unirsi alla tribù del suo uomo ecc….
Affascinanti le descrizioni dei paesaggi preistorici, acccuratissimi gli studi fatti dall'autrice riguardo la flora e la fauna di quel periodo. L'approfondimento storico, convive con le avventure dei protaginisti in perfetta armonia. Romanticismo, storia, avventura, misticismo. Questi romanzi sono veramente pregni di temi. A volte le descrizioni rallentano la narrazione, ma rimangono comunque una lettura appassionante. Già solo la figura del bellissimo Giondalar merita….ma non voglio anticiparvi troppo.
Ho amato tutti e sei i libri, in particolare il secondo, La valle dei cavalli, e il quinto, Focolari di pietra, forse il più ricco di personaggi interessanti e consiglio a tutti la lettura di questa saga.
Tra l'altro come livello di sensualità questa serie non ha niente da invidiare alla serie di Anita della Hamilton, o a J. R. Ward.
Leggeteli e poi mi direte. Importante, credo, sia leggerli nell'ordine giusto. Alcuni mi hanno detto che sono partiti dal quarto libro, Le pianure del passaggio, a leggerli e lì si sono fermati, scoraggiati. Il quarto è forse il libro più prolisso della serie e senza sapere ciò che è avvenuto prima ai due protagonisti perde molto significato. Io l'ho amato poichè era il coronamento di una vita di coppia e di un'amore nato dopo molte difficoltà, ma se uno non ha letto i libri precedenti posso capire i problemi in cui incorre. Perciò, meglio leggere la serie nell'ordine giusto.
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1-Ayla figlia della terra
https://amzn.to/3cJXElm Trama: Nata da una nuova stirpe che si sta diffondendo in Occidente, mentre il settentrione dell'Europa è coperto di ghiaccio e milioni di animali pascolano nelle steppe desertiche, Ayla, ancora bambina, è scampata a un terremoto ed è stata raccolta dal Clan dell'Orso delle Caverne composto da Neanderthal. Tutto, in lei, indica che appartiene a quelli che i Testapiatta del Clan chiamano ‘Altri’: i capelli biondi, gli occhi azzurri, l'alta statura, la capacità di ridere, piangere e parlare… Lei è un nuovo tipo di essere umano. Eppure, nonostante queste diversità, la ragazzina trova affetto e protezione nei genitori adottivi e, a poco a poco, stringe un profondo legame coi membri del Clan, sebbene alcuni, infastiditi da quei comportamenti 'strani’ in cui scorgono qualcosa di minaccioso, vorrebbero allontanarla. Ma sarà soprattutto il suo desiderio di conoscenza che la farà entrare in conflitto con il vecchio Clan, legato alle Memorie, cioè alla tradizione, e destinato a scomparire quanto prima. Nel sangue di Ayla, invece, scorre il futuro dell'umanità e lei, spinta da un impulso irresistibile a capire e a interpretare i segni del mondo circostante, si avventurerà in territori in cui nessun uomo del Clan ha mai osato spingersi. Accuratissimo nella ricostruzione di un universo complesso e affascinante, “Ayla figlia della terra” è una grande saga sul genere umano, sui legami e sui conflitti, sull'odio e sull'amore. E nel contempo è l'eccezionale odissea di una donna in quel cruciale momento dell'evoluzione in cui due razze, strette in una lotta mortale, si battono per sopravvivere… 2- La valle dei cavalli
https://amzn.to/31JSyiM Trama: La sopravvivenza sarà la dura scuola di Ayla. In un mondo dominato da forze incomprensibili e popolato da animali terrificanti, la giovane donna, scacciata dal Clan dell'Orso delle Caverne e assetata di conoscenza, affronterà un lungo viaggio pieno di insidie. Ma il destino la porterà dapprima nella misteriosa Valle dei Cavalli, dove troverà riparo e un'insperata gioia, e poi la condurrà all'incontro con un giovane sconosciuto, anch'egli in viaggio… Insieme, Ayla e Giondalar scopriranno quel sentimento ancora senza nome che impareranno a chiamare amore.
3-Gli eletti di Mut https://amzn.to/3sPbPLw Trama: Attraverso gli spazi sconfinati dell'Europa preistorica, continua l'epico viaggio di Ayla. Non più sola, ma insieme con Giondalar, suo coraggioso compagno, Ayla si unisce ai cacciatori di Mammut. E'questa la sua gente? Il loro linguaggio è strano, i loro costumi sono diversi; Ayla è pronta a misurarsi con nuove situazioni ma deve ancora sopportare l'amaro sapore della diffidenza e dell'emarginazione. Il viaggio di Ayla non è ancora finito, la sua ansia di conoscenza la spinge verso luoghi sconosciuti dove si prepara il destino dell'umanità.
4-Le pianure del passaggio
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Trama: Quello che Ayla e Giondalar stanno per intraprendere è un viaggio che nessuno ha mai tentato: attraversare le sconfinate pianure dell'Europa dell'Era glaciale. Oltre quelle lande desolate, abitate da popoli selvaggi e animali feroci, solcate da fiumi tumultuosi, segnate da imponenti montagne e immani ghiacciai, li attende, forse, il luogo della dimora definitiva. Riusciranno a giungervi?
5- Focolari di pietra
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Trama: Era Glaciale. Dopo un lungo viaggio, durante il quale ha conosciuto la coraggiosa e affascinante Ayla, Giondalar torna al suo popolo, la Nona Caverna degli Zelandoni, che per cinque anni lo ha atteso. Ma la festosa accoglienza a lui riservata viene offuscata dal timore per la straniera al suo fianco. Mentre la Caverna la studia con apprensione e qualcuno la considera già una nemica, Ayla si rende conto che il suo futuro dipende da ciò che lei sarà in grado di offrire agli Zelandoni: la capacità di accendere il fuoco e di addomesticare gli animali, l'abilità di maneggiare le armi e di curare le ferite. Per Ayla comincia un viaggio ben più impegnativo di quello concluso: un viaggio verso la conoscenza di un popolo ostile che la considera “diversa”. 6- La terra delle caverne dipinte
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Trama: Dopo aver conosciuto Giondalar durante il suo lungo viaggio, Ayla è diventata madre della vivace Gionayla e parte integrante della Nona Caverna degli Zelandoni, il popolo a cui appartiene il suo compagno. Le sue strabilianti capacità nel comandare i cavalli e il fedele Lupo, oltre che nell'utilizzare le erbe medicinali, le hanno addirittura guadagnato il ruolo di accolita della sciamana di più alto rango in seno alla comunità.  Ma il cammino iniziatico di Ayla verso la «chiamata» comporta tutta una serie di faticose rinunce, finendo per attirare il risentimento di alcuni elementi del gruppo, che non vedono di buon occhio l'affermazione sociale di quella che rimane pur sempre una forestiera.   Mentre la vita scorre scandita da esplorazioni di grotte affrescate, battute di caccia, riti sacri e rappresentazioni, attraverso lo sguardo acuto di Ayla partecipiamo dello stupore di un'umanità ancora giovane di fronte ai fenomeni naturali, e dei suoi tentativi di padroneggiare sentimenti e situazioni sociali al cui cospetto è ancora per certi versi impreparata.  E quando il suo percorso di apprendistato la porterà a mettere in gioco proprio ciò che ha di più caro, Ayla riceverà dalla Grande Madre Terra un dono di conoscenza in grado di modificare profondamente il futuro della sua gente e dell'intero genere umano. Un dono che per lei comporterà un prezzo da pagare.  Con La terra delle caverne dipinte, Jean M. Auel aggiunge l'ultimo, potente tassello alla saga dei Figli della Terra, che ha conquistato e appassionato milioni di lettori in tutto il mondo. Da questa famosissima serie di libri nel 1986 fu tratto persino un film, intitolato appunto come il primo libro: The clan of the Cave Bear. Con protagonista la bella Darryl Hannah, nel ruolo di Ayla. In Italia il film venne intitolato Cro-Magnon Odissea nella preistoria. Ora, ho come l'impressione che questo film si rivelerà valido quanto il film di Lady Oscar….ma sto cercando di procurarmelo comunque. Sono curiosa di vederlo. E ho uno stomaco forte. Magari non è poi malaccio. Se qualcuno di voi l'ha visto, mi faccia sapere così mi preparo psicologicamente.
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pleaseanotherbook · 4 years ago
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Il cuore di un’ape di Helen Jukes
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Una colonia è nebulosa e mutevole; quando si alza in volo per sciamare può sembrare che appartenga all'aria, come nessun’altra cosa nel mondo fisico. È impossibile disegnarci un cerchio intorno; è impossibile vederci un corpo.
“Il cuore di un’ape” è il resoconto di un anno da apicoltrice in città di Helen Jukes edito in Italia da Einaudi Editore. Come non ho mai nascosto, il mio amore per le api si è riversato da tempo anche sulle mie letture e immergermi in questo volume mi ha regalato una bella prospettiva su cosa significa essere un apicoltore di città e soprattutto saltare nel vuoto e abbracciare davvero una passione più grande di noi.
A trent’anni la vita di Helen sembrava girare a vuoto: lavori precari e amori fragili, tanti «contatti» ma pochi amici, città sempre diverse e nessun luogo da chiamare casa. Come tanti trentenni, in fondo. Poi un giorno, quando lo stress al lavoro è tale da svelare il suo vero volto di sfruttamento, Helen capisce che non puoi trovare una casa se non sei disposto a costruirtela tu. Decide così di procurarsi un’arnia e dedicarsi all’apicoltura urbana: forte degli insegnamenti di vecchi e nuovi amici, dei libri e di internet, tra passi falsi e preziose conquiste, impara a prendersi cura di una colonia di api. E, con loro, a prendersi cura di sé. In parte racconto della natura, in parte memoir, Il cuore di un’ape è una meditazione meravigliosamente sincera sulla responsabilità e sulla cura, sulla vulnerabilità e sulla fiducia, sulla creazione di legami e sul trovare nuove strade. Ma è anche una vera e propria guida pratica a come trovare il tempo e lo spazio, nella nostra quotidianità, nelle nostre città, per riallacciare un contatto con la natura attraverso questi animali così affascinanti e fondamentali per l’equilibrio dell’ecosistema.
La mia passione per le api ha origini abbastanza in là nel tempo, fin da quando ho avuto l’opportunità di vederle da vicino in una delle edizioni della mostra mercato di mieli e prodotti dell’alveare con cui ho collaborato per anni. Vedere la cura, la calma, la precisione con cui gli apicoltori si avvicinavano a questi microscopici insetti mi ha fornito il pretesto per studiarli e per farne un po’ il mio spirito guida. Accumulare letture a tema sta diventando una passione intensa e il volume nato dalle esperienze di Helen Jukes una prospettiva interessante da studiare. La Jukes vive in Inghilterra, immersa in un lavoro d’ufficio che non le offre grossi stimoli. Ma nel tempo libero si avvicina all’apicoltura grazie a quello che diventerà un po’ amico e un po’ mentore, quando decide di lanciarsi in questa nuova avventura. Alla periferia di Oxford, in una casa che non sente molto sua, la Jukes inizia a pensare a come sarebbe avere un’arnia nel suo giardino, come sarebbe prendersi cura di una colonia di api, come sarebbe veder crescere un intero sistema che dipende, anche, dalle sue cure. Mentre si sfogliano le pagine la Jukes fornisce aneddoti, racconti, spunti di riflessione, stille di informazioni che riguardano il mondo degli impollinatori e allo stesso tempo appunta la sua vita, i suoi incontri, le sue paure e la sua voglia di fare. Il parallelismo che si crea, tra scoperta di sé e scoperta dell’alveare, rivela ben presto la sua preziosità. La Jukes vive una vita costretta in un lavoro che non sopporta, con una coinquilina che non capisce a fondo e con una solitudine intima che deriva anche dalla sua incapacità di mostrarsi davvero al mondo, quella scorza che arriva dai traslochi frequenti e dal repentino ricollocarsi ogni poco tempo che deriva dalla precarietà del mondo lavorativo della generazione dei Millenials, sospesa tra il bisogno di radici e la volontà di gettarsi nel vuoto, quel tendere da un lato a sradicare le sicurezze dei propri genitori e dall’altro a temere di essere incredibilmente sperduti. Ed è per questo la Jukes decide, con una spinta da parte dei suoi amici, di prendersi cura di uno sciame di api, che con tanta difficoltà e tanta pazienza, diventa il centro di un intero anno, di una riscoperta di indipendenza, di passione, di cura, di felicità. La Jukes si interroga su cosa significa prendersi cura di un alveare, cosa significa prendersi cura di sé. Non è facile trovare l’equilibrio tra invasione e allontanamento, tra troppo e troppo poco, tra prendersi cura e sopraffare. E intanto si studia l’arnia, l’ape, la colonia, la regina, l’accoppiamento, il miele, mentre le stagioni ruotano e l’amore aumenta. E le operaie vanno in giro a bottinare e il favo si accresce.
 Il particolare da non dimenticare? Uno vasetto di miele…
 Il viaggio alla scoperta del mondo delle api, ma soprattutto della propria vita, in un caleidoscopio di esperienze e suggestioni, che appassionano e mostrano una nuova prospettiva. Se le api sono in pericolo, vuol dire che tutta la Terra lo è, in fondo gli impollinatori sono le sentinelle del nostro ecosistema.
Buona lettura guys!
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floweredalmond · 5 years ago
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ETERNAL SUNSHINE OF THE SPOTLESS MIND- Michel Gondry (2004, USA). Soggetto: Charlie Kaufman, Michel Gondry, Pierre Bismuth. 
Genere: commedia, fantascienza, drammatico, sentimentale. 
“Puoi cancellare qualcuno dalla tua mente, ma farlo uscire dal cuore è tutta un'altra faccenda.” 
Si tratta di una pellicola che richiede, per la sua completa comprensione, ripetute visioni ed un processo di decifrazione delle sue diverse sfaccettature di significato che sono del tutto “invisibili” ad una prima visione. 
“Se mi lasci ti cancello” (“Eternal Sunshine of the Spotless Mind”) è un film che vede investire le figure di protagonisti Jim Carrey e Kate Winslet. La sceneggiatura, vincitrice dell'Oscar 2005, è opera di Charlie Kaufman, che conferma la sua inclinazione per i film di impianto psicologico e visionario (“Essere John Malkovich, "Il ladro di orchidee” e “Confessioni di una mente pericolosa”).
 Il titolo originale, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, è preso da un verso dell'opera “Eloisa to Abelard”(1717), del poeta inglese Alexander Pope. Alcuni versi della poesia vengono inoltre citati all'interno del film: 
“Com'è felice il destino dell'incolpevole vestale! 
dimentica del mondo, dal mondo dimenticata. 
Infinita letizia della mente candida! Accettata ogni preghiera e rinunciato a ogni desiderio.” 
Il film è una metafora della facoltà di tollerare non solo le emozioni negative nella rottura di una relazione, ma anche il passaggio dall'innamoramento all'amore, e quindi dalla visione idilliaca e perfetta, intrisa dell'idealizzazione di sé e dell'altro, alla presa di coscienza della complessità nella coppia, dove insieme ai due membri entrano in gioco le loro storie, gli apprendimenti, i legami di attaccamento pregressi, dai primari ai secondari, e infine la relazione nell'attualità. 
In questa pellicola si intravede quella infinitesima possibilità che le realtà, una volta entrate in quell'anticamera chiamata inconscio, diventino eterne. Perché null'altro è l'inconscio se non la porta che immette nella trascendenza umana verso il divino. La mente può tradire -è l'uomo a dare il proprio consenso- ma il cuore quando resta fedele è impossibile imbrogliarlo, poiché dimostra che l'uomo stesso si inganna. Con la mente ci si può illudere, ma il cuore non conosce riserve, e prova dolore del modo più sanguinolento. E qui sorge l'ipotesi scientifica più diabolica: cancellare il dolore attraverso i ricordi dolorosi. La chimera scientifica di poter mettere le mani sull'anima umana è stata da sempre la pretesa pseudo-divina della psicologia. Cancellare i ricordi di una persona sarebbe la soluzione, o almeno un palliativo per porre al male esistenziale del dolore, ma… è davvero un male il dolore? No, il dolore in questo film è la scia attraverso la quale Joel Barish e Clementine Kruczynski -i protagonisti- riescono a rintracciarsi in meandri di incomprensioni, sentimenti e frustrazioni di deliranti inconsci. Il dolore deve essere ascoltato, vissuto, bisogna immergersi in esso per poi riemergerne temprati dal suo travolgimento.
 Gondry viviseziona il dolore del post-rottura e lo correla ai ricordi, un miscuglio eterogeneo di piaceri e dolori che agiscono come spilli sul cervello di una persona lasciata, ma, allo stesso tempo, diventano oro nel momento in cui stanno per scomparire.
 Il colore di capelli di Clementine guida lo spettatore attraverso le fasi della sua storia d'amore con Joel: infatti una delle prime cose che gli rivela nel loro secondo incontro, è proprio l'impressionante quantità di colori che la sua chioma ha sfoggiato. In verità, ogni colorazione è frutto di un'oculata scelta stilistica. Il blu, quando la donna appare per la prima volta sullo schermo, è il colore della dimenticanza, della solitudine e dell'abbandono. E’ il colore presente quando i due si riconoscono. Il colore rosso è quando la passione tra i due è forte, quando si vedono davvero innamorati; ovvero i momenti in cui Joel si rende conto di non voler più dimenticarla. L'arancione, un rosso sbiadito, è il colore della crisi, delle litigate, della fine; è il colore di un amore che sta lentamente scomparendo. Il verde, la speranza, è invece il colore del loro primo, vero, incontro.
 I capelli di Clementine forniscono quindi una chiave di lettura per i ricordi di Joel. 
“Joel: Non riesco a vedere niente di brutto in te. 
Clementine: Ma lo vedrai! Certo, col tempo lo vedrai! Io invece mi annoierò con te e mi sentirò in trappola, perché è così che succede. 
Joel: Ok. 
Clementine: Ok?
 Joel: Ok.”
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paoloxl · 5 years ago
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Ancora una volta una decisione della giurisdizione in materia di protezione umanitaria, al di là della sua effettiva portata, diventa occasione per un totale capovolgimento della narrazione dei fatti ed offre il pretesto per l’ennesimo strumentale attacco a quei giudici che applicano correttamente la legge, tenendo conto del principio di gerarchia delle fonti e del dettato della Costituzione italiana. Per Salvini, «Sui permessi umanitari aveva ragione la Lega. È la migliore risposta agli ultrà dei porti aperti e che vorrebbero cancellare i decreti sicurezza». Come al solito non si va oltre gli slogan propagandistici. Come se la portata degli istituti che prevedono il diritto alla protezione, materia sulla quale si è intervenuti con il decreto sicurezza n. 113/2018, poi convertito nella legge n. 132/2018, fosse collegata alla ricorrenza dei divieti di accesso alle acque territoriali stabilite successivamente dal cd. decreto sicurezza bis n. 53/2019. Se un nesso si vuole trovare tra i due provvedimenti questo non si rinviene nelle fonti normative ma nella propaganda diffusa dall’ex ministro dell’interno che, per giustificare misure amministrative e poi legislative di interdizione dell’ingresso nelle acque territoriali per le sole ONG, ha confusamente fornito dati infondati sullo scarso numero di “naufraghi”. Perché in acque internazionali non ci sono “clandestini” o richiedenti asilo, che avrebbero avuto diritto alla protezione internazionale o umanitaria. Come se fosse legittimo abbandonare in alto mare o alle motovedette libiche tutti gli altri. Persone e non numeri da portare in contabilità come un successo personale in vista della campagna elettorale permanente.
Secondo una parte della stampa, da tempo cassa di risonanza della propaganda leghista, le decisioni della Cassazione costituirebbero un successo della lega e sarebbero uno “schiaffo in faccia” nei confronti di quei giudici che avevano riconosciuto la protezione umanitaria dando rilievo alla integrazione sociale del richiedente, dopo anni di presenza regolare e di studio in Italia. Come è noto infatti, in base alla legge tuttora vigente i richiedenti asilo possono iscriversi a corsi universitari, frequentare tirocini, stipulare contratti di lavoro. La lettura capovolta delle decisioni delle Sezioni Unite della Cassazione è stata la linea scelta da chi vedeva sconfitta la propria tesi della retroattività del decreto Salvini, che avrebbe comportato il respingimento della maggior parte delle domande (si stima attorno a 60.000 richieste di protezione) e dei ricorsi ancora pendenti al momento dell’entrata in vigore del provvedimento (5 ottobre 2018). Domande e ricorsi che adesso, dopo il triplice pronunciamento della Corte di Cassazione, dovranno essere esaminati con gli stessi criteri previsti in passato per il riconoscimento della protezione umanitaria. Come chiariva già il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione all’udienza del 24 settembre 2019 di fronte alle Sezioni unite.
Con il deposito di tre diverse decisioni a Sezioni unite (n.29459, 29460 e 29461 [1], due per conflitto armato e l’altra per l’esistenza di legami familiari in Italia) la Corte di Cassazione respinge le ordinanze di rimessione che, in conformità a quanto ritenuto dal ministero dell’interno, sostenevano la natura retroattiva del decreto legge n.113 del 2018 (poi convertito nella legge 132 dello stesso anno) che aboliva l’istituto della protezione umanitaria. Il decreto Salvini per questa parte risulta inapplicabile retroattivamente alle domande già pendenti alla data del 5 ottobre 2018 e il riconoscimento della protezione va valutata con la vecchia normativa e dunque alla stregua dei criteri che comportavano in precedenza il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria ex art. 5.6 del Testo unico n.286/98 anche se il permesso rilasciato sarà quello “speciale annuale rinnovabile” previsto dal Decreto n.113/2018 (articolo 9, comma 1).
Tutte e tre le sentenze depositate ieri dalle Sezioni unite accolgono invece i ricorsi presentati dal Ministero dell’interno con cui erano state impugnate pronunce di Corti d’Appello (Firenze e Trieste) favorevoli al riconoscimento dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari in tre distinti procedimenti: il primo riguardava un cittadino bengalese che aveva ottenuto un’assunzione in Italia, il secondo un gambiano che “studia e coltiva i suoi principali legami sociali” nel nostro Paese, mentre in Gambia “non ha rapporti familiari di rilievo”, e il terzo un altro gambiano per il quale i giudici di Trieste avevano riconosciuto la protezione sulla base era “situazione critica dovuta al disordine complessivo del Gambia e alle primitive strutture giudiziarie e carcerarie sotto il profilo della tutela dei diritti individuali, considerato che sarebbe stato sottoposto a procedimento penale ove fosse rientrato nel Paese di provenienza”.
Ma, secondo Nazzarena Zorzella, avvocato dell’Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, “La Cassazione ha ribadito principi già sanciti dalla stessa corte con due recenti sentenze, ovvero la 4455/2018, che eleva l’integrazione sociale a motivo rilevante per la determinazione della vulnerabilità individuale, e la 4890/2019 che stabilisce la non retroattività del decreto”. Ed è quest’ultima la ragione vera delle ultime tre sentenze della Corte.
In realtà le Sezioni unite sono state costrette a pronunciarsi per una opposta interpretazione sulla disciplina del diritto intertemporale derivante del Decreto Salvini da parte di due diverse sezioni della stessa Corte di Cassazione. A gennaio infatti la prima sezione presieduta dal giudice dott. Stefano Schirò aveva evidenziato l’irretroattività del decreto sicurezza, la stessa sezione, la prima civile, aveva cambiato orientamento con un diverso giudice, il dott. Genovese, che aveva poi chiesto alle Sezioni Unite di stabilire i criteri di applicabilità delle norme. Nel frattempo migliaia di casi erano stati risolti con criteri incerti, o erano stati sospesi, con migliaia di persone allo sbando e un ulteriore aggravamento della situazione degli uffici giudiziari.
Con la Sentenza. n. 4890/2019, depositata il 19 febbraio scorso, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione sembrava risolvere i dubbi in tema di retroattività della nuova disciplina sulla protezione umanitaria. In quella sentenza la Corte rilevava innanzitutto che nel decreto sicurezza, poi convertito nella legge 132/2018,“non vi e’ una espressa disciplina legislativa di carattere intertemporale riguardante i giudizi in corso che seguano ad un accertamento positivo od ad un diniego delle Commissioni territoriali o espressamente rivolta ai procedimenti amministrativi in itinere alla data di entrata in vigore della nuova legge. L’unica regola inequivoca che si può cogliere dall’art. l, comma 9, riguarda il segmento conclusivo dell’accertamento positivo del diritto che, anche ove accertato alla stregua del parametro legislativo applicabile prima  dell’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, non può che assumere la denominazione ed il contenuto indicati nella norma non essendo più legislativamente previsto il permesso di soggiorno per motivi umanitari”.
La sentenza 4890/2019 aveva quindi affermato la non retroattività della norma abolitrice della protezione umanitaria, contenuta nel decreto sicurezza 113/2018, adottando una motivazione sostanziale che si basava sulla natura della situazione soggettiva inerente la protezione umanitaria. Su questo aspetto vanno messi dei punti fermi perché le successive ordinanze della Cassazione che affermavano al contrario la natura retroattiva della nuova normativa, non richiamavano tali aspetti di diritto sostanziale, e meno che mai il fondamento costituzionale della protezione umanitaria, istituto che nel 2018 il legislatore ordinario avrebbe inteso abrogare.
Secondo i giudici della Cassazione, la qualificazione giuridica del diritto, fornita nel corso degli anni anche dalle Sezioni Unite, ha svolto un’incidenza determinante sull’intervento nomofilattico della giurisprudenza di legittimità in relazione al contenuto e all’azionabilità del diritto d’asilo. (ex multis Cass.10636 del 2012 e 16362 del 2016, il principio è richiamato anche nella pronuncia n. 4455 del 2018). “Secondo tale costante orientamento, il diritto d’asilo costituzionale è integralmente compiuto attraverso il nostro sistema pluralistico della protezione internazionale, anche perché non limitato alle protezioni maggiori ma esteso alle ragioni di carattere umanitario, aventi carattere residuale e non predeterminato, secondo il paradigma normativo aperto dell’art. 5, c.6, d .lgs. n. 286 del 1998”.
La sentenza n. 4890/2019, depositata il 19 febbraio scorso aveva quindi escluso l’applicabilità del decreto “sicurezza” 113/2018 ai procedimenti amministrativi già iniziati davanti alle Commissioni Territoriali o ai giudizi in corso avverso i provvedimenti di accertamento o diniego del diritto, escludendo, in particolare, che si potesse precludere l’accertamento del diritto alla protezione umanitaria se la Commissione Territoriale non l’avesse già riconosciuto alla data della entrata in vigore del decreto, dunque al 4 ottobre 2018, in adesione peraltro alla prevalente giurisprudenza di merito e sulla base di conclusioni conformi espresse dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
Con tre “ordinanze interlocutorie” (relatore Lamorgese) depositate il 3 maggio scorso, sulla disciplina intertemporale del decreto sicurezza, i giudici della prima sezione civile della stessa Corte di cassazione avevano trasmesso gli atti al primo presidente Giovanni Mammone per “l’eventuale assegnazione” alle Sezioni unite della Corte. Nelle ordinanze si sostiene che le nuove norme “in materia di permessi umanitari contenute nel decreto Sicurezza entrato in vigore lo scorso 5 ottobre devono essere applicate a tutti i giudizi in corso”.
Con la sentenza n. 29459 delle Sezioni unite la Corte di Cassazione depositata ieri ha affermato che il decreto legge 113/2018 non si applica alle cause in corso perché il diritto alla protezione è espressione di quello di asilo tutelato dalla Costituzione e sorge al momento in cui lo straniero arriva in Italia in condizioni di vulnerabilità per il rischio che siano compromessi i diritti umani fondamentali. La protezione umanitaria “attua il diritto d’asilo costituzionale”, cioè “scaturisce direttamente dal precetto dell’art. 10 della Costituzione”: “il che vale anche per i nuovi istituti” del legislatore, che devono “rispettare Costituzione e vincoli internazionali”, che può soltanto definire i criteri di accertamento e le modalità di esercizio di quel diritto.
Una volta riconosciuta l’esistenza dei vecchi requisiti, il permesso di soggiorno rilasciato dalle questure sarà quello nuovo ”per casi speciali”, più breve e non convertibile. Secondo la Cassazione “la permanente rilevanza della protezione umanitaria o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano discende dalla irretroattività della novella, che l’ha espunta dall’ordinamento; il concreto atteggiarsi del permesso che pur sempre risponde a quella protezione, è dettato dall’interpretazione conforme a Costituzione, che valorizza la volontà del legislatore”. Secondo la Corte "in tema di successione delle leggi nel tempo in materia di protezione umanitaria il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta ad ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile".
La Cassazione aggiunge poi, ai fini del riconoscimento della protezione, che “l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”. Quindi occorre attribuire”rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado di integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale”.
La stessa sentenza della Cassazione n. 4455/2018, che ridefiniva le possibilità di riconoscimento della protezione umanitaria per motivi di integrazione sociale e sembrava rendere più ardua la prova del diritto alla protezione, con riferimento alla situazione nel paese di origine, appare oggi ridimensionata dalla successiva ordinanza n. 11312/2019 della stessa Corte (sesta sezione civile), secondo cui, prima di respingere la richiesta di protezione, il giudice deve verificare se realmente il rimpatrio mette a rischio la sua vita. In particolare si osserva che “Questa Corte ha più volte chiarito che, ai fini dell’accertamento della fondatezza o meno di una simile domanda di protezione internazionale, il giudice del merito è tenuto, ai sensi dell’art. 8, terzo comma, del d.lgs del 28 gennaio 2008, n.25, a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate e non di formule generiche come il richiamo a non specificate fonti internazionali“.
Lo stesso principio dovrebbe valere anche per la prova di possibili lesioni degli altri diritti fondamentali comunque riferibili alla persona in quanto tale. Non può dunque ritenersi motivata una decisione negativa dei giudici di merito, che sia adottata sulla base di generiche “fonti internazionali” che attesterebbero l’assenza di conflitti nei paesi di provenienza dei migranti che chiedono di rimanere in Italia facendo valere motivi umanitari. Si deve comunque osservare, e la prassi sembra orientarsi in questo senso, che, al di là dell’ampliamento dell’onere probatorio in capo al giudice, questa ordinanza reintroduce criteri importanti per il riconoscimento, anche della protezione sussidiaria, a casi che in precedenza ottenevano il riconoscimento della protezione umanitaria.
Il diritto alla protezione dipende, dunque, dalle condizioni di vulnerabilità “per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali” e non può essere riconosciuto considerando in maniera isolata e astratta il “contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza”.
L’assunto più recente delle Sezioni unite della Cassazione non costituisce una novità, come alcuni commentatori vorrebbero fare credere. Già nella circolare ministeriale del 4 luglio 2018 i “parametri” per il riconoscimento della protezione umanitaria venivano ristretti in base ad un precedente giurisprudenziale che si continua a citare nelle ultime decisioni della Cassazione a Sezioni Unite (la nota sentenza della Cassazione n. 4455 del 23 febbraio 2018) in base alla quale i “seri motivi” previsti dalla normativa nazionale per il riconoscimento della protezione umanitaria (art. 5 comma 6 del Testo Unico n.286 del 1998) sarebbero stati “tipizzati” dalla ratio di tutelare situazioni di vulnerabilità, calate in concreto nella complessiva condizione del richiedente, emergente sia da "indici soggettivi che oggettivi”, senza che “nessuna singola circostanza possa di per sé, in via esclusiva, costituire il presupposto per l’attribuzione del beneficio”. Si aggiungeva già allora quanto affermato dalla sentenza n. 4455/2018 della Cassazione, secondo cui “l’accertamento della situazione oggettiva del paese di origine e della condizione soggettiva del richiedente in quel contesto, alla luce della peculiarità della sua vicenda personale costituiscono il punto di partenza ineludibile dell’accertamento da compiere”.Un criterio già adottato dai giudici di merito, che però facevano, e continueranno probabilmente in futuro, a fare richiamo ai principi costituzionali ed agli obblighi di fonte internazionale evocati dall’art. 5. 6 del T.U. n. 286 del 1998, che la circolare ministeriale del 4 luglio 2018 sembrava invece ignorare del tutto. Malgrado le numerose sentenze di annullamento adottate dai Tribunali le decisioni delle Commissioni territoriali restavano fortemente condizionate dall’indirizzo impresso dal ministro dell’interno con la sua circolare, in totale dispregio della autonomia di giudizio imposta alle Commissioni dalla normativa europea, e il calo dei casi di riconoscimento della protezione umanitaria continuava indipendentemente dalle oscillazioni della giurisprudenza della Cassazione.
Per tutti e tre i casi decisi adesso dalle Sezioni unite della Cassazione con identiche motivazioni, si dovrà svolgere un nuovo processo d’appello, che tenga conto dei principi enunciati. Occorrerà sempre operare una valutazione comparativa della posizione soggettiva del richiedente con riferimento al proprio Paese a confronto con la situazione di integrazione raggiunta in Italia. Principio che non è nuovo e che è stato affermato anche da precedenti sentenze della Corte di Cassazione, che avevano già comportato una forte riduzione dell’area di applicabilità del vecchio istituto della protezione umanitaria, con la condanna alla clandestinità di migliaia di persone giunte in Italia mediamente da tre o quattro anni, (già vittime della lunghezza delle procedure e poi dei processi) molte delle quali già inserite nel nostro contesto economico e sociale e per le quali appare del tutto irrealizzabile il progetto, di evidente portata elettorale, di rimpatri di massa con accompagnamento forzato (e magari anche connessa detenzione amministrativa nei Centri di detenzione per i rimpatri, che ad oggi offrono circa mille posti in tutta Italia).
2. Le ultime decisioni delle Sezioni unite della Cassazione potrebbero sembrare il classico bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno, e tutti potrebbero dire di avere avuto ragione, ma in realtà non è così, per due ragioni fondamentali.
Innanzitutto escono irrimediabilmente sconfitti dal giudizio della Cassazione a Sezioni unite coloro che avevano sostenuto una interpretazione retroattiva del Decreto Salvini, come il ministero dell’interno ed i giudici che sul punto specifico, dopo una diversa decisione della stessa sezione della Corte, avevano rimesso la questione alle Sezioni unite.
Il diritto alla protezione umanitaria è stato considerato, da tempo manifestazione del diritto di asilo di cui all’art. 10, terzo comma Cost. Ma le situazioni che impediscono – nel Paese di provenienza dello straniero − "l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana" non sono solo quelle che precludono l’esercizio dei diritti che più direttamente attengono alla democrazia (libertà di espressione, di associazione etc.) ma tutte quelle che incidono sui diritti fondamentali e sulle condizioni minime di una vita sicura e dignitosa.
La stessa Cassazione, a Sezioni unite, conferma in queste tre pronunce come l’istituto della protezione umanitaria costituisca diretta attuazione del dettato costituzionale (art. 10 comma 3) pur riconoscendo al legislatore ampi poteri per le modalità di riconoscimento, e non certo di “concessione” di tale diritto. Quanto deciso dalla Corte nelle tre decisioni depositate ieri spalanca dunque la via ad una serie di ricorsi alla Corte Costituzionale per verificare quanto il legislatore, con i decreti sicurezza che hanno “abolito” la protezione umanitaria, abbia esercitato quel potere senza violare i principi solidaristici affermati dall’art. 10 della Costituzione, e per rimando anche dalla normativa euro-unitaria, in virtù dell’art. 117 della stessa Costituzione.
3. La protezione umanitaria era prevista nel testo unico 286/98 (art. 5 c. 6) quando, pur non accogliendo la domanda di protezione internazionale, la Commissione territoriale riteneva di chiedere al questore il riconoscimento di una forma di protezione per seri motivi di carattere umanitario.
Prima del decreto legge n. 113/2008, poi convertito nella legge 132/2018, l’art. 5, comma 6, T.U. immigrazione (d.lgs 286/1998) così disponeva: "Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è rilasciato dal questore secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione".
Secondo l’orientamento consolidato negli ultimi anni in Cassazione, "il diritto di asilo è […] interamente attuato e regolato, attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti di protezione, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007 (adottato in attuazione della direttiva 2004/83/CE) e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sì che non si scorge alcun margine di residuale diretta applicazione della norma costituzionale" (Cass. civile, sez. VI, n. 10686/2012, confermata da Cass. civile, sez. VI, n. 16362/2016). Secondo questa lettura della normativa costituzionale, la legge cui rinvia l’art. 10, terzo comma, Cost. ha il compito di precisare le condizioni del rilascio e i requisiti del richiedente, di regolare la procedura del riconoscimento e i casi di cessazione ma non può limitare il diritto di asilo a un gruppo di soggetti (gli aventi diritto allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria), escludendo tutti coloro che si trovano in altri modi privati dei diritti fondamentali nel Paese di provenienza.
In materia di protezione umanitaria appare dunque difficilmente contestabile quanto rilevava la Corte di Cassazione, secondo cui “la qualificazione giuridica di diritto soggettivo perfetto appartenente al catalogo dei diritti umani, di diretta derivazione costituzionale e convenzionale, è stata affermata e mantenuta costante dalle S.U. di questa Corte a partire dall’ordinanza n. 19393 del 2009 fino alle più recenti (ex multis  S.U.5059 del 2017; 30658 del 2018; 30105 del 2018; 32045 del  2018; 32177 del 2018). Tale peculiare natura, del tutto coerente con il richiamo al rispetto degli obblighi costituzionali ed   internazionali indicati nell’art. 5, c.6, del d.lgs. n. 286 del 1998, ha  avuto un notevole rilievo nella ricognizione dei presupposti per l’accertamento del diritto al permesso umanitario, svolta dalla giurisprudenza di legittimità. Si è ritenuto che essi fossero diversi da quelli posti a base delle protezioni maggiori e che la protezione umanitaria avesse carattere residuale (Cass. 4131 del 2011; 15466 del 2014), dal momento che le condizioni di vulnerabilità suscettibili di integrare i “seri motivi umanitari” non possono che essere correlati al quadro costituzionale e convenzionale al quale sono ancorati (Cass. 28990 del 2018)”.
4. La qualificazione giuridica del diritto alla protezione umanitaria, almeno fino al 4 ottobre 2018, e la natura meramente ricognitiva del giudizio di accertamento cui esso è assoggettato nella fase amministrativa e giudiziale dell’esame dei presupposti, come adesso riconosce la stessa Cassazione, inducono dunque a ritenere che la nuova disciplina legislativa non sia applicabile ai procedimenti in corso. Rimane incontestabile, ed incontestato, il principio affermato da anni dalla prevalente giurisprudenza di merito e consolidato negli orientamenti della Cassazione, secondo cui il diritto soggettivo, anche nel caso della protezione umanitaria, e comunque in tutti i casi riconducibili all’art. 10 comma 3 della Costituzione italiana, preesiste alla verifica delle condizioni cui la legge lo sottopone, mediante il procedimento amministrativo ed eventualmente giudiziale. Il risultato positivo o negativo dell’accertamento, dipende dal quadro probatorio posto a base della domanda ma non incide sulla natura giuridica della situazione giuridica soggettiva azionata e sulla incontestata natura dichiarativa della verifica amministrativa e giudiziale. Quanto appena affermato non e’ contraddetto dalla circostanza che in alcuni casi specifici l’integrazione sociale possa costituire un elemento sopravvenuto e comunque fondante, seppure non da solo, per il riconoscimento di uno status di protezione, quale che sia la denominazione che gli vuole attribuire il legislatore, ma comunque rientrante nella vasta garanzia costituzionale offerta dall’art.10 comma 3.
Il cittadino straniero che manifesti la volontà di chiedere una qualsiasi forma di protezione matura quindi da quel momento il diritto ad un titolo di soggiorno fondato sui motivi desumibili dal quadro degli “obblighi costituzionali ed internazionali” assunti dallo Stato. Il legislatore può anche mutare la portata del riconoscimento dei casi diversi, dall’asilo e dalla protezione sussidiaria, rientranti nell’ampia copertura dell’art. 10 della Costituzione, ma non può modificare con effetto retroattivo gli effetti maturati rispetto ai presupposti della preesistente normativa, nel caso di specie l’art. 5 comma 6 del T.U. 286 del 1998, in assenza di una specifica disposizione intertemporale, che allo stato non appare certo rinvenibile nella formulazione del decreto “sicurezza” 113 del 2018, poi convertito nella legge n.132 dello stesso anno.
Toccherà adesso alla giurisdizione nel suo complesso, dunque ai singoli giudici ed avvocati, affrontare questa materia tenendo presenti i principi costituzionali e sollevando nei singoli casi questioni di costituzionalità.
Quando il Presidente della Repubblica Mattarella, il 4 ottobre dello scorso anno, aveva firmato il Decreto Legge “immigrazione e sicurezza” n.113/2018, aveva allegato al provvedimento una lettera in cui si avvertiva "l’obbligo di sottolineare che, in materia, restano ‘fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo", non si poteva prevedere che il provvedimento sarebbe stato convertito in legge con un testo ancora più restrittivo (inserendo una lista di “paesi terzi sicuri”) e con procedure tali da snaturare il ruolo del Parlamento, previsto nella nostra Costituzione. Il Presidente della Repubblica ricordava in particolare “quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia”.
In materia, riguardo ai possibili profili di illegittimità costituzionale, si rinvia ai più recenti contributi che hanno evidenziato la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata della nuova normativa, piuttosto che un ricorso diretto alla Corte Costituzionale, che avrebbe tempi di definizione e margini di incertezza anche assai elevati.
Le decisioni più recenti della Cassazione, per quanto adottate a Sezioni Unite, non andranno comunque nella direzione di una riduzione della conflittualità in questa materia. Né si può scaricare sulla giurisprudenza il peso di scelte legislative di chiara matrice ideologica e propagandistica.
Come ricorda il Corriere della Sera ”una prassi sbrigativa da mesi induce molte Questure a eseguire l’espulsione dei richiedenti asilo che dopo un primo rigetto si presentino a reiterare domanda di protezione internazionale, che una norma del decreto Salvini 2018 dispone nemmeno venga presa in considerazione per un esame neanche preliminare degli eventuali nuovi motivi di protezione addotti dal migrante. Ma il Tribunale civile di Milano disapplica appunto questa norma italiana, e al suo posto applica direttamente la contrastante (ma sovraordinata) regola della Direttiva comunitaria 2013/32, che (come chiarito già dalla Corte Ue nel caso del Belgio) pretende almeno "un esame preliminare" dei possibili "elementi nuovi". Compito di cui dunque non può essere spossessata la competente Commissione Territoriale (il che ferma intanto le espulsioni)”. Per un altro verso si nota che la Corte di Cassazione, nelle sue più recenti pronunce in tema di protezione umanitaria, a causa anche dell’abolizione del grado di appello, si trasforma in un giudice del fatto, e vede messa fortemente in crisi la sua naturale funzione di giudice di legittimità.
Spetta ai politici ed al Parlamento prendere atto del fallimento, “sul campo” dell’applicazione concreta, dei decreti sicurezza Salvini (incluso quello sulla chiusura dei porti e sulle sanzioni alle ONG) e adottare quanto prima provvedimenti che ne cancellino gli effetti, che oggi si stanno traducendo in decine di migliaia di persone alle quali si nega il diritto ad esistere legalmente, se non lo stesso diritto alla vita ed alla dignità umana.
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La rivincita dei “narratori”,  forse anche in Italia gli audiolibri non saranno più figli di un dio minore
“Non c'è nulla di più potente al mondo di una buona storia.”
Tyrion Lannister, “Il trono di Spade”
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Menestrelli, bardi, trovatori, griot, cantastorie chiamateli come volete, ma è indubbio che fin dagli albori della storia queste figure sono state sempre presenti sulla scena, giocando un ruolo fondamentale nella cultura umana. I narratori forniscono gli strumenti per condividere l'identità culturale, impartire conoscenza, rivelare credenze, rafforzare i legami sociali, veicolare intrattenimento, evolvendosi e adattandosi a tempi, gusti e tecnologie. Ed è proprio grazie alla tecnologia che il racconto orale è tornato in auge, come sanno bene i fan dei podcast.
Non stiamo parlando di piccoli numeri: dall’ultima ricerca Nielsen il 52% degli italiani maggiorenni ne ha ascoltato almeno uno nel 2018, il 34% ne ha una conoscenza approfondita e il 14% (oltre 2.700.000) è un ascoltatore abituale
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Questo incredibile successo è dovuto a molti fattori, primo fra tutti la sua intrinseca natura on-demand, poi la facilità di fruizione grazie alla sterminata galassia di device che ci permettono la perenne connessione in ogni luogo e momento della giornata, i bassi costi di produzione, ma soprattutto alla buona qualità che mediamente riscontriamo in questi prodotti.
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Con questa massa di potenziali clienti, non ci deve sorprendere un rinnovato interesse da parte degli editori a commercializzare un prodotto più strutturato come l’audiolibro. Nel nostro paese non raggiungiamo di certo le vette degli Stati Uniti che ha un mercato di quasi 2 miliardi dollari con una platea di oltre il 40% della popolazione, ma anche in Italia si notano finalmente dei segnali positivi sia nel discreto aumento del numero degli ”audiolettori” che di quello dei titoli prodotti.
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Il boom della diffusione di podcast e audiolibri incomincia a suscitare attenzione anche in campo accademico, molte università hanno varato campagne di studio per comprendere i processi che regolano l’elaborazione delle informazioni attraverso diversi canali di apprendimento. Vi segnaliamo due tra le più interessanti.
La prima, dell’università canadese di Waterloo , ha lo scopo di comparare tre diversi tipi di lettura: ad alta voce, “silente” e attraverso gli audiolibri,  per stabilire gli effetti su concentrazione, memoria ed interesse suscitato… i risultati sono sorprendenti.
La seconda è imperniata su un esperimento della UCL - University College London che ha il fine di confrontare le reazioni fisiologiche tra un video e un brano letto, in soldoni è più emozionante guardare film o ascoltare gli audiolibri? Ai volontari è stato fatto vedere il segmento di un video tratto da un’opera letteraria e di seguito lo stesso brano è stato letto attraverso un podcast e come potete vedere quest’ultimo è nettamente più impegnativo.
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Se siamo riusciti a stuzzicare un po’ la vostra curiosità, perché non provate a utilizzare gli audio-libri che il Sistema Bibliotecario Milano offre ai propri iscritti tramite la piattaforma MLOL MediaLibraryOnLine? Non  pensiate sia complicato, infatti non dovete fare altro che  accedere al sito, autenticarvi con la vostra password, cliccare sul tasto TIPOLOGIA, scegliere AUDIOLIBRI, a questo punto sarà possibile sfogliare le pagine con i risultati della ricerca oppure raffinarli cliccando sulla diverse voci, quali Argomenti, Novità e/o Paesi/Luoghi, ma anche, utilizzando i menu a tendina in alto a destra, ordinarli per popolarità, titolo e autore. Se poi siete proprio di fretta cliccate qui per avere la lista completa 
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Una volta individuato il testo da ascoltare, entrate nella scheda descrittiva, cliccate su Ascolta per far partire il racconto dall’inizio o selezionate la traccia che vi interessa (in genere ogni traccia corrisponde a un capitolo), si aprirà una maschera con i comandi del player che vi servirà per fermare la narrazione o aumentarne il volume.
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Che dire oltre? Buon (audio)lettura.
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giallofever2 · 6 years ago
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Consiglio per la Lettura...
Vi Riproponiamo questo Libro uscito nel 1992 del Maestro Lucio Fulci Titolo “Le Lune Nere”
(Le Copertine “nera” del 2014 mentre la copertina originale del 1992 e la successiva “Blu”)
(Copertine Nera con Teschio)
TITOLO: Le lune nere
AUTORE: Lucio Fulci
(Copertina Neutra “Blu”)
Copertina flessibile: 145 pagine
Editore: il Saggiatore (26 giugno 2014)
Collana: La piccola cultura
Lingua: Italiano
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(Copertina Blu “Neutra”)
LE LUNE NERE
di LUCIO FULCI
giugno 1992 - prima edizione
Granata Press Bologna
collana Under the knife
copertina morbida
Osceno, truculento, eretico, provocatorio fino all’eccesso. Lucio Fulci è ricordato come il padre dell’horror all’italiana degli anni settanta e ottanta. Il maestro dell’orrore grondante sangue e violenza, il «terrorista dei generi»: per un’intera carriera tentò di dettarne le regole, facendoli deflagrare ogni volta.
Le lune nere sono i racconti autografi che hanno dato materia narrativa al cinema visionario del regista romano. E che riflettono appieno il suo stile espressivo: la lingua ruvida, ridotta all’osso, e le trame essenziali, volutamente incoerenti e disturbanti, sono al servizio della paura, amplificatori dell’orrore. In Porte del nulla – divenuto poi un film – un automobilista è ossessionato da un carro funebre che gli ostacola continuamente il passaggio: scoprirà di avere con il feretro legami molto più stretti di quanto non pensi. Nei Testimoni, Carla rimane sola in un albergo sul lungolago, dove gli specchi riflettono omicidi del passato. E poi corpi fatti a pezzi, neonati sadici, morti che tornano tra i vivi: il repertorio classico del genere è qui presente, vivo, vegeto e sanguinante. Nelle Lune nere è feroce la critica di Fulci alla società dei consumi: in Buoni sentimenti, la piccola Margaret, telespettatrice dipendente dai cartoni animati, diviene preda di incubi notturni generati da nonne-lupo e lugubri casette di marzapane, con esiti spaventosi; in Trio, protagonista è una donna innamorata di una star delle soap opera; Contestazione vede contrapposti Mr Zero, feto senziente in contatto con il mondo esterno, e i suoi genitori, «contenitore» e «generatore», materialisti, indifferenti, lontanissimi.
Tra derive oniriche e allucinazioni, erotismo esplicito e malvagità assortite, Lucio Fulci raccoglie storie fortemente ironiche, caricate fino al grottesco, e attraverso la lente del genere osserva e mette alla berlina i vizi del singolo e della società, offrendo ancora una prova di come non sia stato soltanto il re del macabro, ma un autore geniale e profetico troppo a lungo screditato.
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TITOLO: Che sia anche la notte AUTRICE: Lisa Luzzi CASA EDITRICE: Robin Edizioni COSTO: 14,00€ TRASPOSIZIONI CINEMATOGRAFICHE: Nessuna GIUDIZIO: 9/10
“Che sia anche la notte” è la storia di Alis, una ragazza intrappolata in un destino per lei già segnato dalla volontà dei genitori, con la passione per la letteratura e un modo innocente di guardare il mondo. È la storia di Vi, anche lui intrappolato dagli errori passati e che rincorrere soltanto i piaceri materiali, senza fermarsi mai davvero ad osservare. Ma è anche la storia di ognuno di noi, di chi si illude, di chi decide di cambiare, o di sfidare la sorte, di chi ha solo voglia di sentirsi amato. Alis e Vi si conoscono quasi per errore, o forse a causa del destino, e trovano l’uno nell’altra una compagnia; pur non potendo vedersi, si aspettano da lontano, attendono il giorno del loro incontro, confidandosi paure, desideri e speranze. Questo romanzo narra di come due persone, apparentemente sconosciute e lontane, riescano a creare un legame fatto di illusioni e parole, di come riescano ad esternare ciò che provano anche attraverso i silenzi. Perché oltre ai discorsi e alle parole, tra Alis e Vi intervengono i silenzi e i sussurri, capaci di rivelare molto di più di interi dialoghi. Imperniato di riferimenti letterari, musicali, artistici, in un connubio di cultura che non appesantisce e non stanca, l’autrice porta alla luce un mondo nascosto, quasi un sogno, in cui non vi è bisogno di molte descrizioni o troppi aggettivi: disegna la realtà così com’è, a volte semplice ed altre complessa. Un primo romanzo che merita di essere letto, anche solo per inebriarsi di tutti i sentimenti che le sue pagine contengono, oppure per osservare una volta sola il mondo con occhi più sensibili. Un ritratto dell’amicizia, di quanto questa possa donare, dell’amore, di quanto possa essere devastante e della vita, per capire quanto possa essere inaspettata.
NOTE DI LARAGAZZADELLIBRO: Ho letto questo romanzo in un giorno, catturata dalla trama e dai personaggi. E devo dire che mi ha insegnato tante cose, in primis che, nonostante la lontananza e il conoscersi poco, tra due persone posso crearsi legami eterni, e che non bisogni abbatterli, ma viverli appieno. Questa storia è fondamentalmente un inno alla vita, affinché sia vissuta appieno e senza rimorsi. L'autrice utilizza un linguaggio pieno di riferimenti letterari e artistici, personalmente non ho trovato nessuna di queste parti pesanti, piuttosto mi sono sembrate quanto mai giuste per spiegare qualcosa in mancanza delle parole. Ho apprezzato anche i momenti di vuoto, in cui non si hanno notizie dei personaggi oppure sembra di leggere la storia come lontana da noi: a volte mille parole non servono, si comprende molto più da un semplice silenzio; gli stessi protagonisti non sono subito descritti in tutte le loro caratteristiche, ma si scoprono a poco a poco durante la lettura. Appare quasi come una favola surreale, un mondo fino ad adesso nascosto nel quale i sentimenti sono triplicati ed invadono la vita di Alis e Vì, che si avvicinano ed allontanano, seguendo il percorso che il destino ha riservato per loro. Un romanzo che consiglio di leggere, e di farlo lasciandosi trasportare dalla sua intensità.
LISA LUZZI ha deciso dopi molti anni di dedicarsi alla sua grande passione, la letteratura, iniziando con diversi testi in prosa e poesia, prima di pubblicare il suo primo romanzo. "Devi viverla, la vita. E difenderla. Farla tua. Perché è la sola cosa che conta. Non puoi permetterti di sprecare neanche un giorno. Ecco, il primo grande dovere che abbiamo verso noi stessi: vivere, vivere e vivere ancora. Ti mancheranno di più le cose che hai sprecato, di quelle che non hai avuto."
(da "Che sia anche la notte")
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Pesaro, letture, mostre, incontri e laboratori durante la Settimana Nazionale Nati per leggere.
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Pesaro, letture, mostre, incontri e laboratori durante la Settimana Nazionale Nati per leggere. Sarà Pesaro, la città che legge, a presentare, cultura, un ricco calendario per la X edizione dell’iniziativa nazionale che supportare il diritto alle storie delle bambine e dei bambini: letture per i più piccoli, una mostra, incontri di formazione e un laboratorio per realizzare libri tattili . SETTIMANA NAZIONALE NATI PER LEGGERE  Dal 19 al 27 novembre si festeggia la X Settimana nazionale Nati per Leggere, nata per permettere di collegare l’attività del progetto nazionale ‘Nati per Leggere’ con la Giornata internazionale dei diritti delle bambine e dei bambini (20 novembre). Anche Pesaro città che legge – insieme con Nati per leggere Marche - aderisce all’ iniziativa che sostiene il Diritto alle storie delle bambine e dei bambini.   Le Biblioteche di Pesaro hanno organizzato un articolato programma di letture per i più piccoli, e non solo. In particolare la Biblioteca Louis Braille di Baia Flaminia patrocina la mostra 0/5 Nati per essere una storia (inaugurazione sabato 26 novembre) a cura del pedagogista e narratore Valter Baruzzi,, un incontro di formazione diretto da Baruzzi, e un laboratorio. In calendario anche letture speciali e ricche: quelle condivise tra detenuti e familiari alla Casa Circondariale promosse dalle Biblioteche di Quartiere. Si parte sabato 19 alla Braille con ‘Io Tocco’ laboratorio per la nascita del libro tattile a cura dell’associazione editoriale APS La Leggerìa (info e prenotazioni 0721 387979). Le proposte della Biblioteca Louis Braille sono realizzate in collaborazione con Quartiere 9 Santa Maria delle Fabbrecce - Soria - Tombaccia, Libera Musica.  È la Settimana nazionale Nati per Leggere l’occasione per ricordare il diritto che spetta a tutte le bambine e i bambini, ad essere protette/i dalla malattia, dalla violenza, ma anche dall’assenza di adeguate opportunità di sviluppo affettivo e cognitivo e che le storie hanno la capacità di costruire legami duraturi. I libri, le parole e le relazioni intense favorite dalla pratica assidua della lettura condivisa sono ciò che aiuta al contrasto della povertà educativa.  CALENDARIO   LETTURE  Biblioteca San Giovanni/Area Ragazzi  A cura delle biblioteche e volontarie Nati per Leggere  Giovedì 24 novembre ore 17,00 Ci vuole tempo!   Per genitori, bambini e bambine 3-6 anni, Ingresso libero  Venerdì 25 novembre ore 17,00 Lo faccio o non lo faccio?  Per genitori, bambini e bambine 3-6 anni, Ingresso libero  Sabato 26 novembre ore 11,00 Amo le rime e i versi  Per genitori, bambini e bambine 18-36 mesi, Ingresso con prenotazione  info e prenotazioni 0721 387763  Biblioteche di Quartiere Letture per bambini e bambine 3-6 anni a cura delle Lettrici e dei Lettori volontari Nati per Leggere  Lunedì 21 novembre ore 17 Biblioteca Louise Braille (Baia Flaminia) info e prenotazioni 0721 387979  Martedì 22 novembre ore 17 Biblioteca Rodari (Borgo Santa Maria) info e prenotazioni 0721 387976  Mercoledì 23 novembre ore 17 Biblioteca di Villa Fastiggi info e prenotazioni 0721 387196  Richiesta la prenotazione  Sabato 26 novembre ore 14.30 Casa Circondariale  Liberi di leggere/Letture condivise con i detenuti e i loro familiari a cura di: Biblioteche di Quartiere, progetto regionale Biblioteche Carcerarie, Lettrici volontarie  ATTIVITÀ  Biblioteca Louis Braille  Sabato 19 novembre 9-12.30, 13.30-17  Io Tocco / Laboratorio per dare vita al libro tattile a cura dell’associazione editoriale APS La leggerìa  Laboratorio per adulti, coinvolti per la progettazione e costruzione di un prototipo di libro tattile illustrato a misura del proprio bambino, saranno Ilaria e Lucia  Macchiarini  (vincitrici  del Concorso Nazionale Tocca a Te! 2017 con il libro “Tana”) a guidare i partecipanti alla conoscenza dei metodi per la realizzazione di un libro in cui le immagini a rilievo saranno realizzate attraverso diversi materiali e differenti texture. Si entrerà così in contatto così la manualità, la percezione tattile e tutte le correlazioni sensoriali per conferire veridicità alle storie. Non sono necessarie specifiche abilità, si richiede di portare materiale interessante dal punto di vista tattile-sensoriale anche riciclato (cartoncino in rilievo, stoffa, lana, etc.).  Max 20 partecipanti, richiesta prenotazione 0721 387979  Sabato 26 novembre   ore 11 0/5 Nati per essere una storia  Inaugurazione della mostra, presentazione di Valter Baruzzi, intervento dello psicologo, bibliotecario ed esperto di libri per l’infanzia Luigi Paladin, l’infanzia ‘Libri per l’infanzia quali scegliere e come proporli’ . Progettata e curata da Valter Baruzzi, pedagogista e narratore, la mostra è prodotta da Bacchilega Junior (Imola 2021), pluripremiato brand di editoria per bambini e ragazzi. Tra pedagogia e neuroscienze, l’esposizione propone informazioni e spunti di riflessione per genitori, nonni, educatori e altre figure interessate allo sviluppo di bambine e bambini, perché siano in grado di sostenere la loro crescita sensoriale, emotiva, affettiva e cognitiva con molteplici azioni, fra cui la scelta consapevole di storie e libri di qualità.    ore 15 0/5 Nati per essere una storia / In principio era… la voce!  Incontro di formazione con Valter Baruzzi  Come cambia il cervello di bambine e bambini, ascoltando parole, canti, rime e storie dalla voce della mamma, del papà e di altre persone che, al tempo giusto, sfogliano e leggono loro primi libri e albi illustrati?  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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lostaff · 7 years ago
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Nome: Alberto Mazza
Blog: @moreorlens
Primo post: settembre 2013
Una foto è ben più di un semplice scatto: è un mondo lontano tutto da scoprire, fatto di istinti, impressioni e sensazioni. Alberto Mazza, noto fotografo su Tumblr, ci spiega che cos’è per lui l’arte della fotografia.
Benvenuto, Alberto. Chi sei, da dove vieni e come hai iniziato la tua attività di fotografo? Grazie mille. Sono nato a Rimini, ma da anni vivo a Milano. Ho cominciato ad avvicinarmi alla fotografia fin da giovane. Mio padre da ragazzino aveva lavorato come fotografo di stagione, in riviera era uno dei mestieri che si facevano d’estate. Nonostante poi si fosse dedicato a tutt’altra professione, i cassetti di casa continuarono a custodire vecchie macchine fotografiche, pellicole e perfino un ingranditore. Avevo i mezzi a un palmo di naso, così ho cominciato a scattare e stampare prima per curiosità e poi per passione, con ciò che avevo a disposizione: compatte a pellicola, polaroid, alcuni dispositivi anni 80 poi caduti in disuso. Dalla prima reflex in poi, ho sempre avuto una macchina tra le mani. Ho molta nostalgia dell’analogico, ma più come esperienza emotiva e sensoriale: l’odore degli acidi, l’emozione delle immagini che appaiono sulla carta, sono ricordi ancora bellissimi.
Secondo te come nasce la passione per la fotografia? Ho sempre provato attrazione per ogni forma espressiva in grado di veicolare emozioni. Le immagini custodiscono una potenza emotiva profondissima, connessa alla loro innata vocazione narrativa e all’indipendenza che hanno rispetto ai tradizionali registri linguistici. Sono una delle sintesi più belle che un processo creativo possa generare. Perdermi tra libri, cataloghi e mostre di fotografia, riuscire a viaggiare attraverso le immagini di altri, sono sempre state esperienze molto profonde per me. Così il pensiero di poter coltivare una passione che mi permettesse di giocare e addirittura lavorare con questi strumenti ha finito col farmi crescere lungo questo percorso. L’idea di gettare un seme e lasciare che questo possa germogliare negli occhi di chi guarda, la capacità di comporre una tela con frammenti e umanità prese dal reale, l’emozione della cattura che ti trasmette l’attimo esatto dello scatto, sono tutti piccoli tratti di questo grande amore.
Nella descrizione del tuo blog dici di essere un sognatore. Cosa vedi nelle foto che scatti? Nei miei scatti c’è un pianeta estremamente movimentato, impreciso e complesso, ma che riesce a congelarsi in un istante attraverso un mix di impressioni, istinto, emozioni e decisioni consce. Ho sempre trovato estremamente difficoltoso il processo espressivo, e la fotografia è una delle discipline più dirette e naturali che mi abbia mai permesso di avvicinarmi a me stesso. I miei sogni sono fatti di due cose: di emozioni e di visioni. Scattare mi permette di lavorare con entrambi, e quindi di avvicinarmi ad essi. Non mi interessa che l’immagine rappresenti un messaggio determinato, ma che riesca a muovere qualcosa in chi la vede; qualsiasi essa sia. Quando non sono i miei scatti a costruire i miei sogni, sono i miei sogni che mi fanno cercare gli scatti.
Perché le fotografie hanno così tanto successo sul web? Immediatezza, facilità e libertà. L’indipendenza dai registri linguistici che dicevamo prima e la potenza evocativa, unite alla velocità di condivisione e la semplicità di produzione che offrono le tecnologie odierne, hanno finito col creare una realtà dalle potenzialità gigantesche. Un’immagine riesce a parlare meglio e a volte più in profondità di tante parole, a connettere persone lontane, a creare legami e comunità, a sottolineare concetti o a trasmettere un’idea. Il web è l’hic et nunc dei giorni nostri, e le forme espressive e artistiche non possono che restarne influenzate. Successe con la pittura e la fotografia analogica, con la pop art e il cinema, è un processo di commistione al quale è impossibile sottrarsi. E le potenzialità virali di oggi non fanno che amplificarne la potenza, molto intensa ma spesso anche effimera.
Quali sono i soggetti che ami di più fotografare? Ho una formazione da architetto, e ritrovo spesso l’influenza di questo percorso in ciò che più mi attrae. Il rapporto tra uomo e spazio, l’urbanità e la natura, le simmetrie, i materiali e i loro dettagli, i contrasti, sono tutti temi che si coniugano con la presenza dell’umano, la sua fisicità, la temporaneità dei gesti, la profondità di sguardi e posture. Il viaggio è sempre un contenitore privilegiato per i miei scatti, adoro il brivido sottopelle che ancora mi provoca il rubare degli istanti a persone ignare del fatto che saranno protagoniste di qualche mia composizione. Poi c’è il ritratto, e questo è un tema che ha estremamente a che fare con la lettura interiore, l’apertura, la capacità di relazione e la profondità, l’istinto e la leggerezza. Il vero lavoro per me resta sempre quello sul sé, la tecnica è sempre uno strumento che per quanto imprescindibile e prezioso, rimane al servizio del primo.
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Perché hai scelto Tumblr come piattaforma per le tue fotografie? Tumblr ha sempre incarnato l’idea di social più vicina alle mie corde, per la sua capacità di risultare semplice, diretto e potente allo stesso tempo. La versatilità nel condividere idee, immagini, video, la sua velocità, il suo pubblico interessato e la possibilità di cambiarne forma oltre alla sostanza. Il mio payoff è @moreorlens​ proprio perché volevo un gocciolatoio virtuale in cui lasciare cadere i miei scatti e le mie tracce, lasciando che gli altri ne potessero condividere per un momento l’essenza attraverso il loro feed.
Hai in mente qualche blog da consigliarci? Ho una fruizione del web molto poco ripetitiva, mi piace cercare e ritrovarmi in luoghi che mi piacciono ma ancor di più ritrovarmi per caso in posti nuovi. In ogni caso, restando in tema di tumblr fotografici, ecco qui: @co-mag​, @timelightbox​, @roomdark​, http://digipulse.tumblr.com/, http://dailyphoto.lighttravelers.com/, @laurenlemon​, http://man-and-camera.com/, @theblackballerina​.
Grazie, Alberto e buon proseguimento!
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questouomono · 7 years ago
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Questo uomo no, #94 - Femminista, ma de che aho
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Anche in questo caso non importa affatto di chi stiamo parlando, ma importa e molto di cosa dice; perché quando si usa un determinato linguaggio in ambito pubblico, e si ha un pubblico numeroso, i danni sociali possono essere molti, veicolati da un cattivo esempio che purtroppo non è affatto unico. Questo linguaggio, come vedremo, è usato da molti uomini che credono di avere delle possibilità, delle caratteristiche, delle qualità che li differenzierebbero da una qualsiasi massa maschilista, e che invece ne fanno solo una ennesima variante, particolare ma certamente non originale. Questo uomo no.
Il soggetto in questione è un noto fumettista che si concede volentieri digressioni sociologiche e storiche nelle questioni di genere. Fin qui nulla di nuovo: di professionisti di un settore che pensano di capirne di un altro è pieno il mondo. Il nostro mostra di saper usare allegramente diversi tipi di stereotipi sessisti, senza che ciò gli ponga il minimo problema; in effetti quando era stato incaricato di produrre una illustrazione contro la violenza sulle donne, il risultato aveva evidenziato la sua ignoranza riguardo i minimi termini della questione, producendo questo perfetto controesempio:  
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Le prove quindi che dell’argomento “violenza di genere” questa persona non ne capisca nulla ci sono in abbondanza,  come ce ne sono del fatto che documentarsi in merito non gl’interessa per niente. Per capire e poi evitare i violenti sessismi di quel video o di questa vignetta, e le tante altre parole a vanvera, gli sarebbe bastata una chiacchierata con una operatrice di un centro antiviolenza, oppure qualche sana lettura, oppure confrontarsi con uomini che un certo percorso l’hanno fatto davvero e non millantano competenze o esperienze inesistenti o inutili (più sotto faremo degli esempi). Come infatti scrive in questa lunga quanto penosa “autoassoluzione” da ogni accusa in proposito - altra solita mossa tipica dei maschilisti - il tutto si risolverebbe in una inevitabile quanto risibile faccenda di peccati; confondendo piani di discorso e ambiti - diritti, pratiche sessuali, abitudini familiari, personaggi inventati. Questo uomo no. 
Fosse tutto qui, niente di nuovo, di gente del genere ce n’è in abbondanza in ogni categoria professionale e della comunicazione. C’è però un particolare interessante che gli fa meritare una menzione speciale: costui si definisce “femminista”. Questa speciale categoria di maschilisti che si definiscono femministi (dei criteri diremo tra poco) devo trattarla a parte, per un motivo politico e metodologico non indifferente: anche io sono un uomo che si definisce femminista. Se non mi posiziono nella maniera corretta, rischio di costruire una gerarchia patriarcale - “io so’ mejo de te” - che non risolve il problema, anzi, lo confonde pericolosamente. Quindi se semplicemente dicessi che io sono femminista e lui no con dei criteri individuati da me, questo uomo no.
Il nostro si attribuisce il titolo di femminista, come si legge dal link sopra, attraverso legami materni o altre magiche influenze comportamentali non meglio precisate né negli effetti né nelle conseguenze. Accadesse davvero così, “femminista” non sarebbe un mezzo insulto, come invece è ancora nella considerazione della maggior parte delle persone, né una specie di patente che diversi poteri lottano per attribuirsi. Così, femministi lo siamo praticamente tutti. Personalmente preferisco prendere ciò che dice una femminista a proposito degli uomini femministi:
Men who want to be feminists do not need to be given a space in feminism. They need 2 take the space they have in society & make it feminist.
Cosa vuol dire “make it feminist”? Anche questo è facile dedurlo dai tanti femminismi già esistenti: 1) vuol dire riconoscere il potere patriarcale che ti è stato insegnato in quanto uomo (più di tutti se eterosessuale) dalla società maschilista nella quale viviamo, attraverso i tanti lavori femministi che da almeno due secoli lo hanno dimostrato; 2) vuol dire adoperarti per smantellare quel potere innanzi tutto nelle tue abitudini, nei tuoi gesti e nel tuo linguaggio, tenendo conto di ciò che tanti femminismi hanno già raccontato e dell’esperienza di chi lavora e lotta ogni giorno nel campo femminista;  3) vuol dire parlare con i tuoi amici e con altri uomini di tutto questo, portando anche nel luogo di lavoro e nel risultato del tuo lavoro l’istanza femminista, e riconoscere che tutto ciò è un impegno incessante, perché non c’è un traguardo da raggiungere ma una strada da percorrere. Per la parità, non “per le donne”. Queste tre cose, tanto per cominciare, potrebbero rendere femminista uno spazio maschile - sicuramente, più femminista di quanto non lo sia di solito.
Ecco: cosa fa il nostro chiacchierone a vanvera per rendere il suo spazio femminista? Nulla. I suoi luoghi virtuali e, a quanto racconta, quelli non virtuali, non sembrano proprio resi femministi dalla sua azione, come si vede dagli esempi in video e in immagine riportati sopra. Anzi, tutto il contrario. Questo uomo no.
Sarebbe facile fare paragoni imbarazzanti con altri suoi “colleghi”: Zerocalcare ha da sempre ben presenti le istanze femministe e ne parla e ne disegna con continuità; ricordo anche l’impegno di Marco Marcello Lupoi, primo editor di Marvel Italia, adesso direttore Panini, che ho incontrato la prima volta a “Da uomo a uomo”, organizzato per la campagna Noino.org nel novembre 2014.
Come al solito, il problema non è la professione, l’intelligenza personale o il pubblico al quale ci si rivolge. Il problema sta nell’umiltà di capire, di informarsi, di comprendere e fare propria una lotta per una identità di genere non violenta, per non esercitare poteri opprimenti che non abbiamo scelto. Cose difficili e non obbligatorie; è certamente più semplice appellarsi alla mamma, fingere processi, darsi da soli una benedizione e continuare a fare il proprio comodo. Questo uomo no.
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queerographies · 4 years ago
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[Legami possibili][Federica De Cordova][Giulia Selmi][Chiara Sità]
Chiavi di lettura, strumenti per chi lavora nei servizi, per le famiglie, per chi fa ricerca o, più semplicemente, per chiunque abbia un interesse a comprendere i processi che attraversano la nostra contemporaneità
Negli ultimi anni la presenza delle famiglie omogenitoriali nella società italiana è emersa sempre più, occupando anche spazi nella ricerca così come nel dibattito politico. Legami possibili intende restituire un quadro di questi nuclei, ricostruendo i percorsi attraverso i quali si strutturano e “fanno famiglia”, guardando in particolare alle pratiche e ai contesti quotidiani. Sono dati…
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beppebort · 4 years ago
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Legami
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Martedì – XVI settimana T.O.
(Mi 7, 14-15. 18-20 / Sal 84 / Mt 12, 46-50)
La domanda che risuona al cuore della prima lettura forse può trovare una risposta nel gesto del Signore Gesù che ci viene narrato nel Vangelo. La domanda suona così: <Quale dio è come te…?> (Mi 7, 18). Il profeta già trova e propone la risposta a questa domanda: <si compiace di manifestare il suo amore>. Il Signore Gesù con il suo gesto e le sue parole ci porta ancora più lontano. Questo amore non viene solo manifestato a quanti sono legati a lui da parentela, ma è un dono che viene offerto a tutti coloro che accettano di entrare in quel medesimo meccanismo di misericordia e di reciproca accoglienza che ricrea i legami già esistenti ed è capace di fondarne di nuovi. Alla domanda di Michea corrisponde quella posta dal Signore Gesù come risposta alla notazione di quel tale che gli fa notare la presenza della sua famiglia: <Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?> (Mt 12, 48).
Questa domanda del Signore Gesù potrebbe diventare per noi una provocazione per esaminare il nostro modo di sentire e di coltivare quei legami necessari nella vita e senza i quali si vivrebbe in una povertà umana insostenibile. L’affermazione del Signore Gesù diventa per noi un autentico criterio di discernimento: <Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre> (Mt 12, 50). Non si tratta semplicemente di una parentela spirituale legata a cammini di fede che non tutti abbracciano e percorrono nella loro vita. Si tratta di un modo di sentire se stessi e gli altri contestualizzando i propri legami in un ambito più ampio che ne fa la verità e la bellezza in una amore simile a quello di Dio.
Come ricorda il profeta si tratta di un amore capace di dilatarsi sempre di più attraverso la divina pratica del perdono senza la quale nessun legame può raggiungere la propria maturità e mantenersi fedele ben aldilà dei sentimenti e delle emozioni. Ciò che si dice del Signore Dio, in realtà può essere applicato a ciascuno di noi nella misura in cui accettiamo di far maturare i nostri legami: <Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi> (Mi 7, 20). Anche noi siamo chiamati a crescere in questa direzione tanto da sperare di poter dire a quanti abbiamo scelto o semplicemente accolto come compagni del nostro cammino di vita di conservare la fedeltà ben oltre i segni della fedeltà. Fare la volontà del Padre e divenire parte della sua famiglia significa non solo sentire e manifestare il proprio amore, ma compiacersi di amare sempre e oltre ogni misura.
http://www.lavisitation.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2358:legami&catid=10:oggi-e-la-parola&Itemid=113&lang=it
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andreashennen · 7 years ago
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Splendida intervista riguardo la TRONDHEIM SAGEN Grazie a Stefania Romito
Ciao Andreas, tu sei laureato in design presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e hai deciso di dare libero sfogo alla tua creatività attraverso l’ideazione di una saga fantasy. Come ti è venuta questa idea?
“Trondheim Sagen” non nasce per caso, ma dopo un’attenta valutazione delle possibilità narrative. Un ampio lavoro di ricerca sui nomi dei personaggi ha dato vita alla scintilla creativa, vasta e dalla poliedrica ispirazione. Ho personalmente realizzato la mappa, inclusa in ogni volume, e grazie a quel lavoro ho determinato le vicissitudini della storia. In principio dovevano essere quattro volumi, ma molto sarebbe stato tralasciato, non offrendo una chiara lettura dell’evoluzione dei personaggi e delle trame tessute. Quindi dopo aver rivisto a tavolino le tracce in maniera più oculata, i libri sono divenuti sette. Molto è dovuto al Fantasy dei grandi autori, come il linguaggio colto, sinonimo di maestosità intellettuale caratterizzante alcuni personaggi, o l’imponenza degli ambienti atti a regalare suggestione nel lettore. Creature e animali giungono in parte dalla splendida mitologia vichinga, per scorrazzare in un vastissimo mondo al fianco di creature parto dei miei incubi.
Le architetture vengono accuratamente descritte ed estremizzate nelle loro più ardite forme, ponendo i lettori al cospetto di costruzioni gigantesche, prestate ora dall’architettura gotica, ora da quella nordica, sovente dalla tradizione giapponese senza limitazione di tempo o modo, creando una stupefacente mescolanza di stili ed elementi architettonici, caratterizzanti la multiculturalità dell’Impero degli Uomini Uniti. Sapienti cenni, derivanti dalle molteplici lezioni di storia dell’arte, guizzano agli occhi dei più esperti in materia, rivelando un’affinità con la Danza Macabra del tardo medioevo e, sovente, con il simbolismo figurativo. Il giusto spazio è stato lasciato ai valori per me fondamentali. Credo di non averli mai imposti o ostentati, sviluppandoli al pari di un’ombra tra il turbinio della narrazione.
Cosa rappresenta il fantasy per te?
Da anni seguo con crescente interesse il panorama del genere Fantasy, trovandolo una forma di chiara espressione artistica, la porta per far dono della propria preziosa fantasia a chi sia disposto a leggere e comprendere. Per quanto mi riguarda trovo magnifico poter spaziare liberamente con l’immaginazione, svincolato da leggi o canoni. Essere io il “demiurgo” del mondo e poter decidere come muovere ogni singola foglia degli alberi per dare vita a quanto, fino a poco tempo fa, era nascosto nella mia fantasia. Per me è un sogno reso palpabile l’aver pubblicato i primi due libri e scritto quasi interamente l’opera!
Il tuo progetto letterario, piuttosto ambizioso, prevede sette volumi di circa 750 pagine ciascuno. Posso chiederti il motivo che ti ha indotto a scegliere un numero predefinito di pagine per ciascuno libro?
La risposta è molto semplice, tutto dipende dalla necessità di poter offrire al pubblico un prodotto adeguato sia fisicamente, che economicamente. Un Fantasy come il mio non è adatto a un limitato quantitativo di pagine, poiché ogni dettaglio è nuovo, non posso favorire associazioni con cose esistenti, essendo ciascun oggetto estremizzato nelle forme e nelle decorazioni. Quindi la sola via percorribile era quella dei cosiddetti “mattoni”.
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Di questa saga, dal titolo “Trondheim Sagen”, sono già stati pubblicati i primi due volumi. Il primo libro è stato pubblicato nel dicembre del 2016. “Tumulto della terra”, questo è il titolo, ricalca molto lo stile del romanzo epico. È giusto affermare questo?
L’intera Trondheim Sagen è un racconto fantasy epico, dove nulla è stato escluso! Mostri raccapriccianti provenienti dalle mitologie classiche, demoni, maghi, stregoni, Dei e rigurgiti degli inferni tutti si avvicenderanno contro o al fianco dei deboli umani, per creare un turbinare di eventi inattesi. Scontri eroici e amori imprevisti travolgono i protagonisti, sconvolgendo le loro vite, come fossero drakkar soggetti al soffio di un vento beffardo dal discutibile intento di sospingere le vele su perigliose rotte. La dicotomia del bene e male nell’intera saga non appare netta, salvo rari casi, ma ogni protagonista sarà capace di agire nel modo a lui maggiormente proficuo, incrementando l’imprevedibilità dell’azione.
Un libro dal quale emergono gli aspetti più infimi dell’uomo ma anche i più sublimi, ce ne vuoi parlare?
La storia degli uomini parla chiaro e non mente! Da sempre siamo soggetti alla corruzione del “Dio Denaro” e difficilmente resistiamo alle brame di potere. Giochi di palazzo senza il minimo scrupolo sono all’ordine del giorno in alcuni Reami da me descritti e ho inserito personaggi capaci di far accapponare la pelle per il loro cinismo o psicologica cattiveria. In mezzo ad una massa di avide e aride genti certo spunteranno rari fiori, dalle corolle pervase da sgargianti riflessi di fedeltà, amicizia, coraggio, abnegazione e famiglia. Valori cardine secondo il mio modesto parere.
Il romanzo narra le vicissitudini intercorse nell’Impero degli Uomini Uniti. Un mondo in cui la pace è costantemente messa a rischio. Che ruolo riveste re Holaf nell’intreccio?
Re Holaf Erlingson Signore del Nord è la voce fuori dal coro, il condottiero nordico per eccellenza! Egli unisce una forte personalità ad una carismatica giuda, capace di poter risollevare le sorti del morale delle truppe con una sola frase. Il suo sguardo appare meno ottenebrato di quello degli altri Re dei Re e per lui nulla si figura mai come il tetro burattinaio dell’avversa sorte avrebbe voluto far credere. Non è un eroe senza macchia, le sue mani grondano sangue e non si pone scrupoli per salvaguardare il suo popolo e il proprio casato.
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L’anno successivo dai alle stampe il secondo volume dal titolo “Marea verde”. Quali sono gli elementi di contatto e di discordanza con l’opera precedente?
I libri della Trondheim Sagen hanno legami assai stretti tra loro: fin dal primo volume inserisco piccoli dettagli in seguito spiegati e rievocati. Ciascun libro tratta una “storia verticale”, ma si intreccia con altri protagonisti e imprevisti “orizzontali” all’intera opera, originando un turbine di disavventura dalle disparate situazioni ed epiloghi. Ogni tomo è un passo al fianco del Signore del Nord e a quello dei suoi compagni per giungere ad un unico incontrovertibile verdetto.
Anche in questo libro l’eroismo e la condivisione di ideali emergono in primo piano. Oltre a questi aspetti, quali sono gli altri elementi che si impongono con evidenza nell’intreccio?
Molti descrivono un “medioevo angelicato” ove nessuno mai soffre e si sporca con il sangue del nemico. Ho preferito dunque inserire parti violente proprio per comunicare al lettore la tragicità della guerra e dell’evolvere degli eventi, l’asprezza delle situazioni nelle quali i personaggi si troveranno e l’ansia da loro provata per i propri amici e cari. Inoltre offro, a mio modo, un non velato tributo al vigore del “gentil sesso”, poiché ho creato personaggi femminili con caratteri estremamente forti e liberi. Non rare saranno le donne capaci di salvaguardare la vita dei compagni, paragonandosi ad essi sia per forza che per volontà. Inoltre sovente si leggono provocazioni da parte di guerriere che farebbero impallidire i più emancipati eruditi della storia.
Qual è il filo conduttore che farà da collante a tutti i sette volumi di questa saga?
Il filo conduttore della Trondheim Sagen altro non potrebbe essere se non il restare uniti per un bene comune, la necessità di farsi coesi contro nemici immensamente superiori, e dimostrare quanto “fuoco” ancora arda in petto nei “deboli uomini”. Una razza fino a poco prima naufragata nelle lusinghe del benessere e obnubilata dall’essersi accontentata di credere alle mere apparenze senza più aver la voglia di indagare.
Dove è possibile acquistare i tuoi libri?
Sia “Tumulto della terra” che “Marea verde” sono disponibili sulla piattaforma Amazon: https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Ddigital-text&field-keywords=trondheim+sagen
Entrambi acquistabili in formato cartaceo o ebook.
Di ogni tomo Amazon rende usufruibile, gratuitamente, una corposa anteprima di circa ottanta pagine, e se questo non fosse ancora sufficiente a convincervi, settimanalmente posto sul sito internet https://trondheimsagen.wordpress.com/ e sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/trondheimsagen, approfondimenti inediti, appositamente scritti con immagini realizzate da me!
Mi trovate inoltre sul canale Youtube
https://www.youtube.com/channel/UCS-QbMwK_-l66gD8zpjgoBA
e nei profili Instagram
https://www.instagram.com/trondheimsagen/
e tumblr
https://www.tumblr.com/blog/andreashennen
Bene, Andreas, è stato davvero un grande piacere parlare con te del tuo ambizioso progetto letterario. Un progetto che incontra il gusto di tutti coloro che amano il genere fantasy e non solo, perché sono davvero molti e interessanti i valori che emergono da queste tue storie. Il genere fantasy diventa, quindi, un veicolo privilegiato che ti consente di trasmettere e di condividere messaggi importanti. Tantissimi complimenti e in bocca al lupo per tutto!
di  STEFANIA ROMITO scrittrice, conduttrice radiofonica e televisiva, Rappresentante letteraria del CENTRO LEONARDO DA VINCI di Milano, fondatrice di “Ophelia’s friends Cultural Projects”
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eccomisignore · 5 years ago
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Il tuo nome è Spazio, alleluia!
V Domenica di Pasqua
(At 6, 1-7 / Sl 32 / 1Pt 2, 4 - 9 / Gv 14, 1-12)
Nella prima lettura veniamo posti davanti ad un momento di crisi della vita della comunità in cui, come spesso accade, all’umento numerico corrisponde anche l’insorgere di qualche problema in più: <quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica, perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove> (At 6, 1). Questa nota di Luca ci aiuta prima di tutto a comprendere e a ricordare che <aumentando il numero dei discepoli> non è detto che si approfondisca e si radicalizzi la propria fedeltà al Vangelo. In particolare per quanto riguarda la logica di attenzione verso tutti e, in particolare, verso i più deboli e i più poveri di cui le <vedove> sono simbolo assai eloquente ed evocativo. Pertanto la reazione degli apostoli può essere considerata squisitamente evangelica! Invece di cercare le ragioni e i torti, davanti a un problema che tocca le persone più vulnerabili, sembra che per gli apostoli la cosa più importante sia quella di lasciarsi interpellare radicalmente da ciò che sta avvenendo. Questo vale persino quando ci si deve confrontare con situazioni di malcontento in cui si riversano le normali difficoltà a comprendersi tra persone di origine e di indole diverse. Così, alla luce del Vangelo e sotto l’ispirazione dello Spirito del Risorto, si va trasformando il disagio in un’occasione di incremento di sensibilità che si fa capace di creare uno spazio completamente nuovo anche a livello di struttura organizzativa della vita della comunità. Quest’apertura crea un nuovo territorio di relazione che va ben aldilà del ristretto gruppo degli apostoli: <cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico> (At 6, 4)
Nella vita della Chiesa vediamo che si continua a vivere nella luce dell’insegnamento e dell’esempio dei Risorto. Anche il Signore Gesù, infatti, si mostra capace di trasformare un momento di difficolta e di dolorosa separazione, come può essere la sua morte, in un’occasione per rinsaldare e approfondie ulteriormente i legami pur nella distanza: <Vado a prepararvi un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me> (Gv 14, 3). Il Signore Gesù legge ed interpreta la sua morte imminente nella logica della Pasqua e dell’esodo per cui, quale nuovo Mosé, precede il popolo dei salvati attraverso le acque che conducono alla terra della libertà e della liberalità. Il viaggio di Gesù attraverso la morte è un ritorno a casa che fa risuonare l’invito per tutti di tornare a casa. Nella vita di Dio, questo è il magnifico messaggio del Signore Gesù, c’è spazio e c’è posto nella misura in cui accettiamo di prendere il nostro posto nella stessa intimità che unisce il Padre al Figlio. Si può immaginare qualcosa di più spazioso e amabile di un angolo di divinità? Il Signore ci rassicura: <Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me> (14, 11). Questa divina intimità invece di richiudersi in se stessa, non fa che creare uno spazio sempre più ampio di accoglienza e di partecipazione cui ciascuno di noi è invitato. Ciò che il Signore Gesù ci trasmette e ci rivela è l’immagine di un Dio così spazioso da essere in grado di fare spazio. Questo comporta per noi non solo di entrare nello spazio di Dio, ma di fare della nostra stessa vita uno spazio per Dio che sia recepito dagli altri, uno spazio di Dio in cui sentirsi accolti e trovarci sommamente a proprio agio.
Signore, che sei madre e padre insieme, abbiamo un grande bisogno di sentirci accolti da te, in quel divino spazio in cui veniamo consolati, nutriti, rafforzati per muoverci con nuova energia incontro all’altro che ci interpella. Aiutaci a fare della nostra vita uno spazio solidale dove amiamo, perché siamo stati amati, custodiamo, perché siamo custoditi e lasciamo a te lo spazio del nostro cuore. A te, che vivi nei nostri fratelli, alleluia!
http://www.lavisitation.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2274:il-tuo-nome-e-spazio-alleluia&catid=10:oggi-e-la-parola&Itemid=113&lang=it
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